Cagliari Je T’aime
Programma di creazione di Esposizioni e Manifestazioni Artistiche nella città di Cagliari a cura di
Marie-Amélie Anquetil Conservateur du Musée du Prieuré Directrice de la revue “Ici, Là bas et Ailleurs” Espace d’exposition Centre d’Art Ici, là bas et ailleurs 98 avenue de la République 93300 Aubervilliers marieamelieanquetil@ gmail.com
https://vimeo.com/channels/ icilabasetailleurs
Vittorio E. Pisu Fondateur et Président des associations SARDONIA France SARDONIA Italia créée en 1993 domiciliée c/o UNISVERS Elena Cillocu via Ozieri 55 09127 Cagliari vittorio.e.pisu@email.it http://www.facebook.com/ sardonia italia https://vimeo.com/groups/ sardonia https://vimeo.com/channels/ cagliarijetaime
SARDONIA Pubblicazione dell’associazione omonima Direttore della Pubblicazione Vittorio E. Pisu Ange Gardien Prof.ssa Dolores Mancosu Maquette, Conception Graphique et Mise en Page L’Expérience du Futur une production UNISVERS Commission Paritaire ISSN en cours Diffusion digitale
uesti giorni, come altri, sono un miscuglio di buone e di cattive notizie, certo la pandemia che credevamo ormai agli sgoccioli continua ad am morbare le nostre giornate, e la scoperta di diversi errori e scelte criminali da parte delle autorità non ci rallegra certamente, nel frattempo le operazioni specia li del signor Putin hanno superato il nono mese e forse bisognerà ricorrere ad un parto cesareo perchè la situazio ne si risolva, mentre anche l’Italia ha raggiunto il nume ro sempre crescente delle nazioni populiste e diciamolo francamente di estrema destra, perchè è sempre più facile, specialmente nei momenti di inflazione e di aumento dei costi dell’energia e del gas, credere che quelli che stril lavano all’opposizione senza alcuna responsabilità, sono adesso capaci di risolvere tutti i problemi; ad ascoltare il signor presidente Meloni, come insiste per farsi chiamare, il giorno dell’apertura del Parlamento si poteva immagi nare che Natale fosse già arrivato, vista la lista di proble mi verbalmente affrontati di cui però non ci é stata data la maniera di risolverli e solo la promessa (a rischio di non essere rieletta quindi sa già come andrà a finire) di farli scomparire come neve al sole.
In questo caos dove non si riesce a capire che cosa potrà convincere i nostri e gli altrui governanti che non si può continuare con questo sistema neocapitalistico, pena l’e stinzione pura e semplice (insieme al 70 % delle specie animali e vegetaòli già estinte) della nostra razza umana. Nessuna inquietudine per il pianeta che continuerà tran quillamente la sua corsa per almeno qualche altro milione di anni.
La sola cosa che mi consola é che, lavorando alla redazione di questo mensile, di Palazzi A Venezia (in francese) e dei loro supplementi, scopro senza sosta dei personaggi che malgrado tutto, continuano a creare imprese ecore sponsabili, a salvaguardare l’agricoltura ancestrale, a cu rare gli animali domestici e selvaggi, a distribuire bellezza attraverso la musica, la pittura, la fotografia, il cinema ed anche la gastronomia ecoresponsabile senza parlare delle azioni che tendono a ristabilire una parità di genere (persa circa 10 000 anni fa).
Senza parlare inoltre di tutti i personaggi femminili spes so dimenticati, occultati, negletti di cui senza sosta, e non solo in Sardegna, scopro le opere, la vita, l’esistenza am mirabile che cerco di riportare qui per farvela (ri)scoprire se eventualmente conoscevate già le incredibili vite. Come le manifestazioni che mi faccio un piacere di fil mare, ultimamente “Cagliari Ti Amo” di Lucido Sottile, incredibile investimento (attraverso cento spettacoli, ses santa artisti) delle periferie Cagliaritane, e di cui potrete trovare nel supplemento di Sardonia, S’Arti Nostra, una descrizione dettagliata, mentre potrete eventualmente consultare i filmati a https://vimeo.com/channels/caglia ritiamo (password sanmichele). Buona visione. V. E. Pisu
nessuno che sei ancora vivo; non mi va di esse re considerato da tutti un codardo”.
Qualche tempo dopo il Conte Basilio, l’uomo più ricco e potente di Perdasdefogu, fece un annuncio: “donerò il mio carro d’oro a chiunque ri esca a trovare un qualco sa che valga più di esso”. Quando il giovane sep pe la notizia, si affrettò ad informare suo padre. Quest’ultimo dopo qual che minuto disse: “in re altà conosco una valida risposta che tu potresti dare”.
Antonio Lai, fo ghesino di 86 anni, ci racconta la leggenda del Conte Basilio.
In tempi remoti la gen te era solita ritenere che i vecchi fossero inutili per la società e, di conseguenza, era divenuta usanza comune liberarsi di essi, gettandoli dentro i dirupi. In molti avranno certamente sentito par lare di questa storia ma le versioni sono tante; ognuna legata al proprio territorio.
Anche Perdasdefogu possiede la sua leggenda: Un giorno un giovane, osservando suo padre oramai divenuto vecchio e stanco, decise di cari carlo sulle sue spalle e di recarsi verso il dirupo.
Giunto a metà strada però, decise di fermarsi per riposare un po’; nel mentre suo padre, seduto su una pietra, si rivolse al figlio dicendo: “figlio caro, anche il tuo bam bino un giorno crescerà e ti caricherà sulle sue spalle; ho imparato a mie spese che quello che fai ti torna sempre indie tro”.
Il giovane si meravigliò nell’ascoltare quella af fermazione e nello sco prire che anche suo non no fu vittima della stessa sorte.
Dopo aver riflettuto a fondo, non se la sentì di proseguire per il sentiero e disse: “padre, io conti nuerò a prendermi cura di te ma dobbiamo stare attenti a non rivelare a
Chiara SchiavoneIl giovane prontamente si affrettò a chiedere di che cosa si trattasse ma il vecchio rispose: “con il tempo comprenderai il significato della risposta, l’importante è che tu ti rivolga al conte con que ste parole: “S’orrosau de Marzu e de Arbili balidi prusu de su carru de Don Basili” (La rugiada che si forma nei mesi di Mar zo e di Aprile vale più del carro di Don Basilio)”.
Il giorno arrivò e final mente giunse anche il turno del giovane uomo che, guardando il Conte dritto negli occhi, si ri volse a lui mediante la frase dettatagli dal padre. Udite le parole Don Ba silio rispose dicendo: “hai proprio ragione mio caro, perché della rugia da primaverile, ottima per ogni tipo di campo, può usufruire tutto il pa ese; mentre il carro è a disposizione di una sola persona. (segue pagina 4)
Questa è la storia che spiega come a un certo punto a Perdasdefogu si mise da parte l’usanza millenaria di disfarsi degli anziani gettandoli giù dal dirupo, e si capì che bisognava invece prendersene cura, perché la loro saggezza costituiva un grande valore per tutti.
(segue dalla pagina 3)
Solo adesso però com prendo che questa frase è frutto della saggezza di un vecchio a cui sicu ramente non hai avuto il coraggio di dire addio”. Terminato il discorso radunò tutti quanti, donò il carro al giovane uomo e si rivolse a tutti dicendo: “la saggezza dei vecchi non ha prezzo e dovrem mo dunque iniziare a ri valutarli”.
La leggenda narra che da quel momento i foghesi ni cominciarono a consi derare i vecchi come uno dei doni più importanti della vita, smettendo di buttarli dentro i dirupi.
Chiara Schiavone
«Nutro da sempre l’amore per la narrativa. Ricordo che quando ero bambina, con rac conti e leggende, ero in grado di estraniarmi dalla realtà, im maginando di essere la prota gonista delle storie con le qua li entravo in contatto. Quando imparai a scrivere diventai la bambina più felice del mon do, poiché potevo finalmente essere io l’autrice delle storie che mi avrebbero entusiasma ta. Probabilmente sono sta ta influenzata positivamente anche dalla mia famiglia, es sendo essa una grande amante dei libri. A 10 anni infatti ho vinto il mio primo concorso letterario, classificandomi ter za a livello nazionale su 5000 partecipanti. Quella vittoria mi ha motivata maggiormen te a scrivere e, partecipando a tanti altri concorsi, sono riuscita ad essere più volte finalista, vincitrice e destina taria di menzioni speciali da parte della giuria. Da adulta mi piacerebbe scrivere libri e specializzarmi nel campo del giornalismo».
https://www.vistanet.it/ ogliastra/2022/10/21/leg gende-ogliastrine-perdasde fogu-il-conte-basilio-e-il-ri spetto-per-gli-anziani-rep-1/
IL CONCORSO PER
La scoperta del sito archeologico alla base del colle Mont’e Prama, situato nel Sinis di Ca bras nella Sardegna centro-occidentale, av venne per caso da parte di un gruppo di con tadini nel 1974.
Dagli anni Settanta a oggi sono state individuate nel corso di diverse campagne di scavo circa 150 sepol ture a cista litica quadrangolare e a pozzetto circolare, insieme a tracce di villaggi nuragici e materiali scultorei che si è scoperto essere frammenti di statue di pugilatori, arcieri e guerrieri.
Nei primi anni Duemila è stato eseguito il restauro dell’intero complesso statuario al Centro di Restauro e Conservazione di Li Punti a Sassari, e nell’ambito del progetto culturale Mont’e Prama Prenda ’e Zenìa sono stati parzialmente ricostruiti i cosiddetti “Gigan ti”, o Kolossoi, ossia 38 sculture scolpite a tutto tondo (ciascuna da un singolo blocco di arenaria) alte 2-2,5 metri, risalenti a un periodo tra il IX secolo a.C. e il XIII secolo a.C., ipotesi che renderebbe queste statue più antiche dei kouroi greci.
Delle sculture straordinarie, quelle ora conservate tra il Museo Archeologico Nazionale di Cagliari e il Museo Civico di Cabras, a cui è peraltro dedicata per tutto ottobre 2022 una mostra fotografica al Palazzo Reale di Genova.
Foto lucidosottile
PER MONT’E PRAMA
IL CONCORSO PER MONT’E PRAMA
I partecipanti al concorso per il sito di Mont’e Prama dovranno suggerire l’assetto architettonico e compo sitivo per la realizzazione del progetto di musealiz zazione pensando alla realizzazione di un sistema di accessibilità, ai camminamenti e alle aree interne di sosta, e all’installazione della cartellonistica interna di tipo informativo, divulgativo e scientifico.
“Il progetto di valorizzazione del sito archeologico di Mont’e Prama è centrale rispetto al sistema degli itinerari dei beni culturali che sono nell’idea di pia nificazione della tutela, valorizzazione e promozione turistica del territorio.
Il concorso di idee risponde alla necessità di voler valutare le migliori idee progettuali proponibili su un tema complesso, una sfida avvincente tutt’altro che ordinaria e banale”, ha precisato il sindaco di Cabras Andrea Abis.
Secondo le modalità specificate nell’avviso, reperibi le sul sito ufficiale, i partecipanti hanno 60 giorni dalla pubblicazione del bando per consegnare le proposte.
Giulia Giaume
www.monteprama.it/concorso-di-idee-per-il-sito-ar cheologico-monte-prama/
La penisola del Si nis è custode di uno straordinario patrimonio monumentale ed archeologico che attraversa oltre sette millenni di sto ria: dai primi villaggi ne olitici sulle rive dello Sta gno di Cabras, al tempo dei nuraghi, ai giganti di pietra di Mont’e Prama, al perio do della città fenicio-puni co e poi romana di Tharros, all’antica chiesa paleocri stiana di San Giovanni di Sinis, al villaggio novena rio ed ipogeo di San Sal vatore di Sinis, ai resti del palazzo medioevale degli Arborea sullo stagno, alle torri spagnole a guardia della costa, fino ai giorni nostri.
E’ degli ultimi anni la sug gestiva riscoperta dei “Gi ganti di Mont’e Prama“, sculture in pietra dalle grandi dimensioni, ritrova te ai primi anni ‘70 e oggi interesse di archeologi, ri cercatori e storici di tutto il mondo.
Presso il museo civico di Cabras è esposto un rile vante patrimonio di reperti provenienti dai siti archeo logici citati compresa una collezione parziale dei Gi ganti restaurati nel 2010.
Per la gestione, valoriz zazione e tutela del com plesso dei beni culturali del Sinis è nata nel 2021 la Fondazione Mont’e Prama, partecipata dal Ministero della Cultura, dalla Regio ne Sardegna e dal Comune di Cabras.(segue pagina 6)
(segue dalla pagina 5)
La Fondazione ha l’obiet tivo di elaborare e attuare un piano strategico di svi luppo turistico-culturale e di valorizzazione, anche paesaggistica, del “Sistema di valorizzazione inte grata territoriale del Sinis – Terra di Mont’e Prama”. Nell’ambito dell’arche ologia della Sardegna e del Mediterraneo l’im portanza e affermazione di Mont’e Prama, che si è manifestata potente mente a seguito del gran de restauro delle sculture, statue e modelli di nura ghe del 2008-2011, atten de ora la ricomposizione del contesto con il sito di provenienza, avviata con la ripresa della ricerca archeologica sul campo dal 2014 al 2018.
Mont’e Prama, localizzato alla base del colle omoni mo prospiciente la stra da che da San Salvatore conduce a Riola Sardo, attende di divenire sito archeologico di fruizione pubblica e oggetto di un programma pianificato di ricerca.
Programmare l’azione di valorizzazione di un sito archeologico impone necessariamente una dispo nibilità finanziaria che, per un progetto ambizioso come quello di un parco archeologico per Mont’e Prama è ingente, ma che se ben strutturato e pro grammato, può essere de finito attraverso step coe renti, consentendo la sua
Foto fondazionemonteprama
attuazione e preservando la fruibilità del sito e l’evolu zione dello scavo.
L’obiettivo generale è la Costituzione del sito archeolo gico di Mont’e Prama e dei servizi infrastrutturali connessi, al fine di creare un nuovo fondamentale nodo del percorso di fruizione dei beni culturali del Sinis e un cantiere pluriennale di ricerche archeologiche, un gran de laboratorio della ricerca archeologica del prossimo decennio che potrà coinvolgere programmi di scavo con le Università regionali, nazionali e internazionali. L’Intervento generale prevede un corpo di azioni di intervento volte alla perimetrazione e messa in sicurezza del sito, alla predisposizione di tutti gli elementi neces sari alla fruizione pubblica del sito archeologico.
In particolare saranno previste le opere e le strutture necessarie alla realizzazione dei servizi gestionali e manutentivi del sito nonché i locali tecnici e funzionali per attività di scavo e deposito temporaneo di cantiere. Nel quadro degli interventi di investimento anche una operazione di restauro e ricostruzione dello scenario del complesso monumentale e paesaggistico del sito an tico.
Nello specifico il presente concorso di idee ha come pri orità acquisire proposte in merito alla realizzazione di
un sistema di accessibilità, camminamenti e aree interne di sosta e pausa. Realizzazione e installazione della cartellonistica interna di tipo informativo, divulga tivo e scientifico.
Art. 1. SOGGETTO BANDITORE
Il soggetto banditore del Concorso di Idee è la “Fonda zione Mont’e Prama” con sede in Via Matteotti snc, presso la biblioteca comunale 09072 Cabras (OR).
Art. 2. TIPO DI CONCORSO
“Concorso di idee” con procedura aperta, in forma ano nima, ai sensi dell’art. 156 del D.Lgs n.50/2016, rivolto ai soggetti in possesso dei requisiti di cui al successivo art. 5 del presente Bando. I concorrenti dovranno predisporre una proposta ideati va, nella forma ritenuta più idonea alla sua corretta rappresentazione, relativamente al Progetto di “Realiz zazione accessibilità, cartellonistica e musealizzazione del sito Archeologico di Mont’e Prama”.
Art. 3. OGGETTO DEL CONCORSO
L’oggetto del Bando è un Concorso di Idee volte alla realizzazione di un sistema di accessibilità, cammina menti e aree interne di sosta e pausa. Realizzazione e installazione della cartellonistica interna di tipo infor mativo, divulgativo e scientifico nel sito archeologico di
Mont’e Prama Art. 4. CONDIZIONI E REQUISITI DI PARTE CIPAZIONE
Il Concorso è rivolto ad una pluralità di soggetti, che si costituiscono in un gruppo multidisciplinare con diverse professionali tà, a capo dei quali ci sia un soggetto che abbia tito lo a norma di legge, iscrit to al relativo ordine pro fessionale e al quale non sia preclusa, al momento della partecipazione, la possibilità dell’esercizio della libera professione, fatte salve le incompatibilità di cui all’art. 5 del pre sente bando.
Si auspica un’eterogeneità di competenze all’interno di ciascun gruppo attraver so consulenti e/o collabo ratori, che possono essere anche privi dell’iscrizione ad un Albo professionale, ma non devono trovarsi nelle condizioni di incom patibilità di cui all’art. 6 del bando.
Non è ammesso che una stessa persona faccia parte di più di un gruppo, né che lo stesso gruppo presenti più proposte distinte, pena l’esclusione del gruppo.
È fatto divieto assoluto a tutti i concorrenti di di vulgare, pubblicare o far pubblicare i progetti o le loro parti, prima che ven gano resi noti gli esiti della commissione giudicatrice. Art. 5. INCOMPATIBILI TÀ DI PARTECIPAZIO NE (segue pagina 8)
(segue dalla pagina 7)
Non possono partecipare al concorso, pena l’esclu sione dell’intero gruppo:
a) gli amministratori dell’Ente banditore, i loro coniugi, parenti ed affini fino al III° grado; b) i dipendenti dell’Ente banditore, anche con con tratto a termine ed i consu lenti dello stesso ente con contratto continuativo;
c) coloro che hanno rap porti di lavoro dipendente con enti, istituzioni o am ministrazioni pubbliche;
d) coloro che partecipano alla stesura del bando e dei documenti allegati;
e) coloro che si trovino nelle condizioni di esclu sione previste dalla vigen te normativa in materia.
Tutti i concorrenti sono ammessi al concorso con riserva di accertamento del possesso dei requisiti di partecipazione.
L’Amministrazione può disporre l’esclusione dei concorrenti in qualsiasi momento della procedura del concorso, ove venga accertata la mancanza di tali requisiti alla data di pubblicazione del bando.
Art. 6. ISCRIZIONE E MODALITÀ DI PARTE CIPAZIONE AL CON CORSO
La partecipazione al con corso avviene in forma gratuita ed anonima, se condo le modalità di se guito indicate.
L’anonimato verrà rispet tato sino alla conclusione dei lavori della commis
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Una liaison, quella tra i Giganti del Basket e le statue di Mont’e Prama, che prosegue nel tempo e che si rafforza grazie a un progetto che promuove i beni archeologici del Sinis sul mercato italiano e internazionale in occasione dei match disputati durante le trasferte dei bian coblù.
Il 17 ottobre, insieme alla squa dra che affronterà la gara 2 di Basketball Champions League, è partita per Salonicco una delegazione della Fondazione Mont’e Prama e martedì 18 alle ore 18.30 nell’Auditorium Manolis Andronikos si parlerà de “I Giganti prima dei Gigan ti”, con una conferenza tenuta dall’archeologo Giorgio Murru e le immagini di Nicola Castangia. Il presidente della Fondazione
sione giudicatrice.
