Venticinquesimo Anno/Vingt Cinquième Année
Gennaio 2018/Janvier 2018
Cagliari Je t’aime
KARIN LEWIN
presenta 150 bandiere d’artista sulla Sella del Diavolo
Roby Anedda Un air de Sardaigne à Saint Germain des Près
Photo Wikipedia.it
Galleria d’arte in Via Roma a Cagliari Linografie di Vittorio E. Pisu a Il Bar sotto il Mare dal 14 ottobre al 31 dicembre 2017
Programma di creazione di un Ciclo di Esposizioni di Artisti Francesi nella città di Cagliari a cura di Marie-Amélie Anquetil Conservateur du Musée du Prieuré Directrice de la revue “Ici, Là-Bas et Ailleurs” Centre d’Art Paris-Aubervilliers 98 avenue de la République 93300 Aubervilliers marieamelieanquetil@ gmail.com https://vimeo.com/channels/ icilabasetailleurs Giulio Barrocu Presidente dell’associazione SARDONIA Italia creata nel 1993 domiciliata c/o Giulio Barrocu Via Forlanini, 2 09100 CAGLIARI giuliobarrocu@gmail.com Vittorio E. Pisu Président de l’association SARDONIA France créée en 1993 domiciliée c/o UNISVERS 38, rue des Petits Champs 75002 Paris vittorio.e.pisu@free.fr http://www.facebook.com/ assosardonia https://vimeo.com/channels/ cagliarijetaime SARDONIA Pubblicazione irregolare dell’associazione omonima Direttore della Pubblicazione Vittorio E. Pisu Maquette, Conception Graphique et Mise en Page L’Expérience du Futur une production UNISVERS ISSN en cours Distribuzione in abbonamento
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Da Parigi a Cagliari andata e ritorno
Quando abbiamo lanciato questa iniziativa, che alcuni consideravano pura follia, il nostro desiderio era quello di suscitare dei legami e degli scambi più numerosi tra Parigi e Cagliari Due città che forse non hanno molte cose in comune, ma che sono due centri importanti, ciascuno secondo la sua dimensione non solo fisica, ma anche economica e sopratutto storica. Forse é un po presuntuoso da parte mia di considerarmi come il “trait d’union” tra queste due realtà ma sono veramente soddisfatto di come i nostri progetti si sono realizzati finora. Avevamo già incominciato questo scambio ospitando la mostra fotografica di Giulio Barrocu nel Novembre del 2014, ma é con le tre mostre a Cagliari e sopratutto con le ormai quattro mostre delle fotografie di Roby Anedda all’Abbaye Royale du Moncel ed a Parigi, che “Cagliari je t’aime” ha trovato la sua velocità di crocera ed il nostro desiderio é non solo di poter continuare a questo ritmo ma di poter dare corpo a certe idée che sono nate cammin facendo. Come quella di creare una Galleria d’Arte nella via Roma resa ai pedoni, sfruttando il selciato per le sculture, le vetrine per le pitture e fino alla recinzione del porto per le fotografie degli artisti sardi. La European Image Art Association ha subito dimostrato il suo interesse per questa idea e la sua fondatrice Madame Lala Zhang, ha scritto al Sindaco di Cagliari per significargli la sua volontà non solo di partecipare alla manifestazione ma di esporre in seguito gli artisti sardi presenti, a Pechino nel Centro d’Arte da lei diretto. Last but not least, Karin Lewin artista svedese naturalizzata francese, che produce da diversi anni delle bandiere d’artista, che sono state esposte in diverse manifestazioni in Svezia ed in Francia ma che fanno già parte di numerosi collezioni pubbliche e private, ci propone di installarne cento cinquanta sulla sommità del colle della Sella del Diavolo, in modo da essere visibili sia dalla spiaggia del Poetto che dal lungomare che da Sant’Elia va verso il Porto di Cagliari. Un messaggio di pace per il 2018. Una delle artiste che ci proponiamo di invitare, la scultrice Hélène Vans, propone di realizzare a Cagliari una delle sue sculture monumentali, lasciandola poi in loco. Come vedete “Cagliari je t’aime” ha dei progetti sempre più ambiziosi e continua a cercare i mezzi per portarli a compimento.
ROBY ANEDDA
Photo Roby Anedda
Cagliari Je T’aime
UN AIR DE SARDAIGNE A ST GERMAIN DES PRES
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ome ci si poteva aspettare la presentazione delle fotografie di Roby Anedda all’Abbaye Royale du Moncel, nella manifestazione intitolata «Le merveilleux» svoltasi tra l’8 ed il 15 settembre 2017, era solo l’apéritivo. La rivista «Ici, là-bas et ailleurs» ne ha voluto fare una presentazione più completa e cosi le prime sei fotografie sono state accompagnate da altre venti che sono state esposte al «Centre d’Art Paris Aubervilliers» dall’8 al 15 dicembre con due vernissages molto seguiti, per poi migrare fino al centro di Parigi, alla Galleria 34 Bonaparte, situata nella strada omonima, che le ha presentate dal 27 al 30 dicembre con un grande successo di pubblico e di critica. Sophie Sainrapt, artista magistralmente ritratta da Roby, all’occasione della mostra al Lazzaretto nel maggio 2017, ha mobilitato tutta la sua numerosa banda di artisti francesi e non, e Pascal Aubier si é fatto naturalmente acquirente del cliché che la ritrae cosi perfettamente. Ma la storia non finisce qui perché adesso
le fotografie di Roby Anedda, che descrivono alcuni carrasegare della Barbagia con i loro riti ancestrali, insieme alla Sartiglia di Oristano (come quella che illustra questa pagina) sono esposte sulle pareti del ristorante gastronomico sardo «Il Fico» situato nel quartiere centrale de Les Halles e meta di numerossisimi amatori della cucina sarda che Nicola e Graziella Pisu propongono da ormai quattro anni con grande successo. Cosi le immaggini del carnevale di alcuni paesi della Sardegna saranno presenti fino alla fine del mese di febbraio alfine di completare in modo visivo i sapori dei vini e delle pietanze sarde e, grazie al catalogo delle mostre precedenti ed al numero de «Ici là-bas et ailleurs» che descrivono gli aspetti più segreti di queste cerimonie, dare una più ampia informazione e documentazione sulla Sardegna, i suoi riti, le sua specificità vestimentarie, festive, gastronomiche ed enologiche. Non sappiamo ancora se e quando le fotografie di Roby Anedda ritroveranno il suolo natio ma vi terremmo al corrente, nell’attesa potete sempre visitare Parigi.
