Il Cannocchiale Giornale dell’I.I.S.S. “Galilei-Sani” di Latina
Anno VIII EDITORIALE
Marzo 2013 Le Rubriche A lettere aperte
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Piazza “Galilei-Sani”
pag. 3
Vita della Scuola
pag. 6
Il mondo degli “Anta”
pag. 9
Da Latina al mondo
pag. 10
Il nodo della questione
pag. 11
L’angolo della creatività pag. 13 I segreti di Psyche
pag. 17
Nella valigia della storia pag. 19 Rosso passione
pag. 20
Criticamente
pag. 21
Il pianeta sportivo
pag. 22
Lo strizzacervelli
pag. 23
Dove vogliamo puntare il nostro cannocchiale? Dritto dritto verso la società, che sta vivendo un momento particolarmente difficile, con la speranza di riuscire a vedere lontano, senza mai dimenticarci di guardare bene cosa c’è vicino. E con questo abbiamo già annunciato i nostri obiettivi più grandi: raccontare a modo nostro la scuola e il territorio, e nello stesso tempo riflettere su quello che succede nel nostro Paese e nel mondo. Il nostro giornale vuole dunque essere una vetrina di quello che accade a scuola, ma anche una finestra aperta su ciò che accade fuori. Solo così possiamo raggiungere il doppio scopo di “vivere” veramente il nostro istituto, di esserne parte integrante, e nello stesso tempo di far sì che esso sia aperto agli stimoli che vengono dall’esterno, sia luogo di scambio e di confronto. Per noi è un anno sicuramente importante, l’ anno in cui siamo diventati “Galilei-Sani”, siamo diventati tanti, e questa è un’opportunità da cogliere al volo. Ma questo verrà anche ricordato come l’anno segnato dall’ occupazione delle scuole superiori della nostra città, dalla protesta contro il decreto Aprea e della presa di coscienza da parte degli studenti di dover far sentire la propria voce. Docenti e alunni sono stati concordi nel ribadire il primato della scuola pubblica, l’imprescindibile diritto allo studio, l’importanza che la formazione deve avere in uno stato realmente democratico.
Il blocco delle attività aggiuntive, deciso per tali motivi da Collegio dei Docenti di questo istituto spiega il fatto che solo ora esca il primo numero del nostro giornale. Raccogliamo il guanto di una sfida importante: essere il primo POLO TECONOLOGICO della provincia, questa sfida vogliamo vincerla, e per riuscirci c’è bisogno dell’impegno di tutti. Il nostro giornale può essere la piazza virtuale dove incontraci per discutere, proporre, dire la nostra e come tale è aperto a chiunque voglia partecipare: alunni (magari anche di altre scuole), docenti, genitori . Non occorre per questo essere grandi penne: giornalisti non si nasce, ma abbiamo comunque l’ambizione di migliorare, e per questo aspettiamo consigli e suggerimenti. Abbiamo anche la speranza di essere sempre di più: giornalisti non si nasce… Ma la volontà di dire la propria e di mettersi alla prova può essere un buon inizio…Chissà…Aspettiamo i vostri contributi e ….Buona lettura!
La Redazione
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A Lettere Aperte Per dire la nostra
Il Cannocchiale
UNA SPINA NEL FIANCO Egregie “Autorità”, in questa lettera desidero parlare di uno dei più acuti problemi sociali del nostro paese, in particolare della regione Lazio, il luogo in cui sono nato e cresciuto: la sanità. Tutto ebbe inizio circa due anni fa, quando, recatomi all’ospedale san Camillo di Roma, su consiglio del mio otorino, mi venne riscontrato un serio problema di salute, di cui però nessuno seppe darmi una spiegazione. Senza alcun indugio, ci recammo in uno dei migliori ospedali d’Italia, nonché d’Europa, specializzati nel settore, situato in Lombardia, a Varese. Da quel momento, e dunque solo in seguito a quanto mi era accaduto, ho percepito il bisogno di riflettere per un istante sulle profonde differenze tra un luogo e l’altro dell’Italia. Il Centro-Sud e il Nord, mi sono sembrate due realtà completamente diverse. Ho avuto l’opportunità di riflettere sui problemi della nostra zona in materia di sanità: la scarsità del personale, la mancanza di strumentazioni necessarie a qualsiasi evenienza, come nel mio rarissimo caso. Con questa lettera non mi rivolgo esclusivamente alla mia regione, che pure si è mostrata tanto precaria in questo frangente della mia vita, ma, con queste frasi mi rivolgo a tutti, come pubblico cittadino, affinché strutture ospedaliere come il San Camillo, vengano rifornite degli strumenti necessari, e, ragazzi che, come me, sono colpiti dallo stesso male, non trovino tante difficoltà.
Gianluca Piro 2^ F
Il Cannocchiale
Piazza “Galilei-Sani” Cronaca e Attualità
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AirPod potrà davvero rivoluzionare il mercato ? L'auto ad aria compressa sembra pura fantascienza, eppure l'AirPod arriverà sul mercato quest’anno e promette di percorrere fino a 100 km con un misero euro di "pieno di energia", ma i dubbi sulla sua efficacia non sono pochi .Presentata al Salone di Ginevra nel 2009, il prossimo anno arriverà teoricamente sulle strade la prima auto ad aria compressa, la AirPod, prodotta dalla Motor Development International, società con sede nel Lussemburgo, in collaborazione con la Tata Motors . Nuova era della mobilità a impatto zero quindi . Teoricamente sì, ma nei fatti c’è qualche problema da risolvere. Iniziamo a vedere le caratteristiche ufficiali di questo modello, che da concept car sarebbe pronto a fare il grande salto verso il mercato di massa. È dotato di un motore da 7 kW, pari a circa 10 Cv, e una coppia di 45 Nm. Secondo le specifiche ufficiali del produttore, sarebbe in grado di percorrere fino a 100 km di strada con solamente un euro di “carburante” e potrebbe raggiungere una velocità massima di 80 km/h (che, però, abbasserebbe notevolmente l’autonomia generale ). In futuro l’auto potrà essere guidata persino a quattordici anni di età e poi successivamente verranno commercializzate varie versioni più potenti, ovvero la AirOne da 20 Cv e la AirCity da 34 Cv. Ciliegina sulla torta è il prezzo di appena 7.000 euro , quindi meno di una citycar odierna. Sembrerebbe l’inizio di una rivoluzione per il campo automobilistico , ma prima di arrivare a conclusioni affrettate analizziamo tutte le possibili ipotesi e dubbi su questo nuovo prodotto ecologico. Partiamo dal design: come molte concept car futuristiche, la carrozzeria dell’ AirPod segue alcune influenze stilistiche che difficilmente si crede, che possano sfondare in Europa o in America. Per cui il design è dettato dalla necessità di alleggerire al massimo la struttura complessiva, in quanto il motore ad aria compressa ancora non è in grado di spostare la massa di un veicolo normale, una piccola utilitaria per esempio . Inoltre domandiamoci quale adolescente si presenterebbe a scuola alla guida di un simile veicolo, piuttosto che di un motorino per esempio . Ci sarebbe da verificare anche l’effettiva autonomia su strada e i sistemi di sicurezza. Certo la AirPod potrà contare su altri vantaggi, come ad esempio la vendita diretta dalla fabbrica senza passare per il concessionario e questo comporterà per il consumatore un risparmio nell’ acquisto, ma basteranno questi vantaggi, uniti al risparmio estremo di carburante, per avere successo sul mercato?