I candidati che intendono partecipare al concorso do vranno inviare il materiale, a pena di esclusione, in un unico plico anonimo, non trasparente, non recante firme, loghi, marchi o altri segni identificativi ed idoneamente sigillato con striscia di carta incollata o nastro adesivo trasparente e dovrà indicare, oltre all’indirizzo dell’en te banditore (Fondazione Mont’e Prama, Via Matteotti, snc - 09072 Cabras OR - presso Biblioteca comunale), in alto a sinistra le seguenti informazioni: Concorso di idee: “Realizzazione accessibilità, cartellonistica e musealizzazione del sito Archeologico di Mont’e Prama”.
Il plico dovrà contenere 2 buste anonime (non traspa renti, chiuse e sigillate con striscia di carta incollata o nastro adesivo trasparente), pena l’esclusione dal Con corso:
1. una Busta “A”, recante la scritta “DOCUMENTA ZIONE AMMINISTRATIVA”, contenente l’Allegato “A” al presente Bando, debitamente compilato in ogni sua parte;
2. una Busta “B”, recante la scritta “PROPOSTA IDEA TIVA”, contenente gli elaborati di cui al successivo art. 7. Art. 7. ELABORATI RICHIESTI
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La “PROPOSTA IDEATIVA”, che dovrà essere svilup pata secondo i criteri di valutazione indicati nell’art. 11 del bando, dovrà, a pena di esclusione, essere illustrata mediante:
a) una tavola (sino ad un massimo di 6), in formato UNI A1/A2, disposte con il lato lungo orizzontalmente, re canti in basso a destra il titolo: Concorso di idee: “Rea lizzazione accessibilità, cartellonistica e musealizzazio ne del sito Archeologico di Mont’e Prama “ e numerate in alto a destra del foglio, contenente disegni, schizzi, foto e ogni altra forma di rappresentazione che si ritenga necessaria ad illustrare l’originalità dell’idea, nonché l’eventuale inserimento ambientale e paesaggistico nel contesto esistente.
Sono accettate riproduzioni fotografiche di disegni e modellazione grafica 3D, viceversa non saranno accet tati plastici.
b) una relazione illustrativa generale, di massimo una cartella in formato UNI A4, composta da un minimo di 20 facciate ad un massimo di 30 (carattere tipo carattere Arial, dimensione 11), contenente i criteri seguiti nella formulazione della proposta e la descrizione della solu zione, nonché le indicazioni progettuali seriali.
Mont’e Prama Anthony Muroni e Marsilio Balzano, Chief Marketing Officer della Dinamo Banco di Sardegna, presenteranno la campagna di comunicazione, punto di contatto importante tra il mondo della cultura e quello dello sport, per una sempre maggiore diffusio ne della conoscenza della storia nuragica sarda e l’ampliamento dei numeri del turismo archeo logico in Sardegna.
c) Elaborato di carattere fotografico (in jpeg o pdf) in formato A4 - A3 (massi mo 20 fogli) dove ciascu na stampa fotografica dovrà riprodurre il contesto in cui si pensa di inserire il progetto di valorizzazione o il tipo di azione che vi si intende svolgere.
d) un supporto rigido (CD – DVD – CHIAVETTA USB), utili ai fini divulgativi, contenente tutti gli elaborati nel seguente for mato:
- relazione illustrativa in formato .pdf;
- tavole A3 in formato .pdf.
- elaborato di carattere fo tografico .pdf.
Art. 8. QUESITI E CHIA RIMENTI
Eventuali quesiti o chiari menti sul Concorso di idee dovranno essere rivolti esclusivamente via e-mail (uff.tecnico@montepra ma.it).
I quesiti pervenuti e le relative risposte saranno pubblicate nel Sito istitu zionale della Fondazione (https://monteprama.it), nella pagina appositamen te dedicata al Concorso di idee.
I concorrenti potranno ri chiedere via mail appunta mento agli uffici al fine di poter visitare il sito ogget to della proposta.
Art. 9. CONSEGNA DE GLI ELABORATI
Il plico, di cui al preceden te art. 6, dovrà pervenire (segue p.10)
(segue dalla pagina 9)
all’Ufficio Protocollo della Fondazione - Via Matteot ti snc, presso la biblioteca comunale 09072 Cabras (OR), entro e non oltre le ore 12.00 del sessantesimo giorno (60°) dalla data di pubblicazione del presen te Bando. La data di sca denza per la presentazione degli elaborati è termine perentorio e sarà riportata nella pagina Internet dedi cata al presente Concorso. Solo per i progetti inviati a mezzo posta farà fede la data del timbro postale di partenza.
Art. 10. COMPOSIZIONE DELLA COMMISSIONE
Le proposte pervenute ver ranno valutate dalla com missione appositamente nominata dalla Fondazio ne Mont’e Prama.
La commissione giudica trice, istituita ai sensi del D.Lgs. n. 50/2016, sarà nominata dopo la scaden za del termine fissato per la presentazione delle pro poste e sarà composta da cinque componenti, com preso il Presidente, con diritto di voto.
È presente ai lavori della Commissione un Segretario verbalizzante, senza diritto di voto.
Art. 11. CRITERI DI VA LUTAZIONE
Le proposte progettuali verranno valutate secondo i criteri di seguito riportati:
1. Realizzabilità (20 punti)
2. Bellezza / Qualità (20 punti)
3. Ecosostenibilità (20
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punti)
4. Pedonalità (20 punti)
5. Originalità (20 punti).
6. Dotazioni tecnologiche (20 punti). Punteggio massimo complessivo a ciascun progetto 120 punti.
Art. 12. LAVORI DELLA COMMISSIONE
La commissione opererà secondo le modalità e le pro cedure previste dall’art. 155 del D.Lgs n.50/2016, verrà convocata entro il quindicesimo giorno (15°) dalla data di consegna degli elaborati e terminerà i propri lavori entro i successivi 15 giorni.
La commissione procederà alla verifica del rispetto delle condizioni previste dall’art. 6, dall’art. 7 e dall’art. 9 del bando. Quindi procederà all’esame delle proposte ammesse tenendo conto dei criteri di valutazione di cui all’art. 11.
Art. 13. ESITO DEL CONCORSO E PREMI
Dopo l’esame della documentazione delle buste “B”, contenenti la “PROPOSTA IDEATIVA”, la commissio ne formerà la graduatoria dei vincitori, successivamente procederà all’apertura delle buste “A” contenenti la “DOCUMENTAZIONE AMMINISTRATIVA” dei vari
concorrenti, per la verifica dei requisiti e delle eventuali incompatibilità. Solo a conclusione designerà il vinci tore.
In caso di esclusione di un concorrente a seguito di tale verifica, non è automatico il subentro del concorrente che lo segue in graduatoria, ma la valutazio ne è rimessa al parere della commissione.
Il giudizio della commissione è inappellabile, fatte salve le possibilità di ricorsi nei termini di legge.
La Fondazione mette a disposizione per i premi la som ma totale di €. 60.000,00 (sessantamila /00 euro).
La graduatoria finale è obbligatoria e dovrà prevedere i seguenti riconoscimenti:
- 1° classificato: premio di €. 30.000,00 (trentamila/00 euro);
- 2° classificato: premio di €. 20.000,00 (ventimila /00 euro);
- 3° classificato: premio di €. 10.000,00 (diecimila /00 euro);
I premi si intendono al lordo di spese, contributi previ denziali ed I.V.A. di Legge. Nessun rimborso spese sarà riconosciuto agli altri partecipanti.
L’esito del concorso sarà pubblicato sulla pagina Inter net del Sito Istituzionale della Fondazione, dedicata al
presente Concorso di idee, entro 30 giorni dalla conclusione dei lavori della commissione.
I premi saranno liquidati entro 90 giorni dalla data della suddetta pubblica zione.
La fondazione, in quali tà di stazione appaltante, conformemente a quan to previsto dall’art. 156, comma 6 del D.Lgs. n. 50/2016, si riser va la facoltà di affidare al vincitore del concorso di idee, se in possesso dei re quisiti previsti, la realizza zione dei successivi livelli di progettazione, con Af fidamento diretto, ai sensi dell’art. 1 della legge n. 120 del 2020 come sostitu ita dall’art. 51 della legge n. 108 del 2021.
Quanto previsto dal succi tato art. 156 del D.Lgs. n. 50/2016, costituisce una mera facoltà della Fon dazione, nulla potendo pretendere al riguardo gli interessati, da reputarsi soddisfatti in ogni loro pretesa e debitamente re munerati per il progetto proposto e per la cessione dello stesso con il ricevi mento del premio.
Si precisa altresì che nell’espletamento degli eventuali incarichi succes sivi, il vincitore incaricato dovrà recepire nel proget to le eventuali integrazioni dettate dalla Fondazione.
I vincitori del concorso (1°, 2° e 3° classificato) dovranno garantire la pre senza (segue pagina 12)
(segue dalla pagina 11) il giorno della premiazione.
Art. 14. DIRITTI D’AU TORE
Fatte salve le norme vi genti in materia di diritti d’autore, con il pagamento dei premi la Fondazione Mont’e Prama acquisisce la pro prietà dei progetti selezio nati.
Art. 15. TRATTAMENTO DEI DATI PERSONALI
I dati acquisiti per la par tecipazione al presente concorso saranno trattati in conformità a quanto di sposto dalla normativa vigente in materia di tutela della pri vacy e non potranno essere diffusi a soggetti esterni. È fatta salva la specifica autorizzazione contenuta nella domanda di parte cipazione riguardante la diffusione e pubblicazio ne delle proposte ideative, del nome e cognome dei partecipanti e loro collaboratori.
Art. 16. OBBLIGHI DEI CONCORRENTI E NOR MATIVA DI RIFERI MENTO
La partecipazione al con corso implica da parte dei concorrenti l’accettazione incondizionata di tutte le norme previste dal pre sente bando.
Per quanto non previsto nel presente bando si fa esplicito rinvio alle dispo sizioni di cui al D.Lgs. n. 50/2016.
Per ogni eventuale controversia, è competente il
Foto biblioteca cronachenuoresi.it
foro di Oristano. Art. 17. PUBBLICITÀ DEL BANDO E SCADENZA RIO
Al presente bando, con i relativi allegati, verrà data la più ampia diffusione possibile.
II presente bando verrà pubblicato all’Albo pretorio e sul sito Internet della Fondazione.
La data di pubblicazione sul sito Internet della Fonda zione del presente bando di concorso sarà considerata come unico riferimento temporale.
Le scadenze progressive del concorso sono le seguenti:
- ricezione delle proposte elaborate entro 60 giorni;
- inizio dei lavori della Commissione Giudicatrice entro 15 giorni dal termine di ricezione delle proposte;
- conclusione dei lavori della Commissione Giudicatrice entro i successivi 15 giorni;
- pubblicazione dell’esito del concorso entro 30 giorni dalla conclusione dei lavori della Commissione; - premiazione e liquidazione premi entro 90 giorni dalla pubblicazione dell’esito del concorso.
Cabras li 07.10.2022
Il responsabile del settore Tecnico Ing. Alessandro Gire https://monteprama.it/concorso-di-idee-per-il-sito-ar cheologico-monte-prama/
el Corso Vittorio sempre più food si spegne una storica insegna, accesa nel 1980 da Tonio Collu.
La figlia Silvia: “Le persone hanno cam biato abitudini, noi siamo fuori moda: ci sono nuovi canali di vendita dei libri, anche i super mercati o i megastore.
Si erano fermati negli anni del cantiere che ha poi trasformato il Corso Vittorio a Cagliari in una strada pedonale, riaprendo nel 2018.
Ma la libreria Collu esiste dal 1980: tra poche settimane, però, si potrà tranquillamente dire che “esisteva”.
Sì, perchè entro l’anno chiuderà.
L’annuncio è stato fatto pubblicamente su Face book, con tanto di post:
“Abbiamo deciso di mettere i remi in barca. Siamo prossimi alla chiusura. Questo tempo non ci appartiene più. Siamo fuori moda.
Le nostre competenze e i nostri servizi non sono più necessari, il mondo si è trasformato e noi non siamo stati in grado di comprenderlo e di conse guenza, di adeguarci”.
È stato Tonio Collu, oggi 86enne, ad aprire la
libreria cartoleria qua rantadue anni fa e a gestirla, in quest’ultimo periodo, con la figlia Silvia, 50 anni.
In una strada sempre più votata al food, tra locali e ristoranti, sono pochi i negozi di altri generi che resistono. E la libreria ha alzato bandiera bianca:
“Non siamo più ade guati alle esigenze dei clienti, non siamo più in grado di dare quel tipo di servizio che vo gliono, come magari la consegna a casa o un’apertura più ampia. Certo, non possiamo restare aperti 24 ore al giorno”, spiega Silvia. Che parla apertamente di nuovi canali di ven dita di cancelleria e li bri:
“L’online, ma anche i supermercati e i mega store, tutte attività di verse dalla nostra”. Cosa arriverà al posto di libri, penne e qua derni è difficile dirlo:
“Le mura sono nostre, al momento non c’è nessuna trattativa”.
Una sola certezza, però, c’è: dal primo gennaio 2023 un’altra storica insegna cagliaritana si spegnerà.
Per sempre. https://www.casted duonline.it/caglia ri-chiude-dopo-42-an ni-la-libreria-col lu-la-gente-compra-onli ne-non-possiamo-resta re-aperti-tutto-il-giorno
Una delle eredità più significative e integre che la civiltà nuragica ci ha lasciato.
Su Tempiesu è un tempio a pozzo dedicato al culto delle acque, edificato in opera isodoma con con ci di trachite e basalto perfettamente lavorati. Risale all’età del Bronzo recente (XIII secolo a.C.) ed è stato frequentato sino a inizio età del Ferro (IX a.C.).
Il sito, scoperto nel 1953, è addossato a una pare te rocciosa, dove sgor ga l’acqua sorgiva che alimenta la fonte sacra, in località sa Costa ‘e sa binza, a sei chilometri da Orune, il cui territorio si distingue per concentra zione di pozzi templari nuragici: potrai visitare anche quelli di Lorana e su Lidone.
Su Tempiesu è l’unica testimonianza originale che ci rimane di struttura in elevato e coperta di un pozzo sacro.
Il tempio è alto circa set te metri, formato da ve stibolo, scala e cella che protegge la vena sorgiva. Il vestibolo è quadran golare con pavimento in leggera pendenza e pareti aggettanti, realizzate con lastre che formano uno stretto arco acuto.
Alla base delle pareti la terali ci sono due banco ni-sedile, mentre stipetti per le offerte sono collo cati nella muratura.
La parete di fondo immette in una scala strom bata verso l’esterno (come quella del santua
Foto sardegnaturismo.it
SU TEMPIESU
rio di santa Cristina): quattro gradini ti condurranno alla piccola camera a tholos (a falsa cupola) con pa vimento lastricato e fossa di decantazione al centro. Eccezionale è la copertura, costituita da un tetto a du plice spiovente con doppia gronda scolpita.
Il tetto culmina in un timpano triangolare. Sopra poggiava un acroterio (concio troncopiramida le) che sosteneva venti spade votive in bronzo deco rate e infisse in fori.
Oltre a esse, nel pozzetto sono stati rinvenuti nume rosi ex voto bronzei: pugnali, spilloni, pendagli, brac ciali, anelli, vaghi di collana, aghi e, soprattutto, sta tuine di offerenti, guerrieri, personaggi con mantello e bastone di comando.
Altre offerte erano conservate in ripostigli ricavati da rientranze della roccia.
Nei periodi di piena l’acqua traboccante scorre in una canaletta scavata sul pavimento del vestibolo e viene convogliata in una seconda piccola fonte, riproduzio ne in scala minore della principale.
Il pozzetto è costruito alla base di un recinto esterno curvilineo e dotato di canaletta con gocciolatoio fine mente lavorato.
Sopra c’è un archetto, mentre sul fondo una fossetta consente la decantazione.
Foto dajety
Nell’estate del 1953, la famiglia Sanna, proprietaria di un fondo nella località di Sa Costa ‘e Sa Binza in territorio di Orune, mentre esegue dei lavori di terraz zamento per la realizzazione di un orto, vede affiorare alcuni conci in basalto lavorato…..
E’ questo il primo capitolo di un’affascinante scoperta archeologica che ha contribuito ad approfondire gli studi sulla misteriosa civiltà dei nuraghi.
La famiglia Sanna aveva infatti scoperto uno dei monumenti più rappresentativi della Sardegna Nu ragica: una fonte sacra dedicata al culto delle acque, uno degli esempi più raffinati di architettura religiosa dell’età nuragica….
Il vasto territorio di Orune è particolarmente ricco di vestigia archeologiche.
Fu abitato sin dal Neolitico, come dimostrano i dol men di Istithi vicini alla tomba di Giganti omonima, e i menhir e sas Predas’ Ittas.
Contemporanei a su Tempiesu e altre fonti sacre sono una decina di nuraghi e, soprattutto, il villaggio di Sant'Efis.
https://www.donnanuragica.com/siti-archeolo gici-sardi/fonti-nuragiche/orune-orune-fonte-sa cra-su-tempiesu/
ISantissimi, sono un duo di arti sti sardi formato da Sara Renzetti (1978) e Antonel lo Serra (1977).
Si formano entrambi all’Accademia di Belle Arti di Firenze; Renzetti seguendo il corso di stu dio di pittura e Serra di architettura con specializ zazione in disegno indu striale.
Iniziano a collaborare nel 2009 costruendo un percorso espositivo sia a livello nazionale ed inter nazionale.
Nello stesso anno sono presenti ad Artissima, alla quale seguiranno molte plici esperienze fieristiche sia in Europa che negli Stati Uniti, si ricordano tra le altre:
Art Wynwood Miami, Context Art Fair Miami, Scope New York, Scope Basel.
Nel 2010 sono tra i finali sti del Premio Arte Lagu na, nel 2011 partecipano alla 54^ Biennale di Ve nezia ed espongono nel la mostra dei finalisti del Premio Arte al Palazzo della Permanente di Mila no, città che li ospita sem pre nello stesso anno nella Basilica di Sant’Ambro gio con la mostra New Grotesque.
Nel 2012 sono finalisti del Premio Celeste.
Nel 2013 tornano all’Ar senale di Venezia durante la 55 a Biennale con l’e vento collaterale “Cros sover, A dialogue between the chinese school of Hu bei and the new Italian art scene”. (segue pagina 16)
a mostra presen ta opere della Collezione Ömer M. Koç insieme a nuove produzioni commissionate per que sta mostra con il suppor to di Koç Holding e opere prestate da istituzioni, artisti e collezionisti dal la Turchia e dall’estero. Tradotto dall’espressione turca volgare ‘ismi lâzım değil’ (letteralmente, quello il cui nome è inu tile menzionare), il titolo inglese della mostra “You Know Who”, trasmette l’inafferrabilità dell’i gnoto, non spiega nulla, non definisce nulla: è un nome che non nomina an cora, consegna l’innomi nabile.
La mostra prende spun to dal ricco immaginario bizantino e dalle fonti let terarie legate al sopran naturale, al perturbante e all’altro mondo.
Ispirato da questo patri monio storico e culturale, You Know Who mette in prospettiva le opere d’ar te contemporanea con le antiche fonti iconografi che e testuali, tracciando la sopravvivenza, la mi grazione e la trasforma zione di forme, credenze e rappresentazioni nel corso della storia”.
