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Il governo vara il “Freedom Act” per la trasparenza negli enti pubblici. E se i partiti cominciassero a dire chi finanzia la loro campagna elettorale?

Mercoledì 23 gennaio 2013 – Anno 5 – n° 22

€ 1,20 – Arretrati: € 2,00

Redazione: via Valadier n° 42 – 00193 Roma tel. +39 06 32818.1 – fax +39 06 32818.230

Spedizione abb. postale D.L. 353/03 (conv.in L. 27/02/2004 n. 46) Art. 1 comma 1 Roma Aut. 114/2009

IL BUCO C’È, MPS CROLLA E MUSSARI LASCIA L’ABI dc

LA POLITICA CHE NON PARLA

Dopo le rivelazioni del Fatto sul derivato tossico, il titolo del Monte dei Paschi perde quasi il 6% in Borsa. L’ex presidente dell’istituto di Siena si dimette dal vertice dell’Associazione bancaria. I revisori dei conti cadono dalle nuvole: “Il Cda fu scavalcato, noi non ne sapevamo nulla” TRUCCHI & CONTI ROSSI

di Stefano Feltri

Grazie al bilancio truccato un manager intascò un bonus di 800 mila euro

a crisi della terza banca itaL liana, il Monte dei Paschi di Siena, diventa un caso nazionale, nonostante il silenzio della politica. Marco Lillo, sul Fatto di ieri, ha rivelato che un oscuro contratto derivato di nome Alexandria ha causato perdite a Mps comprese tra 220 e 740 milioni di euro. Perdite che non figurano (ancora) nei bilanci. Il titolo è crollato in Borsa e l’ex presidente del Monte, che aveva firmato quello e altri contratti simili, Giuseppe Mussari, si è dimesso dall’Abi, la potente associazione delle banche italiane. Mps ha ottenuto dai governi Berlusconi e Monti 3,9 miliardi di euro, tra Tremonti bond e Monti bond. Un prestito oneroso. Ma che non si sa se e quando potrà restituire. Sembra una nazionalizzazione strisciante. Anche perché il Monte deve ridare alla Banca centrale europea altri 29 miliardi di euro di finanziamenti agevolati. Mps è quindi anche un po’ nostra. Il nuovo presidente Alessandro Profumo sta affrontando l’eredità lasciata da Mussari e dal crollo di un sistema di potere (tutto di sinistra) che si è retto sui fondi elargiti al territorio dalla Fondazione Monte Paschi, azionista e dominus della banca. A noi restano il conto da pagare e alcune domande. Primo: l’Italia è in una grave recessione pur non avendo dovuto salvare le sue banche. Cosa succede se alla crisi economica si aggiunge una crisi bancaria? Secondo: nell’ultima settimana sono emerse le perdite di due contratti derivati al Monte, “Santorini” e “Alexandria”. Quanti altri ce ne sono? E gli investitori si fideranno ancora dei bilanci delle banche italiane? Terzo: cosa vuol fare la politica? Affrontare il caso Mps significa mettere in discussione il sistema che sostiene il potere italiano da 20 anni: banche spremute per fornire dividendi a Fondazioni gestite da ex politici che usano i soldi per garantire consenso ai loro sodali di partito. Qualcuno avrà il coraggio di occuparsi del problema? Lo avrà il Pd che dal sistema Mps ha beneficiato più di ogni altro? E Mario Monti e i suoi ministri riusciranno a trovare il tempo, tra un comizio e l’altro, per dire qualcosa? O il governo non esiste più?

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SOLDI & POTERE ROSSO

Tragicommedia del Monte di Casta che finanzia il Pd e sistema gli amici

iuseppe Mussari si è dilessandro Profumo di tutto messo da presidente del- Apotrà essere accusato, ma G l’Abi, “convinto di aver sempre non di non averci provato. Lo

Giuseppe Mussari LaPresse

operato nel rispetto del nostro ordinamento, ma deciso a non recare alcun nocumento all’Associazione”. Lillo » pag. 2 - 3

scorso maggio, all’indomani delle perquisizioni ordinate dalla Procura di Siena, il presidente di Mps fu netto. Meletti » pag. 3

COSENTINO VUOTA IL SACCO: “ORA GLIELA FACCIO PAGARE” L’impresentabile non presentato si sfoga con il Fatto sul treno da Napoli a Roma dopo la conferenza stampa: “B. è un po’ pazzo, crede di vincere, ma senza di me sarà un flop maestoso, la gente è schifata e non lo vota. Lui riuscirà dove nono son riusciti i pm: a mandarmi in carcere” Caporale » pag. 5 3 CONDANNATI E 24 INQUISITI

Le “liste pulite” del Pdl: quella sporca trentina d’Esposito » pag. 4

TANGENTI A MILANO

Appalti per case, 16 arresti: “Formigoni capo del sistema” Milosa » pag. 7

L’EX GREGARIO CHE DENUNCIÒ TUTTO

Simeoni: “Io, le minacce di Armstrong e la cricca del doping”

U di Furio Colombo

UN PRESIDENTE LIBERO LIBERA GLI USA el suo secondo, indimenticabile discorso inauguN rale, il presidente Obama, cari-

Pagani » pag. 14

smatico come la prima volta, forse di più perché i capelli, intanto, si sono ingrigiti, parla all’America del tempo che sta per venire come di un viaggio. Ma di quel viaggio dice cose più forti della prima volta. » pag. 18

LA CATTIVERIA Scambio su Twitter. Bersani: “Che sinistra è quella che rischia di far vincere la destra?”. Ingroia: “La tua”.

