S'Arti Nostra Agosto 2020

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LA VEDOVA SOCRATE CHIARA COSSU SESTO CONTINENTE STAC! MAGAZINE BOSA IN AGOSTO TERME A BULTEI ELISA CARTA NARCISA MONNI DROMOS FESTIVAL ARTIGIANATO MOGORO EMANUELA ASQUER TRA CIPRO E ORROLI SANT’ARTE 2020 TESSINGIU 53SIMA

Supplemento all’édizione di “SARDONIA“ Agosto 2020

Foto rugiadacadoni

S’ARTI NOSTRA


S’Arti Nostra

Programma Televisivo OnLine di Diffusione d’Arte Contemporanea a cura di

Demetra Puddu

Redattrice Artistica Anima la trasmissione “S’Arti Nostra” Collabora a Artis Aes Laureata in Lettere (curriculum moderno) à Università degli Studi di Cagliari Conservatorio Pierluigi da Palestrina di Cagliari Liceo Linguistico I.T.A.S. “Grazia Deledda” Cagliari demetra.uddup@gmail.com

Vittorio E. Pisu Redattore Capo

Direttore Fondateur et Président des associations SARDONIA France SARDONIA Italia créée en 1993 domiciliée c/o UNISVERS via Ozieri 55 09127 Cagliari vittorio.e.pisu@email.it http://www.facebook.com/ sardonia italia https://vimeo.com/groups/ sardonia https://vimeo.com/channels/cagliarijetaime SARDONIA Pubblicazione dell’associazione omonima

Supplemento al numero del Maggio 2020 in collaborazione con PALAZZI A VENEZIA

Publication périodique d’Arts et de culture urbaine Correspondance palazziavenezia@gmail.com https://www.facebook.com/ Palazzi-A-Venezia https://www.vimeo.com/ channels/palazziavenezia Maquette, Conception Graphique et Mise en Page L’Expérience du Futur une production UNISVERS vimeo.com&unisvers Commission Paritaire

ISSN en cours Diffusion digitale

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n passaggio di testimone epocale: Lella Costa raccoglie l’invito di Franca Valeri, grande matriarca del teatro italiano che quest’anno compirà cent’anni, ad interpretare ‘La vedova Socrate’, il testo da lei scritto ed interpretato la prima volta nel 2003. Un concentrato di ironia corrosiva e analisi sociale, rivendicazione disincantata e narrazione caustica. Liberamente ispirato a ‘La morte di Socrate’ dello scrittore svizzero Friedrich Durrenmatt, nato a seguito dell’intuizione di Giuseppe Patroni Griffi che glielo suggerì, il monologo è ambientato nella bottega di antiquariato ed oggettistica di Santippe, la moglie del filosofo tramandata dagli storici come una delle donne più insopportabili dell’antichità. “Patroni Griffi ha letto il testo di Durenmatt e mi ha detto se ne potevo trarre qualcosa. Mi incuriosiva l’ idea di sfatare questa leggenda che Santippe fosse solo una specie di bisbetica. Io ne faccio una moglie come tante, con una vita quotidiana piena di alti e bassi, una donna intelligente che del marito vede anche tanti difetti. Nel testo di Durenmatt c’è poco di Santippe, per questo, per conoscerla meglio, ho preso delle informazioni su Socrate e ho letto i ‘Dialoghi’ di Platone. Mi sono fatta l’idea di una donna forte che ha vissuto accanto a un uomo per noi straordinario ma che per lei era semplicemente un marito e per giunta noioso”. Nello spettacolo si sfoga per tutto quello che le hanno fatto passare gli amici di Socrate come Aristofane e Alcibiade, una masnada di buoni a nulla a cominciare da Platone, il principale bersaglio polemico dello spettacolo. Lei non sopporta che abbia usurpato le idee del consorte anche se fu molto fedele nel riportarle. E così lo degrada a un semplice copista e si mette in testa di chiedergli pure i diritti d’autore. Anzi alla fine pensa di poter scrivere lei un dialogo: protagoniste però sarebbero le donne. Ed è infatti soprattutto alle donne che parla: neanche la vedovanza le toglie il diritto di emanare un giudizio onesto sul comportamento dei mariti, degli uomini in generale e anche di quelle donne che ingannano l’altro sesso. Non serve, dice, indagare sulla vera natura del proprio uomo, basta accettarlo cosi com’è da vivo e da morto; d’altronde, “la morte di un marito è un così grande dolore che nessuna donna ci rinuncerebbe”. Franca Valeri

Q La vedova Socrate Dramma Antico

di Franca Valeri Liberamente tratto dall’opera “La morte di Socrate” di Friedrich Dürrenmatt per gentile concessione di Diogenes Verlag AG con Lella Costa regia Stefania Bonfadelli produzione CTB / Centro Teatrale Bresciano con INDA / Istituto Nazionale Dramma Antico progetto a cura di MISMAONDA

Jeudi 20 août 2020 de 20:00 à 21:30 Area archeologica di Nora Pula Organisé par Festival La Notte dei Poeti, Cedac Sardegna et Anna Brotzu CTB / Centro Teatrale Bresciano INDA / Istituto Nazionale INFO & PREZZI ingresso con prenotazione Tel. 0039 345 4894565 Tel.0039 345 9515704 biglietti intero 25 euro ridotto 22 euro ridotto residenti a Pula 10 euro abbonamento a 8 spettacoli intero 165 euro ridotto 145 euro ridotto residenti a Pula 60 euro prevendite: Sito Archeologico di Nora la biglietteria sarà aperta dalle 19 nei giorni di spettacolo Cagliari: Box Office viale regina Margherita 43 tel 0039 070/ 65 74 28 Pula: Pro Loco / Ufficio Informazioni Turistiche Casa Frau – piazza del Popolo (orari: 10-/13 e 18-/21 dal lunedì al venerdì) - cell. 349.1679288 biglietteria online:

www.vivaticket.it

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uesto numero è stato molto influenzato dalla prestazione del gruppo Les Bosons di Bosa, che ci hanno inoltre invitato a partecipare alle manifestazioni che la loro associazione, Sesto Continente, organizza ormai da cinque anni nella bellissima cittadina sulle rive del Temo. Siamo inoltre arrivati a captare l’attenzione di alcuni artisti francesi che visitano l’isola in questo momento così particolare ma che non riesce assolutamente ad intaccare anche minimamente quelle che sono le peculiarità della nostra bellissima Sardegna. Mentre la confusione continua a regnare sulle misure, precauzioni ed altre attitudini di difesa fronte ad una pandemia che ha completamente scombussolato il normale funzionamento non solo degli Stati Europei ma anche di quelli Asiatici ed Americani, cerchiamo di rifugiarci nelle certitudini che l’Arte e la complicità umana ci possono procurare. Così la musica riesce ancora a cullarci ed a farci risentire insieme delle belle sensazioni sopratutto quando la si degusta dal vivo e suscita nei partecipanti il desiderio di communicare le proprie sensazioni sia con il canto proprio che con l’imitazione di quello delle balene, situazione alla quale la piccola Ines ci ha confrontato ad Oristano , suscitanto una reale emozione. Ma quest’estate non mancheranno di certo, sopratutto in Sardegna, i momenti di incontro e di condivisione e nonostante tutto le diverse manifestazioni, a volte ormai arrivate alla trenta treesima edizione come Time in Jazz, rinascono e continuano nella loro progressione invitando habitués e nuove leve sia nella Musica, che nell’Artigianato, nel Teatro e nell’Arte con le numerose esposizioni di cui il mensile Sardonia vi ha parlato lungamente. Per il momento S’Arti Nostra, la trasmissione che ha iniziato a proporvi degli incontri con artisti, curatori, direttori di musei ed altri operatori culturali, non ha ancora veramente trovato la sua velocità di crocera ma senza dubbio dalla fine delle vacanze sperate ed agognate sarà presente regolarmente. Approffitiamo dell’occasione per sottolineare che Daniela Nobile che vi avevamo presentato ultimamente e che ha avuto gli onori di altre testate sia giornalistiche che televisive sarde, era già stata presentata da Sardonia (vedi https://vimeo.com/113072994) all’occasione della sua partecipazione alla mostra parigina svoltasi nel 2014 al Grand Palais, con il titolo di COMPARAISONS. Avevamo inoltre già incominciato a parlare di STAC! con un articolo su Giulia Capsula Casula, e vi proponiamo in questo numero qualche corto curriculum vitae di alcuni degli artisti che il magazine ha deciso di presentare partendo dai loro ateliers. Come al solito le nostre scelte sono arbitrarie e completamente soggettive e ci piace incontrare nuovamente Tonino Casula che abbiamo avuto l’occasione di intervistare lungamente in diverse occasioni sia nel suo atelier, che non ha quasi niente da invidiare a quello del noto pittore Bacon, ma in più ordinato nonostante tutto e completato da numerosi schermi di computer, che all’occasione della mostra alla scuola Pirandello. Nello stesso tempo Sardonia, avendo ricevuto un’invito da SardegnaDomani.it, organizzazione di cui potete visitare il sito, ha immaginato di organizzare una serie di esposizioni che potrebbero anche veder la luce più presto che previsto. Vi informeremo in tempo utile e naturalmente avrete diritto alle interviste delle tredici partecipanti selezionate come al solito arbitrariamente e soggettivamente dal nostro redattore. Augurandovi quindi una bella estate come solitamente le possiamo trascorrere sia sulle spiagge che sulle montagne, le foreste. i fiumi, i laghi ed i canyons della Sardegna, senza dimenticare i numerosi monumenti che la costellano e che per il momento rimangono in gran parte sconosciuti ai più. Ultimamente la presenza di una nota influencer in uno dei musei italiani più significativi a suscitato polemiche a non finire, e mi ha fatto pensare all’utilizzo negli anni sessanta della musica classica, ormai caduta nel dominio pubblico, per sottolineare alcuni prodotti commerciali, forse i meno giovani ricorderanno Angiolino e la Marcia Turca di W.A. Mozart e mi chiedo se finalmente si riesce a farlo ascoltare anche a coloro che se ne disinteressavano completamente ma che scoprendolo. anche senza sapere chi fosse. ne hanno apprezzato la musicalità particolarmente perfetta, allora cosa c’é di male se grazie a qualche influencer che si veste nel guardaroba al buio, un certo numero di giovani va a visitare i musei italiani e scopre così tanti capolavori del passato ? Per di più i capolavori non mancano ed i musei neanche, avremo abbastanza influencers o bisognerà formarle specialmente? Vi auguro una bella estate: Vittorio E. Pisu


Tra il corpo e lo spirito in continua evoluzione. di Chiara Cossu

Foto chiara cossu

CHIARA COSSU U

na ragazza sarda (nata a Sassari), laureata in lettere e filosofia, che oggi fa la fotografa e la video-operatrice fre-

elance. Chiara è stata la prima a cui il sottoscritto ha voluto dedicare una pagina perché personalmente convinto del suo potenziale artistico. All’epoca avevamo voluto mettere in risalto alcuni aspetti della “vena” di questa ragazza, esponendo una sua ricerca dedicata al mare. Oggi vogliamo farvi vedere quanto Chiara sia “cresciuta”… artisticamente, s’intende! EVANESCENZE di Chiara Cossu L’Evanescenza della fisicità, l’interiorità onnipresente, l’autoritratto come finestra su me stessa, i sentimenti, la rivolta dello spirito si muovono al mio interno divenendo esterno, un esterno Evanescente: il fisico , la materia… Come un onda che emerge dall’oceano per il tempo della percezione della vita e poi torna ad innabissarsi, così questa serie chiamata Evanescence, schizzi di bianco e nero spesso non centrati per dare il senso dell acqua, come un acquarello i corpi si fondono tra di loro in

un bianco nero che ci rimanda al tao, un’unione di opposti, una fusione di anima, corpo-fisico ed energia. In nuce, già cinque anni fa, erano ipotizzabili dei buoni sviluppi, ma il ricorso ad altre forme espressive, come la poesia, a mio giudizio rendeva un po’ “ibrido” il suo modo di comunicare. Non che io abbia qualcosa in contrario alla poesia, tutt’altro, ma, come si dice a Milano, O félé ofelè fa el to mesté (giovane pasticcere fai il tuo mestiere)! Noi siamo fotografi ed è giusto che utilizziamo gli strumenti a nostra disposizione per comunicare al mondo il nostro pensiero… il resto sono tutti “inutili orpelli”, che non ci competono. Oggi la Cossu dimostra di padroneggiare la tecnica in maniera più che dignitosa (l’uso della priorità di tempi sembra essere uno dei suoi cavalli di battaglia) e pare aver capito la strada da percorrere. Una strada tutt’altro che facile, anzi complicatissima! I fotografi sanno fin troppo bene con quanta facilità il loro lavoro potrebbe catapultarli nel mezzo dei conflitti che infuriano intorno al soggetto del corpo. Infatti, ad accendere le

passioni del pubblico è sempre stata quella sorta di percezione della trasgressione al modo convenzionale d’intendere la fisicità in generale e la sessualità in particolare di cui il mezzo fotografico si è da sempre fatto portatore. La fotografia di nudo (ne abbiamo parlato in un “noto” articolo diventato fonte di citazioni bibliografiche), di qualunque tipo essa sia (erotica, glamour, pornografica o altro), “genera subbuglio”… ma è inevitabile. Oggi non se ne può proprio fare a meno: infatti, laddove viene chiamato in causa il corpo umano, il potere della fotografia può essere messo in discussione, ma mai negato. La fotografia di nudo è un lavoro ostico, un’attività pericolosa, sempre al limite tra l’arte e il cattivo gusto. Maestri del “settore” ce ne sono stati tanti, ma non tantissimi. Chiara, grazie alla sua poliedrica personalità, è riuscita a muovere i primi passi in questo campo minato dimostrando destrezza e agilità da felino… brava. Non possiamo che farle i nostri più sentiti complimenti. Antonio Lo Torto http://www.clubfotografia. com/chiara-cossu