Quasi 100 opere di vari media di più di 45 artisti, tra i quali: Santissimi, Berlinde De Bruyckere, Patricia Pic cinini, Sam Jinks, Ahmet Doğu İpek, Murat Aka gündüz, Jean-Luc Parant, Hera Büyüktaşciyan, Marc Quinn, etc etc. photo: Hadiye Cangökçe
SANTISSIMI
Dspettive braccia aggrappate a un trespolo, in posizione da volatile.
In un romanzo dell’800, saremmo di fronte alla fantasia di uno scienziato pazzo. Nella realtà di oggi, siamo di fronte a un’opera di Sara Ren zetti e Antonello Serra, due artisti radicali e rigorosi, poeti della carne che trovano nelle anatomie impossi bili la rappresentazione visiva e concettuale dell’essere e dell’esistere.
Sono i Santissimi, duo sardo che il 24 marzo 2018 inaugura a Roma “Rebirth”, l’esposizione curata da Eleonora Aloise e Carlo Maria Lolli Ghetti della Whi te Noise Gallery. E “Rebirth” sarà il primo atto di un nuovo percorso della galleria romana che dal quartie re di San Lorenzo si trasferisce in pieno centro, nel cuore di uno dei quadrilateri dell’arte contemporanea a Roma, inaugurando una programmazione più co raggiosa e concettuale, di matrice fondamentalmente installativa.
I Santissimi usano il corpo come strumento di com prensione dello spazio e del tempo, indagandolo nel ciclo nascita-morte.
Il corpo è una sorta di guscio che racchiude storie e memorie, individuali e collettive, la superfice narra tiva di un discorso sulle condizioni sociali, politiche
e culturali del soggetto contemporaneo in crisi, con dannato a dimenarsi fra isolamento e allucinazione, desiderio e frustrazione.
Attraverso una tecnica di modellazione del silicone, successivamente cristallizzato nella resina, i Santissi mi creano meticolosamente sculture a misura umana (che così diventano specchio riflesso dello spettatore) di corpi indeboliti e crudelmente imperfetti, portatori sani di deformazioni emotive e fisiche.
Corpi dagli occhi chiusi ed il volto impassibile. Corpi disturbanti ma immersi in una calma irreale perché hanno imparato l’angoscia esistenziale e rico nosciuto l’incompletezza come condizione inevitabi le dell’esistenza. Ogni opera suggerisce la promessa di un movimento che non arriva mai, dilatando il tem po in un unico, infinito attimo.
E tra angoscia e malinconia, si susseguono fossili ana tomici e corpi da incubo, fino ad arrivare a una scultu ra come “Mom”, per la prima volta in esposizione, in cui la forma torna all’origine e la carne diventa pura materia da plasmare, embrione indefinito che evoca inquietudini ancestrali.
I Santissimi indagano forma e sostanza di esseri che hanno dimenticato la loro storia naturale e da dove provengono, in uno sfasamento continuo dell’identi tà.
Una sorta di passione da laboratorio rivela l’empirismo filosofico come corrente culturale di ri ferimento dei Santissimi e si traduce nella messa in forma, in materia, in arte del pensiero filosofi co-scientifico.
La potenza delle imma gini dei Santissimi, dun que, sconvolge e riscrive il concetto di pudore, di morbosità, di corpo in un orizzonte che contempla il cinema del primo Da vid Cronenberg, alcune metamorfosi di Jan Fabre e il “corpo senza organi” teorizzato da Antonin Ar taud.
Ad oggi le loro opere sono state presentate in Italia e all’estero sia in mostre collettive (Lon don Calling a Londra nel 2014, che personali (TA.BU. a Bruxelles nel 2016).
Del 2018 Rebirth è il pri mo solo show a Roma presso la White Noise Gallery. Pensiamo che attraver so il corpo dell’opera si possa raggiungere il pen sionamento del pensiero e le sensazioni che vanno oltre la misura dell’uo mo, la sua distanza dalle cose, la sua perdita. Come una foglia nel bo sco, tra le foglie, indi stintamente a comporre il manto.
SANTISSIMI
istoire d’une larme – Storia di una lacrima, l’ultimo lun gometraggio di Giovanni Coda, segna una nuova tappa nel per corso estetico e contenu tistico della trentennale carriera cinematografica del regista sardo.
Infatti, il film riprende al cuni stilemi sperimentali delle opere del suo pas sato, coniugate con una narrazione più classica, questa volta evidente so prattutto nel monologo off del protagonista.
Tale ricerca espressiva, questa contaminazione di modelli estetici, viene arricchita e approfon dita dall’inserimento di un livello musicale, che impegna i protagonisti in performance strumentali, di danza, di canto, sicu ramente sorprendenti, ma assolutamente coerenti col senso dell’opera.
Coda sembra sottolineare l’importanza per l’im maginario e la cultura popolare, ma anche per la formazione individua le, della canzone e della sua capacità di inserirsi nel disegno di un deter minato contesto storico e sociale.
Il tema di Histoire d’u ne larme è delicato e complesso: il diritto alla morte, l’eutanasia come liberazione da sofferenze estreme.
Infatti, il soggetto del film nasce da “Ocean terminal” scritto da Pier Giorgio Welby e curato da Francesco Lioce per le edizioni Castelvecchi,
Foto jocoda
JO CODA
in cui l’amore per la vita non contrasta con la libera decisione di mettere fine al dolore fisico e spiritua le. Giovanni Coda, però, affronta il problema con centrandosi su un tema primario all’interno del suo lavoro cinematografico, ovvero il focus sul corpo, la gabbia misteriosa dell’anima.
Non a caso il soggetto del libro di Welby incontra la apparentemente lontana esistenza di Charlotte von Mahldorf, la trans tedesca dalla vita complicata, bambino nella Germania nazista, parricida per non subire violenze continue, giovane “scomoda” nella DDR, antiquaria, attivista per i diritti umani.
Questi due personaggi così diversi, Coda li fa incon trare metaforicamente sul piano, appunto, del rap porto col proprio corpo in perenne trasformazione: quello di Welby nella parabola discendente, sempre meno efficente e lontano da una mente rimasta fino all’ultimo lucidissima, quello di Charlotte mai ade guato all’esigenze sociali.
La voce fuori campo (di Sergio Andò, il quale offre un’interpretazione molto intensa sia nel declinare le parole sia nelle performance fisiche) alterna racconti tratti dall’uno e dall’altro dei protagonisti.
Questa scelta chiede un’attenzione impegnativa, qua si straniante allo spettatore, che, però, può anche ab bandonarsi alla situazione emotiva prodotta dalle im
magini, curate tecnicamente, come nelle altre prove cinematografiche di Coda, a cui dà forza il montag gio di Andrea Lotta.
Le performance canore e musicali fanno di Histoire d’une larme uno “strano” musical che, come si è det to, riflette l’immaginario collettivo e individuale dei protagonisti.
Così, le parole delle canzoni si sovrappongono ai mo menti di vita dei personaggi, ne segnano la gioia e la vitalità, ma anche il dolore penetrato in qualsiasi forma, anche in quella artistica.
“Le foglie morte”, per esempio, non riflettono più esclusivamente un amore perduto, come forse, lo im maginò Prevert, ma alludono a un poetico e toccante disfacimento fisico, mentre “Quel che si dice” di Az navour, nella bella traduzione di Giorgio Calabrese, si adegua ai tormenti della vita di Charlotte e, ovvia mente, del protagonista del film.
Anche le location, dove vengono ambientati i “qua dri” del lungometraggio, hanno un loro senso preciso e riprendono alcuni motivi ritrovabili negli altri lavori di Coda.
In questo senso, il mare è uno sfondo emblematico che emette forza vitale, ma pure diviene inquietante spettatore agitato pronto, eventualmente, a invadere (riprendersi) il mondo che sfiora e segna.
Lo spazio teatrale, invece, arricchisce gli elementi ironici, quasi parodistici del mondo dell’arte. Al termine, abbiamo una composizione cara a Coda: la pietà , ancora una volta, unico elemen to-sentimento che può caratterizzare la positivi tà dell’essere umano. Elisabetta Randaccio
Sydney - AustraliaVittoria! Amiche e Amici, per la terza volta un mio film vince in una competi zione in terra austra liana! E’ capitato con il Rosa Nudo, con Bullied to Death ed ora con Hi stoire d’Une Larme. La storia che raccon tiamo - partendo dal li bro “Ocean Terminal” di Piergiorgio Welby - curato da Francesco Lioce - ha letteralmente conquistato il mondo: Hollywood, Londra, Amsterdam. Roma, Milano, New Delhi, New York, Syracuse, Kansas City, Toronto, Torino, Parigi, Seatt le, Huston, Città del Messico, Santa Cruz, Barcellona, Mumbai, Tokyo, Sant’Antonio, Singapore, Napoli, Fi renze e tante altre città … partendo da Caglia ri, partendo da Quartu Sant’Elena
Sono Soddisfazioni, Enjoy Jo Coda www.cinemaitaliano. info/pers/043362/gio vanni-jo-coda.html
Un modello di ge stione innovativo per la cura e l’uso condiviso dei beni comuni urbani, per la realizza zione di un distretto so cio-culturale diffuso nei quartieri di Is Mirrionis e San Michele che consen tirà di dare nuova vita ai tanti spazi pubblici oggi sottoutilizzati o in disuso offrendo l’opportunità ad associazioni, cittadini e imprese di ottenere l’uso temporaneo per attività rivolte al pubblico come eventi, spettacoli, incon tri culturali, corsi, labora tori, ma anche per servi zi di assistenza e di cura delle persone o dell’am biente urbano: é stato presentato al pubblico il 21 ottobre 2022 negli spazi dell’Aula Magna di Ingegneria e Architettura di Piazza D’Armi, “Nei ghbourHub“, progetto nato dalla collaborazione tra il Dipartimento di In gegneria Civile, Ambien tale e Architettura (DI CAAR) dell’Università di Cagliari e numerose associazioni socio-cul turali che operano nella città e finanziato dalla Fondazione di Sardegna nell’ambito del bando Sviluppo locale.
Una piattaforma digitale per l’accesso agli spazi –Con NeighbourHub sarà sviluppata una piattafor ma per la gestione e l’au tomazione delle procedu re di concessione in uso temporaneo degli spazi per attività di interesse pubblico, e per la comu nicazione pubblica sulle
Foto https://www.artesvelata.it/
Is Mirrionis spazi in condivisione per cittadini e associazioni
attività e iniziative del Distretto.
La piattaforma consentirà ai soggetti proponenti delle attività culturali e socio-sanitarie di fare proposte e “prenotare” gli spazi per le attività attraverso un’in terfaccia semplice e intuitiva che permette la visua lizzazione degli usi, delle assegnazioni e delle dispo nibilità di spazi in tempo reale.
Ne abbiamo parlato all’interno di Extralive con Ema nuel Muroni: «NeighbourHub è un modello per age volare l’incontro tra attività in cerca di spazi e spazi in cerca di attività: domani presenteremo la mappa degli edifici pubblici che potranno essere resi dispo nibili in breve tempo e il regolamento per il loro uti lizzo.
Sono già oltre 20 le associazioni ad aver aderito in maniera viva e propositiva a questo progetto: perso ne che hanno voglia di partecipare al lavoro di riqua lificazione del quartiere che parte dalla base e dal quartiere stesso.
Non solo associazioni ma ogni cittadino che vuole of frire il proprio contributo avrà la possibilità di parte cipare a questo processo.» info / unica.it ascolta il podcast https://www.radioxlive.com/2023/extralive/emanuel muroni-neighbourhub1910.mp3
La Sardegna possiede la ferrovia storica più lunga d’Italia.
Il Trenino Verde è un’esperienza unica, indi menticabile per conoscere, in poche ore, la Sardegna più genuina.
Borghi e territori caratterizzati da straordinari pa esaggi e ambienti naturali, profumi e sapori altrove scomparsi, sommergono il viaggiatore di emozioni profonde.
La ferrovia del Trenino Verde è una storica “porta” che da più di 130 anni collega l’interno della Sarde gna alla costa.
Ancora oggi si può attraversare questa porta e rag giungere col Trenino Verde, dal mare verso l’interno, il cuore affascinante dell’isola, per vivere tutto l’an no un viaggio nel tempo, un’esperienza emozionante alla portata di tutti, da 0 a 99 anni.
5 viaggi, 1000 emozioni
Il Trenino Verde ha la più lunga rete ferroviaria turi stica d’Europa (438 km) e oggi viaggia su 5 differenti itinerari.
Ciascuno di essi offre un’esperienza all’insegna della lentezza e dell’autenticità che da sola vale un viaggio, e che può arricchire, in modo originale, anche la tra dizionale vacanza al mare in Sardegna.
Chi ha compiuto questa meravigliosa esperienza sa
di cosa stiamo parlando, una viaggio speciale nella Sardegna più vera.
La Regione Sardegna, per valorizzare questa importante risorsa turisti ca, ha deciso di stanziare 10,3 milioni di euro, per riqualificare le tratte del Trenino Verde.
Tra i lavori previsti ci sono quelli per la messa in sicurezza delle linee, la manutenzione e la ge stione, potenziando e rin novando i convogli. Saranno eliminati, dove possibile, i passaggi a li vello e verranno recupe rate le antiche stazioni, dove troveranno posto nuovi luoghi dedicati all’accoglienza dei viag giatori.
TRENINO VERDE
Foto arst
Si punta al rilancio delle aree interne e delle loro risorse e tradizioni: non solo mare, quindi, ma una nuova esperienza di turismo lento e acco gliente, per impreziosire ancora di più il viaggio in Sardegna.
Se le cose verranno fatte nel modo giusto, l’obiet tivo è quello di arrivare tra qualche tempo alla candidatura del Treni no Verde a Patrimonio dell’Umanità UNESCO, un traguardo difficile ma possibile, che darebbe a questa esperienza turisti ca un rilievo a livello in ternazionale.
vedi il video https://youtu.be/6Tde 9lUmIkw http://www.treninoverde. com/ https://sardegnaremix. com/2019/01/28/
sule in terra stra niera, perseguitata dalle poli zie asservite ai nazisti, costretta a una vita di privazioni, sacrifici e stenti, ha te nuto alta la fiaccola della Resistenza lottando con insuperabile fede e valo rosa tenacia per il riscatto della Patria.
Rientrata in Italia su perando pericoli spesso mortali, attraversando ar ditamente più volte fron ti e frontiere, ha assolto missioni di estrema deli catezza e importanza ir radiando intorno alla sua mirabile attività un alone di leggenda».
Da anziana ha incontrato nelle scuole coloro che chiamava il suo “futuro vivente” e ha raccontato la lotta antifascista
Con queste motivazioni il 21 maggio del 1961 un’ardimentosa partigia na combattente riceveva la medaglia d’argento al valor militare. Indossava un vestito rosso, e aveva preteso e ottenuto una cerimonia ufficiale come quelle riservate agli uo mini.
Lei era Joyce Salvadori Lussu e con la sua vita e le sue gesta ha attraversa to il Novecento. Rivolu zionaria e attivista, scrit trice, storica, poetessa, traduttrice giramondo, in un’unica parola: irriduci bile.
Classe 1912, scomparsa il 4 novembre 1998, que sta donna si è mossa sugli avamposti della storia non indietreggiando mai, reclamando con determi
nazione, senza mai arrendersi, il diritto di agire e far sentire la sua voce. Arguta e impavida, colta e poliglotta, bellissima e ca rismatica, Joyce Lussu aveva fatto dell’impegno civi le e politico la ragione della sua esistenza. Su questo solco aveva trovato l’amore della sua vita, il leggendario Emilio Lussu, punto di riferimento del la lotta antifascista, statista e scrittore, e ne aveva pre so, dopo il matrimonio, il cognome.
Una scelta definita da lei stessa “politico culturale”: «Mi chiamo Joyce Lussu perché le donne non hanno un proprio nome.
Le donne devono sempre portare il nome di un uomo, o è il padre o è il marito. Il padre me lo sono trovato, il marito me lo sono scelto: c’è un briciolo in più di autonomia».
Gioconda Joyce Beatrice Salvadori aveva nel sangue lo spirito delle sue ave: le sibille appenniniche, donne divinatrici e custodi di conoscenze e saperi, e la vena anticonformista e ribelle di quelle ragazze britanniche che a metà dell’800 erano arrivate in Italia e si erano stabilite nelle Marche, regione d’origine della fami glia Salvadori.
I genitori, intellettuali progressisti antimilitaristi e antifascisti della prima ora, entrambi provenienti da famiglie agiate che avevano contestato e rinnegato,
Foto Alamy / Ipa
Joyce Salvadori Lussu, una vita per la libertà, rivoluzionaria e attivista, scrittrice, storica, poetessa, traduttrice giramondo, in un’unica parola: irriducibile. Libri e un museo in Sardegna la ricordano
avevano cresciuto lei, la sorella Gladys e il fratello Max in modo laico e paritario, senza nessuna diffe renza di genere.
I soldi in casa erano pochi, ma c’era una ricchezza ben più grande: la cultura.
Joyce imparò a leggere e a scrivere con le poesie e, anche se frequentò per pochi anni la scuola pubblica, continuò poi a ricevere un’istruzione a casa, appren dendo le lingue straniere e nutrendosi di letteratura, filosofia, storia.
Nel cielo di Firenze, la città in cui era nata, nel frat tempo si stavano addensando nuvole nere: lo squadri smo era insorto in modo aspro.
Una vita contro l’ingiustizia
Non aveva neanche dodici anni quando, nel 1924, i fascisti massacrarono di botte il padre e il fratello.
In Joyce nacque in quel momento definitivamente non solo la rabbia contro l’ingiustizia, ma anche la voglia di combattere la violenza e una volontà di agire, ri bellarsi, essere alla pari e mai inferiore agli uomini: «Giurai a me stessa che mai avrei usato i tradizionali privilegi femminili: se rissa doveva esserci, nella ris sa ci sarei stata anch’io». Lei e la sua famiglia furono costrette all’esilio. Si rifugiarono in Svizzera, la prima di tante peregri nazioni.
Joyce girovagò dall’Ita lia alla Libia, tuffandosi in una girandola di lavo ri per mantenersi, fino in Germania, dove studiò filosofia, per poi tornare di nuovo in Africa con il primo marito, il possi dente terriero Aldo Bel luigi, un’unione durata pochissimo, perché lei si era già innamorata di Mi ster Mill, il nome in codi ce di Emilio Lussu.
L’aveva incontrato per la prima volta a Ginevra, quando aveva iniziato la sua lotta clandestina an tifascista con Giustizia e Libertà, il movimento ri voluzionario a cui aveva aderito insieme al fratello Max, e subito aveva capi to che lui era l’uomo del la sua vita.
Ma Emilio, che aveva ventidue anni più di lei, ed era uno scapolo impe nitente, non voleva ave re una relazione stabile. Così si erano separati, per poi ritrovarsi appena Joyce era tornata in Eu ropa.
Nel 1940 lasciarono in sieme Parigi occupata dai tedeschi ed è qui che ini zia la cronaca di vita vera vissuta che diventerà il libro “Fronti e frontiere”. È l’opera, che sembra un film, in cui Joyce raccon ta il turbinio degli eventi che traghettarono lei ed Emilio sino alle soglie della fine della Seconda Guerra Mondiale.
