Viola Petrella Marta Iole Procaccio
PROCEDURE STAMINALI POST-SISMA proposta d’intervento per la rigenerazione urbana della città di Mirandola
Politecnico di Milano Scuola di Architettura e Società Corso di Studi in Scienze dell’Architettura Viola Petrella 761677 Marta Iole Procaccio 761435 Relatore Prof. Franco Tagliabue Correlatore Arch. Nina Bassoli Anno Accademico 2012-2013
In copertina, immagine di Matteo Rapini Questa tesi è stata stampata su carta riciclata.
“Quando ti metterai in viaggio per Itaca devi augurarti che la strada sia lunga, fertile in avventure e in esperienze.� K. Kavafis
A Dora
INDICE
Introduzione
I
ANALISI
1
Le origini della città Cenni storici dalla fondazione a oggi
3
Mirandola prima del sisma Il territorio di Mirandola Popolazione Economia Modello urbano
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Il sisma Le scosse I danni
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Prima
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emergenza Cos’è la prima emergenza La prima emergenza in Emilia La prima emergenza a Mirandola
Seconda emergenza Cos’è la seconda emergenza I container Le macerie Un giorno a Mirandola, sei mesi dopo
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Ricostruzione L’apparato giuridico I finanziamenti La ricostruzione a Mirandola Concorso d’idee: immaginaMIRANDOLA Un giorno a Mirandola, un anno e mezzo dopo
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STRATEGIA
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La Procedura Staminale Cellule Staminali Urbane Le funzioni I moduli La localizzazione Le fasi
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Conclusioni
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157 Suggestioni Red+housing, OBRA Architects Paper partition system, Shigeru Ban Container Temporary House, Shigeru Ban Villaggi Veloci, Cino Zucchi Iquique, Elemental Monte Stella, Piero Bottoni Winslow Farms Conservancy, Martha Schwartz Sudgelande National Park, Buros OkoCon+Ingo Kowarik Gleisdreieck Park, Loidl Cultuurpark Westgasfabriek, Gustafson Porter
Bibliografia
171
Ringraziamenti
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UN GIORNO A MIRANDOLA: SEI MESI DOPO Sei mesi dopo il sisma andiamo a visitare Mirandola. Lungo la strada, vediamo dal finestrino numerose cascine diroccate e capannoni distrutti; fenomeni isolati, un’anticipazione di ciò che vedremo in città. Parcheggiamo vicino a piazza Costituente e ci addentriamo a piedi nel centro. È domenica mattina e regna un silenzio spettrale. Il cuore della città è completamente deserto, fatta eccezione per un anziano signore che fermiamo per una breve intervista. Lui e la moglie vivono in un piccolo appartamento che ha resistito alla scossa; la figlia e i nipoti sono ancora in albergo. Hanno recuperato poco dalle macerie; i bambini hanno appena ripreso ad andare a scuola nei moduli provvisori e il genero, che lavora nel biomedicale, sta faticando per far ripartire l’azienda. Molti edifici sono circondati dalle strutture per la messa in sicurezza; le transenne sono ovunque a sbarrare passaggi o a impedire l’avvicinamento a strutture pericolanti. Fatichiamo ad abituarci a questo scenario post-sisma, osserviamo gli edifici, cerchiamo di individuare i danni. A volte sono evidenti: alcuni palazzi sono percorsi da crepe, in altri ogni finestra è stata controventata. Ci fermiamo sorprese di fronte a un condominio che pare completamente illeso, finché non ci accorgiamo che il perimetro esterno è intatto, ma l’interno, a partire dal tetto, è completamente crollato. Della chiesa di San Francesco rimane soltanto la facciata, sostenuta da una fitto intreccio di tubi innocenti. Ovunque sono cumuli di macerie alti sino a due piani, circondati da transenne. I negozi del centro sono tutti chiusi, ma alcuni hanno affisso sulle transenne dei cartelli: segnalano la riapertura lungo la Circonvallazione o nei container vicino ai centri commerciali. Pranziamo nell’unico locale aperto in zona – un ristorante cinese di cui siamo gli unici clienti, interpelliamo la cameriera sul terremoto ma non otteniamo risposta – e decidiamo di andare a esplorare questi nuovi spazi.
introduzione
Per arrivare al centro commerciale dobbiamo prendere la macchina. E’ una giornata grigia di novembre, quindi non ci aspettiamo di trovare molta gente in giro; tuttavia, la zona dei container dà una chiara idea di come il polo di attrazione della città si sia spostato dal centro alla periferia. I container sono stati organizzati in uno spiazzo tra il centro commerciale Al Borgo e il supermercato Famila. Sembrano disposti in modo da replicare sommariamente una strada ricca di negozi: ciascuno ha la sua insegna che lo rende ben riconoscibile, la distanza che li separa è paragonabile a una tipica via del centro di Mirandola, e sono stati collocati in un punto con qualche alberello con l’intento, ipotizziamo, di rendere l’insieme più piacevole alla vista. Un particolare ci colpisce: due file di moduli sono state affiancate e dotate di una copertura a capriate, e un grosso cartello all’inizio di questo corridoio di negozi recita “Il Centro in Galleria”. Ci ricorda molto la Galleria del Popolo in centro, dove siamo appena stati fotografando negozi chiusi e persino una panetteria in cui tutto è rimasto com’era al momento del sisma, con il pane ancora negli espositori. All’interno del centro commerciale Al Borgo le luci sono accese, ci sono numerose persone che fanno acquisti; se non avessimo la consapevolezza della desolazione del centro, questa ci parrebbe una situazione del tutto normale. Invece, mentre torniamo verso il centro, ci fermiamo nel piazzale dell’autostazione, dove i mezzi pubblici sono parcheggiati, inattivi dal giorno del sisma. Lì nel piazzale, a pochi metri dalla stazione, ci sono ancora due tende montate: segno che, nonostante i campi della Protezione Civile abbiano chiuso settimane prima, l’emergenza è tutt’altro che conclusa a Mirandola.
I
ANALISI
LE ORIGINI DELLA CITTA’ Mirandola si trova nella porzione emiliana della regione Emilia Romagna, all’estremo nord della provincia di Modena.
Cenni storici dalla fondazione a oggi
La città si sviluppa nella Bassa Modenese, un’area estremamente pianeggiante collocata tra i fiumi Po, Secchia e Panaro. La vicinanza a questi corsi d’acqua, unita alla collocazione di Mirandola tra le terre del ducato estense e quelle dei Gonzaga, hanno conferito alla città un ruolo nevralgico quale crocevia politico ed economico. I primi documenti che attestano l’esistenza di un centro cittadino autonomo risalgono all’XII sec. d.C. 1 Attorno al castello si sviluppava il borgo, mentre la Pieve - ossia una chiesa rurale - costruita nel Mille circa, rappresentò un punto di riferimento fondamentale fino all’ascesa dei Pico (1310), dei quali è notissimo Giovanni Pico della Mirandola, umanista e scienziato del Quattrocento. Per iniziativa dei Pico, alla Mirandola fu annesso il feudo di San Martino Spino, e la città di Concordia sorse per proteggere il confine con Mantova; nel 1386 le norme vigenti furono raccolte negli Statuti, cosicché la zona fosse regolamentata da un unico corpo di leggi. Nel 1708, i Pico furono privati della signoria per aver ceduto la città ai francesi. Il feudo fu allora venduto ai duchi di Modena e, nel 1860, venne annesso al Piemonte.2 Il territorio della bassa modenese possiede una peculiare unità che deriva anche dalla sua tradizione rurale. In questo contesto, la signoria dei Pico puntava ad affermarsi attraverso iniziative e leggi che, di fatto, contribuirono a rafforzare la
Mirandola, Enciclopedia Italiana Treccani (1934), www.treccani.it 2 Cenni storici, www.comune.mirandola. mo.it (16.01.2014) 1
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coesione del territorio. Fin dai suoi albori, Mirandola ha instaurato un forte legame con il territorio circostante, sia in termini amministrativi che in termini identitari. Questo stretto rapporto sussiste ancora oggi: gli abitanti della bassa sono molto legati alle proprie tradizioni, e ne hanno fatto un punto di forza per la promozione del territorio e lo sviluppo economico e produttivo. Di Mirandola è ancora oggi visibile, nella pianta ottagonale del centro storico, la struttura originaria di città fortificata. Le mura che circondavano la città furono abbattute alla fine dell’Ottocento; al loro posto oggi giace una strada, l’anello della circonvallazione, che percorre il perimetro del nucleo storico consolidato. Al XIX sec. risale anche la prima ferrovia mirandolese. Attorno a un ampio spazio aperto, oggi chiamato Piazza Costituente, si innalzano il castello dei Pico, il palazzo della Ragione, palazzo Bergomi e il palazzo Comunale, tutti risalenti al XIII-XIV sec. A questi si è aggiunto, all’inizio del Novecento, il Teatro Nuovo. La struttura urbana del centro conserva numerosi indizi della storia di Mirandola, ed è rimasta pressoché immutata negli ultimi tre secoli. Nel corso del Novecento, in particolare dal secondo dopoguerra, il calo del numero degli addetti all’agricoltura e lo sviluppo dell’industria3 hanno avuto un effetto evidente sul tessuto urbano. Un’espansione selvaggia, costituita principalmente da capannoni industriali e palazzine residenziali, ha radicalmente modificato il volto della città. Tuttavia, il territorio non ha perso la sua unicità: a partire dalla fortunata iniziativa di un mirandolese, si è sviluppata una redditizia industria produttiva nel settore biomedicale, prima in Italia, che produce l’1% del PIL nazionale. Cenni storici, www.comune.mirandola. mo.it (16.01.2014)
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In virtù di questo sviluppo Mirandola è inoltre stata interessata, dal nuovo millennio, da un intenso flusso migratorio; la distribuzione della popolazione sul territorio si è modificata, e da ciò sono scaturiti problemi di integrazione. Il terremoto del 2012 ha duramente colpito una zona che già sembrava trovarsi in un momento di transizione; dopo i primi e più evidenti sconvolgimenti fisici ed economici, il sisma ha sollevato questioni sociali. Ora più che mai occorre una ridefinizione dei ruoli dei cittadini e della città nel territorio.
5
Alcune mappe storiche di Mirandola che mostrano la sua caratteristica forma “a stella� e il territorio circostante. [www.terredipico.it] 6
La stazione ferroviaria di Mirandola ai primi del Novecento. Oggi l’edificio è utilizzato come autostazione. 7
Veduta aerea di piazza Costituente nel 1958. Si noti come, al di fuori del perimetro della Circonvallazione, l’espansione urbana fosse pressochÊ nulla. 8
Veduta aerea di Mirandola nel 1971. A tredici anni di distanza dalla foto precedente, la città si è sviluppata anche al di fuori del perimetro delle antiche mura. Si noti l’assenza della linea ferroviaria, dismessa definitivamente nel 1964. [www.albarnardon.it] 9
MIRANDOLA PRIMA DEL SISMA Mirandola è collocata in una zona pianeggiante, la bassa (18 mslm), che si estende dalla parte nord della Via Emilia fino al confine con la Lombardia. L’intero territorio
Il territorio di Mirandola
comunale ha un’estensione di 137 km2, e una densità di 173 abitanti per km2 circa. Mirandola è uno dei nove comuni dell’Unione Comuni Modenesi Area Nord, cioè un ente locale sovracomunale costituitosi nel 2003 con obiettivi di integrazione dell’azione amministrativa fra i comuni e di sviluppo socio-economico; è riconosciuta dunque l’appartenenza a un sistema territoriale che comprende più comuni ed è unito dagli stessi obiettivi di promozione di un settore industriale - il biomedicale, come vedremo in seguito - e di una serie di particolarità locali legate alle vicende storiche e alle tradizioni della zona. La popolazione residente a Mirandola nell’anno 2010 registrata all’anagrafe del
Popolazione
Comune risulta essere di 24.602 individui. Rispetto al 2001, vi è stato un incremento della popolazione dell’11% circa. Il 52,2% della popolazione è composto da femmine, e il restante 47,8% da maschi; il 18,9% ha un’età compresa tra 0 e 18 anni, e il 22,2% ha più di 65 anni. Secondo alcune elaborazioni basate su dati ISTAT1, il numero di stranieri residenti a Mirandola nel 2004 era di 1661 individui, la maggior parte provenienti dalla Repubblica Popolare Cinese e dal Nord Africa. Nel 2011, il numero di stranieri era più che raddoppiato raggiungendo i 3851 individui, ossia il 15,7% della popolazione totale della città; Marocco, Cina e
7,5% di stranieri in Emilia 15,7% di stranieri a Mirandola
Romania sono oggi le nazionalità più rappresentate. La percentuale è molto elevata, a fronte di una media nazionale del 7,5% di stranieri residenti in Italia; la regione italiana con il maggior numero di stranieri rispetto alla totalità della popolazione è proprio l’Emilia Romagna (11,3% nel 2011), e dunque il
1 Per le elaborazioni dei dati relativi alla popolazione italiana e straniera di Mirandola si vedano i siti internet www. comuni-italiani.it e www.tuttitalia.it
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dato registrato a Mirandola è indice di una particolare concentrazione di stranieri nel Comune. Economia
L’area complessiva colpita dal terremoto è una delle più importanti zone produttive del nostro Paese, responsabile della produzione del 2% del PIL nazionale. Nel 2011 ha prodotto 19,6 miliardi di euro di ricchezze, e 12,2 miliardi di euro di esportazione. Sul territorio vi sono circa 14mila aziende agricole, cioè il 18,7% del totale della regione; 1233 di queste comprendono un allevamento.2
Mirandola produce l’1% del PIL nazionale
Due principali settori caratterizzano l’economia mirandolese: l’agricoltura e il biomedicale. Con queste attività, la zona di Mirandola produce da sola circa l’1% del PIL nazionale.3
Agricoltura
Il territorio di Mirandola ha avuto, fino a oltre la metà del XIX secolo, una vocazione essenzialmente agricola, con radici che affondano nel periodo medievale. Allora era diffuso l’allevamento, specie di pecore e cavalli, attraverso un sistema di ripartizione di oneri e guadagni chiamato “contratto di soccida”. Gli allevatori si prendevano cura del bestiame e ne lavoravano i prodotti per conto dei proprietari, i quali poi cedevano loro una percentuale del guadagno. Questa pratica favorì l’immigrazione di allevatori specializzati nella zona, che continuò fino all’Unità d’Italia; poi, una profonda crisi economica provocò un’inversione di tendenza, e la popolazione mirandolese cominciò a emigrare verso Stati Uniti e Sudamerica. Solo verso la fine dell’Ottocento, con l’inaugurazione della linea ferroviaria (1883), l’istituzione del Consorzio di Bonifica di Burana (1892) per completare le opere di bonifica iniziate in epoca napoleonica, e con l’istituzione della Camera del Lavoro
A un anno dal terremoto, dossier a cura dell’Agenzia di informazione e comunicazione della Giunta regionale dell’Emilia-Romagna. www.regione. emilia-romagna.it/a-un-anno-dalterremoto 3 Economia, in Mirandola, tesori da scoprire, www.terredipico.it 2
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(1900), Mirandola riprese a crescere. Con lo sviluppo del settore dell’allevamento cominciò la produzione di insaccati; la produzione agricola si specializzò sempre di più nelle coltivazioni ortofrutticole. Si sperimentavano nuove tecnologie e metodi di produzione che facevano largo uso di
MIRANDOLA (MO) Estensione: 137 kmq Densità: 173 ab./kmq Altitudine: 18 m.s.l.m. Popolazione: 24.602 ab.
POPOLAZIONE DI MIRANDOLA 1861-2011
26000
22000
2001-2012
18000
25000
14000
10000
1861
1881
1911
1931
1951
1971
1991
2011
20000 2001
2011 2012
FASCE D’ETÀ 18,9%
58,9%
22,2% Stranieri Italiani
Italia Em. Rom.
RAPPORTO IMMIGRATI / AUTOCTONI
Mirandola 0
20
Autoctoni 84,3%
Immigrati 15,7%
100%
Marocco 21,3% Rep. Pop. Cinese 21% Romania 15,9% Altri 13
macchine agricole; nacquero diverse aziende per la produzione di tali macchinari. Intanto continuava a registrarsi un calo degli addetti del settore agricolo, tanto che la piccola proprietà dovette cedere il passo alle grandi aziende alimentari.4
Il settore biomedicale
Nel 1962, il farmacista Mario Veronesi, avendo intuito uno sviluppo di mercato dei prodotti biomedicali usa-e-getta, cominciò a produrre i primi pezzi in un laboratorio improvvisato nel proprio garage, fondando l’impresa Miraset. Due anni dopo, per sostenere il giro di affari in crescita, venne fondato lo stabilimento Sterilplast, poi trasformato in Dasco; a partire da queste aziende nacquero numerose altre divisioni e unità organizzative indipendenti5 che andarono a costituire il distretto biomedicale di Mirandola. Questo polo industriale ha assunto oggi rilievo internazionale, tanto da competere con il settore statunitense.