De Marni Pierluigi 4^ A Mc
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Il Cannocchiale
Cosa fare in caso di terremoto: consigli della protezione civile La Terra è un sistema dinamico e in continua evoluzione, composto al suo interno da rocce disomogenee per pressione e temperatura cui sono sottoposte, densità e caratteristiche dei materiali. Questa elevata disomogeneità interna provoca lo sviluppo di forze negli strati più superficiali, che tendono a riequilibrare il sistema spingendo le masse rocciose le une contro le altre, deformandole. L’involucro solido della superficie del pianeta, la litosfera, è composto da placche, o zolle, che si spostano, si urtano, si incuneano e premono le une contro le altre. I movimenti delle zolle determinano in profondità condizioni di sforzo e di accumulo di energia. Quando lo sforzo supera il limite di resistenza, le rocce si rompono formando profonde spaccature dette faglie, l’energia accumulata si libera e avviene il terremoto. L’energia liberata viaggia attraverso la terra sotto forma di onde che, giunte in superficie, si manifestano come movimenti rapidi del terreno che investono le persone, le costruzioni e il territorio. Le oscillazioni provocate dal passaggio delle onde sismiche determinano spinte orizzontali sulle costruzioni e causano gravi danni o addirittura il crollo, se gli edifici non sono costruiti con criteri antisismici. Per definire la forza di un terremoto sono utilizzate due grandezze differenti: la magnitudo e l’intensità macrosismica. La magnitudo è l’unità di misura che permette di esprimere l’energia rilasciata dal terremoto attraverso un valore numerico della scala Richter. L’intensità macrosismica è l’unità di misura degli effetti provocati da un terremoto, espressa con i gradi della scala Mercalli. Per calcolare la magnitudo è necessario registrare il terremoto con un sismografo, uno strumento che registra le oscillazioni del terreno durante una scossa sismica anche a grandissima distanza dall’ipocentro. L’intensità macrosismica, invece, viene attribuita in ciascun luogo in cui si è risentito il terremoto, dopo averne osservato gli effetti sull’uomo, sulle costruzioni e sull’ambiente. Sono quindi grandezze diverse e non confrontabili. A seguire una serie di consigli della protezione civile da seguire durante e dopo un terremoto. Durante il terremoto: • Se sei in luogo chiuso cerca riparo nel vano di una porta inserita in un muro portante (quelli più spessi) o sotto una trave. Ti può proteggere da eventuali crolli • Riparati sotto un tavolo. E’ pericoloso stare vicino ai mobili, oggetti pesanti e vetri che potrebbero caderti addosso • Non precipitarti verso le scale e non usare l’ascensore. Talvolta le scale sono la parte più debole dell’edificio e l’ascensore può bloccarsi e impedirti di uscire • Sta lontano da impianti industriali e linee elettriche. E’ possibile che si verifichino incidenti • Sta lontano dai bordi dei laghi e dalle spiagge marine. Si possono verificare onde di tsunami • Evita di usare il telefono e l’automobile. E’ necessario lasciare le linee telefoniche e le strade libere per non intralciare i soccorsi. Dopo il terremoto: • Assicurati dello stato di salute delle persone attorno a te. Così aiuti chi si trova in difficoltà ed agevoli l’opera di soccorso • Esci con prudenza indossando le scarpe. In strada potresti ferirti con vetri rotti e calcinacci • Raggiungi uno spazio aperto, lontano da edifici e da strutture pericolanti. Potrebbero caderti addosso.
Giacomo Caputo 5^ A Mc
Anno VIII — numero 1
Piazza “Galilei-Sani” Cronaca e Attualità
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Il nuovo nato di casa Apple... Negli ultimi mesi abbiamo avuto modo di vedere il nuovo Nato di casa Apple anche da noi in Italia, che è stato l'ultimo paese a distribuire l'Iphone. Nell' euforia generale ci sono delle cose da notare, tra le quali il prezzo esorbitante che arriva a sfiorare i mille euro, ma come giustificare tutta questa differenza di prezzo tra noi ed altri paesi tra cui l'America che vende il terminale ad un prezzo di 499 dollari? Non è difficile rispondere a questa domanda infatti il rialzo dei prezzi è dato dalle tasse governative che il nostro governo impone; nonostante ciò la gente è disposta a spendere qualsiasi prezzo per questo gioiellino dell'elettronica. La domanda sorge spontanea: cosa spinge le persone ad adorare a tal punto questi dispositivi da scavalcare addirittura la crisi economica di questo paese? E’ un paradosso! E non solo: la gente è disposta a fare anche più di otto ore di fila, ad accamparsi proprio fuori uno degli store per assicurarsi di essere tra i primi ad avere il nuovo Nato. Dobbiamo tornare un po’ indietro, intorno agli anni 90, in quegli anni la Pirateria della musica si stava diffondendo in maniera massiccia, portando le case discografiche al lastrico e al fallimento; nello stesso tempo una Società chiamata Apple Computer Inc. stava emergendo ed è stata decisiva nelle sorti critiche della discografia. Durante gli anni 90, le persone ascoltavano la musica grazie a dei lettori CD portatili fino a quando La Apple nel 2001 non presentò sul mercato un dispositivo più che rivoluzionario, l'iPod: un lettore di musica digitale. La fama di questo dispositivo fu tale che le persone arrivarono a chiamare Ipod qualsiasi dispositivo riproducesse musica; ma La Apple non si limitò a questo. Con Stive Jobs ad occupare la posizione di CEO dell'azienda intraprese una scelta coraggiosa per salvare la discografia di tutto il globo dal fallimento. Presentò sul mercato lo store di musica più grande del mondo chiamato iTunes. il CEO fece stipulare un contratto a tutte le case discografiche del mondo che le avrebbe costrette a vendere tutta la loro musica sullo store della Apple ad un dollaro ciascuna o non avrebbero più venduto musica e Jobs, anche se la sua fu vista come una forma di minaccia, riuscì a ribaltare le sorti della musica. Successivamente nel 2007 La Apple annuncio la realizzazione di un dispositivo rivoluzionario che prometteva di reinventare il telefono che negli anni portò ad una specie di forma di culto. Durante la presentazione Jobs parlò di un telefono rivoluzionario, un nuovissimo iPod, ed un potentissimo comunicator, ovvero un dispositivo cha aveva accesso ad Internet in mobilità. Al primo impatto la gente pensò come di consueto a tre distinti dispositivi ma, continuando il discorso, Jobs rivelò che in realtà era un solo straordinario dispositivo! Con quest'affermazione lasciò senza fiato il pubblico ma non aveva ancora detto che stavano per diffondere il primo dispositivo a controllo tattile senza tasti sul mercato. Le azioni in borsa dell'azienda che cambio nome in Apple Inc salirono vertiginosamente già durante la presentazione ed infine la gente ebbe modo di capire di cosa si stava parlando quando lo mostrò al pubblico e lo mise a confronto on altri dispositivi attualmente in commercio. La differenza era abissale: dal dover tirare fuori un antenna per poter parlare ad un tale dispositivo! Da allora La Apple abituò i propri clienti ad usare i propri dispositivi con software proprietari e dotazioni proprietarie che non si conformavano con gli standard degli altri produttori creando un sistema chiuso ma funzionale e molto sicuro. Ad oggi la gente pretende quella diversità da questi dispositivi e lo percepisce come un bisogno o tale dispositivo non sarebbe più considerato un iphone; se un’azienda nascente i giorni dovesse produrre un dispositivo che costringe i consumatori a sottoscriversi alle condizioni dell'azienda per poter usare i suoi prodotti nessuno lo farebbe, mentre la Apple ha abituato i propri clienti a questa diversità creando una forma di culto che le persone amano e che alla fine è anche giustificata. Infatti la Apple è entrata in maniera pervasiva in molti campi ponendo nuovi standard d'eccellenza affinché ogni cosa l'azienda faccia sia necessariamente la migliore in commercio capace di fornire ai consumatori esperienze uniche e ponendo i paletti per altre aziende che producono i propri dispositivi, mettendoli a confronto allo standard più alto cioè i Dispositivi della mela.