Mi chiamo Roberto e ho 56 anni e fin da piccolo sono stato circondato da persone che amavano la fotografia, zii, padre, amici di famiglia. Ho iniziato da presto a scattare, sviluppare e stampare in camera oscura le mie foto rigorosamente in bianco e nero. Dalle prime macchine giocattolo passando nel tempo tra le compatte Kodak, via via assaporando macchine piu’ preziose come la Contax, la leggendaria Rolley biottica 6x6 e finalmente una reflex 35mm completamente manuale come la mitica Petri con vari obbiettivi dal 18 al 400, portati sempre appresso dentro una borsa cucita tutta a mano da me. Per vivere faccio il tecnico elettronico da 37 anni, riparo periferiche, server, Personal computers, stampanti, scanner e altre apparecchiature elettroniche. Sempre in giro per la mia amata isola, la Sardegna. La fotografia è sempre presente nel mio quotidiano, con la maturità ho compreso che tutto quello che riguarda le nostre tradizioni, la nostra storia, poteva essere fonte di inspirazione per nuovi progetti, storie da condividere con tante persone. Ho avviato un progetto per far conoscere le nostre tradizioni, il nostro essere isolani in un contesto più ampio e condiviso il più possibile, con persone che sentono dentro la voglia di condividere le loro esperienze, la loro gioia e la voglia di vivere, sempre. Roby Anedda http://robyanedda61. wixsite.com/roby61 https://www.instagram.com/ roby_61/ https://www.flickr.com/ people/113629397@N08/
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Questo programma che si propone di organizzare almeno due volte all’anno una mostra monografica di artisti francesi, ha vinto la sua scommessa con la terza mostra presentata al «Bar sotto il Mare» in Via Campidano 12, nell’ottobre 2017, mostra che si é protratta fino alla fine dell’anno. Come promesso é stata pubblicata e distribuita gratuitamente una locandina che permetteva di poter conoscere ed apprezzare il lavoro dell’artista présentato. In effetti nell’impossibilità di fornire pertempo un calendario preciso all’artista prevista, che gestiva nello stesso tempo un mostra delle sue opere in Francie, ci siamo trovati nell’obbligo di sotituirla con le linografie di Vittorio E. Pisu, che dopo un periodo di inattività ha ripreso a creare secondo il tema del Don Quichotte di Miguel de Cervantes per una mostra prevista per il quattrocentesimo anniversario della morte dell’artista spagnuolo, ed in seguito iniziando una serie di stampe sul tema dei Casotti ormai scomparsi del Poetto di Cagliari. Potete inoltre consultare i films réalizzati all’occasione, sia a questo link https://vimeo.com/channels/ cagliarijetaime che al seguente https://vimeo.com/groups/ sardonia. Senza dimenticare il link del nostro partner francese https://vimeo.com/channels/ icilabasetailleurs Buona visione. VEP
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Hélène Vans
Come possono un’incisione o una scultura entrare in armonia con un’architettura? Questa é la ricerca continua di Hélène Vans, il cui talento non risiede nella produzione di oggetti, ma in una sapiente messa in situazione delle materie con le quali lavora. Ricordando i suoi studi su carta, prima piegati, poi messi sotto torchio per essere incisi: delle tecniche dove la messa a piatto della materia é spinta all’estremo. Ne risulta una messa in perspettiva ed una profondità di campo inattese. Dopo la carta, le sculture sono state formate (saldate) in lamiera d’acciaio inossidabile. Anche se riposano solo su qualche punta, alcune di queste sculture pesano nostante tutto qualche centinaia di chili. La prodezza tecnica concede una leggerezza all’opera che é possibile abbordare da diversi punti di vista, il gioco di pieghe et ripeghe dona un interiorità alla sucltura, che rimanda dei frammenti dello spazio circostante. La difficoltà del materiale é completamente occultata dalla messa in valore degli spazi cosi rivelati. In un altro luogo, una lamiera d’acciaio inossidabile de 10 metri di lunghezza et di 2,5 tonnellate di peso, sospesa nella frattura di un sotterraneo pedonale inutilizzato, diventa un quadrante solare che permette di fare si che il luogo, diventato scenografico e cinetico grazie alla luce del sole, attiri i diversi pedoni che lo percorrono. L’ultima esposizione di Hélène Vans all’Orangerie de Meudon si é arricchita dell’utilizzazione di specchi. Il luogo é eccezzionale, la Loggia costruita nel XVIIo secolo da Louis LeVau, architetto, orientata in pieno sud, é destinata ad accogliere gli alberi fruttiferi durante la stagione fredda. L’artista ha posato quelque foglio di acciaio inossidabile a forma di ellisse piegata su di un allineamento di specchi, facendo allusione agli specchi d’acqua adiacenti di Le Nôtre. Il visitatore pigro, vedrà solo il proprio riflesso e non una messa in scena minuziosa, per non dire precisa al millimetro! In effetti, al primo raggio di sole, per la magia dei riflessi di luce, l’acciaio inossidabile e gli specchi si congiungono per rivelare la qualità del luogo e far apparire la sua quarta dimensione! A causa del rinvio mobile della corsa del sole sul suolo, le pareti e la volta in pietra, voi assisterete ad un corso animato di architettura classica di cui non si sa più chi é l’autore, l’oggetto, il luogo, la luce oppure l’occhio che li guarda. Dimenticate quindi le nozioni di scultura-oggetto o di esposizione inerte, Hélène Vans instancabile nella sua ricerca, qualunque sia il materiale utilizzato et sempre sul filo di una scommessa tecnica, si gioca delle nozioni di statica. L’artista afferma che il luogo crea l’opera scolpita, per lo spettatore é pittosto l’opera che anima et svela l’architettura circostante et l’occhio contemplativo si regala. Isabelle Mouillefarine architecte.
