S'Arti Nostra Luglio Agosto 2021

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Foto fausto ferrara

S’ARTI NOSTRA Impercettibili Sfumature Ricostruito Commercio Argento Christian Boltanski Amauta Ciriachi Pauline Herrera Letelier Murales in Sardegna MArteLive Dobet Gnahoré Ambizioni Qatariote La Casa dei Semi Romanzesu sotto le stelle Cool Tour Gallura Neoneli / Licanias Biennale Fiber Art La discarica dei veleni Roma ? No, Sant’Antioco Supplemento all’édizione di “SARDONIA“ Luglio Agosto 2021


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S’Arti Nostra

Programma Televisivo OnLine di Diffusione d’Arte Contemporanea a cura di

Demetra Puddu

Redattrice Artistica Anima la trasmissione “S’Arti Nostra” Collabora a Artis Aes Laureata in Lettere (curriculum moderno) à Università degli Studi di Cagliari Conservatorio Pierluigi da Palestrina di Cagliari Liceo Linguistico I.T.A.S. “Grazia Deledda” Cagliari demetra.uddup@gmail.com

Vittorio E. Pisu Redattore Capo

Direttore Fondateur et Président des associations SARDONIA France SARDONIA Italia créée en 1993 domiciliée c/o UNISVERS via Ozieri 55 09127 Cagliari vittorio.e.pisu@email.it http://www.facebook.com/ sardonia italia https://vimeo.com/groups/ sardonia https://vimeo.com/channels/cagliarijetaime SARDONIA Pubblicazione dell’associazione omonima

Supplemento al numero del Giugno 2021 in collaborazione con PALAZZI A VENEZIA

Publication périodique d’Arts et de culture urbaine Correspondance palazziavenezia@gmail.com https://www.facebook.com/ Palazzi-A-Venezia https://www.vimeo.com/ channels/palazziavenezia Maquette, Conception Graphique et Mise en Page L’Expérience du Futur une production UNISVERS vimeo.com&unisvers Commission Paritaire

ISSN en cours Diffusion digitale

Meglio una Donna Dolores Mancosu vedi le vidéo vimeo.com/579459862 vimeo.com/581506405 vimeo.com/581672379

uesta fotografia de Tanca Manna è l’immagine del disastro che ha colpito una zona vastissima nel Montiferru. rimettendoci in memoria altri incendi sviluppatisi quasi negli stessi luoghi e con la stessa furia aiutata dal vento, dalla siccità, dall’incuria umana e ricorrenti come le stagioni. Purtroppo la nostra memoria isolana é non solo molto corta ma spesso indifferente alle situazioni sia demografiche che politiche e sociali che determinano le condizioni di questi incendi che la burocrazia aiuta ad impedire che si prendano le misure necessarie per non solo prevenirli ma anche, al momento opportuno, circoscriverli e spegnerli. Così tra i vari enti ed istituzioni che si rimandano la patata bollente, le disfunzioni dei servizi forestali, opportunamente smantellati dal governo regionale che si interessa più di cercare di cementare le coste, che non ne hanno bisogno, senza parlare delle esperienze alberghiere passate che non tengono conto della difficoltà per il quidam che viene dal continente a recarsi in quest’isola benedetta a prezzi esorbitanti e tempi da galera romana (quando le famose navi non finiscono ferme per giornate in qualche porto olbiese o arbatacino) le cause ed i risultati degli incendi estivi hanno numerose origini che vanno sia dalla continua desertificazione delle aree centrali, dalla mancata manutenzione della foresta e del maquis sardi, dagli incidenti sia meccanici che umani e naturalmente da scelte volontarie di piromani ed altri criminali che si divertono ad appiccare il fuoco in momenti durante i quali il vento e la situazione d’incuria e di siccità faranno il resto. Certo si solleva il coro unanime del “dagli all’untore” perché é sempre più facile di trovare un responsabile, altro che se stessi, come sembra che sia diventato da qualche anno uno sport nazionale, alimentato naturalmente da politici forcaioli in male di notorietà e di potere. Ma siamo noi, abitanti della Sardegna, che ci dovremmo preoccupare delle condizioni della nostra terra, al fine di poter continuare a viverci in pace ed armonia, e disgraziatamente non mancano le situazioni che si perpetuano nel tempo e che dovremo assolutamente combattere sia che si tratti delle servitù militari che occupano uno spazio spropositato ed unico in tutta la nazione, dell’isola, o delle discariche di prodotti tossici ed altri veleni industriali che, stranamente, hanno trovato molto facilmente la possibilità di accumularsi nel Sulcis, senza parlare naturalmente della propostra di seppellire le scorie atomiche nel bel mezzo del Campidano e, dulcis in fundo se si può dire, la permanenza di industrie ormai obsolete ma che lasceranno per secoli le loro discariche puzzolenti e nauseabonde, senza contare le malattie congenitali che affligono la popolazione locale, situazione certificata e registrata da tempo, ma che viene sistematicamente ignorata se non addirittura negata dalle forze politiche che si considerano di sinistra ma che pongono come obiettivo assoluto la conservazione di un preteso impiego della popolazione che per altro pian piano tende a scomparire come le industrie che ormai hanno fatto il loro tempo, siano minerarie, petrolchimique o di trasformazione di minerali locali in alluminio ed altri derivati. Mi sono chiesto, già da qualche tempo, come mai la Sardegna, insieme alla Corsica una delle terre emerse tra le prime, non possieda nessuno dei minerali e terre rare così ricercati in questi tempi di autovetture elettriche, pile, batterie e smartphone ? Forse nessuno li ha cercati? Nel frattempo possiamo comunque constatare che nel campo dell’Arte e della produzione artistica, l’isola é un vero fermento e, accanto ai numerosissimi Festival, alcuni dei quali più che trentenni, numerose manifestazioni continuano a proporre, anno dopo anno, le occasioni di riunione, di scoperta, di apprezzamento sia della scrittura, che della musica, della pittura, della fotografia, del design e fino alla Street Art che aveva già trovato in Sardegna, prima ancora che questo titolo all’inglese (come se l’inglese fosse più chic dell’italiano, del sardo o del cinese) diventasse come tanti altri egemone, la sua terra d’elezione grazie a Pinuccio Sciola e tanti altri, come potete leggere nell’articolo di Roberta Vanali, che ringrazio qui per le sue pertinenti, argute ed intelligenti recensioni, nonché le curatelle di cui può andare fiera e l’organizzazione di manifestazioni come MArtLive. Questo numero di S’Arti Nostra, supplemento del mensile SARDONIA, arriva con molto ritardo, rispetto alla sua data di paruzione prevista, dovuto all’organizzazione delle mostre sotto il titolo di “Meglio una donna” arrivata alla sua quinta edizione e che prende un mese di vacanze meritate, senza parlare del supplemento di Palazzi A Venezia, ancora in alto mare. Inoltre la manifestazione “L’Arte é di Casa”, dopo un periodo di chiusura, dovuto alle conseguenze dell’epidemia covid-19, riprende la presentazione di artisti sia isolani che continentali o addirittura stranieri e, in assenza di candidati dovuta alla coincidenza con il mese d’agosto considerato poco propizio alle mostre d’Arte, vi propone comunque alcune opere linoleographique e dei disegni a colori del sotto scritto, che potete consultare on line a questo indirizzo https://fb.me/e/2noSaXe1Q A partire dal 23 agosto prossimo potrete prenotare una visita e nel mese di settembre due conversazioni con Italo Antico, noto scultore che fu anche il professore del nostro Pisu nell’anno scolastico 1968/1969 e che ha espresso il parere di conoscere il seguito dell’avventura, ed Ercole Bartoli della Fondazione per l’Arte Bartoli Felter che ha accettato cordialmente di venire a discutere dell’Arte in generale e più particolarmente in Sardegna. Potete consultare le esposizioni già organizzate a partire da questo link https://vimeo.com/channels/andreaonaliassociati Successivamente L’Arte é di Casa vi proporrà uno dei più grandi artisti viventi e residenti in Sardegna, prima di proporvi dei pitttori e pittrici, nonche fotografi e designer di diverse provenienze sia sarde che continentali e straniere. Augurandovi una buona consultazione di questa raccolta, come al solito molto soggettiva e eccletica, vorrei salutare qui la nomina della dottoressa Maria Dolores Picciau al ruolo di Assessore alla Cultura, al Verde Pubblico, allo Spettacolo ed altre numerosi mansioni. La Commisione Cultura si era riunita il mercoledì 28 luglio scorso al Teatro Massimo per un incontro con i numerosi operatori culturali e potete consultare il filmato (circa tre ore) a questo indirizzo https://vimeo.com/583387100 senza dimenticare l’intervento di Michela Sale Musio e Tiziana Troja per le Lucido Sottile, particolarmente interessante e, speriamo, ben compreso. Buona lettura e ci risentiamo in settembre. Vittorio E. Pisu

S’ARTI NOSTRA 2


Foto gigighò

«Quando penso a Calasetta è col rimpianto di non esservi nato. Non possiedo ricordi della mia fanciullezza, che ho trascorso altrove in un tempo assai difficile; tempo di guerra». Queste brevi note biografiche scritte da Ermanno Leinardi nel 2001 rivelano alcuni punti nodali della formazione dell´artista, che dal percorso di vita ha tratto importanti motivi di riflessione. Maria Dolores Picciau, storica dell´arte e operatrice culturale nel settore delle arti e della valorizzazione delle culture locali, si occupa di arte moderna e contemporanea e di ricerche sull´identità culturale. Giornalista pubblicista, ha lavorato a lungo come speaker radiofonica e ha collaborato per alcune TV private e riviste specializzate. E´ collaboratrice fissa dei Quaderni bolotanesi e scrive per diversi quotidiani, tra cui L´Unione Sarda. Ha tra l´altro pubblicato: La donna allo specchio. Riflessioni metodologiche sull´identità femminile, Sassari 1995; La storia sommersa. Saggi di teoria dell´arte, Cagliari 1998; C´arte d´autore, Cagliari 2001; La memoria e l´immaginario, Cagliari 2003; Alle soglie del disincanto. Identità culturale nella Sardegna del Novecento, Cagliari 2004.

