“Ladroni a casa nostra”: a Pontida una scritta fa il verso al vecchio slogan del Senatur. Anche per molti leghisti la misura è colma y(7HC0D7*KSTKKQ( www.ilfattoquotidiano.it
Martedì 10 aprile 2012 – Anno 4 – n° 85
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PARLANO DI RIFORMA MA NON MOLLANO UN EURO C
Occhio alla truffa
di Marco Travaglio
Dopo gli ultimi scandali, il trio Alfano-Bersani-Casini promette di cambiare la legge sui “rimborsi elettorali”. Ma i 500 milioni a legislatura non si toccano Il caso Belsito scatena la guerra per bande nella Lega. Cacciato il Trota, Calderoli vuole la testa della Mauro. La base inferocita paragona Bossi a Craxi. Oggi a Bergamo raduno di militanti pag. 2 - 5 z armati di scope
L’autista lo incastra, Bossi jr. si dimette
Udi Caterina Perniconi ROSY LA NERA, PRIMA DELLA LISTA di Rosy Mauro sarebbero giuLpassaestedimissioni e opportune”. La “pulizia” nel Carroccio anche per la pasionaria ex sindacalista che dovrà lasciare la poltrona di vicepresidente del Senato. Parola di uno dei tre triumviri, Roberto Calderoli. Non c’è spazio per gigolò e lauree in Svizzera nel nuovo corso leghista e i militanti che si riuniranno stasera a Bergamo si aspettano la notizia di una donna che abbassa la testa e lascia il suo incarico. pag. 5 z
Il video Alcune immagini del video pubblicato dal sito del settimanale Oggi: è stato girato da Alessandro Marmello, bodyguard e autista di Renzo Bossi, per testimoniare il passaggio di denaro al Trota.
Lillo e Sansa pag. 3 z
A 25 ANNI DALL’ADDIO x In una lettera alla Marzotto: “Vogliono farmi firmare cose compromettenti”
L’ultimo grido di Guttuso prima di morire L’artista svelò le sue paure alla sua musa in una missiva rimasta inedita che l’erede Carapezza non dà il permesso di pubblicare La contessa: “Non mi fermo, a costo di andare in India”
di Malcom
Pagani
Martina”. Un urCstroarissima lo dalla gabbia. Il sequedi un artista. “Io sto molto male, vorrei averti vicino e non capisco perché non torni ancora”. La Crocifissione di Renato Guttuso. pag. 6 - 7 z
Pagare per niente
Udi Gian Carlo Caselli
naddio alla giornalista
L’audace colpo dell’Inps: i “contributi silenti”
LA CORTE CHE CASSA SE STESSA
Miriam Mafai, la ragazza rossa e libera
di Salvatore Cannavò
ono tantissimi ma l'Inps non li quantifica o per lo Ssilenti”, meno si rifiuta di farlo. Parliamo delle “posizioni cioè quelle di chi ha versato contributi senza raggiungere i requisiti minimi previsti dalla legge per andare in pensione. pag. 9 z
erché tanta ostilità verso il “concorso esterno”? Secondo Giovanni Falcone “una delle cause principali dello strapotere della criminalità mafiosa risiede negli inquietanti rapporti con la politica e con centri di potere extraistituzionale.” pag. 18 z
P
d’Orsi pag. 18z
CATTIVERIE Renzo Bossi si è dimesso dal Consiglio regionale lombardo. Non reggeva più lo sguardo sdegnato della Minetti
(www.spinoza.it)
i volevano le retate perché le alte cariche dello Stato scoprissero lo scandalo dei “rimborsi elettorali”. Ma ora che persino Napolitano, Fini e Schifani, parlamentari rispettivamente dal 1953, dal 1983 e dal 1996, se ne sono accorti, tutti danno per certo che la legge verrà cambiata. La qual cosa è considerata, di per sé, positiva. Ma non è affatto detto che sia così. Infatti Alfano, Bersani e Casini non contestano né il principio dei “rimborsi” nè il quantum, che nessuno vuole ridurre: vogliono soltanto creare un ente che ne controlli la gestione una volta incassati. La Corte dei Conti è lì apposta, ma lorsignori preferiscono un’”Authority indipendente”, ciò dipendente da loro come le altre. Insomma una legge-truffa che non cambia nulla se non la facciata.Invece bisogna cancellare sia il principio sia il quantum dei rimborsi, azzerando tutto e tornando allo spirito del referendum del 1993:nessun trasferimento automatico di denaro dallo Stato ai partiti. E, siccome l’attuale Parlamento non azzera un bel nulla, non resta che il referendum Di Pietro, per cancellare i rimborsi e creare un sistema tutto nuovo. Conosciamo l’obiezione: “così farebbero politica solo i ricchi”. Ma non regge: i ricchi partono favoriti solo se ciascun partito può spendere ciò che vuole. Se invece si fissa un tetto massimo per le spese elettorali, tutti combattono ad armi pari. Nel ‘93, subito dopo il referendum che abolì il finanziamento pubblico, il governo Amato lo ripristinò sotto le mentite spoglie di rimborso elettorale, pur modestissimo. Infatti per le elezioni nazionali ed europee del 1994 i partiti ricevettero appena 70 milioni e per quelle (solo nazionali) del 1996 ancora meno: 46,9. Il che significa che possono cavarsela egregiamente con 50 milioni per ogni elezione su scala nazionale. Invece, grazie alla legge del 1999 che prelevava 4mila lire a ogni iscritto alle liste elettorali, i rimborsi si allontanarono anni luce dalle spese effettive. E la legge del 2006 raddoppiò lo scandalo: rimborso pieno anche per le legislature monche. Per le politiche 2008, le europee 1999 e le amministrative varie, i partiti hanno dichiarato spese per 100 milioni, ma nel 2013 a fine legislatura ne avranno incassati 503 in cinque anni. Totale negli ultimi 17 anni: 2,3 miliardi erogati contro 579 milioni documentati. Partiamo da questi 579: diviso 17 anni fanno 34 all’anno, contro una media di 135 incassati. Dunque, secondo quel che essi stessi dichiarano, i partiti devono coprire spese per una trentina di milioni l’anno. Con un corso accelerato presso il Movimento 5 Stelle, presente in consigli comunali, provinciali e regionali senza un soldo pubblico, si può scendere ancora di parecchio. Ma facciamo finta che ai partiti servano 30 milioni l’anno: come raccoglierli, nel rispetto della volontà degli italiani, più che mai contrari ai trasferimenti pubblici? Sistema misto: in parte donazioni da privati (purchè dichiarate sopra i 5mila euro e non anonime fino a 50 mila come da legge-golpe 2006); in parte contributi pubblici, ma volontari. Come? Ripristinando la legge Prodi del 1997, che consentiva di devolvere il 4 per mille dei redditi Irpef. Ma con una decisiva differenza: allora i soldi finivano in un unico calderone che poi i partiti si dividevano in base al peso elettorale (infatti non li versò quasi nessuno); invece ogni contribuente deve poter indicare a quale lista destinare il suo eventuale 4 per mille, a vantaggio dei partiti più credibili e popolari. Fissato il come e il quanto, occorrono poi sanzioni draconiane per chi sgarra: chi spende più del tetto, o presenta documentazione poco credibile, o tiene bilanci opachi, o viola le regole di democrazia interna (congressi, primarie, tessere, candidature, codice etico), paga con la decadenza immediata dei suoi eletti, in più restituisce tutti i contributi privati e pubblici dell’ultimo quinquennio e perde il diritto a incassare quelli del quinquennio successivo:cioè fallisce e chiude bottega. Tutto il resto è truffa.