Modello urbano Il nucleo storico
Mirandola è costituita da un nucleo storico consolidato, composto da edifici storici più o meno restaurati; ha come punto di riferimento la grande “spina” di piazza Costituente, che dalla circonvallazione si apre nel centro. Attorno a essa si ergono i fabbricati dell’antico complesso del Castello dei Pico. Il Castello, dopo un periodo di decadenza iniziato nei primi decenni del Settecento, è stato completamente restaurato e il 4 giugno 2006 è stato riaperto al pubblico. Completano la piazza Palazzo della Ragione, in stile tardo gotico, Palazzo Bergomi e il Palazzo Comunale, del 1468. Le mura che circondavano la città sono state abbattute alla fine dell’Ottocento e oggi al loro posto c’è l’anello della circonvallazione, che percorre il perimetro della città di allora.
Economia, in Mirandola, tesori da scoprire, www.terredipico.it 5 Si vedano Bellco (1973), Dideco (1997), Dar (1982), e Starmed (2003). Tutte, esclusa la Starmed, sono state cedute a multinazionali farmaceutiche negli anni successivi alla loro fondazione.
4
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Il tessuto urbano ha risentito dell’intenso sviluppo industriale avvenuto a partire
Il distretto industriale
dagli anni Sessanta. Le aziende sono concentrate in un distretto, cioè una vasta e densa zona industriale situata a nord e a nord-est della città e costituita principalmente da capannoni. Nel corso degli anni il distretto si è progressivamente espanso fino a raggiungere la località di Cividale. Stesso si può dire per un altro agglomerato di industrie a sud della città che si estende fino a San Giacomo Roncole. La specializzazione produttiva della zona spinge i nuovi imprenditori del settore a posizionare la propria azienda all’interno del distretto. Questa pratica risulta vantaggiosa in quanto consente l’abbattimento dei costi di trasporto e favorisce la comunicazione tra fornitori e aziende. Tuttavia, il distretto si trova in una zona di origine agricola, in cui la rete delle infrastrutture per il trasporto non si è sviluppata parallelamente all’area che deve servire; gli spostamenti di carattere industriale provocano ancora oggi problemi relativi alla viabilità e al traffico.6 Con l’incremento della popolazione operaia, a nord, est e sud del centro storico si sono sviluppati quartieri residenziali di nuova edificazione.
I nuovi quartieri residenziali
I quartieri esterni appaiono come delle aggiunte posticce al centro, e sembra che la popolazione viva in maniere completamente diverse questi due spazi. Questa differenza è in parte imputabile alle caratteristiche dei quartieri stessi e in parte alle diverse categorie sociali che li abitano. I nuovi quartieri residenziali sono composti essenzialmente da due tipologie edilizie: la palazzina di appartamenti, e la villetta col giardino recintato. Diversamente dal centro, le strade sono ampie, a misura di automobile, ma mancano piazze e ampi spazi aperti. I centri commerciali sostituiscono i piccoli negozi del centro per l’acquisto dei beni di prima necessità. 6 Lugli L., Galloni M. (a cura di), Distretti e globalizzazione. Il caso del distretto biomedicale di Mirandola, Istituto Ricerche Economiche e Sociali IRES, 2003
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Distribuzione della popolazione
A seconda dell’età, del reddito e della provenienza, la popolazione di Mirandola tende a occupare quartieri diversi. Questa tendenza si è accentuata dall’inizio del nuovo millennio, quando un’ondata di immigrazione consistente ha modificato le dinamiche di insediamento. Il centro storico è di difficile accesso per le automobili e gli edifici sono vecchi, dunque gli affitti sono relativamente bassi. Questa zona sembra essere principalmente occupata da anziani mirandolesi e da immigrati. Le famiglie autoctone, invece, tendono a occupare i quartieri più periferici, in piccole ville con giardino o in palazzine di appartamenti. Gli immigrati tendono anche a occupare le abitazioni rurali.7 La distribuzione della popolazione ha chiaramente un effetto sulla ripartizione dei servizi sul territorio. Il centro storico è diventato un punto di ritrovo per le comunità di immigrati: numerosi sono i servizi loro rivolti, dall’ufficio immigrazione alle macellerie che seguono la dottrina musulmana. Nei quartieri esterni sono invece nati nuovi punti di riferimento per la popolazione mirandolese autoctona. La periferia manca di spazi per la vita sociale, se si escludono gli spazi del commercio; i centri commerciali sono diventati, per i nuovi quartieri, gli spazi della collettività, e i loro principali frequentatori sembrano essere i più giovani. Questo assetto ha avuto come conseguenza un allontanamento della popolazione locale dai tradizionali luoghi di aggregazione, in favore di nuovi spazi che, di fatto, sono privi di identità simbolica.
7 2210 sfollati, la metà stranieri, in Prima pagina di Modena e provincia, 12.06.2012, p.7
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MODELLO URBANO DI MIRANDOLA
Centro cittĂ maggioranza di residenti stranieri
Quartieri residenziali maggioranza di residenti autoctoni
Zone industriali 17
DENSITÀ ABITATIVA
Alta densità Media densità Bassa densità 18
INFRASTRUTTURA VIARIA
Strada statale Strada provinciale Strada urbana Pista ciclabile 19
SERVIZI
Centri commerciali/ ipermercati Ospedali Chiese Scuole 20
TEMPO LIBERO
Musei e biblioteche Strutture sportive Campi, parchi e giardini 21
IL SISMA Il 20 maggio 2012 alle ore 4:03 è stata registrata una scossa di magnitudo 5.9 con
Scosse
epicentro in Finale Emilia a una profondità di 6,3 km. Il giorno dopo, sempre a Finale Emilia, si è verificata un’altra scossa di intensità 4.1. Nei giorni seguenti sono state rilevate due scosse di minore entità, di magnitudo 4.1 e 4.0, fino ad una nuova intensa scossa del 29 maggio alle ore 9:00, di magnitudo 5.8, avvertita in tutto il nord Italia, con epicentro tra Mirandola, Medolla e San Felice sul Panaro, in provincia di Modena Dopo quest’ultima scossa ne sono seguite altre tre rilevanti, sempre il 29 maggio, nell’arco di pochi minuti: una alle ore 12.55 di magnitudo 5.4 e due alle ore 13.00 di 4.9 e 5.2. Inoltre, nella notte tra il 29 e il 30 maggio si sono registrate una sessantina di scosse. Su tutta l’area emiliana tra il 20 maggio e il 19 giugno si sono contate più di 1.700 scosse, la maggioranza delle quali impercettibili all’uomo.1 In Emilia la popolazione direttamente colpita dal sisma ammonta a circa 45 mila persone. Dopo la prima scossa sono stati registrati 7 decessi, 50 feriti e 5 mila sfollati. Nei giorni dopo la seconda scossa il numero di decessi è salito a 27; più della metà delle
Il sisma in Emilia Danni a persone 45mila persone colpite 18,6mila sfollati
vittime erano operai al lavoro negli stabilimenti rapidamente riaperti dopo il 20 maggio, mentre altri decessi sono riconducibili allo shock provocato dal sisma. Più di 400 sono state invece le persone ferite durante la seconda scossa. Si sono contati in totale circa 18,6 mila sfollati, dei quali 11% bambini e 20% anziani.2 Vasco Errani, presidente della regione Emilia-Romagna, nel suo contributo al numero della rivista Materia dedicato al sisma emiliano commenta: “Si è trattato di una manciata di secondi, nel cuore del mese di maggio, capaci di cambiare aspettative e progetti di circa 900 mila emiliane ed emiliani”.3
1 M. Giberti, Il terremoto in Emilia, prologo. 20-29 maggio 2012, in Forum Emilia, in Materia n.75/76, 2013: p.44 2 M. Giberti, ivi, p.46 3 V. Errani, contributo a Forum Emilia, in Materia n.75/76, 2013: p.40
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GLI EPICENTRI 20 MAGGIO 2012 Concordia sulla Secchia Mirandola
Scortichino
Medolla Rovereto
San Felice
Finale Emilia
Cavezzo
Camposanto
29 MAGGIO 2012 Concordia sulla Secchia Mirandola
Scortichino
Medolla Rovereto
San Felice
Cavezzo
24
Camposanto
Finale Emilia
6
zi em er ge nz a
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BILANCIO DEI DANNI 12,2 MILIARDI DI EURO
9
12 miliardi
POPOLAZIONE COLPITA 45 MILA INDIVIDUI
popolazione senza casa 18 mila individui
5% 18% 41%
inagibile
AGIBILITĂ€ EDIFICI
agibile
64% INAGIBILE IN TUTTO O IN PARTE
temporaneamente inagibile parzialmente inagibile
36%
aziende danneggiate aziende illese aziende distrutte
DANNI ALLE AZIENDE 66 MILA DANNEGGIATE 86% DEL TOTALE
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Danni materiali
I danni materiali provocati dal sisma sul territorio emiliano si possono dividere in due tipologie: diretta ed indiretta. La prima riguarda il patrimonio edilizio distrutto e/o danneggiato dalle numerose scosse, mentre la seconda si riferisce al blocco della produzione e al danno economico di ritorno subìto dagli imprenditori e dalle famiglie degli impiegati che hanno perso il lavoro. I danni indiretti sono altamente impattanti, anche perché i loro effetti si protraggono nel tempo. Il patrimonio edilizio è stato fin da subito oggetto di numerosi controlli e censimenti da parte di tecnici coordinati dalla Protezione Civile. Gli edifici sono stati classificati in relazione al danno subìto: totalmente inagibili, parzialmente inagibili, fino ai casi in cui la struttura è stata considerata sana, ma minacciata da altre pericolanti nelle vicinanze.
Danni alle abitazioni 25mila abitazioni crollate
Sono crollate in totale 25 mila abitazioni; 18 mila persone hanno perso la propria casa.8 Dopo i circa 67 mila sopralluoghi eseguiti fino al 30 agosto, il 41% delle abitazioni è risultato inagibile, il 36% agibile, il 18% temporaneamente inagibile e il 5% parzialmente inagibile.
Danni alle scuole 500 scuole inagibili
Per quanto riguarda le scuole, ne sono state controllate 1041; quasi la metà è risultata inagibile. Fortunatamente, il 29 maggio tutti gli edifici scolastici erano chiusi a causa di provvedimenti di sicurezza presi in seguito alle scosse dei giorni precedenti e ciò ha scongiurato ulteriori perdite umane.
Danni al patrimonio 530 chiese distrutte
Anche il patrimonio architettonico e culturale ha subito danni ingenti, stimati in circa 2 miliardi di euro compresi teatri, cinema, biblioteche, strutture sportive e beni di proprietà della Chiesa. Gli edifici di culto coinvolti sono stati 782, di cui 530 parzialmente o totalmente distrutti. In particolare, il 50% degli edifici religiosi è stato dichiarato inagibile, il 20% agibile con provvedimenti, il 15% agibile, l’8%
2
26
M. Giberti, op. cit.: p.44
temporaneamente inagibile e il 7% parzialmente agibile. I danni alle attività produttive hanno interessato circa 66 mila unità locali (l’86% del
Danni alle industrie
totale) e 270 mila addetti al settore industriale, a quello edilizio e al terziario.
86% delle aziende danneggiate
Gli stabilimenti industriali coinvolti in modo significativo sono stati circa mille e i danni relativi a strutture, macchinari e prodotti ammontano fino a 2,7 miliardi di euro, di cui più di 1 miliardo riferiti ai fabbricati, 632 mila euro alle merci, 550 mila ai beni strumentali e 539 mila euro di danni indiretti. La maggioranza degli stabilimenti industriali presentava carenze costruttive con caratteristiche ricorrenti: la mancanza di collegamenti tra elementi strutturali verticali e orizzontali, la presenza di elementi di tamponatura non adeguatamente ancorati alle strutture principali, scaffalature non controventate sulle quali erano posizionati materiali pesanti5; inoltre antenne, sbalzi, corpi aggettanti e scale aumentano molto il rischio di instabilità in caso di eventi sismici. Ciò spiega i danni così ingenti agli stabilimenti industriali che hanno procurato al sisma emiliano l’appellativo di “terremoto dei capannoni”. Tremila sono state le fabbriche che non hanno subito particolari danni fisici, ma che hanno dovuto interrompere la produzione per almeno una settimana, segnando così un arresto temporaneo pari al 60% della loro capacità operativa. Il rischio che le imprese abbandonassero il territorio per delocalizzarsi era molto forte nei primi momenti a ridosso del sisma6; fortunatamente, si sono verificate solo delocalizzazioni provvisorie durate il tempo della ricostruzione dei fabbricati industriali da parte delle grandi aziende. A risentire maggiormente del terremoto sono stati sicuramente gli imprenditori più piccoli, gli artigiani e le aziende agricole poiché sono crollate quasi la totalità delle case coloniche e delle stalle, nonché i magazzini di formaggio.7
5 F. Gabrielli, intervista in Forum Emilia, in Materia n.75/76, 2013: p.61 6 C. Clini, contributo a Forum Emilia, in Materia n.75/76, 2013: p.39 7 G. Messori, contributo a Forum Emilia, in Materia n.75/76, 2013: p.70
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66,3% dei dipendenti senza lavoro subito dopo il sisma
Si è stimato che il 66,3% dei dipendenti si sono ritrovati senza lavoro subito dopo il sisma, ma la percentuale è calata a 29,6% entro dicembre.8 Alla fine di settembre gli impiegati che avevano perso il lavoro erano circa 2 mila nell’ambito della produzione della ceramica, 5 mila nel settore metalmeccanico, 4 mila nella produzione biomedica e 4 mila in quella alimentare. Solo nella provincia di Modena, la più colpita, si sono stimati danni per circa 8 miliardi di euro, di cui il 50% a carico delle imprese.
12,2 miliardi di euro di danni
Tenuto conto di questi molteplici fattori, il bilancio complessivo della catastrofe è di 12,2 miliardi di euro, di cui 5,23 miliardi riferiti alle attività produttive, 3,28 miliardi all’edilizia residenziale, 2 miliardi ai beni storico-culturali e agli edifici religiosi, 929 milioni ai servizi pubblici, infrastrutture ed edifici e 676 milioni ai provvedimenti per l’emergenza.
Il sisma a Mirandola Popolazione
Su una popolazione complessiva di 24.720 abitanti, a Mirandola si sono registrati
2210 sfollati a Mirandola 1056 stranieri
48% del totale).
quattro decessi e 2210 sfollati, dei quali 1154 italiani (cioè il 52%) e 1056 stranieri (il Un’ordinanza del Sindaco ha dichiarato il centro storico “zona rossa” inaccessibile a tutti i cittadini. I residenti, per la maggior parte stranieri, sono risultati sfollati.
Danni materiali
Quello di Mirandola è stato il Comune della provincia di Modena maggiormente danneggiato dal sisma, insieme a quello di Finale Emilia. Poche settimane dopo il sisma, il Comune di Mirandola ha reso disponibile online la documentazione riguardante l’entità dei danni agli edifici del patrimonio storicoculturale fino a quel momento verificati e classificati come inagibili.9 Tra questi i più colpiti sono stati la Scuola primaria Dante Alighieri, l’Istituto superiore Galileo Galilei, la biblioteca comunale E. Garin, il bocciodromo e il biliardo. Gravissimi danni anche ad alcuni edifici religiosi: la Chiesa del Gesù, il complesso
G. Messori, ivi, p.70 9 Edifici pubblici: i progetti per la ricostruzione, www.comune.mirandola. mo.it/terremoto/i-progetti-per-laricostruzione (05.02.2014) 8
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di San Francesco, l’oratorio della Madonna della Porta e l’oratorio del Santissimo Sacramento, nonché il centro culturale islamico di Mirandola, che era costato circa
400 mila euro ed era un punto di riferimento per oltre 600 fedeli, mirandolesi e non. Nelle frazioni gli edifici gravemente danneggiati sono stati la pieve di Santa Maria della Neve, la Chiesa di San Biagio vescovo e martire a Gavello, la Chiesa di San Leonardo di Limoges a Mortizzuolo, la chiesa di San Martino Spino nell’omonimo paese e infine la Chiesa dei Santi Giacomo e Filippo a San Giacomo Roncole. Numerosi danni sono stati riportati anche nella palestra della Scuola secondaria F. Montanari, nell’Istituto superiore G. Luosi, in varie parti del Castello dei Pico, nel Teatro Nuovo, nel palazzo comunale, nel centro per il nuoto, nella palestra della scuola primaria di Mortizzuolo, nel Barchessone vecchio di San Martino Spino, nella Chiesa di San Martino Carano nell’omonima frazione e nella chiesa di Tramuschio.