Photo Hélène Vans
Cagliari Je t’aime
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HELENE VANS
ata a Madagascar, Hélène Vans viaggia durante diversi anni prima di fissarsi a Parigi, ed incominciare la scultura all’étà di trent’anni. Incomincia con l’argilla esplorando la figura umana, poi inizia il taglio dei blocchi di terra e di gesso in un lavoro di astrazione. A partire dal 1987, realizza numerosi bronzi nell’atelier di Gilbert Clement, concomitante al suo atelier di Meudon. Nel 1993 incontra l’architetto Michel Olivier Dayot che diventerà il suo compagno. Realizza la prima opera per un cliente istituzionale nel 1995, intitolata «Furtivité» é un mobile bar all’IUFM (Istituto Universitario) di Bretagne a Rennes. Questa prima opera in sito, in metallo inossidabile piegato, sarà il punto di partenza di una riflessione sulla presenza fisica della scultura nello spazio pubblico. In opposizione all’assimilazione dell’arte nella città, a alle sue manifestazioni provisorie e/o effimere, l’ opera al contrario deve esistere attivamente e discretamente nel suo sito.
Nel 1998 Hélène Vans realizza «Feuilles Blanches pour la Justice» (Fogli bianchi per la Giustizia), commandata dal Ministére de la Justice, installando sul parvis del tribunale, tre sculture monumentali in acciaio inossidabile satinato. Nel 2001, realizza «Furtivité Solaire» commandata dalla città di Rennes per l’organizzazione e l’arredo di un passaggio urbano. La sua opera, un vero stiletto monumentale, é sospesa al centro del passaggio pedonale. Hélène Vans continua la sua opera nello spazio pubblico e collabora a numerosi progetti. Nel 2001 elabora una serie di sculture a posizioni multiple, utilizzando gli specchi come base per le sculture: «In situ Infini» installate nelle carrière del castello del Marquis de Sade a Lacoste, poi «Metal Mental position» nell’atelier del pittore Henri Pinta a Parigi. Presenta oggi un nuovo lavoro sulla geometria delle ellissi e delle sculture d’angolo, delle sculture specchio ed una linea di specchi di sette metri di lunghezza.
elle nuvole scivolano lontane, la luce si infiltra tra loro, e spiegata, l’elegante follia d’acciaio, comme inspirata da questa luminosità che si gioca delle cose immobili, immagina all’improvviso di spiegare le sue ali, di ballare nell’ombra. Il luogo riincantato, la ballerina inanimata improvvisa allora delle punte... Tutta la magia di una scultura in gracile equilibrio su tre punti, é sospesa al tracciato unico dell’artista, al lavoro visionario che permette all’opera, in risonanza intima con lo spazio, de poter ribaltarsi, operando uno sconvolgimento che sfida le leggi della gravità, e restituisce furtivamente una presenza al vuoto. «Sogno che le mie sculture»confida Hélène Vans,«tengano in qualsiasi posizione. prima di tutto, mi sento vicina ad un ballerino, mi sento parente della coreografia». Ma prima di arrivare a questa fuzione spaziale, ha avuto bisogno di confrontarsi al vuoto ed alle sue leggi sottili. «Quello che mi ha interessato é che le masse ed i portici di pietra si trovavano in alto, a dieci metri, con una vista a 360 gradi, ed é li che mi sono posta la domanda della nozione di specchio per mostrare la profondità e la costruzione dello spazio, più attirata dall’alto delle cave che dal basso.. E un po la storia di uno che precipita nel vuoto, ma che ricade sempre sui suoi piedi» ride Hélène. Florent Founés (extrait)
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Da qualche anno Karin ha incominciato a creare delle bandiere d’artista, delle bandiere che invece di rappresentare una nazione, una appartenenza, qualche cosa che principalement divide, che si scontra con altre bandiere cercando di soppraffare l’altra, qualche cosa che al contrario ci fa capire che siamo invece tutti uniti anche se ciascuno arbora più colori diversi, che poi possiamo ritrovare in noi e negli altri. Il progetto é di disporre 150 (cento cinquanta) bandiere d’artista sulla Sella del Diavolo, seguendo la linea di cresta, in modo che queste bandiere siano visibili e dalla spiaggia del Poetto et dal lungomare che parte dal Lazzaretto e va verso il porto. Come potete vedere nella fotografia che illustra una installazione realizzata da Karin Lewin in Svezia, dove é nata, non c’é bisogno di intaccare il terreno, le bandiere sono sostenute e rese stabili da basi in cemento che ne permettono lo spostamento e la messa in opera precisa, anche su di un terreno non perfettamente piano, vista la dimensione ridotta dei supporti. Potete inoltre vedere alcuni films réalizzati intorno all’opera di Karin Lewin cliccando su questi links: Les drapeaux de l’artiste 1 vimeo.com/106783967 Les drapeaux de l’artiste 2 vimeo.com/60303093 Le Papillon cosmique vimeo.com/60291962 Brèves rencontres vimeo.com/6917979 Le Projet Paravent https://vimeo.com/6742195
KARIN LEWIN
Pour Karin