Fabio Romano 3^ A En
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Vita della Scuola Eventi, attività e progetti
Il Cannocchiale
Recuperiamo la storia dei nostri nonni Chissà se è accaduto anche a voi, ma quando ero piccolo spesso i miei nonni mi raccontavano la loro storia, della loro giovinezza, dei terribili anni della guerra, delle loro avventure………insomma della loro vita. Ed io, non so voi, rimanevo incantato ad ascoltare quelle storie, ero affascinato da quei racconti e molte volte chiedevo: “Nonno mi racconti di quella volta che………….”. Soprattutto rimanevo affascinato nell’ascoltare di come era Latina, e l’Agro Pontino in generale, ai tempi della bonifica, la vita dura che i coloni avevano dovuto sopportare, della malaria che faceva molte vittime, della povertà che era molto democratica e coinvolgeva quasi tutti. E poi…….un giorno……….i miei professori di Topografia e di Disegno e Progettazione che in classe ci dicono: “Ragazzi, c’è un progetto che il Consorzio di bonifica di Latina ci vuole affidare: ristrutturare l’Ospedaletto della malaria che si trova sulla Migliara 48. Per chi non lo sapesse l’Ospedaletto fu affidato alla Croce Rossa Italiana nel 1935 e doveva provvedere alla tutela sanitaria dei lavoratori e alla difesa antimalarica dell’Agro pontino. Che ne pensate? Vogliamo aderire al progetto?” Che dire, ad un tratto mi sono tornate alla memoria tutte le storie che i miei nonni mi avevano raccontato, del fascino che avevano avuto per me, della fatica e del dolore che io, anche se bambino, avevo recepito dalle loro parole………. e fare qualche cosa, oggi, per ricordare quella generazione che ha lottato e lavorato per noi mi sembrava una cosa non solo bella ma doverosa. Una piccola cosa per poter dire a tutti loro: grazie.
Valletta Oreste 5^ A P5
Un momento della conferenza stampa del 14/03/2013
L’Ospedaletto della malaria realizzato nel 1935 sulla Migliara 48
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Vita della Scuola Eventi, attività e progetti
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La nostra visita ai laboratori nazionali del Gran Sasso LNGS
FISICA SOTTERRANEA Sia le strutture esterne che quelle sotterranee dei Laboratori Nazionali del Gran Sasso si trovano nel Parco Nazionale del Gran Sasso e dei Monti della Laga. Per dimensioni e ricchezza della strumentazione scientifica, i Laboratori nazionali del Gran Sasso (LNGS) sono il centro di ricerca sotterraneo più grande e importante del mondo. Sono stati progettati e costruiti con lo scopo di sfruttare la protezione dalla radiazione cosmica, garantita dagli oltre millequattrocento metri di montagna sovrastanti, e rendere così possibile lo studio di particelle altrimenti difficilissime da osservare. I LNGS sono finanziati dall’Istituto Nazionale Di Fisica Nucleare (INFN), l’ente che in Italia coordina e finanzia la ricerca in fisica nucleare, subnucleare e astroparticellare. L’idea di dotare l’INFN di un grande laboratorio sotterraneo, dedicato alla fisica fondamentale nasce nel 1979 grazie ad Antonio Zichichi, all’epoca Presidente dell’INFN. Le opere di scavo per la costruzione delle sale sotterranee, iniziate nel 1982 costarono 77 miliardi di lire. Nelle suddette sale la temperatura si aggira attorno ai 6-7°C e l’umidità sfiora il 100% durante tutto l’anno.
Vitelli Gabriele 5^ A Mc
Nell’immagine si può osservare il mastodontico carroponte da 40 tonnellate, una meraviglia meccanica! In lontananza si vede anche rilevatore ICARUS
Nella foto si può vedere OPERA , un enorme apparato sperimentale dove si possono rilevare le interazioni dei neutrini
A lato la V^ A meccanica davanti al rilevatore ICARUS, dotato di elevatissima precisione nel rilevare neutrini.
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Vita della Scuola Eventi, attività e progetti
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Ciò che (mi) resta della città della scienza L’incendio che ha distrutto lo scorso 4 Marzo la Città della Scienza ha cercato di bruciare anche il diritto di tutti di conoscere, di andare avanti, di crescere nella cultura della legalità, di avere la speranza per un domani diverso. Ha cercato, ma noi non vogliamo credere che possa riuscirci. Per questo il nostro istituto intende organizzare una giornata della solidarietà al fine di dare un contributo alla ricostruzione non solo materiale della Città distrutta, ma anche al consolidamento di tutti quei valori che animano chi lavora ogni giorno per il progresso e la civiltà.
Ciò che (mi) resta della città della scienza I ricordi che mi legano alla Città della Scienza sono in gran parte personali, sotto certi aspetti romantici, un po' decentrati rispetto al luogo di interesse, crescita e formazione che essa rappresenta. Città della scienza si trova nella zona ovest di Napoli, a pochi km da Pozzuoli, a due passi dal mare, dalle vetrate dei suoi edifici appariva nitidamente Nisida, l'isola che ospita il carcere minorile e una base NATO e per questo inaccessibile e praticamente sconosciuta a gran parte dei napoletani. Anch'essa si trova piuttosto decentrata rispetto al cuore pulsante della città e come molti napoletani, anch'io ho sempre guardato alla Città della Scienza con orgoglio e distacco, allo stesso modo di altre realtà di pari o superiore prestigio, Pompei, ad esempio. Questi luoghi, insieme a tanti altri, pur non entrando direttamente nella vita quotidiana dei cittadini hanno una funzione di sostegno civile, culturale persino morale, sono cioè un faro che illumina da lontano il cammino che hai davanti e che ogni napoletano, tiene sott'occhio certo che non si muoveranno da lì e vi rimarranno anche quando non ci saremo più, per tutto il tempo di un'ipotetica eternità. Se un giorno qualcuno, per qualsivoglia ragione, distruggesse Pompei, sarebbe come portarci via non solo un pezzo di storia, ma una delle poche certezze che ci restano. Eppure la città della scienza è stata distrutta e da chi non importanza visto che da quel giorno abbiamo tutti qualcosa in meno, compreso loro. Abbiamo una certezza in meno ed un peso in più sulle nostre già fragili spalle, un peso che diventerà ancora più fastidioso quando scopriremo che le ragioni del gesto sono ancora una volta dettate da meschini interessi economici. Ricordo che prima che nascessero gli edifici della Città della Scienza, la zona era interamente occupata dall'Italsider, un mostro di lamiere e fumaioli che produceva acciaio per mezzo mondo. Dall'alto della collina di Posillipo, dove mio padre mi portava con la bici, si vedeva il fumo salire ininterrottamente, creando un'atmosfera quasi surreale, un panorama fatto di mare, di verde, e di ciminiere sbuffanti. In certe giornate particolarmente nitide era comunque bellissimo. Molti anni dopo, quando la città della scienza funzionava a pieno ritmo e accoglieva migliaia di visitatori e l'Italsider era ormai quasi del tutto sparita, dall'altra parte della visuale, a due passi da Nisida, lungo una striscia che collega l'isola alla terraferma(vedi foto) si poteva ammirare tra le macerie industriali che ancora rimanevano la bella cupola col planetario, la maestosa sala convegni e gli altri edifici illuminati che davano il senso di un mondo migliore, di trovarsi di fronte ad un nuovo panorama, ed eravamo orgogliosi che questa volta non avevano vinto i soliti affaristi di sempre, ma che finalmente si fosse costruito qualcosa che era un esempio di civiltà, di ingegno e di buona volontà per tutti. Per quelli che vanno e per quelli che restano.