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AGIBILITĂ€ NEL CENTRO STORICO DI MIRANDOLA
agibile (con pronto intervento) inagibile in tutto o in parte 30
LA PRIMA EMERGENZA Il fattore temporale è uno dei caratteri più significativi del terremoto. I soggetti colpiti devono confrontarsi con due tempi differenti, poiché i pochi attimi della
Cos’è la prima emergenza?
scossa consumano secoli di Storia della città e condizionano il futuro per decenni. Con il sisma la percezione del tempo si modifica; il suo scorrere si misura anche in relazione al risollevarsi dell’area colpita, alla ripresa delle normali attività, alla ricostruzione degli edifici. Definiamo “prima emergenza” il periodo che inizia col terremoto, e termina qualche mese dopo. In questo intervallo hanno luogo i primi interventi di soccorso, si forniscono pasti e sistemazioni temporanee alla popolazione, si mettono in sicurezza gli edifici per scongiurare ulteriori crolli e si ripristinano, seppur sommariamente, le funzioni essenziali alla vita quotidiana (scuole, ospedali, servizi). Nel caso di
Primi interventi di soccorso, pasti e sistemazioni temporanee, messa in sicurezza degli edifici, ripristino dei servizi base
Mirandola, il periodo della prima emergenza si è protratto fino alla fine di ottobre; il suo termine coincide con la rimozione dei campi attendati, e dà inizio alla cosiddetta “seconda emergenza” di cui parleremo in seguito. Pochi giorni prima del sisma il Decreto Legge 54 ha sancito una radicale riorganizzazione generale della Protezione Civile, dunque il terremoto dell’Emilia è stato il “campo di prova” per verificare l’adeguatezza e la funzionalità del nuovo
La prima emergenza in Emilia La normativa
assetto. Uno dei punti fondamentali del D.L. 54 fissava la durata dell’emergenza a non più di 60 giorni; inoltre elencava tra le attività ammesse alla Protezione Civile la realizzazione di opere temporanee e provvisionali, quindi non permanenti e reversibili. Esauritosi questo intervallo di tempo, la responsabilità della gestione passava al Commissario delegato Vasco Errani, Presidente della regione EmiliaRomagna e alle Direzioni regionali della Protezione Civile di Emilia, Lombardia e Veneto.1 Tuttavia, dopo la seconda scossa, lo stato di emergenza è stato protratto fino al 31 maggio 2013 con il Decreto Legge 74, poi convertito in Legge 122 del
M. Giberti, Il terremoto in Emilia - la normativa per l’emergenza, in Forum Emilia, in Materia n.75/76, 2013: p.53
1
31
1 agosto 2012.2 Numerosi e tempestivi gli atti normativi3 che mirano a regolamentare fin da subito la ricostruzione, semplificando le regole urbanistiche, edilizie e ambientali, favorendo la ripresa delle attività produttive, prorogando i termini di una serie di adempimenti fiscali, amministrativi e giudiziari, prevedendo sgravi fiscali per chi assume personale qualificato nel processo di ricostruzione, e così via.4 Interventi dopo la prima scossa
A mezz’ora dalla prima scossa del 20 maggio 2012 si ha la convocazione del Comitato Operativo della Protezione Civile. Nelle prime 48 ore la popolazione assistita è di 4300 persone e le forze in campo contano 3900 uomini. Il 22 maggio il Consiglio dei Ministri delibera lo stato di emergenza per i territori delle province di Ferrara, Modena, Mantova e Bologna. Il coordinamento degli interventi è affidato al Capo del Dipartimento della Protezione Civile, Franco Gabrielli.5
Interventi dopo la seconda scossa Assistenza alla popolazione
Mezz’ora dopo la scossa del 29 maggio viene convocato nuovamente il comitato Operativo della Protezione Civile, di cui un’ora dopo si registra l’insediamento. Radunatosi di nuovo il giorno seguente, il Consiglio dei Ministri estende lo stato di emergenza per i territori delle province di Reggio Emilia e di Rovigo.
36 campi attendati 1458 tende
Agli inizi del mese di giugno si registra il picco di popolazione assistita: 14.871 persone nei 36 campi prontamente allestiti, per un totale di 1458 tende. Al 12 giugno gli assistiti si sono già ridotti a 10.308, poiché 2539 persone sono confluite negli alberghi e 2024 negli alloggi temporanei. Il numero di persone negli
Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, 03.08.2012, www.regione.emilia-romagna.it 3 Si vedano a questo proposito il D.P.C.M. del 04.07.2012; il D.L. 83/L.134 del 07.08.2012; il D.L. 95/L.135 del 07.08.2012; il D.L. 174 del 10.10.2012 e il Protocollo d’intesa del 04.10.2012 4 M. Giberti, op. cit., p.54 5 www.protezionecivile.gov.it 6 Forum Emilia, in Materia n.75/76, 2013: p.46 2
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hotel subisce una lieve crescita nel tempo legata alla migrazione di persone da altre situazioni temporanee. L’ultimo campo della Protezione Civile chiude il 30 ottobre 2012; a novembre le persone assistite in Emilia-Romagna sono ormai 2350, 2200 negli hotel e le restanti nei moduli temporanei.6 I Moduli Temporanei Prefabbricati sono di due tipi: urbani, collocati negli stessi
centri che prima ospitavano le tendopoli, e rurali, collocati in prossimità di allevamenti e zone agricole, in sostituzione delle cascine colpite. vMolte sono le notizie sui campi allestiti dalla Protezione Civile; poche, invece,
Le tendopoli spontanee
quelle sui campi spontanei. Si tratta di tendopoli generalmente piccole – dalle 10 alle 50 persone – che si formano a partire dall’iniziativa di famiglie ed individui colpiti che non vogliono allontanarsi dalla propria casa o dal quartiere. La maggior parte delle informazioni su questo fenomeno provengono dall’osservazione diretta e dalle indagini online attraverso blog e social network, mentre l’attenzione che i mass media rivolgono alle tendopoli “autogestite” sono assai scarse. Gli sfollati lamentano scarse attenzioni da parte del proprio Comune: le richieste di acqua, wc chimici e generatori di corrente vengono soddisfatte con grossi ritardi, e gli aiuti alimentari sono pochi e poco frequenti. I negozi nei piccoli paesi sono quasi tutti chiusi e quelli ancora aperti hanno alzato i prezzi, perciò si guida anche molti chilometri per procurarsi ciò che serve. Sembra che nei campi autogestiti risiedano molti anziani: contano sull’aiuto degli altri sfollati e di alcuni volontari che, anche senza il coordinamento di una associazione, si recano a distribuire generi di prima necessità. Per quanto concerne la situazione degli edifici scolastici, a fronte dei 450 edifici
Riapertura delle scuole
danneggiati, è stato attivato un programma operativo per le scuole che ha consentito l’apertura di tutti gli istituti entro la data di inizio dell’anno scolastico, coerentemente con la volontà del governo locale e della Protezione Civile di tornare allo stato di normalità quanto prima. Sono state realizzate 60 strutture provvisorie e 250 interventi di ripristino sugli edifici maggiormente danneggiati.7 Tra settembre ed ottobre a Camposanto è stato inaugurato un nuovo asilo nido e una nuova struttura educativa, a Mirandola sono arrivate 10 tensostrutture Anpas per il nuovo anno scolastico, a Reggiolo una scuola media, a Rolo una scuola primaria, a San Felice sul Panaro, a San
M. Giberti, Il terremoto in Emilia, in Forum Emilia, in Materia n.75/76, giugno 2013: p.55
7
33
Giovanni in Persiceto, a Mirandola e a San Possidonio edifici scolastici temporanei e prefabbricati.8 Primi interventi sul patrimonio
Il programma di recupero dei beni architettonici storici ha previsto fin da subito tempi più lunghi; dapprima sono state realizzate le opere provvisionali, e quindi anche le demolizioni, per la messa in sicurezza del patrimonio edilizio. Al 15 novembre risultavano finanziate 165 opere provvisionali su chiese, campanili, palazzi storici, rocche, castelli e complessi cimiteriali. Altri 26 interventi sono stati finanziati nei 2 mesi successivi al sisma, per il costo di oltre 1 milione di euro.
Industria e prima emergenza
Il settore produttivo ha dovuto fronteggiare una doppia emergenza legata, come si è già detto, alla ricostruzione e al rilancio dell’attività industriale bloccata e in perdita. A metà ottobre si era già registrata la ripresa di gran parte delle imprese biomedicali nel distretto modenese.9
40mila lavoratori in cassa integrazione
I lavoratori che hanno fatto ricorso alla cassa integrazione sono stati più di 40 mila, mentre molti altri hanno usufruito dei crediti d’imposta e dei contributi per la delocalizzazione temporanea.
La prima emergenza a Mirandola Ospedali e servizi sanitari
Tre ore dopo la scossa di magnitudo 5.9 di domenica 20 maggio 2012, nella piazza principale era già aperto uno sportello di ascolto. Poco dopo la Croce Blu, in collaborazione con le altre Pubbliche Assistenze venute in soccorso dalla provincia e dalla regione, ha inviato sul territorio di Mirandola 250 volontari con ambulanze, pullmini e automediche e ha coordinato l’evacuazione dell’ospedale di Mirandola: circa 90 persone sono state portate inizialmente all’interno del palazzetto dello Sport Comunale, e in seguito negli altri ospedali nella provincia di Modena. Sempre nelle prime ore dopo il sisma sono stati allestiti un Posto Medico Avanzato,
M. Giberti, op.cit.: pp. 48-49 M. Giberti, op.cit.: p.55 10 L’impegno di Anpas per la prima emergenza, 22.05.2012, www.vita.it 8 9
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un presidio per la distribuzione dei farmaci e un triage nel piazzale antistante l’ospedale di Mirandola.10
Prima dell’episodio sismico del 29 maggio si era deciso di dare la precedenza alla ricostruzione delle strutture industriali, per consentire al settore economico di
La zona rossa e i sopralluoghi
accelerare la ripresa. Dopo il sisma del 29 maggio un’ordinanza del Sindaco ha ufficialmente interdetto l’accesso al centro storico delimitato dalla circonvallazione (che ha preso il nome di
Centro storico dichiarato inagibile
“zona rossa”) e al distretto industriale per tutti i cittadini. E’ dunque stata data precedenza ai sopralluoghi residenziali, dal momento che tutti i certificati di agibilità rilasciati la settimana precedente non risultavano più validi. Tra i primi interventi messi in atto, una decina di sopralluoghi realizzati giornalmente da 15 squadre di tecnici. L’amministrazione Comunale e altri enti si sono adoperati per l’acquisto dell’attrezzatura medica minima necessaria per assistere la popolazione.11 A due giorni dalla prima scossa 64 volontari della colonna mobile nazionale provenienti da Veneto, Toscana, Liguria e Piemonte hanno montato un campo
Tendopoli e alloggi temporanei
tendato nei pressi di Piazzale Costa. Ben presto le istituzioni e i volontari si sono adoperati per allestire altri campi: 1600 sfollati sono stati accolti, oltre che nel campo di piazzale Costa, in altri otto campi (Friuli di via Pietri, Friuli 2 di Quarantoli, Valle d’Aosta di via Toti, e quelli di Gavello, San Martino Spino, Mortizzuolo e San
1600 sfollati nei campi attendati 60% stranieri
Giacomo Roncole). La protezione civile distribuiva in questi campi un totale di circa 2000 pasti al giorno.12 L’età della popolazione nei campi era varia, ma la fascia maggiormente presente era quella dei cittadini tra i 30 e i 40 anni. In particolare, la fascia 31- 40 anni contava 288 residenti (18%), quella 41-50 anni ne contava 284 (17,8%), quella 19-30 anni 241 persone (15,1%). Numerosi anche i bambini: la fascia 0-3 anni era costituita da 99 individui (6,2%), quella 4-5 anni da 62 (3,8%) e quella 6-11 anni da 164 (10%). Di anziani, invece, se ne sono contati pochi: quelli di età compresa tra i 70 e gli 80 anni erano 54 (3,3%), mentre gli ultraottantenni erano 38 (2,3%). Nei campi si è registrata una maggioranza di famiglie straniere, il 60% del totale, di
www.comune.mirandola.mo.it L’impegno di Anpas per la prima emergenza, 22.05.2012, www.vita.it
11 12
35
cui 349 marocchini (23%), 125 tunisini (8,5%), 120 cinesi (8,1%), 69 indiani (4,7%), 44 pakistani (3%) e 36 moldavi (2,4%).13 Un servizio speciale online del quotidiano La Repubblica14 mostra le immagini di alcuni musulmani intenti a pregare in una tenda di fronte al centro distrutto – la stessa, spiegano, dove vivono temporaneamente alcune famiglie che hanno perso la casa nel terremoto. Al campo gestito dai volontari Anpas in via Costa sono sorti dei conflitti perché il cibo servito agli sfollati, in maggioranza musulmani, non era stato macellato secondo le regole che la religione impone; le rimostranze dei fedeli sono state denunciate da Mauro Manfredini, capogruppo in Regione della Lega Nord. Altre polemiche sono sorte in occasione del Ramadan, quando gli orari dei pasti nei campi che ospitavano musulmani sono stati riorganizzati per consentire ai fedeli di rispettare il digiuno prescritto fino al tramonto. Tra gli sfollati c’è anche chi ha potuto usufruire subito di strutture meglio attrezzate, come quelle che hanno ospitato 320 anziani – tutti italiani – e gli alberghi che hanno accolto 290 persone, di cui un terzo stranieri. Mentre i campi della Protezione Civile sono stati smontati tutti entro la fine di ottobre, alcune tende indipendenti erano ancora presenti all’inizio di dicembre. Strutture per l’infanzia
Immediati sono stati inoltre i provvedimenti concreti presi a favore dei bambini: dopo qualche giorno era già attiva la struttura per l’infanzia allestita nel campo di piazzale Costa, richiesta dal Dipartimento di Protezione Civile. Si trattava di uno spazio particolare dedicato ai bambini di età compresa tra i zero e gli undici anni, per dar loro un senso di normalità e tranquillità durante la fase dell’emergenza. È stata attrezzata in modo da garantire al bambino la possibilità di giocare e di riposarsi. La struttura era operativa grazie alla presenza di volontari sul posto.15
13 2210 sfollati, la metà stranieri, in Prima pagina di Modena e provincia, 12.06.2012, p.7 14 R. Di Raimondo, L. Spezia, Mirandola, si prega fuori dalla moschea distrutta, 02.06.2012, www.video.repubblica.it 15 Rosignano in Emilia: la struttura protetta
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Quarantoli San Martino Spino
Gavello
Mortizzuolo
20maggio
4300 SFOLLATI NEI CAMPI 3900 FORZE IN CAMPO
29maggio Mirandola
Emilia
1600 8
14871 36 1458 2539 2024
290 320
SFOLLATI NEI CAMPI CAMPI TENDE SFOLLATI IN ALBERGO IN ALLOGGI TEMPORANEI
novembre
2539 SFOLLATI IN ALBERGO 2024 IN ALLOGGI TEMPORANEI 37
LA SECONDA EMERGENZA Abbiamo visto che gli interventi di prima emergenza, a Mirandola, sono stati rimossi a sei mesi dal sisma. Tra il momento della loro rimozione e il completamento della ricostruzione vi è un lasso di tempo durante il quale la popolazione si deve progressivamente riappropriare degli spazi della città, che spesso manca di servizi, strutture di assistenza o soluzioni abitative adeguate.
Cos’è la seconda emergenza? Un lasso di tempo durante il quale la popolazione si riappropria progressivamente degli spazi della città
Riteniamo che questo intervallo sia uno dei riflessi più drammatici dell’evento: lo chiameremo tempo della seconda emergenza. Luoghi poco frequentati prima del terremoto possono diventare nuovi catalizzatori sociali in virtù delle funzioni che vi vengono inserite a supporto della popolazione: le attività commerciali, le iniziative culturali e anche l’ordinaria vita sociale trovano un’altra collocazione nello spazio urbano nell’attesa di tornare alla loro sede originaria. Durante la seconda emergenza i nuovi luoghi assumono un ruolo importante per i cittadini: le strutture inserite durante la seconda emergenza hanno un carattere simbolico eccezionale perché rappresentano, in un certo senso, l’ultimo atto dell’emergenza e il primo atto ricostruttivo. La tendenza generale sembra essere quella di abbandonare questi luoghi una volta ripristinati gli spazi della città; tuttavia è possibile, come vedremo, che gli spazi della seconda emergenza abbiano un ruolo chiave nella rigenerazione del tessuto urbano. Di seguito una breve descrizione dei due principali elementi che caratterizzano la seconda emergenza emiliana: i container, utilizzati da aziende, negozi ed enti per proseguire le proprie attività delocalizzandole, e le macerie, i cui problemi di gestione permangono durante questo intervallo.
