FREE PRESS ANNO VII n. 56/17 Dicembre 2016 Redazione:Via Vespucci - Parcheggio 3 - 85100- Potenza Tel. e Fax. 0971 - 26348
Frecciarossa, parla Benedetto: “Vogliamo entrare nella Storia” a pag. 5
Indovina chi viene a pranzo? Ugo Maria Tassinari
Matera: multe ai disabili. E’ polemica
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Cari Contro-Lettori, le “Dispari Opportunità” del Belpaese, emergono con forza da una indagine promossa da Oxfam e realizzata dall’Istituto Demopolis, i cui risultati sono stati presentati alla Camera dei Deputati (e rilanciati in tv da Otto e Mezzo su La7).Il sondaggio, condotto su un campione stratificato di 3.000 intervistati rappresentativo della popolazione italiana, ha permesso di identificare le dimensioni di disuguaglianza maggiormente avvertite dall’opinione pubblica: la graduatoria è aperta dal reddito, indicato dal 76%, seguito dai patrimoni e dalle differenti opportunità di accesso al mercato del lavoro. La maggioranza assoluta degli intervistati cita anche le sperequazioni nelle possibilità di cura e di fruizione dei servizi sanitari. Secondo il rapporto, pertanto, negli ultimi cinque anni sono aumentate le disuguaglianze in Italia: è la percezione del 61% dei cittadini intervistati. Fra le condizioni che incrementano queste discrepanze, nella percezione dell’opinione pubblica (64%) ci sono le benedette “Relazioni Politiche e/o Clientelari”. E qui veniamo alle dolenti note. Domanda: se l’indagine fosse stata fatta solo in Basilicata, che percentuali avremmo letto? Probabil-
mente assai più alte. Si badi, però (e lo argomenta molto bene Tore Sparmia a pagina 9) che il Lucano medio, alle carenze della “Giustizia Sociale”, spesso e volentieri ovvia con il richiamo (solo verbale) alla “Giustizia Poetica” (o karmica, se preferite), quella del “destino”, insomma. Per la serie, “…tutto in medicine!”. Quel cittadino, infatti, che per “raddrizzare i torti” subiti in vita dai politici, si limita a sperare in un intervento quasi messianico, è il pezzo forte dell’equazione clientelare. Un modus vivendi e oprendi dal quale noi cittadini lucani, per primi, non riusciamo a scollarci. “Per l’80% dei cittadini – spiega il direttore dell’Istituto Demopolis Pietro Vento –è oggi prioritaria e urgente l’attuazione di politiche volte a ridurre le crescenti disuguaglianze sociali ed economiche”. “Dall’indagine realizzata con Demopolis, emerge la netta percezione della disuguaglianza e delle dispari opportunità. La classe politica – sostiene Roberto Barbieri, direttore generale di Oxfam Italia – non può più permettersi di ritardare l’adozione di rimedi ambiziosi”. E’ certamente così. Ma dobbiamo essere “ambiziosi” noi cittadini per primi. Walter De Stradis
Potenza: il Terminal Bus e i “furbetti del parcheggio” a pag. 8
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Basilicata
17 Dicembre 2016
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Carceri: si parla poco di “dolore” Legge 38/2010 per l’accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore da parte del malato: l’avv. Francesca Sassano, del foro di Potenza, vince una grande battaglia sull’applicazione negli istituti di pena
di Virginia Cortese
L’
avv. Francesca Sassano, già autrice di pregevoli opere letterarie e particolarmente sensibile alla tematica del benessere degli utenti delle carceri, ha prolungato il suo impegno per l’applicazione della Legge 38/2010 che regola l’accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore, ottenendo un primo grande risultato, l’inaugurazione presso il carcere femminile di Pozzuoli del primo Ambulatorio del dolore. Sono due i manuali, scritti a quattro mani sul tema, di cui la Sassano è coautrice insieme a Lorenzo Cristilli: Carceri, territorio senza dolore. La latitanza della legge 38/2010 (Florence Art Edizioni); Come Applicare La Legge Contro Il Dolore (Maggioli Editore). “Si tratta di una riflessione sul tema del dolore negli istituti penitenziari su cui abbiamo da tempo rivolto la nostra attenzione, unitamente a numerose Fondazioni e Associazioni, reputando che questi luoghi, per
adempiere compiutamente alla propria vocazione di recupero sociale, debbano avere un programma di prevenzione e cura del dolore”- ci ha raccontato l’avv. Sassano. Un progetto che nasce da una osservazione specifica. Di che si tratta e qual è la finalità? Questo progetto nasce dalla “scoperta” della non- applicazione della legge 38/2010, all’interno delle strutture carcerarie, già in avvio per quanto concerne la sperimentazione sanitaria (è in itinere già approvato CCM di sperimentazione in Emilia Romagna- Toscana- Calabria, uguali possibilità si potranno a breve realizzare in Campania, Basilicata, Lazio, Lombardia, ndr). Allo studio di rilevazione è collegata, una diversa e connessa “anima”, ampiamente formativa, per quanto prescrive la legge 38/2010 (non solo in ambito carcerario dove si partirebbe da zero, ma in senso ampio all’interno delle altre professioni). La fase sperimentale prevede: -Cartella sanitaria informatizzata (in entrata non è necessa-
ria la creazione di una posizione sanitaria per i soggetti già in possesso di tessera sanitaria – detenuti italiani- mentre per gli stranieri essa è di nuova apertura informatizzata. I dati in ingresso e transito telematico dalla struttura sanitaria regionale di appartenenza a quella detentiva non necessitano di autorizzazioni, né sono in violazione di privacy ma possono avvenire con semplice backup e previa compatibilità dei sistemi informatici. I dati tutti raccolti, in forma anonima e per diversi e prefissati coefficienti di rilevazione dei dati, potranno formare una banca dati, di interesse per lo studio delle patologie tutte, in costante aggiornamento e senza aggravio di costi). -Scelta del medico tra quelli a disposizione della struttura detentiva, in base alla patologia preesistente al momento dell’ingresso e alla specializzazione dello stesso. La finalità è quella di realizzare un modello di ricerca sul campo che opererà in tempi differenti su diversi settori procedura-
li per giungere a ottenere un miglioramento dei modelli di prevenzione e cura del dolore negli istituti di detenzione, ma anche di ottenere una banca dati aggiornata, una mappatura delle patologie carcerarie e una indicazione virtuosa di terapie adeguate, evidenziando un più corretto uso dei farmaci, anche oppioidi se necessari e adeguati, con evidente risparmio di risorse dello Stato e della Sanità”. Quali sono le strutture con cui è in contatto? “V’è un dialogo sinergico con l’Istituto Mario Negri di Milano, con la Fondazione Isal, con la Fondazione Ghirotti di Roma, e abbiamo chiesto ai due Ministeri (della Salute e della Giustizia, ndr) un tavolo tecnico, perché l’idea sottesa è che si crei una uniformità di trattamento in tutte le regioni. In Basilicata, sono in contatto con l’Istituto Minorile e con il presidio potentino; mi riservo di proporre il progetto anche agli altri istituti lucani”. Un’idea del tutto innovativa. “Si parla poco di “dolore”, in senso patologico all’interno delle
carceri; accogliere la regolare applicazione della legge 38/10 non è solo il dovuto controllo del dolore e quindi una vita migliore che ne difende il diritto di cura, ma anche una formidabile opportunità di recuperare il desiderio di cambiare la propria vita. Questo programma non deve essere però affidato a soggetti esterni, ma a chi vive ogni giorno la realtà penitenziaria, maturando le competenze per attuarli, sia professionali sia tecnici. La collaborazione tra professionisti sanitari, centri di cura, organizzazioni civiche e di pazienti, enti di formazione e università è indispensabile al fine di tutelare “il diritto ad accedere alle cure palliative e alla terapia del dolore” sancito dall’articolo1 della L.38/2010. La promozione della cultura del dolore presso professionisti sanitari, amministratori, interlocutori politici e cittadini che operano all’interno degli Istituti di pena è una priorità nel miglioramento delle cure nel nostro Paese e anche una esenzione di responsabilità,
L’avv. Sassano pena procedure di infrazioni, alle quali certamente lo Stato italiano è già esposto ma non sottoposto. Reputiamo che nella vita quotidiana dei penitenziari discriminare l’uso promiscuo dello stare “male”, sia un compito che vale la pena perseguire giacché da esso non solo ne nasce un ambiente più limpido nella caratterizzazione degli eventi ma riduce in maniera significativa il ricorso a continui spostamenti in ospedale con impegno di guardie e mezzi per soddisfare non una domanda di cura, ma evitare errori procedurali quindi di medicina difensiva. È il tempo di unire gli sforzi per evitare che la realizzazione della Legge 38 non finisca monca di una componente essenziale dei propri dettami, quale quello recitato, di dare aiuto a chi ha necessità di credere nuovamente in uno stato di diritti”.
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17 Dicembre 2016
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ontrosenso Basilicata
Multe ai disabili sui parcheggi blu. Matera non ci fa una bella figura I portatori di handicap trovano i loro parcheggi occupati e sostano sulle strisce blu senza ticket: puntuale arriva la multa. Tutto in regola, ma…
La Basilicata e gli agricoltori: il Braia “testimonial” non basta
di Mario Petrone
di Giovanni Martemucci Una città civile e culturalmente elevata si vede anche dall’attenzione che riserva ai suoi utenti più deboli, dunque ai disabili. Invece Matera, in questo caso, continua a dare un esempio di scarsa sensibilità. A supporto di questo la controversa prassi di multare i disabili per la sosta nei parcheggi blu, cosa che avviene regolarmente anche per chi espone il contrassegno. Spesso i parcheggi per disabili sono occupati così i disabili parcheggiano sulle strisce blu convinti di non dover pagare il ticket previsto. Espongono il contrassegno sicuri di non incorrere in alcuna sanzione. Al loro ritorno invece trovano con sorpresa la multa sul parabrezza. I vigili dicono agli ignari utenti della strada di rivolgersi alla SISAS, società che si occupa della gestione dei parcheggi per conto del Comune di Matera, i quali rimpallano la competenza dicendo di rivolgersi ai vigili. Al telefono i vigili sostengono che la multa va pagata perché lo prevede la norma. Dunque la legge prevede il pagamento, ma multare l’auto di un disabile, in ogni caso, non è certo un segnale di civiltà in una città che si appresta ad essere esempio di cultura in Europa nel 2019. In tutte le altre città di Italia si rispetta una risoluzione della Commissione Trasporti che prevedere, per i veicoli a servizio di
disabili muniti del contrassegno previsto dal codice della strada, la gratuità della sosta nei parcheggi a pagamento delimitati da strisce blu, qualora risultino indisponibili gli stalli riservati gratuitamente ai disabili. Tempo fa avevamo interpellato sulla questione l’assessore alla mobilità Valeriano Delicio il quale aveva “giustificato” questa prassi adducendo come motivazione il fatto che l’appalto in corso con la Sisas non può essere modificato e che il Comune non ha buoni rapporti con il gestore Sisas. Anzi spesso il gestore si è dimostrato rigido su certe questioni e quella di multare i disabili che parcheggiano sulle strisce blu è una di queste. “L’unica soluzione che possiamo adottare -aveva detto Delicio- è quella di integrare nei parcheggi la cartellonista esistente facendo aggiungere una dicitura che avvisa i disabili della non gratuità della sosta pur in presenza di contrassegno in modo da renderli edotti sulla possibilità che venga loro elevata una multa se non pagano il parcheggio”. A distanza di mesi la cartellonista non è stata adeguata ed i disabili continuano a prendere multe pur esponendo il contrassegno. Con buona pace del titolo di Matera Capitale della Cultura 2019 e delle promesse fatte per tutelare i più deboli.
L’INTERVENTO - Allora amiche, amici, si potrebbe parlare della risolta (?) Crisi di S-Governo, ma dal momento che l’attuale Governo è sgualcita fotocopia del precedente a che servirebbe? L’unica cosa che si può dire è che almeno il Ministro dell’Agricoltura non è cambiato e meno male perché qualcosa, sin qui, è riuscita a farla per gli agricoltori. Consideriamo che se gli agricoltori Lucani si devono riprendere per le politiche Regionali, allora stanno freschi malgrado l’iperattivismo del buon Braia. A proposito degli spropositi mi son trovato a vedere un servizio TV nel quale il buon Braia menava lodi del grano Lucano reimpiantato e invitava i pizzaioli a farne base per le proprie pizze, anche al fine di promuovere gli ottimi prodotti Lucani a KM 0 (più o meno). Insomma, il “Braia testimonial”, oserei dire, solo che io mi domando se in Regione ci hanno ancora un qualche ragioniere che faccia due conti, perché sarebbe facile che un ragioniere dimostri al Braia che -anche laddove tutti i pizzaioli Lucani usassero, esclusivamente, grano Lucano- sarebbe come acqua santa ai morti. È noto, infatti, che la produzione di grano Lucano è in affanno, perché il prodotto non si vende, a meno di non volerlo vendere sotto costo. Insomma, bisognerebbe che i politici prendessero contezza del fatto che con la scusa del libero mercato si stanno demolendo le agricolture Italiane e quelle Lucane. Non vi è giorno (più o meno) che non si parla del porto di Bari e delle navi che scaricano grano Ucraino, russo, canadese o americano etc. e non vi è polemica, denuncia che riesca a far diminuire questa cosa, neanche quando si paventi che il grano provenga da zone altamente inquinate. Che dire, dunque, bene il Braia testimonial del Grano Lucano, bene l’invito ai pizzaioli ad usarlo, ma non va bene che tutta la politica della Regione Bas. per la salvaguardia ed il rilancio dei prodotti Lucani si riduca, solo, a questo testimoniare, all’incirca. Vediamo, infatti, che non vi è una politica che solleciti, inviti, aiuti, imponga agli utilizzatori di grano e farine, per la produzione di pane e pasta tipici lucani, l’uso del grano Lucano. E, dunque, giusto per fare un esempio e capirci, si fa giusta propaganda al pane di Matera, ma – per i ragionamenti di cui sopra- sembra che non vi possa essere certezza che sia prodotto da grano Lucano, come non vi possa essere certezza, alcuna, che la pasta artigianale prodotta in vari luoghi di Basilicata sia prodotta da grano Lucano. Che dire al riguardo, malgrado l’iperattivismo di Braia, poco o nulla si vede di concreto e poco o nulla vedremo anche domani o dopo. In effetti non ci vorrebbe molto a comprendere che serve un marchio per i prodotti tipici Lucani e servono disciplinari di produzione che garantiscano le produzioni Lucane, per cui quando si dice pane di Matera si parla, sì, di quel tipo di pagnotta, ma si parla anche del tipo di grano usato e del fatto che sia prodotto esclusivamente, o quasi, in Basilicata. Ovviamente questo è
il mio punto di vista, non è legge, ma buon senso pratico applicato ai fatti produttivi; ma continuiamo a ragionare di agricoltori Lucani e dei loro problemi economici oltre che di mercato. Dice il CSAIL che in Val D’Agri aspettano ancora i contributi che l’ex ARBEA ora UECA deve loro pagare e pare che aspettino questi soldi di aiuti comunitari dal 2010 più o meno. Allora, anche qui, se le accuse del CSAIL son vere, la situazione non riguarda solo la Val d’Agri, ma tutta la Basilicata e ci si domanda che cacchio vuole fare la Regione in merito, come intende avviare a soluzione la questione. Mi parrebbe evidente che, se ci sono questi tipi di problemi, malgrado l’elefantiasi delle amministrazioni Regionali dirette e indirette, allora il problema è nel manico, ovvero nella politica che mostra i limiti e l’incapacità di rendere operative le amministrazioni e funzionali gli Enti. Mi si dirà, ovviamente, che la politica si occupa dei programmi e l’amministrazione e i dirigenti, che godono di ampia autonomia, si occupano della realizzazione, solo che nessuno dice che quei dirigenti son messi li dai politici e se non vengono rimossi o contestati: di fatto vengono protetti e coccolati proprio dai politici. Per tale ragione, se gli agricoltori aspettano da anni i contributi comunitari, mi pare ovvio addebitarne la responsabilità ai politici che sono da individuare, oggi, nelle persone dell’Assessore Braia come del Presidente Pittella posto che: o cacciano i dirigenti incapaci di realizzare i programmi assegnati o sono loro responsabili dei guasti prodotti. Avviandoci alla conclusione, tocca constatare che chiacchiere se ne fan tante, manifestazioni anche di più delle chiacchiere, interviste, comunicati se ne fanno a profusione, ma all’atto pratico le condizioni degli agricoltori non migliorano, aspettano per anni i contributi, sognano da sempre una politica che spinga l’impiego di prodotti del territorio nelle imprese artigiane della Basilicata e vivono quotidianamente l’incubo di aver prodotto, a proprio rischio e pericolo, senza sapere se riusciranno, mai, a vendere almeno a prezzi di costo.