Prof. Giuseppe Bettoliere
Anno VIII — numero 1
Filo diretto con il mondo degli ANTA Per confrontarci
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La gioventù dei mitici anni ’80 e quella di oggi Questo mese pubblichiamo l’intervista rilasciataci dalla mamma di uno di noi, Cristina, alla quale abbiamo chiesto di parlarci di quando aveva la nostra età e di confrontare il periodo della sua adolescenza con i nostri anni. Con il passare degli anni il modo di pensare e di agire dei giovani si è venuto a modificare… Su quali principi e criteri di basava la vostra morale, quali motivi vi spingevamo ad adottare i comportamenti che vi caratterizzavano? …Volevamo il puro divertimento, la libertà, andare contro tutto e tutti, essere indipendenti, poter stare con gli amici ovunque. C’era molto più dialogo allora, ora invece non ci si incontra più nei famosi “giri”. Non pretendevamo molto dalla vita, a noi bastava solamente stare insieme, come ai giardinetti, tutti in cerchio seduti sull’erba ad ascoltare Armando e Davide che suonavano la chitarra. Adesso invece i ragazzi non sembrano più avere bisogno di incontrarsi e comunicare. Ci raccontavamo le nostre preoccupazioni, i sogni che avevamo, volevamo mettere insieme un po’ di soldi per partire ed andare in giro per il mondo… Ai giovani di oggi piace molto vestire alla moda, scarpe, jeans, magliette firmate, che magari voi non sempre potevate permettervi. Quanto soffrivate di tale mancanza? A noi, sinceramente non importava niente, escludendo quelli del giro in piazza, “i figli di papà”, che, a differenza nostra, portavano abiti firmati. Noi facevamo la moda con l’originalità dei nostri vestiti, mentre i ragazzi d’oggi sembrano tutti fatti con lo stesso stampo, sono tutti uguali, con gli stessi vestiti. Un piccolo consiglio alla gioventù del XXI secolo? Essere più rispettosi, avere più rapporti umani e meno virtuali e non essere tutte pecore, tutti uguali, cercare di avere ognuno le proprie idee.
Gianluca Piro II^ F
Da Latina al mondo Pagina 10
Conosciamo i nostri cittadini di Latina che si sono distinti nel mondo della cultura, delle professioni, dello sport
Il Cannocchiale
Cervello in fuga per realizzare un sogno L’Italia è piena di ottimi ricercatori che devono però fare i conti con le poche risorse a loro disposizione e che sono quindi costretti a trasferirsi all’estero. Questo mese conosciamo Italo Tempera, 35 anni, di Latina, che, dopo essersi brillantemente laureato in Biologia all’Università La Sapienza e aver conseguito il dottorato, si è trasferito a Philadelphia, dove fa ricerca nel campo della microbiologia e insegna alla facoltà di medicina. Da quanto tempo è negli USA? Sono negli USA, e in particolare a Philadelphia dall’aprile del 2007. Lei è stato spinto ad emigrare nel “nuovo continente”? Spinto non direi. Piuttosto mi sono trovato di fronte ad una situazione in cui per continuare a fare quello che ho sempre sognato ovvero il ricercatore, l’unica possibilità era andare via dall’Italia e trasferirmi negli USA. E’ stato difficile adattarsi? All’inizio un po’ di problemi ci sono stati. La lingua sicuramente è stato lo scoglio più difficile, considerando che il mio inglese era a livello scolastici. Poi il doversi confrontare con una nuova cultura, con una nuova organizzazione sociale. Però poi sono bastate poche settimane e alla fine tutto è andato apposto. E in questo aiuta sicuramente il fatto che la società americana è una società multiculturale e gli Americani stessi sono abituati ad avere a che fare con persone che provengono da altri paesi. Secondo lei è più difficile vivere negli USA? Difficile no, diverso sì. Ovviamente la vita in America, per lo meno sulla base della mia esperienza, è completamente diversa dal sistema di vita italiano. Per certe cose è meglio, tipo l’organizzazione e il grande senso civico che hanno gli Americani; dall’altra invece andrebbe migliorata, tipo riguardo al divario che c’è fra le diverse classi sociali, l’assenza di una sanità pubblica, etc. Secondo lei negli Stati Uniti sia il lavoro che il lavoratore sono tutelati? Se intendiamo il tipo di tutela che abbiamo in Italia, allora la risposta è no. Tuttavia, il sistema è talmente diverso che un paragone non è totalmente possibile. Bisogna considerare anche che ci sono differenze culturali non indifferenti fra l’Italia e gli Stati Uniti. Ad esempio mentre il Italia il posto fisso è l’obiettivo principale di qualsiasi lavoratore, in America pensare di lavorare per sempre nello stesso posto non è un’attrattiva esaltante, anzi. Gli Americani, grazie a un mercato del lavoro più aperto del nostro, cambiano lavoro di continuo. In America si cerca di ottenere sempre un lavoro migliore, di progredire e di fare carriera. Secondo lei le Università italiane possono essere comparate a quelle americane, oppure sono a un livello inferiore? Dipende di quali università parliamo. Se parliamo di Harvard, o Yale, o Princeton allora la risposta è che sono superiori a quelle italiane. Queste sono Università che hanno una qualità tale da essere le top del mondo. Tuttavia va anche detto che queste sono Università private la cui retta costa moltissimo. Al contrario le Università italiane sono pubbliche e fra queste alcune sono ottime. Sicuramente in generale le Università americane sono dotate di maggiori mezzi sia economici che tecnologici. Ma alcune Università italiane compensano alle carenze con ottimi docenti. Negli USA una persona che viene da fuori, in cerca di lavoro, ma volenterosa di crescere nel suo settore come viene vista? Negli USA si viene giudicati sulla base delle proprie qualità. E’ un sistema fortemente meritocratico dove le persone migliori fanno carriera. Quindi se una persona è brava e volenterosa negli USA viene tenuta in grande considerazione. Lei svolge un lavoro di ricercatore. Dunque, come in tutti i campi, la ricerca deve essere finanziata dallo stato. Lo Stato le riconosce il lavoro che svolge? La mia ricerca è finanziata al 100% con soldi dei contribuenti americani. Gli stati uniti si rendono conto che per essere competenti a livello mondiale bisogna investire nella ricerca. E quindi lo stato finanzia tutti quei progetti di ricerca che possono rappresentare un avanzamento delle conoscenze non solo della nazione ma del mondo. Cosa dovremmo “copiare” noi Italiani dal popolo americano? Dovremmo copiare due cose. La prima è il senso civico che gli Americani hanno, e in particolare il rispetto degli altri e delle regole,. Il secondo è la meritocrazia. Il fatto che non conta chi sei ma quello che sai fare e come lo sai fare. Purtroppo temo che noi italiani siamo bravi a copiare solo i lati negativi degli USA. Sentirsi un “cervello in fuga” dal proprio paese come la fa sentire? Orgoglioso o un po’ amareggiato? Questa è una bella domanda che mi pongo anche io spesso e la risposta devo dire non è mai univoca. Se penso a me stesso, a quello che sono riuscito a fare qui e ai risultati ottenuti dalla mia ricerca, allora sono decisamente orgoglioso. Quando poi però penso che per avere questa opportunità sono dovuto emigrare perché nelle Università italiane senza raccomandazione di qualche barone non si riesce a fare carriera, allora provo tanta rabbia. Anche perché le cose non cambiano, anzi.