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I container
Molti negozi ed esercizi commerciali danneggiati durante il terremoto hanno cercato di ridurre al minimo l’interruzione della propria attività. In molti Comuni terremotati sono nate le “città commerciali”, ovvero degli spazi aperti allestiti con container dove i negozianti potessero esporre la propria merce. Con l’ordinanza 17 del 5 giugno 2012, il Sindaco di Mirandola ha consentito “l’occupazione di aree private da parte di imprenditori al fine di installare strutture provvisorie volte al proseguimento delle attività economiche, previa comunicazione da inviare allo Sportello Unico Attività Produttive (S.U.A.P.) [...] con l’indicazione della data di inizio e fine dell’occupazione e dell’area occupata, corredata da un disegno planimetrico”.1 Tale misura era gratuita fino a sei mesi dopo il terremoto – fino al termine, quindi, del periodo della cosiddetta “prima emergenza” – e i negozianti potevano beneficiare di contributi per l’acquisto di attrezzature, gli allacciamenti impiantistici, e simili. Era possibile ottenere una deroga alla delocalizzazione; tuttavia, essa non poteva protrarsi oltre due anni dal sisma.2
La presenza o assenza dei container della seconda emergenza dipendono dall’avanzamento della ricostruzione
A Mirandola – come in molti altri Comuni colpiti – i container sono stati collocati in prossimità dei centri commerciali. Negozi di alimentari, uffici postali, banche, assicurazioni, negozi di abbigliamento e così via si sono ritrovati uno accanto all’altro in un unico spazio, in maniera inedita e in rapporti del tutto differenti rispetto a quelli che sussistevano all’interno dei centri storici. Consideriamo i container e i moduli provvisori spazi caratteristici della seconda
Provvedimenti temporanei in materia di occupazione di aree pubbliche e private al fine della prosecuzione delle attività economiche, ord. n. 17 del 05.05.2012, www.comune.mirandola.mo.it 2 Tutte le informazioni sulla delocalizzazione delle attività economiche e sui relativi contributi alle imprese, www. comune.mirandola.mo.it
1
40
emergenza, poiché la loro presenza o assenza dipendono dall’avanzamento della ricostruzione.
Secondo il dossier A un anno dal terremoto3 della Regione Emilia-Romagna, la spesa stimata per la gestione delle attività di rimozione ammonta a circa 22,3 milioni di
Le macerie Quantità
euro. Al momento della pubblicazione del dossier (maggio 2013) le macerie rimosse ammontavano a circa 359mila tonnellate, per un totale di 1313 cantieri di cui 1059
440mila tonnellate di macerie
già chiusi; ma si stimava che il peso totale delle macerie da rimuovere fosse di oltre 440mila tonnellate solo durante la fase d’emergenza. A queste macerie vanno aggiunte quelle della fase di ricostruzione, che si ipotizza saranno svariati milioni di tonnellate. Il metodo di quantificazione – sviluppato nel 2009 per l’Aquila dai Vigili del Fuoco in collaborazione con l’Istituto per le Tecnologie del Consiglio nazionale delle
Metodi di quantificazione
ricerche (Cnr) e applicato anche al terremoto emiliano – considera la totalità delle macerie includendo i resti delle demolizioni e delle ricostruzioni del patrimonio immobiliare complessivo. Il calcolo avviene moltiplicando il volume vuoto per pieno con il volume campione, cioè il volume medio delle macerie di un edificio demolito. Il risultato è poi moltiplicato per il numero degli edifici danneggiati e proporzionato ai dati volumetrici e all’entità del danno. Il metodo tuttavia non è esatto, e pare che porti a una sovrastima delle macerie. La distinzione tra macerie pubbliche e private non dipende dalla proprietà dagli edifici, ma dalle disposizioni di un soggetto pubblico – in genere il sindaco –
Macerie pubbliche, macerie private
che può imporre la demolizione o la rimozione di edifici e detriti che risultino pericolosi per la sicurezza pubblica. Gli edifici propriamente “privati” sono quelli la cui rimozione è gestita dai singoli in maniera autonoma, senza interventi ordinati dal soggetto pubblico. Mentre le demolizioni di edifici pubblici avvengono per mano dei Vigili del Fuoco e le loro macerie sono gestite da società pubbliche, i privati possono affidarsi a imprese di loro scelta – purché i resti rimangano tracciabili. Subito dopo il sisma in Abruzzo è stato emesso il Decreto Legislativo, successivamente
3 A un anno dal terremoto, dossier a cura della Regione Emilia Romagna, www. regione.emilia-romagna.it/a-un-annodal-terremoto
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convertito in legge, che regolamenta la gestione della situazione post-sisma; in seguito al terremoto in Emilia, il Dlgs. 74 del 6 giugno 2012 è stato approvato come integrazione alla legge vigente. Il Dlgs 74 permette, in deroga alla normativa nazionale sui rifiuti, di classificare le macerie come rifiuto solido urbano (Rsu). E’ la prima volta che le macerie occupano un posto nella classificazione dei rifiuti, dal momento che gli altri terremoti italiani hanno tutti avuto luogo tutti prima della normativa europea. Tale classificazione si applica solo nel trasporto delle macerie verso i depositi temporanei, dove i rifiuti vengono classificati secondo le tipologie; non si applica affatto, invece, nel caso in cui le macerie contengano amianto. I gestori e gli appalti
Anche in Emilia la raccolta delle macerie è stata affidata ai gestori dei servizi pubblici locali (Aimag nel caso del modenese, e dunque anche di Mirandola; Hera a Modena,Cmv a Ferrara, Geovest a Bologna, Sabar e Iren nel reggiano). I depositi temporanei di macerie sono sette, presso alcune discariche per rifiuti urbani scelte per la grande quantità di spazio libero disponibile e perché recintate e controllate: Fossoli di Carpi, Mirandola e Medolla (Aimag); Sant’Agostino (Cmv); Finale Emilia (Feronia, Geovest); via Caruso a Modena (Hera), Novellara (Sabar, Iren). Gli appalti sono due, uno per la rimozione e il trasporto e l’altro per la gestione all’interno dei siti; per il primo sono state selezionate aziende che si occupano di movimento terra, mentre per il secondo sono stati cercati macchinari e servizi per movimentare le macerie e trattarle al fine di un riuso futuro.
La gestione delle macerie
Il
processo
comincia
con
elementi monodimensionali
una
sommaria
preselezione
in
cantiere:
come travi di legno, blocchi di cemento
e il ferro, che viene recuperato vengono separati da altri ingombranti come i grossi elettrodomestici integri e gli oggetti preziosi. La selezione di questi elementi viene approfondita all’arrivo ai siti di deposito. Il volume di macerie è tale da non consentire una separazione degli inerti.
42
Differenziarle sarebbe assai difficile anche perché alcuni materiali, come la plastica, spesso sono troppo fini per poter essere distinti dal resto. Il futuro degli inerti è ancora da stabilire: sono state avanzate diverse proposte, tra cui l’uso delle macerie al posto della ghiaia per coprire le discariche esaurite e la possibilità di usarle come sottofondo stradale all’interno delle discariche stesse. La Regione ha fatto divieto di spostare le macerie altrove o venderle, in attesa di nuove ordinanze che ne chiariscano il futuro; inoltre il costo di trasporto è molto elevato, soprattutto se si superano i 20 km. Per questa ragione, quasi tutti i Comuni hanno un deposito principale e uno alternativo. Per la gestione dei rifiuti tossici come l’amianto sono stati stanziati 7,5 milioni di euro; la Regione garantisce 80 euro al metro quadro di contributi ai privati per demolizione, bonifica, trasporto e smaltimento delle macerie, il doppio del contributo offerto in assenza di sostanze tossiche. Tuttavia, talvolta i privati non intendono ricostruire; in tal caso il soggetto pubblico può sostituirsi al privato usando i fondi stanziati dall’ordinanza.4 Secondo i dati pervenuti da Aimag – che si stima si occupi del 65% delle macerie nel cratere – l’8 settembre 2013 il numero di cantieri a Mirandola era di 213, di cui 209 già chiusi, per un totale di 54.382,74 tonnellate di macerie. Dal
6
maggio
cantieri, di
quattro
2012
all’8
settembre
conferendo
333.843
campi
calcio
da
2013,
tonnellate con
10
Aimag di
metri
ha
detriti: in
altezza
gestito
1162
l’equivalente di
macerie.
Con l’ordinanza n.80 del 12 luglio 2013 è stato individuato il 31 dicembre 2013 come termine ultimo per l’invio delle ordinanze per la rimozione delle macerie da parte dei Sindaci del cratere al servizio di gestione dei rifiuti. L’8 agosto 2013 risultavano ancora 68 le istanze da ricevere, e 34 i cantieri sospesi.5 F. Bonomo, L. Casazza, Riciclaggio delle macerie dei terremoti, in Recycling, marzo 2013: pp.33-43 5 D. Solieri, La gestione delle macerie: rimozione, stoccaggio e recupero. L’esperienza di Aimag SPA, settembre 2013, www.labelab.it 4
43
La facciata della chiesa di San Francesco a Mirandola, sostenuta dalla struttura per la messa in sicurezza. 45
Particolare della chiesa di San Francesco 46
Particolare della chiesa di San Francesco 47
I crolli nel centro storico di Mirandola 48
Macerie ammucchiate in una via del centro 49
Le finestre controventate in un palazzo del centro 50
La chiesa del Ges첫 51
Strutture per la messa in sicurezza a sostegno di un muro 52
Strutture per la messa in sicurezza e transenne in via Cesare Battisti 53
I cartelli affissi sulle transenne intorno alla zona rossa, di fronte al castello dei Pico 54
La galleria del Popolo 55
Il piazzale dell’autostazione appena fuori dal centro storico. La struttura della stazione ha resistito alle scosse ed è diventata luogo di ritrovo, favorita anche dalla vicinanza con il campo attendato di piazza Costa 56
I pullman fermi dell’autostazione
nel
piazzale 57
Una roulotte nel piazzale dell’autostazione 58
Il campo da basket e, sullo sfondo, il campo da calcio e lo stadio di Mirandola, tutti danneggiati durante il sisma 59
Mentre le tendopoli della Protezione Civile sono state smantellate a ottobre, a dicembre alcune tende indipendenti stazionavano ancora nel piazzale dell’autostazione 60
I container davanti al centro commerciale 61
“Il Centro in Galleria�, corridoio di negozi provvisori allestito dopo il sisma nelle vicinanze del centro commerciale Al Borgo 62
Il centro commerciale Al Borgo, punto di riferimento per i mirandolesi dopo il sisma e la chiusura del centro storico 63
LA RICOSTRUZIONE In seguito al sisma, sono stati presi numerosi provvedimenti per far fronte alla ricostruzione. Sono state emanate leggi e stilati piani per regolamentare il processo, cercando di garantire legalità, trasparenza ed equità; sono stati istituiti fondi per il finanziamento delle opere di recupero, restauro, ristrutturazione e ripristino; sono stati esaminati e classificati gli edifici che hanno subito dei danni, così da poter più facilmente stimare il costo degli interventi. La Regione Emilia Romagna, per disciplinare la ricostruzione post-sisma, ha
L’apparato giuridico
emanato una Legge Regionale1 che “consentirà di realizzare celermente il complesso degli interventi ricostruttivi, in particolare per quanto riguarda i centri storici e il territorio produttivo e rurale nelle aree colpite dal terremoto”.2 Gli immobili e le opere che costituiscono beni culturali, invece, avranno un proprio specifico programma di interventi di ricostruzione. Per i centri storici e gli edifici vincolati dalla pianificazione, la ricostruzione dovrà puntare a conservare i tessuti edilizi preesistenti e a migliorarne le prestazioni sismiche ed energetiche. Per gli edifici crollati o da demolire e ricostruire, invece, ciascun Consiglio comunale dovrà definire le trasformazioni ammissibili; per tutelare l’integrità dei tessuti storici, il Comune potrà individuare delle unità minime di intervento, ovvero dei complessi edilizi che dovranno essere recuperati attraverso un unico progetto e un’unica istanza di finanziamento. La proposta di legge ha anche definito uno strumento urbanistico, il Piano della ricostruzione, da adottarsi entro il 31 dicembre 2013; esso è volto a coordinare gli interventi ricostruttivi, a migliorare i servizi urbani e a valorizzare il patrimonio
L.R. 21 dicembre 2012, n.16 Approvata la legge regionale sulla ricostruzione: L.R. 21/12/2012, n. 16, www.territorio.regione.emilia-romagna. it, 24.12.2012 1 2
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edilizio. Il Piano può stabilire che gli edifici crollati siano delocalizzati, qualora si ritenga che essi si trovino in ambiti inidonei alla ricostruzione o per esigenze di miglioramento funzionale e morfologico dei tessuti urbani. Tuttavia, la delocalizzazione prevede che sia individuata una nuova area di ricostruzione dove sia garantita la fattibilità dell’intervento. Il PdR stabilisce anche degli incentivi urbanistici per gli edifici ricostruiti nei centri storici o nel territorio rurale, al fine di ridurre la dispersione insediativa e incentivare l’addensamento urbano.3 I finanziamenti I finanziamenti pubblici
Il 22 maggio 2012, il governo ha annunciato lo stanziamento di 50 milioni di euro per la ricostruzione; dopo la seconda scossa, con la legge 74/12, ha istituito il Fondo per la ricostruzione delle aree colpite dal sisma del 20-29 maggio 2012 per un importo minimo di 9.26 miliardi. Secondo il dossier A un anno dal terremoto4 pubblicato dalla Regione EmiliaRomagna, i finanziamenti pubblici sono suddivisi in tre sezioni: 1. il Fondo dei Commissari delegati (2,5 miliardi del bilancio dello Stato e 670 milioni di solidarietà dell’Unione europea); 2. 6 miliardi provenienti dalla Cassa Depositi e Prestiti per i contributi a fondo perduto alle famiglia e alle imprese; 3. 6 miliardi di prestiti della Cassa per il pagamento delle imposte dei contributi e dei premi assicurativi, con interessi a carico dello Stato e restituzione del capitale
Santangelo G. (a cura di), Presentazione della L.R. 21.12.2012, n.16 - Norme per la ricostruzione nei territori interessati dal sisma del 20 e 29 maggio 2012, www. territorio.regione.emilia-romagna.it 4 A un anno dal terremoto, dossier www. regione.emilia-romagna.it/a-un-annodal-terremoto 3
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a carico dei beneficiari. A questi si aggiungono 255 milioni di euro provengono da donazioni e contributi di solidarietà delle altre Regioni sui fondi europei, 50 milioni dal finanziamento per
la ricerca, 72,8 milioni da fondi Inail per la sicurezza degli edifici produttivi, 125 milioni dal finanziamento per il credito agevolato, 1,5 milioni per i rifiuti, 67 milioni per gli ammortizzatori sociali e 70 milioni per iniziative di sostegno al reddito a favore di precari e lavoratori autonomi. Infine, 47 milioni provengono da stanziamenti della Regione Emilia-Romagna per l’assestamento di Bilancio 2012, e 10 milioni per la rimodulazione Por Fesr5 EmiliaRomagna per le imprese. Il sito web openricostruzione.it si occupa di garantire la trasparenza sull’entità
Le donazioni
delle donazioni e sul loro impiego. I Comuni sono stati sollecitati a segnalare necessità specifiche per la popolazione locale. E’ dunque stato redatto un elenco di interventi che potessero suscitare l’interesse dei donatori: si tratta di 436 progetti di ricostruzione che interessano 45 dei 61 comuni colpiti, per un totale di circa 372 milioni di euro. Attraverso i concerti di beneficenza, gli sms solidali e le quasi 9mila donazioni ricevute, sono stati raccolti circa 54 milioni di euro, versati direttamente sui conti correnti della Regione e dei Comuni interessati.6 Altre risorse provengono poi da Fondazioni bancarie, aziende private, editori, associazioni, gruppi religiosi, partiti, consorzi e realtà sportive. Per snellire la burocrazia correlata alla ricostruzione, Vasco Errani, Commissario delegato alla ricostruzione già Presidente della Regione Emilia-Romagna, ha realizzato il Mude, un sistema informativo per la ricostruzione. Il sito della Regione definisce il Mude come “una porta elettronica attraverso cui i professionisti, incaricati dai cittadini che abbiano avuto l’abitazione lesionata dal sisma, possano espletare tutte le pratiche edilizie necessarie per gli interventi e per il contributo ai lavori”7. Il portale è attivo da agosto 2012 e, a un anno dal terremoto, aveva ricevuto 800 domande di contributo.8 A
dicembre 2013, le domande erano salite a 2270, per un importo
Organizzare la ricostruzione: le risorse online Il Programma Operativo Regionale del Fondo europeo di sviluppo regionale 2007-2013[...]mette a disposizione 383 milioni di euro, comprensivi delle risorse aggiuntive post sisma, per avvicinare la regione agli[…]obiettivi di crescita della spesa in ricerca e sviluppo, di creazione della società della conoscenza e di affermazione di condizioni diffuse di sviluppo sostenibile. [Fonte: fesr.regione. emilia-romagna.it] 5
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di circa 294 milioni di euro. Le pratiche accettate si riferiscono a quasi 10mila unità abitative e interessano 15mila abitanti.9 Simile al Mude è il portale Sfinge, un sistema elettronico che consente di gestire la domanda “dei contributi per la riparazione, il ripristino, la ricostruzione di immobili a uso produttivo”, per riparare o riacquistare i macchinari necessari, per rifornire le scorte dei prodotti e per l’eventuale delocalizzazione delle aziende. Le domande per tali contributi possono essere presentate fino al 31 dicembre 2014. A maggio 2013, le richieste presentate sul portale Sfinge erano 109. Le richieste di contributi per la delocalizzazione temporanea delle aziende erano invece 1056. Infine, 386 erano le domande per il ripristino del potenziale agricolo produttivo danneggiato. A fine dicembre 2013, le richieste di contributo sul portale Sfinge si erano moltiplicate, raggiungendo il numero di 729, pari a 679,4 milioni di euro. Di queste, 260 sono state approvate. Le domande per accedere ai fondi Inail per la sicurezza degli edifici produttivi, invece, sono finora 461, per un totale di 22,5 milioni di euro. Non poche sono state le polemiche sulla complessità dello svolgimento delle pratiche per accedere ai fondi dello Stato: il processo è descritto in un linguaggio difficilmente accessibile da chi non è esperto in materia, e la mole di documenti da www.openricostruzione.it/donazioniriepilogo I dati presentati sono aggiornati al 04.01.2014 alle ore 17 7 Mude, modello unico digitale per l’edilizia, www.regione.emilia-romagna. it/terremoto/mude-modello-unicodigitale-per-ledilizia, 10.04.2013 8 A un anno dal terremoto, dossier www. regione.emilia-romagna.it/a-un-annodal-terremoto 9 Sisma, finanziati investimenti produttivi per 705 imprese con 60 milioni di euro, w w w. r e g i o n e . e m i l i a - r o m a g n a . i t , 30.12.2013 6
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presentare è consistente. La maggior parte delle pratiche, secondo un servizio del Fatto Quotidiano di aprile 2013, viene rispedita al mittente dalla banca per errori di forma.