Da Orléans a Marsiglia, dove Joyce diventò un’a bilissima fabbricante di documenti falsi salvando la vita a tanti profughi e perseguitati. (segue p 24)
(segue dalla pagina 23)
Poi Lisbona, Londra in cui frequentò un campo di addestramento militare e imparò a servirsi delle radio trasmittenti, dell’al fabeto morse, a sparare e a usare gli esplosivi. Il libro, rieditato di re cente dalla casa editrice Abbot nella sua prima versione originale, quella in cui ogni capitolo ha il nome di una donna che fu preziosa in quel peregri nare in giro per l’Europa tra confini, fughe, alloggi precari, identità fittizie e pericoli continui da supe rare, culmina nella mis sione che il Comitato di Liberazione Nazionale affidò a Joyce nel 1943: effettuare il collegamen to con il governo Italiano del Sud.
Con il nome in codice di Simonetta, Joyce passò la linea del fuoco intrapren dendo un viaggio che non era riuscito agli altri combattenti uomini che l’avevano tentato prima di lei.
«Essere donna – ha scrit to nell’incipit del saggio Padre, padrone, padreter no, altro testo ripubbli cato proprio quest’anno dalla casa editrice NdA Press, insieme a un’altra delle sue venti opere: “Il libro delle streghe”, entrambi a cura di Chia ra Cretella – l’ho sempre considerato un fatto po sitivo, un vantaggio, una sfida gioiosa e aggressi va.
Qualcuno dice che le donne sono inferiori agli uomini, che non possono fare questo è quello?
Foto Giovanni Giovannetti
Ah sì? Vi faccio vedere io! Che cosa c’è da invidiare agli uomini? Tutto quello che fanno lo posso fare anch’io. E in più, so fare anche un figlio». E un figlio all’indomani della Libe razione l’aveva avuto.
Subito dopo la fine della guerra si impegnò a ricostru ire l’Italia tra le file del Psi e dell’Udi.
Poi si allontanò dalla politica ufficiale, che l’aveva delusa, perché la questione femminile rimaneva argo mento minoritario.
Non smise mai però di impegnarsi attivamente, di scrivere e studiare, cercando nuove dimensioni in cui cimentarsi.
Diventò traduttrice per i poeti come Nazim Hikmeth impegnati ai quattro angoli del globo nelle lotte per la libertà.
Fu pacifista e ambientalista, dedicò la sua vita alla co noscenza della società e del mondo.
La sua storia viene raccontata ogni giorno, sottraen dola dall’oblio, nel Museo Storico Emilio e Joyce Lussu nel paese natio di lui, ad Armungia, in Sarde gna, la terra che lei definiva “una porta per il mondo”, per tenere sempre viva la memoria di una donna come Joyce Lussu e il suo sguardo acuto, senza tempo.
https://www.iodonna.it/ vedi il video https://youtu.be/o1XD7Y2Pjds
Sono gli anni Novanta, quando una bravissima e giovanissima autrice Silvia Ballestra pub blica un libro-intervista unico: “Joyce L. Una vita contro. Diciannove con versazioni incise su nastro”.
Vent’anni dopo l’autrice rende nuovamente omaggio a questa straordinaria figura nel suo nuovo libro edito da Laterza: “La Sibilla - vita di Joyce Lussu” .
Si tratta di una biografia dell’intellettuale, poetessa, scrittrice, saggista, traduttrice. Europeista convinta che ha portato la sua idea di Giu stizia e Libertà in tutto il vecchio continente.
Come scrive Ballestra: “Sibilla, figura ancestrale e misteriosa: è stata un tempo, un intero secolo, ed è stata un mondo”.
Joyce Salvatori è bellissima, ironica, acuta, straor dinariamente moderna e lungo tutto il secolo breve, questa donna favolosa pensa, scrive, agisce, lotta. Viaggia prima per studio, poi attraversando fronti e frontiere dell’Europa occupata dai nazifascismi: Pari gi, Lisbona, Londra, Marsiglia, Roma, il Sud dell’Ita lia dove sono arrivati gli Alleati. Documenti falsi, missioni segrete, diplomazia clan destina.
Joyce, insieme al marito Emilio Lussu e ai compagni di Giustizia e Libertà, sostenuta nelle sue scelte dalla
LUSSU
JOYCE SALVADORI
Foto vitoansaldi
sua famiglia di origine, è in prima linea nella Resistenza.
Poetessa, traduttrice, scrittrice, ha sempre co niugato pensiero (prefi gurante, modernissimo) e azione.
Azione che prosegue nel dopoguerra con la ricerca di poeti da tradurre per far conoscere le lotte di liberazione degli altri pa esi, in particolare dell’A frica e del Curdistan. Nazim Hikmet, Ago stinho Neto, i guerriglie ri di Amílcar Cabral che compongono canti di lotta durante le marce, sono alcuni degli auto ri che Joyce ‘scopre’ e propone attraverso tra duzioni rivoluzionarie. Rievocando le scelte, gli incontri, le occasioni, ri percorriamo l’esistenza di questa donna straordi naria (laica, cosmopolita, ‘anglo-marchigiana’) e il suo essere, da sempre, riferimento per molte don ne e molti giovani. Claudia Sarritzu Mercoledì 26 ottobre alla Fondazione di Sardegna raccontano “Il cinghia le del diavolo” di Emi lio Lussu, il rapporto fra uomo e natura, l’attualità e l’eredità del messaggio dell’opera e dell’autore. Artifizio
Associazione Culturale Tra Parola e Musica Casa di Suoni e Racconti Claudia Sarritzu e Matteo Porru
Per ascoltare l’intervista di Silvia Ballestra https://cultura.tiscali. it/.../Joyce-Lussu-partigiana.../
Lo spirito di Lev Tolstoj aleggia idealmente tra le opere di Antonio Cano va conservate al Museo Gypsotheca di Possagno.
Con un’esposizione che in occasione del Bicente nario Canoviano presenta un ardimentoso parallelo tra classico e contempo raneo.
La mostra, intitolata ap punto “Guerra e Pace”, è stata inaugurata sabato scorso e rimarrà aperta al pubblico fino all’8 genna io.
La new entry della situa zione è un’opera scul torea dell’artista nata a Ginevra e residente a Pa dova Sarah Revoltella. Si tratta di un’armatura a grandezza naturale, inti tolata La Difesa e realiz zata in vetro nell’isola di Murano.
La scultura, che segna l’ultima tappa del ciclo di tre opere “Io combat to”, inerenti al tema del disarmo, propone una riflessione sull’ambigui tà del concetto di difesa, come salvaguardia e tute la dell’individuo.
L’armatura di vetro è stata esposta al fianco e in diretto dialogo con il celebre gesso raffiguran te “La Pace” di Antonio Canova, uno dei tanti gessi all’occhiello del pa trimonio del Museo pos sagnese.
Già, proprio lei: la scul tura nota anche come “La Pace di Kiev”, il cui mar mo è conservato al Mu seo Nazionale Khanenko
della capitale ucraina. Una statua allegorica dal signi ficato attualissimo che, come noto, era stata concessa in prestito alla mostra “Io, Canova. Genio Europeo” al Museo Civico di Bassano del Grappa ed è quindi rimasta a Kiev, salvaguardata in un luogo segreto, per gli eventi bellici ancora in corso. Adesso il modello di gesso della “Pace” dell’Antonio nazionale e la raffigurazione della “Guerra” della Re voltella si fanno mostrare l’uno accanto all’altra. In un luogo che purtroppo la guerra l’ha conosciuta fin troppo bene, col bombardamento austriaco su Possa gno del novembre 1917, durante la Battaglia dell’Ar resto sul Grappa.
Una granata nemica colpì in pieno il tetto della Gyp sotheca causando il crollo del soffitto che frantumò e danneggiò molti gessi canoviani, poi pazientemente ricostruiti, e restituiti alla collettività con la riapertura del Museo del 1922, dall’eccezionale lavoro di restau ro del custode Stefano Serafin assieme al figlio Siro.
“Guerra e Pace” è la nuova proposta di Vittorio Vene to, ovvero del professor Vittorio Sgarbi nella sua veste di presidente della Fondazione Canova onlus di Pos sagno.
“Il presidente di Fondazione Canova - afferma un co municato stampa del Museo Gypsotheca - saluta il ri torno della “Pace di Kiev” con l’armatura di vetro di
Foto museocanova.it“Guerra e Pace” Al Museo Gypsotheca di Possagno un’armatura di vetro dell’artista Sarah Revoltella esposta accanto al gesso della “Pace” di Antonio Canova. Il presidente Vittorio Sgarbi: “Si celebra il primato dell’arte sulla guerra”
Sarah Revoltella, a celebrare il primato dell’arte sulla guerra. Una speranza. Perché diventi una certezza.” Il gesso canoviano, col relativo marmo, è una di quelle opere che da sole meriterebbero la trattazione in un libro.
La Pace è raffigurata mentre schiaccia la testa di un serpente, a rappresentare la vittoria sul male. Viene considerata un’opera particolarmente notevole di An tonio Canova, non solo per il valore artistico ma anche per il significato simbolico che ebbe all’epoca e che conserva ancora oggi.
La statua fu commissionata dal politico e diplomatico russo Nikolaj Petrovič Rumjancev, per celebrare alla memoria dei posteri una serie di trattati di pace che egli contribuì a siglare con altri Paesi europei.
Canova ideò l’imponente scultura nel 1812, agli albori dell’invasione della Russia, poi rivelatasi un’impresa disastrosa, del suo Old Friend Napoleone Bonaparte. Così scriveva lo scultore possagnese al politico e in tellettuale francese Quatremère de Quincy l’11 feb braio 1812:
«La statua della Pace si farà: vengane la guerra; essa non potrà impedirla. Ma io temo che alla pace generale non si farà statua per ora.
Così si potesse farla, come io l’alzerei a mie spese!».
Scalpella scalpella, il genio della scultura neoclassica realizzò l’ope ra in marmo di Carrara, la concluse nel 1815 e quell’anno la inviò a San Pietroburgo. Per quasi un secolo e mezzo la sua Pace rimase in territorio russo. Alla morte di Rumjan cev, la collezione d’arte del diplomatico fu donata allo Stato e andò a costi tuire nel 1831 il nucleo del primo Museo pubbli co russo, inizialmente a San Pietroburgo e quindi, nel 1861, trasferito a Mo sca.
Finché nel 1953 il segre tario del Partito Comuni sta dell’Unione Sovietica e presidente di tutte le Russie Nikita Krusciov, ovvero Nikita Sergeevič Chruščëv, ucraino di ori gine, decise di prendere la statua canoviana de La Pace e di portarla al Mu seo Nazionale Khanenko di Kiev, dove la scultura diventò così “La Pace di Kiev”. Spasibo, tovarish. A proposito di Guerra e Pace e della Grande Guerra terminata per l’I talia a Vittorio Veneto, proprio il gesso de “La Pace”, che reca sul retro l’iscrizione con la data “7embre 1812”, fu tra le opere che subirono danni gravissimi dalla granata austriaca abbattutasi sul Museo nel 9embre 1917. Gli fa da contrappunto, nella mostra possagnese appena inaugurata, l’ar matura di vetro della Revoltella, intenzionalmen te “fragile”, (segue pagina 28)
(segue dalla pagina 27) che irrompe in Gypsothe ca rivelando, almeno ne gli auspici dell’autrice, l’inconsistenza dell’a zione aggressiva anche come azione di difesa.
Opposizione resa ancora più evidente dal parallelo con il capolavoro di Ca nova, simbolo di fratel lanza e di solidarietà tra i popoli.
Il progetto Io combatto mira peraltro a sostituire alla produzione bellica quella artistica, per pro porre un’economia basata sul mercato dell’arte in antitesi al mercato delle armi.
Ma così è se vi pare: è la riflessione che scaturi sce dalla nuova proposta possagnese per il Bicen tenario, per comprendere la quale bisogna armarsi di un’opportuna dose di perspicacia.
Una mostra che lancia un messaggio interpretabi le anche con un insolito “linguaggio dei materia li”.
L’effigie allegorica della pace è infatti rappresen tata con la dura compat tezza del gesso, per non parlare del marmo con servato a Kiev, mentre l’emblema della guerra viene reso con la delicata fragilità del vetro.
Nella realtà accade esat tamente il contrario, per ché nulla è più fragile della cosiddetta pace nel mondo, ma con l’ardito accostamento messo in atto dal Museo Gypsothe ca di Possagno si può far finta che non sia così. www.museocanova.it/
Il22 ottobre 2022 é stata inaugura al Museo Gypsotheca Antonio Canova di Possagno (TV) la mostra Guerra e Pace, con l’opera scultorea La Difesa di Sarah Revoltella. L’opera, un’armatura di grandezza natura le realizzata in vetro nell’isola di Murano, é stata posta nella Gypsotheca del Museo in diretto dialogo con il gesso raffigurante “La Pace” di Antonio Canova.
La scultura, che segna l’ultima tappa del ciclo di tre opere “Io combatto”, inerenti al tema del disarmo, propone una riflessione sull’ ambiguità del concetto di difesa, come salvaguardia e tutela dell’individuo. L’artista affronta con diversi linguaggi, tematiche molto attuali nel nostro tempo, interrogandosi su qua le possa essere la strada da percorrere.
Nella sua concezione la “difesa” non può consistere nello sviluppo di ulteriori conflitti, ma nella forza del pensiero e dell’arte.
In opposizione con la realtà che viviamo, l’armatura in vetro di Revoltella, «fragile» ed esteticamente accat tivante (poichè la guerra intende nobilitarsi), irrompe in Gypsotheca rivelando l’inconsistenza dell’azione aggressiva anche come strategia di difesa.
Opposizione ancora più evidente dall’accostamento con il capolavoro “La Pace” di Antonio Canova, sim
Foto sarahrevoltellaFoto sarahrevoltella
bolo di fratellanza e solidarietà tra i popoli. La Pace raffigurata mentre schiaccia la testa di un ser pente, a rappresentare la vittoria sul male, viene con siderata un’opera particolarmente notevole di Anto nio Canova, non solo per il valore artistico ma anche per il significato simbolico che ebbe all’epoca e che ancora oggi conserva.
Il progetto «Io combatto» mira a sostituire alla pro duzione bellica quella artistica, per proporre un’economia basata sul mercato dell’arte in antitesi a quella bellica.
“Il presidente della Gypsoteca Antonio Canova sa luta il ritorno della “Pace di Kiev” con l’armatura di vetro di Sarah Revoltella, a celebrare il primato dell’arte sulla guerra. Una speranza. Perché diventi una certezza.” Vittorio Sgarbi
Sarah Revoltella è nata a Ginevra e vive a Pa dova.
Ha iniziato la sua carriera scrivendo libri e facendo film.
La sua pratica è mirata ad affrontare temi connessi alla politica, al conflitto e all’analisi sociale. Tra le sue recenti personali : “Stelle e Conflitti”, a cura di Giacinto di Pietrantonio,
Complesso dell’Ospeda letto, Venezia; “Stelle e Conflitti”, a cura di Efisio Carbone, Museo Macc, Calasetta; “You may say I’m a dreamer”, a cura di Claudia Melis and Chia ra Peru, Museo Nivola, Orani; “Io Combatto”, a cura di Olga Gamba ri e Fortunato D’Amico, Arsenale, Venezia, e Ar chivio Centrale di Stato, Roma.
Ha realizzato progetti con Cittadellarte, Fon dazione Pistoletto, Neon Campobase, Bologna, Ca’ Foscari Science Gal lery, Venezia.
La sua installazione “La birinto per gatti” è espo sta in permanenza presso lo Spazio Thetis a Vene zia.
Nel 2018 ha pubblicato per Stampa Alternativa il romanzo “Antimonio Manualetto rivoluziona rio” e nel 2010 per ZeL Edizioni l’antologia di racconti “Macedonia” da cui ha tratto e diretto il film “Il cerchio rotto”. Premessa: il lavoro di Sarah Revoltella abbrac cia anche la scrittura e il cinema, una densità e una molteplicità che si sentono anche pur rima nendo invisibili.
Sarah Revoltella è nata a Ginevra e vive a Padova. E’ artista scrittrice e re gista.
La differenza è data dal la libertà che Sarah si concede trascorrendo da una disciplina all’altra (cinema, arte, letteratu ra) assecondando i suoi molteplici interessi (...). (segue pagina 30)
(segue dalla pagina 29) Oggi, quando la spe cializzazione e la par cellizzazione dei saperi sembra essere divenuta la regola che occorre ri spettare per essere rico nosciuti, questa libertà appare ancora più rara e coraggiosa.
E Sarah Revoltella pos siede la capacità di uti lizzare con grande pa dronanza dei mezzi forme di comunicazione diverse per costruire comunque un discorso coerente, per seguire il fil rouge della narrativa, del racconto variamente articolato, e alimentando questa in tercambiabilità attinge ora alla produzione lette raria ora alla produzione artistica per sviluppare nuovi progetti che assu meranno forme impreve dibili”
Gino Gianuizzi
“Per questo l’arte di Sa rah Revoltella si vena di futuro e dell’utopia di un’arte fatta di stelle sen za più guerre.
Un futuro in cui, come accennato, concorre l’impiego di una tecnica “artigianale”, nel sen so artistico greco di te chne, con cui si realizza un’opera cosmica che mette in relazione il cielo stellato, le costellazioni dell’universo, con i con flitti terrestri, cercando una relazione attiva tra cielo e terra, arte e vita, o meglio ancora tra arte esistenza e mondo.”
Giacinto Di Pietrantonio https://www.sarahrevol tella.com/
Foto elisapoliniL’area dove sorge il Pozzo Sacro di Santa Cri stina ha origini antichissime, databili tra il XV e l’XI secolo a.C., nella medio e tarda età del Bronzo.
La prima menzione nota di quest’area si ha nel 1840, quando La Marmora nel suo Voya ge, parlando del Nuraghe Funtana Padenti di Baccai (Lanusei), scrisse: costruito con blocchi non lavorati […] che così non era d’una specie di pozzetto vicino, imbutiforme, costruito con pietre vulcaniche ben la vorate collo scalpello ed unite con molta cura.
In una nota richiamava poi a confronto un pozzo pres so a poco simile presso la chiesa di Santa Cristina, non lungi da Paulilatino; era allora in parte ingombro e pieno d’acqua.
Una seconda notizia si ha pochi anni dopo, nel 1846, da Vittorio Angius che, sotto la voce Paulilatino del Dizionario del Casalis, scrisse: In distanza di due grosse miglia dal paese nella linea de libeccio… è la chiesa di S.Cristina. Presso la medesima vedesi una costruzione singolare in forma d’imbuto dal cui buco si scende sopra una scala conica, formata da pietre ben lavorate, come lo è pure il muro che cinge intorno la scala e figura un imbuto rovesciato.
Nessuno di quanti vi sono discesi ha finora saputo spiegare a che servisse siffatta costruzione.
La prima vera menzione ufficiale fu fatta nel 1857 da Giovanni Spano, padre dell’archeologia sarda, che annesse alla descrizione anche un rilievo del pozzo. Spano riuscì ad attribuire correttamente il pozzo sacro alla civiltà nuragica, ma non riuscì ad individuarne la reale funzione, ritenendolo un carcere. Dopo la scoperta di molti altri pozzi in Sardegna, fu l’archeologo Antonio Caramelli negli anni ’50 del ‘900 ad intuire finalmente la reale funzione del Pozzo Sacro di Santa Cristina. È incredibile come in pochi passi si possa passare da un millennio all’altro, respirando aria di antichità e rimanendo increduli di fronte a queste costruzioni ri maste quasi intatte dopo tutto questo tempo.
Il Pozzo Sacro di Santa Cristina risale al XII secolo a.C., è costruito con conci di basalto finemente lavo rato ed è uno dei più belli e meglio conservati in tutta la Sardegna.