VISIONI CONCRETE ERMANNO LEINARDI

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gni anno (da diversi anni ormai) per il mio compleanno, mi regalo un’opera di Ermanno Leinardi. Ho una smodata fissazione per le sue O, per quello che lui ha significato per l’arte sarda, per i colori che utilizzava e per le Transazioni che vivo, “vivendo” fra le sue opere. Realizzare questa mostra per me è un traguardo, ma sotto sotto, spero che sia una bella partenza. Abbiamo lavorato in tanti per arrivare a questa inaugurazione e ne approfitto per ringra-

ziare in anticipo Raul Leinardi che si è fidato di me, Maria Dolores Picciau che presenterà da MANCASPAZIO il catalogo della mostra antologica dedicata a Leinardi, Visioni Concrete, che in questo momento si può visitare al Museo Diocesano Arborense di Oristano, Tonino Casula che mi regala ore di chiacchierate Transazionali e Roberta Vanali che quando le chiedo la sua sapiente penna in prestito per i cataloghi è sempre generosa e attenta. https://fb.me/e/daiwyj8Wq al link l’evento Facebook

Ci siamo visti giovedì 22 luglio 2021 per parlare di Leinardi, immergerci nelle sue opere e passare una serata in stile mancaspazio, con buon cibo e il rosato (o quello che preferite) da Christine Delogu vedi il video vimeo.com/578647189 S’ARTI NOSTRA 3

Di Maria Dolores Picciau, Claudio Ceritelli A cura di Maria Dolores Picciau Illustrazioni di Ermanno Leinardi ISBN 978-88-7356-382-2 Co-edizione Genere Arte Materia Arti figurative e fotografia Collana Sinnos n° 7 Anno edizione 2021 Luogo edizione Cagliari Supporto Cartaceo IMPERCETTIBILI SFUMATURE Pagine 96 Rilegatura Ermanno Leinardi Brossura con lembi e cucitura dal 22 Luglio al 7 Agosto 2021 filo refe Dimensioni 22 cm x 22 cm Via della Pietà 1 20,00 € Nuoro


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Foto danielemancini

n team di ricercatori è riuscito a ricostruire lo sviluppo del commercio dell’argento nel Mediterraneo orientale dalla Tarda Età del Bronzo, quel periodo che includerebbe le date tradizionalmente attribuite alla Guerra di Troia, alla fondazione di Roma e alla distruzione del Tempio di Salomone a Gerusalemme. Il team di scienziati e numismatici francesi, israeliani e australiani ha individuato tracce geochimiche del commercio di argento pre-coniatura che ha continuato in tutto il Mediterraneo durante i periodi della Tarda Età del Bronzo e del Primo Ferro, con un rallentamento occasionale delle forniture del prezioso metallo. L’argento proveniva da tutto il Mediterraneo nord-orientale, fino alla penisola iberica. Il team ha utilizzato un’analisi isotopica ad alta precisione per identificare le fonti delle minuscole tracce di piombo trovate nell’argento Hacksilber. Hacksilber è una sorta di lingotto d’argento tagliato irregolarmente che include frammenti di lingotti d’argento e gioielli che servivano come mezzo di pagamento nel Levante meridionale già dall’inizio del secondo millennio fino al IV secolo a.C. Utilizzato nelle transazioni locali e internazionali, il suo valore veniva determinato pesandolo su bilance con pesi standardizzati. Negli scavi archeologici nella regione è stato scoperto che l’argento era conservato all’interno di contenitori di ceramica, importato appositamente per le transazioni commerciali. Presentando la ricerca alla Conferenza di geochimica Goldschmidt, Liesel Gentelli ritiene che prima della monetazione il commercio internazionale era basatoanche dalla presenza del lingotto Hacksilber, a sua volta scambiato con merci. Il team ha analizzato lingotti Hacksilber provenienti da 13 diversi siti risalenti nel periodo compreso tra il 1300 a.C. e il 586 a.C. nel Levante meridionale, nell’odierna Israele e nell’Autorità Palestinese. I campioni includevano reperti di ‘En Gedi, Ekron e Megiddo e sono stati confrontati con altri campioni di minerale e hanno dimostrato che la maggior parte degli Hacksilber proveniva dall’Egeo meridionale e dai Balcani ma anche Sardegna e Spagna.

RICOSTRUITO COMMERCIO DELL’ARGENTO NEL MEDITERRANEO ORIENTALE DAL TARDO BRONZO

https://www.danielemancini-archeologia.it/

Liesel Gentelli (École normale supérieure de Lyon, Francia) ritiene che i ricercatori precedenti abbiano rilavato la cessazione del commercio dell’argento in seguito al crollo della società alla fine dell’Età del Bronzo tardo ma la ricerca mostra che gli scambi, soprattutto tra i paesi meridionali del Levante e il mondo dell’Egeo, non si siano mai fermati: le persone intorno al Mediterraneo orientale sono rimaste collegate ed è probabile che l’argento sia fluito nel Levante a causa del commercio o del saccheggio. I ricercatori riscontrano periodi di scarsità d’argento solo durante la transizione dall’età del bronzo all’età del ferro, intorno al 1300-1100 a.C. Alcuni lingotti relativi a questo periodo mostrano che l’argento abbia un contenuto di rame insolitamente alto, che sarebbe stato aggiunto per compensare la mancanza di argento. Secondo la Gentelli, non sarebbe possibile abbinare le scoperte sul commercio dell’argento a specifici eventi storici, ma l’analisi mostra l’importanza delle transazioni già prima dell’inizio del XII secolo a.C., fino alla fondazione di Roma nell’VIII seco-

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lo a.C., fino alla fine dell’Età del Ferro, intorno al VI secolo a.C. Successivamente, si riscontra la graduale introduzione della monetazione, prima attraverso i rinvenimenti di diverse monete arcaiche, successivamente con una transizione verso un’economia monetaria intorno alla metà del V secolo a.C., che ha reso meno rilevante il commercio di lingotti Hacksilber. Tuttavia, lo studio rivela il ruolo economico cruciale che Hacksilber ha svolto nelle economie dell’Età del Bronzo e del Ferro. Tradotto e rielaborato da Daniele Mancini Ciao a tutti, sono trascorsi sei mesi dall’apertura di questo blog dedicato all’archeologia e desidero, con piacere, snocciolarvi alcuni dati statistici a confermare la bontà del progetto che ho deciso di intraprendere. Non sono numeri fantasmagorici, ma sono numeri che attestano un particolare interesse per alcuni temi della scienza archeologica a me particolarmente cari: la mia città, Chieti/Teate; l’Egittologia, mia passione fin da bambino; ma anche i temi classici degli studi archeologici, le ultime e più interessanti scoperte archeo-

logiche, la sezione dedicata a viaggi e turismo archeologico redatta dalla mia cara amica Maria Assunta Maccarone (fisico, insegnante, viaggiatrice, residente a Singapore… cos’altro?), le pubblicazioni (ancora poche) del sottoscritto. Il mio intento, a questo punto, è proseguire a rendere sempre più vitale questo blog: adoro scrivere, forse non sarò Giacomo Leopardi, ma cerco di fare sempre del mio meglio! Sarebbe interessante poter interagire maggiormente con i lettori e ricevere anche richieste su argomenti particolari che però, vi prego, debbono esulare dagli “alieni che hanno costruito le piramidi”, dalla “ricerca del Santo Graal” o da Re Artù e l’ultima frontiera: sono qui per imparare insieme a voi, cari amici lettori; per ascoltare baggianate basta seguire Giacobbo e le sue trasmissioni… Non mi resta che ringraziarvi, per ora! Prossimo resoconto fra sei mesi, nella speranza di mostrarvi numeri ancora eccellenti e soprattutto di aver cercato di accontentarvi nella nostra comune sete della conoscenza! Buona Lettura! “voster semper voster” Daniele Mancin