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onosco Karin Lewin ed apprezzo il suo lavoro da molti anni ed all’occasione dell’esposizione “Les outils de l’artiste” alla Galleria “Les Chemins de Montparnasse” scrivevo questo testo: “Da più di 30 anni (maggio del ‘68 esattamente) Karin Lewin si interstardisce a disturbare l’anima latina che ci caratterizza, pigra, superficiale e diciamo la verità un po codarda, con una ricerca instancabile e apparentemente senza una fine annunciata, dei limiti della nostra avventura spirituale e sociale. Dall’alto del suo atelier in faccia al sole, cullato dal ressac inestinguibile del boulevard periferico parigino al posto del suo oceano natale, Karin si evertua senza sosta e senza pause a portarci alla conclusione que il vuoto delle domande che ci habitano, cercando ad essere soddisfate da improbabili risposte, é inutile, perché la vita non ha risposta che nel fatto di essere vissuta. Non ci sono quindi soluzioni nelle opere di Karin Lewin, piuttosto delle questioni che finalmente sono le nostre, quelle di ciascuno di noi, che le puo accettare e riconoscerle oppure, al contrario, ignorarle e fermarsi alla superfice liscia delle sue stampe. Se gli attrezzi dell’artista non sono, evidentemente, né i suoi pennelli, ne i suoi coltelli oppure i suoi scalpelli di cui si serve per far passare la vita che lo attraversa completamente, in questo caso, questo lavoro, questa esposizione ci fanno vedere il corpo dell’artista come attrezzo principale, corpo fisico e mentale confusi. Il suo corpo offerto al nostro posto e per noi. Non é molto rassicurante”. Questa perfomance “L’espace comme outil” in anteprima del “Projet Paravent” realizza, se posso dire, la mia intuizione, cosi il corpo della danzatrice davanti al paravento degli “attrezzi dell’artista” diventa letteralmente questo corpo offerto da e per noi. Tutte le discipline che partecipano di questa performance (pittura, moda, musica, danza) si confondono e si fondono in un solo ed unico momento sospeso, nel quale noi possiamo riconoscere i nostri slanci e le nostre esitazioni quotidiane di fronte alle piccole e grandi sfide che noi crediamo affrontare. Non trovavo molto rassicurante questa proposizione nel senso in cui capisco che non c’é nessuna via di scampo alla vita che é la nostra, voglio dire quella di ciscuno di noi, e non possiamo che assumerla con la certezza che é al tempo stesso unica ed insostituibile e che (questa é la buona notizia) la possiamo forgiare al nostro gusto. Esser coscienti di questa vita che ci attraversa completamente é forse il primo passo per farne un’opera d’arte e se non capiamo sempre quello che stiamo facendo, possiamo sempre imparare dai nostri gesti e dirigerci meglio nel nostro percorso. Non ci sono domande, solo delle risposte, esse sono tutte in noi stessi, sappiamo ascoltarle et capirle, é quello che ci suggerisce Karine Lewin. Vittorio E. Pisu
Photo Karin Lewin
Le Bandiere d’Artista
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a pittura e la stampa di Karine parlano il linguaggio discreto dei piccoli oggetti d’uso quotidiano o familiare : il pennello, il secchio, lo sgabello, il tavolo, uno straccio, primi elementi necessari d’in mobilio di fortuna in una stanza-atelier che diventa l’emblema della «stanza» psichica vuotata e riapproppriata, luogo di una memoria vergine dove una nuova esperienza che partirebbe dalle cose le più vicine, ricomponendo delle atmosfere svuotate di emozioni, e dove potrebbe risuonare liberamente ed a lungo. Utilizzando la pittura piuttosto come un mezzo a attraversare piuttosto che a utilizzare. Mi sembra che Karin voglia esprimere una specie di volontà/curiosità di riconquista di un percdorso cognitivo, di un filo rosso conduttore e motivante della vita, effettuando un timido sondaggio di quello che lo circonda, cioé di quegli oggetti verso i quali o con i quali vuole stabilire una communicazione ed una proiezione progressiva per rapporto al mondo, alla realtà esterna, percepita come lontana, difficile o straniera. Di tempo in tempo risorgono qui e là, marginali rispetto allo spazio di percezione esistenziale, dei visi misteriosi, dai tratti sottolineati e ri-trattati dal disegno, un po per aumentarne la consisyenza, l’emergenza di una materia ectoplasmica, un po per cancellarne l’evidenza somatica, come per respingerli nell’ombra, tra le ombre presenti da una parte e dall’altra dello specchio visivo. Sono dei fantasmi della memoria, dei ricordi vissuti, delle confirmazioni o delle ferite della psyche. In ogni caso, l’attenzione emotiva di Karin Lewin, che di una certa maniera, evoca un giornale intimo, emerge sopratutto dalle picole cose, che