La sua raffinatezza, le dimensioni e la perfetta pre cisione delle forme geometriche è qualcosa che vi lascerà senza parole, soprattutto pensando a quanti millenni fa risale.
Il pozzo è completamente abbracciato da un recinto sacro (themenos) a forma di serratura, mentre all’in terno è formato da un vestibolo (dromos), da una sca la trapezoidale di 25 gradini e da una camera ipogeica
POZZO SANT A CRISTINA
a tholos realizzata con anelli concentrici.
Scendendo all’interno del pozzo noterete che i gradini si restringono man mano che ci si av vicina all’acqua e che le architravi, poste spe cularmente sulle pareti, formano un particolare effetto quasi a sembrare una scala rovesciata. In fondo al pozzo si trova una vasca scavata nella roccia, dove l’acqua è pe rennemente presente gra zie ad una falda acquifera nel sottosuolo.
Si presume infatti che il tempio servisse per pra ticare il culto dell’acqua, per la guarigione e la pro tezione delle persone che vi si immergevano.
Al suo interno sono stati ritrovati diversi oggetti votivi, come piccole sta tue in bronzo che con le loro mani indicavano la parte del corpo per cui era stata chiesta la guari gione.
Intorno al tempio, fuori dal recinto, si trovano i resti dell’antico insedia mento nuragico.
Ci sono diversi edifici, a pianta quadrangolare, che un tempo si pensa fossero adibiti ad allog gi dei maestri di culto e a botteghe per il mercato allestito in occasione del le festività religiose.
Il più importante e il più intatto, situato in posizio ne frontale e a pianta cir colare, è la capanna delle riunioni.
Ad oggi conserva il muro esterno, con un diametro di 10 metri e un’altezza (segue pagina 32)
(segue dalla pagina 31) residua di 1,70 metri, il sedile in pietra, largo 50 centimetri e alto 30 centi metri, e la pavimentazio ne in ciottoli.
Il villaggio nuragico è la parte più antica del parco archeologico, risalente al Bronzo Medio tra il 1500 e il 1200 a.C..
Il monumento più impor tante è un nuraghe mono torre costruito con pie tre basaltiche, attorno al quale sorgono i resti del villaggio.
Il nuraghe ha un diametro di circa 13 metri, un’al tezza residua di circa 6 metri e l’interno origina le com’era all’epoca.
Anche in questo caso si era pensato a tutto: il suo orientamento a SudEst permetteva alla luce del Sole di illuminarne l’interno per buona parte della giornata.
Sulla porta d’ingresso si trova un grande architrave, sormontato da una piccola finestrella di sca rico.
Una volta entrati, sul la sinistra, troverete una scala che conduce al pri mo piano del nuraghe. In fondo al corridoio d’ingresso invece la ca mera a tholos perfetta mente conservata, con 3 grandi nicchie al suo in terno.
Poco lontano dal nura ghe si trova una partico lare costruzione a forma di capanna allungata, un tipo di costruzione piut tosto scarsa in Sardegna. Ha una larghezza e un’al tezza di circa 2 m., per una lunghezza di 14 m..
Foto elisapolini
Il soffitto è costruito con lastroni di basalto che in ori gine formavano il ballatoio del nuraghe.
La capanna ha un grande ingrasso frontale e un in gresso più piccolo laterale, che si pensa servisse per illuminarne e arieggiarne l’interno.
Poco più avanti lungo il sentiero si trova un’altra co struzione simile, senza però il tetto.
Al momento non si hanno informazioni certe sulla loro datazione, ma si pensa non risalgano all’epoca nuragica, bensì al periodo romano.
Il villaggio cristiano è la parte più modena del par co archeologico e risale al 1200, costruito quasi con lo scopo di voler continuare la tradizione religiosa di questo antico luogo.
L’edificio principale è la Chiesa Campestre di Santa Cristina, dalla quale prende il nome il vicino pozzo, costruita dai frati camaldolesi attorno al 1200.
Quella che vediamo oggi non è la struttura originale della chiesa in quanto nel corso dei secoli si sono sus seguiti diversi lavori e ristrutturazioni. L’unica parte originale della chiesa sono le mura perimetrali, nelle quali sono stati ritrovati resti della civiltà nuragica. Attorno alla chiesa si trova un complesso di 36 muri stenes, alloggi semplici ed essenziali realizzati in pie tra basaltica e dedicati inizialmente ai monaci e poi ai pellegrini.
Ancora oggi il villaggio, con il suo novenario, si po pola in occasione di due differenti festività: la secon da domenica di Maggio in occasione di Santa Cristina e la quarta domenica di Ottobre in occasione di San Raffaele Arcangelo.
Il pellegrinaggio inizia con le novene (nuinas), per poi proseguire nei giorni del vespro e della festività. Dal 21 al 23 Settembre alle 12.00 e dal 18 al 21 Mar zo alle 11.00 in occasione degli equinozi, il Sole illumina perfettamente il fondo del Pozzo Sacro di Santa Cristina.
I suoi raggi oltrepassano la scala fino a riflettersi den tro l’acqua del pozzo.
In questa occasione, mentre scendete gli ultimi 6 gra dini, potete vedere due vostre ombre: una si proietta sull’acqua, mentre l’altra scende dalla camera a tho los a testa in giù.
Durante il lunistizio maggiore, ovvero quando rag giunge la sua massima altezza ogni 18 anni e 6 mesi, la luce della Luna illumina lo specchio d’acqua all’in terno del Pozzo Sacro di Santa Cristina. la Luna si riflette perpendicolarmente attraverso il foro di circa 30 centimetri della camera a tholos.
Il sito archeologico è suddiviso in due parti.
La più conosciuta è costituita dal Pozzo Sacro di San ta Cristina e alle strutture annesse.
La seconda parte si tro va a circa 200 metri di distanza ed è costituita da un villaggio nuragico e un villaggio cristiano dove si trova la piccola chiesa campestre di San ta Cristina, dalla quale il pozzo prende il nome. Insomma, un sito in cui in pochi passi è possibile ripercorrere una storia di migliaia di anni.
L’area archeologica di Santa Cristina si trova circa 4 chilometri a Sud dell’abitato di Paulilati no, all’altezza del chilo metro 114-115 della SS 131 Sassari-Cagliari, ed è raggiungibile comoda mente in auto, sia per chi proviene da Sassari sia per chi proviene da Ca gliari.
Il Parco Archeologico di Santa Cristina è aperto tutti i giorni dalle 8.30 fino al tramonto.
Il biglietto d’ingresso co sta € 5,00 per gli adulti e € 2,50 per i bambini dai 6 ai 13 anni.
Gratuito per i bambini fino ai 5 anni. È possibile acquistare il biglietto so lamente presso la bigliet teria in prossimità del parco, presso il museo Palazzo Atzori, oppure online su questo sito web.
È possibile prendere par te a delle visite guidate, ogni ora a partire dalle 8.30, senza pagare alcun supplemento.
Il biglietto consente l’ac cesso anche al Museo Ar cheologico – Etnografico ”Palazzo Atzori”.
https://www.unviaggioinfiniteemozioni.it/pozzo-sacro-santa-cristina/
IlFestival Pazza
Idea, giunto alla sua undicesima edizione, anche nel 2022 si distin gue per la sua capacità di analizzare l’attualità e di infilarsi nelle pieghe del la storia che attraversa, mentre tutto succede, ma con la volontà di proiet tarsi nel futuro.
È il racconto delle possi bilità del mondo, l’esplo razione della “nuova nor malità” con uno sguardo fortemente orientato alle opportunità e alla spe ranza, con l’immancabile focus sui temi del lavo ro, delle relazioni, delle generazioni più giovani, dei nuovi linguaggi, della cultura digitale.
“Officina Futuro”: il filo conduttore e, insieme, il tema di questa nuova edi zione del Festival Pazza Idea.
Un’officina fatta di im maginazione, sogni, suggestioni, ma anche di lavoro, talento, capacità, libri, strumenti, risorse, in cui costruire e imma ginare insieme i diversi scenari possibili e auspi cabili.
Un luogo dove l’arte pos sa raccontare la contem poraneità e possa anche stravolgerne la rappre sentazione convenziona le indicando strade alter native.
“Officina Futuro” è infat ti il titolo- guida, un ap punto intellettuale e sen timentale che ci ricordi che il tempo che arriva è mutevole, diverso dal co nosciuto finora, e ricco di possibilità.
FESTIVAL PAZZA
Vi immaginate se esistesse davvero un’Officina Fu turo?
Incuriositi entrate in questa bottega e trovate davanti a voi artigiane e bottegai intenti a creare il futuro.
Lo pensano, gli danno una forma, una materia, lo in terrogano e poi… Sembra un’idea meravigliosamente strana, eppure esiste e sta prendendo forma.
Pazza idea ha deciso di assumere, nuovamente, l’a spetto di spazio creativo, dove non solo la creatività è la forma principale di espressione ma dove, soprattut to quest’anno, ritroviamo al centro coloro che creano. Non a caso, infatti, si è scelto di accostare al futuro il termine officina: etimologicamente deriva dai termi ni latini Òpyfex, artefice e fabbricatore ma anche da Opus, opera e Facère, fare.
L’officina Pazza idea, quindi, custodisce al suo inter no i creatori con le loro opere, idee, sogni, aspettati ve, speranze che partono dalla contemporaneità vista come tempo in potenza e potenzialità per il futuro.
Sembra concreto più che mai dire che ognuno di noi è artefice del proprio futuro, che è simile a dire artefici del proprio destino. In entrambi i casi ciò che è importante è la volontà ostinata di vedere realizzato nel mondo quello che si è sognato per sé stessi.
PAZZA IDEA 2022
Il futuro, in questa nuova edizione, è al centro di una viva riflessione, in dialogo con la realtà e in rapporto sinergico con le arti.
Ma cos’è il futuro? Sembra un po’ come il tempo: lo conosciamo ma se proviamo a spiegarlo non troviamo le parole.
Pazza idea vuole trovare queste parole, ma vuole an che incontrare questo futuro con tutti i mezzi e i lin guaggi del possibile e dell’opportunità.
Pensare il futuro, con la mente del creatore, vuol dire in primis riflettere sul concetto di responsabilità per spostarci, poi, sul concetto dell’agire.
Quando si pensa al futuro, infatti, non si richiamano solo i sogni ma anche tutte una serie di azioni umane per concretizzare quei sogni.
Senza futuro e senza la capacità di immaginarlo e cre arlo, non saremmo in grado di muoverci nel mondo, perché ci mancherebbe la possibilità di scegliere.
Quando ci chiediamo cosa vogliamo nell’avvenire, implicitamente stiamo chiedendo a noi stessi di fare una scelta tra infinite possibilità.
Iniziare a pensare ai possibili scenari significa sentire dentro di noi tutta la meraviglia di quello che sarà e ci sentiamo avvolti da una profonda libertà.
In fin dei conti siamo creatori, abbiamo una grande responsabilità ma anche tanta libertà: possiamo crea
re il futuro che vogliamo, un futuro dove ognuno di noi ha il suo posto nel mondo, dove c’è ugua glianza legata alla diver sità, dove sono costanti il cambiamento e il nuovo che si manifesta.
Diventiamo individui at tivi di una realtà futura tutta da creare.
Questo è il futuro che si sta iniziando a respirare nell’officina Pazza idea, tra le idee dei suoi crea tori e creatrici.
Ma il futuro non è appan naggio di pochi e destina to a pochissimi, il futuro è di tutti.
Voi come scegliete di crearlo il vostro futuro?
Si è scelto di utilizzare il maschile per mantenere fluida la lettura.
Pazza idea, però, sposa un linguaggio inclusivo con cui chiunque può identificarsi.
Abbiamo cominciato con due anteprime di letteratura che si inseriscono a pieno titolo nel flusso di appuntamenti e occasio ni di confronto che ca ratterizzano Pazza idea quest’anno.
Abbiamo cominciato con un romanzo su più pia ni, con diverse visioni e protagonisti, che riflette le complessità del nostro presente e di un possibile futuro, in piena sintonia con il tema del Festival Pazza idea 2022, “Offici na Futuro”.
Si tratta di “Erosione” (ed. E/O) della scrittrice Lorenza Pieri, che abbiamo incontrato a Siliqua grazie alla preziosa col laborazione (segue p 36)
(segue dalla pagina 35) e amicizia della libreria indipendente La Giraffa. Abbiamo colto l’oppor tunità di portare la cul tura e i libri sul territorio grazie alla Festa dei Let tori 2022, organizzata su tutto il territorio naziona le dai Prèsidi del Libro. La serata con Pieri e Michela Calledda è sta ta ricca di suggestioni e spunti: uno su tutti, il cambiamento climatico che è certamente condi zione reale e presente ma anche, metaforicamente, simbolico delle evoluzio ni dell’animo umano. E dell’anima e delle sue infinite possibilità di ri nascita abbiamo parlato anche nella bellissima se rata organizzata a Caglia ri in collaborazione con la Libreria Ubik Cagliari: l’incontro con la scrit trice statunitense Lidia Yuknavitch e il suo “La Cronologia dell’acqua”, edito in Italia da Notte tempo.
Un libro che è stato, ne gli scorsi mesi, un vero e proprio caso editoriale e che presto diventerà un film, raccontato dall’au trice in conversazione con Francesca Madrigali e Eva Garau alla tradu zione.
La cronologia dell’acqua è memoir, analisi psico logica e sociale, spietata ricognizione negli abissi e nelle risalite dell’essere umano, un libro molto in tenso che fa pensare alle possibilità del futuro. Yuknavitch scrive di nuo ve forme di relazioni, di famiglie, di sentimenti e
Foto festivalpazzaidea
di un tempo che può essere vissuto non solo in modo lineare ma circolare, come appunto è l’acqua.
E anche di creatività, scritture, possibilità per tutte e tutti di esprimersi.
Erosione: suggestioni dall’Anteprima di Pazza Idea. Officina Futuro Erosione.
Erosione che colpisce la vita, il tempo, le case, la me moria.
Erosione dell’esistenza delle persone, dei loro senti menti.
Questo è Erosione di Lorenza Pieri.
La scrittrice durante l’incontro il Festival del lettore ci ha introdotto all’azione che consuma, sottrae, ri duce.
I protagonisti, ma anche il paesaggio, il tempo della narrazione sono sotto questa azione fisica distruttiva. Non si può scappare.
E cosa rimane? Ormai, più nulla.
Rimane che nel presente le cose accadono e poi non accadono più. Ormai è fatta, ormai è andata, ormai è così.
Ora e mai.
Rimane la solastalgia, termine coniato da Glenn Al brecht, per manifestare il dolore del sollievo, la no stalgia del conforto.
I protagonisti, ma probabilmente ognuno di noi, spe rimentano il dolore che si prova quando non si riesce più a sentire il luogo che si abita come sollievo, ripa ro, protezione.
E non importa se questo luogo sia la propria casa, il pianeta, il proprio corpo, l’anima, la sfera delle emo zioni, la psiche; con l’erosione qualcosa si sta scio gliendo inesorabilmente.
Bisogna solo chiedersi se tutto ciò cade inesorabilmente verso un punto o se porta all’inizio di una nuo va storia da costruire.
Il futuro sembra sempre qualcosa di lontano che ci-ac cade, ma non ci rendiamo conto che dipende da noi, dall’azione che vogliamo creare.
E se la smettessimo di renderci questo futuro così ino spitale?
Monica Mastrovito per La stanza virtuale dell’Offici na Futuro di Pazza Idea
Queste sono state alcune delle suggestioni emerse in questa primissima parte del lavoro nella nostra Offi cina Futuro: il resto si svolgerà a Cagliari dal 25 al 27 Novembre 2022.
Vi aspettiamo!
https://www.pazzaidea.org/pazza-idea-2022-e-offici na-futuro-le-relazioni-la-creativita-gli-scenari-in-tra sformazione-le-anteprime/
CAGLIARIsul podio delle città più trendy d’Italia. Il capoluogo della Sardegna al ter zo posto fra le città più trendy in Italia, secondo un noto sito che ha preso in con siderazione i fattori più interes santi che rendono una città o un luogo di tendenza.
Il portale che ha definito la classifica è BravoSconto, cele bre portale online che raccoglie tanti sconti e promozioni in Ita lia.
Lo studio prende in esame le 25 città più grandi d’Italia (per po polazione) e le opportunità che offrono in termini di intratteni mento, arte e cultura, servizi, shopping e molto altro.
Lo studio rivela le 10 città più trendy attraverso una valuta zione delle principali categorie che rendono un luogo di ten denza, per un totale di 34 fat tori:
Food & drink (birrerie, risto ranti, mercati alimentari, ecc.)
Arte e cultura (gallerie d’arte, librerie, negozi di dischi, ecc.)
Shopping & fashion (negozi vintage, negozi di design, ne gozi di antiquariato, ecc.)
Centri estetici (tattoo, barbieri, parrucchieri, ecc.)
Attrazioni della città (ostelli boutique, monumenti storici, ecc.)
Spazi all’aperto e benessere (natura e parchi, centri fitness, piscine, ecc.)
Per una ricerca maggiormente accurata sulle città più affasci nanti d’Italia, i dati sono stati rapportati alle dimensioni della popolazione. Ne è venuta fuori una classifica oggettiva delle città italiane più trendy, dove sarebbe più bello vivere.
Al primo posto c’è Firenze (co sto della vita mensile 1425,00 euro), (segue pagina 38)
(segue dalla pagina 37) seguita da Parma (1402,20). Dopo queste due viene proprio Cagliari, che dunque si piaz za al terzo posto in Italia, con un costo della vita mensile di 1125,75 euro (fra i più bassi in classifica). A seguire abbia mo Brescia (1261,60), Modena (1365,15), Bologna (1342,35), Milano (1698,60), Trieste (1214,10), Reggio Emilia (1240.70) e Verona (1301,50). BravoSconto ha studiato le 25 città italiane più popolose e le ha classificate in base al nume ro di servizi di tendenza offerti in categorie come gastronomia, shopping e bellezza.
Se state cercando una meta per il vostro prossimo viaggio o state pensando di trasferirvi, questa top 10 delle città più trendy d’italia vi aiuterà a tro vare il luogo di tendenza che fa per voi. Cagliari è una città me tropolitana e un gioiello italia no forse sottovalutato che non è così nota come, per esempio, Roma o Bologna, ma è molto più conveniente.
Il costo mensile della vita a Cagliari è di circa 1.125 euro: è la città più economica del ran king, soprattutto se paragonata a Milano, la più costosa, con 1.698 euro al mese. Inoltre, Ca gliari svetta in cima alla classi fica per food & drink.
Il capoluogo della Sardegna si trova sul Mediterraneo e il suo mare offre chilometri di costa incontaminata. Al secondo po sto per i ristoranti, a Cagliari troverai deliziosi frutti di mare, in particolare vongole, calama ri e molluschi.
Con un totale di 85,45 km², Cagliari, offre più di dieci risto ranti ogni chilometro quadrato sardegnaremix.com/ca gliari-sul-podio-delle-cit ta-piu-trendy-ditalia/
MELCHIORREMURENU
Nel 1820 il sovrano sabaudo Carlo Felice, suc ceduto al fratello Vittorio Emanuele, avvia la formazione della proprietà privata della terra sarda, contro il regime di proprietà comune precedentemente prevalente.
Si tratta del noto “Editto delle chiudende”, ufficial mente finalizzato alla promozione della crescita dell’agricoltura e della borghesia agraria moderna.
