16 05 2014 il gazzettino

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Venerdì 16 maggio 2014

UNA STORIA VERA

Tre anni cancellati nel dolore: il corpo non dimentica

XXIII

RO

(E.Z.) Violetta Bellocchio ha trentaquattro anni e un buco nella memoria: tre anni cancellati, dai venticinque ai ventotto, perduti in un buco nero da cui emergono all'improvviso dolorosissimi flash. Tre anni da alcolista, da "binge drinker" che ora racconta in «Il corpo non dimentica» (Mondadori, 274 pagine, 17 euro). Una storia fatta di angoscia, di incontri sbagliati, ricoveri in ospedale, bruciature, svenimenti, del terrore di chiudere gli occhi per l'ultima volta. Una storia iniziata quasi per caso, «come altre cadono negli incontri di lotta clandestina, oppure vanno a recitare nei

porno con calci e sputi», una storia che resta tatuata sulla pelle con tutta la sua violenza ma anche con l'assurdo splendore delle esperienze estreme. La dipendenza fa sentire «in ginocchio davanti a qualcosa che non capiamo», a un dio terribile che ha il potere di esaltare e di umiliare. «È difficile smettere perché è impossibile accettare che niente ci farà sentire mai più così», «tu non sei una fiamma, sei la fiamma: tu bruci. Tutta quanta te, passata e futura, prende fuoco». Comincia il lungo cammino della disintossicazione, quando tutti ti dicono che ce l'hai fatta e tu hai paura che basti un passo falso

per rimandarti nell'abisso. Con terrore e pazienza, scheggia dopo scheggia, Violetta Bellocchio ricostruisce se stessa attorno a parole chiave che, come calamite, chiamano intorno a sè immagini e storie; e così facendo dà vita a un libro che è un ricordare coraggioso, di graffiante autoironia, e un documento letterario di straordinaria forza emotiva. Pagine che vibrano di dolore e raccontano come liberarsi da se stessi non sia mai possibile, e che solo la forza di riconoscere il passato apra la porta a un futuro possibile, consapevole, migliore. © riproduzione riservata

ROVIGO RACCONTA VIOLETTA BELLOCCHIO Racconta la storia di un’esperienza realmente vissuta nell’abisso dell’alcolismo e della successiva rinascita

Elisabetta Zanchetta Non è una scienziata, né una terapeuta. Sono passati anni da quando stava male, passando per il periodo in cui ha smesso di bere a quello della scrittura del suo libro "Il corpo non dimentica". Violetta Bellocchio racconta di sè, dentro e fuori da quelle pagine che rappresentano la testimonianza di un cammino intenso che porta al cambiamento della propria vita, nell'ambito di Rovigo Racconta alle 18.30 di sabato 31 maggio in Piazzetta Annonaria. Perché si diventa alcolisti? Come si cade nel tranello della dipendenza? «Io non mi sentivo mai abbastanza carina, brillante, vera. Avevo molti alti e bassi e abusando della sostanza alcolica mi sentivo più reale, più drammatica anche. Poi, in Italia l'alcol è una sostanza legale». Quando ha deciso di smettere, di dire basta? «Una mattina, avevo 28 anni, mi sono svegliata come tante altre prima altre stando male, dopo l'ennesima sbornia. Ho pensato che mai più mi sarei voluta risvegliare così. Ma la scintille che ha fatto scattare la svolta, è stato l'accorgermi che prima di crollare sul letto non avevo chiuso la porta di casa e che, chiunque, durante la notte, avrebbe potuto entrare e fare chissà cosa». Quale percorso occorre affrontare per uscire della dipendenza? Come cambia il rapporto con gli altri? «Decidere di uscirne, rivolgersi a un gruppo di autoaiuto non è come lo descrivono nei film. A me dissero che se ero lì significava che avevo già deciso di guarire accettando me stessa. Ma non era

Violetta Bellocchio, l’alcol dall’abisso alla liberazione del tutto vero. Guarire significa cambiare nel profondo, nel modo di stare con gli altri, dandosi tanti strumenti positivi, autoingannandosi a volte, per darsi stimoli a stare meglio. Ma io parlavo poco del mio passato e affrontando nuove situazioni, nuovi amici che non mi conoscevano, non potevo credere che sapessero ciò che avevo passato, e che per questo mi volessero più bene». In Italia esiste una legge che vieta la vendita degli alcolici ai minori di 18 anni. Secondo lei è strumento sufficiente per

prevenire il fenomeno dell'alcolismo? «Assolutamente no. Conosco molti alcolisti che vivono in paesi con limiti ben più severi di quelli presenti in Italia. In alcune parti del nostro paese, poi, esiste la cultura legata al bere bene. Se si parla del problema dell'alcolismo in zone tipo il Monferrato, in Piemonte, si è accusati di rovinare la festa a tutti. Il titolo del libro da dove nasce? «Da una frase presente nell'introduzione del libro "Mezzanotte a vita" di Jerry Stahl,

scrittore americano poco tradotto e conosciuto in Italia. Ma ho scoperto che anche un romanzo rosa della Harmony, ha lo stesso titolo! Parla di nuovi amori di vedovi e divorziati! Speriamo che i lettori non si confondano o meglio che le librerie non vendano l'uno al posto dell'altro. Si farebbero delle risate...». Il suo libro è scritto in prima persona, riportando a galla un fiume di sgradevoli ricordi. Se lo potesse riscrivere oggi, cosa ne cambierebbe? «L'ironia sarebbe stata adatta a

condire alcuni punti del libro. Sicuramente nel libro non c'è la parola "diamanti". Quelli finti che indossavo quella volta, in un bagno di una discoteca londinese, insieme a una canotta Benetton, mentre osservata da una signora a metà tra "donna delle pulizie" e "controllora di noi ragazze un po’ brille", mi guardavo allo specchio osservando la mia figura. Mai più scriverò un libro che rappresenti un'esperienza intima come questa. Per me è stata una liberazione, come se avessi dato i miei occhi a chi legge».

PAVANELLO

PROFESSIONALE SPECIALIZZATO IN: narratura, giuridico, fiscale, tecnico prodotti per ufficio Piazza V. Emanuele, 2 - Rovigo - tel. 042524056 - fax 0425461308 libreria.pavanello@libero.it - www.pavanelloprofessionale.it

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