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Basilicata
17 Dicembre 2016
PARLA NICOLA BENEDETTO:
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«Entreremo nella storia per aver collegato la Basilicata con l’Italia che conta» Prima parte dell’intervista-fiume con l’assessore regionale alle infrastrutture e mobilità. Il punto sulle ferrovie e sugli aeroporti “possibili”
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ncontriamo l’Assessore Nicola Benedetto per fare il punto sulle infrastrutture in Basilicata, vero tallone d’Achille di una regione in affanno e che tarda ad agganciare il treno, e qui la metafora è d’obbligo, della timida ripresa che interessa l’Italia. Partiamo dalla situazione delle strade lucane. Iniziamo dalle ferrovie. In Basilicata abbiamo la rete nazionale e una rete interregionale a scartamento ridotto, lei, in occasione dell’annuncio dell’accordo con Trenitalia per l’istituzione della tratta ad alta velocità fra Taranto e Salerno, comunicò che il costo chilometrico sopportato dalla Regione Basilicata è inferiore a quello che si sopporta per far circolare i trenini delle FAL: una grande contraddizione, non crede? Si è vero, abbiamo ereditato contratti di servizio e concessioni ministeriali che pagavano il servizio, poi il tutto è stato trasferito alla Regione che nulla ha potuto fare per modificare l’andazzo, oggi c’è la possibilità di eliminare questa anomalia ora che si sta revisionando il Piano dei trasporti regionale. Ad essere realisti non si può fare a meno di constatare che sono due le tratte servite da FAL effettivamente utilizzate, Potenza – Avigliano e Matera – Bari. Il collegamento fra Potenza e Bari è fuori dal tempo per l’esagerata soglia di percorrenza, oltre 4 ore con stazioni intermedie lontane dai paesi attraversati dalla linea ferrata. Uno spreco di risorse. Non si riescono ad avere dati certi sull’utenza che utilizza le FAL da Potenza a Bari, se ricevessi “segnali” secondo cui la tratta Potenza – Bari è sottoutilizzata, sarei d’accordo a mantenere solo le tratte Potenza – Avigliano e Matera – Bari, ma ci potrebbero contestare che togliamo un servizio ai cittadini… Un servizio sicuramente non ottimale, tutte le stazioni intermedie (Pietragalla, Acerenza, Oppido, Genzano, Irsina) lontane dai centri abitati, tant’è vero che il pendolarismo si svolge esclusivamente su gomma. Si potrebbe valutare di “tagliare” quello che è un “ramo secco”? Si potrebbe valutare questa ipotesi, naturalmente non potrebbe essere una volontà politica solo mia, ma condivisa dalla politica regionale. In questo momento particolare ringrazio Controsenso che mi dà la possibilità di affrontare questo tema ed è da tanto tempo che volevo toccare, anche perché sto lavorando per stravolgere il piano dei trasporti e tante altre iniziative: non vorrei prendermi, in questo frangente, l’onere di eliminare la tratta ferroviaria Potenza – Bari, la faccenda, oggettivamente, sarebbe davvero complicata anche se i tempi di percorrenza in questa
«Quando abbiamo presentato l’arrivo di Frecciarossa in Basilicata abbiamo specificato che si tratta di una sperimentazione che durerà un anno, proprio perché il mercato del trasporto su ferro è in regime di concorrenza: prima di stipulare il contratto con Trenitalia abbiamo interpellato anche la società che gestisce ITALO, che per il momento non è interessata, ma non è escluso che al termine dell’anno sperimentale si possa coinvolgere. In tutti i casi, posso confermare che dopo la sperimentazione, IL COLLEGAMENTO AD ALTA VELOCITÀ VERRÀ MANTENUTO, magari prevedendo una gara pubblica per determinare la società che lo gestirà…»
Foto Esposito
di Antonio Nicastro
L’assessore Benedetto sul Frecciarossa il giorno del viaggio inaugurale tratta sono imbarazzanti, sto invece lavorando per fare in modo che entro il 2019 sulla tratta Matera – Bari siano attivate delle navette che consentiranno di coprire la tratta in meno di un’ora. Qualcosa si muove anche sul versante RFI, sono in corso lavori di ammodernamento della Potenza – Foggia che consentiranno di accorciare di mezzora i tempi di percorrenza. A che punto sono i lavori? I duecento milioni di lavori stanziati sono in lavorazione, il primo lotto da cinquanta milioni è stato ultimato. Ancora non sono state iniziate le opere per l’elettrificazione? Stanno partendo i lavori del secondo lotto che riguardano l’adeguammo
delle curve, dei passaggi a livello e si sta dando priorità alla sicurezza, poi si procederà con la elettrificazione. Sul collegamento con la Campania, lungo la tratta Potenza – Battipaglia, anche se elettrificata, ci sono dei limiti infrastrutturali dovuti alle pendenze che non consentono l’uso ottimale dell’alta velocità… E’ vero, però quando ho intrapreso il viaggio inaugurale della Frecciarossa ho potuto verificare che da Metaponto a Salerno si è accorciato il tempo di percorrenza di almeno mezz’ora. Magari non si viaggia a 300 all’ora nella tratta Potenza – Battipaglia, però è la prima volta nella storia delle ferrovie che la Basilicata può
raggiungere la capitale economica d’Italia, Milano, con tanti lucani che lì studiano o che vi lavorano, senza dover cambiare treno. Spero di passare alla storia per aver collegato la Basilicata all’Italia che conta (frase proferita con un sorriso). A proposito di alta velocità si potrebbe stimolare la concorrenza cercando di coinvolgere NTV, il vettore privato che è presente sul mercato con Italo? Non è un caso che quando abbiamo presentato l’arrivo di Frecciarossa in Basilicata abbiamo specificato che si tratta di una sperimentazione che durerà un anno, proprio perché il mercato del trasporto su ferro è in regime di concorrenza, prima di stipulare il
contratto con Trenitalia abbiamo interpellato anche la società che gestisce Italo che per il momento non è interessata, ma non è escluso che al termine dell’anno sperimentale si possa coinvolgere anche NTV. In tutti i casi posso confermare che dopo la sperimentazione, il collegamento ad alta velocità verrà mantenuto, magari prevedendo una gara pubblica per determinare la società che lo gestirà, in ciò confortati dalla notizia che oggi (martedì 13 dicembre per chi legge) 88 passeggeri hanno utilizzato Frecciarossa da Potenza. Altro tema caldo in questo ultimo scorcio del 2016, è quello che riguarda gli aeroporti. La pista Mattei si accinge a diventare aeroporto di terzo livello, mentre la Regione diventa socia dello scalo campano di Pontecagnano, da nessuno scalo aereo a due possibilità per i lucani, non le sembra una contraddizione? Fra l’altro sia Pisticci che Pontecagnano sono abbastanza lontani dalle sedi dei potenziali utilizzatori. Abbiamo voluto provocatoriamente accendere i fari su due realtà che non riescono ad inserirsi nel sistema aeroportuale nazionale. Personalmente ho dichiarato che Pontecagnano sconta il fatto di essere troppo vicino all’aeroporto di Capodichino a Napoli mentre Pisticci è ubicato baricentricamente fra l’alta Calabria, il Tarantino e il Metapontino, quindi potenzialmente più appetibile da una vasta platea di potenziali viaggiatori per cui ritengo che possa avere un futuro. Ma un piano economico per valutare la sostenibilità della struttura è stato fatto? Se si usa il buon senso, lo scalo può essere sostenibile anche con uno o due voli, non si devono creare infrastrutture a servizio dello scalo come fosse Linate, ma proporzionare il personale e i servizi alle reali esigenze di uno scalo periferico Sullo scalo di Pisticci pende sempre la spada di Damocle della mancata bonifica…. I lavori per effettuare la bonifica sono stati appaltati, ma in tutti i casi, non è da ostacolo all’utilizzo della pista, la bonifica è necessaria per l’allungamento della pista quando decideremo di allungarla. Altro tema controverso riguarda il Consorzio Sviluppo Industriale di Matera a cui è stato affidato il compito di gestire la Pista Mattei: un Ente sub-regionale che ha come missione il favorire l’insediamento di aziende nelle aree di propria pertinenza, non può occuparsi di infrastrutture strategiche per lo sviluppo economico della Basilicata. Ne parlavamo proprio qualche giorno fa con i colleghi della Giunta, questa anomalia va risolta e dovremo trovare una soluzione. (continua sul prossimo numero)
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Basilicata
Basilicata: dopo l’acquazzone, arrivano i demagoghi
17 Dicembre 2016
Abbiamo spostato indietro di almeno 50 anni la lancetta delle riforme e dulcis in fondo, disponiamo di una classe dirigente assolutamente inadeguata
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he si sia nella fase in cui la peggiore politica faccia da pendant ad una crisi economica tra le peggiori del secondo dopoguerra, credo che sia un dato difficilmente confutabile. Nella seconda repubblica i demagoghi sono lievitati a livello esponenziale a cominciare da Berlusconi che partito con obiettivi liberali e accertato che al primo intoppo (la riforma delle pensioni) andava a casa si è subito omologato ad un sistema politico che non vuole cambiamenti, dominato com’è da corporazioni piccole e/o grandi che siano, trasformandosi da liberale in demagogo, concentrandosi nei suoi affari aziendali, complice Umberto Bossi, il padano, quello per intenderci che andava con l’ampolla alle sorgenti del Dio Po, seguito da un nutrito quanto fedele popolo di “padanesi”, annunciando recessione ed eserciti con 300 mila fucili disseminati nelle valli del nord, pronti ad insorgere. Non è che le cose siano oggi cambiate: Salvini con le sue felpe contro il Paese è sulla stessa scia, ma vuole fare il premier non avendo arte e né parte, Zaia il governatore del Veneto ha fatto approvare una legge sul bilinguismo non sapendo la distinzione tra lingua e dialetto, Grillo sta facendo di più, imbeccato da Casaleggio con la sua utopia della democrazia diretta sta trasformando la politica da cosa seria, che richiede studi, profili professionali della sua dirigenza alti e documentabili, in uno spettacolo comico dando ragione a Carlo Marx che osservava che dopo la tragedia arriva la farsa, circondandosi di ragazzotti anch’essi senza arte né parte capaci soltanto di parlare per slogan, ignari della complessità e profondità della politica, la sinistra dem sono anni che tiene in scacco il Pd e con esso l’intero Paese, ignorando le elementari regole della democrazia, inventandosi derive autoritarie del suo capo, i sindacati strenuamente combattono i governi di turno per difendere le proprie insufficienze che si traducono in privilegi castali. In questo scenario il premier Renzi pur facendo molti errori ha cercato di provare a cambiare questo Paese, cosa provata a suo tempo da Craxi, non capendo che l’asse Dc-Pci, il famigerato compromesso storico o meno è ancora egemone e trova alleanze forti nei sindacati e nelle articolazioni corporative che bloccano l’Italia, quali la Magistratura, gli avvocati, i notai, i farmacisti, gli ordini professionali in genere, i commercianti, per arrivare perfino ai tassisti, una platea di ceto medio impoverito e di salariati che non concepisce alcuna riforma del mercato del lavoro, del regime fiscale e così via. La narrazione del No al referendum sulla Riforma Costituzionale è profondamente sbagliata, ma l’informazione, i dirigenti politici di cui sopra si affannano a attribuire a ciascuna minoranza il 60% complessivamente raggiunto, pur essendo nell’ottica dell’interesse
Il voto referendario ha evidenziato le dimensioni del disagio materiale. Il grande sconfitto è stata la politica nel suo insieme. La Basilicata in tale contesto si colloca al fondo del fondo, in una palude. Anche qui la democrazia non si può permettere i demagoghi che purtroppo spuntano come funghi dopo il primo acquazzone. Alle condizioni date purtroppo è impossibile rimuoverli, come abbiamo raccontato più volte. Qui come altrove, l’interazione politica si svolge attorno ai seguenti fenomeni: l’occupazione del potere, i mezzi per ottenere obbedienza, la coercizione e il consenso
del Paese tutti sconfitti. La speculazione finanziaria ha già consentiti nuovi arricchimenti agli investitori che operano nel breve periodo. La credibilità politica faticosamente conquistata da Renzi in Europa è in discussione. Molti provvedimenti del suo Governo sono in stand by
accumulando ritardi incredibili. Dovremo fare i conti con una contrazione del supporto finanziario della Bce nel prossimo futuro con inevitabili appesantimenti dei conti dello Stato. Abbiamo spostato indietro di almeno 50 anni la lancetta delle riforme e dulcis in fundo,
disponiamo di una classe dirigente assolutamente inadeguata. Renzi è il responsabile di tutti i mali del Paese (sic!), dimenticando che i mali sono il risultato di decenni di politica improbabile che ha visto tutte le forze che hanno votato No tra i principali responsabili dello sfascio
Gli auguri degli “Invisibili” a Papa Francesco
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antità, siamo gli ex lavoratori della Basilicata accolti in udienza, in piazza San Pietro, insieme al nostro Arcivescovo di Potenza Muro Lucano Marsiconuovo, mons. Salvatore Ligorio e don Salvatore Dattero parroco di Avigliano, il 28 settembre 2016. Oggi è il Tuo compleanno, dovremmo farti un dono, ma nessun regalo uguaglierà mai il dono che Tu hai fatto a noi. Avevamo pensato a una frase speciale, ma poi abbiamo capito che sono le frasi semplici ad essere le più speciali se dette con il cuore. Per il mondo Tu puoi essere una persona, ma per noi Tu sei il mondo. AUGURI DI CUORE PAPA FRANCESCO! Non ci dimentichiamo di pregare per Te
Il referente Giorgio Gruosso
economico e sociale in atto. Eppure Renzi ha avuto il 40% dei consensi, una platea che può considerarsi la base per un grande riferimento politico. Tra i soloni del No, c’è qualcuno che possa pensare che in Italia oggi ci sia qualcuno capace di conseguire un risultato del genere? La vittoria di Pirro del No si sta già per fortuna manifestando con l’incarico a Gentiloni come premier ed alla sua squadra di Governo che si pone nella scia della continuità renziana. Si è persa una opportunità di cambiamento ed un po’ di tempo: tutto qui. Il vero problema di Renzi-Gentiloni è dover fare i conti con un popolo che non vuole cambiamenti, manovrato da una classe dirigente che ha dimostrato in passato le proprie inadeguatezze Il si ha un leader riconosciuto che riscuote credibilità in Europa, ha un programma in cui si è identificato il Sì, una base elettorale certa che vuole cambiare. Si contrappongono forze (Lega e M5s) che vogliono scardinare l’intero sistema e portare il Paese fuori dell’eurozona (Vedi Sergio Romano), la sinistra dem non si sa cosa voglia, i giovani esprimono una profonda disaffezione nei confronti della politica, ma votando No anche per responsabilità del Governo uscente hanno complicato la cose. La Basilicata in tale contesto si colloca al fondo del fondo, in una palude. Anche qui la democrazia non si può permettere i demagoghi che purtroppo spuntano come funghi dopo il primo acquazzone. Alle condizioni date purtroppo è impossibile rimuoverli, come abbiamo raccontato più volte. Qui come altrove, l’interazione politica si svolge attorno ai seguenti fenomeni: l’occupazione del potere, i mezzi per ottenere obbedienza, la coercizione e il consenso. Il voto referendario ha evidenziato le dimensioni del disagio materiale. Il grande sconfitto è stata la politica nel suo insieme. La partecipazione al voto soprattutto dei giovani fa ben sperare. C’è da augurarsi che nel prossimo futuro prevalga il buon senso, la ragione, il cervello e non la pancia invocata da Grillo, una informazione corretta e non il giornalismo distruttivo che nasconde more solito interessi di parte personali ed editoriali che niente hanno che fare col bene comune. Alla fine, è solo la politica che ti può salvare dalla cattiva politica (vedi David Runciman, prof. di scienze politiche della università di Cambrige). Richiede una nuova mentalità generale che si ottiene dopo decenni di duro lavoro educativo. Forse la gravità degli eventi che dovremo fronteggiare a breve potrà far mettere da parte i demagoghi e far prevalere la politica con la P maiuscola che si muove su uno spartiacque tra chi vuole cambi are e chi vuole sopravvivere, un obiettivo inaccettabile in un mondo che evolve continuamente.
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Basilicata
di Walter De Stradis
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’intitola “Stagioni. La bella vita e le buone opere di Antonio Luongo” (Immaginapoli) il libro che il giornalista e scrittore Ugo Maria Tassinari ha pubblicato per ricordare –a un anno esatto dalla sua improvvisa scomparsa- il politico lucano, parlamentare e segretario regionale del Pd. Con Tassinari, arguto e smaliziato conoscitore del retrobottega politico lucano, abbiamo discusso di questa figura, che nel centrosinistra oggi “manca” (almeno a parole) un po’ a tutti, ma che nei suoi ultimi giorni da segretario fu oggetto di polemiche feroci. Forse troppo. Come giustifica la sua esistenza? C’è un dispositivo karmico: qualcuno deve pagare i peccati della vita precedente e il Signore ha mandato me per regolare i conti. Quando è uscito il suo libro su Antonio Luongo, ho subito pensato: “Solo Tassinari poteva farlo: avevano lo stesso look!”. E’ vero! Ad Antonio piacevano le mie giacche e qualche volta mi ha chiesto dove avessi comprate alcune cose mie, piuttosto improbabili. Lei pubblica un libro sulle “buone opere” di un politico come Antonio Luongo, e magari qualcuno pensa: “Evidentemente Tassinari era in debito con lui per qualcosa”... No, a me personalmente, lui non ha fatto nessuna opera di bene. Altri, magari, mi hanno dato una mano. Chi? Beh, Vito Santarsiero, per esempio, che mi aiutò quando dovetti lasciare il quotidiano La Nuova – ero contrario alla linea editoriale che si voleva intraprendere- facendomi fare dei progetti con la Provincia. Un paio di altri politici –un ex democristiano e un ex comunista, ma non Luongosuccessivamente, si limitarono a fare il mio nome, una volta interpellati dall’allora dg del San Carlo, Cannizzaro, che stava facendo una più ampia indagine di mercato per trovare un buon addetto stampa. Chiaramente, però, quello che ho ottenuto è sempre stato grazie al mio lavoro e alle mie capacità: nessuno mi ha regalato niente. Il primo incontro con Luongo? Aprile 1999, nella federazione di via Mazzini a Potenza. C’era la presentazione della candidatura di Gianni Pittella alle Europee e io, che ero stato per giorni chiuso in ufficio per fare il giornale con la redazione dimezzata, decisi di uscire per la prima volta. Mi presentai a Gianni e questi a sua volta fece per presentarmi a questo lungagnone dinoccolato che arrivò muovendosi a scatti, con le mani in tasca e l’eskimo di ordinanza. Luongo a quel punto fece un gesto eloquente con la mano e disse a Pittella: “Attento, che questo qui è amico di Velardi”; cosa vera, tra l’altro, perché ero stato suo compagno di scuola. Con Luongo quando siete diventati amici? Maggio 2002. Era in corso “Bookmark” e la sera prima noi di quel gruppo avevamo intervistato in piazza, con grande scalpore, Helena Velena, transgender, esponente della scena hardcore punk
17 Dicembre 2016
«Antonio Luongo: un gigante strafottente, ma dal cuore grande»
A un anno dalla scomparsa del segretario regionale del Pd, esce un libro di testimonianze sulla sua figura. Di questo - e altro - ne parliamo con l’autore
De Stradis e Tassinari all’Art Restaurant «Se c’è una persona che doveva morire di crepacuore, era proprio Antonio Luongo. Su dieci fattori di rischio, lui ne aveva undici: il padre era morto d’infarto a 43 anni, il fratello era stato operato di by-pass, lui stesso era iperteso, beveva venti caffè al giorno e fumava come un turco. Mario Russo, vecchio compagno, dirigente della direzione sanitaria del san Carlo, quante volte glielo aveva detto: fatti nu check. Antonio, poi, lo chiamavano “Atlante”, perché si faceva carico di tutte le ansie, ma il fatto è che aveva una specie di complesso di superiorità. Si sentiva quasi immortale» di Bologna. Alle due di notte andammo a fare baldoria alla vineria in Viale Marconi, e a un certo punto arrivò il cameriere che ci portò una buona bottiglia di rum, offerta proprio da Luongo, che era anche lui nel locale e che si era divertito a seguire la nostra ammuina. Una “buona” bottiglia di rum? Sì, Antonio era uno dai gusti molto raffinati e anche molto generoso. A un certo punto si sedette con noi e iniziammo conversare di musica hardcore punk., per diverse ore. Antonio poi rientrò, ma quella stessa mattina a casa sua arrivarono i Carabinieri: era il giorno del blitz della Tangentopoli Lucana. Dov’era quando ha saputo della sua morte, invece? Alle cinque e mezzo di mattina una collega della Rai mi telefonò chiedendomi notizie della morte di Antonio Luongo. Può immaginare la tentazione di mandarla a quel paese: succede sempre che qualche collega pensi che io abbia una specie di palla di vetro. Passata l’adrenalina, mi precipitai in ospedale e il piazzale era già gremito. In poco tempo arrivarono tutti. Fra le ipotesi c’era l’incidente stradale, ma poi fu subito chiaro che era stato l’infarto la vera causa del decesso. Lei ha detto che c’erano praticamente tutti. Chi ha visto piangere? Margiotta non riusciva a parlare: io cercai di abbracciarlo ma lui non volle. Scoprii in seguito che, alla sua prima candidatura come rappresentante al liceo –era
già bravissimo a prendere voti- Luongo era il suo leader. Piangevano Folino e Bubbico. Vito De Filippo, anche lui, era molto commosso. Quel giorno e poi al funerale, c’era invece qualcuno che – secondo lei - presenziava “ipocritamente”? No, niente ipocrisia, la cosa era talmente sincera che alcuni –pur essendo stati legatissimi a Luongo- presenziarono con estrema ed evidente freddezza. Non mi faccia fare i nomi. Le chiedo questo perché, quando Luongo morì, io scrissi “Tutti belli quelli che nascono, tutti buoni quelli che muoiono”. Il senso è che Luongo, fino al giorno prima della morte, era stato molto duramente criticato come segretario del Pd; qualcuno arrivò a dire che era morto di crepacuore per i dispiaceri e l’ansia. Dopo la morte -e in questi giorni dell’anniversario- si sono letti invece molti tributi “nostalgici”. Se c’è una persona che doveva morire di crepacuore, era proprio Antonio Luongo. Su dieci fattori di rischio, lui ne aveva undici: il padre era morto d’infarto a 43 anni, il fratello era stato operato di by-pass, lui stesso era iperteso, beveva venti caffè al giorno e fumava come un turco. Mario Russo, vecchio compagno, dirigente della direzione sanitaria del san Carlo, quante volte glielo aveva detto: fatti nu check. Antonio, poi, lo chiamavano “Atlante”, perché si faceva carico di tutte le ansie, ma il fatto è che aveva una specie di complesso di superiorità.
Si sentiva una specie di “Highlander” (immortale – ndr)? Sì, era un fatalista strafottente, e disinteressato fino all’autolesionismo. Generoso e disponibile con tutti, ma dei suoi interessi si curava poco. Al punto che, pur essendo stato per anni al centro dei traffici e dei trenini delle postazioni e delle carriere, ovvero della politica come gestione dei gruppi dirigenti, alla fine è rimasto disoccupato, quando fu messo fuori nel 2013. Non si preoccupò neanche di farsi un posto alla Regione, pur essendo uscito pulito dalle indagini che lo avevano riguardato. Pare che da parlamentare, però, fosse uno dei più assenteisti. Lui interpretava il suo ruolo come “attività politica”: stava a Roma a tutelare gli interessi della comunità locale: attraverso il lobbying, il dibattito, il sistema di relazioni e l’orientamento politico. Un lavoro “extra aula”. Sì, faceva pochissimo lavoro in aula, ma molto lavoro politico: 14-15 ore al giorno. Ripeto, anche gli avversari gli riconoscono il suo assoluto disinteresse personale. Rimaneva, ovviamente, un uomo di grandissimo potere. Ma un difetto Antonio Luongo lo teneva? Il suo difetto era pensare che la politica fosse una leva capace di governare il mondo. Detta così sembra un pregio. Mmm, no … è un difetto. Luongo era un uomo del Novecento, del compromesso storico, della “guerra civile” europea. E’ un difetto, perché
vent’anni dopo non funzionava più così. Nel libro io parlo del suo “Inverno”: torna in Basilicata e fa il segretario regionale del Pd, ma ormai il “metodo Luongo” –mediazione e confronto- non funziona più. Oggi la politica è lo “spoil system”, la disintermediazione, il “leader” –Pittella in Basilicata e Renzi in Italia- che vince e fa cappotto. Una colpa di Antonio Luongo? Per la Basilicata, alla fin fine, ha fatto veramente qualcosa? E’ una bella domanda. Guardi, in politica non esistono “colpe”, ma solo “errori”. Il suo errore è stato forse quello di non arrendersi all’evidenza,ovvero che la sua stagione e il suo tempo erano finiti. Ha preferito fare una cosa dissennata, mentre avrebbe potuto fare il segretario in un solo modo: per acclamazione, con un mandato commissariale. E’ un errore grave, che ha pagato col sangue. Lei lo diceva prima: negli ultimi mesi gli hanno fatto buttare il sangue. Lei però sta parlando solo di meriti, o demeriti, puramente “politici”. Ma perché ha fatto solo politica in vita sua! Io voglio sapere: in cosa è stato utile alla Basilicata? Certo che è stato utile. In cosa? Mmm….Il centrosinistra lucano ha chiuso degli accordi, in virtù dei quali, le risorse del petrolio e dell’acqua, sono state finalmente gestite da Potenza. Lei potrebbe dire: bel risultato! Ma a questo punto la colpa non è certo di Antonio Luongo, né di Bubbico e gli altri, se gli
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amministratori locali, invece di fare le città-territorio in Val D’Agri, ci hanno fatto il teatrino, sprecando e curandosi i fatti loro. I soldi, però, sono arrivati, e si potevano sicuramente gestire meglio. Mi permetta, allora: questa cosa della società civile che spara sulla Politica, è una cazzata demagogica. La verità è che c’è stata una cattiva gestione delle opportunità offerte dal petrolio e dall’acqua. Il Pd di oggi senza Antonio Luongo, che momento vive? A “microfoni spenti” mi diceva che non ha mai visto tanto odio. Il fallimento di Antonio Luongo, magister della gestione dei gruppi dirigenti, è che a un anno e quattro mesi dal suo insediamento, non aveva ancora allestito la direzione regionale. Non esisteva un gruppo dirigente. Pittella a quel punto vede che il partito non esiste e dice “faccio io”. Oggi ci sono state polemiche perché Massimo D’Alema, a ridosso del referendum, ha partecipato alla presentazione del mio libro, ma l’unico capo che Luongo riconosceva era proprio lui. L’assenza di D’Alema, con la massiccia presenza di Renzi, nella comunità degli orfani “dalemiani” lucani, aveva creato un vulnus serio. Lui DOVEVA essere presente quel giorno, e chi non lo capisce è stupido. In generale, però, voglio aggiungere che il Pd di oggi perde perché, passati i tempi delle fabbriche, non è più capace di rappresentare i nuovi poveri. Due battute sul nuovo Governo Gentiloni che si profila. C’è chi l’ha definito “Renziloni” e chi una “provocazione”. Questo era un Referendum chiesto dalla maggioranza. Renzi s’intestardisce e sbaglia, perché al di là delle forme giuridiche perfette, lui sa che ha un vulnus, vero, di legittimità popolare, di investitura politica. Ha cercato di ottenerla col referendum e ha perso. Mi ricollego a quanto dicevo prima: Renzi non rappresenta i nuovi poveri, i precari, ma non li rappresenta nemmeno Roberto Speranza. Detto questo, trovo che oggi il distacco di Verdini non è un “Renzi Bis”, ma un modo di Renzi per tenere sott’occhio Gentiloni, impedendogli di consolidarsi. Chiudiamo con le domande finali. Il film che la rappresenta? “L’Attimo Fuggente”, con l’omaggio al perdente. Io mi ritengo un “perdente di lusso”: poiché la mia generazione si aspettava che la politica servisse il popolo, e non è andata così. E poi direi anche “I Magnifici Sette”: i guerriglieri che vanno nel villaggio a difendere i poveri contro i banditi. La canzone? “Ma chi ha detto che non c’è”, di Gianfranco Manfredi. E’ una canzone del “movimentismo” degli anni Sessanta. Il libro? “Operai e Capitale” di Mario Tronti. Fra cent’anni cosa vorrebbe fosse scritto sulla sua lapide? Sono napoletano e molto superstizioso, ma direi «Non ha mai avuto paura di riconoscere il torto». Ho un narcisismo talmente maturo, che non mi crea problemi riconoscere di avere torto.