Di fatto, però, la nascita delle cosiddette “tancas”, campi chiusi da siepi o muretti a secco, portò nume rosi conflitti fra contadini e pastori, oltre che favorire numerosi abusi e una proprietà assenteista.
Per molti, dunque, fu profonda crisi nel mondo delle campagne.
Come riportato da Giovanni Pirodda in “Sardegna –Letteratura delle regioni, storia e testi”, interprete di questi disagi della realtà isolana è stato Melchiorre Murenu, autore rappresentativo dell’uso vivo del sar do nella produzione letteraria orale.
Melchiorre Murenu (1803 – 1854) è stato un poeta sardo cieco, conosciuto come l’ “ Omero di Sardegna “ perché (proprio come il grande poeta greco) era cie co e visse tutta la sua vita per la poesia.
È nato a Macomer, dove ha vissuto tutta la sua vita.
All’età di tre anni divenne cieco a causa del vaiolo.
Il padre di Murenu fu imprigionato quando Melchior
Foto visualscout.itre aveva dieci anni e si pensa che sia morto durante la sua prigionia.
Questa sfortunata circostanza portò la famiglia di Murenu nella povertà (Murenu ha parlato dei tempi difficili della sua infanzia nel poema Supplica a Mon signore Bua ).
In queste difficili circostanze Murenu non poteva per mettersi un’istruzione formale e si divertiva a trascor rere del tempo nella chiesa locale.
Lì si familiarizzò con i testi biblici e, grazie a una memoria prodigiosa, poté recitare interi brani delle scritture, nonché le prediche quotidiane, interamente a memoria.
Nonostante questo sfondo (o, forse, proprio per que sto), la povertà e l’oppressione sono i temi principali della poesia di Murenu.
L’opera del Murenu si colloca in un contesto culturale fortemente radicato nella tradizione popolare sarda, la poesia estemporanea o, in sardo, a bolu, di origini antiche e incerte, soprattutto per la sua collocazione al limite fra il colto e il popolare.
Si trattava infatti di una tradizione del tutto popolare, basata esclusivamente sull’esibizione in forma orale ad improvvisazione, ma che aveva evidenti collega menti con la cultura letteraria del Medioevo, ad esem pio per quanto concerne la modulazione della metrica.
Rappresentazione della poesia di Melchiorre Mu renu, da “Enigmi” di Pie ro Ligas Olio su tela 61 x 100 x 2.5 cm (Tela incollata su compensato con intelaia tura di listelli 2.5x 4 cm) https://www.visual scout.it/product/ rappresentazio ne-della-poesia-di-mel chiorre-murenu-da-enig mi/
La metrica della poe sia a bolu si basa infatti sull’ottava rima, tradizio ne che si è persa nei seco li e sopravvisse soprattut to nella poesia popolare improvvisata. Nell’Ottocento si svolge va come gara di improv visazione poetica, a cui partecipavano più canta dores (“cantori”), senza una regolamentazione rigida ma secondo con venzioni probabilmente basate sulle consuetudini. Nel 1896, a Ozieri, il poete Antonio Cubeddu propose una regolamen tazione della gara che si è tramandata con leggere varianti per circa un se colo.
La poesia estemporanea rappresentava anche una forma di comunicazio ne attraverso la quale si esprimeva la protesta so ciale: l’ottava rima fu in fatti osteggiata, nel corso della Storia, dagli ambienti ecclesiastici e negli anni trenta questa forma di esibizione subì un for te controllo da parte del Fascismo, che si oppone va alla partecipazione dei poeti ostili al regime. Nella sua forma più co mune la poesia a bolu si svolge secondo un cano ne complesso come gara d’improvvisazione poeti ca cantata fra più canta dores in occasione dei fe steggiamenti di un santo nelle sagre paesane.
La gara si svolge su un palco in più fasi articola te, durante le quali i cantadores devono mostrare la loro capacità dialettica improvvisata(segue p 40)
(segue dalla pagina 39)
in forma poetica; fino agli anni settanta la gara si concludeva con sa moda, un lungo compo nimento che ogni canta dore aveva predisposto per l’occasione, general mente dedicato al santo festeggiato.
Inizialmente la gara pre vedeva un unico premio riservato al vincitore, ma in seguito si adottò il compenso per tutti i par tecipanti.
Fra gli aspetti più sug gestivi di questa forma di espressione va cita ta la partecipazione del pubblico, che si esibiva in un vero e proprio tifo sottoscrivendo con risate, commenti e, nei momenti più salienti, anche ova zioni, le composizioni elaborate ad ogni turno dal cantadore.
La poesia a bolu è una forma d’arte che si è or mai quasi completamente persa: la sempre più mas siccia diffusione dell’ita liano come lingua madre fra le nuove generazioni, la connotazione del sardo come lingua di substrato, il maggiore interesse ver so altre forme di espres sione artistica e d’intrat tenimento in occasione delle sagre, omologate ad uno standard interregio nale e concentrate per lo più sull’aspetto spettaco lare del folclore e, soprat tutto, la scarsità di abili cantadores fra le nuove generazioni, hanno rele gato questa tradizione ai margini dell’interesse, portandola quasi all’e stinzione.
Fino agli anni settanta, era un fatto normale in occa sione delle feste paesane, soprattutto nei piccoli cen tri, che gli anziani si recassero in piazza, trasportando a piedi le sedie dalla propria abitazione, indipenden temente dalla distanza, pur di assistere alla cantada, manifestazione a cui si dedicava una serata nell’am bito dei festeggiamenti.
Tra le liriche più famose del Murenu, ci sono Suppli ca a Monsignore Bua (“Supplique a Monsignor Rua”, sulle disgrazie della sua famiglia), S’istadu de Sardi gna (“Stato di Sardegna”, sulla pervasiva ingiustizia contro il popolo indifeso della Sardegna), e Tancas serradas a muru (“terre murate”), un quartile sull’ap propriazione delle terre. Un’altra famosa composizione di Murenu segnò il suo destino; si tratta di Sas isporchizias de Bosa (“sporci zia di Bosa”), descrizione fittizia (e decisamente poco lusinghiera) della città di Bosa .
Si pensa comunemente che a causa di questo poema, alcuni abitanti di Bosa abbiano deciso di vendicare tale offesa uccidendolo.
La notte del 21 ottobre 1854, tre uomini, affermando di essere lì per conto di un poeta noto a Murenu, lo attirarono fuori dal suo posto e lo spinsero oltre un dirupo.
La sera della morte, infatti, Murenu si trovava nella
sua casa nelle vicinanze della chiesa di Santa Croce e tre persone si presentarono dicendo di essere venuti per conto del poeta bandito Maloccu prendendolo per condurlo ad incontrare il Maloccu che, a loro dire, lo voleva sfidare in una gara di poesia; fu invece condot to al dirupo che si trova nei pressi della vicina chieset ta e gettato giù; fu trovato appunto morto nel burrone. Mentre ci sono pochi dubbi che i tre uomini lo ab biano spinto nel dirupo, le motivazioni dell’omicidio sono ignote; fra le ipotesi ci sono quella di una ven detta per versi particolarmente offensivi (con “Sas isporchitzias de Bosa” Murenu aveva offeso un’intera comunità) e quella per cui il mandante sarebbe stato il concorrente Maloccu.
«Cantu b’hat in s’inferru fogu e famen E d’ogni patimentu illimitadu, Una mente distint’hat computadu Ch’in Bosa b’hat fiagu e ledamen!»
I versi di apertura sono in realtà una “diplomatica” premessa ad una sequenza di quartine dove l’autore sfodera un colorito repertorio, emblematico del suo fraseggiare senza peli sulla lingua, a tratti volgare e impudente nei confronti di Bosa e dei suoi abitanti. Senza ricorrere a mezzi termini, il Murenu ricorre a paragoni ironici (Si sos culos fint mattas de aranzuNd’haiat sa Sardigna hapidu fruttu, “Se i culi fossero
piante d’arancio - La Sar degna ne avrebbe tratto gran profitto), condendo il tutto con intercala ri di sarcastica ipocrisia (Deo, cun tottu ch’hapo ment’abbizza - s’ani mu non mi bastat chi lu conte, “A me, nonostante abbia una mente apertanon basta il coraggio per raccontarvi”).
I versi offensivi, o rite nuti tali, potevano essere molti.
Murenu infatti compone va versi a richiesta (que sta era un’antica tradizio ne soprattutto barbaricina e questo poetare era detto “ponnere una crobbe”) con i quali si indirizza va in metafora qualche indicazione in genere di tipo moralista a persone, spesso donne, i cui costu mi suscitavano scandalo. Ad esempio, nella produ zione di Murenu ci sono Faziles amores de una libertina (Facili amori di una libertina), Sa muze re brincajola (La moglie saltellante), Capricciu amorosu (Capriccio d’a more), Peccadore, non vivas pius dormidu (Pec catore, non vivere più ad dormentato) e soprattutto “Faziles amores de una libertina” che, secondo il canonico Spano, sa rebbe la composizione di cui qualcuno avrebbe deciso di vendicarsi; nel componimento, Murenu lascia intendere di essere stato uno dei beneficati dai facili costumi della destinataria della quale, attraverso crude allusioni sessuali, i versi rivelano (segue pagina 42)
(segue dalla pagina 41) che per questa condotta disordinata aveva con tratto una malattia, forse venerea.
Lo Spano, a chiusura del la sua narrazione sul poe ta, ricorda che la sua testa era bislunga, e quando si fece l’esame del suo ca davere si trovò che con teneva uno straordinario volume di cervello.
A Macomer esiste una stele posta sul dirupo dove è caduto/stato but tato.
Melchiorre Murenu https://it.abcdef.wiki/ wiki/Melchiorre_Murenu
Sa crobbe (o grobbe), era in origine un com ponimento in versi di argo mento religioso, da dedicare alla Madonna o ai Santi, quasi una pre ghiera o un’invocazione in poesia.
La parola krobba è stata accostata dal ricercatore Pier Gavino Sedda alla parola kobla, tradotta da Max Leopold Wagner come “strofa, stanza, rima” (Dizionario Eti mologico Sardo, Winter, Heidelberg, 1960), a sua volta discendente dal ver bo koppulare che un altro linguista, padre Casu, traduceva come “poetare, dividere in strofe” (Vo cabolario Sardo Logu dorese-Italiano, ristampa Ilisso, 2002); Luigi Fari na, invece, la fa derivare dal latino globula (Bocabolariu Archiviato il 26 gennaio 2009 in Internet Archive.).
Melchiorre Murenu
Foto wikimapia
A sa crobbe del sardo logudorese corrisponde sa cur ba del sardo campidanese. Nel tempo sa crobbe perse il suo significato religio so per assumerne uno più secolare, e mentre i versi religiosi prendevano il nome di gosos, ad essi si af fiancavano sas crobbes, componimenti profani seppur sempre con contenuti in qualche modo morali. Il poeta, in genere dietro remunerazione, era incarica to di ponner una crobbe da qualcuno che richiedeva che fosse composta una poesia che doveva fungere da richiamo moralista per mezzo di un componimento allusivo e metaforico.
Si veda in proposito Natalino Piras, Introduzione in Pier Gavino Sedda e Pasquale Maoddi, Crobbes, Ini ziative Culturali, Sassari, 1987.
Altre note
(SC) Melchiorre Murenu, Sas isporchizias de Bosa (RTF), su Ichnussa. Progetto di pubblicazione e di vulgazione libera della grande poesia in lingua sarda. Ad esempio: Maladitta merdosa nassione - A culu to talment’irreguladu, “Maledetta terra merdosa - Dal culo totalmente sregolato” Efisio Cadoni, L’Omero della Sardegna e la cecità della comunicazione, su La Gazzetta del Medio Campidano. https://it.wikipedia.org/wiki/Melchiorre_Murenu
“
QIn questo mondo così affascinante che è la musica sco pri e affronti te stesso, trasformando teneri germogli in rami resistenti al vento. È una dimensione unica, è una vera e propria terapia dell’anima nella quale potersi rifugiare per vincere le incertezze della vita e lasciarsi trasportare dalle sue possenti ali in una felice deriva.» uando hai una passione che ti scorre nelle vene, forte e prorompente, puoi anche provare a igno rarla, puoi metterla in un angolo per un po’, puoi persino convincerti – sebbene sia una convin zione vuota, poco stabile – che non sia così im portante, così vivida e intensa, così violenta, ma prima o poi… be’, prima o poi chiede il suo spazio.
Questo è quello che è successo all’ormai ventunenne baunese Chiara Tegas, ora al Conservatorio di Milano per studiare canto, la sua vocazione.
Ma, come lei stessa sottolinea, non sempre i piani vanno come dovrebbero e il suo percorso per arrivare dove è ora è stato colmo di ostacoli. Facciamo un passo indietro nel tempo.
«Quando nasci appassionata e, allo stesso tempo timi da, il mondo è tutto un programma» dice la ventunenne.
«Ho sempre amato la musica, ma dall’amarla ad avere la possibilità di praticarla c’è davvero un abisso.» Nascere in una casa dove si respira musica aiuta la pic
cola Chiara a sentirsi par te di quel mondo fatto di note e bellezza.
Il padre, nonostante la car riera lo porti poi in una strada diversa, suona la fisarmonica e non rinuncia mai a questo amore, inse gnandolo anche ai figli.
«Ho iniziato a suonare quando avevo 10 anni, grazie a un’iniziativa del la Scuola Civica di Tortolì che aveva attivato un cor so di pianoforte a Baunei. L’esperienza è stata il trampolino di lancio della mia passione.
Non mi bastava certo suonare un’ora alla setti mana, volevo di più. Pur troppo, il corso non ebbe lunga vita e fu interrotto quasi subito.
CHIARA TEGAS
Questo non aveva però scalfito quel mio desiderio costante di poter conti nuare a suonare.»
Ma qualche anno dopo una nuova occasione dà alla ragazza il modo di continuare a coltivare que sto suo talento.
Quando la Scuola Civica riparte, lei, che è alle scuo le medie, sceglie un altro ramo: «Avevo sempre can tato in casa, oppure con qualche amica, talvolta ai festival organizzati nel paese.»
Dopo i due anni di cor so, però, gli impegni sco lastici portano Chiara a scegliere di accantonare tutto il resto per un po’: si iscrive al Liceo Classico e le sue giornate son fatte di libri, pagine fitte e ma terie varie. «Se concedevo tempo alla musica, non ne restava per lo studio del giorno.»(segue pagina 44)
(segue dalla pagina 43)
Prende lezioni di pianoforte in privato ma quelle due ore al mese non la appaga no: vuole di più, eppure è consapevole del fatto che più suona, più quella vo glia si fa intensa.
Quindi cerca di farlo sem pre meno, quasi per rende re quel bisogno lieve. «Mi svegliavo presto e andavo a scuola, rientravo, man giavo, studiavo, dormivo e ricominciava di nuovo tut to daccapo. I risultati non mi appagavano piena mente, avevo un costante senso di insoddisfazione e mi chiedevo cosa mancas se davvero alla mia vita e quale fosse invece il sen so di dover spendere ogni mia energia in qualcosa che mi impegnava così as siduamente.»
È una necessità, forte e in sopportabile, e mettendola da parte Chiara Tegas non si sente completa.
«Non rinnego certo di aver dedicato tanto tempo allo studio, piuttosto, rim piango di non aver lascia to contemporaneamente spazio anche alle mie pas sioni.» Poi, la svolta.
«Partii per il mio indi menticabile anno scola stico all’estero, più preci samente in Scozia. Fu per me una piacevole sorpresa scoprire che alcune mate rie potevano essere sele zionate “a scelta”, ma tut te avevano comunque lo stesso peso specifico.
Rimasi meravigliata e, allo stesso tempo, confu sa: avevo sempre creduto che sport e materie artisti che appartenessero a una
Foto wikipedia
categoria “inferiore” a livello d’importanza. Inutile dire che, con aule musica a disposizione e due ore giornaliere di lezioni di canto e pianoforte, riscoprii ben presto quel mondo che avevo trascurato a malin cuore, “per il mio bene”, almeno così credevo. Vincen do la mia timidezza, mi sono esibita a eventi pubblici e privati attraverso le proposte della scuola mentre, nelle pause pranzo, suonavo per divertimento con i miei com pagni.
Per me socializzare, sino a quel momento, era stato un po’ difficile, ma la musica era finalmente in grado di farmi vincere ogni paura.
Dovevo solo mettermi in gioco, fare quel passo difficile. Ma ne sarebbe valsa la pena.»
Quando torna a Baunei, è piena di aspettative, di voglia di fare e ha una certezza: lei quella passione la vuole coltivare, vuole innaffiarla giorno dopo giorno, rincor rerla e raggiungerla.
«Purtroppo, come talvolta succede nella vita, i piani non sempre vanno come ci si aspetta.»
Nuovamente, le circostanze della vita si mettono in mezzo, questa volta – ahimè – con più vigore.
«Nemmeno un mese dopo il mio ritorno, ho iniziato ad avere ansia e attacchi di panico.
Poche settimane per ritrovarmi catapultata in un vorti ce spaventoso. Non ci sono parole per descrivere cosa
si prova. Ma ricordo perfettamente quanto fosse dolo roso non essere più capace di fare nemmeno le piccole cose, da una semplice doccia, al piacere di sederti nel giardino di casa.»
L’impressione è che qualcuno si prenda gioco di lei: «Una ragazza senza confini, appena tornata dalla sua bella esperienza all’estero, adesso rinchiusa nell’oblio della sua camera.
Dall’indipendenza totale a un crollo verticale dentro un pozzo senza fondo.» È ormai arrivata alla quinta liceo ma per via di questo crollo non riesce a frequentare le prime settimane e a quel punto accade un miracolo: è proprio la musica a salvarla e a riportarla sulla retta via, maestra instancabi le di insegnamenti importanti.
«Nello sconforto, trovai una soluzione: postare un video musicale. Non doveva essere qualcosa di troppo lungo, bastava poco, quel poco per dire “non mi vedete ma ci sono!”. Lovely, Billie Eilish, quattro accordi all’ukulele, la scala di casa col suo piacevole riverbero e lasciai andare la voce. Postai il video sul mio account Insta gram; a malapena un minuto di video molto semplice, ma quello che venne dopo mi lasciò stupita. Tanti amici e conoscenti mi scrissero, chiedendomi il perché di questa passione “nascosta”, se avevo miei pezzi, come mai non cantavo.»
Tante sono le emozioni che si risvegliano e Chiara si sente di nuovo viva.
«Avevo sempre pensato che cantare mi avrebbe fatto stare bene, ma non mi aspettavo che avrei potuto trovare così tanti consensi negli altri e che la musica potesse diventare un ponte tra i nostri “mondi ide ali”, se così li possiamo chiamare. Iniziai a pub blicare video su YouTube nel canale @TOWChia raSings e, nel mio piccolo (piccolissimo!) ho iniziato a costruire il mio spazio felice.»
Altra tappa fondamentale della sua vita arriva con il diploma: è ora che prende coraggio e decide che il canto non deve essere solo un hobby, ma può diven tare il suo lavoro. «Avevo appena concluso un seme stre del primo anno in Psi cologia presso l’Universi tà di Trento.
Nella mia mente però c’e ra solamente un obietti vo: il Conservatorio. La possibilità si concretizzò quando, dopo aver supe rato le selezioni per l’am missione ai Corsi regolari, ho iniziato gli studi presso il Conservatorio G. Verdi di Milano: una gioia inde scrivibile, una esperienza che ogni giorno mi emo ziona e mi rende estrema mente felice.»