sono allora come dei piccoli punti rassicuranti di riferimento o di misura dello spazio - sul piano esistenziale come sul piano fisico - ma egalmente dello spazio lui stesso, della stanza, dove le tonalità interpretano e raccontano l’umore, il rinnovo delle minuscole gioie, delle scoperte elementari, o dei frammenti di realtà in partizioni d’inspirazione elevata, che permettono delle fluttuazioni flessibili : una sorta di naufragio nel silenzio di un vuoto - un grande «largo» musicale -risentito non come una perdita, un’assenza, una ferita, ma come un territorio di reabilitazioni sentimentali, di rifecondazioni creative e del proprio statuto di persona, e quindi di pittore, che «deve» intervenire nell’elaborazione d ell’imaggine e nella ripercussione della realtà del suo foro interiore in quanto ricerca di verità e communicazione efficace. E la manifestazione di un nuovo inizioe della vita e dell’arte tra il mestiere lungamente maturato e gli automatismi dell’inconscio, tra il sapere spaziale instintivo del racconto e l’esigenza della certezza di un rapporto, di «proprietà» del luogo e delle cose. Il segno ed il colore esitenti in funzione di una sospensione che non é metafisica, ma il frutto di un semplice ascolto della voce delle cose fuori dal contesto di un flusso incessante di avvenimenti/ energia della vita e del tissuto intricato ed intrigante dei rapporti reciproci, delle relazioni ed interrelazioni: scelta essenzialmente pittorica al fine di ritrovare la verità delle cose e delle sensazioni/emozioni; non la realtà oggettiva, alienante, ma l’impressione suggettiva, volubile e fugace ma questo punto estremamente variabile di tangenza tra due dimensioni, là dove l’ogetto proietta la sua impresa sulla coscienza ma si lascia anche rimodellare e ricreare dai sentimenti e dall’arte. Giorgio Segato.
Guardare una stampa é come viaggiare in un paese molto segreto. Quelle di Karin Lewin non si sottragono alla regola. Queste forme, queste linee, questi grigi, questi bianchi e neri ci vengono da lontano. Con coraggio, ostinazione, l’artista é andato a liberare da sotto la piastra di rame o di zinco, non sapendo, malgrado l’intensità dello sforzo che crispa la sua fronte et indurisce i muscoli della sua mano, quello che consentira a nascere. Una pratica esattamente opposta a quella del fotografo che opera per instinto. Al primo colpo d’occhio. La stampa é, essa una «cosa mentale» La sua messa a punto é il traguardo di una lotta notturna, anche se durante delle ore l’atelier dell’artista é splendente di luce. A questo proposito mi ricordo delle confidenze di Jacques Villon quando, nella sua casetta di Puteaux, mi aveva detto, un dito sulle labbra «La stampa é un lungo gioco di pazienza». Quello che mi colpisce nel lavoro di Karin Lewin, é una specie di luce di primavera che, dall’interno illumina il piccolo universo familiare, quoridiano, che ci offre, immagine dopo immagine, questa giovane artista svedese. Si, qualche cosa di innocente, un sapore d’infanzia che niente é riuscito a distruggere. Con la presentazione quasi ossessiva dei diversi attrezzi del pittore, Karin ci trasporta in un modo inatteso verso un «verde paradiso» verso una poesia che questa panoplia di strumenti non annuciava certamente. Che cosa c’é infatti di più banale che un pennello! Al dilà della prfezione tecnica, vedi sapiente, ciascuna delle stampe di Karin, ci emoziona testimoniando di un’innocenza conservata di cui avremo paura, sfiorando la carta ancora profumata d’inchiostro di provocarne la disparizione, come quei fiori che il minimo soffio di vento puo aneantire. Chinandomi sopra lo specchio delle tue stampe, ti ringrazio Karin di avermi permesso di scrutare in te stessa, indovinando chi tu sia meglio che in dodici anni di affettuosa amicizia. Ci conosciamo male, perché come sapere veramente che cosa si nasconde dietro le apparenze, ma viaggiando attraverso il labirinto delle tue immagini, ho scoperto una sensibilità d’aurora, una luce d’alba,, quella stessa che nella mia isola, à Ios, aspetto al disopra della montagna, sapendo che la vita ripartirà una volta ancora. Ti ringrazio Karin per offrirmi a Parigi, e grazie al tuo minuzioso lavoro, questo ritorno dell’eterna primavera. Grazie per aver saputo cogliere nelle tue stampe questo momento cosi raro. Jean Marie DROT
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Photo Unione Sarda
Buongiorno a tutti ho appena saputo che il 10 gennaio si terrà un incontro con tavola rotonda e dibattito su “Le Vie Roma possibili” organizzato a partire dalla mostra dei progetti degli studenti e delle studentesse del secondo anno della Laurea Magistrale in Architettura. La tavola rotonda “Le vie Roma possibili”, organizzata con amministratori, studiosi, rappresentati degli enti e aziende di trasporti, nonché da espressioni dei soggetti sociali ed economici rappresentativi degli interessi compositi che coesistono in questo luogo, sarà introdotta e moderata da Antonello Sanna, direttore del DICAAR. Mi dispiace di non aver potuto avere questa notizia in tempo utile e permettermi di partecipare, ma vivo e lavoro a Parigi anche se nato a Cagliari cerco di interessarmi il più possibile alla mia città anche con iniziative come la creazione