Alessio Di Ciolla 3^ A En
Il Cannocchiale
Il Nodo della questione Domande in attesa di risposte
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ESSERE O AVERE ? Essere o avere? Viviamo in una società dove non si punta ad emergere per i propri valori o ideali, ma anzi si tende sempre più a seguire falsi miti o “mode” solo perché lo fa la massa e si crede che così si può diventare migliori e stare su un gradino superiore o per lo meno pari agli altri. Con l’espressione “ seguire le mode” intendiamo dire che aumenta sempre l’abitudine dell’uomo di pretendere e comprare cose che a volte sono al di sopra delle proprie possibilità oppure non rappresentano ciò che uno veramente è. Come affermato dallo psicanalista Erich Fromm l’uomo preferisce apparire più che essere se stesso! Questo avviene anche perché si è sempre è più insicuri di se stessi e si ha paura di essere emarginati dalla vita sociale e quindi di non avere successo con gli altri. Il desiderio di successo è strettamente legato alla voglia di apparire per quello che si ha, perché si punta all’individualismo e al materialismo, cosa che una volta non accadeva. Basti pensare ai nostri nonni a cui era sufficiente avere una casa in cui dormire e mangiare, un lavoro che dava modo di vivere in modo sano e onesto e se poi, oltre a queste cose, si aveva anche una famiglia, era il massimo della vita. Noi tutti sappiamo che per vivere si ha bisogno di beni materiali, ma a volte si cade nella degenerazione di ciò, nel desiderio di avere sempre di più, di non accontentarsi, si diventa egoisti. E tale egoismo porta alla mancanza di rapporti umani veri, alla solitudine dell’individuo che non può trovare conforto in ciò che possiede in quanto se ha un vuoto dentro, esso può essere colmato solo da sentimenti che sono la vera ricchezza dell’uomo, quali l’amore, l’amicizia, la gioia di vivere. Un uomo può perdere tutti i propri beni materiali ma rimanere pur sempre un essere umano degno di questo nome, ma ciò non accade se perde la propria dignità e la propria anima. Alessandro Barca Amedeo Zannella Mario Di Maggio 5^ A Elettronica
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Il Nodo della questione Domande in attesa di risposte
Anno VIII — numero 1
L’Eroismo esiste ancora? Nel corso della storia la figura dell’eroe è stata sempre molto importante, significativa ma anche diversa per ogni epoca: dall’Ulisse del poema omerico ai gladiatori, dall’Orlando della Chanson de Roland a Garibaldi e ai Mille , per poi finire all’eroe moderno ovvero quello di tutti i giorni, una persona come tante altre che si distingue . Certo, se pensiamo a una figura come quella dell’Orlando ci rendiamo conto come essa sia costruita su schemi rigidi che creano il perfetto guerriero e il perfetto cristiano per cui la morte non è un evento tragico e inaspettato ma un evento significativo paragonabile a un rituale dalla fine esemplare di un percorso ideale. Tutti questi valori sono andati vanificandosi con il progredire della cultura e del razionale, portando a una netta distinzione tra terreno e ultraterreno. Il progresso ha sostituito alcuni primitivi meccanismi di valutazione e ha portato a valorizzare maggiormente chi ha un buon capitale. Insomma anche le figure del cavaliere e dell’eroe sono state malleate e plasmate da un sistema sempre più incentrato a conferire il potere a chi ha e non necessariamente a chi sa o è. Un eroe ancora vicino a noi è il rivoluzionario Ernesto “Che” Guevara, che ha voluto combattere per la libertà del proprio popolo, pensando a cosa poteva fare per il bene della sua gente e dei suoi compagni, pur sacrificando la propria vita e il proprio futuro. La figura dell’eroe dei giorni nostri è ormai molto distante da un nobile cavaliere disposto alla morte per i propri ideali e talvolta il termine viene utilizzato con una frequenza mortificante. L’eroe era nato per essere un punto di riferimento da seguire per chi vuole realizzare i propri sogni e inseguire i propri ideali, magari rendendo anche migliore questo mondo, mostrando che ogni cosa, anche la più improbabile, si può avverare. Per i giovani è molto difficile trovare qualcuno che lo rappresenti. Perciò si nascondono in delle figure che di “eroico” hanno poco: solitamente è il ricco oppure il calciatore, altre volte, se si vuole esagerare, si identificano in un teppista qualunque che infrange la legge. Nonostante ciò anche oggi esistono eroi ma di diverso genere. Possono definirsi tali i benefattori che contribuiscono a salvare e preservare i beni per noi più preziosi, come gli animali e la natura, le persone che dedicano la propria vita a salvare vite umane come i medici e i vigili del fuoco, coloro che attraverso associazioni aiutano il terzo mondo. Non è più la forza fisica che influisce sul nostro giudizio bensì la forza puramente interiore , la forza che uno ha dentro di sé , la forza di farsi valere. L’eroe di oggi , possiamo facilmente ritrovarcelo in qualsiasi momento affianco mentre attraversiamo la strada , è l’operaio di qualsiasi età . Egli magari è costretto a lavorare da mattina a sera rischiando di perdere il posto da un momento all’ altro ( a causa di un’economia “malata” di chissà quale malattia ) e molte altre volte la sua stessa vita ; tutto questo soltanto per arrivare a fine mese e per portare a casa quel poco che basta per sostenere la famiglia . Pensiamo poi a tutte quelle persone che per motivi di salute, non possono vivere a lungo, oppure sono penalizzate nella vita quotidiana. Ne abbiamo conosciute varie, che pur avendo un brutto male non si arrendevano e sorridevano alla vita come se non fossero malate. Per noi è eroe chi ha perso o perde la vita per difendere la sua patria, la sua comunità. È eroe anche chi cerca l’innovazione e quindi trova delle soluzioni per farci vivere meglio, e poi si viene a sapere che in circostanze misteriose l'hanno ucciso. Proprio qualche settimana fa, su Internet, abbiamo visto un video nel quale si parlava di un tizio, che avendo scoperto dei motori magnetici (quindi zero inquinamento) iniziò a lottare con la burocrazia per metterli in commercio, o meglio, per farli conoscere alla gente, ma non ci riuscì perché venne ucciso, perciò il progetto non andò più avanti. In definitiva c’è da dire che il miglior “ ritratto “ dell’eroe non deve essere sempre individuato in colui che è forte fisicamente ma bensì in quella persona che rischia tutto o quasi per il bene comune .
I Ragazzi della 3^ A En
Il Cannocchiale
L’Angolo della Creatività racconti, poesie, disegni e….altro
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Un sogno coronato Jennifer è una ragazza di diciannove anni, vive a Latina, ha da poco terminato i cinque anni di liceo ed ora desidera intraprendere gli studi di di ri tto i nte rn a zion al e p re sso l’Università privata LUMSA di Roma e coronare il sogno di diventare un magistrato. Jennifer comunica alla madre e al fidanzato Alex la decisione presa, con disappunto della prima, che, contrariata, finisce comunque per acconsentire indicando alla figlia di tirarsi su le maniche, trovare un appartamento a basso prezzo, assicurarsi che non sia alla sola ad abitarlo, così da poter dividere le spese. Senza esitazione Alex, pronto a seguirla, anche in capo al mondo, decide di seguirla nell’avventura, ponendo così fine alla sua vita di pendolare. Il padre di Jennifer, uomo legato alle antiche tradizioni, venuto a conoscenza della decisone della figlia, mostra subito se non disapprovazione, il timore che la ragazza incomba nella
situazione di tante coetanee che, non riuscendo ad affrontare gli studi troppo impegnativi, finiscono per adattarsi a fare lavori diversi da quelli per cui avevano studiato, senza riuscire a diventare ciò che desideravano. Jennifer e Alex, salutate le rispettive famiglie, partono e si trasferiscono presso il nuovo appartamento dove ad attenderli ci sono due coinquilini, Beatrice e Gianmarco. Dopo appena tre giorni, Jennifer sente già il bisogno di raccontare per telefono alla madre tutto quello che le accade, di parlarle degli amici e dei professori conosciuti, degli argomenti di studio trattati… Oggi Jennifer ha ventinove anni e ricopre il ruolo di magistrato a livello internazionale, è single, ed ora che il suo sogno si è realizzato, grazie all’impegno e alla costanza mostrati, il suo desiderio è di viaggiare e praticare il proprio mestiere per il mondo. Gianluca Piro 2^ F
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Il Cannocchiale