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17 Dicembre 2016
Terminal Bus: utenti vittime dei “furbetti del parcheggio” Da quando in alcune zone della città la sosta è a pagamento, c’è chi “ovvia” in viale del Basento, creando disagi. Le proposte dei pendolari
Bellettieri: «Ultimata la segnaletica dei parcheggi a pagamento»
“E’
di Antonio Nicastro
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on l’entrata in vigore della sosta a pagamento sulle strade cittadine, si verifica un fenomeno che induce molti automobilisti poco inclini a pagare il ticket per la sosta, a cercare un posto laddove la sosta non è a pagamento. Le strade centrali dove ci sono le strisce blu rimangono quasi deserte o con poche auto parcheggiate, per lo più quelle dei residenti autorizzati, alcune prive di ticket, tanto –sembra- nessuno controlla. In molti lamentano l’invasione di automobilisti che sottraggono il parcheggio ai residenti nei fabbricati nelle cui vicinanze si è sempre trovato un posto per parcheggiare. Ad esempio, ci segnalano che alcuni frequentatori del tribunale, si sarebbero spinti a parcheggiare in viale del Basento, utilizzando il sottopasso ferroviario e le scale mobili Basento per raggiungere il palazzo di giustizia. Ma di posti a sosta libera in viale del Basento ce ne sono pochi: sia il parcheggio a servizio del terminal bus, che quelli su viale del Basento e all’inizio di via della Chimica, sono parcheggi con disco orario, per cui si convive con situazioni di diffusa irregolarità, in quanto quasi nessuno espone il disco orario e gran parte delle soste sono di lunghissima durata; quasi tutti pendolari, che partono con il treno o con i bus, verso i luoghi di lavoro fuori Potenza già
dalle primi luci dell’alba per ritornare a riprendere l’auto a pomeriggio inoltrato. In questo modo vengono penalizzati i numerosi utilizzatori del terminal bus, soprattutto i parenti che accompagnano o passano a prendere congiunti che sbarcano dai tanti bus extraregionali. Di conseguenza, non trovando posto per parcheggiare nei posti che erano stati previsti, ci si arrangia alla bell’e meglio, anche fra gli stalli dei bus, creando pericolo ed intralcio al traffico. E’ evidente che il Terminal Bus avrebbe bisogno di ben altri spazi, oltre che strutture decenti quali una biglietteria, dei bagni, e sale di attesa al coperto. Alcuni utilizzatori dello scalo fanno una proposta che giriamo agli uffici del settore Mobilità del Comune di Potenza. A nome di un gruppo di studenti e professionisti che spesso si recano a Roma per studio e lavoro, Marco propone: “avendo constatato che gli spazi riservati
alla sosta nei pressi del terminal bus di viale del Basento non soddisfano le esigenze di due tipologie di utenti, pendolari quotidiani e viaggiatori occasionali, proponiamo al
Comune di riservare parte dei parcheggi fra viale del Basento e via della Chimica alla sosta prolungata per i pendolari, un’altra parte va invece riservata a coloro che si recano ad
appena cominciat il periodo dedicato alle festività natalizie – spiega l’assessore alla Mobilità, Gerardo Bellettieri – e i cittadini stanno mostrando grande senso civico nell’adottare comportamenti che consentono all’Amministrazione di realizzare tutte quelle iniziative volte a rendere più fluido il traffico in città e più agevole l’utilizzo del trasporto pubblico locale. Il nostro grazie alle migliaia di potentini e ospiti del capoluogo che nella serata dell’8 dicembre hanno utilizzato gli impianti di scale mobili, per il cui funzionamento esteso fino alle ore 24, ringrazio la ditta Trotta e i lavoratori che lo hanno reso possibile. E’ stata appena assegnata la gara per l’installazione delle paline elettroniche, cardine del sistema di infomobilità, progetto che comunicherà in tempo reale agli utenti la durata dell’attesa prevista rispetto all’arrivo dell’autobus
che effettua la corsa di proprio interesse, utilizzando le nuove aree, dotate di pensiline e panchine e che risultano in via di completamento. Abbiamo ultimato l’apposizione della segnaletica per la fruizione dei parcheggi a pagamento. Anche per quanto riguarda quest’ultimo aspetto, encomiabile la risposta dei residenti, alle cui richieste hanno risposto i dipendenti dell’ufficio Mobilità svolgendo, con grande professionalità una mole notevole di lavoro, che hanno ottenuto i tagliandi che li autorizzano alla sosta, accettando anche qualche piccolo disagio. Il tutto nel periodo che precede il Natale, festa giustamente molto sentita da noi lucani, e quest’anno prima dell’appuntamento del Capodanno che Raiuno trasmetterà in diretta dalla piazza principale del capoluogo di regione.
accompagnare i viaggiatori, per cui va bene lasciare la segnaletica per la sosta con disco orario, ovviamente sarà necessario effettuare i controlli del caso, controlli oggi del
tutto mancanti in quanto nessuno rispetta l’obbligo della sosta oraria”.
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17 Dicembre 2016
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“Giornata della Trasparenza” alla Regione: le riflessioni...inevitabili Q
Evidenziata la necessità di una nuova dimensione della trasparenza nel massimo ente territoriale. La questione, però, appare molto più vasta
uando si dice il “tempismo”, cari amici di Tore. Accesso agli atti e partecipazione civica all’interno di una Pubblica Amministrazione che sia il più possibile ‘casa di vetro’; “open data” e attenzione alla qualità, piuttosto che alla quantità, del dato pubblicato sul sito di un’Istituzione pubblica; “cittadinanza digitale” quale condizione imprescindibile attraverso cui il cittadino comprende senza indugi qualunque informazione ed è pienamente consapevole di ogni sua scelta. E ancora: valutazione delle “performances”, rivalutazione dell’importanza dei “Codici di comportamento” e delle “Carte dei servizi”, attestazione e verifica del grado complessivo di “trasparenza” dell’azione amministrativa quale preludio per un’efficace azione di contrasto alla corruzione. Sono i temi emersi nel corso della “Giornata della Trasparenza 2016 del Sistema Basilicata” che si è svolta giovedì mattina nella sala Inguscio della regione Basilicata, a cura dell’Ufficio Valutazione, Merito e Semplificazione della Regione Basilicata. Il tutto, a non molti giorni dalle ultime notizie di “Rimborsopoli”, che hanno visto alcuni politici condannati in Corte dei Conti. Insomma, al di là dei dettagli, il tutto avviene in un momento storico in cui la “questione morale” non può passare certo in secondo piano. Il discorso, però, che
va sotto l’egida di “trasparenza” (e in esso vogliamo includere un po’ di tutto: onestà, rispetto di norme e procedure, legalità, parità di accesso alle informazioni e alle possibilità offerte dalla pa), è piuttosto vasto. Quando si deplorano o si condannano le forme personali di appropriazione e di gestione del potere politico in regione, alcuni “compagni” della sinistra ovviamente si associano, ma non di rado e non pochi di loro, con due riserve esplicite: che si tratta di forme tradizionali attardate, quasi folkloriche, che, tutto sommato, per quanto diffuse e efficaci possano ancora essere, non hanno molto futuro davanti a sè; e che comunque c’e una «parte sana» nel ceto politico e nella città, che non pratica e non approva questo stile di gestione del potere. Certamente non bisogna fare di tutta l’erba un fascio, tuttavia l’appropriazione “personale” del potere politico, nelle forme in cui la sperimentiamo oggi, è una realtà tutta moderna, cosi come del tutto moderne sono le forme che assumono la subordinazione al potere personale o la resistenza e la contestazione di esso. Ma non è legittimazione tradizionale nè legittimazione carismatica del potere altrui quella che orienta i lucani nella ricerca di soluzioni ai loro quotidiani problemi esistenziali, quando si chiedono I’un I’altro se «conoscono qualcuno» nel tale ospedale o nel tal
altro ufficio o speculano sulla possibilità che «Rocco, il cugino di Assunta» possa «dire una parola all’onorevole» col quale giocava a calcetto da ragazzo, a proposito della loro domanda per entrare nella graduatoria degli aventi diritto e così via; il tizio che, riconoscendo nel neo-eletto assessore che appare in televisione o sul giornale (o su Facebook) un proprio antico compagno di scuola, si rivolge alla moglie e dice «Devo vedere che cosa posso andargli a chiedere», sarà pure uno che fonda la legittimità delle proprie richieste su una relazione tradizionale come l’amicizia di infanzia: ma ha comunque una concezione assai strumentale, «economica» per cosi dire, dell’amicizia stessa. Infine, il meccanismo della “malafede” può aiutarci a
capire un paradosso che è tipico della società lucana (come di molte altre, in Italia): un altissimo grado di indignazione civile, espresso vivacemente in pubblico e in privato a tutti i gradi della scala sociale, che si accompagna però ad un bassissimo grado di impegno nel cambiamento. Solo ricorrendo al concetto di malafede, infine, si può spiegare il curioso fenomeno di alcuni personaggi (ed è un problema tutto italiano) che ogni tanto, senza alcuna preoccupazione di coerenza con il loro stesso operare o il loro passato, si indignano pubblicamente per il dissesto della cosa pubblica. Sempre più lucani dichiarano, piuttosto che avversione, una netta apatia nei confronti della politica. Politica-padrona, allora? Non solo, perche essa è anche sostan-
zioso erogatore di servizi e di cure. Qui viene fuori chiaramente che molti lucani vogliono che la mano pubblica afferri saldamente molte cose e che ci spenda molto. Alla luce di tutto questo possiamo domandarci come abbia fatto fin qui a resistere, quello che viene considerato uno sistema “patrigno”. Come ha potuto cavarsela con i suoi disservizi, i suoi costi abnormi, il malcostume (“Rimborsopoli” e simili) dei suoi uomini, da una parte, e con questi suoi cittadini sprezzanti, pretenziosi, restii a dare una mano per mandare avanti la baracca, dall’altra? Esiste, però, anche un altro approccio per affrontare la riduzione dei costi della politica ed è quello dell’espansione democratica. Si tratta, cioè, di concentrarsi sulla diminuzione degli apparati, delle burocrazie, dei vertici vischiosi che tutto controllano senza essere controllati, a vantaggio di una democrazia più reticolare, di base, anche diretta che valorizzi la partecipazione e accorci la distanza tra rappresentanti e rappresentati. C’è, infine, fra i Lucani, un’elementare spinta di indignazione che –dopo decenni- non sopporta i privilegi ostentati da esponenti politici di ordine e grado diversi, le vere e proprie furbizie, le ipotesi di corruzione di cui a volte si legge, i concorsi (come quello –per dirne solo uno- per giornalisti alla Regione) ai quali inspiegabilmente non si dà seguito, e le grandi
disuguaglianze che rendono la vita reale di migliaia e migliaia di persone insultata da chi ogni tanto parla e straparla, a nome loro, di rigore e moralità. Anche perché negli ultimi decenni, complice anche un mercato del lavoro bloccato e un’economia stagnante, «l’esercito della politica», ma soprattutto dei suoi “dipendenti”, è cresciuto in forma esorbitante. Per passare dal generale al particolare, all’evento in quel della Sala Inguscio, è stata evidenziata la necessità di una nuova dimensione della trasparenza nella Regione Basilicata, sottolineando che «la vera sfida oggi non sia tanto nel superare la differenza tra paesi ricchi e in via di sviluppo, quanto piuttosto tra paesi aperti e paesi chiusi, proprio in termini di trasparenza, accessibilità e cautele anticorruttive». «Tali incontri non sono solo un adempimento di legge, ma una reale necessità sollecitata proprio dalle stesse comunità: il tema della trasparenza è nevralgico se intendiamo puntare a riconquistare la fiducia tra cittadini e istituzioni”»: lo ha detto, in apertura, il presidente del Consiglio regionale, Francesco Mollica, che ha portato alla platea dei convenuti il saluto del presidente della Giunta Marcello Pittella. Come dicono gli inglesi, ‘nuff said!Alla prossima, amici di Tore.
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MONITOR
17 Dicembre 2016
Basilicata
L’ISTANTANEA DI KING BUFFINO Poteri sostitutivi: le nomine del presidente del consiglio regionale Antonio Papaleo, Giuseppe Tucci, Raffaele Donato Talucci, Nicolina Boccarelli e Francesco Salvatore nel Comitato di gestione del fondo speciale per il volontariato. Le nomine effettuate dal presidente Mollica con i poteri sostitutivi Con i poteri sostitutivi previsti dall’art. 9 della legge regionale n. 32/2000, il presidente del Consiglio regionale Francesco Mollica, dopo aver sentito i capigruppo consiliari, ha designato oggi Luisa Rubino quale consigliera regionale di parità supplente. Mollica ha inoltre nominato Antonio Papaleo, Giuseppe Tucci, Raffaele Donato Talucci e Nicolina Boccarelli quali rappresentanti delle associazioni nel Comitato di gestione del fondo speciale per il volontariato. Nello stesso organismo Mollica ha nominato Francesco Salvatore in rappresentanza della Regione.
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IL PROVERBIO DELLA SETTIMANA
«A stizz a stizz s’accoglie ’a iumara»
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Direttore Responsabile Walter De Stradis
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17 Dicembre 2016
La città si fa bella per il turismo natalizio, ma la periferia è dimenticata
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irando per le strade della Capitale Europea della Cultura 2019 si intuisce facilmente, in questi giorni, che la raccolta e la messa in discarica dei rifiuti in città sembra combaciare con il termine inefficienza. Una grande inefficienza dell’igiene urbana che prosciuga una risorsa importante del bilancio, quella che i cittadini riversano con le loro tasse, senza ottenere un servizio decente. Una città sporca e carica di
rifiuti disseminati ogni dove che non piace ai cittadini. Uno “spettacolo” che vedono tutti, soprattutto i turisti, ma nessuno sembra far nulla, almeno in maniera efficace, per renderla più pulita. Del nuovo bando rifiuti ancora non si sa nulla e per quanto riguarda la gestione dei rifiuti e niente di quanto ci si prefiggeva sembra - foto alla mano - che venga realizzato: dal lavaggio delle strade al netturbino di quartiere; dalla pulizia della periferia
alla differenziata, un servizio che doveva essere efficace e funzionante, tutto disatteso e rimasto nelle promesse e nei sogni dei cittadini, mentre la tassa versata nel 2016 dai cittadini è stata salata. Intanto la sporcizia è ovunque in una città completamente incapace di agire, e reagire, alla decadenza sulla questione rifiuti. Incapacità che emerge tra la montagna di rifiuti in strada; carte, buste, vetri e plastica disseminati ovunque, tra vie, piazze,
mete turistiche e verde pubblico; una gestione che tratta i suoi rifiuti come un problema da spazzare sotto al tappeto e non come una risorsa da sfruttare al meglio. In periferia, ma spesso accade anche in centro, i contenitori non vengono svuotati e rimangono per giorni colmi d’ogni cosa; sacchetti dimenticati o lasciati fuori orario, disservizi e scarso dinamismo del servizio aggravano le cose. L’inosservanza delle regole dai parte dei cit-
tadini e il servizio offerto riaccendono un dibattito già aspro sul sistema di raccolta “porta a porta” e “stradale” come avviene per le vie del centro che, soprattutto di sera, offrono una scenografia costellata di sacchetti neri in plastica e cartoni abbandonati sui marciapiedi. Mentre in periferia i rifiuti ingombranti non raccolti finiscono essi stessi per essere usati impropriamente e diventano bidoni della spazzatura. Intanto a La Martella rimane
in attesa di soluzione il problema annoso della discarica che si doveva chiudere, per la quale si doveva pensare di risolvere il problema del percolato e dell’impianto di compostaggio, degli odori nauseabondi, dell’inquinamento delle falde. Un problema che graverà ancora a lungo se stanno così le cose. Giovanni Martemucci
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Facoltà di Economia: un seminario sull’innovazione tecnologica nelle imprese Il prof. Roberto Parente dell’Università degli Studi di Salerno: “Innovare non è solo possibile e utile, ma soprattutto necessario” di Virginia Cortese
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ema caldo e di stretta attualità quello sull’innovazione, che guarda ad ampi spazi di applicazione concettuale e funzionale, del quale però spesso non si riconoscono le potenzialità. Ne abbiamo discusso con il professor Roberto Parente, Ordinario di Economia e Gestione dell’Università di Salerno e direttore del Master di II Livello in Imprenditorialità e Innovazione del Dipartimento DISA/MIS-UNISA, che vedrà la sua prima edizione nel prossimo anno accademico nell’Ateneo campano, che ha tenuto una lezione sul tema per gli studenti dell’Università di Basilicata, lo scorso mercoledì 14 dicembre in un interessante seminario promosso dal professor Ettore Bove, Ordinario di Economia Politica del DIMIE lucano. In un momento congiunturale come quello che stiamo vivendo, quanto risulta utile e possibile per le piccole imprese investire in innovazione? “Ritengo non solo che sia utile e possibile, ma soprattutto necessario. Non vi sono alternative. Come Italia, che ha vissuto il suo miracolo economico, siamo stati incapaci di gestire e riconoscere una parabola discendente, cui ci siamo trovati di fronte. Il modello economico non è stato sostituito e ne abbiamo subìto le conseguenze. Le condizioni sono cambiate, sono diverse, come è palese; il nostro errore precipuo è stato non aver riflettuto sul contesto di globalizzazione, quando
Il professore Parente e il professore Bove
invece avremmo dovuto prepararci, attrezzarci, per così dire. Premesso ciò, voglio rilanciare e lasciare un messaggio propositivo: i giovani devono e hanno tutte le possibilità per rimettersi in gioco. Devono riprendersi il protagonismo che gli spetta e il modo per risalire è dato proprio dal prescegliere l’Innovazione. Osservo fenomeni
spontanei di start up e spin off accademici: sono un ottimo segnale”. Cosa è nella sostanza, l’innovazione? “Noi pensiamo, o quanto meno siamo portati a pensare, all’innovazione come a qualcosa che si trova “altrove”, ma non è così. Non è slegata dai contesti. In Basilicata, penso all’innovazione in agricoltura. Or-
mai non si lavora più con la zappa, ma con i droni, con la biodinamica, con il biologico, con le biotecnologie, con le economie circolari e green, sostenibili, insomma”. L’Italia è divisa anche in questo settore di fattispecie? “Il Nord è semplicemente partito prima. Noi, al Sud, stiamo uscendo ora dall’
“effetto annuncio”, cioè quello che fa clamore ma non realizza!” A proposito del SistemaEuropa? “Ritengo sia una risorsa eccezionale; una grandissima opportunità. I giovani devono sapere che bypassando la burocrazia, i Comuni, le Regioni et similia possono presentare il proprio progetto, la pro-
pria idea in Europa e vederli sovvenzionati e quindi compiuti. Così si parte in modo diretto e veloce. Ciò ridona speranza e occupazione. In tal modo, si ri-crea la crescita. Horizon 2020, ancora non è usata al massimo, a mio avviso, sebbene contenga un budget importante sull’innovazione ed è a disposizione dei migliori candidati”! Il prof. Parente ha concluso così, rivolgendosi agli studenti: “Plaudo alle imprese innovative, a volte collegate a quelle esistenti, che riescono a intersecarsi alle vocazioni e alle tradizioni dei territori e che nascono dai giovani. C’è una ricerca in Italia, che ci ha consentito di raccogliere un dato confortante: degli spin off accademici, almeno 10 partono da giovani e sono il frutto dell’applicazione delle loro competenze. Questa è una prospettiva di sviluppo professionale. Il mercato del lavoro, oggi, è totalmente diverso rispetto al passato. C’è un settore dell’economia che ha bisogno di sostegno e mi riferisco all’imprenditoria; i ragazzi non dovrebbero considerarlo come ripiego ma come opportunità primaria! Quello che abbiamo vissuto come debolezza, o condanna biblica deve trasformarsi in un punto di forza. Bisogna mettere in discussione i vecchi e obsoleti processi e modelli, da qui derivi l’incoraggiamento a mettersi in gioco come avviene in altre parti del mondo. D’altronde il mondo non è irraggiungibile”!