Foto virginia zanetti

CHRISTIAN BOLTANSKI N

ella mia lunga carriera di recensore di mostre d’arte mi è capitato di intervenire più volte, e sempre in genere con tono molto positivo, su Christian Boltanski, appena scomparso. BOLTANSKI E LA NARRATIVE ART La sua origine data dalla metà degli Anni Settanta, quando si impose quello strano fenomeno ibrido e polivalente che si intitolò alla Narrative Art, un matrimonio tra frasi scritte, spesso di tono sentenzioso o assurdo o volutamente nonsensical, e delle foto che fingevano di illustrarne i contenuti, o invece miravano liberamente altrove. Ma poi in lui il momento della foto prese il comando, con una particolare predilezione per gli archivi di famiglia, per i

fernale, da cui si sentiva il bisogno di proteggersi tamponando le orecchie. Era il segno di una volontà dell’artista francese di fare grande, in maniere sempre più voluminose. Una apparizione alla Biennale di Venezia, che gli dedicò il padiglione del suo Paese, si pose addirittura nel segno di una catena di montaggio, o di smontaggio, con lo scorrimento di indumenti in fitta schiera, con afflusso incessante. Bologna gli deve essere grata per la sua applicazione alla tragedia dì Ustica, dell’abbattimento dell’aereo Itavia, con decine di vittime. In quel caso Boltanski ha dedicato la sua indubbia abilità di ricucitore ricavando una tragica composizione con i rottami dell’aereo, recuperati dai fondali marini in cui era sprofondato. Ma si poteva temere che l’artista, nelle sue ultime fasi, rimanesse vittima di questo stesso desiderio di divenire sempre più imponente e maestoso. Per sua fortuna, però, in una successiva apparizione sempre alla Biennale di Venezia, l’ho trovato capace di darci una scena di assoluto conforto mistico, grazie a un video animato da una selva di vegetali capaci di emettere suoni cristallini, tintinnanti, leggeri e carezzevoli, dando così luogo a una specie di concerto Zen, o come svolgendo una preghiera tibetana affidata all’aria. Mi fa piacere pensare che Christian ci abbia lasciato accompagnato da quel concerto così sottile, così confortante, come del resto ha voluto essere tutta la sua arte.

tesoretti di immagini di genitori, fratelli e sorelle, parenti, magari foto ingiallite o oscurate nel tempo, investite da una malinconica e struggente aura cimiteriale, che Boltanski sapeva rendere benissimo, accompagnando queste icone, a un tempo sacre e povere, con lampadine votive, con lumini anch’essi cimiteriali, in modo da creare un clima volutamente struggente, di grande effetto. Ricordo in particolare una sua personale che si tenne alla Villa delle Rose, uno spazio che funge da sede secondaria della Galleria d’arte moderna di Bologna. Le foto si erano allargate, e nello stesso tempo si erano svincolate dagli spazi ristretti che in passato le avevano contenute, erano divenuti come dei lenzuoli funebri esposti liberamente all’aria,

che entrava dalle finestre dello stabile e li faceva sventolare, come bandiere, come lacerti funerei, catacombali, con effetti di grande suggestione. Poi Boltanski ha capito che non poteva limitarsi a quell’esercizio, e dunque è passato a raccogliere testimonianze più tangibili, più ingombranti dei cari estinti, ammassi non più di foto bensì di vesti dismesse, quasi da ricordare gli orrori dei lager nazisti dove si depositavano le spoglie delle persone mandate a morte. Ricordo in questo senso una mostra molto spettacolare da lui tenuta allo HangarBicocca di Milano, dove, accanto all’orrore suscitato da quel mucchio di miseri cimeli, si accompagnava, o addirittura sovrastava, il battito ingigantito del cuore dei singoli visitatori, fino a costituire un rumore inS’ARTI NOSTRA 5

Renato Barilli


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mauta sembra un richiamo ancestrale è, invece, il nome di una conchiglia ed è stato donato dai genitori ad una light designer molto originale che si trova oggi ad attraversare la seconda fase della sua vita lavorativa, estremamente creativa e prolifica.

Foto merulana

Amauta Ciriachi, laureata in Storia Moderna, ha iniziato a lavorare come Creative Producer in tv realizzando spot pubblicitari con animazione, occupandosi di ogni singola fase dalla scrittura dei testi al montaggio, formandosi direttamente sul campo. Si trasferisce a Londra e per sette anni lavora, come Product Manager, alla Turner Broadcasting System, seguendo e sviluppando in ogni singolo aspetto, come Direttore Creativo, gli spot per canali televisivi dedicati ai più giovani come Cartoon Network, Boomerang e Cartoonito. Si misura anche con l’esperienza presso il canale Fox e alla Walt Disney International. Rientrata in Italia, collabora per diverso tempo con la Frame by Frame ma, proprio in quel periodo, comincia a sentire forte l’esigenza di cambiamento che la spinge a dare una svolta radicale alla sua carriera, stanca di creare trailer per i cartoni animati e desiderosa di trovare nuovi stimoli per dare, finalmente, spazio alla sua vera espressione artistica. Nasce così a Roma, nel 2012, TICTOC Studio, un nome che rimanda allo scorrere del tempo e un progetto che, in un primo momento, vede la sua produzione interamente dedicata ai Paper Toys per bambini ma anche ad una serie di gioielli per donna. Nel 2015 decide di lasciarsi alle spalle il caos frenetico della Capitale e si trasferisce in Sardegna, più precisamente a Bosa in provincia di Oristano, lavora come freelance mentre letteralmente “scoppia” la sua passione per i vulcani. Galeotta fu una vacanza a Ginostra, piccolo villaggio posto sull’incantevole Stromboli, nelle Eolie, detta anche l’Isola delle donne e considerata un’Isola nell’Isola.

AMAUTA CIRIACHI

LA COLLEZIONE CHROMOPLAY Le forme della Luce dal 2 all’8 agosto 2021

TICTOC STUDIO al

MAP

Movimento Artisti Periferici Corso Vittorio Emanuele 08013 Bosa Tel. +39 347 735 8397 http://www.mapbosa.it/

E’ profondamente attratta dalle esplosioni di lava del vulcano ancora attivo che diventano intuizione primaria per la realizzazione di collage pirotecnici le cui forme poi, tagliate al laser cut su fogli di plexiglass colorato, daranno vita alle prime lampade della serie “Vulcanology”. Eruzioni stilizzate di metacrilato ma anche metaforiche dalle quali prendono forma luci da tavolo e da terra sviluppate in verticale e a struttura fissa. Amauta però non ama i confini e le restrizioni, vuole sovvertire il concetto che sta alla base del rapporto Designer/Committenza e le sue esplosioni diventano le “Lampade Modula”, prodotte e assemblate interamente a mano. Forme geometriche di plexiglass che si possono alternare, spostandole a piacere, su una base in legno di tiglio illuminata da luce al led. Ad ispirarla c’è il tema del gioco e il senso del colore, legato alla sua precedente professione e fortemente interiorizzato dalla designer. Influenzata dalle linee dell’Art Deco,

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dall’estetica del Postmodernismo, dalle combinazioni cromatiche e geometriche del Gruppo Menphis guidato da Ettore Sottsass e dalle digressioni futuriste e giocose dell’artista e progettista Bruno Munari. Con la linea “Chromoplay” avviene un’evoluzione delle esplosioni che porta a forme e colori più morbidi, segna la via alla celebrazione del suo rapporto con la natura selvaggia, riporta alla memoria l’amore per la proiezione di immagini attraverso le lanterne magiche del pre – cinema e per il teatro delle ombre cinesi con cui giocava da piccola quando viveva in una zona remota di campagna in un’abitazione priva di corrente elettrica. Forse risale proprio al quel periodo il germe della passione per questi oggetti luminosi e si presenta come “Shadow expert”. La light designer realizza inediti skyline organici che possono cambiare, di volta in volta, in un continuum creativamente ludico per mantenere sempre allenato il “fanciullino” che alberga in ognuno di

noi. Le sue creazioni sono femmine così come alcuni dei nomi scelti per battezzarle: Essenza, Regula, Tropicalia, Cosmica, Nebula, Marea, e Vulcana per citarne alcuni. Ognuna ha una storia che trae origine da un atto spontaneo, un incastro a volte casuale che all’improvviso rivela la giusta combinazione e porta un messaggio di rinnovata positività, rivolto a grandi e piccini. Lampade che sanno manipolare la forma della luce e che invitano al gioco della trasformazione secondo il proprio gusto personale, lo stile e il contesto abitativo assecondando il variare dello stato d’animo, nel nome di una color therapy che si prende cura delle nostre emozioni. Le creazioni di Amauta Ciriachi sono disponibili su ordinazione, online sul sito TICTOCSTUDIO. SHOP, Facebook e Instagram SHOPS. https://wondersilvialand. com/la-forma-della-luce/