Storie di altre ……..scuole C’era una volta un pizzaiolo napoletano bravissimo! Lavorava la pasta con grande maestrìa e accortezza e dalle sue mani uscivano delle pagnottelle morbide e leggere, pronte a diventare delle pizze gustosissime. Il nostro Mimmo aveva imparato a fare le pizze a Nisida, nel carcere minorile, e quella era l’unica cosa verso la quale, in quel contesto, si era dimostrato disponibile. Nei due anni che vi aveva soggiornato prima di compiere i fatidici diciotto anni ed essere trasferito a Poggioreale, aveva piano piano imparato che la bontà della pizza stava nella pasta e che la buona pasta a sua volta era il risultato di un insieme di elementi che cambiavano a seconda del luogo e delle stagioni. La quantità di sale, per es., era proporzionale al tempo di lievitazione che cambiava secondo il clima e le stagioni. Se la giornata era fredda e umida, la lievitazione era più lenta, la pasta tendeva ad ammassarsi e quindi in questo non bisognava esagerare con il sale,ma bastava un buon lavoro di polso per ammorbidire bene l’impasto. Viceversa, d’estate e con il caldo, la pasta tendeva a lievitare velocemente e quindi occorreva un po’ di sale in più e un pizzico di lievito in meno. Queste cose gliele aveva già raccontate suo nonno, che faceva il pizzaiolo da una vita, ma non avrebbe mai creduto che potessero ritornargli alla mente tanto lucidamente e con tale precisione durante il suo, non breve, soggiorno in carcere. Ci aveva pensato e ripensato, ripensato quasi notte giorno perché il carcere è duro da sopportare e se non hai qualcosa cui aggrappare la mente è finita davvero. Quello che più lo attirò di questo mestiere fu la morbidezza con la quale la pasta della pizza cedeva sotto la pressione dei polsi, a differenza di lui che invece non cedeva mai. A lasciar definitivamente sbocciare il suo amore per la pizza fu poi una leggenda, che un educatore di Nisida, una volta prese da un libro e gliela raccontò. Secondo questa leggenda la pizza era il piatto preferito di un principe arabo, che a differenza di molti nobili di quel tempo, aveva solo due passioni, sua moglie,alla quale restò fedele per tutta la vita e la pizza, la marinara, che faceva preparare dal suo cuoco personale e la serviva insieme ad altre pietanze ogni volta che aveva un ospite. Fu proprio questo cuoco, che lasciò il regno quando il principe fu ucciso in complotto per il potere, a portare a Napoli questo piatto che subito colpì la fantasia dei napoletani. Quando Mimmo divenne maggiorenne fu trasferito al carcere di Poggioreale dove non poté allenarsi, e perse un po’ il polso per lavorare la pasta, ma pensò a lungo a questa storia del principe e non aspettò che il momento di riacquistare la libertà per poter riprendere ad ammorbidire la pasta e magari lavorare in una vera pizzeria dove c’erano clienti che avrebbero gustato le sue pizze e, si augurava, compreso la passione che era nata in lui. Da più di dieci anni ormai Mimmo lavorava in una pizzeria, nel frattempo si era sposato e aveva avuto anche una bambina, ma di pizze vere e proprie, con suo gran dispiacere, sentiva solo l’odore. Era addetto al forno e con la pala infornava e sfornava pizze, belle, morbide e profumate, ma non come quelle che faceva personalmente a Nisida, che erano davvero un’altra cosa. Il padrone non gliele lasciava fare per un motivo che a dire il vero, per molto tempo gli sembrò persino ridicolo, ma che poi negli anni a venire, soprattutto dopo la nascita della prima bambina, diventò fondamentale nella sua vita. Il padrone non lo lasciava mettere dietro il banco delle pizze perché Mimmo non sapeva leggere nè scrivere e non avrebbe compreso gli ordini che i camerieri portavano velocissimi dai tavoli su fogli di carta direttamente al banco non riuscendo di conseguenza a distinguere che tipo di pizza doveva preparare . Ora si pentiva di quella sua acerba ostinazione, perché in carcere tante volte gli educatori si erano dimostrati disponibili ad insegnargli a leggere e scrivere, ma, a quel tempo, non credeva che l’istruzione, una volta fuori, gli sarebbe servita a qualcosa. Ora viene a scuola tutte le sere. Nel nostro CTP nel centro di Napoli. Ha trovato dei simpatici professori che hanno volontà e pazienza e un giorno uno, un giorno un altro, ogni volta si siedono accanto a lui e lo aiutano ad imparare a leggere e scrivere. <Che storia! >, pensa a volte, mentre inforna le sue amate pizze. Uno di noi gli ha preparato al computer tanti piccoli fogli con su scritto il nome e persino gli ingredienti delle principali pizze napoletane. Le prime parole che imparò seriamente a leggere furono proprio quelle. Finalmente seppe distinguere una margherita da una marinara, una capricciosa da una quattro stagioni e quei bigliettini che gli volavano sotto il naso in pizzeria ora non gli facevano più paura come prima. Mimmo da quel giorno però non si vide più a scuola e non avemmo più sue notizie. Pensammo comunque di essere stati fortunati a condividere questo suo bellissimo sogno.
Prof. Giuseppe Bettoliere
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La voce di una madre Mi ricordo quel giorno come se fosse ieri, ero molto felice di quel che mi stava per succedere, ero in attesa del mio secondo figlio, ma non avevo ancora considerato che c’era un piccolo dettaglio non calcolato. Nel paese dove vivo io, ovvero la Cina è proibito dalla legge avere un secondo bambino. Ancora non sapevo cosa fare, ma la gioia in quel momento era l’unico sentimento che mi sovrastava e non pensavo ad altro. Seguirono a quel giorno altrettanti molto difficili. Io appartenevo a una famiglia modesta, mio marito aveva un lavoro tutto sommato ottimo il quale ci permetteva di arrivare dignitosamente a fine mese. Avevamo un figlio, Peter, che era nato cinque anni prima, e ancora non era in grado di capire tante cose. Io che lavoravo in una piccola fabbrica, dopo la nascita del piccolo avevo deciso di licenziarmi e dedicarmi completamente a fare la mamma. Io e mio marito avevamo sempre desiderato avere una bambina, però al primo tentativo non eravamo riusciti. Come dicevo nel nostro paese vige una legge che, a causa del sovrappopolamento, consente la nascita di un figlio a famiglia. All’inizio non avevamo preso in considerazione tutti i problemi che in seguito ne vennero. Ho nascosto la gravidanza per non far sapere a qualcuno dell’accaduto, ci è costato molti sacrifici, ma poi per fortuna alla fine dei nove mesi ho finalmente dato alla luce una bambina che abbiamo chiamato Lucy. Questo è un sollievo, ma adesso dobbiamo proteggerla dalle persone che non la vogliono in quanto siamo pienamente andati contro la legge . Ho scritto questa lettera per le generazioni future, per dire a tutti di credere nei propri ideali sempre, a costo di andare contro la legge, a costo della propria incolumità, perché bisogna difendere ciò che è giusto, anche perché a volte la legge va rivista perché le cose che si impongono come giuste non sono sempre veramente giuste.
Jacopo De Santis 2^ F
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SOLITUDINI L’amore si sa ci prende a tutte le età. Ogni volta ci emozioniamo come la prima volta e nelle sue svariate forme ci rende più accettabile la vita. L’amore è la cosa della quale parliamo più volentieri ed è per questo che essere originali in amore è paradossalmente una delle cose più difficili che ci siano. Amiamo perlopiù come amano tutti, anche quando(quasi sempre) ci sentiamo unici e troppo spesso parliamo d’amore come parlano tutti. E ci sentiamo unici. Adoro tutto ciò che intelligentemente sfida il senso comune. Chi sa scartare la parola giusta dal mazzo dei luoghi comuni. Sono stato sempre così. Poi capita che aprendo un libro di antologia ci trovi una carta che salta fuori dal mazzo. Qualcosa che non conoscevi.(perché no, mica i prof. sanno tutto!?) o , più semplicemente qualcosa che ti continua a parlare all’orecchio, anche dopo. Nei giorni seguenti. Mi capita che sono settimane che ci penso. Le poesie d’amore a differenza delle canzoni o te le vai a cercare o nessuno te le canta. Così capita che leggendo in classe una poesia come quella che segue fai anche tu una scoperta (forse due). Scopro che insegnare è imparare. E che l’amore continua a stupirmi, senza essere banale.
Fu quel segno bianco che mi vinse e m’inseguì senza tregua,fu l’odore di donna che canta in mezzo ai fiori e poi l’abbandono con cui mi abbracciavi e io cadevo nel fondo nel mare, salivo su archi di violino. Fu la forma delle tue mani a tramortirmi. O forse la pochezza del mio spirito.Fu che la solitudine è sporca e s’appiglia al primo bacio. (Dante Maffia)
Lo so è triste, ma le cose a volte vanno proprio così. E’ pur sempre amore.
