Visitart n.10 Ita

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5,00 €

semestrale sulle arti a Firenze n.10 autunno 2014/2015 inverno

in questo numero:

il ’900 a

FIRENZE Renato Bertelli, Profilo continuo. Dux, 1935, particolare. Firenze, Palazzo Pitti, Galleria d’arte moderna

e anche: le grandi mostre i musei i percorsi architettonici i tesori nascosti la mappa della città i monumenti le attività per i bambini i personaggi


organizzata con il Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofía di Madrid a cura di Eugenio Carmona 20 settembre 2014-25 gennaio 2015

disponibili in diverse lingue tutti i giorni su richiesta prenotazione obbligatoria 055 2469600 prenotazioni@palazzostrozzi.org

Giovani e adulti a Palazzo Strozzi • Kit disegno. Per visitare la mostra disegnando ed esplorare l’arte con creatività

per tutti; disponibile gratuitamente con il biglietto della mostra presso il Punto Info del piano nobile

• Parliamo d’arte. Una conversazione in mostra per uno scambio di opinioni che permette di cogliere diversi punti di vista e approfondire alcune tematiche 2 ottobre, 6 novembre, 4 dicembre 2014, 8 gennaio 2015, dalle 18; disponibile anche su richiesta per un minimo di 6 partecipanti prenotazione obbligatoria 055 2469600 prenotazioni@palazzostrozzi.org attività gratuita con il biglietto della mostra

Attività per pubblici speciali • A più voci. Un’attività dedicata alle persone con Alzheimer, ai familiari e agli operatori che se ne prendono cura. Il progetto, in collaborazione con educatori geriatrici specializzati, prevede cicli di tre incontri il martedì dalle 15; possibilità di partecipare ai singoli incontri prenotazione obbligatoria 055 3917141 edu@palazzostrozzi.org

• Visite guidate per persone con disabilità. Una visita dialogica, pensata per gruppi di persone con disagio psichico, disturbi cognitivi o disabilità motorie, prevede l’osservazione di una selezione di opere e il coinvolgimento di ciascun partecipante disponibile su richiesta 055 3917141 edu@palazzostrozzi.org attività gratuita con il biglietto della mostra

www.palazzostrozzi.org

Sezioni della mostra

Attività in mostra e oltre la mostra Palazzo Strozzi si propone come un laboratorio di idee e sperimentazione di nuove modalità per rapportarsi all’arte. Con il suo approccio di “ascolto visibile”, il museo diviene un luogo di apprendimento informale, in cui ciascuno può mettere in atto strategie di conoscenza e apprendimento personali. Per questo ogni mostra dà spazio a punti di vista diversi e mette al centro l’esperienza di ogni singolo visitatore. Visite alla mostra per gruppi e singoli Un’occasione per approfondire i temi della mostra e scoprire i capolavori di Picasso

piazza degli Strozzi

La mostra presenta un’ampia selezione di opere di Pablo Picasso, provenienti dalla collezione del Museo Reina Sofía, che illustrano la sua influenza sull’arte del XX secolo mettendolo a confronto con importanti artisti spagnoli come Joan Miró, Salvador Dalí, Juan Gris, María Blanchard, Julio González. Circa 90 dipinti, sculture, disegni, incisioni compresi nel periodo tra il 1910 e il 1963 e un film di José Val del Omar permettono per la prima volta di mostrare insieme le poetiche condivise, i denominatori estetici e gli interessi plastici comuni della volontà creatrice sviluppata da Picasso e da altri artisti spagnoli artefici dell’evolversi dell’arte moderna, nel rapporto con il contesto sociale, storico e politico. La rassegna esalta le grandi tematiche che hanno attraversato l’opera di Pablo Picasso e permette inoltre di conoscere la sua personalità, il rapporto spesso indissolubile tra la sua arte e la sua vita, tra l’opera che va compiendo e il periodo in cui vive, con la Storia che spesso entra in modo dirompente nei suoi quadri.