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Il bianco nero come il Tao, l’ unione degli opposti. Un viaggio fotografico giocato sull’ evanescenza della fisicità e l’interiorità onnipresente; del mio corpo/spirito in primis, in continua evoluzione. Per questo la maggior parte del mio lavoro di ricerca è basato sull’ auto-ritratto, chi meglio di sé stessi può osservarsi? Giocare, per me è sempre stato la base di tutto, le scoperte avvengono come quelle dei bambini, con un sorriso e la voglia di continuare a giocare. Tutti ciò che di visivamente è stimolante, è creativamente modificabile e interiorizzabile. Non ho molto da aggiungere perché cerco sempre di sostituire le immagini alle parole. “Risulta difficile al essere umano scoprirsi… dentro e fuori ,la ricerca della propria casa della propria home …un equilibrio fissato al proprio interno che ci consente di vivere ….quando la nostra abitudine viene smossa il nostro sistema viene disorientato… Home……essere o non essere….. “

https://www.arrubiuartcafe. com/home-non-chiara-cossu/

Vedi video https://vimeo.com/440081317 https://vimeo.com/439921123 https://vimeo.com/439831868 https://vimeo.com/372257031 https://vimeo.com/388779925 https://vimeo.com/440420024 https://vimeo.com/440171417

Chiara Cossu, nasce a Sassari il 7.2.1983. Vince diversi premi di arti visive. Consegue il diploma in arti applicate presso l’istituto Filippo Figari di Sassari e conclude i suoi studi in lettere della comunicazione presso la facoltà di lettere e filosofia. I suoi studi fotografici e video artistici sono fondamentalmente auto-didattici. Lavora come fotografa e video-artista indipendente.

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Sesto Continente Via Emilio Scherer 53 Bosa Tel. +39 335 5420 796 sestocontinente@gmail.com

Foto camù

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as Conzas, le concerie della pelle di Bosa (Or), risalenti all’antichità e floridissime dalla seconda metà dell’800 fino a metà del secolo scorso sono state lasciate per anni, in stato di completo abbandono. L’insieme dei fabbricati affiancati l’uno all’altro lungo il fiume Temo, tipico esempio di archeologia industriale, ha cominciato a rinascere a partire dal 2010, quando abbiamo restaurato un primo rudere fatiscente, il primo del complesso, che ha accolto il centro culturale Sesto Continente, aperto tutto l’anno, incubatore d’idee e progetti, ma anche luogo d’incontro e spazio per esposizioni, proiezioni, concerti, spettacoli e laboratori. Le antiche conce sono un luogo identitario di Bosa, di cui solo in tempi più recenti si è cominciato a riconoscere il valore. Sesto Continente ha contribuito a rigenerare la sponda più degradata e dimenticata del fiume, a farla pulsare, a potenziare la sua bellezza, nella convinzione che ci fossero modelli alternativi al proliferare di ristoranti e B&B che hanno ispirato alcune ristrutturazioni successive. Sesto Continente è uno spazio anfibio: ha un piede nella concia e l’altro sulla strada. Lungo la rive gauche del fiume Temo è infatti presente un’area, concessa dal Comune, dove il nostro FreeBookTrunk offre libri gratis “che non si vendono e non si comprano”. Nei mesi estivi quello spazio si espande e l’intero complesso di sas Conzas diventa il fondale notturno, dove i film si proiettano sulle facciate, le note e gli accordi rimbalzano sugli intonaci di calce e trachite, si tengono Reading, Performance, incontri e si sta insieme a parlare fino a notte inoltrata. Patrocinato ogni anno dal Comune di Bosa, Sesto Continente si è affermato con un progetto culturale continuativo sin dal 2015. Sesto Continente s’irradia sistematicamente nel centro storico, situato sull’altra sponda del fiume, coinvolgendo nelle sue iniziative gli spazi del Chiostro del Carmelo e il Chiostro dei Cappuccini. Al nostro centro è legata una piccola comunità di persone che si ritrova ogni anno, composta da musicisti, attori, restauratori, registi e studiosi di arte, filosofia e diritto.

vedi il video vimeo.com/439831868

SESTO CON

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esto Continente nasce dall’unione di Flaminia, Alessandro, Sem, Sandro. Provenienze geografiche ed età diverse sono l’humus su cui questo gruppo è nato. Crediamo che la cultura non sia mero intrattenimento stagionale, ma un “modus vivendi”. E che sia fondamentale farla emergere come consuetudine di vita, pratica costante fatta d’incontri e giocosa spontanea creazione collettiva, aperta a tutte le arti e a tutti i modi espressivi. Tutti e quattro condividiamo curiosità, impegno, desiderio di ampliare i nostri orizzonti e voglia di aprirsi agli altri. Flaminia è una producer ideatrice di eventi, mostre e documentari, Alessandro, l’anfitrione del gruppo, è un penalista impegnato, Sem è un batterista e un visionario artigiano del legno, Sandro insegna musica e suona molti strumenti a corda e ne inventa di mai visti. Sem e Sandro hanno creato il duo Bosonik, che sperimenta jam session e contaminazioni tra arti visive, testi e musica, Alessandro accoglie i partecipanti e interagisce con loro,

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introducendo gli oratori invitati; Flaminia, attraverso la cooperativa “L’Altravista”, ha accompagnato i primi passi del centro e continua a partecipare in prima persona al suo consolidamento, occupandosi in particolar modo della programmazione dei documentari e dei Reading. Per gemmazione nel settembre del 2019 è nata l’Associazione culturale Sesto Continente, che raccoglie i quattro soci fondatori.

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osa è un borgo di 8000 abitanti. Lungo il fiume, autentica spina dorsale della cittadina, su una sponda si sviluppa la parte ottocentesca e, sull’altra le conce. La parte medievale con le sue case coloratissime è arrampicata su una collina, sormontata dal Castello. Il nostro centro attira bosani, ma anche abitanti intermittenti e molti stranieri, che vivono qui stabilmente. Sesto Continente ha dato vita a incroci fertili e contaminazioni non scontati superando diffidenze, difficoltà di comunicazione e pregiudizi. Nel tempo, attraverso le nostre proposte e la nostra presenza, si è creata una piccola e

coesa comunità di circa cento persone, che riconosce al nostro centro il valore di soggetto propulsore. Nei mesi estivi gli appuntamenti proposti via social da Sesto Continente vengono a loro volta rilanciati dai nostri affezionati partecipanti coinvolgendo una comunità virtuale di più di mille persone. Secondo una suggestiva immagine del poeta turco, conosciuto come “Pescatore di Alicarnasso”, il Sesto Continente è il Mediterraneo. Un mare inclusivo, uno spazio liquido accogliente, il filo conduttore che tiene insieme le proposte del nostro centro. Dare voce alle espressioni creative e artistiche già presenti in questo lembo di Sardegna è stata la miccia che ha innescato Sesto Continente. Non volevamo cedere all’idea che un luogo, con una vocazione turistica molto forte dovesse offrire solo cibo tipico e sagre di paese. Creare un dialogo, uno scambio fertile tra le diverse espressioni artistiche e creative è in estrema sintesi il nostro progetto. Vivere la cultura come un organismo che respira, cresce, si espande, la sua necessaria premessa.


NTINENTE Facendo della porosità uno dei principi-guida, proviamo a costruire ponti tra chi abita il territorio e a chi sta imparando ad amarlo, disposti a metterci in gioco. La concia rigenerata e lo spazio antistante, affacciati sul fiume Temo sono gli spazi dove si sviluppa il centro culturale Sesto Continente. La concia si trova sul piano della strada. Le interazioni sono incoraggiate e molto spesso le persone vengono a proporre progetti da realizzare in prima persona. Soprattutto durante i mesi invernali la concia si trasforma spesso in sala-prove per i gruppi musicali che gravitano attorno ai Bosonik (Les Bosons). Nelle occasioni in cui organizziamo le nostre iniziative all’aperto, oltre allo spazio dato in concessione dal Comune per il FreeBookTrunk, il Lungo Temo viene chiuso al traffico e lo spazio a disposizione si amplia per ospitare le proiezioni, le presentazioni, i film, gli incontri. Tutti gli eventi sotto le stelle si svolgono in un’atmosfera davvero magica, con il complesso delle conce, dalle forme squadrate e allungate ver-

so il cielo, a fare da fondale Proprietà dello spazio, tempi e possibilità di utilizzo. Quando la strada viene chiusa per gli eventi sotto le stelle, lo spazio a disposizione del centro si amplia estendendosi lungo i circa 250 metri del Lungo Temo dal suo imbocco fino al numero 53, che contraddistingue la concia Sesto Continente. Il proprietario della concia concede in comodato gratuito lo spazio al centro per un ulteriore quinquennio, a partire dal Settembre 2019, data della fondazione dell’associazione culturale Sesto Continente, che ha sede nella concia, sul Lungo Temo via Emilio Scherer 53, fino al mese di Settembre 2024. Il Comune di Bosa offre gratuitamente gli spazi esterni per le manifestazioni culturali, a seguito della presentazione di un programma dettagliato, che viene sottoposto ogni anno dal centro Sesto Continente. Siamo partiti con la presentazione dei Giganti di Mont’e Prama, invitando i restauratori che a Cabras hanno curato il restauro. Ai primi Reading ispirati al Mediterraneo, tratti da autori quali Azeni, Izzo e Tabucchi, sono seguite le letture sul

tema delle migrazioni, tratte dai testi di Fabio Geda Nel mare ci sono i coccodrilli, Davide Enia Appunti per un naufragio, Francesca Mannocchi Io Khaled vendo uomini e… sono innocente, proiettando contemporaneamente i film documentari: Fuocoammare, Les Sauteurs, Iuventa. Abbiamo intercettato il desiderio di un gruppo di giovani bosani che ha proposto la lettura cantata in sardo, de Sa Mundana Cummedia di Salvatore Poddighe,sottotitolati in italiano e inglese. Quell’esperienza ci ha mostrato quanto fosse fertile invertire la rotta puntando su eventi bottom up piuttosto che up down. Da lì è nata l’idea di ospitare artisti e artiste del territorio, che hanno esposto per una notte lungo il Temo e in seguito “Arte e musica live”: uno scambio in presenza, tra musicisti e artisti che creavano nello stesso momento dialogando tra loro. Una serie di laboratori di musica d’improvvisazione, tenuti alla concia da Adriano Orrù, Silvia Corda, Gianni Mimmo - conclusisi ogni volta con un concerto dei partecipanti- ha rappresentato un nuovo modo di fare musica insieme.

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I laboratori prevedevano una fee d’accesso che consentisse di remunerare i musicisti coinvolti. La nostra offerta culturale si è rivolta, durante quest’ultimo anno, anche ai bambini, quando Anita Snider ha dato vita a un laboratorio sull’uso e l’abuso della plastica. Il nostro agire, legato agli eventi, si è così gradualmente modificato in un’azione più strutturata, che va oltre la stagionalità estiva. Il risultato più significativo è stato il compattarsi lento ma progressivo di una comunità intorno a Sesto Continente. Nel tempo è diventata una consuetudine offrire qualcosa da bere e mangiare e gli intervenuti portano spesso cibo e vino, rinsaldando così il nostro legame e facendoci scoprire l’importanza di questo genere di scambi e convivialità. L’elemento di debolezza che ha segnato il nostro agire è invece legato alla sostenibilità economica fragile del nostro centro. Grazie al comodato gratuito, l’affitto della concia non grava sui costi, ma nonostante questo, abbiamo problemi nel dare un equo riconoscimento a chi lavora a vario titolo per Sesto Continente. La nostra priorità è legata alla: “Innovazione del rapporto tra qualità artistica/culturale e comunità di riferimento”. Percepiamo chiaramente la necessità di un cambio di passo e la necessità di sperimentare nuovi modi di produrre, distribuire e fruire cultura. L’elemento di discontinuità, dal nostro punto di vista, consiste nel passare da una dimensione performativa a una dimensione che punti sul territorio, perno irrinunciabile del nostro agire. Per questo motivo intendiamo guardare a un’altra via di comunicazione, senza escludere la dimensione liquida che ha sempre contraddistinto Sesto Continente, rivolgendo il nostro sguardo alle aree interne. Ci mettiamo in viaggio con il bagaglio di esperienze accumulate in cinque anni. Il nostro è un viaggio simbolico e reale nello stesso tempo. Ci mettiamo in cammino e risaliamo la via della rotaia –semiabbandonata- che lega Bosa a Macomer passando per Modolo, Tresnuraghes, Tinnura, Sindia. È qui che vogliamo lanciare una sfida soprattutto a noi stessi. (segue a pagina 6)

