17 05 2014 corriere della sera

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Tempi liberi 39

Corriere della Sera Sabato 17 Maggio 2014

Controcopertina Famiglie Il questionario di Proust per bambini Nome

Il tuo difetto

Età

Il difetto dei tuoi genitori

Che cosa ti rende triste

I nomi che ti piacciono di più

Che cosa non ti piace fare Bevanda preferita

Scaricare il questionario e la liberatoria (da far firmare ai genitori) dal blog 27esima Ora di Corriere.it Spedirli con una foto alla mail proustperbambini @corriere.it

Dove abiti

L’ultima volta che hai pianto

Che cosa ti piace della tua città

Vacanze preferite

E cosa non ti piace

Colore preferito

Libro o film preferito

Il tuo migliore amico o amica

Animale preferito

Gioco preferito

Che cosa ti fa paura Piatto preferito Che cosa vorresti fare da grande Il tuo eroe o eroina

Il peluche con cui dormi

Dietro il bicchiere Dall’America all’Italia i dati raccontano un’emergenza. E pongono nuove domande

Donne che amano l’alcol Come cresce un problema

Tasto «muto» su Twitter La voglia di zittire gli altri di COSTANZA RIZZACASA D’ORSOGNA

È il massimo dell’ipocrisia, e il paradosso social. La nuova funzione «mute» di Twitter, per «zittire» chi seguiamo senza che questi lo vengano a sapere. L’unfollow garbato, in realtà ruffianissimo: fantastico per liberarci dei noiosi e dei molesti, dei troll, dei partigiani del retweet compulsivo, senza doverci arrampicare sugli specchi in giustificazioni. E c’è un sottilissimo piacere nel selezionare il «mute»: un senso di rivalsa al pensiero di tutti quei tweet insopportabili che svaniscono in un clic. Ma non era comunicare il punto dei social media? Con l’opzione «mute» staremo invece tutti a chiederci se quelli che ci seguono ci leggono davvero, o se non hanno, forse, zittito i nostri tweet. Così alla fine ci sentiremo più soli ed alienati. «C’è qualcuno là fuori?» «Mi sentite?» «Interessa a qualcuno quello che ho da dire?» Il «mute» conferma che su Twitter il dialogo è solo in apparenza l’obiettivo: gli altri ci irritano, vogliamo stare a sentire solo noi. Un pubblico adorante, che interagisca solo per dire sempre sì e quanto siamo bravi. Bramiamo strumenti che permettano di modellare il nostro giardinetto. Mugugniamo se dobbiamo aggiungere qualcuno che non possiamo non seguire. Ma guai se quelli a cui diciamo falsissimi «Ti lovvo» o mandiamo cuoricini e «Miao», scoprissero che ci sono intollerabili. Quello sì, sarebbe rude. Il «mute», insomma, è il diritto di ignorare gli altri senza pagarne il prezzo, senza assumercene le responsabilità. Il trionfo del passivo aggressivo: fare i bulletti passando per gentili. Perché se ignori un amico nella vita sei un cretino, ma se lo fai su Twitter è un’applicazione. È questo, infine, ciò che abbiamo costruito: un mondo dove tutti sono molesti e tutti vengono zittiti. Artificialissimo, eppur così reale: lo specchio dei nostri desideri. Perché quello che vorremmo veramente è mettere il «mute» agli altri nella vita. © RIPRODUZIONE RISERVATA

di SERENA DANNA

L’

ambasciatrice involontaria dell’estetizzazione dell’alcol è stata Jacqueline Kennedy. Nel 1962, la televisione trasmise un tour nella Casa Bianca e milioni di cittadini americani rimasero colpiti dalla presenza di due calici di vino sulla tavola presidenziale. «In poche potevano permettersi gli abiti della First Lady — scrive il Wall Street Journal — ma quel cristallo prodotto in West Virginia era un piccolo pezzo di glamour alla portata di molte». Il rapporto tra donne e alcol nasce allora, limitato inizialmente alle vedove del conflitto mondiale e destinato a crescere e diversificarsi in un mercato che intravide presto nella nuova fetta di consumatrici, quella su cui puntare. A distanza di mezzo secolo, la previsione dei vignaioli californiani si è rivelata vincente: secondo il Wine Institute, le donne sono le principali acquirenti dei 3 miliardi di litri di vino venduti ogni anno negli Stati Uniti. Quattordici milioni praticano il binge drinking (bere fino alla sfinimento) almeno tre volte al mese: sono professioniste benestanti (guadagno annuale di 75 mila dollari), studentesse di liceo o donne tra i 18 e i 34 anni. Negli ultimi dieci anni il numero di arrestate per abuso di alcolici è aumentato del 30% mentre sono più che raddoppiate le giovani ricoverate per intossicazione da alcol. In Italia, ad esempio, si registrano 24 mila ricoveri all’anno. Gli scienziati sociali concordano nel legare il crescente consumo al cambiamento del ruolo della donna nella società, scorgendo nei bicchieri di troppo la conseguenza paradossale di una parità impossibile: il corpo femminile — sottolinea il National Institute on Alcohol Abuse and Alcoholism — contiene meno acqua e più grassi, caratteristiche che portano a un assorbimento più rapido delle sostanze. Inoltre ha una dose minore dell’enzima che ostacola l’ingresso dell’alcol nel sangue. Il rischio mortale è doppio: basti pensare che la quantità di drink tollerati è di 7 bicchieri alla settimana e 3 in una volta sola (per gli uomini il numero raddoppia a livello settimanale e arriva a 4 per quella giornaliera). Per la scrittrice Ann Dowsett Johnston, autrice di Drink: The Intimate Relationship