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LA BASILICATA ALLA LENTE D’INGRANDIMENTO DEGLI STUDIOSI
Clientelismo, familismo amorale e raccomandazione: le analisi possibili Il presente e il futuro della nostra regione, fra recupero della memoria e questione etica nella politica: parla Gaetano Fierro di Rosa Santarsiero
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l recupero dell’identità e della memoria, e la questione morale della politica, negli scritti (rispettivamente) di Lucio Tufano e dell’economista Nino D’Agostino sono due tematiche che tornano spesso sulle nostre pagine. Abbiamo voluto riprendere questi due argomenti grazie all’intervento del professor Gaetano Fierro. Professore, come leggere e interpretare con coerenza politica la Basilicata Memoria rispetto dell’identità, al recupero socioculturale della provincia, alla funzione sociale ed economica della montagna, alla presenza dell’Università e alle risorse morali per accrescere la cultura dell’etica? In questi anni la Basilicata, con i suoi progressi, sta vivendo una trasformazione profonda, che non può non essere, a volte, traumatica. È necessario che la regione non perda la dignità che è stata propria della sua società contadina ma che, al tempo stesso, rafforzi il senso di autonomia e di consapevolezza, capace di rompere antiche dipendenze. Le ricerche, da quelle degli anni Quaranta alle più recenti, confermano che grandi valori sono ancora presenti in questa terra, ma che risorse culturali e morali nuove sono indispensabili per intraprendere, creare, valorizzare, conservare e persino per rinnovare e accrescere la cultura dell’etica. Da cosa partire, allora? Fondamentali, in questa prospettiva, risultano la scuola e la ricerca, da una parte, e le amministrazioni pubbliche, dall’altra, ove si voglia, com’è necessario, innalzare in tutti i campi la qualità dei servizi offerti alla comunità. In ultima analisi, occorre che non
vadano smarriti la memoria e il rispetto del passato, da accomunare però a un impegno fiducioso per un presente in grado di realizzare una lunga stagione di lavoro per tutti all’insegna di una creatività idonea ad attivare sia una larga capacità di intraprendere sia una assunzione di responsabilità, a livello individuale e collettivo, come base di armonica convivenza. Stringiamo un pochino più il campo. Ora si parla di recupero “civile” della realtà agricola nell’obiettivo ambizioso di non disperdere, ma di valorizzare e tramandare tutto il patrimonio dei suoi valori. In Europa, chi accelera, suo malgrado, il dibattito politico e ideologico su questi temi, durante gli anni della ricostruzione morale e fisica del Paese, è Carlo Levi che ha il grosso merito di collocare dentro una prospettiva sociologica estremamente ancorata la condizione della gente di Basilicata con il libro Cristo si è fermato ad Eboli. Levi individua nella cultura contadina lucana un complesso di valori che non bisogna distruggere, ma che è opportuno riconoscere e conservare. Viene raccolto, in varie forme, l’auspicio di Levi, ma il movimento ha meno propensioni letterarie e idoleggiamenti della cosiddetta civiltà contadina di quanto si creda; ha soprattutto capacità d’iniziativa favorendo la conoscenza di un diverso metodo di lavoro, un modello di collaborazione interdisciplinare tra l’attività di ricerca e la formulazione degli obiettivi di una nuova politica sociale. Si concentra, d’ora in poi, verso problemi del Sud d’Italia, un forte interesse da parte di consolidate istituzioni americane, soprattutto, quali l’UNESCO, la Fondazione Rockefeller, il Fulbright Exchange Program, ecc. Alla formazione di questa nuova tecnica metodologica, chiamata team
work, concorrono i diversi studiosi provenienti, guarda caso, dall’America, come George Peck (Immobilismo sociale), Friedrick G.Friedmann (La Miseria), Ann Cornelisen (Arretratezza educativa) e Edward C.Banfield (Familismo amorale). Tutti termini che da allora ricorrono spesso. E, vale la pena sottolineare che, nonostante la modestia delle dimensioni, il passaggio dall’antico al nuovo modo di concepire il meridionalismo, così come analizzato da questi ricercatori, porrà il “caso Basilicata” in una posizione sociopolitica di tutto rispetto, anche se, per certi versi, estraneo al contesto civile locale. Dopo di loro - con un’attenzione crescente verso le istituzioni pubbliche, l’economia, i rapporti politici e ambientali - P.Stirling, acuto analista della riforma agraria seguita a lungo nei suoi effetti; J. Davis, che polarizza la sua attenzione sulle trasformazioni della civiltà contadina e sugli anni dello sfruttamento industriale dei giacimenti metaniferi in Val Basento; N.Colclough, che indaga sui clan familiari, le clientele, il peso della politica. E in periodi più recenti? Negli anni meno lontani dal presente, sono R.Leonardi, R. J.Nannetti e R.D.Putnam a presentarsi sulla scena lucana per descrivere l’evoluzione delle istituzioni politiche. Entrano con la loro analisi nella struttura dell’ente Regione, nei suoi rapporti con lo Stato centrale e con gli enti locali, cogliendo l’evoluzione che si sta verificando nella vita politica, con la riduzione del conflitto ideologico, la crescita della tolleranza tra gli uomini politici medesimi, l’affacciarsi di forme di cooperazione attiva. In questa ultima fase storica giungono in Basilicata, fra gli altri, ricercatori
Il professor Geatano Fierro quali D L Zinn con le sue analisi sulla “raccomandazione”, sul mondo delle reciproche obbligazioni, sulla rottura tra memoria e nuova mentalità. H. Tak, che centra le sue ricerche sui riti religiosi; O.Stuart, che insiste sul tema della montagna, delle utilizzazioni boschive e dell’equilibrio territoriale; J.d’Ormesson, che sottolinea l’unicità di quei siti meridionali dove non esiste rottura tra le opere d’arte, i musei magno greci e le bellezze che si possono ammirare lungo le strade. Che quadro ne esce della Basilicata? La Basilicata si presenta come un oggetto di eccezionale interesse per chi volesse leggere e interpretare i processi di cambiamento in corso tipici della contemporaneità (in primo luogo, quindi, per i sociologi) e per coloro che volessero, invece, concentrare la loro attenzione sull’incidenza che i residui culturali del passato hanno sul processo di modernizzazione (essenzialmente,
gli antropologi culturali). Più avanti con gli anni, sono emerse le ricerche sul campo dei politologi, la loro curiosità intellettuale per una società toccata dal clientelismo e da carenza di spirito di auto-organizzazione. C’è da augurarsi vivamente che i ricercatori stranieri continuino a venire in Basilicata e a svolgervi un lavoro di conoscenza che - è doveroso riconoscerlo - non è stato compiuto con la stessa continuità e la stessa penetrazione dai loro colleghi italiani. Importante è che si sviluppino forme di collaborazione con gli enti regionali e locali e con la classe politica che li governa o che li rappresenta in sede nazionale. E ancora più, che si creino collegamenti con L’Università degli Studi regionale per un ampliamento reciproco delle conoscenze attraverso la comunicazione di opinioni ed esperienze, e per l’attivazione di scambi culturali continuativi.
Il tempo della notizia L
’indicazione che precede vale a rimarcare quello che nel mondo dell’informazione viene definita notizia, news, agenzia, che abbia i caratteri della novità e dell’interesse per la pubblica opinione. Trattasi di un mondo onnivoro, abituato da sempre a divorare i propri frutti, dopo averli mostrati e portati a conoscenza dei fruitori. Dietro la notizia esiste un complesso di meccanismi che viene quotidianamente oliato, aggiornato e modificato ma sopratutto si agita un insieme di prassi e di regole non scritte da cui sono disciplinati i momenti dell’acquisizione e della diffusione delle news: il top dell’informazione è stato realizzato nel momento in cui le chips, che una volta (circa 50 anni fa)
viaggiavano solo a bordo della carta stampata e delle tante radio, pubbliche e private, sono divenute il motore principale dell’azione delle tante emittenti televisive da cui è popolato il pianeta. Il dato visivo ha indubbiamente arricchito e reso più fruibili le notizie, ma le ha fatte diventare al tempo stesso di più difficile e complesso confezionamento, elaborazione e diffusione. Considerato che i veri padroni e responsabili dell’informazione sono da un lato i famosi tempi tecnici e dall’altro gli spazi pubblicitari, si impongono alcune considerazioni e qualche quesito, che sicuramente renderanno un po’ più interessante quello che a prima vista sembra solo un meccanismo caratterizzato da mera tecnicalità.
Se solo per un attimo consideriamo che le notizie quotidiane variano per qualità, estensione, interessee gradimento da parte della pubblica opinione e che il prodotto notizia va , in quanto tale, reso non solo interessante ma anche e soprattutto appetibile, la prima considerazione che balza evidente concerne quello che è il rapporto temporale e di durata tra la notizia ed il momento espositivo e diffusivo della stessa. Ed infatti se si pensa che non tutti i giorni, grazie a Dio, si verificano guerre, terremoti, inondazioni, stragi, omicidi eclatanti, arresti significativi per le persone coinvolte o per i reati accertati, viene spontanea la domanda: ma come fanno i giornalisti a contenere nell’ambito degli stessi spazi informativi quotidiani, di cui dispongono sulla carta stampata, oppure presso le varie tv, notizie di carattere diverso le une dalle altre, per peso, importanza ed interesse? La risposta più immediata e diretta non può che collegarsi al fattore tempo, laddove ogni notizia ha unsuo tempo naturale oppure obbligato, che fa parlare di tempo della notizia, da determinare, inquadrare,
organizzare per renderlo compatibile con le molteplici esigenze quotidiane. Il problema si pone sicuramente in modo evidente quando in una stessa giornata si accavallano molteplici notizie di eventi clamorosi, per cui i famosi tempi tecnici vengono facilmente riempiti dalla natura ed importanza dei soli fatti, ma assume contorni ancora più interessanti nei giorni in cui si registra povertà o comunque pochezza di news: allora entra in gioco l’abilità del giornalista nell’integrare il fatto con il commento, con il giudizio, con la valutazione sua o del pubblico, in modo da riempire quelli che potrebbero essere dei tempi morti. Altra abilità sembra essere collegata alle unità temporali di volta in volta impiegate per esporre la notizia, essendo evidente che mentre in alcuni casi il lettore, l’opinionista, il giornalista di turno si esprime con un lessico estremamente veloce, per aver modo di riferire tutto ciò che deve riferire, in altri casi la narrazione dei fatti sembra artatamente rallentata e ciò al fine evidente di allungare “il brodo”, per occupare con meno notizie gli stessi spazi riservati
dalla programmazione. Quello che è certo è che ci troviamo ad esaminare un settore della produttività particolarmente qualificato in ragione dei mezzi, culturali e non, di cui un buon giornalista deve disporre, laddove lo working in progress sembra essere la più interessante proiezione delle tante intelligenze convergenti in funzione di quel manufatto informativo, che normalmente risulta qualificato come prodotto del “Quinto Potere”. Alla domanda sul se l’informazione sia un’arte (cosa che noi riteniamo) oppure un mestiere, dovrà essere l’utenza a rispondere attraverso una maggiore o minore richiesta del prodotto finale, una più o meno intensa compartecipazione all’attività di chi scrive, parla, informa, al fine precipuo di avvicinare sempre di più le masse ad un problema e dalle sue soluzioni, alla sempre più proficua collaborazione tra individuo e sistema, per consentire ad un numero sempre crescente di persone il necessario superamento delle antistoriche barriere dell’ignoranza.
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Basilicata
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Dalle meridiane del Natale
foto tratta dal sito www.musicapopolareitaliana.com
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alle latitudini del gelo torna il Natale che ha radici profonde dentro l’infanzia e la memoria. Dal regno delle fiabe, col vischio e l’agrifoglio, dalle cupe foreste di abeti, querce e larici, dalle nevi bavaresi e dalla tundra, dalla Lapponia finlandese, dal nord delle regioni artiche, scandinave ed anglosassoni, viene, nel solstizio d’inverno, quando il sole, dopo la più lunga delle notti, torna a (ri)sorgere. Viene dalle rigide sponde di borea col luccicore dei rami e le candeline accese, nel folto stormire dei boschi e reca il soffio delle tramontane, il respiro dei ginepri. Lontanissimo culto iperboreo: vi furono epoche in cui si ebbero le foreste illuminate a giorno nelle notti più tenebrose. Rami o alberi erano davanti agli ingressi, ed un ramo (strenna) appendevano i Romani nell’atrio delle loro case all’inizio di ogni anno. Gli alberi furono i templi degli dei e Roma arcaica ed imperiale ravvisò in essi l’azntico albero della vita, l’albero cosmico. Fu alla corte di Strasburgo, nel 1605, che s’intravide il primo albero di Natale e nella Bassa Slesia. Nel 1611 la duchessa di Brieg attaccò all’albero del suo cortile lumi e doni per i bambini dei vassalli. In Inghilterra nel 1840, ad opera del principe Alberto e della regina Vittoria e poi in Austria ed in Francia, furono adottati alberi di Natale, non come esaltazione mistica dei fatti naturali, ma l’adozione di questi simboli di ordine spirituale. Il Natalis solis invicti, rappresenta il ridestarsi della divinità solare e l’inizio del nuovo anno. Quando la “luce” è sembrata spegnersi, nelle terre desolate, tra i ghiacci, nelle acque e nelle boscaglie, ecco che si rialza e risplende di nuovo chiarore. Così l’albero, profumo di resina, pieno di multicolori, di fili d’argento e di oro, di nastri e gemme, di neve e stalattiti è giunto fino a noi. Introdotto dalla cultura anglo-americana nel dopoguerra, si è sempre più diffuso fino a renderci festosamente partecipi del Christmas. Ora gli alberi di Natale sono nelle vetrine, davanti ai supermercati, nei grandi magazzini, attorno ai punti vendita, nelle piazze, nelle grandi e piccole città, nei paesi, in ogni casa signorile o modesta. Sono punti luminosi, segnaletica di pace e di prosperità, contro ogni perversa volontà di violenza, contro quell’oscura notte che sempre ci sovrasta. Sono stati collocati nella piazza principale della nostra città, un segno, una metafora dei sindaci meridionali che subiscono il fascino e la suggestione dell’immenso Nord. Quest’anno infatti, ci sono anche grandi slitte trainate dalle renne luminose ed abbaglianti come nelle più antiche fiabe del nord e della tundra. Ecco che piazza e strade costitu-
iscono quel “nucleo genetico” essenziale del tracciato urbano, con l’incedere ed il sostare del cittadino, la stasi ed il movimento, e dove confluisce la traiettoria di via Pretoria e dove quell’indugiare a circolo eleva la piazza a ventricolo essenziale del centro storico. “Corte” di un edificio virtuale, la piazza confluisce nell’immagine del teatro e del potere, cosa che gli urbanisti ed i politici conoscono. In queste piazze, i palazzi del Potere sono illuminati da centinaia di luci, a significare una ricorrenza “imperiale”, che ci riporta alla storia madre dei trionfi. Da altre meridiane, dal sud misterioso, dal coro dei messaggeri biblici, dei salmi, dalle comete descritte nei sacri libri, dai testamenti dei padri, dalle corrose mura di Gerico, da ogni depressione medio-orientale, dalle terre dei prodigi, dai climi temperati di mare e di dune, dagli scirocchi mediterranei, da dove si levano i favonii ed i libecci, dalle sabbie e dai palmizi della Palestina, torna il presepe suggestione perenne, regia e topografia del mondo, vengono i suoni, i pastori, gli zampognari, i mitici re magi … Hormidz, sovrano di Persia, Kazdegerd, principe di Saba e Peroz, re di Seba, attraverso il deserto, dalle oasi e dai minareti, nei pressi delle moschee. Oriente notturno, immaginario ed indeterminato. I magi vengono per le vie diverse, da altre religioni, altre visioni. Dai vangeli apocrifi e dalle leggende orali, i costruttori di presepi popolari – dal settecento in poi – hanno inserito nelle scenografie della Natività espressioni e vicende molteplici. San Francesco d’Assisi nel 1223 allestì con personaggi veri la grotta e la natività e San Gaetano da Tiene, in seguito ad una visione in Santa Maria Maggiore, si adoperò nel 1517 a costruire con le sue mani, casette e pupi di legno e di terracotta, dando così il via a quei presepi che a Genova e soprattutto a Napoli avrebbero sbalordito per bellezza e validità artistica. L’importanza e lo splendore dei presepi napoletani ispirarono Sant’Alfonso de’ Liguori che nel 1753 compose la pastorale “tu scendi dalle stelle …”. Ci furono i presepi delle nostre confraternite, delle parrocchie, negli angoli semibui e nel trionfo del freddo e degli incensi con le disperate ed ancorate note degli organi, pittoreschi ed impressionanti nel silenzio delle chiese, o negli spaziosi corridoi dei monasteri e nelle celle dei conventi, quelli di don Pasquale Tropeano a San Gerardo, di padre Anastasio a San Michele, di don Mimì Sabia alla Trinità, quelli allestiti nelle più ricche dimore della nostra città. I bambini della borghesia, quelli poveri e gli orfanelli. Ammiravano compiaciuti i rigagnoli d’acqua ed i
mulini, le osterie disseminate sulle colline, il vasto firmamento sulle pareti, la donna che porta il pane, quella che lava i panni, il ciabattino, sotto la montagna lontano dai castelli, i suoi deboli riverberi tra le enormi colonne e le altissime navate. E tra i curiosi dei vicoli e dei sottani, divertiti dalle facce dei “pupi”, dagli abiti strani a toppe e dalla grottesca analogia di quel teatro, continuava l’itinerario innocente degli sguardi attenti alla scoperta dei “pupi” ritratti nel più solenne raccoglimento, scolpiti nella terracotta, al passaggio della cometa. Giungeva attorno ai portoni e davanti alle cantine il suono dei pifferi. Era la nota pattuglia di Mancusiedd per la raccolta di pochi spiccioli, di mostaccioli e di biscotti. Dalle contrade innevate dell’Arioso, anche i nostri pastori, girovaghi della “Novena”, con berretti strani, mantelle e zampitt, suonavano per le strade e nei vicoli della città, ombre in preda alle nebbie della tormenta e del fumo sprigionate dalle case contadine. Il nevischio era il segnale di una festa dal freddo intenso e dal quasi sicuro appagamento del bisogno primario di mangiare meglio degli altri giorni. L’agrifoglio ed il vischio con le sue perle adornavano le tavole imbandite della vigilia. Il frenetico operare di forni e di cucine ed il profumo delle prime arance avvincevano in una gioia indefinibile, sicuramente collegata ai suggestivi sintomi provati nell’infanzia. Nei vicoli aggrediti dal “pulvino” ed in poveri stambugi abitavano i contadini che vivevano, anch’essi, un’atmosfera di strana euforia per l’accadimento e per il vino appositamente spillato dalla botte. Avevano negli angusti sottani le tavole grigie, dal colore della cenere e gli stracci nel vicolo sventolavano o si irrigidivano come scheletri di ghiaccio. Da questi ambienti veniva l’acuto odore degli sterpi al fuoco, il chiasso dei bambini ed il forte sentore del Natale contadino. Alle poche luci s’intravedevano misere stalle. I muli cacciavano il muso e la frogia attraverso le spranghe delle sgangherate porte da cui il lezzo di stallatico e di muffa soffiava sui passanti infreddoliti ed intabarrati. Qualche pattuglia di pastori, andava allietando l’uggiosa aria di gelo e di foschia con le zampogne a canne. Dalle case un alito di pettole fritte e la fragranza di pane appena cotto, assalivano l’aria festosa fruendo di gusti ed attenzioni particolari. Un rito antico esaltava questo essenziale alimento perciò il pane, il Natale e l’inverno sono ancora un connubio sacro dei Cristiani. Presso le diocesi sin dai primi secoli si santificava il pane, tant’è che venivano scambiati grossi pani tondi e se ne distribuivano, in grande quantità, ai poveri di ciascuna parrocchia. Attorno al focolare, nella santità e serenità della famiglia contadina. Ma è tutto l’occidente che a Natale attribuisce al pane aspetti, ruoli e funzioni diverse. Pane di fantasia, pane a biscottini, pani di ogni forma e figura, un’idolatria ed un misticismo intramontabili. Il pandolce, i pangialli, i panettoni, i pandori, il panforte, il pandispagna, il panotto, il pane azzimo, ed il panpepato … sono i simboli venerati della spiritualità e della ricorrenza. Su tutte le mense regna infatti il panettone di Milano. In Piemonte il pranzo si chiude con il “Ga-
lup”, un dolce del Pinerolo, mentre in Liguria vi è il pandolce ed in Emilia il “pan speziale”, di origine antica fatto di farina, miele, mandorle, nocciole, uva sultanina, cioccolato, pinoli, frutta candita. In Toscana vige il panforte di Siena. In Umbria si usano i maccheroni con le noci e le tagliatelle fatte in casa, bollite e condite con lo zucchero, cannella, noci tritate. A Roma il pranzo viene coronato dall’originale “pangiallo”, fatto di farina, zibibbo, mandorle, pinoli e spezie. Nei pressi di Rieti e di Viterbo la “nociata”, al miele, chiara di uova e pepe. A Napoli è sempre la pastiera a corredare la tavola. La Puglia ci viene incontro con le “cartellate”, nastri di sfoglia sottile a corona, fritti nell’olio ed affogati nel miele. La “pignolata” di Calabria, con i confettuzzi variopinti non ha nulla da invidiare alle magnifiche
cui s’impegnava l’attenzione delle donne per la rumorosa ed esilarante festa del freddo. Ogni famiglia – scrive Raffaele Riviello – arricchiva il proprio desco di “ruccule” fatto con “cigoli” di maiale, fritture di “scruppedd”, “strufuli” e “chiènile”, paste di farina lattiginosa ed indurita con tuorli di uova e miele. A Matera l’infornata del pane era preceduta da focacce bianche, senza condimento, denominate “a pitta”, a ruota piena. Una specie di ciambellone bianco “u’ piccidatt”, con la “strazzara”, la focaccia a “mufflete pi’ frittole”, condita con sugna, cigoli di maiale, peperone macinato, formaggio e sale, e la “vruscata”, focaccia condita con pomodoro, origano, sale ed olio, rivelano la ricchezza e, ad un tempo, la sobrietà contadina, il culto del grano come elemento religioso di ogni cosa, importante componen-
cassate ed ai cannoli o alla “pignolata” siciliana, metà bianca di glassa zuccherina e metà cioccolato. Ma uno sguardo all’Europa ci dice come sia gustoso il “marzapane” di Spagna, la torta di San Basilio in Grecia. In Germania i Protestanti mangiano il “Christollen”, panettone tipico e sulla tavola i Tedeschi dispongono di pani speciali a ferro di cavallo, decorati con fregi diversi ad indicare i mesi dell’anno. La torta di mele al papavero in Polonia ed i pani al comino della Danimarca sono sin dai tempi dell’infelice Amleto, dolce alla portata di tutte le mense, fatti di farina, latte, zucchero, succhi di frutta. In Svezia pani e biscotti con frutta candita non sono da meno del budino di riso, latte e mandorle portafortuna. A Vienna, sin dai tempi di Strass e del “Danubio Blu”. Dietro alla cattedrale di Santo Stefano, si distribuiscono colombe, uccelli e scoiattoli di pane, da appendere ai fili d’oro dell’albero. Un tassello della tavola Europea è anche il nostro pane, quello della nostra tradizione casareccia “u’ piccilatiedd” su
te dell’inverno, la stagione della quale Pietro Aretino tesseva gli elogi. “Certo – scriveva – il verno mi pare un abate che galleggi al sommo nel comodo degli agi, a cui fa però il mangiare, il dormire e il farlo saporitamente. Il giugno e il luglio non vogliono un boccone di quel pane unto che si mangia intorno al fuoco, il dicembre e il gennaio, tracannando alcune tazze piene di mosto, mentre nel volgersi dell’arrosto, si spicca un pochetto di carbonata (carne di maiale) senza dar cura della bocca e della dita che nel rubarlo si cuociono. La notte poi entri dove per te ha militato lo scaldaletto, onde raccolto in te stesso, tutto sotto i panni, ti conforti nel giusto grado del caldo; ed il piovere, il tonare e il furiare della tramontana ti aiuta a non destarti fino al dì”. È così che nel connubio di climi e di popoli, incontro di meridiane, pace negli inferi, nord e sud, oriente ed occidente, hanno offerto il loro pane, i loro sapori e la loro cultura all›evento, punto cruciale della civiltà.