Finalmente Chiara Tegas ha la vita che vuole, coro nata di note, di musica e di duro lavoro che sembra più leggero perché con duce a un obiettivo cui la ambisce da sempre. «Un sogno davvero speciale, giovane (segue pag.46)
(segue dalla pagina 45) per me ancor di più, se penso che il massimo che ho sempre potuto avere è stata qualche sporadica lezione qua e là, senza mai poter coltivare un vero e proprio amore verso una lingua così universale e meravigliosa quale è la musica.
Ho avuto occasione di confrontarmi in sede d’e same con alcuni tra i miei docenti riguardo pezzi inediti, alcuni scritti gr azie agli stimoli proposti dal conservatorio, altri scritti durante gli anni passati e elaborati solo adesso, tutti brani che spero un giorno possano soddisfarmi abbastanza da poterli condividere con tutti. Sapere di avere un appoggio durante la sco perta dell’artista che c’è e cresce ogni giorno in noi è fondamentale.
Stare insieme a tanti musi cisti (e grandissimi amici) vuol dire vivere le giorna te senza sentire il peso del lavoro, nonostante le mil le difficoltà che lo studio possa mostrarti, quando c’è un obiettivo comune da raggiungere: il piacere di fare e ascoltare musi ca.» Ma non solo.
«Ho recentemente avuto la possibilità di esibirmi per alcune serate di piano bar in alcuni locali e in occasione della serata or ganizzata dalla Pro Loco di Baunei “Musica e poe sia sotto le stelle”.
Sono tutte esperienze che mi riempiono di soddisfa zione, per quanto possano sembrare semplici parti del percorso di un aspi
Foto vistanet.itrante musicista. Per me sono tappe fondamentali, da tutti i punti di vista, che aiutano ad imparare ad affron tare l’emozione e la consapevolezza che in un preciso momento l’attenzione sia rivolta su di te e su quello che stai proponendo al tuo pubblico.
Baunei ha sicuramente tanto rispetto a molti paesi sardi dal punto di vista musicale, pensando anche solo ai due cori polifonici che si sono andati a formare a partire dagli anni Duemila, il coro maschile “Montesantu” e il coro femminile “Su Circannueu”. Spero che col tempo l’interesse musicale possa anche spostarsi all’interno dei locali, o che possano esserci degli spazi dedicati dove poter trascorrere le serate ad ascoltare, e perché no, a partecipare attivamente a sem plici jam musicali, occasione di confronto per tutti gli amanti della musica.»
Si dice che impegno, tenacia e passione possano salva re il mondo ed è per questo che si ha bisogno di storie come questa: perché non importa quanti ostacoli la vita metta davanti, alla fine, se si crede fortemente in qual cosa che bolle nel proprio stomaco, la forza di saltarli si deve trovare. Per vivere meglio, certo, ma anche per distribuire bellezza al mondo.
Federica Cabras
https://www.vistanet.it/ogliastra/ youtube.com/c/TOWChiaraSings
Futurismo. La nascita dell’avanguardia 19101915 ”, allestita nelle sale di Palazzo Zabarella a Padova, con la curatela di Fabio Benzi, Fran cesco Leone, Fernando Mazzocca, si impone come mostra d’eccezione che indaga in modo assolutamente inedito le origini del movimento, offren do una visione nuova ed originale e invitando alla sco perta di una realtà artistica fino a ora poco, o per niente, svelata.
Sebbene negli ultimi quarant’anni si siano succedute molteplici rassegne dedicate al Futurismo, nessuna si è mai focalizzata in termini critici ed esaustivi sui pre supposti culturali e figurativi, sulle radici, sulle diverse anime e sui molti temi che hanno concorso prima alla nascita e poi alla deflagrazione e alla piena configu razione di questo movimento che ha caratterizzato in modo così dirompente le ricerche dell’arte occidentale della prima metà del Novecento. “Futurismo”, innanzitutto, significa “arte del futuro”, e infatti, tra le avanguardie del ‘900 è quella maggior mente animata da un sentimento rivoluzionario di rin novamento, di ribellione nei confronti della tradizione e di fiducia nelle possibilità offerte dal futuro e dalle sue innovazioni tecniche. Gli artisti della prima gene razione di futuristi (Umberto Boccioni, in primis, e poi Carlo Carrà, Luigi Russolo, Antonio Sant’Elia, Giaco
mo Balla e Gino Severini) si pongono come obiettivo di risvegliare l’arte fi gurativa poiché non è più immaginabile che conti nui a dar voce a tematiche lontane dalla realtà, spes so vincolate a soggetti re ligiosi e mitologici.
Il Futurismo, si pone come chiave di rottura verso gli schemi del passato, assur gendo anche a precursore di idee ed esperienze del Dadaismo, delle avan guardie russe e delle neo avanguardie del secondo Novecento.
Diventa così l’interprete di una vera “rivoluzione” artistica che vede quale ideale un’opera d’arte “to tale” che supera i confini troppo angusti del quadro e della scultura per coin volgere tutti i sensi, facen do di massimo contrasto cromatico, simultaneità (per determinare l’effetto dinamico) e compenetra zione (per liberare l’oggetto dai suoi confini), i suoi tratti salienti.
Raccontano tutto questo e molto altro ancora, sno dandosi in un percorso in crescendo, le oltre 100 opere che animano le sale di Palazzo Zabarella, tut te appartenenti a un arco cronologico piuttosto ri stretto, dal 1910, anno di fondazione del movimen to in ambito pittorico, al 1915, quando la pubblica zione del Manifesto della Ricostruzione Futurista dell’Universo e l’ingresso in guerra dell’Italia trac ciarono un netto spartiacque nelle ricerche artisti che del movimento. (segue pagina 48)
(segue dalla pagina 47)
Opere d’eccezione, alcune delle quali inedite o esposte raramente, prove nienti da gallerie, musei e collezioni internazionali, per un totale di oltre 45 prestatori differenti, un corpus davvero unico che già definisce il prestigio della mos.
F. Benzi, F.Leone, F. Maz zocca curatori.
PALAZZO ZABARELLA
Situato nel pieno del cen tro storico di Padova, Pa lazzo Zabarella (edificato per volere dell’omonima famiglia tra la fine del XII secolo e l’inizio del XIII) è un’importante memo ria della più illustre storia cittadina e, oltre a questo, una notevole testimonian za artistica degna del rilie vo nazionale che possiede. Ma esso rappresenta an che, e soprattutto, quella prestigiosa realtà cultura le che da oltre vent’anni si propone di progettare, ospitare e promuovere mostre d’Arte di spesso re internazionale, sia in termini di rigore e serietà scientifica, che di entusia smo e coinvolgimento del pubblico.
Aspetti, questi, entrambi coltivati con la massima cura, fin dalla riapertura dell’edificio dopo i ri levanti e scrupolosi in terventi di restauro per assumere le rinnovate ed attuali vesti di centro cul turale polivalente di gran de respiro e prestigio.
Dal 1997, infatti, Palaz zo Zabarella ha ideato, presentato e realizzato una grande mostra evento ogni anno.
Foto palazzozabarella.it
Ciascuna di esse è stata la tappa caratterizzante di un lungo ed affascinante dialogo instaurato con il pubblico nel corso del tempo, inizialmente volto alla riscoperta e valorizzazione dei movimenti e degli artisti italiani dell’Ottocento e Novecento.
Una serrata attività testimoniata e documentata anche da prestigiose pubblicazioni scientifiche e raffinati ca taloghi la cui stesura è stata affidata a studiosi di meri tata e riconosciuta fama internazionale. Ogni evento, infatti, è stato – ed è – il frutto di un attento e rigoroso percorso di approfondimento e di ricerca condotti sem pre da una selezione dei massimi esperti.
Tutte le esposizioni succedutesi fin qui nel corso degli anni, infatti, si sono sempre distinte per il loro grande e riconosciuto valore scientifico ed artistico, come an che per le notevoli capacità di accoglienza e personale coinvolgimento dei visitatori. E non a caso, ogni ini ziativa è sempre stata premiata tanto dalla critica più autorevole, quanto da un numeroso e fedele pubblico fidelizzato negli anni: caso più unico che raro, in effetti. Oggi Palazzo Zabarella continua la sua attività di ri cerca e di promozione dell’Arte ampliando i propri orizzonti di interesse e rinnovando così le tematiche di indagine culturale sulla base di nuovi ed importanti eventi capaci di esprimere la tradizionale qualità delle sue proposte al pubblico.
Un approccio che mantiene le ragioni fondanti dell’im portante centro culturale che da realtà privata, esempio unico nel suo genere, è stato capace di porsi fin dal suo esordio come serio ed affidabile interlocutore, del tutto paritario, rispetto a Musei nazionali ed internazionali, Soprintendenze ed Istituzioni culturali di primaria im portanza, nonché grandi collezionisti privati.
E ciò nella volontà comune e condivisa di contribuire a sostenere, organizzare e promuovere attività artistiche e culturali ispirate a valori e standard di pura eccellenza scientifica ed espositiva, senza mai dimenticare l’ob biettivo di un pieno appagamento emotivo e culturale del pubblico dei visitatori, di ogni età e nazionalità essi siano.
Palazzo Zabarella testimonia una lunga storia che, ini ziata nel corso dell’VIII secolo a. C., prosegue fino alla nostra contemporaneità.
Contemporaneità che, per lo storico palazzo padovano, si può dire inizi nel 1996, quando giunge a conclusione la sua imponente e minuziosa opera di restauro durata quasi dieci anni.
Una sfida non semplice, intrapresa con studio e passio ne e che, una volta vinta, ha riportato Palazzo Zabarella all’originario ed antico splendore e – cosa più impor tante – ad una nuova vita ed una rinnovata funzione. https://www.zabarella.it/palazzo-zabarella
Fondazione Bano
via degli Zabarella, 14 35121 Padova, Italy tel. +39 049 8753100 fax. +39 049 8752959 https://www.zabarella.it/ fondazione-bano
FONDAZIONE BANO
Creata nel 1996 dall’im prenditore padovano Fe derico Bano, la Fonda zione nasce allo scopo di promuovere, tutelare e va lorizzare il patrimonio sto rico e artistico, sia locale, che nazionale.
I progetti e le attività sono da sempre improntate ad una filosofia di “conservazione e partecipazione”, rappresentando con ciò l’esempio virtuoso di un soggetto privato capace di assumersi delle concrete responsabilità nella tutela e valorizzazione dell’arte e della cultura.
Il recupero ed il restauro dello storico Palazzo Za barella sono stati il primo atto tangibile e capace di tradurre questa prospettiva in realtà.
Il complesso è divenuto così la perfetta sede iden titaria di un grande centro culturale multifunzionale, di un prestigioso contesto espositivo per l’Arte, non ché di un attivo laboratorio di ricerche ed approfondi mento storico-artistico. Estremamente curata è la qualità scientifica degli eventi, senza mai trascura re con questo un appropria to grado di spettacolarità, capace di coinvolgere il pubblico, permettendogli così di entrare ancor me glio ed in modo personale all’interno delle atmosfere e delle suggestioni artisti che e culturali proposte.
Dal 1997, infatti, a parti re dalla mostra inaugurale dedicata al pittore francese Maurice Utrillo, la Fonda zione propone ogni anno (segue pagina 50)
(segue dalla pagina 49) un’articolata mostra evento.
In questi lunghi anni di attività i grandi momenti espositivi e culturali sono stati altrettante occasioni per un coinvolgente appro fondimento dei movimenti artistici e dei grandi auto ri italiani dell’Ottocento e Novecento.
Mostre di assoluto valo re scientifico, declinate con l’intento di offrire al pubblico l’opportunità di godere di una proposta culturale di raffinata qua lità e capace di coniugare fascino e rigore scientifi co: da Balla ad Hayez; da Caravaggio a Bernini; da Mengs a Picasso; dai Mac chiaioli a Boldini, De Chi rico, Signorini; da Canova a Modigliani; il Simboli smo in Italia e molto altro ancora.
Nel corso delle sue attività la Fondazione ha sempre programmaticamente operato mirando ad una vir tuosa collaborazione con gli enti locali, le Soprin tendenze, i maggiori mu sei, i collezionisti privati e le istituzioni culturali di tutto il mondo. I saldi le gami di stima che ne sono derivati rappresentano un ulteriore patrimonio cul turale e di relazione che la Fondazione è stata in gra do creare e di incrementare negli anni.
Ciò ha consentito che a Pa lazzo Zabarella giungesse ro in prestito opere di as soluta importanza e rilievo artistico. Indispensabile premessa metodologica e culturale, questa, per per seguire quell’assoluta e
Foto palazzozabarella
programmatica qualità della proposta culturale ed arti stica, peraltro sempre confortata e confermata dal gran de successo di pubblico e di critica.
Un’attività documentata anche da prestigiose pubbli cazioni e raffinati cataloghi curati dai maggiori esperti internazionali del periodo storico ed artistico preso di volta in volta in esame.
La Direzione Culturale della Fondazione Bano, infatti, è affidata all’illustre professor Fernando Mazzocca, coadiuvato in questo da un’attenta selezione di consulenti scientifici e storici dell’arte di rilievo internazionale e di cui, fra gli altri, vanno ricordati: Paolo Baldacci, Maria Vittoria Marini Clarelli, Francesco Leone, Steffi Roett gen, Carlo Sisi, Ettore Spalletti, Guy Tosatto. In virtù di tutto ciò la Fondazione Bano è andata rapidamente af fermandosi come una fra le maggiori istituzioni culturali italiane ed estere.
Ma, in ugual modo, anche quella capace di offrire pro grammaticamente alla cittadinanza di Padova quel luogo di eccellenza sorto con l’intento di collaborare utilmente con le altre istituzioni cittadine – pubbliche e private – e con l’obiettivo di contribuire a ricollocare la città nel suo giusto contesto – reale e percepito – di importante ed at tivo nodo nel circuito nazionale dedicato alla creazione ed alla promozione di attività culturali di qualità in am bito artistico. https://www.zabarella.it/fondazione-bano
Figlia di un genio, innamorata di un genio, al lieva di un genio, paziente di un genio.
La lapide, nel piccolo cimitero di Northamp ton, in Inghilterra, avrebbe potuto recare que sta epigrafe.
Vi si legge invece solo il nome di chi riposa lì sotto, e poi le date: LUCIA ANNA JOYCE, TRIESTE 1907NORTHAMPTON 1982.
Lucia, creatura sfortunata e bellissima. Lucia, creatura intelligentissima. Lucia e il suo vesti to da sirena cucito da sola. 1929, recita la data di questa immagine, mentre Lucia selvaggia e leggiadra danza sotto lo sguardo incantato del pubblico.
Un giorno si parlerà di James Joyce come del padre di Lucia, dichiarò qualcuno. Lucia e l’equilibrio che si spezza. Cede Lucia a qualcosa di troppo grande per una men te sola.
Nessuno ha mai raccontato veramente questa storia. L’amore del padre, il loro rapporto intenso cerebrale esclusivo, la gelosia che di questa complicità ha Nora sua madre, l’indifferenza di Giorgio, suo fratello, che la condanna al manicomio a vita.
“È la persona più intelligente che conosca” diceva Joyce “Ha un fuoco nel cervello acceso da ogni scin
tilla di talento che io pos siedo e che a lei ho tra smesso”
Lucia Anna Joyce nasce all’Ospedale Civico di Trieste il 26 luglio 1907. È la seconda figlia dello scrittore irlandese James Joyce e di Nora Barnacle, dopo il fratello Giorgio. Poiché i suoi genitori era no espatriati e vivevano a Trieste, la prima lingua di Lucia fu l’italiano.
LUCIA ANNA
In gioventù si è formata come ballerina all’Isti tuto Dalcroze di Parigi. Studia danza dal 1925 al 1929, allenandosi prima con Jacques Dalcroze, poi con Margaret Morris e infine con Raymond Duncan (fratello di Isa dora Duncan) nella sua scuola vicino a Salisbur go.
Nel 1927, Joyce danzò un breve duetto nel ruolo di un soldatino nell’adatta mento cinematografico di Jean Renoir de “La Petite marchande d’allumettes” (La piccola fiammiferaia) di Hans Christian Ander sen.
Approfondisce i suoi studi con Lois Hutton, Hélène Vanel e Jean Bor lin, primo ballerino del Ballet suédois.
Nel 1928 si unì a “Les Six de rythme et cou leur”, una comunità di sei ballerine che presto si esibirono in Francia, Au stria e Germania. Dopo un’esibizione in La Prin cesse Primitive al teatro Vieux-Colombier, il Pa ris Times scrisse di lei: “Lucia Joyce è la figlia di suo padre. (segue pagina 52)
(segue dalla pagina 51) Ha l’entusiasmo, l’ener gia e una quantità non ancora determinata del genio di James Joyce. Quando raggiungerà la sua piena capacità di dan zare ritmicamente, James Joyce potrebbe ancora essere conosciuto come il padre di sua figlia”.
Il 28 maggio 1929 fu scelta come una dei sei fi nalisti del primo festival internazionale di danza di Parigi, tenutosi al Bal Bullier.
Anche se non vinse, il pubblico, che compren deva suo padre e il gio vane Samuel Beckett, sostenne che la sua per formance era ecceziona le e protestò a gran voce contro il verdetto della giuria.
È stato affermato che quando Lucia aveva 21 anni, lei e Beckett (che fu per un breve periodo il segretario di suo padre) divennero amanti.
La loro relazione durò poco e finì dopo che Beckett, che all’epoca era impegnato con un’al tra donna, ammise che il suo interesse era in realtà per una relazione profes sionale con James Joyce, non per una relazione personale con la figlia di Joyce.
All’età di 22 anni, Joyce, dopo anni di rigorosa de dizione e lunghe ore di pratica, decise che “non era abbastanza forte fi sicamente per essere una ballerina di qualsiasi ti po”annunciando che sa rebbe diventata un’inse gnante, “rifiutò l’offerta
Foto bereniceabbott
di unirsi a un gruppo di Darmstadt e di fatto rinunciò alla danza”.
La sua biografa Carol Shloss, tuttavia, sostiene che fu il padre a porre fine alla sua carriera di ballerina. James riteneva che l’intenso allenamento fisico per il balletto le causasse uno stress eccessivo, che a sua volta esacerbava l’animosità di lunga data tra lei e sua madre Nora.
Gli incessanti litigi domestici che ne derivano impe discono di lavorare a Finnegans Wake.
James la convinse a dedicarsi al disegno delle lettrine per illustrare la sua prosa e a rinunciare alle sue pro fonde inclinazioni artistiche.
Alla sua mecenate Harriet Shaw Weaver, James Joyce scrisse che questo le procurò “un mese di lacrime, perché pensava di aver buttato via tre o quattro anni di duro lavoro e di aver sacrificato un talento”.
Secondo l’autrice di “Lucia Joyce: To Dance in the Wake” la decisione di lasciare la danza fu un elemen to scatenante della malattia mentale, che avrebbe se gnato la sua vita.
I primi segni iniziarono nel 1930, compreso un pe riodo in cui ebbe una relazione con Samuel Beckett, allora docente di inglese all’Ecole normale supérieure di Parigi.
Nel maggio del 1930, mentre i suoi genitori si tro
Foto bereniceabbottvavano a Zurigo, invitò Beckett a cena, sperando di “spingerlo a qualche dichiarazione”.