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Il

mondo del design, estremamente vasto ed eterogeneo, include al suo interno figure a tutto tondo – in una dimensione che spazia tra varie forme artistiche ed espressive. In un contesto così dinamico non può che trovarsi perfettamente inserita Paulina Herrera Letelier: designer, architetta, artista e artigiana. La vita della designer, sia dal punto di vista professionale che personale, è costellata di eventi che ne sanciscono la vocazione di artista vivace e dedicata: gli studi di architettura tra l’Universidad Central in Cile e l’Università di Cagliari da un lato e il trasferimento in Messico con i genitori per sfuggire alla dittatura di Pinochet dall’altro. Il background di Paulina Herrera Letelier ci mette quindi davanti ad una personalità aperta e creativa, plasmata dalle proprie esperienze di vita e dai luoghi con cui ha tutt’oggi un intenso rapporto di reciprocità. La natura dinamica dell’arte e l’attaccamento ai territori sono i due fili rossi che attraversano la vita dell’artista, e quindi la sua arte (trovando coronamento proprio in Tape #04, scultura che per la prima

volta troverà spazio in Piazza Gino Valle, in occasione della Design Week di Milano dal 4 al 10 settembre 2021. Tape #04 rappresenta la quarta scultura della serie Concrete Tapestries, progetto che Paulina Herrera Letelier fa muovere in una dimensione quadridimensionale, nel tempo come nello spazio. L’essenza dell’opera si manifesta in un gioco ossimorico di contrasti: tra leggerezza e pesantezza, tra staticità e mobilità, tra evoluzione e declino, tra immaterialità e percezione. La collaborazione dell’artista con FREM Group, azienda specializzata dal 1984 nella presagomatura di acciaio per cemento armato e materiali da costruzione, continua e si realizza con successo anche in quest’ultimo progetto. Tape #04, infatti, è composta in una sua parte da pannelli di cemento armato assemblati, che la rendono inoltre autoportante. Per definizione “Arazzo Cementizio” cristallizza l’idea del movimento nelle pieghe immobili della scultura stessa e cattura l’impressione dello scorrere del tempo attraverso le ombre che vi si riflettono. Oltre ad essere elaborate

opere di design, le sculture si presentano come arredi urbani adatti ad essere installati in spazi pubblici outdoor, accessibili e fruibili da chiunque. L’integrazione con il territorio si presenta ai nostri occhi in modo completo: le opere di Paulina Herrera adagiano i loro “lembi” sulla dimensione urbana e del paesaggio degli ambienti che le ospitano. Lo sguardo della designer è sempre mirato al rapporto simbiotico tra le opere e il territorio circostante, soprattutto quello sardo con cui ha instaurato una connessione intima e privilegiata. Da qui è facile capire il motivo per cui, attraverso progettazioni architettoniche, urbanistiche e paesaggistiche, l’azione artistica di Paulina Herrera sia volta ad abbracciare l’arte nel senso più ampio e completo del termine. Paulina Herrera Letelier ci pone davanti a volumi provocatoriamente immobili, insiti di significati che acquistano movimento e limpidezza solo da una prospettiva più ampia che comprenda la perenne trasformazione dello spaziotempo. Giorgia Andrea Bergamasco https://www.alphadistrict.it/ post/paulina-herrera

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Photo via exibartprize.com.

PAULINA HERRERA

ata a Santiago del Cile nel 1978. Laureata in Architettura all’Universidad Central de Chile, ha conseguito il dottorato di ricerca in Architettura presso L’Università degli Studi di Cagliari Vive e lavora a Cagliari. Nei primi anni ‘80 la sua famiglia si trasferì a Città del Messico e poi a Puebla. Dopo 7 anni, è tornata in Cile dove ha studiato e si è laureata in architettura all’Università del Cile. Tra il 2009 e il 2012 ha frequentato la scuola di dottorato presso la Facoltà di Architettura dell’Università di Cagliari e ha ottenuto il titolo di dottore di ricerca con una tesi sull’immagine in movimento e la percezione dinamica dello spazio architettonico. Nello stesso periodo, ha tenuto un workshop sulla composizione ed espressione architettonica espressione architettonica presso l’Università di Cagliari. Dal 2013 si dedica alla ricerca nel campo delle espressioni artistiche. campo delle espressioni artistiche e al suo lavoro di designer. E’ membro dello studio di progettazione Studio Professionisti Associati, nella città di Cagliari, il cui sito web è www.spacagliari.it Da sempre vicina al design e al suo rapporto con l’artigianato, si è si è specializzata in design tessile e ha imparato a tessere al telaio dalla storica tessitrice Mariantonia Urru nei laboratori tessili di Samugheo. nei laboratori tessili di Samugheo. Collabora tuttora con la sua azienda, disegnando varie collezioni di tappeti, arazzi e prodotti prodotti tessili per il settore alberghiero. Collabora con le aziende Mariantonia Urru, Frem Group e la Galleria Macca. Ultimamente un suo progetto é stato realizato nel percorso dalla stazione delle Ferrovie dello Stato verso l’Aeroporto di Elmas, Cagliari. Collabora inoltre con lo Studio Vertice di Mauro Ballette a Cagliari nella crteazione di una linea di vestiti per donna.

Paulina Herrera Letelier, artista visiva a 360 gradi, presenterà per la prima volta la scultura Tape #04, della serie Concrete Tapestries, nel contesto della Design Week milanese.

https://www.paulinaherreraletelier.com/


“Era giugno di tanto tempo fa. La memoria non è più così lucida, i ricordi sono soffusi nelle sensazioni dell’entusiasmo, nello stupore di tanta gente, per i muri bianchi! I volti cotti dal sole incorniciavano sorrisi pieni di amicizia e di spontanea partecipazione. Le mani callose stringevano altre mani. La lunga processione del Corpus Domini si snodava nelle strette strade imbiancate di calce, i mattoni crudi si vestivano a festa con le frasche portate dai giovani e con i primi colori sui muri. Si iniziava inconsapevolmente la nuova storia di San Sperate, una storia scritta con i colori dell’entusiasmo”. ra il 1968, anno di grande fermento politico-culturale e di rivoluzioni, quando Pinuccio Sciola, in concomitanza con il Corpus Domini e davanti allo stupore dei compaesani, inizia la rivoluzione dei “muri bianchi” coprendo di calce i muri in ladiri (mattoni d’argilla cruda e paglia) di San Sperate e dando il via a uno dei primi esempi d’arte ambientale in Italia. La tradizione del muralismo messicano, la cui paternità è da attribuire a Gerardo Murillo al principio del XX secolo, è stata di fondamentale rilevanza per Sciola, che nel 1973 parte per il Messico dove entra in contatto e collabora con David Alfaro Siqueiros, dando vita a un gemellaggio tra San Sperate e Tepito, quartiere di Città del Messico. I canoni della nuova pittura messicana, che affonda le radici sul concetto d’arte pubblica a carattere collettivo, nonché espressione del sentimento popolare dove libertà, giustizia e ideali rivoluzionari sono le tematiche dominanti, ben si addice all’impegno collettivo di una popolazione che guardava soprattutto al risveglio socio-culturale. Circondato da artisti operanti in Sardegna quali Angelo Pilloni, Foiso Fois, Liliana Cano, Gaetano Brundu, Primo Pantoli, Giorgio Princivalle, Giovanni Thermes, Diego Asproni e Tonino Casula, Sciola punta alla riscoperta del patrimonio culturale e alla salvaguardia del mondo rurale in antitesi a quello urbano nel tentativo di riaffermare un’identità nazionale. In breve tempo San Sperate diventa un paese-museo unico al mondo, centro di propulsione della cultura che seduce

Foto urbancenter

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MILLE SONO I MODI ATTRAVERSO I QUALI SI PUÒ PERCORRERE LA SARDEGNA. DA QUELLI PIÙ BANALI MA SENZ’ALTRO SPLENDIDI, A BASE DI SPIAGGE E MARE, A QUELLI MENO FREQUENTATI MA ALTRETTANTO AFFASCINANTI. QUELLO CHE VI PROPONIAMO QUI È UN ITINERARIO LUNGO LA SECOLARE TRADIZIONE DEL MURALISMO SARDO. DAL 1968 DI PINUCCIO SCIOLA FINO AI GRANDI STREET ARTIST COME BLU ED ERICAILCANE.

ROBERTA VANALI

personaggi legati all’ambito artistico-culturale nazionale e internazionale. Arrivano artisti come Elke Reuter, Meiner Jansen e Otto Melcher mentre dal Messico giungono José Zuniga e Conrado Dominguez. Contemporaneamente si formano nuove associazioni, gruppi teatrali e d’azione politica. Da allora l’evoluzione sociale della comunità è documentata attraverso l’arte e la sua funzione pubblica, l’interazione e lo scambio con altre comunità. Sono 188 le opere murarie che s’incontrano tra le vie del paese. Un enorme patrimonio caratterizzato da una varietà di stili e tematiche firmato da professionisti ma anche da studenti e pittori improvvisati. La straordinaria potenza espressiva dei murales, dai colori saturi e contrastati, racconta il lavoro contadino, le tradizioni popolari, i prodotti della terra, stralci di vita quotidiana e affronta tematiche politico-sociali, le trasformazioni della società, con una diversità stilistica che dal naïf giunge all’iperrealismo passando per le avanguardie storiche tra surrealismo,