Mastro Olindo di Marco

Travaglio

a svolta giustizialista del Pdl, opportunamente stigmatizzata da Nick Cosentino e L Insaputo Scajola, sta seminando il panico nei migliori circoli della mala. Se un onesto pregiudicato, un irreprensibile avanzo di galera, un mafioso come Dio comanda non può più rifugiarsi nemmeno chez B., se insomma il Partito dei Latitanti rinuncia ai valori fondanti e diventa all’improvviso il suo contrario senza un’ombra di dibattito ideale, uno straccio di congresso programmatico, dove andremo a finire? Con tutti i partiti che ci sono in Italia, possibile che i delinquenti non trovino una sola lista in cui esercitare il diritto costituzionale all’elettorato attivo e passivo? Il rischio di una regressione culturale prima che politica turba le menti più fini del fronte liberaldemocratico, creando comprensibili imbarazzi. Tant’è che, dopo l’esclusione degli inquisiti più illustri a insindacabile giudizio del capobanda, è tutta una corsa a giustificarsi. Il più commovente è Angelino Jolie, cui un giorno scappò detto “Partito degli Onesti” e mancò poco che lo linciassero, o soffocassero dal ridere, e fu subito chiaro che si era giocato ogni speranza di leadership. Ora però, di fronte alla sanguinosa accusa di giustizialismo, deve lavare l’onta. “Non è stato facile, c’è stata forte macerazione anche da parte di Berlusconi”, terrorizzato dalla sola idea di passare da onesto. “Noi non intendiamo abbandonare il nostro ideale garantista, continuiamo a considerare i giustizialisti nemici della giustizia e non cediamo al giacobinismo”. Ecco: quella su Cosentino è “una decisione fondata sull’inopportunità, da noi considerata grave, di una candidatura”. Ma i processi per camorra non c’entrano, anzi “noi lo consideriamo innocente”. Dev’essere stato per come porta gli occhiali, o per i gessati che indossa, o per quelle cravatte un po’ così, o per quel lieve strabismo di Venere. Anche il Cainano vuole subito allontanare da sé qualunque sospetto di legalità, di collusione con la giustizia, di concorso esterno in magistratura: la calunnia, si sa, è un venticello. Non sia mai. Uscendo da Palazzo Grazioli fa il segno della scure che taglia le braccia, come a dire che senza Dell’Utri e Cosentino lui è monco (il terzo braccio, Previti, l’aveva già perso da tempo). Poi precisa che i tre impresentabili non li ha cacciati lui: “hanno rinunciato sponte propria”, come dimostrano i lividi sul collo di Al Fano. Ed è tutta colpa dei pm: “La magistratura politicizzata ha attaccato i nostri amici e questo fatto, divulgato dai media, poteva diminuire il nostro consenso”. Ora però “non si può andare avanti con l’uso ossessivo della custodia cautelare prima del processo”: lui la carcerazione preventiva l’accetta solo se è successiva. E bisogna introdurre “l’istituto della cauzione, come in America”: così chi ha i soldi paga ed esce subito. Idea geniale, che non era venuta in mente nemmeno a Riina nel famoso papello. Purtroppo la diceria del Cainano convertito al giustizialismo già dilaga sui giornali amici. Libero lo ritrae al naturale, cioè pelato come Mastrolindo, sotto i titoloni su “Mastrosilvio” che “fa le pulizie”, mentre il rubrichista con le mèches piange “la morte del garantismo”. Sul Giornale di Mastro Olindo, Ferrara avverte: “Gli inquisitori sono più pericolosi degli inquisiti”. E Rondolindo rincara: “I veri impresentabili sono i giudici” (glielo diceva già D’Alema). Per fortuna basta un’occhiata alle liste pulite del Pdl per scoprire che la pulizia è un concetto relativo. Gli imputati candidati sono una trentina, i pregiudicati almeno tre: Camber, Farina e Sciascia. Quest’ultimo pagava le mazzette Fininvest alla Guardia di finanza e, quando un cronista di Santoro glielo fece notare, precisò orgoglioso: “E certo che sono un condannato per corruzione. Ma mica perché sono un corrotto: perché sono un corruttore”. Che si sappia, sennò poi la gente chissà cosa va a pensare.


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