della mostra di artisti francesi «Cagliari je t’aime» che ha già avuto luogo tre volte, e l’accoglienza di artisti sardi a Parigi, in questo momento Roby Anedda fotografo esposto all’Abbaye Royale du Moncel, al Centre d’Art Paris Aubervilliers, alla galleria 34 Buonaparte e in questo momento al ristorante gastronomico sardo «Il Fico». Vorrei attirare la vostra attenzione sulla proposta che ho fatto quest’estate, di creare una galleria d’arte in Via Roma, proposta che é anche stata riportata dall’Unione Sarda, e mi ha spinto a creare questa. pagina facebook Le nostre associazioni hanno anche interessato la European Image Art Association che organizza mostre di artisti cinesi in Europa e di artisti europei in Cina che ha fatto parte del suo interesse per questa iniziativa. Sarei grato se questa mia proposta possa essere presentata anche brevemente durante questo incontro e resto a vostra disposizione per fornirvi tutte le altre informazioni che giudicherete necessarie,. Augurandovi un incontro proficuo ed interessante, sarei grato di conoscerne gli esiti. Approfitto del momento per augurare il migliore degli anni a tutti voi Vittorio E. Pisu
GALLERIA D’ARTE IN VIA ROMA alla cortese attenzione di Massimo Zedda
Egregio Signor Sindaco, nato a Cagliari e residente a Parigi da più di 40 anni, non ho mai dimenticato la mia città, ed ultimamente, attraverso le due associazioni Sardonia Italia e Sardonia France che avevo creato nel 1993, oltre a creare diverse pubblicazioni e trasmissioni televisive diffuse su internet, ho creato ultimamente il concetto di “Cagliari je t’aime” e dall’ottobre del 2016 abbiamo incominciato a presentare degli artisti francesi al Lazzaretto (in ottobre del 2016 e nel maggio di quest’anno). Cerco naturalmente di seguire le attualità della città che rimarrà sempre nel mio cuore ed alla quale vorrei poter dedicare le miei migliori energie. Ultimamente la pedonalizzazione della via Roma ha attirato la mia attenzione, forse sopratutto a causa di certi commenti negativi ed inoltre in seguito alle recenti vicende a Barcellona. Ho allora immaginato che il selciato, già prima occupato dalla circolazione automobilistica potrebbe invece accogliere numerose sculture opere degli artisti sardi di cui vi risparmio l’elenco (penso naturalmente a Pinuccio Sciola a Costantino Nicola ma anche a tanti scultori ancora molto attivi in Sardegna). Immagino queste opere disposte accuratamente sul selciato in modo che la popolazione, ed i turisti appena sbarcati, possano deambulare tranquillamente ammirando tutte queste manifestazioni dell’arte e della cultura sarde. Essendo spesso queste opere in pietra oppure in legno, potrebbero rimanere anche durante il periodo invernale (l’autunno e l’inverno non sono cosi terribili a Cagliari, in ottobre vedo ancora numerosi bagnanti al Poetto).
UNA PROPOSTA D’ARTE, ARCHITETTURA ED URBANISTICA
Invece sotto le arcate della via Roma ed in tutte le vetrine dei negozi e delle attività, potrebbero essere esposte opere pittoriche e fotografiche di autrici ed autori sardi. Immagino inoltre che con il tempo si potrebbero invitare degli artisti di altre nazionalità, penso per esempio ad uno scultore con il quale lavoro spesso cioé Diagne Chanel (vedi il suo sito diagnechanel.com, che ha realizzato ultimamente un’insieme di 42 statue presentate a Dakar in Sénegal dove nacque il padre) ma anche Ousmane Sow, Nicki de Saint Phalle, Richard Serra, Calder, etcetera. Signor Sindaco penso che lei arriva ad immaginare che splendida rassegna potrebbe essere questa esposizione di artisti sardi nella via più importante della città di fronte al porto e pronta ad essere visitata dai numerosi croceristi che incominciano ad affollare le nostre strade e piazze ed avere cosi un contatto diretto con la cultura e l’arte sarda, senza contare che questa arteria potrebbe ritrovare nel cuore dei cagliaritani stetti l’importanza che aveva negli anni cinquanta e che fu soppiantata presso la gioventù dalla più moderna via dante che oggi a perso forse un po del suo splendore “viavenetesco” passato. Signor Sindaco la nostra associazione sardonia si farebbe un onore di partecipare all’or-
ganizzazione, alla cura, alla diffusione di questa manifestazione temporanea o permanente come si deciderà. Resto in attesa di una sua risposta e la prego di gradire i miei migliori saluti, cordialmente. P.S. puo’ consultare alcuni filmati realizzati all’occasione delle manifestazione di “Cagliari je t’aime” à questo indirizzo: https://vimeo.com/channels/cagliarijetaime ed anche a questo https://vimeo.com/groups/sardonia ed anche a questo https://vimeo.com/channels/notesetpensebete ed anche a questo https://vimeo.com/channels/icilabasetailleurs dove sono raccolti tutti i filmati che noi realizziamo all’occasione dei vernissages dei nostri partners ma anche all’occasione di quelli che organizziamo personalmente. Nel quadro di scambio creato in seno a “Cagliari je t’aime” à partire del 7 settembre prossimo, esporremo all’Abbaye Royale du Moncel le fotografie di Roby Anedda, e le sue opere saranno esposte anche in dicembre a Parigi. vittorio e. pisu unisvers 38, rue des petits champs 75002 paris tél.+331 42 96 86 72 cell+336 84 44 81 30