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MURALES IN

espressionismo, astrattismo e futurismo. Tra i più significativi, alcuni esempi cubo-futuristi di Sciola che si affiancano ai graffiti picassiani di Antonio Porru e a quelli più brutali del Gruppo artistico di Bologna fino ai più essenziali, fondati sulla linea e giocati su una limitata gamma cromatica, di Erik Chevalier, senza trascurare alcuni dei numerosi trompe-l’œil di vita contadina di Angelo Pilloni. Se la connotazione del muralismo sansperatino è principalmente orientata al recupero, alla salvaguardia e alla valorizzazione delle tradizioni popolari, non si può affermare la stessa intenzione per Orgosolo, dove il primo murale è stato firmato nel 1969 da Dioniso, collettivo di anarchici nato a Milano nel 1965. Ma è solo a partire dal 1975, ad opera del professore senese trapiantato in Sardegna Francesco del Casino che, affiancato da Diego Asproni, Pasquale Buesca e Vincenzo Floris e coadiuvato da scolaresche e abitanti, produsse in tre anni oltre cento murales. Le tematiche sono legate alla disoccupazione, all’emigrazione, alle rivendicazioni sociali e a figure politiche come Emilio Lussu e Anto-

nio Gramsci e letterarie come Grazia Deledda, con una visione legata al folklore che celebra una sardità basata su sentimenti nostalgici e di isolamento, attraverso un espressionismo talvolta violento, caratterizzato dalla deformazione dei tratti, dalla visionarietà del contesto e dai colori stridenti, con una preponderanza dell’aspetto politico rispetto a quello estetico. Nello specifico, un vero e proprio atto di ribellione nei confronti dello Stato. Pertanto viene adottato l’uso di didascalie accanto alle immagini che acquisiscono la connotazione di manifesto politico. Le esperienze di San Sperate e Orgosolo serviranno da modello per altri centri urbani come Villamar, dove l’artista cileno Alan Jofrè, scampato alla dittatura di Pinochet insieme ad altri esuli cileni, tra cui Uriel Parvex, nel 1976 dà vita alla Brigata Salvador Allende e, insieme al Gruppo Arte e Ambiente guidato da Antioco Cotza e al Gruppo artistico di Serramanna, divulga l’attività muralista nella Marmilla e nel Medio Campidano. Sono una cinquantina i murales di Villamar, molti dei quali, appunto, d’impronta cilena


N SARDEGNA per quanto concerne le scelte cromatiche – con prevalenza di giallo, blu e magenta – e l’impianto monumentale delle figure marcate da spessi contorni. È invece di Luigi Pu colui che lottò contro la legge delle chiudende che nel 1820 istituì la proprietà privata nei terreni destinati a pascolo e coltura a uso comunitario, a favore dei ricchi proprietari terrieri. A trenta chilometri da Cagliari si trova Serramanna con i suoi 23 murales e uno che si distingue in maniera clamorosa, ma che purtroppo si avvia al degrado. Si tratta di Emigrazione è deportazione (1979), opera di grande perizia tecnica e forte impatto visivo di Antonio Ledda, Nello Putzolu, Ico Arba e Samuele Dessì, dove una famiglia incatenata al di là di una barriera di filo spinato allude all’emigrazione come espropriazione della cultura che colpisce non solo il capo famiglia, ma l’intero nucleo. Tra gli altri importanti centri che meritano attenzione troviamo Tinnura, nell’antica Planargia, con i suoi 35 murales per 270 abitanti, ovvero la più alta concentrazione della Sardegna. Lungo le strade lastricate in

trachite rossa, marmo e basalto, dove si lascia essiccare l’asfodelo per la confezione dei cestini e ci si imbatte in numerose fontane e sculture, affiorano momenti di vita rurale e del piccolo borgo, ma anche malesseri e disagi della comunità che portano la firma di Angelo Pilloni, Giambattista Loi, Francesco del Casino, Archimede Scarpa, Pina Monne e Fernando Mussone. Quest’ultimo presente anche in un altro piccolo centro non lontano da Tinnura, Montresta, con opere di forte impatto emotivo per l’uso dei fondi neri su cui si stagliano scene di vendemmia, mietitura e raccolta delle olive. E ancora Burgos, nella zona del Goceano, dove, tra il ciclo di murales realizzato da Toni Amos e alcuni allievi, si incrocia quello che è uno dei più grandi della Sardegna con un’estensione di trecentoventi metri quadri. Le pareti utilizzate sono quelle dei muri in calcestruzzo, innalzati per arginare la collina dove sorge il Castello Giudicale di Burgos, dove si snodano episodi che narrano le gesta di Gonario di Torres (colui che volle l’edificazione del castello) tra cui battaglie per la sua conquista, il matri-

monio di Adelasia di Torres con Enzo, figlio di Federico Barbarossa, e usi e costumi dell’epoca giudicale. Nella provincia di Nuoro, più precisamente a Irgoli e Oliena, ha operato la pittrice Liliana Cano, che da una parte mette a confronto vecchie e nuove generazioni e dall’altra funzioni religiose, perlopiù processioni e momenti di vita quotidiana, con personaggi in costume sardo. Per finire non si può ignorare lo splendido murale dell’artista nicaraguense Leonel Cerrato, che a Norbello esegue episodi attinenti alla scoperta dell’America. Da citare anche il primo murale in assoluto realizzato in terra sarda, precisamente a Sinnai, a opera di uno degli artisti più celebri dell’isola, Foiso Fois, che nel 1964 dà vita a “La rinascita”, riferito al Piano di Rinascita attraverso il programma di industrializzazione dell’isola. Unico nel suo genere perché realizzato in parte a graffito con un’impronta che risente del Realismo Socialista, è stato transennato a causa della struttura pericolante e delle importanti scrostature che il colore sta subendo. “Alla fine degli Anni Ottanta

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il muralismo sardo sembrava avviato sulla via di una pittura fine a se stessa, trasposta sui muri da mani che non perseguivano un fine collettivo. Non erano più i murales a stimolare l’opinione pubblica, ma l’opinione pubblica che gestiva i murales a piacimento. Fine del muralismo sardo”. Se è vero che il murale è un moderno affresco a carattere collettivo prodotto dall’arte di strada, armonicamente inserito nel contesto urbano e paesaggistico, adatto a veicolare messaggi politico-sociali come espressione del sentimento popolare in modo diretto e immediato, non possiamo che essere d’accordo con Giulio Concu, che nella sua pubblicazione sui murales isolani ne descrive l’inevitabile declino. Esso rimane vivo solo grazie all’apporto di artisti professionisti come Rosanna Rossi, Pinuccio Sciola, Giovanni Farci, Luciano Lixi, Aligi Sassu, Gaetano Brundu, Ermanno Leinardi e Angelo Liberati che, rinnovandone il linguaggio, riescono a mantenere saldo il legame con la realtà locale. Alcuni di questi, coinvolti in un’esperienza a Settimo San Pietro nel 1978, che Salvatore Naitza definisce “la raccolta pubblica più grossa di arte contemporanea alla portata degli occhi di tutti” (di cui purtroppo rimane ben poco), sono intervenuti di pari passo con l’edificazione dei nuclei abitativi popolari, affiancando e avvalendosi della collaborazione delle maestranze, con l’utilizzo di materiali per l’edilizia a base di cristalli di quarzo. Mentre tra gli ultimi a lasciare testimonianza è da citare Piercarlo Carella con i suoi mostri della società contemporanea. Questa innovazione non avviene per altri autori, che cercavano di comunicare con scarsa efficacia messaggi ideologici stereotipati, spesso artisticamente kitsch o carenti dal punto di vista artistico. Il muralismo si avviava a uscire da quel carattere collettivo per diventare un fenomeno di autocelebrazione di artisti spesso poco talentuosi. A tutto questo si aggiungano le dispute tra muralisti e amministratori locali, ma soprattutto il vero problema è stato nella mancanza di coerenza estetica e organizzativa. “Questo avrebbe dovuto essere il cuore di una seria discussione, (segue pagina 10)


Foto sara ledda

(segue dalla pagina 9) perché (fatte salve quelle rare volte in cui i muralisti tentarono la strada dell’equilibrio, giocando sulla contraddizione ma creando l’armonia tra passato e presente – vi furono troppe opere dipinte frettolosamente e maldestramente, troppi episodi aggressivi e invadenti che crearono disarmonia nel paesaggio urbano”, prosegue Concu. Murales di indubbia scarsità artistica si moltiplicarono a dismisura. Sagre e manifestazioni erano il pretesto per mettere in piedi concorsi per il murale “più bello” senza che questo avesse attinenza col territorio o s’inserisse coerentemente in esso. A dare il colpo finale, l’idea che si dovessero sfruttare come attrazione turistica e per questo restaurati a mo’ di poster, nonostante la loro funzione fosse legata a un preciso momento storico e pertanto destinato a sbiadire. A tirare su le sorti del muralismo, alla fine degli Anni Novanta, nonostante il loro operato non si discosti iconograficamente dal folclore isolano e si allontani dai clamori ideologici, Pina Monne, Toni Amos, Luigi Pu e Fernando Mussone, mentre si dovrà aspettare fino agli Anni Zero per vedere diffondersi il fenomeno della Street Art. “Il muralismo è solo un pretesto per far incontrare la gente”. È ancora l’illuminato Pinuccio Sciola a capire l’importanza della Street Art e a voler mettere le basi per il superamento dell’accezione negativa nei confronti dei writer promuovendo il progetto “Il Fiume dei Writers” (2008). Workshop che ha consentito la riqualificazione dell’alveo di un canale in disuso (Rio Flumineddu) e il consolidamento del legame tra la comunità della zona e quella di San Sperate attraverso una riflessione sul muralismo da parte di trentasei giovani artisti guidati dallo stesso Sciola. Il risultato è stato quello di una creatura fantastica, ibrido antropomorfo dai lunghi tentacoli che unisce le due sponde per un totale di settanta metri. Qualche anno dopo, precisamente nel 2011, l’amministrazione comunale sassarese finanzia alcuni progetti di riqualificazione urbana delle zone periferiche della città, in particolare dei quartieri di Latte Dolce e Carbonazzi, tra