Palazzo Strozzi

P i c a s s o e la modernità spagnola

Sala Lettura e Touch table La Sala Lettura permette di arricchire la propria visita, sfogliando libri legati a temi e artisti della mostra: dai saggi dei curatori alla narrativa per l’infanzia e ai grandi classici. Alla fine del percorso espositivo un touch table permette di sfogliare libri e taccuini con acqueforti e disegni di Picasso e Torres-García e di realizzare una propria cartolina digitale utilizzando il tema picassiano del mostruoso Il Passaporto di Palazzo Strozzi Il Passaporto propone un itinerario in Toscana per ripercorrere le tracce degli artisti spagnoli che nella prima metà del Novecento hanno soggiornato in Italia. Il Passaporto timbrato in almeno cinque luoghi del percorso dà diritto all’ingresso gratuito alla mostra di Palazzo Strozzi www.palazzostrozzi.org/firenzeintasca

Ciclo di conferenze Cinque incontri per approfondire i temi proposti dall’esposizione

Maria Grazia Messina, Picasso e il cubismo: una questione aperta (Museo Novecento, 8 ottobre ore 17.30); Desdemona Ventroni, Picasso nei reportage fotografici del secondo dopoguerra (Biblioteca Nazionale Centrale, 21 ottobre ore 17); Giandomenico Semeraro, Picasso e il teatro/Il teatro di Picasso (Teatro della Pergola, 5 novembre ore 18); Susanna Ragionieri, Saltimbanchi, attori e maschere della commedia dell’arte nell’Italia del tempo di Picasso (Museo Marino Marini, 19 novembre ore 17.30); Alfredo Zuppiroli, Picasso: “Scienza e Carità”. Iconografia del rapporto medico-paziente (Lyceum Club Internazionale, via degli Alfani 48, 1 dicembre ore 18)

Martedì al Cinema con Palazzo Strozzi Rassegna cinematografica legata alle mostre di Palazzo Strozzi

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L’albero di Guernica, 30 settembre Terra e libertà, 7 ottobre Donne sull’orlo di una crisi di nervi, 14 ottobre Il fascino discreto della borghesia, 21 ottobre Apri gli occhi, 28 ottobre

Riferimenti

Realtà e sopra-realtà

La prima sezione si interroga sul destino di Pablo Picasso come mito e come artista: è dedicata al tema della metafora del processo creatore, chiarito attraverso una delle versioni de Il pittore e la modella (1963) e la proiezione delle acqueforti e dei disegni per Le Chef-d’œuvre inconnu di Honoré de Balzac (1931).

La quinta sezione, che prende nome da uno scritto di Salvador Dalí del 1928, è dedicata alla dialettica della creazione artistica tra realtà e sopra-realtà nella peculiare declinazione dell’arte spagnola delle poetiche e delle forme del Surrealismo, incarnate – oltre che da Picasso e Dalí – anche da artisti quali José Solana o Antonio López.

Picasso: variazioni

Verso Guernica: il Mostro e la Tragedia

La sperimentazione tra generi e tecniche, tema della seconda sezione, è un altro elemento caratterizzante del concetto picassiano di modernità. La sezione include opere rappresentative di tutti i suoi principali momenti artistici; tra i capolavori esposti, il Ritratto di Dora Maar (1939), fotografa introdotta nella cerchia dei surrealisti, incontrata da Picasso a Parigi nel 1935 e divenuta sua amante, che fu ricorrente soggetto femminile dei suoi quadri.

Idea e Forma

Punto culminante dell’esposizione è lo straordinario nucleo di disegni preparatori, incisioni e dipinti che testimoniano giorno per giorno l’ispirazione e il lavoro svolto da Picasso nel maggio del 1937 per la realizzazione di Guernica. Suddiviso tra mostruoso e tragico, l’insieme dei lavori e degli schizzi preparatori permette di ricostruire trasferimenti e contaminazioni tra le figure e i simboli del capolavoro di Picasso.

Natura e cultura

La terza sezione affronta il singolare – e poco conosciuto – contributo spagnolo all’arte della forma concreta e analitica, ovvero quel modo di condensare l’idea nella forma, indipendentemente dal registro astratto o figurativo. Ne sono importanti esempi le opere Arlecchino con violino di Juan Gris (1919), Donna con chitarra di María Blanchard (1917) e Tempo sereno di Pablo Palazuelo (1959).

Altro tema peculiare della modernità spagnola è la fondamentale relazione tra natura e cultura che in questa sezione è approfondito tramite i lavori di artisti quali Alberto Sánchez, Óscar Domínguez, Eduardo Chillida; tratto caratteristico dell’esperienza culturale spagnola era infatti la ricerca dell’identità attraverso i rapporti tra il Paese, il paesaggio e la popolazione.