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uesta é la lettera che ho inviato quest’estate al sindaco di Cagliari Massimo Zedda, in reazione alla sua speri mentazione della pedonizzazione temporanea della Via Roma a Cagliari. In ottobre ho cercato di contattare l’Assessorato alla Cultura, perché il cabinetto del Sindaco mi ha indicato che tutta la pratica, compresa la lettera della European Image Art Association; che manifestava il suo interesse e la volontà di partecipare a questa manifestazione per poi invitare tutti gli artisti sardi esponenti nel loro centro d’arte di Pechino ed eventualmente durante una prossima mostra invitare gli artisti cinesi a Cagliari. Ho appena saputo dell’incontro che si terrà il 10 gennaio sul tema “Le Vie Roma possibili” a partire dalla mostra degli studenti di architettura della facoltà di Cagliari. Aspetto di conoscenrne gli esiti. V.E. Pisu
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Nel 1997 é stata nominata Conservateur del Musée Départemental du Prieuré (Yvelines) Marie Amélie Anquetil ha creato il museo, sotto l’egida del Conseil Général des Yvelines, e ha organizzato le esposizioni sull’arte del periodo compreso tra la fine del XIXsimo secolo e l’inizio del XXsimo. Tra le sue numerose pubblicazioni ricordiamo «Le chemin de Gauguin», «Aquarelles Orientales de E. Bernard», «Le sentiment religieux et l’art chez trois peintres du groupe de Pont Aven: C. Filliger, J.Verkade M. Ballin» e «Musée du Prieuré, Cinq ans d’acquisition».
Vittorio E. Pisu
Nato a Cagliari vive a Parigi dal 1969 Architetto attivo dal 1970. Cofondatore d’una rivista di poesia nel 1973, continua un’attività di creazione ed edizione di riviste e magazine. Dal 1983 sviluppa l’organizzazione di esposizioni d’arte contemporanea prima a New York poi a Parigi.. Ha creato SARDONIA nel 1993. Nel 1999 inizia la produzione di più di 500 trasmissioni televisive diffuse su Internet (www.vimeo.com/unisvers)
Giulio Barrocu
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Nato a Torino vive a Cagliari dal 2005 Fotografo e Curatore di esposizioni ha partecipato a 2016- Our Genocides Lazzaretto Cagliari 2015- Our Genocides Mediateca del Mediterraneao Cagliari 2014 FermoImmagine Le Futur antérieur de Instagram Atelier Henry Pinta, Paris 2014 FermoImmagine Il futuro Anteriore di Instagram Alig’art 2014, Lazzaretto di Cagliari 2014 Direzione Colle San Michele Documentario. Progetto Eureca Arte partecipata nei quartieri di Is Mirrionis e San Michele 2013 INNER WAR - Mostra collettiva “Guerra, pace, libera” a cura di Wake Art, Cittadella dei Musei, Cagliari 2013 ALONE - Personale a cura della Fondazione per l’arte Bartoli-Felter Espace SUONI E PAUSE di Cagliari. 2012 Time in Jazz - Berchidda, ritratti degli artisti Bill Frisell e Anja Lechner 2012 “ Jenny è pazza” - Laboratorio XVIII - MAN RAY PHOTO SCHOOL 2011 TWINS ][ MIRROR - Mostra collettiva MAN RAY PHOTO SCHOOL 2010/2011 - Cagliari
Cagliari Je t’aime é una manifestazione che organizza due esposizioni ogni anno a Cagliari, in primavera ed in autunno, invitando ogni volta un’artista francese a mostrare le sue opere e nello stesso tempo a scoprire una città che non conosce ancora perché diventi in seguito il soggetto delle sue produzioni. Nel nostro progetto abbiamo immaginato di poter investire dei luoghi come l’EXMA, il Lazzaretto, oppure l’ex Ghetto degli Ebrei, tutti luoghi che a Cagliari sono deputati alle manifestazioni artistiche, ma non siamo opposti a qualsiasi proposta ci venga fatta. Siamo lieti di poter collaborare con le istanze, pubbliche o private, che ci hanno già dimostrato il loro interesse ed il loro entusiasmo. La rivista «Ici, la bas et ailleurs» diretta da Marie-Amélie Anquetil, é già stata distribuita durante le manifestazioni naturalmente nelle due versioni (italiano e francese) in modo da pubblicizzare l’iniziativa sia a Cagliari che a Parigi, ed i nostri numerosi seguaci nei diversi «social network» possono visionare numerosi video realizzati per l’occasione delle manifestazioni. Noi siamo già soddisfatti del fatto che questa iniziativa ha incominciato a creare uno scambio continuo tra Cagliari e Parigi, e non solo perché numerosi amici e appassionati delle opere degli artisti che presentiamo vengono da altri paesi, anche lontani come per esempio l’Isola della Réunion e che vorrebbero oggi creare un gemellaggio con Cagliari ma anche perché lo scambio iniziato già nel novembre del 2014 con le fotografie di Giulio Barrocu esposte nell’atelier de Henri Pinta a Parigi nel settimo arrondissement, ha continuato con l’esposizione delle fotografie di Roby Anedda, prima in settembre all’Abbaye