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THE SECOND COMING, il Secondo Avvento
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larryade1@gmail.com
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here is so much uncertainly and a lot of surprises in this world of today. So much that we are all suspended in the air gasping for fresh air. Things are falling apart around this world of ours. Most moral values are shattered; ideals give way to selfishness and absolute egoism. What is yours is mine and what is mine is mine. It is no longer what you know but who you know. Meritocracy is becoming an archaic word. Fixed points in our life are literally fracturing. We are being left with few or even no point of referencein our society. When we were children, our parents used to tell us that we should pay respect to other people and treat them well. We were taught that there is no difference between black, white, Hispanics or Asians. We were taught the value of brotherhood and solidarity. We were told that we should help anyone who is in need. Now, things are falling apart, the centre is not able to holdany longer. We are divided like never. The rich are becoming richer and the 99% of the poor are becoming poorer. People are being shot and killed in the streets of, arguably, the most demo-
cratic country in the world whose newly elected leader has broken almost all the moral values we were taught in our childhood, thus literally disorienting us. Maybe our parents didn’t really teach us what we need to learn. You should study to be successful in life was what they told us and we tell our children the same thing today. But everybody envies a footballer that is making millions without even knowing how to write his name and surname. You become a lawmaker of a populist party only for having been voted on line by people who thought they were watching a reality show. This is happening all over, in Europe as much as in the US and not the less on the black continent. The press is too busy reporting the latest tweet of the President-elect so much that ‘’Black lives matter’’ is no longer a news because it doesn’t matter any longer. The cabinet of the millionaires and retired generals is the news. The ceremony of innocence is drowned.KKK and Alt-Right members are not being disavowed by anybody, instead they are gaining popularity as much as the minorities: women,
blacks, Hispanics, LGBT are being shaded off and excluded. Inclusiveness is getting out of practice fast. A strong dividing virtual wallis being built into our society. We not only have the racial divide but also a deep social and cultural one. Millions of second and third generations citizens of the USA are helplessly waiting for their parents to be deported from paradoxically a country of immigrants. In the meantime ExxonMobil chief is being hired to cover the most important office in the new cabinet. Millionaires and billionaires who have no idea what the cost of a litre of milk or a loaf of bread is are being selected to ‘’serve’’ the nation and to supposedly solve the problem of the remaining 99% of the citizens. When Chinua Achebe wrote his ‘’Things Fall Apart’’ for which he garner the Nobel Prize in literature, he chose to start off the novel by citing W.B.Yeat’s poem, and not only that, he chose to entitle his debut book using a line in one of the first stanza of the poem. And things were really falling apart in the Nigeria of that period. The West has then brought their
‘’civilization’’ to disrupt the quiet life of the Africans. As a falcon, they couldn’t hear their falconer any longer. Their world was torn apart by colonialism then, and it is still torn apart even today by imperialism. The adverse effect of colonialism, Neo-colonialism and imperialism sum up with the decade-running wars together with increasing poverty in the southern part of the globe trigger the mass exodus of asylum seekers swarming the Mediterranean shores. This movement of the people is ‘’helping’’ right-wing and populist parties in their propaganda of taking ‘’their’’ country back, forgetting that this is just a tiny number compared to the figures of the Europeans who have been invading the black continent from the 16th century to the present. Until we learn to appreciate ourselves, live together with reciprocal respect and practice inclusive social policy, the falcon will not hear the falconer and things will continue to fall apart; the centre will not be able to hold. Enjoy
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Il “Nitti’s Christmas” è l’occasione per informarsi sull’offerta formativa I ragazzi del “Pasolini” si classificano sesti al Torneo Internazionale di Scacchi “Riviera dei Cedri”
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pen day dal clima natalizio per l’Istituto d’istruzione superiore Francesco Saverio Nitti: mercatini di Natale, presepe vivente, una tombolata, concerti e tanto divertimento. Il “Nitti’s Christmas” è l’occasione per informarsi sull’offerta formativa e venire in contatto con la realtà del Nitti per riflettere e orientarsi sul proprio futuro scolastico e scoprire i servizi e le iniziative extra-didattiche che l’istituto Nitti propone ai propri studenti. Il “Nitti’s Christmas” comincerà domani, 14 dicembre,
alle ore 16, nella sede del Nitti (che comprende anche l’Istituto tecnico commerciale Falcone e l’Istituto professionale per i servizi commerciali e turistici Racioppi) in via Anzio a Potenza, con l’apertura dei mercatini di Natale che offriranno ciò che gli studenti hanno prodotto nell’ambito dei progetti di alternanza scuola-lavoro (i ragazzi si sono occupati, oltre che della produzione, anche della promozione e del marketing). Alle ore 17.30 dalla parrocchia di Santa Cecilia partirà il corteo con i figuranti del presepe vivente che
coinvolge i ragazzi della scuola media Lorenzo Milani. Al termine del percorso il corteo verrà accolto al Nitti dall’ensemble degli allievi della scuola media Busciolano e dagli studenti del Nitti. Mercatini di Natale aperti dalle 16 alle 21 anche il 15 dicembre, giorno della tombolata a scuola. L’appuntamento per la tombolata è alle ore 18 nell’aula magna del Nitti per i ragazzi delle scuole medie e, a seguire, per studenti e docenti dell’istituto.
OTENZA - Un lusinghiero sesto posto per gli studenti del Liceo Scientifico “Pier Paolo Pasolini. Si è appena concluso il Torneo Internazionale di Scacchi “Riviera dei Cedri” edizione 2016 riservato alle categorie juniores. Nella splendida località dell’Alto Tirreno Cosentino in Calabria, si sono affrontati in questi giorni (dal 7 al 9 dicembre) diversi Istituti Scolastici provenienti da tutta Italia in un torneo nazionale a squadre denominato appunto “Riviera dei Cedri 2016” riservato alle scuole secondarie di secondo grado. Il successo è andato al Liceo Scientifico “Cavour” di Roma che ha preceduto l’Istituto Tecnico Commerciale e Geometri “Corridoni” di Civitanova Marche. La squadra del Liceo “Pasolini” di Potenza ha chiuso al sesto posto rappre-
sentato dai seguenti studenti che ben si sono comportati alle scacchiere: Giuseppe Capece, Corrado Esposito e Jacopo Castello. Legittima soddisfazione per l’esperienza maturata e per il risultato sportivo conseguito da parte del docente accompagnatore prof. Michele Conversano e da parte del Dirigente Scolastico Prof. Giovanni Latrofa. Intanto è quasi tutto pronto per lo stage sulla neve in programma dal 14 al 18 dicembre che vedrà protagonisti presso il Villaggio Olimpico di Bardonechia 100 studenti del Liceo “Pasolini” di Potenza e della sezione distaccata di Laurenzana. In tutto saranno 58 studenti e 42 studentesse che si recheranno, accompagnati da 8 insegnanti, presso le nevi della località piemontese in Alta Val di Susa. Un’altra esperienza che, di sicuro, si prospetta
affascinante e costruttiva sia per praticare lo sci alpino che per conoscere tematiche comportamentali tipiche dell’alta montagna.
La grande prateria I
n una grande prateria vi era un borgo abitato da molte famiglie povere. I bambini piangevano perché non c’era niente da mangiare. Un giorno i cittadini del borgo sentirono da lontano il rumore degli zoccoli dei cavalli. Erano dei soldati che passavano dalla prateria per raggiungere il fronte. Uno dei cavalli in prima fila cadde a terra e fece cadere anche tutti gli altri che lo seguivano. I bambini videro questa scena e andarono a chiamare i loro genitori af-
finchè potessero aiutarli e soccorrerli. I soldati si rialzarono e videro tutta questa gente che guardava preoccupata. I soldati avevano nelle loro bisacce pane, scatolame e acqua. I bambini alla vista di quel cibo chiesero del pane e i soldati, senza pensarci, spezzettarono il pane e lo distribuirono ai bambini. Dal fronte si sentiva sparare e man mano gli spari si sentivano sempre più vicino. Dei bambini corsero incontro ai soldati dicendo che i nemici si stava-
no avvicinando al borgo della prateria. I bambini allora si disposero intorno ai soldati e come videro i nemici si misero a gridare:” Fermatevi … noi siamo povera gente, questi soldati ci hanno dato del cibo e ci hanno aiutato, voi non potete farli prigionieri perché siamo tutti fratelli e noi bambini abbiamo bisogno del loro aiuto!”. Il gruppo dei soldati nemici buttarono a terra i fucili e presero in braccio tutti i bambini, commossi da tanta innocenza dissero:”
Anche noi vi vogliamo bene e vogliamo aiutarvi, per voi faremo la pace e non combatteremo più!”. Così i soldati e la gente del borgo diventarono amici. Con musica e balli festeggiarono la pace e gridarono forte”Abbasso la guerra!!!”. Da sempre in quella prateria vige la pace, la fraternità e la giustizia. Comm. Antonio Santarsiero – Il lucano
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MONITOR
17 Dicembre 2016
ontrosenso Basilicata
La casa natale di Raffaele Ciasca in grave degrado
Ilustre figlio di Rionero, discepolo di G. Fortunato fu insigne storico e senatore della Repubblica di Michele Traficante
“U
scito dalla scuola ideale di Giustino Fortunato, rivolse la sua attenzione di storico all’analisi delle strutture economiche, sociali e finanziarie del Mezzogiorno d’Italia” (Giovanni Caserta). Raffaele Ciasca, nacque a Rionero in Vulture il 26 maggio 1888 da Antonio e da Maria Donata Vucci. Era, la sua, famiglia modesta. Il padre, di origini contadine, aveva un avviato commercio di legname che trasformava in carbone vegetale. Famiglia fortemente legata alle tradizioni, profondamente religiosa, lavoratrice indefessa, patriarcale. Raffaele frequentò, dopo le elementari, il seminario di Ascoli Satriano (Foggia) e conseguì la licenza liceale presso il Ginnasio-Liceo “Salvator Rosa” di Potenza. Per la sua viva intelligenza e la passione per lo studio, fu subito notato dal senatore Giustino Fortunato che lo ebbe sempre caro e lo indirizzò amorevolmente verso studi impegnativi e di grande respiro. Così il giovane Raffaele Ciasca, “Raffaeluccio”, come amava chiamarlo don Giustino, frequentò con profitto l’Università di Napoli e poi passò all’Istituto Superiore di Firenze ove si laureò brillantemente con la tesi: ” L’origine del programma per l’opinione nazionale italiana del 1847-48”, pubblicata nel 1916. Opera poderosa, questa, che rimane tra i lavori di maggior interesse. Antonio Gramsci dal carcere, il 9 dicembre 1926, scrisse alla moglie Tatiana, chiedendo l’invio proprio di questa poderosa opera dello storico di Rionero. Ciasca fu uomo di grande cultura, ricercatore appassionato, studioso profondo della storia del Mezzogiorno, sul quale aveva lungamente meditato, facendo tesoro degli insegnamenti di Giustino Fortunato e di Gaetano Salvemini. Ebbe come compagna di vita Carolina Rispoli (18931991), letterata e scrittrice di Melfi, definita la “Matilde Serao della Basilicata”. Si può dire che l’esistenza di Raffaele Ciasca, il suo modo di fare cultura, può racchiudersi nella massima di André Gilde: ”…porre la propria ambizione non già nel comandare, ma nel servire”. E la vita di Ciasca fu tutta dedicata a servizio della cultura, dello studio della sua terra, delle lotte contadine per il possesso della terra e il conseguimento di migliori condizioni di vita.Frutto di questi studi e ricerche, che spaziarono per quasi un cinquantennio, è la vastissima produzione di opere di cui citiamo alcune: “ Il mezzogiorno d’Italia, anteriore alla Monarchia”, “ Per la storia delle classi sociali nelle province meridionali”, “I fiorentini nella zona del Vulture”, “Riforme agrarie antiche e moderne”, “Il problema agrario in Basilicata”, “ La lotta per la proprietà della terra”, “Il congresso mariano a Rionero in Vulture”, “ Giustino Fortunato intimo”. Nel 1911, in occasione del primo centenario dell’elevazione di Rionero a comune autonomo, pronunciò un discorso che ebbe vasta eco per l’accuratezza della ricerca storica sulle vicende della gente del Vulture. Durante la prima guerra mondiale fu ufficiale di Artiglieria e combattè sull’altipiano di Asiago; fu decorato di Croce di Guerra al V.M. Notoriamente antifascista, firmatario dei manifesti Croce e Salvemini, di protesta degli intellettuali dopo il delitto Matteotti (fu per questo nel 1925
Rionero in Vulture, sua città natale, ha il dovere morale, prima che civile, di dare degna memoria a uno dei suoi figli più illustri
Raffaele Ciasca
Rionero, degrado e abbandono del Palazzo Ciasca (Foto Traficante) bastonato a Potenza dai fascisti), rimase a Cagliari sette anni, lasciando alla Sardegna uno strumento di lavoro inestimabile: la grande “Bibliografia sarda”. Dopo l’ultima guerra fu eletto senatore della repubblica nel Collegio di Melfi per la Democrazia Cristiana e rieletto senatore nel 1953 nella stessa circoscrizione. Ciasca fu uomo di grande signorilità, dalla squisita gentilezza del tatto, dalla sconfinata modestia, dalla semplicità dei modi. A distanza di oltre un quarantennio dalla sua scomparsa (morì a Roma il 18 luglio 1975) i lucani, la zona del Vulture e Rionero in particolare, non devono dimenticare l’impegno e l’azione del sen. Raffaele Ciasca.La città fortunatiana, lo ricordiamo, assurse a importante centro di studi grazie proprio all’opera del sen.Ciasca, suo illustre figlio. Infatti, a lui si deve l’istituzione della scuola media “Michele Granata”, del Liceo Ginnasio, dell’Istituto magistrale “Giustino Fortunato”, della Scuola Magistrale Statale (quella di Rionero era allora una delle otto esistenti in Italia). Ciasca insegnò in diverse università italiane (Messina, Cagliari, Genova, Roma), fu presidente dell’Istituto per L’Oriente del Centro Italo-Arabo, da lui fondato nel 1952. Nel 1958 fu nominato Presidente del Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione: Fu tra i professori “benemeriti” dell’Università di Roma, Medaglia d’Oro per la Cultura, Accademico dell’Accademia dei Lincei. Per molti anni fu Presidente dell’Istituto Storico nazionale per l’Età moderna e contemporanea. Rionero in Vulture, sua città natale, ha il dovere morale, prima che civile, di dare degna memoria a uno dei suoi figli più illustri. E’ vero che l’Amministrazione comunale, con delibera n° 336 del 28 settembre 2001, ha intitolato all’insigne studioso una strada in contrada Gaudo e che recentemente ha intitolato a lui la strada partendo dalla sua casa natale sale verso il municipio e che già era denominata Via Amedeo di Savo-
ia. Senza parlare della casa natale di Ciasca, posta quasi di fronte alla sede municipale, un tempo fiore all’occhiello della città e dove si respirava aria di alta cultura. Oggi il palazzo gentilizio, di stile settecentesco seppure rimaneggiato nel corso degli anni, che appartenne prima ai Pessolano, nota famiglia della grossa borghesia rionerese proveniente da Atena, nel salernitano, e poi passò ai Ciasca, versa in uno stato di deplorevole degrado e abbandono. Dopo la morte di Angelo Ciasca, fratello del senatore e della consorte, deceduta senza figli, il palazzo rimase disabitato. I nipoti, figli di Raffaele Ciasca e della signora Carolina Rispoli, da anni si sono trasferiti a Roma. Il Comune di Rionero in Vulture lo prese in fitto per sistemarvi alcune classi della locale scuola media “Michele Granata” e a tale scopo rimase fino al 23 novembre 1980, quando, in seguito ai gravi danni riportati dal tremendo terremoto, risultò del tutto inagibile e bisognoso di grossi interventi di consolidamento e di ristrutturazione. Ne nacque una controversia fra gli eredi Ciasca e il comune di Rionero. S’intervenne allora con una copertura di emergenza del tetto che non eliminò del tutto l’infiltrazione dell’acqua e della neve, causando ulteriore degrado dell’edificio. Rimase così, in tale stato di abbandono, per anni, esposto alle intemperie, con continue infiltrazioni di acqua e di neve, Sicché il fabbricato ha subito gravissimi danni, e quello che non ha potuto la furia del terremoto, l’ha arrecato l’incuria degli uomini. Si pensò allora all’acquisto da parte del Comune dell’intero palazzo, riconosciuto d’interesse storico- urbanistico. Sfruttando il “diritto di prelazione” acquisito, l’allora commissario prefettizio Francesco Maioli Scanderbeg del Comune di Rionero, nel 2005 lo strappò a una ditta di costruzioni che intendeva ristrutturarlo per farne delle abitazioni e locali commerciali. Entrato nella disponibilità comunale e posto immediatamente sotto la tutela della Soprintendenza per i Beni
Architettonici, Paesaggistici, Storici, Artistici ed Etnoantropologici della Provincia di Potenza, il Palazzo gentilizio necessitava da anni, come dimostravano le numerose segnalazioni acquisite dalla Polizia Municipale, di una messa in sicurezza generale. I lavori di ristrutturazione sono stati stimati in circa 2,5/3 milioni di euro: una cifra irragionevole in tempi di crisi economica. E così oggi, a distanza di 36 anni dal terremoto, l’immobile pare del tutto irrecuperabile e, quello che è peggio, continua a costituire un grave pericolo per la pubblica incolumità. Tanto che il Comune ha ritenuto indispensabile prendere provvedimenti per evitare pericoli per i passanti. Si è, infatti, provveduto alla rimozione dei cornicioni e delle parti pericolanti, alla sistemazione e alla chiusura delle finestre del palazzo stesso. Intanto il palazzo continua a cadere a pezzi. Dopo la morte di Carolina Rispoli (1991) e dei figli di quest’ultima, Eugenio (1998) e Antonia (2001) resta vivente solo Amalia, purtroppo in non buone condizioni di salute. Dello storico palazzo di Rionero e della sua memoria storica che ne sarà? Ogni volta che lo si guarda in questo stato pietoso di abbandono, ci piange il cuore.
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La tiroide si cura anche a tavola Presentato a Filiano il libro di P. Di Leo e L. Santarsiero
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a dieta alleata della tiroide. Su questo slogan due autorevoli professionisti dell’argomento relativo all’importanza della prevenzione della patologia tiroidea attraverso una dieta equilibrata, hanno recentemente pubblicato un interessante volume dal titolo significativoLa dieta alleata della tiroide. Di ipotiroidismo e della prevenzione che inizia a tavola, se ne è parlato a Filiano in un incontro organizzato dalla Pro Loco Per chi soffre di patologie tiroidee,
in particolare ipotiroidismo, l’alimentazione rappresenta un tassello fondamentale nella quotidianità. Infatti, una dieta corretta, che apporti un giusto livello di iodio, insieme ad uno stile di vita adeguato, possono prevenire e ridurre significativamente l’incidenza delle malattie della tiroide. Durante la serata è stata anche presentato il libro La dieta alleata della tiroide la prevenzione delle patologie tiroidee attraverso una dieta equilibrata, di Pasquale Di Leo e Lucia Santarsiero Sono intervenuti al convegno il dott. Giuseppe
Nicolò Cugno, direttore generale dell’IRCCS CROB di Rionero in V., il dott. Pasquale Di Leo, endocrinologo e oncologo IRCCS CROB di Rionero in V., la tecnologa alimentare Lucia Santarsiero e il dott. Marco Saraceno, imprenditore agroalimentare “Fattorie Donna Giulia”. Ha coordinato con professionalità e garbo l’incontro la giornalista Rai Basilicata, Grazia Napoli. Dopo i saluti istituzionali del primo cittadino, Francesco Santoro, Vito Sabia, curatore dell’incontro, ha introdotto e commentato il libro “La dieta alleata della
PROFESSIONE: INFERMIERE a cura di Donato Vaccaro Cari Lettori,
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di Pino Di Lucchio
L’articolo odierno tratta l’inserimento della cannula di Guedel. La cannula oro-faringea è un presidio medico in materiale plastico rigido utilizzato per il mantenimento della pervietà delle vie aeree superiori, soprattutto in sala operatoria o durante le manovre di rianimazione. Di forma anatomica, una volta inserita nella cavità orale impedisce alla lingua di cadere e di ostruire quindi le vie aeree superiori, assicurando un adeguato afflusso di aria. Le varie versioni esistenti (cannula di Mayo, di Guedel, di Safar e di Bierman) differiscono pochissimo fra di loro e spesso questi termini sono utilizzati per identificare una qualunque cannula orofaringea, senza riferirsi ad un tipo specifico. Per posizionare la cannula oro-faringea si deve: aprire la bocca del soggetto con pollice ed indice di una mano(sublussazione della mandibola); inserire la cannula della giusta misura con la concavità rivolta verso il palato del soggetto; le dimensioni della cannula possono essere stimate prendendo la distanza tra il lobo dell’orecchio e l’angolo della bocca; eseguire una rotazione di 180° della cannula, spingendo delicatamente verso il basso e “caricando” la lingua, fino al completo posizionamento; fissare la cannula con un bendino. Se all’inserimento della cannula il soggetto reagisce con conati di vomito e/o tosse, è opportuno non insistere nel tentativo di inserimento e non impiegare la cannula. La pervietà delle vie aeree verrà garantita semplicemente con l’iperestensione del capo ed il sollevamento del mento, o, se è il caso e solo da personale specializzato, anche con la sublussazione della mandibola. Se hai bisogno di un servizio infermieristico o di un elettrocardiogramma o di un holter pressorio e cardiaco a domicilio, chiama a questo numero per fissare un appuntamento 392.0000300
Tiroide”. Il libro è strutturato come un vademecum-ricettario per la prevenzione delle patologie tiroidee, in modo particolare dell’ipotiroidismo, attraverso la valorizzazione dell’alimentazione nel delicato equilibrio del sistema endocrino, in particolare della ghiandola tiroidea.La prima relazione è toccata al Pasquale Di Leo, co-autore del libro. Nell’ampia relazione il Dott. Pasquale di Leo, servendosi anche di efficaci diapositive, ha spiegato le cause della tiroide. La tiroide è una ghiandola endocrina a forma di H o farfalla, impari,
mediana, posizionata nella regione anteriore del collo è costituita da due lobi, destro e sinistro, uniti da uno stretto ponte che prende il nome di istmo. Tra i sintomi più comuni di problemi alla tiroide, ci sono: alterazioni del peso, debolezza e stanchezza, alterazioni della sfera psico-intellettiva, intolleranza caldo e freddo, disturbi intestinali, secchezza della pelle e fragilità delle unghie. Fra le cause principali delle patologie della tiroide sono la mancanza di odio. Le popolazione dei territori interni soffrono maggiormente
di questa patologia, tra cui proprio l’appennino lucano, dove risulta avere una maggiore carenza di iodio. Lucia Santarsiero, tecnologa alimentare e chef e coautrice del volume, ha realizzato una serie di ricette, contenute nel libro per chi soffre di disturbo tiroideo, Ricette ricche di alimenti iodati. E’ seguito l’intervento del dott. Marco Saraceno, imprenditore agroalimentare Marco Saracino che ha evidenziato l’impegno della sua azienda nella ricerca della genuinità dei prodotti lattiero caseari come eccellenza tra i prodotti alimentari in commercio. Il dott. Giuseppe Nicolò Cugno, direttore generale IRCCS CROB, ha apprezzato il lavoro editoriale di Pasquale Di Leo e Lucia Santarsiero. Inoltre il dott. Cugno ha parlato della corretta alimentazione, delle giuste proporzioni nei consumi, dei pericoli di alcuni cibi, della riscoperta di quello che noi siamo. Il direttore generale ASP Potenza, dott. Giovanni Battista Bochicchio, ha concluso il convegno ricco di spunti e notizie. “Siamo effettivamente quello che mangiamo”.“Molte malattie sono dovute al nostro stile di vita, sono dovute agli eccessi, e non ci fanno vivere bene”, ha sostenuto il dott. Giovanni Battista Bochicchio...La vita sia conservata e sia duratura.