Nel Comune di Mirandola, sono 20 gli edifici comunali e pubblici da ricostruire; alcuni hanno avuto una priorità rispetto ad altri. Il sito OpenRicostruzione segue la
La ricostruzione a Mirandola
ricostruzione di otto strutture: il Palazzo Comunale, il Castello dei Pico, l’ospedale, il circolo ARCI Aquaragia, il Teatro Nuovo, la Biblioteca Comunale, e altri due edifici – la scuola elementare di Quarantoli e il Centro Civico di Gavello – che, pur non trovandosi all’interno della città, hanno un ruolo importante e riconosciuto sul territorio. Finora le 1219 donazioni registrate dal sito per il Comune di Mirandola ammontano complessivamente a 4,3 milioni di euro circa.10 Il primo edificio ricostruito è stato l’ospedale Santa Maria Bianca. Secondo un
Strutture ospedaliere
dossier pubblicato dal Servizio sanitario regionale Emilia-Romagna nell’aprile del 201311, l’ospedale ha subito danni per 17,9 milioni di euro. A quasi un anno dal terremoto, l’ospedale ha ripreso quasi tutte le sue funzioni e ha recuperato il 76% dei posti letto; la conclusione dell’adeguamento impiantistico e della ristrutturazione è prevista per febbraio 2014.12
Numerose strutture sono state inaugurate o sono in fase di realizzazione in via 29
Le scuole
Maggio. La strada è stata inaugurata a sei mesi dal sisma ed è dedicata alle vittime del terremoto. Si trova nella zona sud-est della città, non lontano dalla piscina comunale che è attualmente inagibile.13 A settembre 2013 è stato inaugurato un nuovo polo scolastico. Il complesso sostituisce l’Istituto tecnico economico G. Luosi, il Liceo classico-linguistico G. Pico e l’Istituto professionale per i servizi commerciali C. Cattaneo. Mentre per il Luosi il rientro è previsto entro uno o due anni (Eni ha contribuito con un finanziamento di due milioni di euro), per il Galilei, che fa parte dello stesso complesso edilizio ma ha subìto danni più gravi, è stata prescritta la demolizione.
http://www.openricostruzione.it/ comune/mirandola-comune 11 Terremoto, i danni al sistema sanitario locale, dossier a cura del Servizio Sanitario Regionale Emilia-Romagna, 19.04.2013, www.saluter.it 12 Mirandola, entro un anno completata la ricostruzione dell’ospedale, www.regione. emilia-romagna.it, 13.02.2013 13 Mirandola, inaugurata via 29 maggio, La Gazzetta di Modena, gazzettadimodena. gelocal.it, 29.11.2012 10
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Per la ricostruzione sono stati stanziati 10 milioni di euro dalla Provincia di Modena, con la partecipazione di partner privati.14 A un anno dal terremoto è anche stato inaugurato il campus biomedicale che, spiega il sindaco Maino Benatti, “funzionerà per le scuole superiori della città, arricchendo l’offerta didattica informatica […] e per tutto il campo scientifico che opera nell’ambito del biomedicale”. Il campus “è finalizzato ad apprendere competenze metodologiche legate al distretto biomedicale, legando fortemente la didattica al tessuto economico del territorio”.15 Strutture sportive
Il 3 novembre 2013, sempre in via 29 Maggio è stata inaugurata la nuova palestra comunale. Alla costruzione della palestra erano stati destinati 400 mila euro avanzati dalla campagna elettorale del Movimento Cinque Stelle, che aveva raccolto fondi durante lo Tsunami Tour.16
La biblioteca
La Biblioteca Comunale è stata chiusa dopo il sisma, ma è in costruzione una biblioteca temporanea che sostituirà tutte le funzioni presenti nella vecchia sede. Il progetto ha un costo stimato di un milione di euro, e l’edificio dovrebbe essere ultimato per la fine del 2013.17 Il 14 ottobre 2013 è stato pubblicato il bando per la realizzazione della sede definitiva nuova Biblioteca Comunale, situata presso l’ex complesso scolastico di piazza Garibaldi.18
Le aziende
Le aziende del distretto industriale mirandolese si sono attivate subito dopo il terremoto per sospendere il meno possibile l’attività. E’ il caso della Bellco, azienda
14 Mirandola, Eni finanzia il recupero del Luosi, www.sassuolo2000.it, 20.05.2013 15 Terremoto, rinascita high-tech per Mirandola.: il campus biomedicale, www. ilrestodelcarlino.it, 20.05.2013 16 Sisma, a Mirandola una nuova palestra con i soldi del Movimento 5 Stelle, www. modenaonline.info, 17.05.2013
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del biomedicale che, in soli tre mesi, è riuscita a rientrare completamente in funzione; l’hanno seguita altre aziende, come Gambro, Bbraun, Aries e Covidien. La maggior parte delle aziende si è autonomamente finanziata la ristrutturazione dello stabilimento, spesso ricorrendo alla delocalizzazione: Aries, per esempio, ha ricollocato uffici amministrativi, camera bianca e magazzino in tre zone diverse.
Questo sistema ha consentito a molte aziende di non interrompere la produzione durante la ricostruzione dello stabilimento nella sua posizione originaria. Fortunatamente, la maggior parte delle attività produttive è rimasta nell’area: se le imprese avessero abbandonato il territorio per delocalizzarsi, il trasferimento avrebbe compromesso la solidità del tessuto sociale ed economico emiliano. Non si sarebbe trattato soltanto di spostare gli impianti industriali, ma anche di rinunciare a competenze consolidate da decenni e di impoverire la cultura del territorio. Quasi tutte le grandi aziende del cratere hanno chiesto i finanziamenti secondo la procedura Sfinge soltanto dopo aver fatto ritorno alla loro sede: il denaro verrà utilizzato per riprendere i progetti di sviluppo di nuove tecnologie intrapresi prima del sisma.19 Si tratta comunque di grandi multinazionali, che nella ripresa sono agevolate dalla possibilità di avere un introito dall’esportazione. Le piccole imprese del biomedicale, invece, lavorano con il sistema sanitario nazionale, e vengono pagate con un ritardo medio di 300 giorni; dipendendo quasi completamente dallo Stato, molte sono bloccate e faticano a riprendere la produzione. Per gli artigiani e le aziende agricole hanno risentito maggiormente del sisma, perché sono state abbattute praticamente tutte le case coloniche, le stalle e i magazzini, e i sistemi di irrigazione sono stati danneggiati. I tempi richiesti dalla Regione per inviare fondi sono lunghi – alcune aziende aspettano una risposta da oltre un anno – e dunque le piccole imprese, qualora assicurate, hanno dovuto affidarsi ai contributi assicurativi per ricominciare a lavorare.20
Entro l’estate a Mirandola la biblioteca provvisoria, L’Indicatore mirandolese, n°8, aprile 2013, p.5 18 www.comune.mirandola.mo.it 19 I. Vesentini, L’Aries batte il sisma senza aiuti, Il Sole 24 Ore, www.ilsole24ore. com, 18.01.2013 20 A. Dall’Oca, Terremoto Emilia un anno dopo, alcune imprese ce l’hanno fatta. Senza Stato, Il Fatto Quotidiano, www. ilfattoquotidiano.it, 20.05.2013 A. Dall’Oca, Polo Biomedicale, «Un anno fa schiacciati dal terremoto, ora eccellenza in attivo», Il Fatto Quotidiano, www. ilfattoquotidiano.it, 20.05.2013 17
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Concorso di idee “immaginaMIRANDOLA”
Il Comune di Mirandola ha promosso un concorso di idee intitolato ImmaginaMIRANDOLA21 con l’obiettivo di sviluppare una nuova strategia di azione per il centro storico della città. Il bando richiedeva di coniugare una visione generale a lungo raggio con un piano operativo di rapida attuazione per la ricostruzione post-sisma. Sono stati individuati quattro ambiti di progetto, ciascuno con peculiari caratteristiche ed esigenze; le proposte giudicate più interessanti entreranno a far parte degli obiettivi e delle strategie del nuovo Piano Strutturale Comunale del Piano della ricostruzione previsto dalla L.R. n.16 del 21.12.2012. Per la prima area, a Nord-Ovest, si richiedeva che fosse formulato un progetto per lo spazio aperto, ridefinendo il rapporto tra “esterno” e “interno” alla Circonvallazione e trovando nuovi usi o nuove forme per alcuni edifici preesistenti. Sono stati presentati due progetti, ma non è stato assegnato alcun premio vincitore. La seconda area, a Nord-Est, aveva come obiettivo la definizione di nuovi usi per il centro storico, attraverso il ridisegno dello spazio pubblico e la progettazione dei vuoti dello Stadio Lolli e della Stazione delle Autocorriere. Per quest’ambito si sono contate cinque proposte, delle quali tre sono state premiate. Il primo premio è stato assegnato al progetto dell’architetto Annalisa Castorri, intitolato De pretz garnitz vostra tenensa22, nel quale è stata proposta la trasformazione dell’area in una esposizione permanente per far emergere e dare sostegno a tutte le imprese mirandolesi; inoltre è stata proposta la rivitalizzazione del centro storico attraverso la risistemazione della Chiesa di San Francesco e di Piazza Garibaldi, della biblioteca
http://www.comune.mirandola.mo.it/ concorso-di-idee 22 Si tratta di un verso della penultima strofa del canto Kalenda maya del poeta provenzale Raimbaut de Vaqueiras (11651207), traducibile con “Ornate di pregi ciò che possedete” [www.trobar.org] 21
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e di una nuova mediateca, con una serie di giardini e pavimentazioni che dal centro si estendono fino ai complessi residenziali a corte progettati in luogo dello Stadio Lolli e dell’Autostazione dei pullman, come richiesto dal concorso. Il terzo ambito, a Sud-Est, è stato dedicato a nuovi spazi per l’abitare ed è stato
premiato un progetto dei due presentati. L’architetto Maria Luisa Cappelli, nel suo progetto intitolato Il cielo di Mirandola, ha proposto un parco urbano attrezzato tutt’attorno alla città antica che fungesse da intermezzo tra questa e quella moderna. Infine il quarto ambito, a Sud-Ovest, puntava alla riqualificazione del tessuto urbano e al potenziamento degli assi di via Pico e via Fanti. Il progetto premiato tra i due proposti si intitola Questione di identità; in esso l’architetto Matteo Battistini ha proposto una sorta di manuale d’uso in sei punti ritenuti fondamentali per la riqualificazione urbana e paesaggistica dell’ambito SudOvest. I sei punti si riferiscono a sei diversi passaggi e temi, e riguardano la circonvallazione, i parcheggi, i vuoti urbani, la vegetazione, la pista ciclabile e gli edifici.
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UN GIORNO A MIRANDOLA: UN ANNO E MEZZO DOPO Al nostro ritorno a Mirandola, un anno e mezzo dopo il terremoto, abbiamo trovato la città profondamente cambiata. Certamente, molti edifici sono ancora inagibili; numerosi esercizi commerciali hanno cessato l’attività, diversi negozi sono in vendita o in affitto. Molte case hanno impalcature, transenne e strutture per la messa in sicurezza. In città, però, l’atmosfera è completamente diversa rispetto a un anno fa. Il centro è ora quasi completamente percorribile: pochissime le transenne a chiusura delle strade. Alcune gru si innalzano in corrispondenza dei cantieri aperti, segnalando che la ricostruzione è in atto. Piazza Costituente, che dopo il terremoto era deserta, è ora piena di persone che passeggiano, bevono un caffè ai tavolini del bar del teatro, o si fermano in gruppetti a chiaccherare sotto il sole pomeridiano. La Galleria del Popolo, la cui struttura aveva pur resistito bene al terremoto, un anno fa era vuota; oggi è nuovamente frequentata, e molti negozi hanno riaperto. Pochi mesi dopo il terremoto, a Settembre 2012, era nato il progetto La Fenice. Dentro alla Galleria del Popolo, la volontà di un gruppo di persone ha fatto sì che vi fosse un punto di riferimento anche nel centro storico abbandonato. La Fenice ha promosso una visione positiva della rinascita della città, “tentando di rendere normale” - recita il profilo online del progetto – “la quotidianità di chi dentro Mirandola ci vuole stare […] Perché non è più così scontato andare in centro a passeggiare”. La Fenice è ormai un progetto avviato che organizza sempre più iniziative e attività a Mirandola; promuove prodotti di artigianato e della tradizione gastronomica locali, ospita concerti ed eventi culturali, e ha ottime recensioni. Dopo aver visitato il cuore della città ed essere state piacevolmente colpite dalla sua vivacità, abbiamo deciso 74
di recarci nella zona industriale, dove dopo il sisma diversi negozi avevano spostato l’attività in attesa di tornare in centro. Anche qui, la situazione ci si è presentata completamente diversa rispetto all’ultima visita. E’ una domenica pomeriggio di una bella giornata di dicembre: ci aspettiamo gente, traffico, famiglie alla ricerca dei regali di Natale o alle prese con la spesa settimanale. Ci aspettiamo, insomma, una situazione simile a quella incontrata a sei mesi dal sisma, quando, anche la domenica, anche con poste e banche chiuse, questa zona pullulava di frequentatori. Davanti al centro commerciale, invece, è rimasto solo qualche container – una banca, un ufficio postale, una compagnia di assicurazioni – e non ci sono quasi auto parcheggiate, né persone. Il Centro in Galleria, che ci aveva molto colpite mesi fa, c’è ancora, ma è chiuso. Mentre fotografiamo il suo corridoio deserto, arriva un gruppetto di mirandolesi a piedi; scopre che i negozi fanno orario ridotto. “Ma come, a Natale?!” esclama una signora.