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(segue dalla pagina 5) amminando abbiamo osservato il paesaggio che si sviluppa attorno alla ferrovia, le stazioncine che punteggiano i quarantacinque chilometri della via ferrata. Camminando abbiamo ripensato al passato, quando quella tratta era operativa e scaricava più di mille lavoratori agli stabilimenti di Macomer, che lavoravano il denim. Una ragazza che abitava nelle “case importanti” di Nigolosu ci ha fatto scoprire un’altra stazioncina, che serviva i proprietari delle terre. Più ci addentravamo nel paesaggio verdissimo e più sognavamo ad occhi aperti di quanto sarebbe stato bello andare “a caccia” di memorie, digitalizzare foto e filmini, parlare con chi ha conservato quei ricordi. La memoria ci è cara, e ci piacerebbe che nei prossimi cinque anni potessimo confrontarci con le tracce lasciate da chi c’era prima di noi in questa terra misteriosa, bella e appartata. Ci piacerebbe farci prendere per mano dai tanti che hanno storie orali da tramandare. La sfida del futuro si gioca qui. Abbiamo capito in questi anni che il guadagno più grande di un centro culturale è creare comunità, sguardi che, pur nelle differenze, puntano nella stessa direzione. Attorno al luogo fisico della via ferrata si può comporre una comunità stratificata e può riaffiorare un mondo sommerso e nascosto, che merita di essere raccontato. Un mondo avvolto nel silenzio, su cui si affacciano paesi economicamente precari a rischio spopolamento, soprattutto da parte dei suoi abitanti più giovani. Il nostro nuovo corso vorrebbe essere un magnete che prova ad attrarre energie ora centripete. Camminando ci è venuta incontro la sua ricchissima natura, le molte specie vegetali e arboree che crescono attorno alla ferrovia e abbiamo pensato quanto sarebbe importante e vitale mettere su, insieme a educatori ed educatrici, che già hanno creato modelli di “scuolette alternative” asili nel bosco, centri estivi per i bambini del luogo e non solo e così scoprire con loro, attraverso i loro occhi, la magia di questo mondo sospeso e incontaminato. Abbiamo notato che cammi-

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nando in direzione di Macomer la via ferrata è ancora in buono stato di conservazione, le responsabili della cooperativa Esedra ci hanno parlato del trenino verde dedicato ai turisti che percorre la tratta e che loro gestiscono. Con l’architetto Sebastiano Gaias abbiamo perlustrato le stazioncine e alcune sono solo da ripulire e ri-allestire, mentre altre richiedono interventi più impegnativi. Che sfida sarebbe per il territorio riaccendere questo mondo dimenticato e farlo vibrare con la contemporaneità della musica dal vivo, con le letture ad alta voce, le immagini in movimento. Che sfida sarebbe provare a risvegliarlo quel mondo, vederlo fiorire e accendersi, rispettandolo. Per noi un grande occasione per rimboccarci le mani e cercare di farlo esistere! Non da soli. Quest’idea è maturata durante quest’ultimo anno, grazie all’incontro con persone che hanno deciso di diventare i nostri “compagni di strada”. Ci riferiamo in particolare a Giancarlo Zoccheddu del Centro Servizi Culturali di Macomer, un centro molto radicato nel territorio.

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Ci hanno assicurato il loro sostegno e coinvolgimento in prima persona il sindaco di Modolo Omar Hassan, l’assessore alla cultura di Bosa Alessandro Campus, la cooperativa Esedra e lo studio di architettura Gaias di Macomer. Ci sembra infine decisivo poter intervenire anche sulla seconda priorità: l’Innovazione della dimensione amministrativa e gestionale. Su questo aspetto scontiamo una fragilità grande. Siamo consapevoli del fatto che abbiamo bisogno di una nuova visione amministrativa e gestionale, per far fronte al nuovo quinquennio. La nostra struttura, da questo punto di vista, ha molto da imparare dai nostri partner e non solo da loro. Abbiamo sempre privilegiato l’agire, anche in condizioni di difficoltà, e creduto fosse giusto offrire gratuitamente le nostre proposte culturali. È arrivato il momento, anche in questo caso, di cambiare passo. Di riequilibrare l’offerta con un equo riconoscimento del lavoro. Nostra intenzione è stabilizzare almeno due persone oltre che coinvolgere alcune figure

in veste di collaboratori. Riteniamo che la nuova impostazione del nostro progetto culturale possa coinvolgere di più e meglio gli enti locali sardi. Abbiamo cominciato a ragionare su alcune possibili aree d’intervento, ad esempio l’esistenza del trenino turistico potrebbe essere un’opportunità per offrire non solo il viaggio, ma anche un’esperienza culturale più ampia. Anche l’archivio di fotografie, filmini amatoriali e racconti orali potrebbe diventare fonte di ricavi, nel momento in cui i materiali vengono utilizzati come video footage o diventare un’opera collettiva volta a valorizzare e rileggere la memoria delle persone e dei luoghi. Così come l’asilo nel bosco e i centri estivi che possono prevedere una fee, che consenta un riconoscimento delle attività e dell’impegno delle persone che ci si dedicano. Al limitare del percorso ferroviario, dalle parti di Turas (Bosa Marina) abbiamo individuato un campeggio dismesso, (che era stato finanziato con fondi europei) che nel medio-lungo periodo potrebbe essere rigenerato e ospitare centri estivi, momen-


Foto macomer-bosa treno dei sapori

Perché anche Culturability si è messa in gioco e ha deciso di intraprendere un processo di trasformazione che riguarda la sua missione. Perché ha un’esperienza consolidata rispetto ai progetti di rigenerazione che riattivano luoghi e comunità. Perché fa della leva del sostegno economico lo strumento per consentire a chi si cimenta con la progettazione culturale di sbilanciarsi e rischiare per cambiare i connotati della realtà culturale italiana, nelle sue micro e macro declinazioni. Perché accompagna e sostiene. Perché scommette sui centri culturali, di cui è difficile dare una definizione giuridica quanto allo stato, e s’impegna in prima persona a cercare nuovi modi dare loro uno statuto d’esistenza. Perché infine considera la cultura parte del nostro esistere e ci spinge a riattraversarla in forme innovative spingendoci a interrogarci, a domandarci continuamente se siamo sulla giusta rotta.

ti educativi e magari anche forme di turismo culturale nei mesi primaverili e autunnali di media e bassa stagione. Per realizzare la discontinuità di cui sopra. Un percorso di accompagnamento crediamo possa essere salutare. Ci vorrebbe una figura di supporto che ci mettesse in grado di progettare le nostre attività in un modo economicamente sostenibile. Dobbiamo aggiungere anche, una dimensione di durabilità ai nostri sforzi creativi. Per stabilizzare due persone e consentire un riconoscimento agli apporti lavorativi temporanei, legati a singoli progetti, abbiamo bisogno di individuare delle modalità di generazione di ricavi che si sposino alle nostre idee di riscoperta e rilettura culturale del territorio tra Bosa e Macomer. Ciò significa, crediamo, che un supporto esperto di management della cultura, con capacità ed esperienza, non tanto di grandi eventi o rilevanti istituzioni culturali, ma di sviluppo e rivitalizzazione di realtà locali potrebbe rafforzarci e consentirci di sviluppare un approccio adeguato a quello che intendiamo fare. Inoltre guardiamo con inte-

resse a due esperienze, molto diverse tra loro che possono guidarci e ispirarci. Il Forum Disuguaglianze e Diversità, nato con un grande progetto politico-culturale che ha focalizzato la sua attenzione sulle aree interne del nostro paese e sulla cittadinanza attiva e Time in jazz, la manifestazione creata di Paolo Fresu, soprattutto per il clima che è riuscito a creare tra i musicisti e il pubblico e per la sua capacità di valorizzare il territorio sardo ambientando i concerti in luoghi incontaminati di grande bellezza. L’approdo che immaginiamo è un ancoraggio territoriale più esteso, che ci consenta di consolidare un soggetto più robusto dell’attuale. Qualcosa che possa essere un punto di riferimento solido di una comunità plurale e fluida; che possa contare sugli apporti di diversi sguardi, alcuni continui e stanziali, altri intermittenti, ma comunque tutti curiosi e disponibili a una contaminazione di diverse esperienze. Tutto ciò richiede un sostrato sufficientemente resistente per dare continuità a un’idea, per sostenere e dare gambe alle suggestioni che già abbiamo in mente e a quelle che sorge-

ranno grazie all’apporto delle diverse persone e realtà territoriali già descritte. Questo soggetto potrebbe essere un consolidamento di Sesto Continente oppure una sua mutazione in un’altra forma che rifletta le necessità che lo stesso percorso di consolidamento ci proporrà come via percorribile. Ci sembra di poter dire che il soggetto sarà organizzato attorno e lungo due poli, uno marino Bosa, l’altro terrestre Macomer, che dovrà funzionare come innesco continuo di idee e proposte, mettendo assieme le risorse stanziali e gli apporti esterni, suscitando dalla memoria dei luoghi e delle persone possibili aggregazioni di sguardi. Un riferimento sufficientemente continuo da stimolare i cittadini stanziali, gli abitanti intermittenti che hanno adottato Bosa e i turisti occasionali suscitando l’interesse e la curiosità intorno al patrimonio umano, naturale e architettonico che si trova lungo il percorso della strada ferrata. Perché proprio culturability? Perché sostiene con serietà progetti visionari. Perché non è interessata al già visto, ma a quello che ancora non esiste.

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Negli anni sono intervenuti: Claudia Annunziata, Nadia Cadeddu, Marco Caramico, Andrea Cavatorta, Michele Cinque, Sonia Congiu, Silvia Corda, Andreina Costanzi Cobau, Martina De Luca, Luigi Manconi, Gianni Mimmo, Carey Mortimer, Alessia Murtas, Roberto Nardi, Gian Marco Oggianu, Adriano Orrù, Damiano Sanna, Anita Snider, Pina Totaro, Stefano Velotti, Valentina Vinci.

Sesto Continente Via Emilio Scherer 53 Bosa Tel. +39 335 5420 796 sestocontinente@gmail.com

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(1969 – Sassari). Vive e lavora a Sassari. Ha studiato Pittura presso l’Accademia di Belle Arti “Mario Sironi” di Sassari. Tra le esposizioni più recenti: Solo uso decorativo, Spazio E-Emme, Cagliari, 2019; Libro aperto. Giornata mondiale del libro e del diritto d’autore, Fondazione di Sardegna, Sassari, 2019; Safressada (Il Segreto), Fondazione di Sardegna, Sassari, 2017; Dimmidisi, Museo Casa Manno, Alghero, 2017. La poetica di Pietruccia Bassu rinnova il senso di appartenenza a una tradizione, a una storia, elaborando progetti sul senso di continuità e di riappropriazione della memoria. L’idea di fondo è quella di ritrovare nelle pratiche e nei linguaggi del contemporaneo la possibilità di tramandare gesti, tecniche, particolari che appartengono alla tradizione dell’Isola e a quella della sua famiglia in particolare. L’artista appartiene a quella corrente che intravede nell’arte contemporanea la possibilità di preservare i dati antropologici, le consuetudini, i ricordi delle generazioni passate, utilizzando l’arte come archivio, deposito di tracce. Si serve di diverse tendenze espressive, dal video all’installazione, avvalendosi di oggetti dall’alto contenuto simbolico, che nelle sue opere assumono modalità estetiche e concettuali nuove.

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onino Casula

(1931 – Seulo). Vive e lavora a Cagliari. Nel 1958 entra a far parte del Gruppo ’58 di Cagliari insieme, tra gli altri, a Mauro Staccioli e Gaetano Brundu. Dal 1963, con l’aiuto della psichiatra Nereide Rudas, comincia a interessarsi di percettologia e di psicologia, gestaltica prima e transazionale poi, orientando la sua produzione artistica verso sperimentazioni affini alla Optical art di quegli anni. La nascita del suo interesse per le teorie della percezione, rimasto costante nel corso degli anni, è strettamente legata alle operazioni agli occhi a cui si sottopone, tra il ’63 e il ’64, per risolvere alcuni gravi problemi di vista. Nel 1966 aderisce al Gruppo Transazionale di Cagliari, sotto la guida di Corrado Maltese, ed entra a far parte del Centro di Cultura Democratica.

Photo tootelafrance.ie

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ietruccia Bassu

Lo studio d’artista è un testo rivelatore – come ha scritto Brian O’Doherty. Sempre, in qualche modo, autoritratto dell’artista, nell’evoluzione storica delle sue forme e delle sue funzioni si possono leggere trasformazioni e principi che orientano il sistema dell’arte: dalla relazione fra i suoi attori, ai processi e ai media che veicolano la produzione dell’opera, al rapporto stesso tra produzione ed esposizione. STAC! rappresenta un puntino nel mare magnum di questa riflessione. https://stac-studidartista.com/?fbclid=IwAR0Iy9tw aeXL2WNK c O u m y y d Q N c E I rcG55W6pheZpDnM 9 o m n K LW x 1 s F VnmH0

Nel 1969, invece, entra a far parte del Centro Arti Visive di Cagliari. Dal 1966 al 1972 esegue opere murarie a Monastir, Settimo San Pietro, Selargius, Serrenti, Pirri (Scuola elementare E. Toti). Nel 1973 è ospite del Rijkscentrum Frans Masereel di Kasterlee (Belgio). Nel 1981 avvia, con Gaetano Brundu, il Centro Internazionale Sperimentazione Arti Visive di Villasimius (CA). Ha collaborato con riviste (Rinascita Sarda) e giornali (Unione Sarda), realizzato programmi radiofonici (per la Rai: Il frullarte, Con la colla e col coltello, Cioè, Bloc notes; per Radio 24 ore: Arte), e televisivi (per la Rai: Made in Sardinia, Classidra, L’altro occhio di Polifemo), oltre a documentari e interviste ad artisti e storici dell’arte (tra cui Gaetano Brundu, Aldo Contini, Gillo Dorfles, Maria Lai, Ermanno Leinardi, Angelo Liberati, Costantino Nivola, Rosanna Rossi, Giò Pomodoro, Pinuccio Sciola, Marisa Volpi). Ha pubblicato saggi di divulgazione e didattica (Einaudi,1964-1998). Nel 2013 si è recato in Argentina per un incontro (a cura dell’Istituto Italiano di Cultura) con studenti e professori della “Facultad de Artes” UNC di Còrdova.