cui Street Art 2011 e 2012, progetti ideati dal collettivo Alim(e)ntazione che hanno coinvolto Blu e Ericailcane, autori di una feroce denuncia nei confronti delle ancora numerose servitù militari in Sardegna, ovvero due grandi mani che versano scorie tossiche, incarnate da missili e carri armati, in un articolato alambicco, oltre a agli interventi più astratti di Moneyless e Tellas. Mentre nel centro storico, in una delle facciate dell’Hotel Turritana da tempo in disuso, è ancora Ericailcane che dedica alla Festa dei Candelieri una grande tartaruga che porta sul carapace dieci candele accese. A San Gavino Monreale il primo murale nasce, invece, da un episodio drammatico. Nel 2013 in conseguenza alla morte prematura di Simone Farci detto Skizzo, la comunità organizza una festa il cui ricavato sarà stanziato per la realizzazione di un murale da parte del compaesano Giorgio Casu. Da qui una lunga serie di interventi a opera di artisti locali come Crisa, Andrea Casciu, La Fille Bertha, Skan, ma anche Ericailcane, il messicano Spaik e la colombiana Bastar-

dilla. Il paese si trasforma e si libera dal grigiore nel giro qualche anno. Compaiono, tra gli altri, personaggi come Don Chisciotte, Eleonora d’Arborea, David Bowie, Gigi Riva e Antonio Gramsci. Un anno dopo, a Cagliari, dall’incontro tra l’associazione Urban Center e quindici giovani artisti, perlopiù locali, nasce la Galleria del Sale. Un progetto di riqualificazione urbana attraverso un’operazione di Street Art che identifica la zona in cui si articola il percorso a cielo aperto, concepito nel contesto della pista ciclabile che congiunge il porticciolo di Su Siccu al Parco di Molentargius. Una vera e propria galleria d’arte, armonicamente inserita in un panorama di confine della città che è diventata oramai parte integrante del panorama urbano. Tellas, Crisa, La Fille Bertha, Skan, Enea, Neeva, Ufoe, Conan, Daniele Gregorini e Manuinvisible sono alcuni degli artisti coinvolti nella prima fase del progetto, seguiti da Andreco, Zed1, Bastardilla, Kiki Skipi e Veronica Paretta per riflettere sul rapporto tra uomo e natura in rapporto alla tecnologia, all’influenza dei

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media e al contesto urbano, con un occhio di riguardo alla tutela del paesaggio in relazione ai fenomeni di trasformazione urbana e abbandono. E lo fanno con maestria e diversi approcci estetici, tra realismo stilizzato, neopop, decorazione seriale ai limiti dell’astrazione, surrealismo e pattern. Ed ecco i personaggi senza volto di Kiki Skipi, l’universo dei barbuti di Andrea Casciu, gli affastellamenti di segni e simboli di Crisa, le donnine dalle labbra cuoriformi in versione bucolica di La Fille Bertha e il brulicare di linee che s’intersecano implodono ed esplodono di Veronica Paretta, ultima a intervenire alla Galleria del Sale. Gli stessi artisti, più molti altri anonimi, compaiono senza soluzione di continuità nelle pareti della lunga via San Saturnino, nel centro storico cagliaritano. Sono tanti i murales realizzati a Cagliari negli Anni Ottanta e andati distrutti. Soprattutto uno che ha coinvolto l’opinione pubblica destando non poche polemiche: il murale di Pinuccio Sciola realizzato in Piazza Repubblica nel 1985. Tre blocchi monolitici sovrap-

posti in un equilibrio precario a formare un menhir, cancellato nel 2013 a insaputa dell’artista durante la ristrutturazione della palazzina che lo ospitava. Per finire questa lunga carrellata degli episodi più rappresentativi del muralismo sardo, merita una citazione anche l’opera di Tellas a Sant’Avendrace, realizzata in occasione di Cagliari Capitale Italiana della Cultura, un grande paesaggio marino stilizzato, giocato sulle tonalità del blu, che dialoga con lo stagno di Santa Gilla. In definitiva l’antichissima Sardegna, oltre all’immenso patrimonio archeologico, fatto di nuraghi, domus de janas, pozzi sacri, tombe di giganti, menhir e quant’altro, spesso poco conosciuto anche dagli stessi sardi, possiede qualcosa come quasi 2mila murales (sono 1.854 quelli schedati, ma il censimento non è ancora terminato). Sarà pur banale ribadire che la Sardegna non è solo spiagge paradisiache e mare incontaminato, ma questa è la realtà. Roberta Vanali Articolo pubblicato su Artribune Magazine #45


MArteLive Arti Visive

Referente Roberta Vanali Giuria: Ercole Bartoli / Alessandra Menesini / Chiara Manca / Alice Deledda / Roberta Vanali Categorie: Pittura, Scultura, Fotografia, Grafica, Street Art,

Scadenza: 10 Agosto 2021

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ArteLive è un festival multi-disciplinare che il nostro direttore artistico e fondatore Giuseppe Casa ama chiamare “multi-artistico” per rafforzare ancora di più il concetto che sta alla base del festival e di tutto l’universo MArteLive: la simultaneatà delle arti e il loro ibridarsi e sovrapporsi per creare un unico grande evento frutto della sinergia di più spettacoli quasi in contemporanea e in un unica location! MArteLive è un format artistico nasce nel 2001 a Roma come iniziativa di Giuseppe Casa e di un gruppo di studenti della facoltà di economia dell’Università RomaTre e di giovani proveniti dall’accademia delle belle arti di Roma. Ciò che caratterizza il format

del festival sin dalle dalle origini è il sovrapporsi e susseguirisi di più spettacoli quasi in contemporanea in un’unica location, il Classico Village dal 2001 al 2002 e l’Alpheus dal 2003 al 2011 a Roma. Nel 2011 dopo un’edizione speciale, la Beta Edition, e a undici anni dalla sua prima edizione, MArteLive diventa BiennaleMArteLive e lancia un progetto totalmente innovativo, dove per la prima volta sarà coinvolta tutta la città di Roma per sei giorni e sei notti dal 23 al 28 settembre 2014 in circa 30 location diverse in contemporanea tra live club, teatri, gallerie,monumenti, muri, spazi aperti, piazze, musei e Librerie e spazi della cultura. Nel 2017 con la seconda edi-

zione della BiennaleMArteLive è stata raddoppiata l’offerta artistica con il coinvolgimento di 60 location tra Roma e Lazio il circa 1000 artisti. L’evento ha avuto anche eco internazionale grazie soprattutto alla storica traversata del Tevere ad opera del funambolo Andrea Loreni. davanti a Ponte Santangelo. MArteLive è stato nell’arco di quasi vent’anni una delle manifestazioni culturali più interessanti nel panorama italiano offrendo una vetrina vera ad artisti sconosciuti (es. Gio Evan, Nobraino, Management del Dolore Post-Operatorio) e un vero e proprio laboratorio a migliaia di giovani artisti italiani e non solo mantenendo prioritario sempre uno spirito fresco e giovanile di innova-

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zione e allo stesso tempo di festa. In continuità con questa prerogativa nel 2011 MArteLive è diventato un festival Biennale per garantire maggiore spazio e tempo alla ricerca delle eccellenze artistiche del nostro paese e alla promozione e distribuzione delle realtà già scoperte in questi anni. A differenza delle passate edizioni la Biennale MArteLive sfrutterà in maniera completa tutto il MArteLive System, l’innovativo e originale Network (reale e virtuale) creato attorno all’evento MArteLive in questi dodici anni. Questi due anni di preparazione sono serviti anche rafforzare e sviluppare al meglio la rete di contatti. (www.martelivesystem.net)

(per ciascuna categoria) Premio MARTELIVE (primo classificato): il vincitore avrà il PASS per partecipare alla BIENNALE MARTELIVE di Roma (dicembre 2021). Premio Fondazione per l’arte Bartoli Felter (primo classificato): Il premio consisterà nella possibilità di organizzare una mostra, della durata minima di 10 giorni, all’interno della galleria TEMPORARY STORING della FONDAZIONE BARTOLI FELTER, entro il 2022 con la curatela di Roberta Vanali. Premio Speciale Fondazione “Giuseppe Siotto”: Il premio consisterà nella possibilità di organizzare una mostra, della durata minima di 10 giorni, all’interno del Palazzo Siotto, entro il 2022, con la curatela di Roberta Vanali e Alice Ildegarda D’Orléans Tutti i link utili: Per visionare tutti i premi: https://sardegna.martelive.it/ Per conoscere tutti i giurati: https://sardegna.martelive.it/ nucleo-referenti-giurati/ Link per iscriversi e visionare i bandi: Pittura https://concorso.martelive.it/ concorso/14-sezioni/18-pittura Scultura https://concorso.martelive.it/ conc.../14-sezioni/25-scultura Fotografia https://concorso.martelive. it/.../14-sezioni/19-fotografia Grafica https://concorso.martelive. it/.../20-illustrazione-grafica Street-Art https://concorso.martelive.it/ con.../14-sezioni/21-streetart