Lirismo. Segno e superficie

Nell’ultima sezione si esplicitano i modi in cui gli artisti spagnoli affrontarono la svolta verso un’altra nozione di modernità nell’apertura cronologica ed estetica del presente, mentre Miró diveniva il più influente tra gli innovatori spagnoli e Picasso si convertiva in un mito vivente, sebbene la sua opera fosse ormai vista come il riverbero della grandiosa traiettoria precedente.

Il titolo della sezione indica il lirismo definito in pittura e scultura da segno, superficie e spazio. Esempi di questa tendenza si ritrovano in dipinti come Strumenti musicali su un tavolo di Picasso (1924-1926) e in sculture quali Grande Venere di Julio González (1936-1937) o Donna laboriosa di Ángel Ferrant (1948).

Verso un’altra modernità

Cinema Odeon (piazza degli Strozzi) ore 20.30 ingresso libero fino a esaurimento dei posti disponibili

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Forme e linguaggi dell’architettura fiorentina del Novecento

percorso architettonico

Emilia Daniele

Dottore di ricerca e docente, Università di Pisa

Gli esordi del XX secolo Qualità artigianale dei manufatti, eleganza del dettaglio, conservazione dell’identità stilistica locale, queste le caratteristiche dell’architettura fiorentina di inizio Novecento: decaduto il sogno della Firenze capitale, la città si affaccia al nuovo secolo ‘indifferente’ alle urgenti riflessioni su nuovi modelli insediativi conseguenti ai fenomeni di immigrazione massiva, vuoi operaia (come a Torino e Genova, centri di nuova industrializzazione) vuoi istituzionale (Roma e Milano); né sembra particolarmente interessata alle possibilità espressive delle innovazioni tecnologiche, territorio di sperimentazione delle città a vocazione industriale. I lotti ottocenteschi dei quartieri di espansione vengono via via colmati da casette a schiera (i cosiddetti “trenini”) o villini il cui massimo vezzo sta nella scelta da un vasto repertorio di elementi decorativi messi a punto fra le aule del locale Istituto di Belle Arti (non privi, va riconosciuto, di quel garbo e di quella misura irrinunciabilmente toscani) e realizzati con qualità artigianale di indubbia eccellenza. Mentre la città culturale e artistica partecipa attivamente ai movimenti d’avanguardia (si pensi al Futurismo fiorentino di Giovanni Papini, Ardengo Soffici e Aldo Palazzeschi), in architettura resta narcisisticamente ripiegata sulle passate glorie, consolidando quel ‘mito di Firenze’, cliché turistico più che patente identitaria, poeticamente inventato sin dall’Ottocento e pubblicizzato nel mondo dalla colonia di stranieri presenti in città. Vettore di rottura in questo clima di adusata eleganza, il bisogno di distinzione del nuovo ceto alto borghese che, guardando all’Europa, importa il Modernismo a Firenze: primo linguaggio incaricato di dar voce alle aspirazioni del nuovo secolo. Con la clamorosa eccezione della casa-galleria di borgo Ognissanti (1911, fig. 1), il Liberty troverà però accoglienza solo fuori dal centro storico e in Giovanni Michelazzi l’autore di pregevoli, per quanto tardi, esiti. Nel Villino Broggi-Caraceni, commissione matura del 1910, la sensazione di fluidità e il vitalismo invadono interamente l’organismo spaziale, non più confinati agli apparati decorativi (come ancora nel Villino Ravazzini, 1906-1907, e nei due villini Lampredi, 1907-1909), facendo di quest’opera una delle più felici realizzazioni dell’architettura del primo Novecento in Italia. Tuttavia la ricerca di Michelazzi rimane una voce isolata fra le tante che animano Firenze: se egli alla città lascia il suo personalissimo Liberty, Giovanni Paciarelli (Magazzini Pola e Todescan, 1901-1903) e in termini più riusciti Adolfo Coppedè (Casa Antonini, 1906-1907) e Paolo Emilio André (Villino Uzielli, 1902-1904) vi sperimentano il loro eclettismo, non insensibile agli aliti modernisti e ben distinto da Biblioteca quello storicistico di Cesare Bazzani (B Nazionale Centrale, 1906-1935, fig. 2), mentre Rodolfo Sabatini è presente con le sue imponenti realizzazioni in stile neorinascimentale (Palazzo delle Poste centrali, 1908-1914). Fra le due guerre La situazione dell’architettura fiorentina dopo la prima guerra mondiale ancora ristagna nel tradizionalismo e, a ben guardare, il filone di ispirazione rinascimentale continua ad avere eco fino alla vigilia della seconda guerra. Marcello Piacentini adotta l’opzione neoquattrocentista per il Cinema-teatro Savoia (poi Odeon, 1920-1922) reiterando i muri perimetrali del Palazzo dello Strozzino; l’aggiornamento avviene piuttosto negli interni, di netta impronta Art Déco, inaugurando una ‘moda’ non