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Tonino Casula sperimenta con l’astrazione geometrica fin dagli anni Sessanta. Come ha scritto Corrado Maltese, a interessare all’artista sono quelle forme in grado di “produrre otticamente indeterminatezza, inganno e ambiguità”. Rivoltosi inizialmente alla pittura, alla fine degli anni ’80 decide di abbandonare questo medium, che sente troppo legato al passato. Così, interrogandosi, in qualità di artista, sulla necessità di vivere il proprio tempo, inizia a produrre con il computer. Le sue prime opere di computer graphics risalgono al 1988. Nel 1993 crea le prime animazioni e, negli anni seguenti, le Diafanie, video realizzati con la proiezione alternata, su un unico spazio, di immagini elaborate al computer. Successivamente, arrivano i Cortronici, cortometraggi elettronici bidimensionali che, dal 2005, diventano tridimensionali, da vedere con occhiali anaglifi rosso ciano o (nel formato “side by side”) collegando il computer a un televisore 3D. L’artista ha deciso di chiamare “cortronici” i suoi video dopo che il poeta visivo Gianni Toti lo ha definito “pittronico” (pittore elettronico).

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alentina Daga

(1978 – Sassari ). Vive e lavora tra Sassari e Milano. Ha studiato Pittura presso l’Accademia di Belle Arti “Mario Sironi” di Sassari e presso l’Accademia di Belle Arti di Brera, a Milano, dove si è laureata nel 2016 con l’artista e docente Letizia Cariello. Dal 2009 al 2012 è stata membro del collettivo Aliment(e) azione, ispirato alle espressioni dell’arte pubblica e relazionale e focalizzato sulla costruzione di situazioni in grado di scuotere l’immaginario comune e di portare all’acquisizione di un giudizio critico capace di opporsi alla farsa imposta dalla società spettacolarizzata. Nel 2011 ha realizzato la sua prima personale a Torino, a cura di Olga Gambari, selezionata tra i partecipanti al concorso nazionale Autofocus2. Nel 2016 ha vinto il concorso “Arte in Biblioteca”, un’opera per la collezione d’arte della Biblioteca Nazionale Centrale di Roma, con acquisizione pubblica dell’opera vincitrice. Nel 2016-2017 ha partecipato alla realizzazione di animazione e montaggio del lun-


riera ha contemplato tutti i generi senza mai cadere nella retorica. Ama le sfide e affronta qualsiasi tematica con attenzione al mondo che la circonda e alle dinamiche sociali del tessuto urbano, utilizzando diversi medium espressivi. Il suo lavoro trae ispirazione da accadimenti che incrocia nel suo vivere quotidiano, che tratta con un approccio ironico ma caparbiamente analitico. Mette sotto la lente d’ingrandimento vicende apparentemente ordinarie nelle quali riconosce potenzialità inespresse. Ha periodi blu ricorrenti.

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gometraggio “NYsferatu” di Andrea Mastrovito. Nel 2019 ha vinto il Premio Speciale dell’Inter-Youth Painting Exhibition della Scuola di Pittura della China Academy of Art, Hangzhou (PRC). Tra le esposizioni più recenti: Inter-Youth. International Youth Art Exhibition/Carrying Basement, presso la China Academy of Art, Hangzhou (PRC, 2018); Stanze di carta, presso la Biblioteca Nazionale Centrale di Roma (2017); Passaggi, presso il Museo della Permanente di Milano (2016); Ex voto, presso la Loom Gallery a Milano (2016). “Esperienza corporea, emozioni e percezione sensoriale sono inseparabili. Partendo da questa considerazione, nascono i miei più recenti lavori, con un preciso intento: la relazione con lo spazio che li ospita e con il fruitore e la conseguente interazione che si crea tra corpo dell’opera e corpo dello spettatore. Il primo si fa soglia, passaggio che annulla i confini dello spazio fisico e apre a uno spazio mentale che da individuale diviene collettivo; il secondo è ciò che rende possibile

di grandi dimensioni (Splaash vibrating waves, 2003; Blau step medusa, 2005, aeroporto di Alghero). Dal 2000 anima blublauerspazioarte, uno studio-galleria ad Alghero, dove organizza eventi aperti ai linguaggi dell’arte contemporanea (per citarne alcuni: Dialosien siresien a cura di Valerio Dehò, 2007; Frottole a cura di Manuela Gandini, 2008). Dal 2012, con il format “zip mostre lampo”, realizza eventi che si esauriscono in un giorno. Nel 2016 fonda il gruppo Otto Damen, insieme al Quartierino Blatta: Martina Cara, Raffaela Carcangiu, Elisa Desortes, Veronica Muntoni, Chiara Seghene e Valeria Secchi. Dal 2018, insieme allo stilista Manuel Casati, realizza su Instagram il progetto cover Freshicons magazine. Tra le esposizioni più recenti: Caos, blublauerspazioarte, Alghero, 2019; 68/Revolution, Pinacoteca Carlo Contioberta Filippelli ni, Oristano, 2018; Il conser(1967 – Alghero). Vive e lavora ad Al- vatore, Museo Casa Manno, Alghero, 2018; La costante ghero. Artista multimediale, si acco- resistenziale, MAN – Museo sta alle arti visive negli anni d’Arte di Nuoro, 2017. Roberta Filippelli definisce la Ottanta. Utilizza il collage come prima sua poetica un melting pot. Si esperienza, per poi passare sente un po’ come Billy Wilalla pittura realizzando opere der, che nella sua lunga car-

l’esperienza. Il corpo si pone in relazione allo spazio, che è fisico, mentale, percettivo, ambientale. Mi interessa molto il coinvolgimento emotivo e sensoriale di chi si relaziona all’opera e il mondo delle immagini mentali: quelle consce, perché è ciò che salviamo nella memoria dalle nostre esperienze di vita più significative; quelle inconsce per il mistero che le accompagna e perché sono inafferrabili, lasciando in noi sensazioni ed emozioni latenti. Sono state definite pensiero visivo vivente, una definizione che trovo molto poetica e interessante. Pur non restando nella coscienza, vivono dentro di noi e possono riaffiorare o restare allo stato inconscio per sempre, costituendo il nostro personalissimo mondo immaginale”.

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vedi video https://vimeo.com/142726019 https://vimeo.com/282960563 https://vimeo.com/285212595 https://vimeo.com/285333836 https://vimeo.com/285412023 https://vimeo.com/285566272 https://vimeo.com/286073637 https://vimeo.com/367334287 https://vimeo.com/368775985

lberto Marci (1985 – Cagliari). Vive e lavora a Cagliari. Ha studiato Grafica d’Arte presso l’Accademia di Belle Arti di Firenze e, in seguito, alla Fundacion Ciec a Betanzos (Spagna). Ha partecipato a diverse residenze d’artista tra cui: Master di ricerca di Casa Falconieri dal 1999 al 2009; 1° Encuentro Alfara-CIEC a Salamanca; Residencias de la Bienal de Cerveira in Portogallo; Stazione dell’Arte a Ulassai; Progetto Borca, a cura di Dolomiti Contemporanee, a Borca di Cadore; La Ceiba Grafica a Coatepec (Messico); Contemporanea al LAQ. Attualmente sviluppa il proprio lavoro di ricerca e parallelamente si dedica all’insegnamento delle tecniche di stampa, alla produzione di edizioni per altri artisti e a progetti speciali di design applicato all’editoria. Ha partecipato a varie mostre collettive e fiere d’arte, le sue opere sono presenti in collezioni pubbliche e private, italiane e straniere. Tra le esposizioni più recenti: Bianco Vuoto, Spazio invisibile, Cagliari, 2019; Fame d’aria, Spazio E-Emme, Cagliari, 2019; Onpaper IV, a cura di Casa Falconieri, MAC – Museo d’Arte Contemporanea di Calasetta, 2019. Sono sempre stato affascinato dal cambiamento inteso come passaggio da uno stato a un altro. Negli ultimi anni la parte della produzione artistica che mi interessa è proprio il momento del passaggio. Non sono interessato al concetto di “finito” e ho un costante bisogno di riprendere in mano il materiale su cui lavoro, rielaborare molti dei miei pezzi per anni, (segue pagina 10

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(segue dalla pagina 9) documentando ciò che succede. Sono molto stimolato dall’errore, dal contatto fisico con i materiali, dal gesto come espressione di un’idea in un determinato momento. Utilizzo principalmente tecniche di stampa rielaborando e forzando il concetto di matrice. Mi piace pensare alla narrazione come un codice, creo dei simboli che compongo e scompongo realizzando serie di opere in cui annoto pensieri, nascondendoli.

Photo thedailytelegraph

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abrina Melis (1986 – Milano). Attualmente vive e lavora tra Alghero e Carrara. Ha frequentato il Dipartimento di Architettura e Design di Alghero conseguendo una Laurea in Design nel 2011 e un Master in Design della Comunicazione nel 2013. Incominciando nel 2014 la sua ricerca sui Linguaggi Multimediali. Nel 2019 ha concluso un corso di Laurea di II livello in Arti Multimediali del Cinema e del Video presso l’Accademia di Belle Arti di Brera di Milano. È attualmente dottoranda presso il Dipartimento di Architettura e Design di Alghero e docente di Linguaggi Multimediali presso l’Accademia di Belle Arti di Carrara. I suoi lavori sono stati esposti, tra gli altri, alla Biennale de la jeune création contemporaine (Mulhouse), Triennale Design Museum (Milano), The Wrong, digital art biennale (Online), Screensaver Gallery (Online), Columbia University (NYC), FRAC Corse (Corsica). Nel 2018 le è stato assegnato il Premio Nazionale delle Arti per la sezione Arte Elettronica. Da sempre interessata alla progettazione e alle nuove tecnologie, concentra la sua ricerca sul tema dell’abitare umano, che viene osservato sotto diversi aspetti. Si focalizza su tutto ciò che ha a che fare con gli usi, le abitudini e i passaggi dell’essere umano attraverso gli spazi, siano essi fisici o virtuali. Attraverso l’analisi di queste memorie si interroga sullo scopo di tali attraversamenti, cercando delle tracce che riportino ad un movimento universale. Nel suo lavoro utilizza spesso la finzione per combinare fatti e informazioni reali con ipotesi di realtà, attraverso l’uso di diversi media, con una predilezione per il video e l’installazione.

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uben Mureddu

(1979 – Roma). Vive e lavora ad Alghero. Studia Pittura presso l’Accademia di Belle Arti di Firenze e l’Accademia di Belle “Mario Sironi” di Sassari, dove si diploma con una tesi sul rapporto tra l’espressione creativa e la componente psichiatrica dal titolo: “Andata e Ritorno. Arte e Psichiatria”. Durante gli anni di studio viaggia, trascorrendo lunghi periodi in India e nel sud-est asiatico. Seguono anni che l’artista stesso definisce “celiniani”, di intensa ricerca personale tra Parigi, Lione e Strasburgo, al termine dei quali ritorna in Sardegna per intraprendere un percorso psico-analitico. Riconosciuto l’interesse verso l’implicazione arte-mente, nel 2012 frequenta il Master di Livello I° “Le artiterapie (musicoterapia, danzamovimentoterapia, arti grafiche e plastiche, teatroterapia e comicoterapia): metodi e tecniche d’intervento”, presso l’Università degli Studi ROMA TRE. Dal 2011 al 2017 lavora nelle comunità psichiatriche residenziali protette dei padiglioni ex-manicomiali di Rizzeddu, a Sassari, dove progetta e coordina i laboratori di tecniche

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plastico-figurative in collaborazione con psicologi, psichiatri e operatori sociali. I laboratori, da mero strumento terapeutico, diventano spazio di reciproco scambio con i pazienti, per poi trasformarsi in un luogo privilegiato d’indagine artistica e sperimentazione. Congiuntamente alla pratica artistica come terapia, elegge la pittura figurativa a sua principale forma d’espressione. Tra le esposizioni più recenti: Effetto farfalla, Il Ghetto, Cagliari, 2020; Ti ho uccisa 32 volte, Galleria Siotto, Cagliari, 2020; Invisible narratives, spazio Mauro Manca, Sassari, 2019. “Arte”. Altro non è che una delle forme di comunicazione di cui disponiamo. In questo senso mi chiedo perché la faccio e perché altri dovrebbero contemplare la mia espressione. La ragione per la quale integro l’arte visiva alle costituite modalità di espressione e scambio è che ritengo queste insufficienti a permettere a pieno il bisogno di ognuno di definirsi. Linguaggi trasversali quali le arti, in tutte le loro forme, consentono una più completa esplicazione di noi. E a questo punto credo di avere bisogno di definirmi.