Una gru nel centro di Mirandola 75
Lavori alla chiesa di San Francesco 76
La macelleria halal nel centro della cittĂ , ancora inagibile
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Molti edifici hanno ancora le strutture per la messa in sicurezza, ma le strade sono aperte 78
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In alto, piazza Costituente e i suoi frequentatori In basso a destra, persone ferme a chiaccherare di fronte alla Galleria del Popolo Qui sopra, un manifesto promuove la manifestazione di protesta indetta a dicembre 2013 80
Il parcheggio deserto tra i container e il supermercato
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Il Centro in Galleria, completamnente chiuso
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Manifesti che pubblicizzano la costruzione di un nuovo comparto residenziale 83
Un cantiere nell’area industriale di Mirandola 84
Industrie mirandolesi
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STRATEGIA
LA PROCEDURA STAMINALE Dall’analisi appena compiuta è emersa la presenza di una sconnessione del tessuto urbano nelle sue parti: il centro ha perso il proprio ruolo simbolico e di conseguenza la capacità di attrarre i cittadini, i quartieri residenziali hanno sviluppato dei propri poli di aggregazione che si basano sulla presenza di un centro commerciale in assenza di piazze e luoghi pubblici adeguati, e le aree industriali, pur essendo vicine ai quartieri residenziali e al centro storico, ne risultano completamente sconnesse. Nel complesso, si può dire che il tessuto urbano di Mirandola sia fortemente zonizzato, giacché a ogni momento della giornata corrisponde un’area precisa in cui i cittadini svolgono le proprie attività quotidiane: il lavoro per la maggior parte nella zona industriale, il commercio e gli acquisti in periferia nei centri commerciali, e la vita domestica nelle villette e nei condomini ordinatamente disposti nei quartieri residenziali attorno a un centro storico tenuto vivo in larga misura dalla presenza degli stranieri che qui abitano, dalle attività di pubblica amministrazione e dalle chiese. Questa la condizione precedente al terremoto. Quale evento improvviso, inaspettato e violento, il sisma priva di ogni certezza la comunità tanto quanto il singolo. Si genera così un meccanismo fortemente introspettivo per ciascun individuo, e cresce contemporaneamente il bisogno di un confronto collettivo. Anche la città risente del trauma, rivelando i propri errori come in un moto di nudità improvvisa. Si prende coscienza delle condizioni dell’abitare, della devastazione del territorio, dell’urbanizzazione dissennata e delle condizioni inattuali delle aree urbane. Si può dire che la città – come corpo della società – si interroga su se stessa. Se dal punto di vista architettonico si cercano le responsabilità, dal punto di vista urbanistico prevale l’aspetto positivo, la volontà di recuperare gli sbagli. Dopo molti anni si ricomincia a riflettere sul ruolo degli spazi della città.
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In un territorio che ha visto prevalere per anni il dominio del soggetto e del diritto di proprietà, per la prima volta la città è percepita come bene comune e condiviso. Cellule staminali urbane
Negli ultimi anni, la ricerca medica è stata impegnata nello sviluppo delle sperimentazioni con le cellule staminali. La cellula staminale è una cellula primitiva non specializzata, totipotente e autorinnovante, in grado di trasformarsi assumendo le caratteristiche del tessuto da riparare; può essere impiegata per la ricostruzione di tessuti biologici danneggiati da malattie terminali o degenerative che non trovano risposte nella medicina tradizionale. E’ dunque un elemento essenziale e semplice ma capace di evolversi a seconda del contesto in cui si trova, il quale si presenta con le proprie peculiarità e la propria struttura; la cellula vi viene inserita, ne è inglobata, e comincia a svilupparsi, crescere e specializzarsi, al punto da riuscire a modificare la struttura dell’organo ospitante. La cellula e il contesto proliferano assieme finché non è più possibile distinguerli: sono ormai una cosa sola. Un ragionamento analogo, fuor di metafora, si può applicare al tessuto urbano devastato dal sisma.
Red+Housing p.158
Durante l’emergenza, alcune strutture vengono inserite nel tessuto della città a supporto della popolazione colpita, come ad esempio tende, strutture per la distribuzione di pasti, spazi d’ascolto e di assistenza sanitaria e infine luoghi di aggregazione provvisori come, a Mirandola, le tende a sostituzione del centro culturale islamico nate per iniziativa della comunità musulmana. Queste strutture sono state rimosse alla fine della prima emergenza, cioè a sei mesi circa dal sisma.
Container temporary house p.161
Vi sono però altre strutture la cui permanenza si protrae necessariamente anche durante la seconda emergenza, dal momento che rivestono funzioni il cui ripristino nella sede originaria prevede tempi più lunghi – per esempio esercizi commerciali, banche, uffici postali, biblioteche o abitazioni.
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Dal momento che queste permangono per un tempo così esteso nel tessuto urbano, è difficile credere che non abbiano alcun effetto, nemmeno temporaneo, su di esso, o che non ne vengano minimamente influenzate; crediamo invece che esse possano innescare un processo di rigenerazione urbana “reagendo” con il proprio contesto,
Villaggi Veloci Housing a Iquique p.162
qui inteso come l’insieme delle caratteristiche fisiche e delle condizioni sociali di un luogo. Innanzitutto le strutture che caratterizzano la seconda emergenza hanno un ruolo
Il valore simbolico
fortemente simbolico: hanno infatti un legame sia con il terremoto che con la ricostruzione, in quanto si sviluppano in reazione all’emergenza, e la loro funzione è via via meno necessaria man mano che la ricostruzione procede. Può sembrare logico che, una volta ripristinata la funzione nella propria sede originaria, le strutture provvisorie vengano rimosse. Tuttavia è possibile che esse abbiano ormai un ruolo consolidato all’interno del tessuto urbano. Col passare dei mesi infatti esse sono diventate un punto di riferimento per la popolazione, un luogo di ritrovo sicuro con cui i cittadini hanno istituito un legame emotivo e in
Housing a Iquique p.163
cui si può essere sviluppato un senso di comunità inedito rispetto alle condizioni precedenti al terremoto. Inoltre, la possibilità di rimuovere completamente queste strutture induce a riflettere sul tema della memoria. Due sono i possibili atteggiamenti nei confronti
Costruire subito / costruire bene
della ricostruzione: cancellare completamente il ricordo del sisma dal volto della città, ricostruendo ogni cosa com’era e dov’era nel minor tempo possibile, oppure includere nella ricostruzione una traccia di ciò che è stato, senza eludere le riflessioni di attualizzazione e trascurare le opportunità di miglioramento che, nonostante tutto, il sisma porta con sé.1 Nel primo caso, si fornisce una risposta immediata ai bisogni della gente, ma ciò che viene ricostruito subito manca di una pianificazione a lungo raggio e tuttavia sedimenta nei secoli e assume carattere di permanenza. Territori che hanno dato una risposta immediata nel post-terremoto hanno il più
Una riflessione sulle possibilità offerte dai metodi di ricostruzione alternativi al “com’era, dov’era” è scaturita dalla lettura di Catastrofismo e terremoti di E. Gerelli (2012), in particolare dei paragrafi dedicati al terremoto in Friuli del 1976.
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delle volte manifestato una crisi negli anni successivi al completamento della ricostruzione; alle ricostruzioni più veloci sono nate e si sono sviluppate le città più inadeguate. Nel secondo caso, invece, la risposta al sisma è progressiva e graduale, necessariamente più lenta e distribuita su un arco di tempo maggiore; tuttavia, fornisce una città adeguata al presente e meditata per le generazioni future. Alterazione delle dinamiche spaziali
Infine, è lo spazio fisico a essere coinvolto e modificato in questo processo: le strutture hanno una determinata collocazione in virtù della loro funzione e di altre necessità quali per esempio l’accessibilità, la fascia d’età a cui si rivolgono, la compatibilità con funzioni preesistenti; allo stesso tempo, i luoghi in cui sono inserite si modificano e si adattano alle esigenze dei frequentatori. Nascono così nuovi spazi: una strada dove emerge il bisogno di mettere in comunicazione due o più strutture, un parcheggio dove è necessario posteggiare, una piazza dove le persone tendono a sostare, e così via.
Le funzioni
L’obiettivo di questo progetto è di sperimentare una strategia di ripresa per la città di Mirandola che porti all’individuazione di regole da poter seguire in casi analoghi. A tale scopo, abbiamo selezionato alcune funzioni che, venute a mancare con il sisma, vanno reintegrate nel tessuto urbano attraverso l’inserimento di strutture per la seconda emergenza, seguendo la logica delle “cellule staminali urbane”; queste poi si svilupperanno dal punto di vista spaziale e funzionale, adattandosi alle esigenze della popolazione e al contesto mutevole.
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Erogatore pasti
Archivio
Dopolavoro
Chi ha perso la casa nel sisma o non è autorizzato ad accedervi per ragioni di sicurezza si trova nell’impossibilità di provvedere al proprio sostentamento. L’erogatore pasti si occupa della distribuzione di alimenti e beni di prima necessità e offre degli spazi per la preparazione e la somministrazione di pasti caldi per la popolazione. L’edificio è composto da una serie di magazzini, cucine e spazi di distribuzione.
Durante il sisma, la biblioteca ha subìto gravi danni. Una volta distribuiti i libri recuperati dalle macerie tra scuole e magazzini, ci si è posti il problema di istituire un luogo dove i mirandolesi potessero restituire i libri presi in prestito prima del terremoto, e in cui si potesse conservare e gestire la documentazione relativa ai beni culturali danneggiati. L’archivio, collocato nelle vicinanze della biblioteca, assolve a questa funzione.
Venuti meno i punti di riferimento all’interno della città, occorre un luogo dove chi lavora possa ritrovarsi e svagarsi al termine della giornata e nei giorni liberi. Una struttura che proponga attività varie per diverse fasce d’età, dalle sale per i corsi di ballo al campo di bocce, integrata con i campi sportivi esistenti. Un’occasione per portare in luce i danni del terremoto alle strutture sportive, favorendone la sistemazione e l’incorporamento in un sistema più grande che coinvolge più cittadini.
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Luogo di culto
Asilo
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Durante la prima emergenza la comunità musulmana, assai numerosa a Mirandola, essendosi trovata improvvisamente priva del proprio punto di riferimento – il centro culturale islamico – si è autonomamente organizzata con tende e strutture temporanee allestendo, tra l’altro, un luogo di culto provvisorio dove poter pregare. In un momento così drammatico, c’è stato chi non ha compreso l’importanza di conservare le proprie abitudini e tradizioni anche se in minoranza rispetto al resto della popolazione. Crediamo invece sia importante che tutte le voci vengano ascoltate: per questa ragione è previsto un luogo di culto islamico all’interno della città, in una posizione che favorisca almeno la vicinanza, se non il dialogo, con i mirandolesi autoctoni.
Nonostante l’emergenza, è fondamentale non trascurare le necessità dei bambini, dei quali deve essere preservato il diritto al gioco. L’asilo è una struttura di riferimento dove, grazie ad attività idonee per i più piccoli, questi possano anche elaborare il trauma del terremoto. Inoltre fornisce un servizio fondamentale alle famiglie che devono occuparsi dell’emergenza: molte scuole materne mirandolesi hanno chiuso con il sisma, lasciando ai genitori il problema di trovare chi badi ai figli durante il giorno. Coloro che non possono o non vogliono affidarsi a un costoso asilo privato o non hanno la possibilità di portare i bambini in una struttura più lontana possono rivolgersi all’asilo temporaneo.
Residenze
Ospedale macerie
La prima esigenza che emerge dopo un terremoto è quella di fornire posti letto agli sfollati. È fondamentale che le nuove abitazioni siano ben connesse a una serie di servizi, tenendo conto delle esigenze di chi vi andrà ad abitare. È altresì importante che le case non siano semplici “contenitori di sfollati”, ma che possano effettivamente essere accoglienti, funzionali e di facile gestione, onde evitare che i disagi causati dal malfunzionamento delle abitazioni vadano a sommarsi a quelli causati direttamente dal terremoto.
Come abbiamo visto, le macerie sono sommariamente smistate e conferite alle discariche. Quale invece il futuro dei detriti di edifici storici con valore architettonico riconosciuto? Di molti si prevede il restauro, ma spesso alcuni materiali ancora utilizzabili vengono rimossi al pari di macerie qualunque. Inoltre, anche se per alcuni edifici si opta per la demolizione, non sempre i cittadini sono disposti a cancellarne la memoria. A questo scopo nasce l’ospedale delle macerie, dove queste vengono smistate, conservate e controllate in attesa di un riuso futuro. Nel caso in cui si decidesse di non ricostruire l’edificio, i detriti conservati “in ospedale” potranno essere utilizzati per interventi di carattere paesaggistico.
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I moduli Paper partition system p.160
La principale caratteristica della cellula staminale è quella di essere indifferenziata, totipotente e autorinnovante. Nel tentativo di riprodurre queste caratteristiche nelle strutture della seconda emergenza abbiamo individuato nella modularità, nella componibilità e nella flessibilità le caratteristiche principali delle cellule staminali urbane. La cellula staminale urbana deve essere infatti replicabile in serie, così da poterne creare facilmente spazi diversi per ampiezza e forma. Inoltre è fondamentale che i moduli siano velocemente realizzabili e facilmente trasportabili, economici e facili da assemblare in loco. Due sono le forme individuate per i moduli: un cubo di 5 metri per lato, e un parallelepipedo a base esagonale, con un’area di base analoga a quella del cubo. Questa differenziazione da noi introdotta fin dal principio vuole operare una prima distinzione sul piano funzionale, distinguendo le strutture dedicate al negotium da quelle dedicate all’otium nell’accezione latina, ossia distinguendo tra una dimensione più “pratica” e una più “ludica”. Così all’erogatore pasti, alle residenze e all’archivio sono dedicati i moduli cubici, regolari, che si dispongono agevolmente in una sequenza lineare, con uno spazio interno facilmente divisibile e regolabile; al dopolavoro e all’asilo sono invece dedicati i moduli a base esagonale, che meglio si prestano a essere aggregati “a grappolo” a formare sale più ampie per il gioco e le attività ludico-sportive.
La localizzazione
Sette dunque sono le funzioni da collocare nel tessuto urbano di Mirandola. Ci si pone ora il problema di quali siano i luoghi più opportuni dove innestare le cellule staminali. Non sono gli architetti a prendere questa decisione, bensì i tecnici della protezione civile, con un approccio funzionale ed estremamente essenziale. Vi sono due caratteristiche comuni a tutte le aree: queste devono essere sgombre e sufficientemente ampie da non essere minacciate dal crollo degli edifici circostanti, e devono essere facilmente raggiungibili a piedi, in bicicletta, con l’automobile e con i mezzi pubblici. In questo modo, chiunque ha la possibilità di raggiungere agevolmente i servizi erogati.
96
Osservando la mappa di Mirandola, salta all’occhio immediatamente un vasto vuoto urbano collocato tra la zona industriale, i quartieri residenziali a Nord-Est dal centro cittadino e i quartieri delle villette monofamiliari, lambito dalla circonvallazione, a pochi metri di distanza da piazza Costituente e dalla biblioteca comunale. Questo spazio sembra possedere le caratteristiche necessarie a ospitare i moduli provvisori; nelle prossime pagine esamineremo nel dettaglio la loro collocazione al suo interno.