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priva di filiazioni. Raffaello Brizzi, nel corpo docente e poi direttore della neonata Scuola superiore di Architettura (istituita nel 1926, inaugurata nel 1931, diretta da Brizzi presto affiancato da Raffaello Fagnoni e Giovanni Michelucci nell’insegnamento delle discipline specialistiche), adotta, per quanto parsimoniosi, chiari riferimenti al lessico rinascimentale fino all’ultimo scorcio degli anni Venti (si pensi alle realizzazioni per Montecatini); così come ‘in stile’ è la produzione giovanile di Fagnoni (inserti edilizi del piano per il quartiere di Santa Croce, 1928-1929; Casa del Fascio di Settignano, 1930). Koinè neocinquecentesca che per tutti gli anni Trenta è continuata da Rodolfo Sabatini (esemplificativa l’‘ammannatiana’ Casa del Mutilato in piazza Brunelleschi, 1931-1936, realizzata in concomitanza alla ‘rimodellazione’ della rotonda di Santa Maria degli Angeli sulla traccia dell’originario progetto brunelleschiano) e consolidata dalla sterminata produzione di professionisti del calibro di Ugo Giovannozzi (da episodi misurati come il Villino Marchi in piazza Savonarola, 1928-1929, a moli imponenti come la sede dell’Ina Assitalia in piazza della Stazione, 1935-1940). Mimesi stilistica delle preesistenze nel centro storico e reiterato protrarsi di modelli neomedievali e neorinascimentali, o al limite latamente modernisti, per le vesti dell’edilizia residenziale della prima periferia (a saturare le nuove maglie del piano Bellincioni, approvato nel 1924) se da un lato cristallizzano l’immagine della città dall’altro la preservano dalle ridondanti scenografie del regime fascista, così come dall’adozione superficiale degli stilemi razionalisti: ‘diffidenza’ in cui si innestano i germi della forza e dell’autonomia dell’architettura fiorentina degli anni Trenta. All’interno della Scuola di architettura, infatti, non può mancare il dibattito sulla contemporaneità e nonostante vi si delineino due correnti distinte – una più attratta dal tradizionalismo e dal monumentalismo (fra cui Brizzi e il primo Fagnoni), l’altra dal razionalismo (Michelucci, Italo Gamberini, Sarre Guarnieri, Nello Baroni, Gherardo Bosio, poi Aurelio Cetica e Pier Niccolò Berardi) – non può essere che unanime il consenso allo stadio comunale Giovanni Berta (Pier Luigi Nervi, 1929-1932, fig. 3) acclamato sulle pagine di ‘Architettura’ come sintomo del “risveglio delle energie italiane”. Ancora più notevole, oltre che per il valore intrinseco e innovativo dell’affermazione culturale anche per la durezza degli schieramenti critici contrari (che contestando la presunta impersonalità e l’asettica modernità del razionalismo inneggiano a un “ritorno all’ordine”), è il fatto che a vincere il concorso per il Fabbricato viaggiatori della stazione di Santa Maria Novella (1933-1935, fig. 4) sia proprio il Gruppo Toscano (un team partorito in seno alla Facoltà di Architettura: Michelucci, Baroni, Berardi, Gamberini, Guarnieri, Leonardo Lusanna) con un progetto elaborato a partire dalla tesi di Italo Gamberini: il più significativo evento dell’architettura razionale antimonumentalistica in Toscana, di immediata risonanza internazionale. Pur nell’assoluta novità di linguaggio, il Fabbricato viaggiatori presenta attenzione all’ambiente urbano e componenti di progetto locali, ‘tradizionali’; in questa particolare accezione di modernità si delinea il profilo di una vera e propria scuola fiorentina che, pur nella varietà delle declinazioni, avrà caratteri di riconoscibilità almeno fino agli inizi degli anni Settanta. L’edificio cerca un dialogo con il contesto adottando il medesimo materiale dell’abside di Santa Maria Novella, la pietraforte; si pone verso la mole dome-