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17 Dicembre 2016
AL FORUM PA 2016
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a Asm di Matera fra le migliori Pubbliche Amministrazioni sanitarie italiane in tema di comunicazione istituzionale a cittadini ed utenti. E’ il riconoscimento ottenuto dal Forum PA 2016 (con una targa consegnata al Palazzo Lombardia di Milano) per il progetto “Talk – Linea diretta con l’Azienda Sanitaria”, avviato quest’anno per facilitare la comunicazione e il dibattito tra gruppi omogenei di stakeholder, su temi di interesse pubblico. Nell’ambito del progetto sono stati attivati un’area di condivisione di informazioni ed un forum suddiviso in argomenti di discussione. I cittadini/operatori in possesso di credenziali (CNS o PEC-OTP) vi hanno preso parte con domande o interventi su aree tematiche gestite da amministratori delle aree stesse. Tra queste: campagne informative dedicate, richieste di informazioni all’URP, scambio di informa-
zioni e documenti tra specialisti e/o medici di base e pediatri di libera scelta. Per rendere più ampia la platea di partecipanti, è stata sviluppata anche la versione per smartphone sia con sistema operativo Android che IOS. Il progetto è stato coordinato per l’Asm dall’Ing. Ferdinando Vaccaro. “Naturalmente -commenta il Direttore Amministrativo Maria Benedetto - il riconoscimento del Forum PA non è l’approdo, ma un ulteriore passo in avanti verso la più ampia apertura dell’Azienda alla società locale. Ne è esempio, fra gli altri progetti che stiamo preparando, il videotelling su youtube pochi giorni fa del bilancio sociale 2015, attraverso cui diamo conto ai cittadini e agli altri attori istituzionali di come abbiamo impiegato le risorse pubbliche e quali risultati conseguiti”.
La pappa o gelatina reale è un prodotto di origine animale, secreto esclusivamente dalle api operaie nutrici. Si tratta di una sostanza di natura proteica, di color giallo chiaro, dall’odore caratteristico e di sapore acidulo-zuccherino, la cui produzione è conseguenza di una supernutrizione di polline da parte delle api. La pappa reale è presente in commercio fresca e conservata in frigorifero, oppure liofilizzata e proposta in vari formati: capsule, polvere, fiale. I costituenti principali della pappa reale sono acqua, proteine, zuccheri, lipidi e sali minerali. Contiene anche vitamine, la pappa reale è il prodotto più ricco di vitamina B5 che si conosca in natura. La pappa reale ha numerosi benefici e utilizzi: è antinfiammatoria, riduce il colesterolo, guarisce le ferite, riduce la caduta dei capelli, usata come tonico energizzante stimola le difese immunitarie. E’ molto utile in caso di stress, di affaticamento e di convalescenza e avrebbe perfino delle proprietà antitumorali. In generale è in grado di aumentare il livello di energia. Proprio per questo favorisce la guarigione dalle malattie ed è un’ottima alleata contro la stanchezza tipica dei cambi di stagione. Prendendo in considerazione i benefici della pappa reale, non si può non tenere conto del fatto che questa sostanza è indicata soprattutto per i bambini e per le persone anziane, oltre che per gli adulti che attraversano uno stato debilitante. Attraverso l’uso continuo della pappa reale, si possono risolvere i problemi di stanchezza, e per questo motivo è consigliata anche agli sportivi. La pappa reale riesce a rafforzare le difese immunitarie e per questo rende
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Un prestigioso riconoscimento per l’Asm di Matera
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più resistenti alle infezioni, è in grado di diminuire i livelli di colesterolo cattivo e, in generale, aumenta il tono dell’organismo. Le dosi da assumere variano in base alle condizioni di salute e all’età. In linea generale, possiamo dire che è utile l’assunzione di mezzo grammo al giorno per la durata di un mese. Gli effettivi benefici della pappa reale si devono molto alla regolarità e alla costanza dell’assunzione, che si deve protrarre per almeno 30 giorni. La terapia a base di pappa reale va ripetuta tre o quattro volte all’anno, oppure, una volta verificati i risultati, ogni qualvolta l’organismo avverta il bisogno di caricarsi in modo naturale e spontaneo. Lasciatevi consigliare dal vostro farmacista su come e quando assumere la pappa reale, per ottenere il massimo dei benefici. Parafarmacia Aurora Via di Giura, 179, Potenza 0971 1652898 auroraparafarmacia@gmail.com
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I nuovi farmaci per Asma e BPCO Ai lettori di Controsenso
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L’asma bronchiale e la broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO) sono le due principali malattie respiratorie responsabili di ostruzione dei bronchi. L’ostruzione bronchiale che esse determinano, potenzialmente reversibile nel caso dell’asma e assai meno nel caso della BPCO, si rende responsabile dei classici sintomi delle due forme respiratorie ostruttive, primi fra tutti la dispnea (difficoltà respiratoria). Entrambe le patologie sono diagnosticabili con l’ausilio della spirometria, esame funzionale respiratorio in grado di rilevare il grado di ostruzione dei bronchi. Mentre l’asma bronchiale riconosce nella maggior parte dei casi una causa allergica, la BPCO, malattia respiratoria cronica che interessa circa 3 milioni di pazienti solo nel nostro Paese, individua, invece, nel fumo di tabacco la prima causa della sua comparsa, non dimenticando di riconoscere anche all’aria inquinata delle città (smog) un ruolo di non poco conto tra i fattori in grado di favorirla e di riacutizzarla. Vista l’importanza di queste due malattie respiratorie, non fosse altro per la diffusione che hanno nella popolazione e per la comorbidità che presentano ( spesso si associano a malattie di natura cardiaca ) ad esse la ricerca farmaceutica ha dedicato nell’ultimo periodo un enorme impegno di mezzi atto a rendere disponibile, ai pazienti affetti da tali forme morbose, nuovi farmaci e dispositivi inalatori sempre più efficaci e sempre più pratici da usare, con il doppio scopo di ottimizzare la broncodilatazione rendendola duratura per l’intero arco delle 24 ore, minimizzando gli eventuali errori nella tecnica di assunzione dei farmaci nebulizzati o di quelli a polvere secca che il paziente poteva compiere con i vecchi dispenser. Grazie a questi farmaci la qualità della vita di questi pazienti è nettamente migliorata. AL CENTRO MEDICO KOS TROVERETE UN GRUPPO DI SPECIALISTI ( PNEUMOLOGO, INTERNISTA , ALLERGOLOGO, PEDIATRA E RADIOLOGO ) DEDICATO ALLE MALATTIE RESPIRATORIE
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SPORT
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17 Dicembre 2016
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SERIE D GIRONE H
Potenza: ultima gara del 2016, al Viviani ospite la Gelbison Napoli ai saluti. Ritorna Sutalo tra i pali, squalificati Ungaro e Guarino. Dal mercato nessuna notizia
di Antonella Sabia
I
l pareggio pesantissimo rimediato a Gravina domenica scorsa, aveva tamponato momentaneamente i malumori in casa Potenza. A margine della gara, il grande motivatore mister Biagioni si era detto ben contento della prova dei suoi, della grinta che avevano messo in una partita difficile, ma che era necessario completare la rosa e sistemare i problemi a 360° per poter essere più tranquilli. Il mercato dicembrino sta per chiudere mentre noi andiamo in stampa, ma di grandi rinforzi neanche l’ombra. Anzi, sono sempre di più i pezzi che si vanno perdendo. Non ultimo il
portiere Napoli, che ad inizio settimana sembrava si fosse fermato per il solito problema muscolare, pare che in realtà abbia deciso di andar via non presentandosi alla seduta di allenamento di giovedì pomeriggio. Probabilmente una decisione scaturita anche alla luce di un altro addio, quello di Patrizia Landri, manager tuttofare che ha rassegnato le sue dimissioni in apertura di settimana. Senza Napoli tra i pali, Guarino e Ungaro a difesa della porta poiché squalificati, la partita di domani tra le mura del Viviani contro la Gelbison, una delle rivelazioni del girone, appare non essere proprio una passeggiata di salute. Ritornerà tra i pali il giovane
croato Sutalo, il quale dopo le papere della gara contro il Madrepietra era stato giustamente a riposare in panchina. Farà quindi il suo esordio in rossoblù Marco Manetta, difensore presentato sabato scorso in conferenza, al centro il tecnico Biagioni con tutta probabilità riproporrà gli stessi di domenica scorsa e avanti ancora una volta il duo Todino-Forgione. Nota di merito per il giovane ’98 Damiano Claps, proveniente dalla juniores e ormai da qualche partita titolare in campo. È stato tra i convocati per il raduno della Rappresentativa Serie D area Centro/ Sud che si è ritrovata il 13 e 14 dicembre a Pomezia (Rm). Tirate le somme, il mercato di dicembre sembra non aver fatto luce ai colori rossoblù, anche se forse è stato anche meno disfattista del previsto. Pare che sia Esposito che Pepe possano fermarsi nel capoluogo, dopo le tante voci che li vedevano già diretti verso altre mete. Ma non è detta l’ultima parola, perché il mercato dei professionisti apre soltanto a gennaio, e solo allora potremmo avere qualche certezza in più, staremo a vedere se la coperta potentina sarà lunga o, ahimè, corta!
Grazie Patrizia. Arrivederci! I
l Potenza ha perso in apertura settimana uno dei suoi punti fermi. Parliamo di Patrizia Landri che ha rassegnato le sue dimissioni e, con un comunicato, ha spiegato le proprie ragioni. A lei un doveroso ringraziamento per tutta la pazienza e l’impegno profuso alla causa. Di seguito le sue parole. “Con questo comunicato, a partire da oggi, saluto il Potenza calcio rassegnando le mie dimissioni dagli incarichi ricoperti in questi mesi. giungo a questa sofferta ma ponderata decisione perché penso che nella vita bisogna assumersi sempre le proprie responsabilità e guardando al mio percorso personale, ho capito che e› arrivato il momento di farmi da parte perché non ho più la giusta serenità ne› la forza di affrontare il futuro prossimo. sento però di essere in pace con me stessa perché a questa bella esperienza lavorativa, ho dato tutta me stessa, il mio impegno, la mia professionalità massima e tutte le forze necessarie alla realizzazione di un progetto in cui ho sempre creduto, in cui ho investito in prima persona e per il quale mi sono battuta ogni santissimo giorno prendendomi anche la responsabilità (unica in questi mesi) di lanciare segnali di allarme e di dire chiaramente senza mezzi termini e pubblicamente quali fossero le problematiche quotidiane da affrontare in prima persona e da parte di chi mi viveva costantemente accanto. lascio arricchita nell›animo per i numerosi rapporti personali intrecciati sia all›interno della squadra e dello staff tecnico (cito su tutti l›immenso Peppe Catalano), che nelle principali e insostituibili persone di Vincenzo Palmieri, Rocco Barra, Tiziano Mancini, Marco Santopaolo, Carlo Leone, Mario Sinisgalli, Mario Summa, Dott.Lo-
renzo Passarelli, Dott.Nicola Castelluccio, Avv.Michele Saponara e di tutti quelli che ho incontrato strada facendo e che in questo momento posso aver dimenticato. Ringrazio tutte le persone che costantemente in questi mesi e soprattutto nelle ultime settimane, mi hanno fatto sentire la loro vicinanza con messaggi privati bellissimi e attestati di stima da lasciarmi senza parole. ringrazio la città di Potenza per avermi accolto e fatta sentire come a casa ed auguro alla stessa nonchè a tutti i tifosi del leone, le migliori soddisfazioni e soprattutto che possano vedere i propri colori nelle categorie più› consone al blasone e alla storia di questa società. Con infinita stima .....prometto ...non è un addio ....bensì un grandissimo arrivederci....in bocca al lupo....anzi al leone....” Patrizia Landri
CALCIO LUCANO – SERIE D GIRONE H
R
IONERO: Ultima giornata di campionato del 2016, il Rionero se la gioca ad Ercolano, dove i bianconeri proveranno a chiudere l’anno in bellezza portando a casa nuovi punti importanti per la classifica. Dalla società arriva un bilancio sulla finestra di mercato dicembrina: “Simone Grillo, consulente di mercato, in condivisione con le indicazioni dell’allenatore Sosa ha interpretato la linea societaria che si è basata tenendo sempre in considerazione il budget
prefissato e l’opportunità di ogni singola valutazione. È stata ferma la volontà di incoraggiare taluni elementi finiti nelle mire di diversi club ma con i quali la Società ha ritenuto fondamentale la persuasione a proseguire nel percorso avviato. Sono rimasti pertanto Carrieri, De Stefano, De Rosa, Petagine, Montenergro, Della Luna perché ritenuti tasselli fondamentali all’interno del gruppo e da parte loro è stato encomiabile la voglia di far ancora parte della Vultur
continuando con orgoglio a vestirne la maglia. Non si è potuto invece trattenere altri elementi, in primis Rabbeni, Serritella ha chiesto lo svincolo che ha trovato favorevole tecnico e società. Accolti favorevolmente gli arrivi del difensore Fabio Lamorte, il centrocampista Achille Aracri e l’attaccante Matias Castaldi, mentre per quanto concerne il parco under, sono entrati a afre parte della famiglia bianconera Matteo Palmieri (centrocampista ’98), Giuseppe Sammartino (ter-
zino 98) e Andrea Cardellicchio (terzino ‘98)”, questo quanto emerge da un comunicato ufficiale. PICERNO: il gol valido per la vittoria casalinga di domenica scorsa è stato l’ultimo saluto da parte del classe ’95 Lancellotti verso la formazione melandrina. Il giovane è infatti approdato al Real Senise, squadra di Eccellenza lucana dove sicuramente troverà ampi spazi e margini di miglioramento. Chiude il mercato mentre andiamo in stampa, e
non si hanno ancora notizie certe sul futuro di Pisani, che prevedeva per lui l’approdo all’Anzio, prossimo avversario del Picerno, partita a cui lo steso giocatore non potrà prendere parte causa il rosso rimediato domenica scorsa al Curcio. È più sicura la permanenza del giovane Esposito, punta di diamante dei rossoblù, richiestissimo da diversi club anche di categoria superiore. Stagione non brillantissima per lui finora, a causa dell’infortunio che l’ha tenuto fuori per diverse
gare, tra queste anche le ultime due. Domenica in terra laziale, ancora una volta potrebbe essere Di Senso a prendere il suo posto da titolare.
Matera-Melfi: anticipato alle 16.30 il derby lucano di Lega Pro Un solo punto nel recupero contro la Juve Stabia. Casoli salva i biancoazzurri dalla sconfitta
I
l match con la Juve Stabia sospeso per nebbia e recuperato martedì 13 ha portato nelle casse dei biancoazzurri solo un punto. La gara si è conclusa sul punteggio di 2-2 con il pareggio del Matera in rimonta, grazie alla rete di Casoli che salva la sua squadra da una grande beffa. Si, perché gli ospiti hanno colpito e affondato il Matera nell’unica azione da loro creata. Ci ha pensato poi Casoli a ristabilire la parità, ma il Matera ha sprecato tanto in una partita dove si sarebbe potuto anche vincere. Un punto comunque fondamentale ai fini della classifica, che oggi vede sempre il Lecce capolista solitario a 38 punti, inseguito proprio da Matera e Juve Stabia appaiate a soli due punti di distanza, a giocarsi il titolo (per ora) di Campione d’Inverno. Intanto per i biancoazzurri appuntamento oggi alle 16.30 con il derby lucano di Lega Pro. Ospite al XXI Settem-
bre il Melfi di mister Bitetto, una formazione in un momento poco positivo ma che grazie al ritorno del tecnico barese è uscita dalla zona playout. Un po’ appesantiti fisicamente, dovendo affrontare la terza partita in soli 7 giorni, Auteri ha cercato di recuperare più uomini possibili. Le condizioni di Mattera fanno ben sperare per il ritorno, mentre restano ancora out Infantino, Sartore e Louzada, ancora una volta dunque la coperta di mister Auteri sarà abbastanza corta. Intanto il dg napoletano Iodice ha ritirato giovedì al CONI, il premio «Andrea Fortunato», un riconoscimento per la categoria miglior direttore sportivo dell’anno. MELFI: Reduci da due sconfitte di fila, i gialloverdi dovranno affrontare oggi una delle formazioni più in forma del girone. A questa gara, gli uomini di Bitetto arriveranno in formazione ampiamente rimaneggiata, infatti alle
assenze per infortunio di Pompilio, Esposito e Gammone si sommeranno le assenze importanti di Bruno e Obeng appiedati per una giornata dalla giustizia sportiva. Qualche speranza invece per il possibile recupero di De Giosa. Guardando ai numeri però bisogna dire che, con il tecnico barese alla guida, il Melfi ha totalizzato tre vittorie, cinque pareggi e quattro sconfitte, abbandonando l’ultima posizione in classifica e di conseguenza la zona play out, se pensiamo che prima del suo arrivo erano stati totalizzati solo 3 punti. Un finale 2016 col botto attende i gialloverdi, le prossime gare previste da calendario saranno tutt’altro che facili: dopo il Matera, il Melfi affronterà la Casertana e la Juve Stabia, quest’ultima tra le mura di casa. A.S.
Shaolin Soccer: necessario invertire il trend negativo
P
er la tredicesima giornata del campionato di serie B di calcio a 5 (girone F) lo Shaolin Soccer Potenza è di scena oggi con inizio previsto per le ore 16:00 sul difficile parquet del Futsal Canosa. L’obiettivo è tornare a fare punti dopo 6 sconfitte consecutive che hanno relegato in fondo alla classifica i ragazzi del presidente Claudio Faraone. Nelle fila nero-arancio da registrare due assenze pesantissime per squalifica, si tratta di Dragonetti e Restaino che in settimana sono stati appiedati dal Giudice Sportivo. A poche ore dal match questa l’analisi del tecnico dello Shaolin Potenza Fabio Santarcangelo. “Stiamo vivendo una situazione complicata dalla quale vogliamo venire fuori il prima possibile – spiega il mi-
ster dello Shaolin – ci vuole una vittoria per spronare i ragazzi che continuano a lavorare sodo durante gli allenamenti ma che in partita accusano troppo gli episodi negativi. Ultimamente poi non siamo neppure troppo fortunati – prosegue Santarcangelo – comunque stiamo cercando di modificare qualcosa a livello tattico. Crediamo ancora nella salvezza e cercheremo con ogni mezzo di fare risultato a Canosa. Prendere punti su questo campo ci darebbe tanto morale”. Assenti Restaino e Dragonetti, lo Shaolin Potenza recupera nella migliore condizione sia Pirrone che Del Giglio. Quest’ultimo, prelevato nella finestra di mercato di dicembre, potrebbe essere l’arma in più nelle prossime partite dando un
buon contributo alla causa nero-arancio. Il match tra Apulia Futsal Canosa e Shaolin Soccer Potenza sarà diretto dai signori Vincenzo Cannistrà di Catanzaro (primo arbitro) e Giuseppe Cundò di Soverato (secondo arbitro). La sezione crono sarà affidata alle attenzioni di Amedeo Lacalamita di Bari. Con la sfida di Canosa terminerà il girone di andata per lo Shaolin Potenza che andrà a coincidere con la pausa natalizia. Il ritorno in campo è fissato al prossimo 7 gennaio 2017 con un’altra trasferta pugliese, questa volta sul campo del Giovinazzo.