97
Le fasi
Abbiamo deciso di esaminare lo stadio di proliferazione delle cellule staminali in quattro differenti momenti, corrispondenti ad altrettante fasi di sviluppo e qui presentati in ordine cronologico. La nostra visione si estende per dieci anni, durante i quali si sviluppano scenari diversi; le cellule si evolvono e instaurano rapporti differenti con il tessuto urbano esistente. Le fasi progettuali sono state sviluppate con un approccio sperimentale, simulando dapprima l’intervento della protezione civile e successivamente l’elaborazione di un piano strategico di carattere maggiormente architettonico e di progettazione urbana. Poiché le fasi sono sperimentali e strettamente interdipendenti, sono stati molteplici i tentativi risultati inefficaci per l’avanzamento della strategia. Riportiamo di seguito gli esiti positivi, omettendo quelli che non hanno portato a soluzioni proficue. La prima fase corrisponde ai sei mesi successivi al terremoto, cioè al periodo da noi definito della prima emergenza. In questo intervallo avviene la disposizione delle cellule staminali urbane di base nelle aree individuate. La seconda fase si estende da sei mesi a un anno dopo il sisma. Con questa fase inizia il periodo cosiddetto della seconda emergenza, nel quale avviene la proliferazione delle cellule staminali urbane; ciò consente una maggior differenziazione a livello spaziale e dunque uno sviluppo delle funzioni di base, che risultano maggiormente definite. Inoltre sono innestate funzioni che non presentano un legame stretto con le necessità della prima emergenza. La terza fase comprende l’arco di tempo che va da un anno a cinque anni dopo il sisma. In questo periodo più lungo avviene la riassegnazione delle funzioni in base alle mutate esigenze dei cittadini. Alcuni moduli vengono spostati da una sede all’altra, mentre altri vengono aggiunti; sono realizzati i collegamenti pedonali e ciclabili tra le diverse funzioni. Tra queste si instaurano dei rapporti di tensione,
98
dovuti sia alla prossimità dei moduli che alla loro capacità di dialogare con il tessuto urbano e tra di loro. Inizia così a delinearsi una strategia che include sia le cellule staminali che il paesaggio che le ospita. Dunque si affronta il problema del riuso
Monte Stella McLeod tailings pp.165-166
delle macerie, con le quali sono realizzate delle “dune” che modificano il paesaggio. Nella quarta fase, che termina a dieci anni dal terremoto, avviene la completa
Gleisdreieck Park Sudgelande Natur Park Cultuurpark Westergasfabriek pp.167-169
integrazione delle cellule staminali con il tessuto urbano. I moduli e le loro funzioni sono ormai consolidati sul territorio e il sistema di tensioni che li unisce ha dato vita a una strategia che trasforma il vuoto urbano in cui i moduli sono inseriti in un luogo con una propria identità.
FASE 1
sisma
FASE 2
6 mesi
FASE 3
1 anno
FASE 4
5 anni
10 anni
erogatore pasti
mercato
mercato
mercato e autostazione
archivio
osservatorio
osservatorio
urban center
asilo
asilo
ciclofficina
ciclofficina
ufficio
dopolavoro
dopolavoro
dopolavoro
luogo di culto
luogo di culto
luogo di culto
residenze
residenze
residenze
residenze
ospedale macerie
ospedale macerie
dune di macerie
dune di macerie
99
stazione
100
erogatore pasti
FASE 1 EROGATORE PASTI 10 L’erogatore pasti è il luogo in cui sono forniti pasti caldi alla popolazione sfollata o a chi non dispone più di una cucina. È collocato in prossimità dei campi attendati nel grande spiazzo
dell’autostazione,
ed è facilmente accessibile data la sua prossimità alla circonvallazione di Mirandola. Questa
caratteristica
è
fondamentale per garantire la facilità di rifornimento da parte della Protezione Civile. È costituito da 10 moduli cubici, e lo spazio antistante è
riparato
da
un’ampia
copertura che permette di mangiare all’aperto protetti dal sole e dalle intemperie, e funge da luogo di ritrovo per i cittadini.
101
archivio
102
FASE 1 ARCHIVIO 8 L’archivio nasce dall’esigenza di raccogliere e proteggere i libri della biblioteca di Mirandola e di conservare la documentazione relativa ai beni culturali danneggiati. Si trova in prossimità della biblioteca
esistente
ed
è
facilmente raggiungibile dalla circonvallazione,
in
modo
da facilitare il trasporto dei volumi. È composto da otto moduli cubici disposti a semicerchio; a ciascuno dei gruppi di moduli è assegnato un tipo diverso di documenti.
103
asilo
104
FASE 1 ASILO 7 La struttura nasce per ospitare durante il giorno i bambini il cui asilo è stato dichiarato inagibile dopo il sisma. È collocata in prossimità di una strada carrabile ma è comunque
immersa
nella
vegetazione esistente, e ha un collegamento
preferenziale
con i quartieri residenziali e con le nuove abitazioni costruite dopo il sisma. L’asilo è costituito da sette moduli a base esagonale che si sviluppano in lunghezza.
105
ufficio dei campi sportivi
106
FASE 1 UFFICIO DEI CAMPI SPORTIVI 2 Dopo il sisma è importante riattivare anche le strutture sportive. A questo scopo due cellule sono
affiancate
a
una
palestra esistente che risulta temporaneamente
inagibile
ma non è a rischio di crollo. Le cellule fungono da ufficio amministrativo riorganizzare
dal
quale
l’intera
area
sportiva.
107
residenze
108
FASE 1 RESIDENZE 9+ Con la prima fase inizia la costruzione delle residenze per le famiglie che hanno perso la casa nel sisma. Le nuove abitazioni sono collocate residenziale
nel
quartiere di
nuova
espansione a Est del centro storico. Vi sono due tipologie di appartamenti, a seconda del numero di inquilini: una è composta da tre moduli, per un totale di 75 metri quadrati, e l’altra, distribuita su due piani, ha metratura doppia.
109
ospedale macerie
110
FASE 1 OSPEDALE DELLE MACERIE 6
66
Dopo il terremoto emerge la necessità di collocare le macerie degli edifici storici o vincolati in un luogo controllato,
in
attesa
di
un riuso futuro. A questo scopo
nasce
l’ospedale
delle macerie al limitare del comparto industriale, nelle immediate vicinanze della strada provinciale e dunque facilmente
accessibile
ai
camion. Inizialmente esso si compone di dodici moduli di 150 metri quadri l’uno, di cui uno chiuso per conservare gli elementi più delicati e ospitare un ufficio.
111
stazione
112
mercato multiculturale
FASE 2 MERCATO MULTICULTURALE 15 Una volta esaurita la prima emergenza, l’erogatore pasti viene convertito in un mercato all’aperto in cui le diverse etnie presenti a Mirandola possono vendere e comprare i loro prodotti tipici. Così questo spazio riconferma il suo ruolo di luogo di relazione. Di fronte ai moduli esistenti ne vengono aggiunti cinque, disposti linearmente.
113
osservatorio urbano
114
FASE 2 OSSERVATORIO 12 Pur
conservando
la
sua
funzione di archivio, una parte della struttura si sviluppa in altezza diventando una torre che funge da osservatorio sulla città che rinasce e sui suoi cantieri. Contemporaneamente,
le
cellule sono collegate da un unico volume a formare un “corpo”, verso una maggiore definizione
architettonica.
Questo si appoggia a un muro che ha resistito al sisma e che diventa
parte
dell’edificio
stesso. Il numero dei moduli a terra dunque non varia, ma cinque di essi vengono impilati a formare la torre alta 25 metri.
115
asilo
116
FASE 2 ASILO 17 Poiché la funzione dell’asilo viene mantenuta, si aggiunge un modulo per l’ufficio e nove moduli-pensilina al fine di creare uno spazio aperto ma coperto.
117
dopolavoro
118
luogo di culto
FASE 2 DOPOLAVORO E LUOGO DI CULTO 8 Quando abbiamo contattato l’ufficio amministrativo degli impianti sportivi ci è stato raccontato che, mentre i campi sono
stati
completamente
ripristinati, mancava ancora un bar. Due moduli sono stati affiancati all’ufficio ed è stato realizzato un dehors coperto tra le due strutture, anche in previsione di un ulteriore sviluppo delle cellule. Contemporaneamente
sono
stati inseriti quattro moduli a sostituzione del centro culturale
islamico
crollato
durante il sisma; l’intento è stato quello di avvicinare le attività quotidiane - pur molto differenti - di due culture diverse.
119
residenze
120
FASE 2 RESIDENZE 81 Durante la seconda fase è completata
la
costruzione
delle residenze per un totale di 18 appartamenti e 81 moduli. Ciascun
appartamento,
a
seconda della metratura, è dotato di un piccolo spazio antistante o di una terrazza, nonchÊ di un posto auto retrostante al complesso.
121
ospedale macerie
122
FASE 2 OSPEDALE DELLE MACERIE 6 Col
66
procedere
delle
demolizioni e degli sgomberi, è
necessario
spazio
di
ampliare
deposito
lo
delle
macerie. L’espansione
avviene
in
maniera lineare.
123
demolizione della stazione
124
mercato multiculturale
FASE 3 MERCATO MULTICULTURALE 18 Mantenendo
nel
tempo
la
del
mercato
multiculturale
si
intende
favorire
compresenza
funzione la
di diverse culture in uno spazio vuoto
precedentemente e
senza
alcuna
caratterizzazione. Una “base neutra”, dunque, nella quale si instaurino nuovi rapporti di
convivenza
liberi
dal
conflitto per l’appropriazione degli spazi che avveniva nel centro storico, dove alla maggioranza
di
residenti
stranieri si contrapponeva il mercato di piazza Costituente, privo di prodotti etnici. Il mercato ha uno sviluppo lineare che prevede l’aggiunta di moduli in serie su entrambi i lati. L’autostazione di Mirandola, ormai
fatiscente,
viene
demolita.
125
osservatorio urbano
126
FASE 3 OSSERVATORIO 12 Una volta definito l’oggetto architettonico, ci si rivolge allo
spazio
circostante:
mentre di fronte all’edificio si sviluppa una piazza, al retro si appoggia una duna realizzata con le macerie degli edifici crollati che digrada verso il campo da calcio.
127
ciclofficina
128
FASE 3 CICLOFFICINA 8 Non essendo più necessario accogliere
i
bambini
in
un
provvisorio,
la
asilo
struttura viene trasformata in un’officina dove poter riparare e parcheggiare le biciclette, diventando così un punto di sosta lungo i percorsi e le passeggiate che collegano le varie funzioni. In questo caso il numero di moduli risulta eccessivo rispetto alle esigenze; dunque quattro pensiline
volumi sono
e
cinque
trasportati
da questa sede a quella del dopolavoro, dove serviranno a implementare nuove attività.
129
dopolavoro
130
luogo di culto
FASE 3 DOPOLAVORO E LUOGO DI CULTO 8
9
Il dopolavoro si arricchisce dei
moduli
provenienti
dall’area dell’asilo che è stata riconvertita in ciclofficina. Questi vanno ad ampliare l’offerta
di
attività
del
dopolavoro ospitando corsi di ballo, yoga, ping-pong, recitazione e così via. Inoltre viene costruito un campo per le bocce regolamentare. La pavimentazione dell’area consente
di
raggiungere
agevolmente tutte le strutture sportive, inclusi i moduli.
131
residenze
132
FASE 3 RESIDENZE 81 Le
residenze,
ormai
completate, vengono collegate attraverso dei percorsi alle altre strutture inserite nei dintorni. Al
contempo
volontĂ
di
emerge
realizzare
la un
disegno degli spazi aperti.
133
dune di macerie
134
FASE 3 DUNE DI MACERIE
Le macerie che non sono state riutilizzate per il restauro degli edifici sono impiegate per realizzare delle dune che proteggano l’area rurale dall’espansione del comparto industriale, contribuendo a definire il margine tra questi due ambiti. Definendo il margine si dà la possibilità alla campagna di riappropriarsi di un vuoto urbano
precedentemente
incolto e trascurato; così nell’area sorgono piantagioni e colture di specie diverse.
135
nuova stazione
136
mercato multiculturale
FASE 4 MERCATO MULTICULTURALE E AUTOSTAZIONE 27 Il
mercato
multiculturale,
proliferando,
favorisce il
rinnovamento
della
città
dando vita a una serie di spazi. Così al posto della vecchia autostazione ormai demolita ne è costruita una nuova, e tra questa e il mercato si inseriscono nuove funzioni per la ristorazione. Attraverso
pavimentazioni
diverse sono definiti gli ambiti delle varie funzioni, dando forma a una piazza.
137
osservatorio urbano
138
spalti per lo stadio di Mirandola
FASE 4 URBAN CENTER E SPALTI 12 I volumi che precedentemente fungevano da archivio, una volta esaurita la loro funzione, diventano uno spazio museale sul sisma e sulla ricostruzione. Man mano che i cantieri vengono chiusi, i pannelli a rivestimento della torreosservatorio sono rimossi per offrire una visuale sulla cittĂ che rinasce. Lo
spazio
circostante
è
ulteriormente definito con la creazione di percorsi e la realizzazione di spalti sulla porzione di duna che si affaccia sul campo sportivo.
139
ciclofficina e noleggio biciclette
140
FASE 4 CICLOFFICINA 8 Rimanendo sostanzialmente immutata dal punto di vista spaziale,
la
struttura
si
arricchisce di nuove funzioni, offrendo esplorare
la i
possibilitĂ
di
dintorni
in
bicicletta e fungendo da punto di partenza per visite della cittĂ storica, del comparto industriale e della biodiversitĂ della pianura modenese.
141
dopolavoro
142
luogo di culto
FASE 4 DOPOLAVORO E LUOGO DI CULTO 8
9
La funzione del dopolavoro è ormai consolidata; a servizio dell’area
è
realizzato
un
posteggio per le automobili dedicato, schermata
la da
cui
vista
una
è
duna
realizzata con le macerie degli edfici crollati.
143
residenze
144
FASE 4 RESIDENZE 81 L’introduzione della vegetazione e di una duna di macerie contribuiscono a realizzare una maggior definizione degli spazi aperti circostanti le residenze. Queste non hanno carattere di modulo abitativo provvisorio, bensÏ
sono
consolidarsi.
destinate Lo
a
sviluppo
dello spazio circostante lascia prevedere
una
possibile
futura espansione della cittĂ in questa direzione.
145
dune di macerie
146
FASE 4 DUNE DI MACERIE La
campagna
si
inoltra
verso la cittĂ e conquista definitivamente
il
vuoto
urbano. Le dune di macerie, le piantagioni e i percorsi disegnano il paesaggio e realizzano
un
progressiva
sfumatura dalla cittĂ verso la campagna.
147
148
CONCLUSIONI Vorremmo concludere con due considerazioni di carattere etimologico. La parola “catastrofe”, nel suo significato originario greco, indica il punto culminante e risolutivo della trama nella drammaturgia e nella poesia antica; deriva dal greco antico καταστροφή, composto di κατά (katà, cioè basso, fondo, termine) e στρέφειν (strèphein, girare, voltare), col significato di “volgere alla fine”. La “catastrofe” è dunque la vicenda conclusiva che conclude le peripezie del protagonista e indica la possibilità di una ripresa. L’ideogramma cinese traducibile in italiano con la parola “crisi” (in pinyin weiji) è composto da due caratteri: il primo, wei, corrisponde alla parola “pericolo”, mentre il secondo, ji, è di più difficile traduzione. Il significato più diffuso in occidente è “opportunità”, il che ha reso famoso questo ideogramma per indicare le occasioni offerte da un evento negativo. Tuttavia ci sono altre possibili interpretazioni, come ad esempio quella che vede ji tradotto come “punto cruciale”. Qualunque sia la sua traduzione esatta, è evidente che un momento di crisi mette la popolazione di fronte a una scelta. La consapevolezza che il terremoto, come qualsiasi altro evento sfavorevole, può portare opportunità e occasioni di svolta e di riscossa è in grado di modificare l’atteggiamento con cui il singolo e la comunità affrontano il momento di crisi. Siamo rimaste colpite dalla forza che gli emiliani hanno dimostrato nell’affrontare le conseguenze del sisma, riavviando in maniera autonoma la produzione e il commercio. Il terremoto emiliano è un’altra delle tante occasioni in cui gli italiani hanno dimostrato la loro “arte di arrangiarsi” che, tra vizi e virtù, molti considerano distintiva del nostro “spirito nazionale”. Anche l’architetto può e deve essere parte integrante di questo processo di rinascita: crediamo che l’architettura possa avere un ruolo determinante nel cercare delle risposte ai problemi legati ai bisogni della comunità.
149
La strategia proposta non è di tipo impositivo quanto piuttosto di tipo propositivo: l’architetto non interviene subito, ma una volta terminato il compito della protezione civile, e rinuncia a predeterminare i risultati della strategia, consentendo alla città di disegnare in maniera autografa il proprio destino. Agisce così da mediatore tra i cittadini e le loro necessità, senza fornire soluzioni salvifiche. Il parco lineare
A partire dalle cellule staminali disposte sul territorio si sviluppano dei rapporti di tensione che vengono messi a sistema in una strategia. Questa gradualmente prende la forma di un parco lineare la cui testa si trova in prossimità del centro cittadino e istituisce con esso un forte legame. L’area in cui sono innestate le cellule si trasforma da vuoto urbano lasciato a se stesso a luogo definito e dotato di una propria identità, capace di instaurare un nuovo dialogo con il tessuto urbano. Il parco lineare, estendendosi verso la campagna, entra progressivamente in comunicazione anche con il contesto industriale e rurale, sfumando dalla città verso la campagna. Così sia la città si apre verso la campagna, sia questa si addentra a riconquistare lo spazio urbano. Quella presentata è solo una delle tante possibili applicazioni della procedura staminale, in cui le funzioni di base sono sostanzialmente le stesse indipendentemente dai diversi contesti urbani in cui vengono inserite.