nicana in atteggiamento di ossequioso rispetto offrendo al suo cospetto un semplice ‘muro’, elemento identificativo di ‘toscanità’ non solo formale ma anche ‘caratteriale’; oltre il quale, con altrettanta ‘toscana’ riservatezza, si contrappone la ricchezza degli interni, con marmi policromi, vetri, metalli. Anche la Palazzina Reale, sebbene più vicina alla retorica di regime, grazie all’estrema essenzialità delle linee di progetto è accolta come “la più interessante e intelligente ripresa del lineare spirito fiorentino dalla fine del Quattrocento in poi” (‘Architettura’, 1936). Altrettanto apprezzato dalla critica internazionale è il razionalismo elegante e ‘mediterraneo’, ben declinato secondo le istanze di monumentalità, dell’IIstituto di Scienze Militari Aeronautiche (I.S.M.A.) dell’Aeronautica Militare alle Cascine (Raffaello Fagnoni, 1937-1938, fig. 5), così come della Casa della Gioventù italiana del Littorio in piazza Beccaria (Aurelio Cetica e Fiorenzo De Reggi, 1934-1938, distrutta); più rigido e di dubbia paternità il complesso della Manifattura Tabacchi in via delle Cascine (1933-1940), con l’interessante Dopolavoro (oggi teatro Puccini). Il bolognese Angiolo Mazzoni, architetto del Servizio lavori delle Ferrovie dello Stato, apporta invece a Firenze una modernità di più ampi riferimenti: nelle opere complementari del complesso della stazione di Santa Maria Novella (gli edifici della Squadra Rialzo, la cabina apparati centrali con la centrale termica, 1929-1933, fig. 6) dà prova del suo maturo e personale percorso, un riuscito accordo fra classicità metafisica e suggestioni futuriste e costruttiviste. Manca tuttavia una committenza borghese disposta a sostenere la nuova architettura, così che risultano esigui gli incaricati privati affidati ai giovani membri del Gruppo Toscano: Gherardo Bosio realizza la casa del Golf dell’Ugolino (1934), dimostrando un’adesione all’architettura razionale aliena da dogmatismi ma attenta al recupero delle forme e della sensibilità dell’edilizia minore e rurale toscana; Nello Baroni progetta il cinema Rex, poi Apollo, in via Nazionale (1936-1937), tra le più interessanti architetture realizzate in Italia negli anni Trenta per le soluzioni formali degli interni, l’inusuale capienza e gli studi di acustica e visibilità. Rigoroso, ma non provocatorio, risulta inoltre il razionalismo della sede della Singer in via Cittadella di Italo Gamberini (1938). La ricostruzione Il dramma della ricostruzione rende anacronistica l’enfasi retorica dell’architettura fascista e allo stesso tempo muove a una certa insofferenza verso le formule ‘omologate’ del razionalismo, che pure è ormai lingua ‘globale’, international style. Un atteggiamento ‘anticonformistico’ che attira l’attenzione e il favore della critica internazionale: “nei primi dieci anni dopo la guerra l’architettura italiana fu la più vivace, la più creativa e la più stimolante d’Europa” (G.E. Kidder Smith, Guida alla nuova architettura in Europa). Firenze ha un ruolo di primo livello in questa tenace ricerca di autenticità e in Giovanni Michelucci un interprete d’eccezione: dalle pagine de ‘La Nuova Città’, rivista che fonda nel dicembre 1945, auspica un nuovo Umanesimo in architettura, mettendo in dubbio la validità della pianificazione urbana come strumento di efficace previsione delle esigenze sociali a favore dell’individualità di ogni singolo progetto, inteso come organica interazione tra architettura e urbanistica. Indicazioni che rifuggono dall’assunzione di astratti modelli compositivi o formali (e che costituiscono il sostrato


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