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SPORT
Basilicata
CALCIO AMATORIALE
Agli amici del Borgo Over 40 Matera il Torneo dell’Immacolata Piazza d’onore per il Team Over 40 Potenza
di Grande Blek
L’
A.C. Team Over 40 Potenza, in occasione del ventennale della nascita dell’Associazione, ha organizzato un triangolare di calcio per veterani, a Brienza, nel giorno dell’Immacolata. Hanno aderito il Real Mepa Salerno e gli Amici del Borgo Over 40 Matera. La prima partita vede contrapposti il Team di Potenza ed il Matera. Si gioca un po’ a rilento con i potentini stranamente abulici e senza idee; da rilevare un bel tiro di Fiatamone respinto con difficoltà dal portiere, un netto rigore assegnato ai materani per atterramento di un attaccante da parte dell’estremo difensore Di Lillo, poi trasformato, un cross di capitan Lovaglio per Mauro che di testa, colpisce il palo esterno e sul finire della prima frazione di gioco uno slalom in area del centravanti del Matera con tiro ravvicinato e miracolo del portiere con respinta in angolo. Più vivace il secondo tempo: i materani in azione di contropiede sprecano una buona occasione, poi i potentini si fanno più intraprendenti con conclusioni di Postiglione e Margiotta senza esito. Clamoroso l’errore di Sileo, che a
A.C. Team Over 40 Potenza due metri dalla porta si fa ipnotizzare dal portiere che blocca agevolmente la debole conclusione; ultima occasione per Racina, che di testa, su calcio d’angolo, sfiora il palo. Vince per 1 a 0 meritatamente il Matera, che non ha fatto niente di trascendentale, ma che ha messo in mostra un portiere attento e sicuro, una difesa arcigna, un centrocampo ordinato e due veloci attaccanti che hanno impensierito spesso i difensori del Team. La seconda partita fra il Real Mepa Salerno e gli Amici del Borgo over 40 Matera è abbastanza equilibrata con ristagno del gioco a centrocampo e portieri quasi inoperosi, giusto il
risultato di parità ad occhiali. Ai calci di rigore la spuntano i salernitani per 4 a 2. L’ultima gara fra il Team e il Mepa Salerno è un monologo dei potentini, che attaccano di continuo, segnano un gol con Ragone, che finalizza un preciso lancio di Postiglione, poi lo stesso attaccante sfiora ancora la rete, prima con un pallonetto da fuori area e poi non agganciando un cross di Mauro nell’area piccola. Nel secondo tempo l’inizio è equilibrato; doppio scambio al limite dell’area, scatto di Fedeli che insacca con un delizioso pallonetto, subito dopo, su azione di contropiede, i salentini accorciano le distanze. Ma il vero
Donato Dicecca, Rocco Ilvento, Tonino Larocca protagonista è Felice Ragone, che, dapprima sigla un gol con un tiro al fulmicotone da fuori area e poi, dopo un passaggio col tacco di Postiglione piazza il pallone alla sinistra del portiere. Sul finire Garsi recupera un pallone a centrocampo e tenta un pallonetto, che sfiora il palo e su disattenzione della difesa Di Lillo sventa un tentativo degli avversari. I potentini vincono meritatamente per 4 a 1. Classifica finale: Amici del Borgo Matera punti 4; Team Potenza punti 3; Mepa Salerno punti 2. Ottimo il comportamento della terna arbitrale composta da Mario Luongo, Antonio Mancino e Baldo Campisano. Un do-
veroso ringraziamento all’Amministrazione Comunale di Brienza per il patrocinio della manifestazione e alla Croce Rossa Italiana per il servizio ambulanza. Da rimarcare il gradito ritorno, dopo un periodo di assenza, del simpatico ed appassionato dirigente materano Rocco Ilvento. Segue la fase conviviale in un tipico ristorante della zona. Il presidente del Team Tonino Larocca ringrazia per la partecipazione e consegna i premi: 1° posto per il Matera, ritirano la coppa Donato Dicecca e Rocco Ilvento; 2° posto per il Team di Potenza, ritira capitan Donato Lovaglio; 3° posto per il Mepa Salerno, ritira Giuseppe Carotenuto. Vengono premiati, inoltre, quale miglior portiere, il materano Filippo Masi ed il capocannoniere potentino Felice Ragone, autore di tre reti. Per il Team di Potenza hanno preso parte alla manifestazione: Auletta, Cosentino, De Angelis, Di Lillo, Fedeli, Fiatamone, Garsi, Lovaglio, Margiotta, Mauro, Moles, Postiglione, Racina, Ragone, Romano, Santopietro, Sileo; allenatore Pinuccio Camelia; presidente Tonino Larocca; medico sociale Saverio Glisci; dirigente Tonino Lorusso.
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33 Ancora una vittoria per Postiglione, 105a in carriera ontrosenso
SPORT
Basilicata
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omenica si è conclusa con un’altra strepitosa vittoria, la 105° in carriera, la stagione agonistica del pilota lucano Chico Postiglione, il portacolori dell’Imperiale Racing, secondo alle Finali Mondiali Lamoborghini domenica 4 dicembre a Valencia, ha avuto la meglio su Daniel Zampieri, battendolo grazie al giro più veloce. Sul gradino più basso del podio c’è il brasiliano Costa. Chico Postiglione arrivava al Motor Show di Bologna con i galloni di favorito per quanto riguarda la gara riservata al Lamborghini Su-
È
per Trofeo e il pilota dell’Imperiale Racing non ha deluso le aspettative. Dopo essere stato il più veloce nelle prove cronometrate, ha eliminato un avversario del calibro dell’ex pilota di Formula 1 Nicola Larini nelle semifinali, poi nella finalissima della Motul Arena se l’è dovuta vedere con Daniel Zampieri.La finalissima si è chiusa invece con il punteggio di 1-1, con Postiglione al top nella prima manche e Zampieri invece nella seconda. A decidere le sorti della sfida è stato quindi il giro più veloce, premiando il pilota dell’Imperiale
Racing, che aveva fatto segnare un 24”13 nella prima manche. Postiglione oltre alla vittoria ha portato a casa anche il giro più veloce delle intere prove svolte a bordo della Lamborghini all’interno della spettacolare area 48 del Motor Show bolognese. Ora per il lucano arriva un periodo di meritato riposo che durerà almeno fino alla fine di gennaio periodo nel quale riprenderanno i test in casa Imperiale e sarà svelata la stagione agonistica di tutti i piloti del team Imperiale.
Domani l’Historic Motor Day “Francesco Solimena”
stato presentato ieri (NELLA FOTO), presso la sala A del palazzo del Consiglio regionale, il calendario “Auto d’Epoca Basilicata” edito dalla ASD Classic Car Club Basilicata, il cui ricavato sarà devoluto a favore dell’associazione “Amici dell’Hospice San Carlo Onlus”. Nel corso dell’incontro è stato anche tracciato un bilancio dell’attività sportiva dell’Aci e dell’Aci Storico e presentato l’ultimo appuntamento del 2016 per gli appassionati dei raduni di precisione, l’Historic Motor Day “Francesco Solimena”, che si svolgerà a Potenza domani 18 dicembre. Sono intervenuti il direttore generale del dipartimento presidenza Giunta regionale, Vito Marsico, il presidente del Classic Car Club Basilicata e responsabile di Aci Storico Potenza, Mario Cigliano, il direttore dell’Apt, Mariano Schiavone, il di-
rettore dell’Hospice dell’A.O.R. San Carlo e presidente dell’associazione “Amici dell’Hospice”, il dott. Marcello Ricciuti, il presidente dell’Aci di Potenza, Moni Bevilacqua. L’idea di raccontare per immagini il vissuto di quest’ultimo anno di automobilismo d’epoca in Basilicata ha trovato nella Regione Basilicata il patrocinio che ne sancisce l’interesse non solo per gli appassionati del settore
ma anche per la collettività lucana. Anche l’Apt ha mostrato interesse per questo tipo di manifestazioni che coniugano la passione delle auto storiche con la scoperta di luoghi e territori che consentono agli appassionati, anche di altre regioni, di scoprire le bellezze e le eccellenze della Basilicata.
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Incontro informativo CSEN e Direzione Regionale del Lavoro per la Basilicata C ome consuetudine il comitato regionale C.S.E.N. di Basilicata, riunisce le proprie affiliate A.S.D. e S.S.D. per informazioni e confronti con i vari soggetti istituzionali deputati alla materia, con appuntamenti a cadenza periodica, interessando gli ospiti illustri con incontri a tema e consentire ai partecipanti di essere informati in maniera mirata. Così presso la Casa del Volontariato, mercoledì 14 dicembre 2016, con inizio alle ore 16,00 si è svolta l’assise con l’intervento del dr. Campognaro Gennaro, in rappresentanza della Direzione Regionale del Lavoro per la Basilicata, coadiuvato come sempre dagli esperti fiscali dello C.S.E.N. nelle persone della dr.ssa Bruno Barbara e del dr. Lapenta Vincenzo. Buona la presenza dei partecipanti, soprattutto per la qualità degli interventi posti ai relatori, a testimonianza dell’ottimo livello qualitativo raggiunto e che rappresenta per l’Ente la chiave di successo in termini di servizi alle affiliate, che sul territorio si impegnano nelle varie discipline sportive, aggregando sempre più persone, facendo dello sport un momento di crescita civile ed educazione alla salute. Il dr. Campognaro, nel suo intervento iniziale ha voluto sottolineare le finalità della partica sportiva, previste proprie
nella Costituzione della Repubblica Italiana, come momento importante di democrazia e crescita, nonché educazione e formazione alla persona, per cui lo Stato attraverso le proprie istituzioni ha sempre cercato di dare gli strumenti legislativi e sgravi fiscali per tali attività che però in maniera genuina devono consentire l’associazione di persone che perseguono un obbiettivo comune di crescita e socializzazione. Gli interventi posti in essere, hanno permesso un confronto sereno e condiviso, che ha dato vita ad una question time, dove le interrogazioni poste hanno consentito ai presenti la possibilità di esprimersi e comprendere al meglio la conduzione di una corretta politica amministrativa di una associazione e/o società sportiva dilettantistica. La serata si è conclusa con la consegna di premi sportivi a ricordo della manifestazione ed altresì occasione per gli auguri di buone feste. Sandrino Caffaro
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Basilicata
R i o n e ro , p re s e p e “ o r i e n t a l e ” n e l l a c h i e s a m a d re
L’originale rappresentazione della Natività ha suscitato molti apprezzamenti di Pino Di Lucchio
E’
stato inaugurato domenica, 11 dicembre scorso, nella Chiesa Matrice San Marco Evangelista di Rionero in Vulture, il singolare presepe in Stile Orientale degli autori Dino Gallicchio e Benito Recine. Un lungo lavoro durato un anno. Racchiusi nei rispettivi garage, Dino e Benito, grazie alla loro creatività e ingegno, hanno realizzato i luoghi, gli oggetti, i personaggi, che poi hanno assemblato in questo stupendo presepe. Rispettando gli ambienti dell’epoca, i mestieri, la vita, vediamo così sorgere uno spaccato di un’epoca e di un popolo. Vediamo così le tipiche colline di sabbia color giallo ocre, ricoperte dalla vegetazioni di ulivi, viti, cespugli, fichi d’india e agavi: una suggestiva cornice per le
tipiche case bianche, di forma cubica e senza tetto. L’opera, dell’estensione di circa otto metri quadri, è la parte iniziale di un progetto che, in fase di completamento, interesserà una superficie di venti metri quadrati. Gli autori del presepe in Stile Orientale, espressamente commissionato dalla parrocchia di San Marco Evangelista, nella realizzazione hanno seguito i dettami di alcuni passi del Vangelo e di notizie, giunte fino ai nostri tempi, tratte dalla storia della vita in Palestina ai tempi di Gesù. Gli abiti delle statuine sono in tipico stile arabo, così tutti gli utensili e i particolari che completano la Rappresentazione della Natività. Sarà possibile visitare l’esposizione, per tutto il periodo delle Festività Natalizie.
Inaugurazione del presepe in Stile orientale
Escape room: la stanza degli enigmi apre a Matera S
Il parroco, don Giuseppe Cacosso ( al centro) fra i due autori del presepe
La grotta della Natività
i chiamano escape room e sono l’ultima tendenza dei giochi di gruppo nata negli Stati Uniti che ora sbarca a Matera. Da qualche giorno anche la Capitale europea della cultura 2019 ha la sua escape room partita già con la marcia giusta grazie al passaparola rimbalzato in rete attraverso le pagine di Facebook, Instagram e Tripadvisor. Sessanta minuti di tempo per uscire da una stanza chiusa a chiave e senza finestre. Alle pareti quadri, librerie e scaffali pieni di vasi, suppellettili vecchie foto, soprammobili, e oggetti in apparenza messi lì a caso. E poi decine di cassetti e armadi bloccati da lucchetti a combinazione di ogni colore e dimensione. Solo risolvendo un enigma dopo l’altro si può arrivare ai codici che li aprono. Solo grazie a un certosino lavoro di squadra si riuscirà alla fine ad usciere e a sbloccare così la porta d’ingresso. L’escape room è un luogo dove un gruppo di persone viene rinchiuso (volontariamente) col solo scopo di uscirne, attraverso la risoluzione di enigmi disseminati in tutta la stanza. Una sorta di videogame reale, senza bisogno di consolle e schermi luminosi, dove misurare la propria abilità di detective a caccia di indizi e soluzioni. La stanza materana da cui “fuggire” si trova in via Ugo La Malfa 72 ed è stata aperta da due ventottenni, Francesco Camardi e Giuseppe Capodiferro, che hanno voluto proporre in Basilicata il gioco del momento. “In europa e negli Stati Uniti - raccontano - sono esplose in anticipo e sono diventate una vera moda. L’idea ci è piaciuta tantissimo: non avevamo mai visto nulla di simile dalle nostre parti e abbiamo deciso di scommettere su questa attività che rappresenta anche l’inizio di una attività imprenditoriale”. In pochi mesi hanno fondato una società, hanno preso in affitto un appartamento in una
zona ben studiata, centrale e non lontana dalla zona universitaria. I due giovani imprenditori hanno trasformato gli spazi di un ex ufficio in un vero paradiso per gli amanti di rebus e rompicapo, dove un’ora di divertimento si paga dai 10 ai 18 euro a seconda del numero di persone e dall’orario. “Dall’apertura avvenuta qualche giorno fa siamo già oltre le 20 prenotazioni - prosegue Francesco Camardi - un numero insperato, considerando che abbiamo fatto poca promozione se non con i volantini. Molti sono gruppi di colleghi che decidono di mettersi alla prova. Ed è bellissimo vederli all’opera perché si ripropongono le stesse dinamiche da ufficio, si capisce chi ha il ruolo del leader, chi si affida agli altri e chi ha l’idea e l’intuizione giusta per scovare gli indizi”. L’escape room è ideale anche per attività di team building aziendale, per festeggiare il compleanno in un modo diverso (potranno essere nascosti torte e regali), feste a sorpresa, addii al celibato o nubilato, feste per bambini con enigmi studiati appositamente per loro. Per giocare bisogna essere almeno in due ma non più di 8 altrimenti si rischia di far confusione. Impossibile uscire da una escape room da soli: per risolvere più di un indovinello serve almeno una coppia. Il countdown scatta nel momento in cui la porta si chiude. Una telecamera controlla cosa succede all’interno e sui monitor, nei momenti di maggiore impasse, arrivano un paio di piccoli suggerimenti. Il 15% per cento dei gruppi riesce a uscirne. Chi non scioglie tutti i rebus ovviamente viene liberato lo stesso. Ma la sfida è persa. Ed esce inevitabilmente dalla stanza a orecchie basse pronto però ad una nuova sfida.
C O M U N E DI P O T E N Z A
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 � � �  � �    € ‚ ƒ € „ Tipologia di sepoltura Galleria Superiore Sinistra
Costo*
Caparra 30%
Concessione per 30 anni di LOCULO 5° FILA
â‚Ź 2.940,00
Concessione per 30 anni di LOCULO 4° FILA
â‚Ź 3.190,00
957,00
Concessione per 30 anni di LOCULO 3° FILA
â‚Ź 3.900,00
1.170,00
Concessione per 30 anni di LOCULO 2° FILA
â‚Ź 4.930,00
1.479,00
Concessione per 30 anni di LOCULO 1° FILA
â‚Ź 4.580,00
1.374,00
Concessione per 30 anni di CELLETTA OSSARIO Concessione per 30 anni di COLONNATO DI 5 LOCULI + 10 ossari
882,00
â‚Ź 240,00
72,00
â‚Ź 21.940,00
6.582,00
* oltre iva come per legge Tipologia di sepoltura Galleria Inferiore Sinistra
Costo*
Caparra 30%
Concessione per 30 anni di LOCULO 5° FILA
â‚Ź 2.940,00
Concessione per 30 anni di LOCULO 4° FILA
â‚Ź 3.190,00
882,00 957,00
Concessione per 30 anni di LOCULO 3° FILA
â‚Ź 4.480,00
1.344,00
Concessione per 30 anni di LOCULO 2° FILA
â‚Ź 4.780,00
1.434,00
Concessione per 30 anni di LOCULO 1° FILA
â‚Ź 4.150,00
1.245,00
Concessione per 30 anni di COLONNATO DI 5 LOCULI
â‚Ź 19.540,00
5.682,00
* oltre iva come per legge Â? …†‡† ÂÂ?ˆ‰ † Š †ˆ‰ ‹Œ Š Â?† †Â?‰ Â?  € Â? ÂŽ Â? ‘ Â’ €€ “ “ ” ” “ • – ”   ——— ——— ƒ Â? †  Ž ‘ ”  ˜   ˜  “ • ‰˜ ƒ ƒ Â? – ‰˜
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Basilicata
Romualdo di Acheruntia: l’ultima fatica dell’Homo Universalis Fulvio Caporale F
ulvio Caporale, grande esempio di Homo Universalis, personalità poliedrica, sregolatezza ma soprattutto tanto genio, ha dato alla luce un romanzo storico ambientato ad Acheruntia, (oggi Acerenza) nell’anno 1000 d.C. L’opera narra le avventure di Romualdo, orfano acheruntino, il quale dopo mille avventure e peripezie in giro per il mediterraneo, riesce a ritornare nel paese d’origine e a sposare la donna amata. Romualdo nel corso della sua vita tumultuosa e avventurosa matura conoscenze e competenze eccezionali; nell’uso delle armi, nel combattimento corpo a corpo, nelle strategie belliche ma
anche nella padronanza delle maggiori lingue dell’epoca, nonché nozioni scientifiche e matematiche. Grazie a queste abilità, Romualdo riesce a salvare il suo paese dall’attacco di forze avverse e a vendicare la morte dei genitori, uccidendone l’assassino in battaglia. Il protagonista, inoltre, si prodiga per migliorare l’economia di Acheruntia e le condizioni di vita dei suoi compaesani, riuscendo a portare un sistema economico-sociale moderno, basato sulla gestione personale delle rendite del terreno. Nell’impaginazione sono presenti i dipinti di Antonio Masini, illustre artista lucano; pittore, scultore e incisore. Masini ricerca la realtà
all’interno di un universo parallelo figurativo, stabilendo un forte contatto tra le decise espressioni cromatiche e una ricercata radice spaziotemporale che annoda il suo tratto ai fatti narrati, nel segno del trade union tra i due autori: l’amore per la Lucania. Lo stile narrativo asciutto e ben articolato permette una lettura distesa del testo, favorisce la comprensione della trama ma allo stesso tempo catapulta il lettore nella dimensione spazio-temporale degli eventi. Nella prima parte (fino al capitolo V) vengono raccontate le vicende passate della vita di Romualdo e le peripezie affrontate durante i suoi viaggi nel mediterraneo. Il protagonista assume i contorni
Laghi di Monticchio: i libri protagonisti di “Biancabbazia” “Surreastrattismo - Genesi di un movimento artistico” e la raccolta di poesie ‘Sensazioni’ editi da Arduino Sacco Editore
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el corso dell’edizione 2016 della manifestazione ‘Biancabbazia’ in programma nello scenario dei laghi di Monticchio e davanti alla maestosa struttura, con annessi i mercatini di Natale, ottimo riscontro e ospiti d’eccezione per il momento culturale dedicato alla presentazione di due libri interessanti e singolari, inoltre con collegamenti in diretta su Radio Potenza Centrale. Contemporaneamente è stata l’occasione per scoprire dettagli e contenuti dell’opera “Surreastrattismo - Genesi di un movimento artistico” a cura dell’artista Angelo Ermanno ‘Dialkan’ e la raccolta di poesie ‘Sensazioni’ di Marisa Ferrara, prodotti da Arduino Sacco Editore. Il primo è un saggio che tratta della suddetta corrente artistica, con immagini e scritto che rivelano un parlare sommerso, scomposizioni di idee, percezioni ed intuizioni. Le parole e le raffigurazioni aprono nuovi varchi all’essenzialità dell’individuo, con un’indagine descritta attraverso un linguaggio comunicativo, che si insinua a rappresen-
tare contesti nuovi, di emozioni con paradossali similitudini e metafore. Si contempla la vita nei suoi tratti fisici e psichici, con una descrizione che tiene in forte considerazione il vissuto e la proiezione personale. Il secondo volume, della sezione saggistica, suggerito da riflessioni più profonde e frutto del ragionamento filosofico dell’autrice, che cerca di tradurre i suoi pensieri in parola scritta e va a pescare fra i suoi ricordi, componendo delle poesie facili da comprendere con un linguaggio chiaro da interpretare. Una sorta di nostro mare individuale per farci ristorare dai pensieri che ci attanagliano quotidianamente. Incantevole e storica la location, l’Abbazia di San Michele, dove nella sala biblioteca, davanti ad un pubblico attento e proveniente anche dalle regioni limitrofe, con introduzione e conduzione di Antonio Petrino, hanno partecipato l’artista musicale Tony Santagata che si è detto entusiasta di essere stato invitato e ha parlato del suo forte legame con il posto in questione e
l’amore per la Basilicata; è seguito l’intervento del vice sindaco di Rionero, Maria Pinto, che ha sottolineato la forte vocazione artistica e poetica dei protagonisti con consensi e apprezzamenti. Pregevole ed esauriente il contributo offerto dal prof. Giustino Setteducati,mecenate e grande estimatore di ‘Dialkan’ e convinto sostenitore del manifesto del ‘Surreastrattismo’, corrente artistica nata nel lontano 1989 che ha suggellato qualità e affermazioni dell’artista Ermanno in Italia e in varie parti del mondo con grande onore. E’ intervenuto inoltre un ex sindaco della città fortunatiana, Antonio Giansanti, che ha confermato la sua ammirazione e riconosciuto i meriti per quanto realizzato dai concittadini. Chiusura con l’atteso intervento di Angelo Ermanno che si è soffermato sulle tappe salienti della sua eccellente carriera artistica, con un brindisi finaledi benvenuto con spumante brut cuvée ‘Gilda’ dell’azienda Troilo di Venosa.