Prof. Giuseppe Bettoliere
La redazione del giornale ringrazia tutti coloro che hanno contribuito alla realizzazione di questo numero de “Il Cannocchiale” dando appuntamento per il mese prossimo
Anno VIII — numero 1
I Segreti di Psyche Per conoscere la nostra mente
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QUANDO E’ LA PRIMA IMPRESSIONE QUELLA CHE CONTA Quante volte ve lo siete ripetuto nella vita scolastica? ”Quello ha preso sette al primo compito e il prof. continua a mettergli sette comunque…” “Io ho preso quattro alla prima interrogazione e per arrivare al sei devo fare i miracoli!” Ebbene…Qualche volta va davvero così, anche se dovremmo “impegnarci” a ragionare in modo diverso. Tutta colpa dei professori? No, colpa dell’effetto iniziale, come lo chiamano gli psicologi. Non che vogliamo giustificare nessuno, ma capita di certo anche a voi: conoscete una persona_ un compagno, di classe, un insegnante, un vicino_ e di primo acchito vi sta antipatico. A volte, qualunque cosa fa rimane tale, altre volte cambiate idea, ma molto lentamente. Da cosa dipende? Da quel complesso meccanismo che è la nostra mente, la nostra psyche, come la chiameremo d’ora in poi. Dovete sapere che per le sue leggi a volte bizzarre e incomprensibili, la percezione che abbiamo degli altri ( percezione sociale, come si dice nel linguaggio specifico) si base spesso su impressioni. Noi andiamo letteralmente a caccia di impressioni che riflettano le caratteristiche essenziali di una persona e quando le abbiamo messe a fuoco le usiamo come punti di riferimento. Ora, per gli psicologi che si occupano di questo ( un nome per tutti, Solomon Asch) non c’è dubbio che….La prima impressione è quella che conta! La prima idea che ci facciamo di una persona è quella che resiste di più, che tende a mantenersi nel tempo. Per questo a volte gli alunni che ottengono voti alti all’inizio dell’anno, hanno maggiori probabilità che il professore conservi una buona impressione di loro rispetto a quegli alunni che hanno avuto risultati scadenti o mediocri all’inizio e che poi hanno progredito costantemente. E’ difficile far cambiare idea agli altri, una volta che essi si sono formati un’opinione. Lo vediamo nella vita di tutti i giorni, a volte la cosa ci fa arrabbiare, altre volte può giocare a nostro favore. Non ci sembra giusto, ma noi stessi cadiamo nello stesso errore. E allora? Dobbiamo arrenderci? Assolutamente no, ma conoscere i segreti della nostra psyche deve servirci per migliorare noi stessi e capire gli altri, per essere qualche volta più severi con noi e più tolleranti con chi sbaglia.
Prof.ssa Adriana Marucco Il nostro giornale è scaricabile dal sito nella sezione: “Giornale d’istituto” http://www.iisgalileisani.it
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I Segreti di Psyche Per conoscere la nostra mente
Il Cannocchiale
DEPRESSIONE, SALVATI DAI VIDEOGIOCHI Vincere umor nero e pensieri molesti combattendoli sullo schermo di un computer: è la filosofia di Sparx, un programma di self help per ragazzi che soffrono di depressione lieve moderata. E' stato realizzato un videogioco in 3D nel quale giovani guerrieri combattono contro i mostruosi Gnat (ovvero: Gloomy Negative Automatic Thoughts, pensieri cupi e negativi fuori controllo). Secondo un articolo del “British Medical Journal”, il gioco, ha dato buoni risultati in una sperimentazione che ha coinvolto 187 adolescenti in 24 centri di assistenza. I pazienti che hanno utilizzato Sparx sono risultati meno depressi e con meno pensieri ansiosi di quanti hanno seguito una psicoterapia. E il 44 per cento dei ragazzi che hanno giocato almeno fino al livello 4 è stato considerato guarito, rispetto al 26 per cento di quanti hanno seguito una psicoterapia. Sono risultati che dovrebbero indurre a usare con ancora più cautela gli psicofarmaci per curare i giovanissimi: Un adolescente su quattro avrebbe assunto psicofarmaci almeno una volta nella vita, spesso senza prescrizione medica. Un programma di self help come Sparx potrebbe essere un' alternativa economica e facilmente gestibile: è basato sui principi della psicologia cognitiva comportamentale, e strutturato in sette moduli corrispondenti a sette livelli di gioco che si possono completare in 4/7 settimane imparando a controllare le proprie emozioni; l' avatar di ciascun giocatore si muove in un' ambientazione fantasy combattendo mostri o altri ostacoli che simboleggiano i pensieri negativi o la difficoltà di gestire le emozioni o di affrontare le difficoltà.
Fabio Viccione 4^ A Mc
Il Cannocchiale
Nella Valigia della Storia “Scoop” e curiosità di eventi e personaggi
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La bici… una continua evoluzione La storia farebbe pensare che fosse Leonardo Da Vinci ad ideare il primo prototipo di bicicletta dato che è stato ritrovato un suo disegno sul foglio 133 del Codice Atlantico, ma questo disegno non è affidabile perché sono rappresentati pedali, manubrio e catena che compariranno trecento anni più tardi. Il vero inventore fu il conte francese Mède de Sivrac attorno al 1790-1791. Egli la usava per le sue passeggiate nel Bois de Boulogne, era fatta interamente il legno e pesava circa mezzo quintale, non aveva ne pedali ne manubrio e veniva usata a spinta, Il conte la chiamò proto-bicicletta “celerifero”, dal latino celer (veloce) fero (trasporto), ma era come un cavallo in legno con due ruote. In seguito un nobile tedesco aggiunse un sedile e un manubrio che permise di far sterzare la ruota anteriore. Venne chiamata draisina, con queste biciclette iniziarono le prime competizioni con i migliori corridori. Ma siamo ancora lontani dalle attuali biciclette. Poi si mise a punto una trazione senza pedali e catena, che usava un sistema di bielle e stantuffi per trasmettere la forza muscolare alla ruota, ma non ebbe successo. La trazione delle bici si spostò sulla ruota anteriore ed iniziò l’epoca dei velocipedi. Quest’idea fu di un carrozziere che ebbe l’intuizione di aggiungere delle pedivelle al mozzo della ruota anteriore, così facendo un giro di pedali corrispondeva ad un giro della ruota, ma per raggiungere grandi velocità bisognava aumentare il diametro delle ruote, ciò portò i ciclisti a quasi due metri di altezza correndo grandi rischi. Su questi modelli chiamati bicicli,
furono sperimentati i primi modelli dei freni ma essi erano fatti di ferro come le ruote e quindi non erano molto efficaci. Data la pericolosità di questi bicicli furono prodotti i primi tricicli destinati alle signore, questi furono i primi modelli di tandem apparsi nel 1896. Intorno al 1885 la cosiddetta safety bike riportò il ciclista a “terra”, questo grazie alla prima introduzione di una trasmissione tra pedali e ruota. La ruota non necessitava più grandi dimensioni perché la propulsione della pedalata veniva fornita dal rapporto di trasmissione. Anche le trasmissioni furono sperimentate, si passò dalle leve agli ingranaggi epicicloidali, ma a rivelarsi vincente fu la catena anche se agiva ancora sulla ruota anteriore. Fu l’ingegnere Henry Lawson a spostarla sulla ruota posteriore nel 1879. Un'altra innovazione sono le ruote pneumatiche inventate da Dunlop nel 1888, mentre nel 1891 furono lanciati i pneumatici scalzabili dalla Michelin. Quindi l’evoluzione della bicicletta alla fine del XIX secolo era quasi conclusa, ma altre soluzione continueranno e continuano tutt’ora ad essere sperimentate. In oltre la bicicletta è stata una chiave fondamentale nel campo della meccanica: basti pensare alla trasmissione a cardano, o alla Levocyclette che aveva un cambio composto da un complicato sistema di leve, quindi la bicicletta oltre ad essere un mezzo di trasporto molto pratico è stato anche una chiave fondamentale nel mondo della meccanica.