Lui la rifiutò, spiegando che era interessato solo a suo padre e alla sua scrittura. Nel 1934 ebbe diverse relazioni con il suo insegnante di disegno Alexander Calder, con un altro artista espatriato, Albert Hubbell, e con Myrsine Moschos, assistente di Sylvia Beach di Shakespeare and Company.
Con il passare dell’anno, le sue condizioni di salute si deteriorarono al punto che James la fece accogliere da Carl Jung come paziente.
Poco dopo, le fu diagnosticata la schizofrenia presso la clinica psichiatrica Burghölzli di Zurigo. Nel 1936, James acconsentì a sottoporre la figlia a esami del san gue presso il St Andrew’s Hospital di Northampton. Dopo una breve degenza, Lucia Joyce insistette per tornare a Parigi; i medici spiegarono al padre che non poteva impedirglielo se non facendola internare. James disse ai suoi amici più intimi che “non avrebbe mai accettato che sua figlia fosse incarcerata tra gli inglesi”.
Lucia Joyce tornò a stare da Maria Jolas, moglie dell’editore di transizione Eugene Jolas, a Neuil ly-sur-Seine.
Dopo tre settimane, le sue condizioni peggiorarono e fu portata con la camicia di forza alla Maison de
Santé Velpeau di Vésinet. Considerata un pericolo sia per il personale che per i detenuti, viene lasciata in isolamento. Due mesi dopo, entrò nella maison de santé di François Achille Delmas a Ivry-sur-Seine.
Nel 1951, Joyce fu nuo vamente trasferita all’o spedale St Andrew.
Nel corso degli anni ri ceve le visite di Beckett, Sylvia Beach, Frank Bu dgen, Maria Jolas e Har riet Shaw Weaver, che le fa da tutore.
Nel 1962, Beckett donò la sua parte di diritti d’au tore del suo saggio del 1929 su Finnegans Wake in “Our Exagmination Round His Factification for Incamination of Work in Progress” per contri buire a pagare la sua de genza al St Andrew.
Nel 1982 Lucia Joyce ebbe un ictus e morì il 12 dicembre dello stesso anno.
È sepolta nel cimitero di Kingsthorpe.
Ogni anno, nel giorno di Bloomsday (16 giu gno), sulla tomba di Lu cia Anna Joyce vengono letti estratti dell’Ulisse di James Joyce e altre lettu re relative alla sua vita e alle sue opere.
Nel 2018, nel giorno di Bloomsday, Letters to Lucia, un’opera teatrale scritta da Richard Rose e James Vollmar in cui compaiono personaggi della vita di Lucia, tra cui Samuel Beckett, Kathleen Neel, Nora Barnacle/ Joyce e lo stesso Joyce, (segue p 52)
(segue dalla pagina 51)
è stata rappresentata dalla Triskellion Irish Theatre Company sulla tomba. Il suo stato mentale è og getto di un recente studio di Carol Shloss, secondo la quale Lucia è stata fon te di ispirazione per Joyce nella scrittura del roman zo Finnegans Wake.
Lo studio fa riferimen to alla corrispondenza tra Lucia e suo padre, ed è diventato oggetto di un’azione legale per vio lazione di copyright da parte dell’erede di James Joyce, che si concluse il 25 marzo 2007.
In una lettera scritta in Inglese a Harriet Shaw Weaver (9 Giugno 1936), pubblicata e tradotta in Italiano, James Joyce scrive che “Qualche mi steriosa malattia ha ser penteggiato su entrambi i miei figli.
(I medici sono inclini a tracciarlo risalendo al periodo della nostra resi denza in Svizzera, duran te gli anni della guerra.)”
A trentatré anni Lucia avrà fatto il giro dei ma nicomi europei, sarà stata sottoposta a ogni genere di terapia, violentata infi nite volte nel corpo e nel la mente, psichicamente annullata.
L’ultimo a cui Joyce di sperato si rivolge è Jung che non riesce però a for mulare una diagnosi pre cisa.
Al rifiuto del padre che non vuole che sottoponga le sue poesie ad una analisi ritenendole una nuo va letteratura, Jung non se la sente di continuare
Foto sconosciuto. Bal Bullier
e l’abbandona. Quando Joyce andrà a prendere la figlia in Svizze ra, congedandosi da Jung dirà: “Lucia ed io nuotiamo nella stessa acqua. Sì, ma lei sta affogando”, sarà la replica dell’analista. Della vita di Lucia non resta niente. Come se mai fosse esistita. Il padre è l’unico che con tinui ad andare a trovarla. Lucia è il suo specchio. Ma quando muore improvvisamente nel 1941 viene trasferita nel manicomio di Northampton, in Inghil terra, e lì dimenticata. La madre non andrà mai a tro varla e tantomeno il fratello.
Eppure c’è qualcuno che ha conservato questa imma gine nel suo portafoglio per tutta la vita.
L’unico uomo che Lucia abbia amato.Samuel Beckett. A tenere in vita il mistero di Lucia e del suo amo re non corrisposto che forse avrebbe potuto salvarla. Beckett non si separò mai da questa foto (qui sopra). Un gesto. Un segno. Un amore irrealizzato. Forse un pentimento. E poi ancora solo il buio.
I vari stralci di lettere in inglese di James Joyce alla figlia che appaiono sul web, sono in realtà traduzioni, in quanto la lingua madre di Lucia era appunto l’i taliano. E in Italiano avveniva la corrispondenza tra padre e figlia.
Francesca d’Aloja, da Corpi speciali ed altri
Foto sconosciuto. Bal Bullier
Giulia Mura, quarant’anni e una laurea in Giuri sprudenza, è chiara: «Portare avanti l’azienda per me vuol dire tenere fede alle tradizioni, ricordare mia nonna che è diventata gobba a furia di portare le olive a piedi al frantoio e dire al mondo che le donne sono come gli uomini, e che stare a capo di un’azienda non mi spaventa.» Si chiama Giulia Mura, e i premi che ha ricevuto per l’azienda familiare che conduce non si possono contare sulle dita di due mani, tra cui un Oscar Green come azienda innovativa. Sì, perché la Mura ha negli anni condotto una rivolu zione: l’azienda Pelau, che produce olio, vino e pro dotti per l’agricosmesi, è totalmente ecosostenibile, si sta convertendo in bio e i macchinari a basso impatto ambientale si sposano alla perfezione con la convin zione profonda che tutto debba essere fatto per il bene dell’ambiente e per la salute dei consumatori. Cinquanta gli ettari di vigneti dove si coltiva perlo più (90%) uva da Cannonau, ma anche da altri vini internazionali, e una trentina di ettari di ulivi secolari nel Pardu che danno vita a un olio sano, entrato per questo nel progetto Aristoil dell’Università di Atene. «Recuperiamo gli scarti e produciamo biomasse e biogas, in un’economia circolare» racconta ancora Mura, molto sensibile al tema inquinamento e salva
guardia del territorio. Insomma, un curriculum di tutto rispetto per la Mura che nei giorni scor si era nelle Azzorre, in sieme ad altre aziende, a portare l’Ogliastra lonta no per il progetto di coo perazione transnazionale “Accorciamo le distanze: filiera corta tra terra e mare”.
Tornata in terra oglia strina nel 2007 dopo una laurea in Giurispruden za, ha subito preso parte nell’azienda fondata dal padre e dalla madre, l’u no medico plurispecia lizzato, l’altra insegnante con la passione per la vi ticoltura.
MURA
GIULIA
Da lì, un’ascesa: 15mila le bottiglie di vino pro dotte con questa vendem mia e l’olio in giro per il mondo come garanzia di qualità.
Ma Mura sogna vette an cor più alte.
«Punto molto sulla quali tà,» continua l’imprendi trice «credo nell’unione tra territorio e prodotti e nella promozione di en trambi. Bisogna far sì che vigneti e uliveti diventino da semplice casa di pro duzione a luoghi d’inte resse, esperienziali. Fare oleoturismo ed eno turismo è importante, noi lo facciamo.»
Una passione, per Mura, più che un impiego: «Ho creato il movimento “Tu rismo dell’olio – Sarde gna”, perché penso che il futuro sia questo: unire la bellezza del terreno alla bontà dei suoi prodotti. Sono molto appassiona ta, (segue pagina 56)
(segue dalla pagina 55) credo nel mio lavoro e nell’agricoltura giovani le, che deve necessaria mente legare innovazione e tradizione.»
Ma non solo: come ab biamo detto, il ruolo di donna al potere non la in timorisce.
Anzi, la sua mission quo tidiana è proprio riuscire ad affossare il maschili smo e l’idea, ahimè anco ra radicata, che la donna debba essere relegata a ruoli di second’ordine e lo fa proprio a suon di determinazione.
«Sto organizzando un’as sociazione di donne iso lane che si distinguono» conclude, con una luce negli occhi.
Se è vero che servono tenacia, coraggio e una buona dose d’intrapren denza per brillare, Mura taglierà un traguardo dopo l’altro.
Giulia Mura ci presenta la sua linea cosmesi a base di olio E.V.O. Crema viso e corpo pro dotto solo ed esclusiva mente con olio extra vergine di oliva Pelau, acidità perfetta 0.14, arricchita con preziosi estratti della Sardegna, racchiude le virtù delle preziose essenze della macchia mediterranea sarda come Elicriso e ca momilla.
La linea cosmesi viene prodotta nell’oleificio in loc. Pelau Mannu a Car dedu, provincia di Nuoro https://www.giuliamura. it/ http://www.oleificiope lau.com/
Foto dyaphragma
Su Palatu Fotografia è un’associazione cultura le no profit, con sede in Villanova Monteleo ne (SS), nata nel 2011, che ha preso in eredità l’attività iniziata presso gli spazi di Su Palatu. Su Palatu ’e sas Iscolas (il palazzo delle scuo le) è un edificio storico ubicato nel paese di Villano va Montelone (SS), sorto alla fine dell’Ottocento per essere adibito a scuola pubblica e utilizzato sino agli inizi degli anni Sessanta.
Dopo anni di abbandono e in seguito ad un accorto restauro, il palazzo è stato restituito alla fruizione dei cittadini, grazie anche all’abbattimento degli ostacoli architettonici.
Dal 2000 e sino al 2011 il caseggiato ha ospitato ma nifestazioni culturali ed è diventato un polo di riferi mento della fotografia in Sardegna.
Aperto al pubblico tutto l’anno, disponeva di 500 mq di spazi espositivi distribuiti in tre livelli, una sala convegni, la segreteria e il bookshop.
L’attività espositiva ha permesso di ospitare più di 200 autori, diversissimi per nazionalità, percorso for mativo, ricerca artistica.
Fra i tanti si ricordano: Leonard Sussman (Stati Uni ti), Lorenza Lucchi Basili, Jean-André Bertozzi (Cor sica), Ursula Böhmer (Germania), Leonardo Boscani, Giovanni Chiaramonte, Dario Coletti, Raphaël Dal
laporta (Francia), Gian Carlo Deidda, Marco Delogu, Greta Frau, Massimo Mastrorillo (premio Word Press Photo 2006 con una borsa di studio messa a dispo sizione da Su Palatu), Joël Meyerowitz (Stati Uni ti), Dario Coletti, Joël Tettamanti (Svizzera), Franco Zecchin, Roger Ballen (Stati Uniti), Claudio Abate, John Delaney (Stati Uniti), Luca Spano, Paolo Mar chi, Quartierino Blatta, Sabrina Oppo, Fausto Urru, Giuseppe Firinu, Pietro Basoccu, Pieluigi Dessì.
L’attività espositiva, in molti casi, è stata il frutto di una intensa collaborazione con enti e istituzioni pub bliche: come l’Ambasciata USA in Italia, Aroma Pho togalery di Berlino, piccoli e grandi Comuni della Sar degna, Carasi Galleria Arte contemporanea Mantova, Collectivitée territoriale de Corse, Festival Artemare Bastia, FotoGrafia Festival internazionale di Roma, Grandi Stazioni, Museo delle Maschere Mediterranee Mamoiada, Pandora Espace Lyon (Francia), l’Istituto Superiore di Fotografia e Comunicazione Integrata di Roma, Ultreya di Milano, Museo delle Culture Euro pee di Berlino (Germania), Istituto Italiano di Cultura di Londra.
L’attività editoriale, anima di Su Palatu, è stata la So ter editrice, interessata alle mutazioni culturali che agitano l’isola e il mondo dell’arte. La forte sinergia istaurata con la Soter ha permesso
SU PALATU A SAN MICHELE CAGLIARI
di storicizzare ogni sin golo evento nato sotto il segno di Su Palatu realiz zando un vero e proprio archivio di alcuni dei più importanti eventi cultura li avvenuti in Sardegna e non solo.
Si contano oltre 120 pub blicazioni tra cataloghi, saggi, collane seriali e monografie. Nel tempo ha intrecciato un’inte ressante relazione con tre note riviste italiane di fotografia: “Il fotogra fo” di Milano, “Gente di Fotografia” di Palermo e “Private” di Bologna. Negli anni, Su Palatu ha iniziato a coprire un gap formativo che lasciava scoperto l’ambito foto grafico: con seminari, workshop, corsi per ra gazzi e corsi di alta spe cializzazione.
Nel 2008 ha realizzato un seminario internazionale che ha coinvolto come docenti Giovanni Chiaramonte (IT), Leonard Sussman (USA) e John Davies (GB).
Attività di Talent-Scout. Attivo su tutto il territorio europeo come promotore di giovani talenti. Da di versi anni, autori scoperti e proposti da Su Palatu sono presenti al Festival internazionale di Foto grafia di Roma e a quello di Berlino.
Dal 2006 al 2016, a ca denza biennale, ha orga nizzato Menotrentuno, rassegna internazionale rivolta a giovani sotto i 31 anni provenienti da tutta Europa. Si sono svolte sei edizioni. (segue pagina 58)
(segue dalla pagina 57)
Tra i giovani selezionati, molti presenti per la pri ma volta in Italia, alcuni si sono distinti per aver ottenuto importanti rico noscimenti internaziona li.
La sarda Miriam Meloni e la norvegese Andrea Giestvang hanno vinto il Sony Awards, la belga Bieke Deporter è entrata a far parte dell’agenzia Magnum così come il suo connazionale Max Pinckers.
Dal 2011, con l’interru zione dell’uso dello spa zio comunale, l’attività si è spostata in tutto il territorio della Sardegna attraverso la realizzazio ne di mostre fotografiche e pubblicazione di libri fotografici di autori sardi. Esposizioni sono state organizzate presso spazi pubblici di numerosi co muni dell’isola e ancora continuano.
Dal 2020 e sino al 2022 cura la rassegna trienna le “Marmilla. Fotografia contemporanea in Sar degna” che coinvolge tredici comuni del centro dell’Isola e altrettanti fo tografi.
Su Palatu Fotografia est à Castello di San Michele.
Il triennio di “Marmilla - Fotografia contemporanea in Sardegna” si sposta a Cagliari Tutti i 12 racconti sa ranno visitabili al Ca stello San Michele dal 29 ottobre al 4 dicem bre. Inaugurazione sabato 29 ottobre 2022 https://www.supalatu.it/
VILLAHERMOSA
MANCA DI
GIUSTA
Proveniente da una nobile famiglia cagliarita na, Giusta Manca di Villahermosa, sopranno minata Rubi d’Alma, per volere di Gabriele d’Annunzio, fu una stella del cinema del ven tennio fascista.
Nacque a Milano il 24 aprile del 1906. Alta, bella, slanciata, si avvicinò al mondo del cine ma italiano grazie al regista e sceneggiatore Camillo Mastrocinque che la fece debuttare nel 1936, assieme a molti altri esponenti della nobiltà milanese, in “Re gina della scala”, film musicale in cui l’attrice inter pretava il ruolo di sé stessa.
L’anno successivo ottenne una certa popolarità nel la commedia “Signor Max” in cui l’attrice rivestiva il ruolo di una gran dama inutilmente corteggiata da Vittorio De Sica. Il film verrà apprezzato da Vittorio Mussolini, il figlio del duce.
Intorno alla metà degli anni Trenta Rubi d’Alma ave va incontrato il giovane Federico Fellini che era allo ra un semplice disegnatore di volti noti del cinema. Fellini rimarrà estasiato dalla bellezza e dall’ ele ganza della nobildonna che sarebbe poi diventata una stella del cinema.
Oltre a Fellini, Rubi d’Alma collaborò con grandi re gisti quali Gennaro Righelli, Mario Camerini, Renato Castellani, Mario Soldati.
Interpretò 28 film nei quali era quasi sempre in sinto nia col suo personaggio.
Non usciva mai fuori dal ruolo da lei interpretato, tan to che nel corso delle riprese di alcuni film la produ zione decise di costringerla a vivere nel Grand Hotel con l’obbligo di non uscire dal personaggio che le era stato cucito addosso.
Entrò inconsapevolmente in un’operazione politica nota con il nome di Cinema italiano.
Il suo compito fu quello di favorire l’incremento della lira aumentando la produzione di Cinecittà e il lancio degli artisti italiani che dovevano soppiantare i divi di Hollywood.
Malgrado ciò, la politica non apparteneva agli inte ressi dell’attrice la quale fu sempre un’ottima compagna di scena di attori del calibro di Gino Cervi e di Amedeo Nazari.
Rubi d’Alma divenne famosa prima sul grande scher mo che nell’isola.
Arrivò a Cagliari il 17 luglio del 1938 presso il cine ma Olimpia e da lì verrà applaudita da un folto nume ro di persone fino al Palazzo Regio.
Esercitò la carriera di artista fino agli anni ‘50, in se guito si ritirò a vita privata.
Morirà a Castel Gandolfo nei pressi di Roma il 7 ago sto del 1994.
https://www.vistanet.it/
FILMOGRAFIA
Regina della Scala, regia di G. Salvini e Camillo Mastrocinque (1936)
Il signor Max, regia di Mario Camerini (1937)
L’allegro cantante, regia di Gennaro Righelli (1938) L’argine, regia di Corrado D’Errico (1938) Batticuore, regia di Mario Camerini (1939) Uragano ai tropici, regia di Giuseppe Talamo (1939) Fanfulla da Lodi, regia di G. Antamoro e C. Duse (1940) Rose scarlatte, regia di Vittorio De Sica, G Amato (1940) Antonio Meucci, regia di Enrico Guazzoni (1940) Cantate con me!, regia di Guido Brignone (1940) Divieto di sosta, regia di Marcello Albani (1941) Solitudine, regia di L. Pavanelli (1941)
I mariti (Tempesta d’anime), regia di Camillo Mastrocinque (1941)
Un colpo di pistola, regia di Renato Castellani (1942) Solitudine, regia di Leo Pavanelli (1942) Odessa in fiamme, regia di Carmine Gallone (1942) Calafuria, regia di Flavio Calzavara (1942)
La maschera e il volto, regia di Camillo Mastrocinque (1942) C’è sempre un ma!, regia di Luigi Zampa (1943)
Sant’Elena, piccola isola, regia di Um berto Scarpelli e Renato Simoni (1943) Tempesta sul golfo, regia di Gennaro Righelli (1943)
Enrico IV, regia di Giorgio Pàstina (1943) Pian delle stelle, regia di Giorgio Ferroni (1946)
Il cavaliere del sogno, regia di Camillo Mastrocinque (1947) Daniele Cortis, regia di Mario Soldati (1947)
Il bacio di una morta, regia di Guido Brignone (1949)
Cielo sulla palude, regia di Augusto Genina (1949) Cronaca di un amore, regia di Michelangelo Antonioni (1950) Febbre di vivere, regia di Claudio Gora (1953)