La storia

I numeri Negli Stati Uniti ci sono

Sul blog 27esimaOra Violetta Bellocchio, 37 anni, autrice del libro «Il Corpo non dimentica» (Mondadori, 276 pagine, 17 euro) ha scritto un articolo per La Ventisettesima Ora, il blog di Corriere.it, raccontando la sua esperienza con l’alcolismo Il libro Nel romanzo, che è diventato un caso

+30%

15,1

milioni di alcolisti

-7%

Un terzo sono donne

55%

52%

L’aumento dal 1999 al 2008 di giovani donne ricoverate per intossicazione dovuta all’alcol (l’8% maschi)

le donne americane che bevono regolarmente. La percentuale è cresciuta del 40% in 10 anni

24% universitarie

Secondo il Wine Institute le donne comprano la maggior parte degli 800 milioni di galloni di vino venduti ogni anno negli Stati Uniti (1 gallone = 3,7 litri) editoriale anche grazie al passaparola dei lettori sui social network, Bellocchio racconta i suoi tre anni da alcolista binge drinker: un buco nero che l’autrice ha rimosso per molto tempo, fino a quando a deciso di intraprendere un faticoso ma necessario viaggio nella rimozione

Between Women and Alcohol, la nuova patologia sarebbe «il risultato negativo della pressione contemporanea che spinge le donne ad essere perfette». Fin dalle origini, vodka e affini sono stati associati al relax. Una copertina del 1977 della rivista McCall’s parlava del vino come della «nuova dieta anti-stress». Nello stesso periodo i supermercati affidavano il banchetto delle bevande alle rassicuranti madri di famiglia che invitavano le passanti a fare una pausa dalle fatiche domestiche. A un crescente abuso di alcolici, non corrisponde però né un’adeguata cura né la dovuta attenzione sociale, negli Stati Uniti, dove — ricorda Johnston — «le aziende di alcolici sono percepite come innocue rispetto a quelle del tabacco», come in Italia: «Nel nostro Paese l’alcol è come il cibo: si può trovare ovunque,

La27ora Jill Abramson ha lasciato il «New York Times»

Dal 1998 al 2007 il numero di donne arrestate per guida in stato di ebbrezza è aumentato del 30% (gli uomini sono diminuiti del 7%)

Ma il Nyt era in crisi? No, era bello e in crescita costante

Voglio vivere da «donna normale» La mia battaglia contro l’alcolismo (e la parte peggiore di me)

di Stefania Chiale

di Violetta Bellocchio

Di madre in figlia Si rivolge alle giovani la Casa delle Donne di Milano Ma i centri anti violenza restano dimenticati da Renzi di Marta Serafini

*bere fino allo sfinimento

Tendenze

Donne che praticano binge drinking* Il gruppo Moms Who Need Wine su Facebook ha 685 mila mi piace

anche all’autogrill — afferma Violetta Bellocchio, autrice di Il corpo non dimentica —. Se, durante le feste, persone assumono cocaina, l’anomalia è colta da tutti, ma se le persone si ubriacano, sembra normale». Negli anni da alcolista, la scrittrice si è sen-

A chi rivolgersi L’Istituto superiore di sanità del ministero della Salute ha un telefono verde per l’alcol 800 63 2000. Informazioni e servizi utili: www.salute.gov.it; w.epicentro.iss.it/alcol www.alcolonline.it

10%

tra i 45 e i 64 anni

3%

over 65

tita spesso sola: «Quando ti vedono magra, si sentono autorizzati a dirtelo. Ma se bevi, tutti tacciono. L’anoressia è ovunque, l’alcolismo un fantasma». Anche le cure sono spesso inadeguate alle «nuove» pazienti. Il metodo degli Alcolisti Anonimi, che detiene ancora oggi il monopolio nel settore, è stato ideato nel 1935 da due uomini convinti di poter combattere l’alcolismo addomesticando — attraverso sessioni di gruppo — l’ego maschile. «I dodici passi del metodo A.A. , scrive Gabrielle Glaser in Her Best-Kept Secret, non valutano che l’abuso femminile di alcol non dipende quasi mai da un eccesso di arroganza, ma spesso dalla mancanza di sicurezza». @serena_danna © RIPRODUZIONE RISERVATA

Tempiliberi


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