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Foto Francesca Manca di Villahermosa

isico statuario e sinuose movenze feline, sul palcoscenico di #Norajazz riflettori accesi su Dobet Gnahoré, una delle grandi regine d’Africa. Premiata nel 2010 col Grammy Award , Dobet interpreta le proprie composizioni in differenti lingue africane - Betè, Fon, Baoulè, Lingala, Wolof, Malinkè, Mina e Bambara -, oltre che in francese e in inglese, in una miscela di elementi sonori e ritmici esaltati dai musicisti in quartetto. Dobet Valérie Gnahoré è nata in Costa d’Avorio il 17 giugno 1982. È una cantante, ballerina e musicista ivoriana. Cantautore, Dobet Gnahoré vive tra la Francia (a Strasburgo) e la Costa d’Avorio. Originaria dell’ovest della Costa d’Avorio, Dobet Gnahoré è la figlia maggiore di Boni Gnahoré, maestro percussionista della Compagnia Ki Yi M’Bock di Abidjan diretta da Werewere Liking. Abbandonata dalla madre alla nascita, è stata cresciuta nel suo villaggio dalla nonna. In questo villaggio del paese di Bete, partecipava al lavoro nei campi. All’età di 6 anni, raggiunse suo padre ad Abidjan, parlando solo la lingua tradizionale del villaggio in cui era cresciuta. Ha lasciato la scuola all’età di 12 anni per unirsi alla compagnia di artisti di suo padre dove ha imparato il teatro, la danza, la musica e il canto. Ha praticato diversi stili di musica. Oggi, Dobet Gnahoré è una ballerina e musicista-cantante ed è anche una dei più importanti artisti ivoriani. Dopo tre anni di formazione nelle arti dello spettacolo, ha lasciato Kiyi M’bock per unirsi alla grande compagnia di danza afro-contemporanea Tchétché di Béatrice Combe, dove è rimasta per un anno e ha acquisito maggiore esperienza. Nel 1996, ha incontrato il chitarrista francese Colin Laroche de Féline, all’epoca chitarrista di suo padre Boni Gnahoré, con il quale ha composto diverse canzoni. Insieme, hanno formato il duo Ano Neko nel 1999, che significa “Creiamo insieme” in Bété (la sua lingua madre). L’album Ano Neko è uscito nel 2004 con 16 brani composti principalmente in Bété. Canta anche in una moltitudi-

Dobet Gnahoré

NORAJAZZ

sabato 7 agosto 2021 Teatro Romano di Nora Pula Tel.+39 070 491272 norajazzfestival@gmail.com www.norajazzfestival.it/ Info biglietti BOX OFFICE SARDEGNA boxofficesardegna.it Viale Regina Margherita 43, Cagliari tel. +39 070 657428 PRO LOCO PULA prolocopula.com Casa Frau - Uff. Inf. Turistiche Piazza del Popolo, Pula Tel. + 39 349 167 9288 INFOPOINT VISIT PULA Corso Vittorio Emanuele 28/A Pula Tel. +39 070 92440332 visitpula.info

DOBET GNAHORE’ ne di lingue come: Malinke, Lingala, Wolof. Nel 2001, ha partecipato per la prima volta al Masa, uno dei più grandi mercati culturali africani. Nel 2003, il duo è stato completato dal tunisino Nabil Mehrezi al basso e Samba alle percussioni. Il gruppo si è poi concentrato sul nome “Dobet Gnahoré”. Nel 2003, ha firmato con la casa di produzione Contre Jour (Belgio), con la quale ha pubblicato quattro album. Nel 2010, è diventata la p rima artista ivoriana a vincere un Grammy Award per la composizione originale di PALEA, che è stata coperta dalla cantante India Arie. A partire dal 2010, Clive Govinden e Boris Tchango suoneranno rispettivamente il basso e la batteria. Nel suo quarto album, canta in Bété, Malinké, Dida, Lingala, creolo haitiano, francese e inglese. Per il suo quinto album, Miziki, uscito nel 2018, Dobet Gnahoré ha arruolato i servizi di Nicolas Repac per ottenere un suono più afro-electro. Aveva apprezzato il lavoro del produttore francese con il cantante maliano Mamani Keïta. In questo album, che la can-

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tante descrive come “più personale”, affronta i temi di “compassione, amore, pace ed educazione “ . Il quotidiano francese Le Monde ha descritto l’album come “luminoso”. “Le voici enfin l’album lumineux que l’on espérait pour Dobet Gnahoré. Celui qui révélerait toutes les nuances de son empreinte vocale, la ferait apprécier autrement que comme une chanteuse charismatique faite pour la scène (souplesse, puissance et regard de braise). Coproduit par le Café de la Danse (salle de concerts parisienne), ce cinquième album est quasiment tout écrit et composé par la chanteuse ivoirienne, qui a fait ses classes auprès de son père percussionniste, Boni Gnahoré, au village d’artistes Ki Yi M’Bock, créé à Abidjan en 1985 par l’écrivaine camerounaise Werewere Liking. Entourée de ses musiciens (dont le toujours fin guitariste Colin Laroche, de Féline), elle a trouvé en Nicolas Repac le réalisateur idoine pour la coacher et draper d’arrangements subtils ses mondes intérieurs mis en chansons, dans lesquelles court un esprit vaillamment positif”

Ecco, finalmente, l’album luminoso che avevamo sperato per Dobet Gnahoré. Quella che avrebbe rivelato tutte le sfumature della sua impronta vocale, che l’avrebbe fatta apprezzare come qualcosa di diverso da una cantante carismatica fatta per la scena (elasticità, potenza e occhi infuocati). Co-prodotto dal Café de la Danse (una sala da concerto parigina), questo quinto album è quasi interamente scritto e composto dalla cantante ivoriana, che ha studiato con suo padre percussionista, Boni Gnahoré, al villaggio di artisti Ki Yi M’Bock, creato ad Abidjan nel 1985 dallo scrittore camerunese Werewere Liking. Circondata dai suoi musicisti (tra cui il sempre bravo chitarrista Colin Laroche, dei Féline), ha trovato in Nicolas Repac il direttore ideale per allenarla e per drappeggiare i suoi mondi interiori nella canzone, in cui scorre uno spirito valorosamente positivo. Patrick Labesse https://www.lemonde.fr/musiques/article/2018/05/11/ https://www.dobetgnahore. com/fr/#home https://norajazz.it/events/dobet-gnahore/


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AMBIZIONI QATARIOTE D

a alcuni anni i ricchi paesi della penisola araba sono protagonisti nei maggiori eventi sportivi mondiali, con i quali ambiscono a guadagnare rilievo internazionale. Dopo aver consolidato la loro presenza negli sport motoristici (i primi arrivati sulle coste del Golfo Persico dopo l’ascesa economica della regione) ora siamo nel mezzo del cosiddetto quadriennio arabo dello sport internazionale, nel quale stanno arrivando a compimento alcuni dei principali progetti delle nazioni della regione per accrescere presenza e competitività negli sport più conosciuti. Il paese che sta portando avanti il piano più ambizioso è il Qatar, una piccola nazione un tempo praticamente disabitata. La famiglia che governa il paese ha cominciato a investire nello sport più di un decennio fa, sostenuta dal nono fondo sovrano più ricco al mondo (nel 2018 di circa 320 miliardi di dollari, derivati principalmente dalla produzione di gas). Alle Olimpiadi di Tokyo il Qatar ha vinto per ora due ori, i primi della sua storia, nel salto in alto con il fortissimo Mutaz Essa Barshim (a pari

denti lì solo temporaneamente — e la tradizione sportiva praticamente non esisteva: le discipline più seguite erano le corse con i cammelli e la falconeria. Come ha scritto Sebastian Abbott nel suo libro “Fuori Casa”, oltre la metà della popolazione era considerata in sovrappeso per via di uno stile di vita sedentario. Alle Olimpiadi di Rio de Janeiro del 2016 il Qatar era riuscito a mandare trentanove atleti, il numero più alto di sempre. Di questi trentanove, ventitré erano nati fuori dal Qatar. C’erano corridori sudanesi, pugili tedeschi, giocatori di beach volley brasiliani e pallamanisti slavi, tutti ingaggiati per provare a vincere qualcosa. A Tokyo 2020 il Qatar si è presentato con meno della metà degli atleti, ma ha ottenuto risultati nettamente migliori, vincendo le sue due prime medaglie d’oro con Fares El-Bakh, egiziano naturalizzato nel sollevamento, e Mutaz Barshim, altista nato a Doha da genitori sudanesi. La terza medaglia d’oro potrebbe arrivare dal beach volley con Ahmed Tijan e Cherif Younousse, entrambi africani naturalizzati. L’Aspire Zone venne costituita nel 2003 per fare del Qatar una nazione dedita anche allo sport. Da allora coordina e indirizza l’operato di tre società controllate: una per la formazione degli atleti, una per l’organizzazione logistica di eventi e la terza per la fornitura di assistenza medica d’eccellenza. La più nota di queste è la prima, l’Aspire Academy, un mastodontico centro sportivo di 290.000 metri quadri la cui costruzione è costata (si dice) oltre 1 miliardo e 300 milioni di dollari. Il suo obiettivo è diventare il miglior centro formativo d’eccellenza al mondo: a giudicare da quello che ha ottenuto negli ultimi anni, pare ci stia riuscendo. Nelle soste invernali dei vari campionati l’Aspire Academy di Doha ospita i ritiri di decine di squadre europee, molti dei quali organizzati in contemporanea, data la vastità del centro. Nel 2019 Bayern Monaco, Paris Saint-Germain (dal 2011 di proprietà del fondo sovrano qatariota), PSV Eindhoven, Club Brugge, Eupen, Zenit, Spartak Mosca, Lokomotiv Mosca, (segue pagina 14)