Ecco la risposta al perché dipingo e perché altri si scomodano a farne esperienza: è un bisogno, una spinta che viene dall’interno. Non ci sono secondi fini se non quello di conoscermi, sublimarmi in un oggetto artistico per offrirlo all’altro. Niente a che vedere con intenti altruistici o eccessivo narcisismo. Semplicemente una estrazione. Sposto da me una immagine esponendola all’esperienza collettiva. Ora il peso dell’immagine non è più solo mio ma è condiviso. Io posso adesso dare spazio e conoscere l’immagine successiva e quella precedentemente estratta si carica di indipendenza da me e di vita propria, suscettibile di interscambio con l’esterno. “Dunque io sono questo. Lo sono rispetto a questa e/o quella condizione interiore e/o esterna, lo offro a te e di conseguenza sei autorizzato a farne un uso. Dare un tuo feedback e/o a dirmi chi sei tu”. La pittura è solo il pretesto, lo strumento per spingermi in zone d’ombra, “no man’s land”, catturare ciò che chiede di essere portato alla luce. Mantenere una costante lucidità nel dialogo con gli elementi che abitano le regioni dell’inconscio è il paradosso necessario affinché la


comprensione e il reperimento di ciò che ha bisogno di essere rappresentato sia il più onesto possibile. Subiamo costantemente la fascinazione di dati, bulimiche assunzioni di informazioni, stimoli sensoriali e intellettivi fino ad arrivare, spesso, a non essere in grado di distinguere ciò che ci appartiene intimamente da ciò che poco o niente ci riguarda. Per questo larga parte del mio lavoro è attenta al mantenimento del contatto con me stesso, alla lettura di ciò che si anima all’interno, scremando e pazientando nel riconoscimento di finti sé, definendo ciò che sono rispetto a una data situazione. Solo a quel punto posso avviare il lavoro di trasfigurazione di emozioni, stati d’animo, idee in immagini o composizioni di immagini in un gioco di raccolta di elementi costantemente rielaborati, spesso decontestualizzati e collocati in ambienti diversi che meglio danno all’osservatore l’idea sottesa all’opera. L’operazione pittorica, quella esecutiva, compare molto dopo. Può attendere pochi minuti se baciata da un insight fortunato o settimane e mesi se la certezza di ciò che intendo elaborare tarda ad arrivare”. Ruben Mureddu

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rancesca Randi

(1976 – Cagliari). Vive e lavora a Cagliari. Incontra il mezzo fotografico nel 1999. Sviluppa uno stile personale, onirico, con un immaginario fortemente surreale. L’identità, l’infanzia e l’adolescenza, il paesaggio notturno in bilico tra l’incubo quotidiano e la solitudine esistenziale, l’inconscio, il doppio, la wunderkammer e il perturbante: sono alcuni dei temi affrontati dall’artista. Attualmente lavora a Cagliari come fotografa e insegnante di fotografia. Il mio lavoro fotografico è incentrato sul concetto di Realismo Fantastico e Perturbante. Attraverso le mie immagini trovano espressione le proiezioni inconsce, le rimozioni, i desideri e le aspirazioni. Nel realismo fantastico il mistero non si inserisce nel mondo rappresentato, ma si nasconde e palpita dietro di esso. Il perturbante, ciò che porta angoscia, è un qualcosa che assomiglia al nostro ambiente familiare, ma in realtà cela in sé un che di sconosciuto, enigmatico. “Tutto ciò che pensavamo fosse rimosso dalla nostra coscienza, complessi infantili, convinzio-

ni personali o pregiudizi, riemerge creando una condizione instabile alla nostra identità e generando uno stato di angoscia” (Freud 1919). La fotografia, utilizzando lo stesso linguaggio dell’inconscio, ossia le immagini, favorisce la regressione necessaria per entrare in contatto con il proprio perturbante. In ogni mio progetto utilizzo l’onirico come elemento di esplorazione fotografica. La mia è una visione cinematografica e narrativa, per indagare l’universo della psiche, dell’inconscio e del sogno. Spesso è la notte con le sue luci irreali e fluorescenti ad accompagnare le mie storie. La notte, e la città di notte, evoca sensazioni stranianti di solitudine, oscurità, vite segrete, irrisolte, che oscillano tra sogno e realtà. Mi considero un fotografo-sognatore. Sogno ogni notte e annoto tutto prima di dimenticarli. Cerco di svelare l’ombra contenuta in ciascuno di noi. Abbiamo tutti delle parti nascoste e oscure, che non vogliamo vedere perché ne abbiamo paura, è il nostro doppio. Spesso viene tutto elaborato in maniera caotica, per associazioni di idee e successivamente

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trasportato nella realtà attraverso la fotografia, che però essendo per sua natura doppia, uno specchio oscuro che riflette ciò che vogliamo far vedere, avviene quindi un doppio procedimento. Quando mi trovo a scattare, lascio entrare nel mio mondo un altro elemento fondamentale: la casualità. Per cui non so mai cosa ne verrà fuori, mi lascio trasportare dagli eventi. Chi si addentra nell’onirico e nel proprio inconscio per trarne un processo artistico, deve sapersi lasciare andare, deve lavorare senza censure, non deve avere paura di scendere negli abissi della propria psiche per poi mostrare le parti più buie. E’ un processo davvero complesso e difficile, inizia già da bambini, si deve essere coraggiosi e sinceri per poterlo intraprendere. Scelgo in maniera accurata sia le location che le persone che dovranno posare. Li vedo trasformarsi e assumere una nuova identità, quel personaggio diventa anche il loro personaggio, immerso nella notte, rischiarato da un insegna al neon rossa, con il vento gelido che muove i vestiti, e le fronde degli alberi che ondeggiano da una parte all’altra. È qui che si compie la magia completa, c’è un sorta di trasfigurazione tra me e loro.

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TAC! MAGAZINE è la rivista online del progetto STAC! Il suo nucleo è la sezione STAC! VISIT, il ciclo di studio visit, a ricorrenza periodica, che STAC! realizza negli spazi di produzione degli artisti che operano in Sardegna per raccontare e promuovere le loro ricerche. STAC! MAGAZINE è anche un osservatorio e uno strumento di informazione per rimanere aggiornati sul panorama di eventi dell’arte e della cultura contemporanee in Sardegna e un contenitore di riflessione e di approfondimento che, attraverso la pubblicazione di interviste e di articoli, dialoga e si confronta con artisti e operatori culturali, dentro e fuori dall’isola. https://stac-studidartista.com/ magazine/

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iunta al suo quinto anno di attività culturale, la nuova edizione di Sesto Continente 2020 prevede il presidio del libro nell’area antistante la Concia sita in via Emilio Scherer 53.

Ricordiamo che nel mese di luglio si sono già svolte le seguenti manifestazioni :

10 luglio ore 20 : 00 23 : 00

Primo incontro dedicato al progetto “Legarsi alla Via Ferrata” con il sindaco di Modolo, i signori Omar Hassan, Giancarlo Zoncheddu del Centro Servizi Culturali di Macomer, Sebastiano Gaias ed i membri dell’associazione Sesto Continente e la cooperativa Esedra.

28 luglio ore 20 : 00 23 : 00

Secondo incontro dedicato al progetto “ Legarsi alla Via Ferrata”, con il pubblico di Sesto Continente. Musiche. Quest’anno il programma estivo prevede in agosto: Esplorazioni lungo la Via Ferrata. Cammini poetici che partono dalla Concia e ritornano.

14 agosto ore 20 : 00 24 : 00

Arte & Musica Esposizione delle linoleografie “I Casdotti del Poetto” “Bosa é colore, colore é Bosa” di Vittorio E. Pisu Suonano “Les Bosons” Sem Devigus e Sandro Perdìghe

Foto terrarealtime

4 agosto ore 20:00 23:00

25 agosto ore 19 : 00 21 : 00 Terzo incontro dedicato al progetto “Legarsi alla Via Ferrata” con Daniela Ducato.

28 - 29 agosto

Laboratorio di improvvisazione musicale, conduce Carlo Mascolo, con Silvia Corda, Adriano Orrù, Sandro Perdìghe, Sem Devigus. Concerto Finale

29 agosto ore 21 : 00 4 settembre ore 17 : 00 20 : 00 Laboratorio e lettura per bambini Amicizie Speciali viaggio intorno ai colori dell’infanzia coordina Anita Schneider

Durante tutta la rassegna Esposizione delle opere di Vedi il video Maurizio Savoldo https://youtu.be/Ietintore e creatore tessile. PDTDx7rGI

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Foto elisa carta

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probabile che la fondazione dell’attuale centro risalga a poco prima dell’anno mille, in un’area dove un tempo sorgeva anche il paese di Usulvì, famoso per un convento dei camaldolesi e distrutto nell’alto Medioevo. Bultei è un antico borgo agropastorale di circa mille abitanti del Goceano, ai piedi della catena montuosa del Marghine e ai confini col Nuorese. Un territorio prevalentemente montuoso, abitato sin dal Neolitico come dimostrano varie domus de Janas e disseminato di testimonianze nuragiche dell’età del Bronzo. Il monumento più interessante è il nuraghe Tilariga, databile tra XV e XI secolo a.C. che si erge su un rilievo che sovrasta il paese, formato da una torre centrale e da un bastione con altre tre torri. Il paese si caratterizza per la particolare conformazione dell’abitato: le case sono disposte a ferro di cavallo, arrampicate sui fianchi della profonda vallata del rio Tortu, affluente del Tirso. Nel centro storico spiccano numerosi palazzotti ottocenteschi. Grande ricchezza di Bultei

è il sughero di ottima qualità lavorato dagli artigiani del borgo, attorno al quale c’è una delle poche foreste montane originarie sopravvissute nella Sardegna settentrionale. Tra castagni, lecci, roverelle e querce sgorgano sorgenti: quelle di Soletta e di Spedrumele, fino a fine XX scolo principale fonte di approvvigionamento per la popolazione. Tutti i suoi dintorni si distinguono per i verdi paesaggi: il monte Paidorzu è un’area rimboschita raggiungibile attraverso comodi sentieri. Lungo la ‘strada delle vette’, verso Pattada, c’è il fabbricato di sa Fraigada, circondato da un bosco di tassi; vicino alla foresta dei Fiorentini, godrai di uno splendido panorama sulle vallate circostanti. Qui merita una visita una chiesetta dedicata alla Madonna di Fatima. A proposito di santuari campestri, a su Campu, a sette chilometri dal paese, sorge la chiesa di san Saturnino di Usolvisi, in stile romanico, risalente al XII secolo, donata ai monaci camaldolesi dal vescovo di Castro, costruita con blocchi di trachite rossa sulle fondamenta di un nuraghe. Nelle immediate vicinanze

della chiesa troverai il rinomato stabilimento termale di san Saturnino, dove un tempo sorgevano le terme romane’ dette Aquae Lesitanae (dall’antica città di Lesa), tutt’oggi visitabili Le acque sono molto calde sgorgano a 34 °C – Acque Sulfuree – Salso – Bromo – lodiche. L’accesso non è segnalato, entrambe le vasche, si trovano in territorio privato, ma il transito è permesso tacitamente. Per arrivarci bisogna aprire un cancelletto rustico fatto di legno e fil di ferro. Una vasca si trova nella campagna di fronte alla chiesa campestre di San Saturnino, strada prov.le Benetutti – Bultei , in località ‘Su Anzu’, dentro un’ovile, contornata dalle mura senza il tetto; l’ altra, sempre nelle vicinanze, in un campo all’aperto nascosta tra la vegetazione. Per entrambe le vasche bisogna conoscere l’accesso ed è doveroso rispettare la natura, immergendosi senza usare sostanze come bagnoschiuma, oli o creme, ed è consuetudine, se ci sono altre persone ad aspettare, rimanere a bagno solo 20 minuti e lasciare il posto pulito ed usufruibile anche dagli altri.

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Foto elisacarta

TERME A BULTEI/ELISA CARTA

lisa Carta é una cantante sarda. Ci propone un progetto Ciao a tutti, è partita ora la mia campagna di raccolta fondi in cui vi chiedo una mano per la realizzazione del mio primo disco. Un disco in cui la protagonista sarà la lingua sarda, una lingua alla quale affiancherò sonorità moderne e antiche provenienti da diverse parti del mondo con l’intento di renderla globale. E’ da diversi anni che lavoro ai brani e adesso che hanno preso forma ho bisogno del vostro aiuto per immortalarli su disco. Ho coinvolto diversi musicisti per la stesura e gli arrangiamenti dei brani quali: Ernesto Nobili compositore e chitarrista napoletano, il bluesman sardo Francesco Piu ed il cantautore milanese Pacifico, mentre per i testi sono stata affiancata dallo scrittore Michele Pio Ledda, già collaboratore del grande Andrea Parodi. Per avere un assaggio di quello che sarà il lavoro eccovi il link del mio videoclip del brano “S’Incontru” realizzato un anno fa. S’ INCONTRU Testo: Elisa Carta/Michele Pio Ledda Musica: Ernesto Nobili Registrazione: Giovanni Gaias/ Francesco Ogana/Attilio Lombardo Mixaggio e Masterizzazione: Attilio Lombardo Musicisti: Elisa Carta: voce Francesco Piu: chitarra, fisarmonica Lorenzo Sabattini: basso Giovanni Gaias: percussioni Video realizzato da Pipe Studio Regia, steadicam, montaggio: Pavlo Hnatenko Riprese, luci: Andrea Lupi Assistente, runner: Stefano Campus Direzione artistica montaggio: Elisa Carta Service Luci: Tony Grandi Grazie alle comparse maschili: Massimiliano Mele, Gian Mario Usai, Gianuario Saba, Gian Nicola Fresu, Giovanni CartaRingrazio Fabio Brundu per il frammento amatoriale in cui è rappresentato il rito religioso de S’ Intoppu anche detto S’ Incontru, l’incontro tra la Madonna e Gesù, che si celebra ogni anno in occasione della Pasqua. Video girato interamente a Bultei (SS) tra la foresta Fiorentini, le antiche vasche termali ed il centro storico del paese. Si ringrazia la comunità di Bultei per l’accoglienza e l’ospitalità.