Royale du Moncel, poi in dicembre al Centre d’Art Paris-Aubervilliers, poi alla Galerie 34 Bonaparte, nel centro di Parigi e adesso nei locali del ristorante gastronomico sardo di Graziella e Nicola Pisu «Il Fico» in corrispondenza con il carnevale di cui illustrano gli aspetti attraverso del foto del «carrasegare» in Barbagia e alla Sartiglia di Oristano, fino alla fine di febbraio di quest’anno.. Come potete vedere nelle numerose sequenze messe in linea sia da SARDONIA, che dalla rivista «Ici, la bas et ailleurs» la nostra contribuzione alla diffusione dell’opera dei numerosi artisti, sia sardi che non, si sviluppa nel tempo e continua tranquillamente ma fermamente a trattare quei temi che i mass-media spesso e volentieri trascurano, ma lasciandoci la cura di rivelarli al pubblico. Marie Amélie Anquetil, Giulio Barrocu & Vittorio E. Pisu
PhotoVittorio E. Pisu
Marie-Amélie ANQUETIL
L
a terza mostra di «Cagliari je t’aime» avrebbe dovuto ospitare le opere della scultrice Hélène Vans, ma a causa dell’impossibilità di fornirgli a tempo delle date precise in modo da poter organizzare il trasporto delle sue opere; l’artista ha dichiarato forfait, rimandandoci ad un momento più propizio ed con delle date previste molto più in anticipo. Abbiamo quindi dovuto trovare una soluzione di ripiego per non interrompere questo ciclo che ha permesso di presentare Camille Revel et Sophie Sainrapt ad un publico che si é rivelato numeroso ed entusiasta. In seguito all’esposizione delle linografie di Vittorio E. Pisu nell’atelier che occupavo e che fu del pittore Henri Pinta, nel quale lo ho invitato, sono nate diverse iniziative, la prima é stata la creazione della rivista «Ici, là-bas et ailleurs» sotto la mia direzione e la redazione di Vittorio E. Pisu, che ne ha creato anche la messa in pagina e ne cura l’edizione arrivata oggi al suo quarantesimo numero, la seconda é stata l’organizzazione delle esposizioni curate dal nostro tandem, e la terza iniziativa é stata la creazione della manifestazione «Cagliari je t’aime» che rivela oggi le ambizioni che superano largamente quelle di limitarsi semplicement a due esposizioni all’anno in primavera ed in autunno.
Un proverbio dice «l’appettito vien mangiando» ma questi progetti come le cento cinquanta bandiere d’artista sulla Sella del Diavolo, oppure la Galleria d’Arte in Via Roma erano già presenti nei nostri subcoscienti ed avevano semplicemente bisogno dell’occasione per potersi esprimere in modo credibile e sopratutto realizzabile. Voilà pour l’histoire! Ma per ritornare alle linografie del nostro Pisu, bisogna sapere che quelle che furono esposte nel maggio del 2014 erano state create nel 1968 e 1969 durante la presenza del nostro al Liceo Artistico di Cagliari, dove consegui la Maturità Artistica. A quell’epoca queste linografie trovarono acquirente presso i notai e gli avvocati clienti dell’ufficio di affari del padre, e servirono a finanziare il suo viaggio di vacanza a Parigi, nell’agosto del 1969. Vacanze che si trasformarono in attività d’architettura tutt’ora in esercizio. Il successo della mostra del maggio del 2014 dove furono presentate 22 linografie ed una tempera, che mi affrettai ad acquistare, fu tale da suscitare nel nostro, la volontà di riprendere l’attività di incisione e dopo aver a lungo tergiversato, il nostro Pisu si é lanciato . All’inizio con due interpretazioni de l’opera di Miguel de Cervantes di cui, nel 2016, cadeva il quattrocentesimo anniversario della morte, et per la quale
avevo previsto l’organizzazione di una esposizione collettiva, che suscito’ l’entusiasmo di numerosi artisti, che poi non poterono onorare i loro impegni. In seguito, certamente consecutivamente all’esposizione delle opere di Camille Revel, che hanno suscitato tanti ricordi legati alla spiaggia del Poetto, tra cui principalmente una corrispondenza dei colori delle sua cere ed olii, con quelle dei casotti, ormai spariti, ma in uno dei quali il nostro Pisu trascorse almeno sei o sette stagioni estive al momento della sua adolescenza. Cosi il tema fu subito trovato ed ha iniziato a svolgersi ed a presentarsi al publico nella mostra che ha avuto luogo a partire dal 14 ottobre a «Il bar sotto il mare» in Via Campidano 12, dove le opere esposte fino al 31 dicembre, ma forse visibili ancora oggi, raccolsero un certo successo di stima sopratutto su questo tema nostalgico di un Poetto che non esiste più. Vittorio E. Pisu continua a produrre seguendo questo filone che ha trovato particolarmente fecondo e che risveglia in lui tanti ricordi di stagioni estive. Il tempo vola e so che la primavera arriverà a passo di corsa e che ci rimane poco tempo per preparare la prossima mostra ma facciamo tutto il possibile perché ancora una volta un’artista francese che noi amiamo particolarmente possa esporre a Cagliari, e dichiarargli cosi il suo amore. Marie-Amélie Anquetil
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