Nella pagina accanto, un disegno della testa del parco
150
151
154
155
SUGGESTIONI Abbiamo raccolto alcuni progetti che, per una ragione o per l’altra, hanno influenzato lo sviluppo della procedura staminale applicata alla città di Mirandola. Essi sono qui classificati in quattro categorie, a seconda dell’aspetto dei progetti che più ci ha interessate.
Potenzialità del modulo
Potenzialità generativa del progetto
Riuso delle macerie
Riqualificazione del vuoto urbano e definizione del margine
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Red+Housing Obra Architects
Il progetto Red+Housing di OBRA Architects è stato presentato all’esposizione CROSSING: Emergency Dialogues for Architecture, tenutasi nel 2009 al National Art Museum of China (NAMOC) di Pechino per commemorare il terremoto avvenuto in Sichuan nel maggio 2008. Il progetto consisteva nello sviluppo di un prototipo di casa d’emergenza che potesse essere prontamente collocata in aree coinvolte in un disastro naturale o artificiale. Il progetto è stato messo a punto tenendo conto che in situazioni d’emergenza l’intervento deve essere decisivo e preciso poichè, per definizione, un’emergenza si verifica improvvisamente e richiede una risposta immediata, la quale però può avere conseguenze a lungo termine. Il manifesto, Architecture on the Edge of Survival, era costituito dai seguenti punti: 1. universalmente applicabile: attraverso una serie di piccole variazioni la casa d’emergenza può essere utilizzata a tutte le latitudini 2. performance efficiente 3. economico: grazie alla scelta di usare materiali localmente repibili e grazie al montaggio a secco 4. trasportabile: infatti le forme degli elementi primari sono bidimensionali 5. facile da assemblare: il montaggio avviene con tecnologia a secco e ad incastro, quindi non è necessaria manodopera specializzata 6. materiali rinnovabili: si fa uso di materie reperibili localmente come stuoie di bambù, sabbia, paglia, teli di plastica e pali di legno per la struttura 7. prefabbricazione digitale: grazie alla quale il risultato è massimamente preciso e quindi facilmente gestibile soprattutto nella fase di montaggio 8. aperto: la casa cruciforme, oltre ad essere iconica, ha nella sua simmetria
158
biassiale una certa “indifferenza” spaziale che permette la sua facile ricombinazione e giustapposizione con altre strutture già esistenti 9. urbano/rurale: le case disposte in gruppi definiscono spazi ad espansione illimitata, che presuppongono l’esistenza di un contesto urbano 10. flessibile nella spazialità interna Il caso riportato a nostro parere è esemplificativo di come una piccola struttura d’emergenza possa essere ricca di potenzialità nelle sue applicazioni e generativa nelle disposizioni; al contempo riteniamo che le sue caratteristiche di flessibilità e indifferenziazione avvalorino le potenzialità del modulo, che risulta essere universalmente valido ed efficace.
159
Paper partition system Shigeru Ban
Nel marzo 2011 un terremoto di magnitudo 9.0, seguito da un potente tsunami, ha distrutto il Giappone, provocando morti e dispersi, e lasciando i sopravvissuti senza la loro abitazione. L’archiettto giapponese Shigeru Ban, accorso immediatamente, ha sviluppato ulteriormente l’idea, già sperimentata in precedenza, di un sistema di partizioni affinchè tutte le famiglie evacuate e radunate nelle palestre potessero avere una propria – seppur minima - privacy, dal momento che questa situazione sarebbe durata per mesi, cioè finchè il governo avesse fornito case temporanee alla popolazione. Le partizioni sono composte solo da tubi di carta di 3 diametri differenti che si incastrano senza elementi aggiuntivi, e da lenzuola bianche attaccate alla struttura e tenute insieme da spille da balia. Realizzate e prodotte in Giappone, le unità si compongono della stessa metratura quadrata per ogni famiglia e sono state finanziate esclusivamente da donazioni. Il progetto, pur essendo molto standardizzato, crea facilmente possibilità di differenziazione e in questo tenta di risolvere un problema a nostro parere poco considerato ma rilevante, cioè quello del bisogno della privacy e di uno spazio personale anche in situazioni d’emergenza. Al tempo stesso riteniamo che il modulo, pur essendo estremamente standardizzato, dimostri di essere capace di creare spazi distinti e specifici grazie all’apporto degli utenti.
160
Il terremoto del marzo 2011 in Giappone ha devastato anche la città di Onagawa, distruggendo 3800 delle sue 4500 case. A causa della topografia, nell’area non c’era abbastanza terreno pianeggiante per
Container temporary house Shigeru Ban
alloggiare un numero sufficiente di case temporanee ad un piano, normalmente costruite in tali situazioni d’emergenza. Così Ban presentò al governo locale una soluzione che prevedeva la costruzione di unità multipiano costituite da container. Data la scarsità di superficie, al progetto venne destinato un campo da baseball, dove l’architetto costruì nove edifici, tre strutture a due piani e sei a tre piani, per accogliere un totale di 189 famiglie. I container sono stati posizionati a scacchiera al fine di creare uno spazio aperto tra ciascuna unità e per migliorarne le prestazioni sismiche. Le strutture sono state progettate in modo da poter essere facilmente assemblate impilando le varie unità prefabbricate e riutilizzate durante futuri casi d’emergenza.
161
Secondo Shigeru Ban sarebbe stato opportuno che le persone che abitavano vicine prima del disastro vivessero ancora vicine nelle case temporanee. In realtà questa condizione non si è pienamente verificata, ma il suo pensiero mette in luce ancora una volta l’approccio funzionale e al contempo sociale dell’architetto. Infatti, oltre alle abitazioni, sono stati costruiti un centro di ritrovo, uno spazio per bambini e un mercato. Attraverso la combinazione di un unico elemento, il container, Ban è riuscito a sviluppare un sistema modulare complesso e pienamente articolato, che potesse dare origine a un nuovo insediamento futuro nella città appena distrutta dal terremoto. Villaggi Veloci Cino Zucchi
Il progetto è stato parte della mostra La Vita Nuda, tenutasi nel 2008 alla Triennale di Milano, che partiva dal tema della “Casa per tutti”e si poneva il problema di come affrontare nel mondo di oggi l’elementare bisogno dell’uomo di abitare, cioè del bisogno di fare città. Con il progetto sperimentale Villaggi Veloci, Cino Zucchi ha proposto un modello di casa provvisoria che fosse sensibile all’ambiente circostante, affrontando così il tema dell’adattamento di un prototipo abitativo a climi, tecnologie, risorse e abitudini diverse. Ha analizzato inoltre le potenzialità di una singola unità ripetuta di generare un insediamento collettivo mediante spazi di transizione, superando i ragionamenti spaziali puramente combinatori. L’unità minima è collaudata in rapporto ai diversi climi e ai diversi spazi, il suo involucro entra in relazione con l’ambiente circostante, con le sue caratteristiche climatiche, con i materiali e con i colori del contesto di cui fa parte. Il prototipo comprende gli elementi minimi per rispondere ai bisogni esistenziali di un abitante in situazioni climatiche critiche (un letto, un bagno, uno spazio cucinasoggiorno, un soppalco con postazione di lavoro o eventuale letto aggiuntivo) e accenna a una potenziale appropriazione dello spazio aperto che lo circonda.
162
Elemental è un’iniziativa internazionale nata in Cile agli inizi del XXI secolo per promuovere l’innovazione nell’architettura, nelle tecniche edilizie, nell’urbanistica e nello sviluppo della progettazione di alloggi a basso costo. Il progetto ha operato in un contesto con scarse risorse, utilizzando la città come base per attenuare e
Social Housing a Iquique Elemental + Alejandro Aravena
correggere le ineguaglianze di tipo socio-economico. Il progetto di architettura, quindi, si rivela una strategia di appropriazione del territorio. Il social housing è stato associato per molto tempo a una mancanza di risorse economiche e professionali; Elemental si è proposta di cambiare questa accezione negativa sfruttando appieno le proprie competenze professionali. Il progetto, terminato nel 2004, ha permesso a 93 famiglie appartenenti alla comunità insediata percariamente da trent’anni nell’area di Quinta Monroy ad Iquique, nel Cile settentrionale, di diventare proprietarie degli appartamenti realizzati. L’austerità dell’insediamento, eseguito sotto la direzione architettonica di Alejandro Aravena, ha resistito solo per poco: gli abitanti, coinvolti anche nella fase di progettazione, hanno iniziato un processo di ampliamento e modificazione delle architetture e degli spazi del quartiere e, preservando i caratteri del progetto architettonico originario, hanno dato vita ad una progressiva ma rapida trasformazione del quartiere. Aumentando la densità del costruito, Elemental ha offerto un modello insediativo
163
diverso dall’attuale proliferazione orizzontale tipica della città sudamericana, mantenendo la comunità nel sito originale, vicino al centro di Iquique: i legami affettivi e lavorativi sono stati mantenuti, favorendo l’uso di uno spazio collettivo comune.
164
Si tratta di una collinetta artificiale formata dall’accumulo di macerie degli edifici bombardati
durante la seconda guerra mondiale e da altro materiale
Monte Stella Piero Bottoni
proveniente dalla demolizione degli ultimi tratti dei bastioni di Milano avvenuta dopo il 1945. Il progetto si deve all’architetto Piero Bottoni. La collina artificiale ha un’altezza di 45 metri ed è costituita da gradoni collegati da una strada panoramica che, girando attorno al monte, ne raggiunge la cima, da dove si ha un’ampia vista della città e del suo hinterland. Completato all’inizio degli anni ‘60, il Monte Stella fu destinato a parco urbano e arricchito di alberi solo nel 1971; tra gli anni ‘70 e ‘90 fu utilizzato per manifestazioni sportive, feste di partito, fiere e spettacoli. Questo modo di riutilizzare le macerie è significativo poichè si tratta di detriti derivanti da una catastrofe, benchè artificiale, utilizzati per generare qualcosa di simbolico, duraturo e apprezzabile dalla comunità cittadina.
165
McLeod Tailings Martha Schwartz
Martha Schwartz, famoso architetto paesaggista, ha utilizzato gli scarti dell’attività estrattiva di Geraldton, in Ontario, per modificare il paesaggio circostante. Gli scarti, che originariamente coprivano un’area di 170 acri per un totale di 14 milioni di tonnellate, sono stati spostati e disposti a formare delle colline/sculture lungo il ciglio della strada, segnando l’ingresso della città. Modificando la morfologia del suolo si è ottenuto molto più di un semplice effetto estetico: i percorsi che si snodano sulle colline invitano i visitatori a esplorare il paesaggio a piedi, in bicicletta e, quando il clima lo consente, persino in slitta. L’intervento ha consentito di aggiungere piste per motoslitte, con benefici per il turismo; è previsto un ampliamento del campo da golf adiacente. Il progetto per la miniera di Geraldton mostra la possibilità che la progettazione offre di dare un nuovo carattere a un paesaggio desolato attraverso il riuso di materiali di scarto. Non si tratta solo di muovere la terra, ma di realizzare un manufatto culturale, sottolineando il ruolo dell’attività mineraria nella vita della città.
166
Il parco a Gleisdreieck si estende per un’ampia area nel raccordo triangolare che collega gli storici siti ferroviari delle stazioni merci Potsdamer e Anhalter.
Gleisdreieck Park Loidl
Dopo il ’61, con la costruzione del Muro di Berlino, le spese per mantenere le linee ferroviarie poco utilizzate erano eccessive, quindi gran parte dei binari della stazione vennero chiusi. Solo nel ’97, anni dopo la caduta del Muro, l’amministrazione trovò un accordo con la società proprietaria dell’ex area ferroviaria, definendo la costruzione del parco. Nel 2006 il Dipartimento per lo Sviluppo Urbano di Berlino ha indetto un concorso per la progettazione del parco, che è stato vinto dall’Atelier di Architettura del Paesaggio Loidl. Il Gleisdreieck Park è oggi un parco pubblico con impianti ricreativi nell’area di Kreuzberg. Il complesso progetto di riqualificazione dell’area ha visto, come spesso succede a Berlino, la partecipazione dei cittadini impegnati attivamente nella pianificazione del parco, che nasce dai resti di aree infrastrutturali ormai abbandonate. Il parco sfuma dalla zona urbanizzata di Kreuzberg verso i margini esterni della città, confondendosi col paesaggio naturale e infrastrutturale esistente, diventando poi il Sudgelande Natural Park. Il parco, inaugurato nel ’99, si estende sull’area che era l’antico deposito e scalo merci nella zona di Tempelhof, posta all’incrocio tra due linee ferroviarie che collegavano Berlino con Halle e Dresda.
Sudgelande Natur Park Buros OkoCon+Ingo Kowarik
Con la fine della guerra e la conseguente divisione di Berlino, i treni a lunga percorrenza che attraversavano la città subirono modifiche nei tracciati; così lo scalo di smistamento di Tempelhof chiuse definitivamente. I binari e tutte le strutture ferroviarie vennero gradualmente recuperate dalla natura, sparendo per 50 anni inglobate dalla vegetazione spontanea. E’ solo nel ’93, dopo un ventennio di controversie politiche, che una società berlinese ha trasformato questo affascinante sito in un parco accessibile al pubblico. Gli interventi di architettura del paesaggio sono nati dalla collaborazione tra lo studio
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Büros ÖkoCon e il paesaggista Ingo Kowarik, con la partecipazione di un gruppo di artisti nonché di molti cittadini. Oggi l’area è dominata dall’affascinante combinazione tra natura, cimeli ferroviari e oggetti d’arte. Sulla sede del vecchio tracciato dei binari si snoda un lungo percorso di acciaio rialzato che permette di non avere un contatto diretto con il suolo, tutelando così l’aspetto di riserva naturale del parco. La sala per le riparazioni delle locomotive è stata trasformata in un laboratorio d’arte, usato anche per eventi speciali. Il parco lineare Südgelände Natural Park rappresenta uno dei più interessanti progetti di riqualificazione urbana e ripristino di un’area ferroviaria dismessa, convertita in maniera vantaggiosa per la comunità. Inoltre riteniamo che sia particolarmente esemplificativo in relazione al nostro progetto in quanto il parco sorge come prolungamento del più urbano Gleisdreieck Park verso i margini della città, in uno spazio lungo e stretto che funge da area di transizione tra una vasta zona industriale e un quartiere residenziale a bassa densità.
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Creato dalla rigenerazione di un’industria del gas di Amsterdam del XIX secolo e dell’area circostante, il progetto ha previsto uno spazio culturale multifunzionale, la Westergasfabriek, e un parco circostante l’edificio, coniugando così l’aspetto
Cultuurpark Westergasfabriek Gustafson Porter
urbano e quello naturale ed esplorando diversi approcci all’ambiente. Sviluppato attraverso incontri con la comunità locale, il masterplan ha messo in relazione il paesaggio storico antico e quello post-industriale. I percorsi nel parco sono stati pavimentati con materiali di riciclo, la piantumazione è consistita in un’accurata commistione di piante autoctone e di nuove specie; dal drenaggio delle acque del lago è sorto un grande spazio vuoto per accogliere i festival estivi. Un valido esempio, a nostro parere, di come il design dell’elemento naturale possa contribuire alla definizione di uno spazio margine tra urbano e rurale.
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RINGRAZIAMENTI
Ringraziamo il nostro relatore Franco Tagliabue e la nostra correlatrice Nina Bassoli per ciò che ci hanno insegnato in aula, in gita e nella vita. Un grazie anche a Beatrice Azzola e Mariachiara D’Amico per l’aiuto, i consigli e il tempo passato assieme. Grazie ad Andrea Rebecchi per la sua disponibilità da vero emiliano. Ringraziamo Teo e Carlito per il loro contributo a questa tesi. Infine, grazie alle nostre amiche Isa, Marti, Cate, De, Bonni, Anna, Nabby. Marta Ringrazio la mia cara amica Viola, compagna di questa e mille altre avventure. I miei genitori Margherita e Francesco per il loro amore e supporto, e tutto il resto della famiglia. Primavera, un faro nella notte buia. Pier, che è una persona speciale. Viola Ringrazio i miei genitori e la mia famiglia, Gordon e il Pellizz perché ciascuno, a suo modo, ha saputo darmi il suo sostegno. Grazie alla Mip: siamo una grande squadra.
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