e sorgenti di acque termali si trovano in “Su Campu”, più precisamente nella località de “Sor Banzoso”. Queste acque calde erano note già al tempo dei Romani con il nome di Aquae Lesitanae o (Lusitanae), dal nome dell’antica città di Lesa; furono infatti i Romani a costruire un grande stabilimento ed un tempio in onore dei numi tutelari Apolline e Esculapio. L’acqua sgorgava da circa 110 fonti, ognuna delle quali aveva una lapide recante l’iscrizione dei mali a cui portava benefici. Queste lapidi esistettero fino al 1611, poi furono distrutte e gettate in località Poju de Murastene. Le iscrizioni erano le seguenti: su Banzu de sa Gutta, Su Banzu Mannu, su Banzu de sas Concas, su Banzu de sos Nervios, su Banzu de sa Tigna, su Banzu de sos Dentes, su Banzu Passadu Riu, Banzu de s’Istogomo, Banzu de sos Beccos ecc. Infatti, la loro acqua salso-bromo-iodica, che raggiunge una temperatura di 36°-38°C, non vanta soltanto qualità rilassanti ma anche curative. Viene utilizzata infatti, attraverso la balneoterapia e aerosolterapia, per la cura di malattie della pelle, dell’apparato locomotore, dell’apparato respiratorio.

vedi il video https://www.youtube.com/ watch?v=3VoRM6XevTA


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Foto lucidosottile

a Fondazione Stazione dell’Arte di Ulassai è lieta di presentare la mostra “Insieme a te non ci sto più” di Narcisa Monni che sarà inaugurata, giovedì 13 agosto alle 19:00, nel museo dedicato a Maria Lai. La rassegna, curata dal direttore Davide Mariani, con il supporto del Comune di Ulassai, della Fondazione di Sardegna e della Regione Autonoma della Sardegna, si compone di oltre quaranta opere inedite realizzate da Narcisa Monni durante il periodo del lockdown ed esposte per la prima volta al pubblico. Dopo il progetto “Cuore Mio” di Marcello Maloberti, realizzato l’anno scorso in occasione del centenario della nascita dell’artista, in concomitanza con la retrospettiva “Tenendo per mano il sole” al MAXXI di Roma, e dopo il riallestimento della collezione permanente “Fame d’infinito”, la Stazione dell’Arte dedica ora una mostra personale alla produzione recente di Narcisa Monni, classe 1981, percorso formativo maturato all’Accademia di Belle Arti “M. Sironi” di Sassari, dove oggi insegna Pittura. L’artista, durante i due mesi di isolamento dovuto alla pandemia, ha dato vita a una nuova serie di opere di grande intensità, che restituisce uno spaccato privato di uno dei momenti più bui della storia contemporanea, una delle tante frane che minacciano il mondo, come direbbe Maria Lai. Celebre classico della musica leggera italiana, portato al successo negli anni Settanta da Caterina Caselli, “Insieme a te non ci sto più” appare oggi come l’espressione emblematica tanto della condizione di isolamento forzato che miliardi di persone si sono trovate a sperimentare per la prima volta, quanto delle perdite umane che il nuovo coronavirus ha causato nel mondo. Perdita e abbandono costituiscono la chiave interpretativa per entrare in relazione con i nuovi lavori di Narcisa Monni. L’artista propone la sua intima riflessione maturata durante la quarantena trascorsa interamente a Ittiri, nella sua casa d’infanzia. È qui che si è trasferita lo scorso marzo, in compagnia della madre e circondata dai ricordi di una vita, alcuni felici e spensierati, altri più tristi e malinconici.

NARCISA MONNI

INSIEME A TE NON CI STO PIÙ

a cura di Davide Mariani Giovedì 13 agosto 2020 de 19:00 à 21:00

Dal 13 agosto all’11 ottobre 2020 Fondazione Stazione dell’arte Ulassai Loc Busanca

ex stazione ferroviaria s.p 11

08040 Ulàssai dal martedì alla domenica, dalle 9:30 alle 19:30 (orario continuato)

Tel +39 0782 787055 stazionedellarte@tiscali.it www.stazionedellarte.com/

In quell’ambiente domestico, così raccolto e apparentemente lontano dal caos della città, Monni ha sperimentato una dimensione espressiva inedita, un equilibrio precario ma comunque duraturo, che l’ha portata a realizzare oltre un centinaio di nuove opere su carta che compongono la serie “In tempo di guerra”. Come un soldato in trincea, l’artista, barricata in casa, ha voluto dare la sua personale visione di questo periodo, attraverso una produzione giornaliera avviata in seguito alla riscoperta di vecchie tempere “Giotto”, rimaste lì dai tempi del Liceo, e di alcune riviste di “costume e società”, altrettanto datate. Iniziate come un divertissement e postate quotidianamente sui social, le opere ben presto hanno iniziato a prendere autonomia espressiva, dal punto di vista formale e concettuale. Le immagini pubblicate sulle pagine di famosi rotocalchi sono state selezionate e inglobate all’interno dei lavori in nome di un’operazione di appropriazione pittorica messa in atto da Monni con l’obiettivo di rendere individuale un immaginario collettivo. La Stazione dell’Arte.

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arcisa Monni (Alghero, 1981), vive e lavora a Sassari. Dopo essersi diplomata nel 2000 in grafica pubblicitaria e fotografia presso l’Istituto d’Arte di Sassari, prosegue i suoi studi all’Accademia di Belle Arti “Mario Sironi” di Sassari, dove ottiene il diploma in Pittura e si specializza successivamente presso la Facoltà di Architettura di Alghero in Interaction Design. Attualmente è docente di Pittura e Progettazione per la Pittura presso l’Accademia di Belle Arti “Mario Sironi” di Sassari. MOSTRE PRINCIPALI Personali 2018 One Shot, Palazzo Ducale, Sassari; Wildface, a cura di Museo Nivola Orani, Mamoiada (NU); 2016 House for sale, Monni/Ligios, Cantine Surrau, Porto Cervo (SS); 2014 Trama familiare, MURATS Museo dell’Arte Tessile, Samugheo; 2013 Instabile, Piscinacomunale, Milano; 2012 Savage Humans, LEM, Sassari; 2006 Worter e besistz, Studio Stefania Miscetti, Roma; Forme dell’immateriale, Studio Morbiducci, Roma. Collettive 2020 Back_Up, Museo Nivola, Orani; 2017 Stato di Grazia, Palazzo Consiglio Regionale

della Sardegna, Cagliari; 2015 Ditroit, Piscinacomunale, Milano; Color Signal, Paggeriarte - Sassuolo; 2014 Deep, Circolo Quadro, Milano; 2013 Geografie della memoria, Cittadella dei Musei, Cagliari; Me, Myself and I, Marche Centro d’Arte San Benedetto del Tronto; 2011 Lo Stato dell’Arte, Padiglione Accademie - Biennale d’Arte, Venezia; Sweet Sheet, Zelle Arte contemporanea, Palermo; 2010 A Better Tomorrow, Studio Stefania Miscetti, Roma; 2008 Nerve, Hyunnart Studio, Roma; 2007 Zebra Crossing, Facolta di Lettere e Filosofia, Sassari; 2006 II gioco è fatto, Villa Rufolo, Ravello; 2005 Riflessi, Palazzo della Corgna, Citta della Pieve. La Stazione dell’Arte di Ulassai, nel cuore dell’Ogliastra, in Sardegna, è un museo d’arte contemporanea dedicato a Maria Lai (1919 – 2013). Istituito nel 2006 dall’artista, attraverso una donazione di oltre centoquaranta opere al Comune di Ulassai, il museo, gestito dalla Fondazione Stazione dell’Arte, di cui Maria Lai è stata Presidente onorario a vita, custodisce la più importante e completa collezione pubblica della sua opera e organizza una programmazione espositiva legata ad alcune tematiche per lei centrali, come il rapporto fra arte, comunità e paesaggio.


Foto DROMOSFESTIVAL.IT

co, qual è quella del collezionista privato. L’emergenza pandemica e le conseguenti difficoltà organizzative e fruitive della mostra ci hanno costretto a una totale rimodulazione della stessa e, come per molti eventi culturali, alla sua trasformazione da fisica a virtuale, nella consapevolezza dei limiti di tale scelta ma, altresì, nella certezza che le potenzialità della rete e il supporto mediatico del portale Tiscali, potessero, in termini di visibilità e di fruibilità, sopperire all’assenza dell’aura dell’opera d’arte e ampliarne, viceversa, la forza. Tentazioni culturali dunque, plasmate sulle peculiarità della Sardegna centro-occidentale – dalle sue coste alle sue montagne –, che caratterizzeranno un festival la cui finalità è quella di mantenere un forte legame col territorio, con le sue tradizioni popolari, la sua cultura materiale e il suo patrimonio enogastronomico. Un intreccio di relazioni tra aree geografiche distanti, tra popolazioni e tradizioni culturali diverse che in Dromos si incontrano e si confrontano, in una circolarità che, partendo dal paese, al paese ritorna, perché, per dirla con Cesare Pavese, un paese ci vuole. Tentazioni destinate a trasformarsi in quel frutto proibito seduttivo e ammaliante, al quale non si può dir di no perché il segreto della felicità è cedere alle tentazioni (O. Wilde). E Dromos – con quel pizzico di follia e di positiva utopia che da sempre lo caratterizza –, si pone, dunque, l’obbiettivo di riverberare quella “felicità” sui territori e sulle comunità che vivono e investono nel festival, stimolando o riattivando quella condizione umana della “restanza”, in bilico tra resilienza e resistenza. Restanza è, infatti, desiderio di restare, è una condizione interiore e, al contempo, la consapevolezza della fatica materiale di chi sceglie di rimanere in un determinato luogo, legato alle proprie radici, perché restare nei paesi d’origine non è sterile nostalgia ma scelta consapevole, certezza di trovare in quegli stessi luoghi nutrimento per il corpo e per lo spirito. Se poi, alla figura del “restante”, si somma quella del “ritornante”, di colui che, abbandonata la sua terra per costrizione o, talvolta, per curiosità e necessità intellettuale, decide, (una volta acquisito o consolidato un patrimonio esperienziale più strutturato) di tornare, si attiva un processo virtuoso di quel “ripopolamento culturale” che sta divenendo oggetto di studio per la cosiddetta Antropologia della Ritornanza: un fenomeno che Dromos, quest’anno, intende promuovere e incentivare attraverso le sue irresistibili Tentazioni, superando, attraverso i multiformi linguaggi dell’arte, ogni forma di distanza. Ivo Serafino Fenu

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osso resistere a tutto tranne che alla tentazione», così affermava Oscar Wilde in uno dei suoi più famosi aforismi e il Festival Dromos, che nel 2020 festeggia la sua 22esima edizione, farà delle tentazioni il suo tema portante. Ma, per le regole imposte dalla pandemia, saranno, per il pubblico che da anni segue il festival, tentazioni parzialmente “a distanza”, facendo il verso alla didattica “subita” dagli studenti, dai docenti e dalle famiglie al tempo del Covid_19. Ma se la distanza si è spesso rivelata antitetica alla didattica così non può essere per le tentazioni che, in quanto tali, non possono rimanere inevase e necessitano di essere vissute “in presenza”, seppure con tutte le precauzioni del caso. In quasi tutte le culture religiose, del resto, la tentazione ha un’accezione negativa: è, per definizione, indotta dal Maligno e cedervi è peccato. Ogni religione ha elaborato, così, strategie e strumenti di resistenza, per fuggirla, per liberarsi e liberarci dal male, perché la Tentazione è il Male o, almeno, la breccia attraverso cui il male può fiaccare la volontà e prevaricare l’individuo. Essa stessa diventa, in quest’ottica, prova iniziatica con la quale confrontarsi per raggiungere la virtù e la salvezza, e a tale prova, prima o poi, nessuno può sottrarsi.