del Self Made Man, modello reso celebre dal romanzo Robinson Crusoe (1719) di Daniel Defoe, erede della filosofia di Seneca “Homo faberquisquefortunaesuae” . L’uomo artefice del suo destino, in grado di affrontare e superare le difficoltà e gli ostacoli che la vita propone, l’eroe diventa tale grazie ad abilità personali allenate e coltivate con sacrificio e spirito di abnegazione. Nella vita di Romualdo le difficoltà rappresentano gli stimoli in grado di migliorare le qualità che egli possiede innate. Come Robinson Crusoe, Romualdo non indietreggia mai di fronte al pericolo ma lo affronta e lo supera con qualità fisiche e morali, specchio dei valori Cristiani, e del timore di Dio. Timore di Dio erede filosofico della Pietas virgiliana che emerge forte nell’Eneide. Romualdo procede nel suo percorso di maturazione personale arrivando ad acquisire abilità sempre maggiori e compiendo una vera e propria escalation che lo porta a migliorarsi di volta in volta: da orfanello diventa abile navigatore e soldato, assume il comando di una nave propria, naviga nel Ponto Eusino, laddove Giasone si era spinto alla ricerca del vello d’oro, impara lingue e culture nuove, combatte sotto le insegne di Gisulfo principe di Salerno, libera il fratello
del principe dalle grinfie dei saraceni e viene nominato Defensor Romana Ecclesiae. Solo in questo momento può tornare a casa e mettere le sue competenze a servizio della sua gente. Dietro un grande uomo c’è sempre una grande donna ed in questa prospettiva si afferma l’immagine di Bianca, nome che evidenzia il candore e la purezza della protagonista femminile. Dove si fondono le virtù epiche della donna fidelissima, con quelle della Signora Mi Donis di tematica Cortese. come Penelope nell’ Odissea è in grado di respingere i pretendenti nell’attesa del ritorno dell’amato, il quale viene supportato con doti umane e di intelletto non comuni e non rilevabili di sovente, in protagonisti femminili della tradizione medioevale. Nella seconda parte del romanzo, i toni della narrazione cambiano, si adeguano al climax ascendente degli eventi, che portano il protagonista ad affrontare il duello finale e con esso, i demoni che lo hanno accompagnato per tutta la vita. In questo momento il protagonista assume i tratti dell’eroe epico, dell’Achille omerico abile in guerra e coraggioso in battaglia. Tuttavia il duello finale è ricolmo di significati reconditi, portati all’esaltazione dalla grande
maestria di Fulvio Caporale. La contrapposizione tra la Cristianità e L’islamismo avviene in maniera del tutto apparente. Alla fine la situazione si risolve senza spargimento di sangue, grazie all’abilità di Romualdo che mette in campo le sue conoscenze; linguistiche, culturali e pragmatiche. Romualdo sconfigge Loukas che rappresenta colui che sfrutta il pregiudizio e il rifiuto della conoscenza. Ulisse e Achille convivono nel protagonista ma a venire fuori alla fine e Ulisse, è la conoscenza che vince sulla violenza. Ancora una volta i valori più profondi dell’amicizia e della solidarietà emergono e trionfano. L’antica madre Lucania modello di modernità, luogo di convivenza di genti provenienti da tutto il mondo, simbolo di vita e vitalità multiculturale di cui oggi si ha estremo bisogno. Potito Paccione
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Basilicata
17 Dicembre 2016
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Il calendario di Nicola Filazzola con le poesie di Tonino Guerra Le terre di Romagna e di Lucania si sono incontrate e amate sul limine tra poesia e pittura
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PER Banca ha presenta il calendario 2017 realizzato da Nicola Filazzola con le poesie di Tonino Guerra a Matera, il 13 dicembre 2016 presso i locali della Direzione di Area Basilicata in Piazza San Francesco a Matera, BPER Banca presenterà il calendario 2017 realizzato dal pittore Nicola Filazzola con le poesie di Tonino Guerra. Il calendario ha come titolo “Le Stagioni” e rappresenta l’incontro tra Nord e Sud, in particolare tra i territori della Lucania e della Romagna che in questo modo si avvicinano attraverso la poesia e la pittura. Con quest’opera Filazzola ha voluto celebrare anche la sua amicizia con Tonino Guerra, poeta romagnolo scomparso nel 2012, con il quale ha dato vita ad un sodalizio artistico di particolare successo. All’evento saranno presenti, tra gli altri, lo stesso Nicola Filazzola, il giornalista Pasquale Doria de “La Gazzetta del Mezzogiorno” e Salvatore Pulignano, Responsabile Direzione Territoriale Mezzogiorno di BPER Banca. “La realizzazione di questo calendario – ha dichiarato Pulignano - straordinario incontro tra Nord e Sud, è un importante veicolo che rappresenta la nostra terra dal profondo delle sue radici e che avvalora l’importante connubio tra due territori dove BPER Banca opera ormai da oltre un secolo”.
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onino Guerra e Nicola Filazzola: due maestri che, ad un certo punto della loro vita adulta, si sono incontrati ed è stata subito folgorazione con accensione di nuovi fuochi. Per chi, come me, ne è stato testimone, è facile capirne ragioni ed emozioni, anche perché ho conosciuto a lungo, molto bene e, tanto da vicino, il primo e ho potuto apprezzare, anche se tardivamente e in modo non continuativo, il respiro artistico del secondo, proprio laddove ha preso e prende forma. Specificamente nel suo studio, nelle grotte e in quel giardino in cui le piante di melograno, di mirto, di fichi d’India sono acrobati mossi dallo stesso sole che bacia i sassi di Matera. Per il poeta è bastato il racconto per immagini del pittore a scuotere il pensiero, mantenuto sempre caldo anche se apparentemente a riposo dietro lo sguardo distratto da mille impegni e idee. Per il pittore non è stato necessario altro che l’afflato della favola e la fiammata si è trasferita sul foglio bianco e sulla tela intonsa. Ma c’è stato di più. C’è stato l’incontro tra il Nord e il Sud, tra la Lucania, la terra della luce, le terra dei due mari e la Romagna e il suo stare tra la pianura, la collina e il mare, un mare diverso nell’immaginario e nel reale. E un confronto tra la cultura contadina romagnola e quella lucana, la prima sguaiata,
portata agli onori della cronaca dall’Amarcórd cinematografico, di Federico Fellini e Tonino Guerra cosceneggiatori, la seconda riservata, celata ai più ed evocata da poeti non assurti alla fama seppur grandiosi. L’amore di Guerra per il Sud è noto, il suo lavoro cinematografico in quelle regioni altrettanto, e, ogni figlio che dal Sud gli portava lo sguardo innanzi al suo gli dava una gioia autentica e primitiva. I buoi (I Bu) da lui cantati, che non arano più e sono legati alla lunga corda del macello, come recita la sua poesia dall’omonimo titolo, forse ci sono ancora laggiù in qualche campo non ancora fagocitato dai calanchi. E’ quello che ha chiesto a Nicola Filazzola. Così come si è informato sui paesi abbandonati, i cascinali che lo attraevano per la carica di memoria antica che lui ripopolava con la fantasia, perché diceva che “è li che incontriamo noi stessi”. E ancora domande sui paesaggi selvaggi dove lo sguardo all’orizzonte incontra il cielo e dove “si ritrova l’infanzia del mondo”, e sul mare di Ulisse che “non è soltanto una quantità d’acqua che gli occhi non riescono a contenere ma è una sostanza umida che ti riduce una conchiglia e senti che stai per nasce un’altra volta”, come si legge nel suo poema Quattro giorni laggiù, dedicato proprio al profumo del mare che Filazzola porta in
sé. Le risposte del pittore sono nei suoi lavori che il poeta osservava, in silenzio e poi commentava. “Qui c’è il Sud, il calore e la poesia del Meridione d’Italia” – mi ripeteva. Li ritrovava anche nelle sue parole, non a caso compone in versi. Guerra, allo stesso modo, si è espresso oltre che con la parola con il disegno, la pittura e con molteplici altre forme espressive. Diceva che il suo era un agire grafico “con la poesia alle spalle” e questa sua verità, che a lui serviva per creare una graduatoria nel suo lavoro, ben presto diventava e diventa tale anche per coloro che osservano quelle opere: haikù profumati di policromie intense giocate su geometrie sbilenche che sono poesia pura, frutto della fusione tra l’acquisita anima orientale e l’infanzia romagnola, luce splendente di un fuoco artistico che dimorava in ogni sua cellula vitale. Ecco perché i due maestri si sono intesi così bene. E si sono compenetrati tra penna e pennello. Nicola Filazzola, custode del calore epico meridionale, artista delle viscere del paesaggio, dei rapporti umani in esso immersi, della totalità dei valori fantastici ed emozionali che nella natura lucana e più in generale della campagna meridionale vivono, come ha evidenziato Antonello Trombadori, ha portato a segno i suoi dardi conficcandoli nel cuore generoso e caldo dell’Omero
della Romagna, che l’ha ricambiato con un’amicizia vera e curiosa. Lo testimoniano le sue parole: “Ho visto i tuoi lavori e mi sono riempito di stupore, sono presenze che mi tengono molta compagnia. Ritrovo in te il mistero del Sud”. Tonino Guerra, figlio di un tempo ostile e di una terra ruvida, protagonista della rinascita dopo l’oblio della prigionia in Germania, capostipite della scuola poetica neo-dialettale italiana, ha donato scritti e parole che lo hanno ispirato, generando linfa produttiva e rinnovati cicli pittorici. Così è nata un’amicizia e poi il sodalizio. Novelli lampi artistici sono esplosi nel cielo terso del materano e in quello vulnerabile del Montefeltro. Da quei bagliori sono nate composizioni artistiche e straordinarie esposizioni di Filazzola a Pennabilli e di Guerra a Matera. Ricordiamo qui le stagioni colorate, per parafrase il titolo del volume di Filazzola, Le stagioni, che contiene la riproduzione delle dodici tavole dedicate ai mesi dell’anno nate dalla lettura delle Parole dei mesi di Guerra, un’intervista al poeta e alcune liriche dell’autore. Peccato che sia uscito due anni dopo la sua scomparsa, avrebbe colto l’infinita tenerezza dell’amico e l’avrebbe ringraziato alla sua maniera, magari incitandolo “a fare qualcosa di più della banale perfezione”. Rita Giannini
Natale solidale 2016 per Emergency, fino all’8 gennaio a Potenza
Da oggi fino al 22 dicembre, la mostra “Ai confini della satira” di tavole e vignette di Giulio Laurenzi
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er la 13^ edizione del Natale Solidale, il gruppo Emergency di Potenza organizza una serie di mostremercato: • dall’8 dicembre al 6 gennaio, presso “Scambiologico” di Legambiente, in piazzale Istria alla stazione Superiore di Santa Maria, l’esposizione di natività in tufo e legno di Piero Ragone; • dal 17 al 22 dicembre, presso lo studio d’arte Gerardo Cosenza di vico La Vista, 9 la mostra “Ai confini della satira” di tavole e vignette di Giulio Laurenzi; • dal 27 dicembre all’8 gennaio, presso il circolo culturale “Gocce d’autore” in via Pretoria 224, la personale di pittura “Paesaggi” di Pasquale Belmonte. Partecipando alle serate, tesserandosi, sottoscrivendo una donazione, comprando un calendario o un gadget, si contribuisce alla raccolta fondi a favore di Emergency, l’associazione italiana attiva dal 1994. Il sostegno economico alla Onlus e’ fondamentale per garantire la continuita’ operativa all’attivita’ gratuita e di elevata qualita’ che Emergency ha attivato in campo internazionale e in Italia, con un mirato programma di as-
sistenza medico-chirurgica alle vittime di guerre, mine antiuomo e povertà, promuovendo contemporaneamente una cultura di pace, rispetto dei diritti umani e solidarietà. La raccolta fondi sosterra’ in particolare il Progranmma Italia con i suoi poliambulatori fissi e i Polibus, gli ambulatori mobili che portano assistenza medica di base e orientamento ai migranti che sbarcano in Sicilia e agli stagionali, occupati nei lavori agricoli e nelle campagne.
Questa sera i Baracca Sound da Roma protagonisti di “Sound System Culture Vol.3”
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on oltre 15 anni di attività alle spalle, ‘il sound del popolo’ colpisce al cuore dell’ascoltatore grazie all’indelebile capacità di proporsi in modo diretto e ironico”. Vengono presentati con queste parole, stampate sul retro del tipico “flyer”, i Baracca Sound System, protagonisti del terzo degli appuntamenti dedicati al reggae, organizzati dai colleghi lucani Terra Terra Sound System, da Ruoti. Questa sera alle 22, presso il Picchio Slow Food in contrada Cavalieri a Potenza, si terrà infatti una nuova serata
danzante (“Sound System Culture vol.3”), che sarà “amplificata” dalle casse dell’apparato audio allestito dalla crew di Ruoti, e che vedrà alternarsi al microfono i tre storici vocalist provenienti dalla Capitale: Papa Cloaca, Culla e Pavese. «Sono ormai 20 anni che siamo in quest’ambito –ha raccontato Papa Cloaca- abbiamo avuto il piacere di fare la gavetta nel Ghetto Youth di Spinaceto, uno dei primi sound in Italia, col quale abbiamo scoperto e toccato con mano cosa vuol dire avere un Sound System. Di lì è
poi nata tutta l’esperienza Baracca, con la posse che in quegli anni si muoveva in un centro sociale, negli spazi occupati, e tuttora ne fa una priorità. La scelta di cantare in romanesco è in parte obbligata, perché noi nasciamo come una sorta di musicoterapia, musica sociale. Non mi interessa andare oltralpe per parlare ad altri. Voglio esprimere la mia cultura, quello che vedo, quello che mi circonda, nel modo in cui parlo al mio amico, al mio vicino».
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Basilicata
Paolo de Matteis, pittore lucano!
Vergine orante – tempera sotto vetro
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ontrosenso
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17 Dicembre 2016
già la storia stessa di Piano Vetrale, il comune di nascita di Paolo de Matteis, attualmente in provincia di Salerno, sembra ridisegnare il destino e la sorte di tante piccole comunità del meridione d’Italia in via di estinzione. A sottolinearne il degrado e il lento impoverimento, ci informa infatti Geremia Paraggio nel suo articolo pubblicato sul settimanale Unico, del 26 Gennaio 2013, “..negli anni passati Piano e Vetrale erano due borghi con due asili, due uffici postali, due parrocchie. Ora formano un unico borgo, frazione di Orria…” E mi piace sottolineare come nel 1662, anno di nascita del Nostro, entrambi i comuni originari facessero parte del Cilento, storica regione di quella Lucania che ancora oggi e indipendentemente da improprie e cervellotiche suddivisioni amministrative, continua a caratterizzare e ispirare linguaggio, costumi, tradizioni e la vita stessa del popolo cilentano. La notizia poi che un ragazzo lucano di nascita e di umilissime origini venga mandato a studiare prima a Napoli, poi all’Accademia di Roma, rende onore ai genitori e anche alla struttura amministrativa e scolastica del Vicereame spagnolo, in grado di individuare un talento nel più sperduto paese della più lontana provincia e di consentirgli, a spese dello stato, di frequentare un “cursum studii” di elevato profilo. E il suo percorso da artista trova il suo esordio proprio in una grande metropoli della cultura europea, capoluogo del Vicereame di quella Spagna che anche in tutti i suoi territori d’oltremare viveva il “Siglo de oro” ( nessun riferimento all’oro depredato ai Maya e agli Incas?), il punto più alto della sua parabola politica ed economica e poteva quindi concedere gran considerazione e spazio alle arti e alle lettere, mantenendo un contatto continuo e un reciproco scambio di artisti soprattutto tra Napoli e la madrepatria. Ma proprio quando il nostro Paolo muove i pri-
mi passi sulle vie dell’arte, Napoli è da tempo anche la città dove i pittori indigeni, riuniti in potentissime corporazioni di fatto, tendono a impedire a ogni costo, anche con metodi camorristici, l’accesso alle commissioni più lucrose anche ad artisti di chiara fama, importati da altre nazioni (anche Guido Reni e Domenichino furono vittime di queste violenze e intimidazioni) e nello stesso tempo almeno a ritardare la consacrazione delle nuove leve di artisti indigeni per arginare la concorrenza interna. Riporto integralmente , da pag.733, de “La Storia dell’Arte”, edizione Electa, 2006:“…l’ambiente artistico napoletano, allora dominato da Ribera, Caracciolo e Corenzio, violentemente ostile a qualsiasi ingerenza esterna…la rinunzia di Guido Reni, nel 1621, a causa delle minacce da lui subite e della proditoria uccisione di un suo amico da parte di un sicario assoldato dal Corenzio…” E’ cronaca di qualche decennio prima, ma la situazione è più o meno la stessa, cambiano solo i nomi dei personaggi. Allora, pur rimanendo residente a Napoli, il de Matteis, dopo una già avviata attività da pittore ormai indipendente, comincia a spostarsi in altri grandi centri d’arte e completa la sua formazione in giro per la penisola, dove poteva aspirare a una migliore affermazione. Ad Arezzo, infatti, ottiene una prima commissione davvero prestigiosa, soprattutto se si tiene conto della sua età (è un giovane artista ancora ventisettenne). Nella Badia delle Sante Flora e Lucilla, dipinge infatti, Il Miracolo di San Mauro Abate, dove il monaco è ritratto con due confratelli e davanti a una folla di fedeli, mentre sfiora con le mani il volto di un cieco ridandogli la vista. Nello stesso anno, gli vengono commissionate ventidue tele per il Chiostro di Sant’Isidoro, che esegue a Napoli e poi spedisce a Madrid, che rappresentano solo il prologo di una serie di affermazioni internazionali che lo renderanno celebre in Europa. Ancora in Ispagna, a Cocentania, dove invia undici tele per la Chiesa delle Clarisse e finalmente in Francia, dove a stretto contatto con la cultura artistica di Parigi, sembra affrancarsi in parte dai modi di Solimena e Giordano, in una pittura più originale,che ora appare notevolmente schiarita e illuminata sul piano dei colori. La migliore realizzazione di questo periodo è senz’altro Danae, una esecuzione perfetta, una donna nuda che riceve dal cielo il suo amante divino sotto forma di pioggia dorata, dove è assente peraltro ogni morbosità sensuale. Poi l’Ercole al bivio, una realizzazione che lo inserisce nel cuore della cultura europea, in quanto gli fu commissionata nientemeno che dal filosofo inglese Lord Shaftesbury (aveva cercato in tutt’Europa un pittore capace di esplicitare graficamente certe sue idee, infine aveva scelto Paolo!) e che vede il mitico eroe greco ancora
indeciso tra la bellezza della divina Venere e la dottrina di Minerva. Infine il ritorno a Napoli, nell’ultimo decennio di attività e attua la scelta meramente economica di soddisfare le richieste dei committenti, limitate ora a rappresentazioni agiografiche che nulla potevano aggiungere a quanto già espresso fino a quel momento. Tuttavia trova il tempo e l’estro di un’ultima creazione di fulminante bellezza, che sembra miracolosamente calata nel suo secolo, proveniente da concezioni estetiche e artistiche che apparterranno solo ad un ancora lontano futuro. E’ la cosiddetta, piccola Vergine orante, dove, a parte le mani giunte al petto, sono le vesti modeste, indossate con trascuratezza, i capelli che sembrano quasi sul punto di fuoruscire dal velo, le labbra tumide che sono il punto più evidente di una sensualità presente ovunque e una tecnica pittorica a chiazze e a colpi di colori, a evocare una femminilità che appartiene a una popolana del suo tempo e del suo Cilento, più che alla Madonna. Termina la vicenda umana ed artistica e iniziano per il sempre incompreso Paolo le vuote chiacchiere di una critica a volte rozza e ingiusta: trova da ridire sul carattere voluto ad ogni costo borioso e autocelebrante dell’artista e anche sulla sua presenza ritenuta fuori luogo mentre dipinge La Pace di Utrech, che è invece l’unica sequenza brillante e originale di una rappresentazione storica che proprio per sua natura non poteva offrire null’altro di esaltante. E una storia dell’arte italiana ancora partigiana e faziosa non gli ha mai concesso una collocazione adeguata a quanto ha saputo esprimere nel suo percorso
Riposo durante la fuga in Egitto
Il giudizio di Re Mida d’arte… Finanche nel catalogo della straordinaria ed encomiabile mostra dell’artista cilentano e lucano, organizzata recentemente a Vallo della Lucania, qualcuno crede di far bella mostra rilevando gli occhi storti della servetta e il ventre definito dallo stesso ipercritico troppo lungo di Danae,
nel suo quadro più celebre, come se di un artista solo a torto ritenuto minore fosse lecito poter criticare tutto… Ma forse, anche senza chiamare in causa lo strabismo di Venere, la donnetta non è la sola ad avere problemi di vista.
“Il divorzio dei compromessi sposi” di Carlo Buccirosso trionfa al Don Bosco di Potenza di Rosa Santarsiero
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strionico, camaleontico, magnetico. L’attore partenopeo Carlo Buccirossocon “Il divorzio dei compromessi sposi”- una piècedi cui è autore, attore protagonista e regista – ha travolto con la sua ironiadissacrante gli spettatori presenti alle duerappresentazioni allestite al Teatro Don Bosco di Potenza, lo scorso fine settimana. “Il divorzio dei compromessi sposi”è tratto liberamente dall’indiscusso capolavoro di Alessandro Manzoni, anche se in questo caso Don Rodrigo (interpretato proprio da Buccirosso, ndr) e i suoi due scagnozzi si trasferiscono dall’entroterra campano alla volta delle rive del lago di Como ove cercano di incrementare il loro giro affari legato all’usura. Qui il goliardico Don Rodrigo di Buccirosso si invaghisce di Lucia Mondella, futura consorte di Renzo Tramaglino. Si tratta di giovani provenienti da famiglie di umili condizioni che, inevitabilmente, sono destinati a chinare il capo innanzi alla sorte avversa e ai capricci del “Guappo” che farà di tutto per separarli. La storia, pur mantenendo il fil rouge dell’opera manzoniana, si alimenta anche grazie alla presenza dei diversi personaggi che gravitano intorno al protagonista come Agnese, Don Abbondio, i Bravi e l’Innominato, ciascuno di loro interpretato da attori degni di nota. “Il divorzio dei compromessi sposi” fa parte della sessione “L’oro di Napoli” inclusa nel ricco cartellone di eventi della stagione teatrale 2016/17. Il venti e il ventuno dicembre, sempre al Teatro Don Bosco, “L’oro di Napoli”continuerà con Vincenzo Salemme e il suo spettacolo “Una festa esagerata”.
Due momenti dello spettacolo al Don Bosco
FITTASI
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CAPITALE EUROPEA DELLA CULTURA
Quest’anno, per la prima volta, “Piazza Prefettura” sarà la spettacolare cornice del capodanno di raiuno.
capodanno 2017