Giacomini Riccardo 4^ A Mc
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Rosso Passione Hobbies, miti e sogni nel cassetto
Anno VIII — numero 1
VENGO AL VOLO Gli scienziati sperimentano sempre più il volo umano individuale, e sempre più si avvicinano ad una risposta definitiva. Dalle auto con le ali ai razzi, dai multielicotteri ai piccoli aerei che si muovono a sciami. Fra pochi anni andremo al lavoro decollando. La Nasa ha studiato un tipo di aereo personale che noi tutti potremmo pilotare senza alcuna difficoltà per andare al lavoro. Il suo nome è “Puffin” (immagine a sinistra), che in inglese significa “pulcinella di mare”, una specie di uccello tipico delle zone nordiche. L’ideatore di tale progetto è Mark Moore, un ingegnere aerospaziale il quale ha avuto l’idea ispirandosi ad un missile. Le modalità di pilotaggio sono alquanto semplici: il pilota vi entrerebbe in piedi e decollerebbe verso il cielo mediante 2 motori a elica. Una volta raggiunta la quota desiderata, il velivolo si stabilizzerebbe in posizione orizzontale, con il pilota sistemato sulla pancia. L’atterraggio dovrebbe avvenire sulla coda, permettendo al pilota di uscire da Puffin in piedi. Esso presenta delle caratteristiche ecologiche, capace di percorrere oltre 70 km a 240 km/h grazie ad un motore elettrico. Un’ottima idea per arrivare al lavoro in tempo senza inquinare. Ma passiamo dalla teoria alla pratica. Yves Rossy, ex pilota di caccia svizzero, ha realizzato il suo sogno di “uomo volante” mettendo appunto un’ala in carbonio equipaggiata con 4 motori a getto, che gli consente di trasformarsi nel primo uomo-jet al mondo (immagine a destra). Rossy ha testato il suo prototipo lanciandosi da un aereo; una volta accesi i motori, egli varia la velocità con una manopola che regola gli alettoni, facendo variare la loro posizione e permettendo al “jet” di viaggiare fino a 300 km/h. Al termine della planata, ha aperto il paracadute scendendo dolcemente a terra. Tre anni fa Rossy ha attraversato la Manica coprendo la distanza di 35 km in 13 minuti. Questo “jet” permetterebbe a tutti di volare per divertirsi o per dribblare il traffico cittadino. L’idea dell’uomo che può volare diventa ogni giorno più possibile, insomma, un sogno che si avvera!
Leutrim Zogiani 4^ A Mc
Il Cannocchiale
Criticamente Recensioni di libri, film e spettacoli teatrali
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L’importanza di essere “quasi amici” Il film di cui vogliamo parlarvi è Quasi amici, del 2011, ispirato alla storia vera del tetraplegico Philippe e del suo aiutante domestico. Attraverso un lungo flashback, i protagonisti ripercorrono la loro storia dal primo giorno in cui si sono visti. La vicenda si apre con Dress, un uomo di colore proveniente dal Senegal, che si presente a casa di Philippe, che stava cercando un badante. Dress non aveva nessuna intenzione di trovare un lavoro, voleva come al suo solito ottenere un rifiuto da parte del potenziale datore di lavoro, al fine di mantenere il diritto al sussidio di disoccupazione. Philippe decide invece di assumere Dress per un periodo di prova. Inaspettatamente, tra i due nascerà un grande rapporto di amicizia e quando Philippe sarà costretto a cercare un altro badante, si accorge che nessuno poteva eguagliare Dress. Questo film è molto significativo perché ci fa capire che l’amicizia è una cosa importantissima, così come la fiducia verso gli altri visto che Philippe, che non poteva muoversi, deve fidarsi ciecamente del suo amico Dress.
Mattia Fiorini 2^ F
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Il Pianeta Sportivo Lo sport secondo noi
Il Cannocchiale
Uno sport antico quanto la storia L’equitazione è un’attività antichissima, che affonda le sue radici alle origini della civiltà umana. Il cavallo, il vero protagonista di questa splendida arte, è stato per millenni a fianco all’uomo, nella fatica del lavoro e nelle ferite delle battaglie. Ancora oggi rimane un ottimo amico, con cui condividere momenti speciali. Ed è proprio il fatto di avere a che fare con un altro essere vivente che rende l’equitazione uno sport molto particolare. Quando si è finito di allenarsi, non si può riporre il cavallo in uno scaffale, come si fa con una racchetta o un pallone, ma bisogna continuare ad accudirlo. Ciò rende più responsabili, attivi e motivati, ecco perché l’equitazione è usata anche a scopo terapeutico (in questo caso si parla di ippoterapia). L’ equitazione differisce dagli altri sport anche per il fatto che uomini e donne possono gareggiare nelle stesse categorie. Sono tantissime le specialità, da quelle più conosciute come il salto ostacoli, il dressage e il completo a quelle meno seguite come l’ endurance, una sorta di maratona a cavallo, l’ horseball, la palla canestro a cavallo, il polo, il volteggio, un mix di equitazione e ginnastica artistica, e moltissime altre. Il salto ostacoli è una disciplina olimpica in cui cavallo e cavaliere devono affrontare con coraggio e precisione una serie di ostacoli che variano dagli 80 cm ai 2 m di altezza nelle spettacolari gare di potenza. Anche il dressage fa parte delle olimpiadi, e i partecipanti devono dimostrare la loro affinità con varie figure di maneggio (circoli, diagonali, volte) e particolari movimenti (piaffe, che sarebbe un trotto sul posto, appoggiata, cambi di galoppo). Il completo, anch’ esso facente parte dei giochi olimpici, unisce dressage, salto ostacoli e crosscountry e celebra il binomio (l’ unione di cavallo e cavaliere) per eccellenza. La prova più spettacolare è il cross-country, in cui uomo e animale devono dimostrare coraggio e una cieca fiducia l’ uno nell’ altro, per affrontare i temibili ostacoli formati da tronchi, siepi, fossi ecc. Per concludere vorrei consigliare questa meravigliosa attività, adatta a tutti e a tutte le età. L’equitazione accontenta chiunque: è uno sport perché offre la possibilità di provare l’ adrenalina delle gare, è un hobby che permette di godere splendidi momenti da una prospettiva un po’ diversa, ma è soprattutto uno stile di vita.
Floriana Durante 1^ C Liceo Scientifico “E. Majorana”
Lo Strizzacervelli Per giocare e metterci alla prova
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Defin. Il naso nei prefissi
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Nella caselle colorate si leggerĂ un noto proverbio
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DEFINIZIONI: 1.Il nome di Bellini 2. Messi dentro - 3. Ci si avvolge il cioccolato - 4. Lo sferra il pugile - 5. Lo era Alessandro Magno 6. Produce un legno chiaro - 7. Approssimato alla perfezione - 8.Aggiustare - 9.Studia gli stemmi nobiliari.
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Completare correttamente la seguente successione numerica:
10; 19; 17; ?; 24; 11; ?; 7 A: 15; 7 ** B: 15; 31 ** C: 31; 7 ** D: 26; 31
Chi beve molto cura il proprio fisico; tutti coloro che fanno sport curano il proprio fisico; chi beve molto ha una bella pelle. Se le precedenti affermazioni sono vere, allora è certamente vero che: A: chi fa sport potrebbe avere una bella pelle B: chi cura il proprio fisico ha una bella pelle C: chi fa sport beve molto
“Il
Cannocchiale” Giornale dell’I.I.S.S. “.Galilei-Sani” di Latina
Piu Opportunità Per il tuo Futuro Via Ponchielli 04100 Latina Tel.: 0773/663325 Fax: 0773/479316 E-mail: isgalileisani@isgalileisani.it E-mail: ltis018006@istruzione.it PEC: ltis018006@pec.istruzione.it Web: www.isgalileisani.it Specializzazioni: Elettronica ed Elettrotecnica Meccanica - Meccatronica ed Energia Chimica, Materiali e Biotecnologie Grafica e Comunicazione Informatica e Telecomunicazioni Costruzioni, Ambiente e Territorio
Redazione: Direttore: D.S. Referenti:
Dott.ssa Laura Pazienti
proff.
Adriana Marucco Giuseppe Bettoliere Grazia Maddaloni
Graphic Design: prof. Paolo Zannella Web Publication : Sig.ra Anna Ronconi
La redazione ringrazia tutti coloro che hanno contribuito alla realizzazione di questo numero, dando appuntamento al prossimo mese