Adamo ed Eva assaporarono il frutto proibito nel Giardino dell’Eden, Cristo fu tentato da Satana e gli stessi Budda, Zarathustra e Maometto vennero messi a dura prova dalle lusinghe della tentazione, come ben raccontano i testi sacri e le stupefacenti e spesso perturbanti opere pittoriche realizzate dai grandi maestri del passato che, anche loro, non seppero resistere, tautologicamente, alla tentazione di rappresentare le tentazioni, della carne e dello spirito. Tuttavia Dromos – fuori da moralismi o dispute dottrinarie –, affronterà il tema attraverso il punto di vista decisamente più laico e spensierato di Oscar Wilde, dell’impossibilità di opporvisi perché l’unico modo per resistere ad una tentazione è cedervi. Le tentazioni di Dromos saranno, come da tradizione, soprattutto musicali, col jazz a fare da attrattore, interagendo con l’arte contemporanea, la fotografia, il teatro, il cinema e la letteratura. il Festival Dromos continuerà a essere, nonostante il difficile periodo che tutti abbiamo vissuto e che in molte realtà si sta ancora vivendo, un evento caratterizzato dalla presenza di artisti di livello internazionale, nazionale e regionale, in una pluralità di generi musicali e artistici calibrati al fine di ottenere un’efficace sintesi tra dimensione globale e locale, proponendo una lettura trasversale delle istanze culturali,

sociali, politiche ed economiche della realtà contemporanea nella sua attuale fase critica. A far da sfondo, ma sarebbe più corretto dire, a interagire in un ruolo di comprimari, i più suggestivi spazi urbani o naturali dei comuni dell’Oristanese che aderiscono quest’anno al “circuito” di Dromos, per un “festival dei territori” aperto al mondo, sostenuto dalle comunità locali assieme agli enti sovracomunali e istituzionali, gli Assessorati regionali al Turismo e alla Cultura, la Fondazione di Sardegna e, da questa edizione, la società di telecomunicazioni Tiscali, basata sul concetto, condiviso dal festival, di “imprenditoria illuminata”. Proprio i prestigiosi spazi del campus di Tiscali a Sa Illetta, ricchi di tecnologia e cultura contemporanea, avrebbero dovuto ospitare nei giorni del festival, in un dialogo serrato con le opere permanenti di noti artisti di fama internazionale, l’esposizione di una parte significativa della Collezione Mameli, focalizzata sulla produzione e sui percorsi estetici delle nuove generazioni di artisti sardi (tra loro, per citarne solo alcuni, Giuliano Sale, Pietro Sedda, Silvia Argiolas, Silvia Idili, Roberto Fanari, Gianni Casagrande, Vincenzo Pattusi, Massimiliano Rausa e Paolo Pibi) operanti nell’Isola e selezionate dal gusto e dalle “tentazioni” di una figura fortemente attuale e necessaria, ma dal fascino anti-

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ORTUERI MOGORO ORISTANO BAULADU CABRAS Sette serpenti in versione modulare ericomponibile, aggrovigliati ed inestricabilicaratterizzano il viaggio del festival con le scenografie di Mattia Enna

AGOSTO 2020 SEGRETERIA ORGANIZZATIVA

VIA SEBASTIANO MELE 5B

09170 ORISTANO

Tel 0039 0783 310490 0039 334 8022 237 info@dromosfestival.it www.dromofestival.it


info@fierartigianatosardegna.it https://fierartigianatosardegna.it/

Foto elisabettamancadinissa

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nche quest’anno si svolgerà regolarmente a Mogoro la Fiera dell’ Artigianato Artistico della Sardegna. Via libera dunque alla più importante manifestazione del settore nell’Isola con gli organizzatori al lavoro da giorni per garantire la miglior tutela dei visitatori ed evitare al massimo il rischio di contagio da Covid. All’edizione numero 59 della Fiera saranno presenti oltre 90 artigiani - già selezionati - e, per la prima volta, ci sarà anche un’ esposizione virtuale che consentirà ai visitatori di interagire e di “navigare” da casa all’interno degli spazi destinati alle molteplici produzioni artigianali. L’Amministrazione comunale si sta adesso concentrando sulla definizione degli eventi collaterali che contribuiranno a rafforzare l’offerta destinata non solo agli abituali frequentatori della Fiera ma anche ai turisti. Il filo conduttore dell’edizione 2020 è rappresentato dal tema “Una finestra sull’Artigianato”, richiamato dai tanti simboli e dagli elementi riprodotti nel nuovo progetto grafico che accompagna la manifestazione di quest’anno. Come da tradizione, l’evento sarà ospitato nel Centro Fiera del Tappeto, uno spazio ampio che verrà allestito rispettando i protocolli imposti dall’emergenza sanitaria

Fiera dell’Artigianato artistico della Sardegna Il filo della tradizione CERAMICA TESSITURA OREFICERIA LEGNO TESSUTI METALLI COLTELLERIA PELLETTERIA RICAMO AGROALIMENTARE CESTINERIA VETRO

Dal 8 Agosto al 6 Settembre 2020 Mogoro Centro Fiera del Tappeto Tutti i giorni dalle 10 alle 21 Piazza Martiri della Libertà

vedi il video https://www.facebook.com/ 09095 Mogoro (OR) FieraArtigianatoSardegna/vi- Tel. +39 0783 997 034 deos/728256374633374 a soli 5 km dalla SS131/E25

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e opere di Emanuela Asquer racchiudono sempre qualcosa di indefinito e magico. Lo stile sobrio, misurato, le rende oggetti preziosi ed eleganti non scevri da suggestioni mistiche e spirituali. Con scrupolosa attenzione i colori si accostano in modo armonico su tonalità calde e cariche di memoria. Tessere d’oro minimali ma di una luminosità profonda, si inseriscono nei legni colorati come preziosi tasselli di un mosaico che ricorda i fasti di Bisanzio. Un mosaico pittorico sempre tenue e costante, mai gridato, un’eleganza misurata e discreta capace di adattarsi ad uno spazio museale come ad un appartamento con semplicità e grazia. Geometrie astratte che suggeriscono figure si arricchiscono con la forza dei colori densi e caldi in un insieme che non è mai statico. La forza dinamica dell’Asquer sta nel miscelare sapientemente il colore con la forma e nell’aver scelto supporti adatti agili e lievi, per le sue creazioni. C’è tanto di antico: la bellezza commovente di Ravenna, dei suoi soffitti costellati di infinite tessere marmoree, e di moderno (Pollock, Mirò, Kandinskji, Mondrian, sopra tutti con le loro geometrie visionarie e il gusto per la linea) nel tratto fermo e sicuro di questa artista sarda. E si riscontra anche una notevole capacità artigiana nel conferire sostanza e corpo ai materiali, cesellati con sapienza e precisione, resi vivi e pulsanti da un incessante e certosino lavoro di manipolazione. La scelta di utilizzare materiali poveri come il legno e supporti minimali, come essenziali anime in ferro e pannelli praticamente invisibili, è un altro elemento caratterizzante della Asquer, capace di ridare vita e nuova espressione anche a questi semplici materiali con grande estro creativo. Le reminescenze bizantine e le citazioni pittoriche sono comunque metabolizzate nel suo lavoro, lezioni imparate e rese proprie con il personale tocco, riviste con occhio aggraziato e ingentilite dall’esperienza. Percorsi fatti con cura ed equilibrio tracciano solchi indelebili nella memoria e manifestano amore per la vita, entusiasmo, serenità e apertura verso il mondo.La Asquer porta avanti un’arte delicata in costante evoluzione, lontana dalle provocazioni della contemporaneità ma lontana anche da anacronistici revival classicisti. In una sorta di elegante limbo, la sua produzione si colloca nei nostri tempi quasi come un unicum, sospeso nel tempo, indefinito nei suoi confini, che cerca la bellezza ideale senza affannarsi, con una spontanea e aggraziata sincerità. Giacomo Pisano

EMANUELA ASQUER dall’8 agosto 2020 HOTEL VILLA PIMPINA Via Genova 104/106 Carloforte Tel: +39 339 7875003 Via Canelles 22, 09124, Cagliari S’ARTI NOSTRA 16

admin@emanuelasquer.com http://emanuelasquer.com/


Foto A.PIRAS

TRA CIPRO E ORROLI C

inque scodelline dalla pasta grigio-nera, plasmate da mani esperte, ben lucidate e senza nessuna decorazione. Erano lì, anonime, tra le tante altre ceramiche dai colori più chiari, diverse dal resto del vasellame decorato di origine cipriota, micenea o proveniente da altre zone del Mediterraneo orientale che gli archeologi avevano fatto riemergere da tre distinti pozzetti votivi di Hala Sultan Tekke, a sud di Cipro. Oggetti della storia scoperti durante le campagne di scavo della missione archeologica dell’Università di Gothenberg in Svezia dirette dal professor Peter Fischer e da Teresa Bürge dell’Accademia delle Scienze di Vienna. Ci sono voluti anni per regalare una terra d’origine a quelle ciotole rimaste senza targa. Lunghe, minuziose e multidisciplinari indagini e la testardaggine degli studiosi hanno permesso di risalire alla loro origine provenienza. Ebbene, quei manufatti portavano dritti in Sardegna. Due di loro a Orroli, e precisamente al Nuraghe Arrubiu, il monumento antico su cui da anni studiano e scavano gli archeologi guidati da Mauro

Perra. Solo qui era stato rinvenuto il tipo di impasto usato per le ciotole di Cipro, costituite da una miscela d’argilla particolare. A indagarla e decifrarla è stata Giusi Gradoli, laurea magistrale e dottorato di ricerca in archeologia preistorica all’Università di Leicester e Geologa del Comet di Cagliari. Scoperta eccezionale, ancora tutta da approfondire. Un ritrovamento, questo di Hala Sultan Tekke, che vale la pena ricostruire. Per anni gli archeologi coordinati da Peter Fischer e Teresa Bürge guardavano e riguardavano le cinque scodelline misteriose, finché l’anno scorso Fischer decise di mostrarle ad un’archeologa italiana che lavorava nella sua stessa università, Serena Sabatini. Iniziò così la loro storia. L’archeologa ci mise cuore e testa, decisa a dare risposte alle tante domande irrisolte. Cercò in tutti i libri di ceramiche italiane e non trovò niente di simile. Poi decise di consultare Fulvia Lo Schiavo, già soprintendente archeologa per le province di Sassari e Nuoro che riconobbe subito, insieme al suo collega Mauro Perra, la forma

tipica sarda di quei manufatti. A Fischer non bastava, abituato com’è a lavorare con i più moderni metodi dell’archeologia tecnica. Il professore chiedeva uno studio petrografico e tecnologico degli impasti ceramici delle scodelline rinvenute a Cipro. Fu Lo Schiavo a rivolgersi a Giusi Gradoli che, sotto la guida di una dei massimi esperti di ceramiche dell’intero mediterraneo, Ian Whitbread dell’Università di Leicester in Gran Bretagna, aveva studiato durante il suo dottorato di ricerca in archeologia in quell’Università gli impasti ceramici e la tecnologia di produzione e di cotture delle ceramiche nuragiche della Sardegna. La strada era tracciata, bisognava percorrerla. “Il professor Fischer mi contattò e mi chiese di guardare le foto scattate al microscopio polarizzatore degli impasti delle 5 scodelline rinvenute a Cipro”, racconta Gradoli. “All’inizio ero un po’ scettica sulla possibilità che dalla Sardegna nuragica e, in particolare durante il Bronzo recente, vale a dire tra il 1350 e 1200 avanti Cristo questi manufatti nuragici potes-

Cipro, ritrovate cinque antiche scodelline di età nuragica C’è un filo che collega l’isola del Mediterraneo orientale con Orroli e la Sardegna

sero essere arrivati, tramite scambi e rotte marittime complesse, sino a Cipro. Ma quando iniziai ad osservare attentamente le foto riconobbi subito alcune caratteristiche a me familiari. Comunicai al professor Fischer e agli altri colleghi la mia ipotesi, ovvero che le ceramiche potevano essere sarde ma che avrei avuto bisogno di vederle dal vivo, soprattutto sotto diverse condizioni di luce polarizzata”. In Israele, all’Università di Haifa, erano state preparate le sezioni sottili delle ceramiche per lo studio microscopico. “Pochi giorni dopo, assieme a tanti altri colleghi di questa Università, abbiamo iniziato a confrontare le mie sezioni sottili delle ceramiche sarde con quelle rinvenute ad Hala Sultan Tekke. Oltre all’analisi petrografica di confronto, abbiamo eseguito nuove analisi chimiche non distruttive che hanno confermato la reale provenienza dalla Sardegna”, rivela Giusi Gradoli. “Le analisi per attivazione neutronica fatte al Centro nucleare dell’Università di Vienna sulle scodelline rinvenute a Cipro mostrarono come gli impasti fossero diversi e soprattutto estranei alla composizione chimica e geologiche delle rocce rinvenute localmente, che di fatto, hanno una genesi completamente diversa da quelle che si rinvengono in Sardegna”. Occhi puntati sui dettagli. Sui minerali presenti nell’impasto e le loro associazioni. «I minerali presenti in due delle scodelline erano gli stessi e nelle stesse proporzioni dei 21 campioni di ceramica grigia nuragica da me studiati in passato al Nuraghe Arrubiu. Al momento questo tipo di impasto, nell’Isola, è stato rinvenuto solo al nuraghe di Orroli perché deriva dalla miscelazione naturale di due tipi di rocce diverse tra le più antiche rinvenute in Sardegna che sono state trasportate e rimaneggiate in ambiente marino e si sono poi depositate nella posizione attuale durante una successiva era geologica. Questo è un fatto così specifico che rende le ceramiche grigie di Orroli un unicum tra gli altri impasti studiati nei diversi siti nuragici». Le due scodelline rinvenute a Cipro di forma, impasto e composizione mineralogica identica a quelle sarde erano state attribuite alla produzione ceramica specialistica del Nuraghe Arrubiu. (segue a pagina 20)


COSTELLAZIONI SOCIALI A cura di Fondazione Pinuccio Sciola Promosso da Comune di San Sperate Fondazione di Sardegna Con il Patrocinio di Università degli Studi di Cagliari Accademia di Belle Arti Sassari DASS Distretto AeroSpaziale della Sardegna Associazione PS Museum Direzione artistica Maria Sciola Direzione Organizzativa Elisabetta Villani Ufficio Stampa Giuseppe Murru +39 3466675296

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a terza edizione del Festival Sant’Arte si terrà a San Sperate da venerdì 7 a lunedì 10 agosto nel Giardino Sonoro, il Museo all’aperto di Sciola e sarà dedicata al tema delle “costellazioni sociali”: “Al Giardino Sonoro non cadono le stelle, qui nascono!” È una frase dello scultore-artista. Undici gli appuntamenti in programma. Tra gli ospiti, il Teatro Lirico di Cagliari che aprirà il festival con un concerto dal titolo “Una notte all’opera”, Beba Restelli collaboratrice storica dell’artista e designer Bruno Munari. Chiusura ancora in musica con il concerto Carezze alle pietre che vedrà protagonista Paolo Angeli con la sua chitarra sarda preparata. Il festival sarà anticipato, nei giorni 5 e 6 da Cielo sonoro, un laboratorio collettivo di ceramica in collaborazione con l’Associazione Peter Pan Onlus di Cagliari. “Le costellazioni – dice Maria Sciola figlia dell’artista scomparso – sono raggruppamenti di stelle, mappature convenzionali che l’uomo, da tempi antichissimi, ha assunto come

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“Sant’Arte qui da noi la celebriamo ogni giorno, senza un motivo o una data precisa; il sentimento del bello è diventato coscienza comune, da custodire e venerare. Ora si tratta di contagiare la Sardegna intera, e di fare dell’Arte una sorta di festività, da celebrare in qualsiasi momento”. Pinuccio Sciola

’arte è linguaggio, favorisce lo sviluppo di un pensiero critico, lo scambio tra le persone, rende consapevoli e liberi da confini geografici e mentali. La comunicazione è il valore essenziale di qualsiasi rapporto sociale e riguarda tutti i campi della creatività. Il festival di Sant’Arte vuole alimentare questo spirito unendo tutte le arti visive e performative che in continuo fermento caratterizzano lo scenario contemporaneo. Un festival popolare, dalla partecipazione condivisa, che mette l’Arte in strada, seguendo le provocazione delle scuole antiaccademiche internazionali, l’arte fuori dai musei, dalle gallerie, dai teatri e dai libri. Attraverso la messa in scena di molteplici spettacoli dal vivo, si fondono i nuovi linguaggi espressivi con forme di interazione tra artisti e spettatori, che diventano protagonisti attivi. Le costellazioni sono rag-

gruppamenti di stelle, mappature convenzionali che l’uomo, da tempi antichissimi, ha assunto come strutture di riferimento nella sfera celeste. Nel difficile periodo di isolamento, la transizione e l’instabilità sono stati sentimenti comuni che hanno caratterizzato indistintamente lo stato d’animo di tutti. Nella ripresa lenta verso una normalità desiderata, siamo alla ricerca di certezze e nuove direzioni, nuove stelle polari, nuovi inizi. Volgendo lo sguardo all’aspetto transcendente del cosmo e delle stelle, spazio ed entità che racchiudono le memorie della creazione, la vita prima della vita, l’arte rispecchia la necessità d’interrogarsi e riflettere sul mondo circostante, non con cecità ma con la consapevolezza che ogni nostra azione si ripercuote su di esso. L’artista è colui che indica una strada, che precorre il tempo, che riesce a trasformare l’attesa nell’inatteso, in

qualcosa d’inaspettato, che da forma all’invisibile. Il Festival, creando nuove relazioni sociali, avvicinerà pianeti lontani, geografie ideali, connessioni umane. Il museo a cielo aperto dell’artista Pinuccio Sciola diventa il luogo d’elezione della terza edizione del Festival. Le attuali circostanze impongono direttive, norme di sicurezza e di contenimento precise che vengono totalmente rispettate dalla potenzialità del contesto espositivo del Giardino Sonoro. La percezione del limite quindi non è una costrizione, ma si trasforma in nuove possibilità creative della gestione del “museo del presente” come interpretazione del nostro tempo. Uno spazio artistico senza tempo dove Pinuccio Sciola fin dagli anni ’60 “semina” le sue opere d’arte nella natura. Una vera e propria installazione in divenire dove si svolgeranno incontri, laboratori, performance, concerti.


strutture di riferimento nella sfera celeste. Nel difficile periodo di isolamento, la transizione, l’instabilità sono stati sentimenti comuni che hanno caratterizzato indistintamente lo stato d’animo di tutti. Nella ripresa lenta verso una normalità desiderata siamo alla ricerca di certezze e nuove direzioni, nuove stelle polari, nuovi inizi”. Sabato la giornata sarà chiusa alle ore 20 da Aequanox tra le pietre in granito lavorate da Pinuccio Sciola. Sveglia all’alba, domenica 9 agosto perché alle 7 del mattino il Giardino Sonoro sarà l’ambientazione del concerto di Perry Frank “The sound of dawn”. Il presidente del DASS Giacomo Cao e Daniela Pani, componente del Comitato Tecnico Scientifico dell’azienda aerospaziale saranno i protagonisti di una affascinante serata dal titolo Ore 11:30 9 Agosto 2020 emblematico Space and Stones “Cielo Sonoro” Giardino Sonoro San Sperate – dialogo attorno alla Memoria Prenotazione obbligatoria: Presentazione dell’installazioOre 07:00 dello Spazio, che avrà inizio alle festivalsantarte@gmail.com ne del progetto collettivo con “The sound of dawn” 20. Telefono: +39 324 5875094 Jubanna e l’Associazione Peter Concerto di Perry Frank “Edizione particolare in un Biglietti disponibili su: Pan Onlus. Ore 10:00 momento delicato – ha detto Eventbrite Fondazione Sciola “Pinuccio Sciola, l’insegnante, Ore 20:00 Chiara Sciola, presidente della 7 Agosto 2020 “Space and Stones” il maestro, l’uomo” Fondazione Sciola – vogliamo Giardino Sonoro San Sperate Dialogo attorno alla Riflessioni sull’arte dare un segnale di rinascita”. Memoria dello Spazio granitzio-manzoni Ore 21:30 I nuovi partner di questa III edicon Giacomo Cao e Daniela Pani “Una notte all’opera” zione sono la Fondazione Teatro del Distretto AeroSpaziale della Concerto a cura del Ore 20:00 Lirico di Cagliari, il DASS-DiSardegna Teatro lirico di Cagliari “Rooms to Explore” stretto Aerospaziale della SarOre 22:30 Concerto per pianoforte, degna e INDÒRU-Boutique del “Carezze alle pietre” suoni e lume di candela 8 Agosto 2020 Suono. Concerto di Paolo Angeli con Andrea Granitzio Giardino Sonoro San Sperate Vedi il video Ringraziamo Fondazione di e Flavio Manzoni Ore 10:00 con la speciale partecipazione di 5, 6 e 7 Agosto 2020 https://www.unionesarda.it/ Sardegna e il Comune di San “Un punto, una stella e…” bf684896-dded-4bcd-bb4f-b- Sperate per il loro contributo Emanuele Contis. Laboratorio per bambini 1cefbf8e2c9 e l’Università di Cagliari per il a cura di Beba Restelli Evento collaterale presso patrocinio. 10 Agosto 2020 collaboratrice storica La casa di Peter Pan, Sestu ed anche Grazie ai nostri sponsor Giardino Sonoro – San Sperate di Bruno Munari https://vimeo.com/ Tiscali, Perdas Rooms, Ore 10:00 “Cielo Sonoro” 143230566 La Casa del Grano “Giocare con la natura. Ore 20:00 Laboratorio collettivo di ceramiEja TV. A lezione di Bruno Munari.” “Aequanox” ca con l’artista Jubanna in colConcept grafico: Performance artistica di e con Presentazione del libro. laborazione con l’Associazione https://soundcloud.com/ pinuccio-sciola-artist/i-suo- Silvia Formenti Pietrina Atzori e Rosaria Straf- Laura Bosio dialoga Peter Pan Onlus Ettore Cavalli Fotografo con l’autrice Beba Restelli falaci www.santarte.it/programma-2020/ ni-delle-citta

Programma


(segue dalla pagina 17) «Restavano da individuare gli impasti delle altre due (la terza scodellina non era stata analizzata perché completa). Abbiamo riconosciuto la presenza di una roccia vulcanica che, però, aveva un’alterazione talmente particolare che era stata da me osservata, almeno finora, solo nelle ceramiche provenienti dal Nuraghe Ortu Comidu di Sardara e al Su Nuraxi di Barumini», racconta l’archeo-geologa Giusi Gradoli. Gli scavi a Cipro continueranno ora con la collaborazione della studiosa cagliaritana e dell’archeologo Mauro Perra. mentre i risultati di questa prima fase dello studio saranno pubblicati tra breve sul Journal of Archaeological Science. “Il Mediterraneo nell’età del bronzo è un continente liquido nel quale i popoli che abitano le sue sponde si conoscono e si frequentano per scambiare prodotti, materie prime e idee sul loro mondo. La Sardegna, e il nuraghe Arrubiu di Orroli in particolare, partecipano a questo fervore di contatti alla pari con le altre comunità, sentendosi protagonisti di un periodo di floridezza economica e culturale che non a caso è stato definito come il primo fenomeno di vera e propria globalizzazione”, spiega Mauro Perra. “Siamo fra il XIV ed il XII secolo avanti Cristo, quando la civiltà nuragica vive il suo momento di maggior prosperità che si manifesta nelle opere grandiose come i nuraghi, le tombe di giganti e i santuari, ma anche nelle testimonianze di oggetti che provengono d’oltremare. Mentre fino a pochi decenni fa la presenza di reperti “esotici” e di pregio in contesti nuragici veniva identificata sulla base di approcci che possiamo definire intuitivi, oggi, grazie all’ausilio di scienze come la geologia, la fisica e la chimica, questi oggetti ci indicano con esattezza la loro provenienza”. Nel nuraghe Arrubiu già gli scavi delle prime fasi d’indagine archeologica negli anni ‘80, guidati da Fulvia Lo Schiavo e Mario Sanges, rivelarono contatti con la regione del Peloponneso, bagnata dalle acque del mare Egeo. Un vasetto fatto al tornio e dipinto con fasce rosse, che gli archeologi che studiano la Civiltà Micenea definiscono “alabastron”, fu rinvenuto negli strati di fondazione del bastione pentalobato».

TESSINGIU 53sima SAMUGHEO Gioisce, il sindaco di Orroli Antonio Orgiana, per questa scoperta che mette in contatto il nuraghe Arrubiu con Cipro. “Sono molto soddisfatto dei risultati ottenuti dalle analisi petrografiche, chimiche, geologiche sulle ceramiche e sui reperti metallici e vitrei rinvenuti durante le diverse campagne di scavo del Nuraghe Arrubiu che abbiamo finanziato come amministrazione comunale. Il fatto che le genti che abitavano il Nuraghe Arrubiu avessero la capacità di produrre manualmente ceramiche con una tecnologia così avanzata, apprezzata anche dall’altra parte del Mediterraneo, mi riempie d’ orgoglio e mi fa capire quanto ancora ci sia da studiare sul campo”. Andrea Piras https://www.unionesarda.it/ articolo/cultura/2020/07/31/ cipro-ritrovate-cinque-antiche-scodelline-di-eta-nuragica-8-1045274.html

Mostra dell’Artigianato Sardo a Samugheo Ex Cantina Sociale NARAMI Antologica del tappeto Sardo

MURATS

Dal 1° agosto al 6 settembre 2020 Tutti i giorni: 10,00-13,00 e 15,30-20,30

Biglietto d’ingresso unico € 2,00

http://samugheotessingiu.it/mostra-artigianato Tel: +39 0783 63105 Vedi i video youtu.be/CATWAVyVdUs youtu.be/PXCmgCXhlSM youtu.be/TAsItqDXDdU

https://www.unionesarda.it/video/video/ vedi cultura/2020/08/01/a-sahttps://www.videolina. mugheo-si-inaugura-tesit/78875f8d-9dac-426b- singiu-la-mostra-dell-artigiana9572-cdea5f58872e to-artis-52-1045593.html

U

na serie di eventi collaterali per arricchire la classica mostra. Uno di questi è il grande evento di fiber art ‘Miniartextil’, una delle più importanti mostre a livello internazionale che quest’anno, alla sua 29esima edizione, legherà il tessuto ai linguaggi dell’arte contemporanea. Infine nel paese di Samugheo verranno realizzati una serie di murales a tema che inviteranno i visitatori a percorrere e godere gli scorci caratteristici che offrono le vie del paese. Le esposizioni, visitabili fino al 6 settembre, saranno allestite nella ex cantina sociale di via Brigata Sassari dove sarà possibile vedere e comprare i manufatti di circa 60 artigiani selezionati tra i migliori creativi isolani. In questi spazi si svilupperà un racconto sulla manifattura che associa i maestri del tessile e del vetro, del legno e della pelle, della ceramica e del ferro, della pietra e dell’oro. Al museo Murats si potrà visitare Miniartextil, la principale rassegna europea dedicata alla fiber art contemporanea, nata a Como nel 1991 per volontà di Nazzarena Bortolaso e Mimmo Totaro, e promossa

dall’associazione culturale Arte&Arte che oggi conta sedi espositive in tutto il mondo. Un filo unico unisce quindi la Barbagia del Mandrolisai a Como, città dove batte veloce il ritmo alternato della trama e dell’ordito: da sempre la più importante produzione industriale del territorio è rappresentata dalla filiera tessile e oggi la città è ampiamente coinvolta nei circuiti della moda e del Made in Italy. Infine in alcune pareti del centro abitato 5 artisti, chiamati dal Comune, realizzeranno le loro opere. Giorgio Casu, uno dei maggiori artisti sardi specializzati in questa tecnica, si confronterà con la tematica della simbologia e del colore in tessitura per la realizzazione di un murales di oltre 140 mtri quadrati. Altri interventi verranno eseguiti da quattro studenti della Accademia delle Belle Arti di Sassari: Eleonora Cleriti, Taras Halaburda, Serena Salis e Davide Manca. Anche per lorio i temi affrontati saranno quelli della tessitura e anche del carnevale tradizionale di Samugheo e le sue maschere dei Mamutzones. https://www.sardiniapost.it/


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