merito con Gianmarco Tamberi) e nel sollevamento pesi con Faris Ibrahim. La coppia formata da Cherif Younousse e Ahmed Tijan è in semifinale nel beach volley, dopo aver eliminato l’Italia, ed è favorita per la vittoria del torneo. Né Younousse, né Tijan, né Ibrahim sono nati in Qatar (Barshim invece sì), bensì sono stati naturalizzati: uno degli strumenti fondamentali con il quale il paese sta perseguendo una maggiore centralità nello sport internazionale, criticata da osservatori e federazioni internazionali. Sebastian Coe, presidente della federazione mondiale di atletica, paragonò lo strumento delle proposte di cittadinanza con finalità sportiva al «mercato di atleti, al limite del traffico se non si fa attenzione». Anni fa l’ambasciatore statunitense a Doha (lo stesso che aveva definito il Qatar «un’impresa familiare con un seggio alle Nazioni Unite» ) scrisse in un rapporto che il paese si sarebbe trovato presto con talmente tanti soldi da non saperne cosa fare. Una parte di quel gigantesco surplus è stato impiegato nello sport sotto la responsabilità di Jassim bin Hamad bin Khali-

fa Al Thani, figlio dell’emiro che di fatto ha portato avanti la modernizzazione del paese. Nel 2019 il Qatar aveva già vinto – abbastanza incredibilmente – la prima edizione della Coppa d’Asia di calcio aperta a ventiquattro squadre, ospitata dagli Emirati Arabi e che vide tre nazioni mediorientali in semifinale. Nello stesso anno proprio il Qatar ospitò per la prima volta i Mondiali di atletica leggera, che non andarono benissimo: gli atleti trovarono un clima insopportabile, gare organizzate a notte fonda e tribune semivuote ben prima della pandemia. Nel frattempo il paese ha continuato a prepararsi per l’evento più atteso e discusso, i Mondiali di calcio del 2022, che si giocheranno per la prima volta in inverno per via delle condizioni climatiche. Jassim prese il controllo del progetto sportivo del Qatar nei primi anni Duemila. La base di tutto fu l’Aspire Zone, un’entità creata per diventare un centro formativo d’eccellenza per atleti. Ma all’epoca di atleti qatarioti non ce n’erano. La popolazione locale era di poco superiore ai due milioni (molti dei quali stranieri, resi-

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(segue dalla pagina 13) e Rostov usufruirono insieme delle strutture di allenamento all’avanguardia e delle tecnologie del centro medico d’eccellenza Aspetar, riconosciuto come tale dalla FIFA. Le stesse strutture sono impiegate durante l’anno per la formazione dei nuovi atleti qatarioti. Nel 2018 il centro ha diplomato quarantadue ragazzi, i quali hanno portato a 352 il numero complessivo di diplomati negli ultimi dieci anni. Ha poi formato quasi ogni componente della nazionale di calcio qatariota under-23, terza classificata all’ultima Coppa d’Asia giovanile, oltre alla medaglia di bronzo nei 400 metri ostacoli ai Mondiali under-20 e alla medaglia d’oro nei 110 ostacoli ai Giochi olimpici giovanili. L’Aspire Academy si occupa di decine di attività sportive ma la sua struttura calcistica è la più complessa e ambiziosa. Nel 2022 il Qatar diventerà la prima nazionale ospitante di un Mondiale a esordirci soltanto in quanto paese organizzatore. Le origini della tradizione calcistica del paese risalgono agli anni Cinquanta, ma il gioco ci mise oltre un ventennio a radicarsi. La federazione calcistica nazionale si iscrisse alla confederazione asiatica nel 1970, acquisendo solo allora il diritto di partecipare alle competizioni continentali. L’esordio in Coppa d’Asia avvenne in Kuwait nel 1980. Oltre alla scarsa tradizione, il successo del calcio in Qatar è inevitabilmente ostacolato dalle ridotte dimensioni del paese: i calciatori sono appena seimila. Ma questi limiti, invalicabili per qualsiasi altra nazione al mondo, sono stati abbattuti dalla ricchezza e dalle ambizioni della famiglia regnante, portate avanti dallo sceicco Jassim. La ricchezza del paese ha garantito finanziamenti e strutture, ma non avendo nessun know-how calcistico, nel 2007 Jassim si affidò al talent scout spagnolo Josep Colomer, il quale creò Football Dreams, definito il più grande progetto di scouting nella storia dello sport. Colomer aveva lavorato come assistente nella nazionale brasiliana campione del mondo nel 2002 ma soprattutto era stato responsabile del famoso settore giovanile del Barcellona.

Ebbe un ruolo fondamentale nell’inizio del ciclo più vincente nella storia del club catalano e fu il dirigente che contribuì a lanciare la carriera di Lionel Messi. Colomer aveva già condotto ricerche di talenti in ogni parte del mondo quando il Qatar lo contattò per avviare Football Dreams, il progetto con cui negli ultimi quindici anni ha visionato migliaia di ragazzini, la maggior parte dei quali in Africa, il continente meno frequentato dagli osservatori europei. Lo scopo del progetto è di inviare all’Aspire i migliori talenti scovati nelle ricerche: quello che però non è mai stato chiarito è quali siano le vere ragioni a monte, anche perché nel corso degli anni le carriere di migliaia di ragazzini spediti in Qatar sono state dirottate in varie direzioni. In principio le ragioni del progetto Football Dreams erano formative: creare le nuove nazionali di calcio qatariote. Ma dopo l’assegnazione del Mondiale del 2022 il paese ha insistito con la naturalizzazione di calciatori stranieri, soprattutto brasiliani: una scorciatoia già praticata in altri sport. Questi tentativi sono diventati

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talmente frequenti da allertare la FIFA, che ha irrigidito le regole per la naturalizzazione dei calciatori. Oggi l’idoneità nazionale viene concessa solo se il giocatore richiedente ha trascorso ininterrottamente cinque anni, dopo averne compiuti diciotto, nel paese che andrà a rappresentare. Le nuove norme di idoneità nazionale hanno complicato i piani del Qatar ma non li hanno sospesi. Il paese si è presentato all’ultima Coppa d’Asia con una squadra competitiva come forse non aveva mai avuto, allenata dallo spagnolo Felix Sanchez, ex allenatore delle giovanili del Barcellona (e dell’Aspire Academy). Il Qatar era data tra le favorite in partenza e infatti ha vinto riuscendo a battere squadre più quotate come Arabia Saudita e Corea del Sud. Sul campo ha meritato la posizione che ha raggiunto, ma c’è chi ne ha contestato la validità. Il miglior marcatore del torneo, Almoez Ali, è un sudanese naturalizzato qatariota. La sua idoneità a giocare per la nazionale è stata contestata insieme a quella di un compagno di squadra, Bassam

Al-Rawi, poiché in entrambi i casi sarebbe stata concessa pur non soddisfacendo il requisito di cinque anni di permanenza nel paese per gli stranieri. Le carriere di Almoez Ali e Al-Rawi, così come quelle di altri sei componenti della nazionale campione d’Asia, hanno in comune il trasferimento all’Aspire e poi in una piccola squadra belga, l’Eupen, comprata dal Qatar per mandarci a giocare i suoi migliori talenti, dato che questi non avrebbero avuto nessuna possibilità di crescere restando a Doha. Nel 2011 l’Eupen era in seconda divisione e vicina alla bancarotta: ora è in prima divisione, è allenata dall’ex calciatore Claude Makélélé e ogni stagione viene composta da diversi giocatori provenienti dall’Aspire o dall’altro club europeo controllato dai qatarioti, il Cultural Leonesa, in Spagna. I piani del Qatar sono costati oltre un miliardo di dollari, ne costeranno altri e in tutti questi anni hanno impiegato migliaia di lavoratori da ogni parte del mondo. L’Aspire Zone occupa tuttora decine di allenatori, preparatori e consulenti occidentali, tra i quali l’italiano Valter Di Salvo, ex preparatore di Roma,


La Casa dei Semi La Rete dei Semi si incontra a Bosa

mercoledì 11 agosto 2021 scambio semi e assemblea popolare

Real Madrid e Manchester United, e l’esperto allenatore serbo Bora Milutinovic. Per arrivare a selezionare le centinaia di giocatori professionisti che ora orbitano attorno all’accademia e formano gran parte delle nazionali del paese, migliaia ne sono stati scartati nelle varie fasi. A tutti i ragazzi portati a Doha, il Qatar paga una piccola quota di mantenimento e invia alle famiglie un contributo mensile: nel caso delle famiglie più povere, questo contributo arriva a essere anche settanta volte superiore alle paghe dei genitori. I soldi inviati alle famiglie dei giocatori africani spesso creano dispute per le richieste di indennizzi da parte di presunti dirigenti e allenatori delle squadre locali che ritengono di aver avuto un ruolo nel percorso formativo dei ragazzi. A Doha la formazione dei calciatori comprende anche delle ore di attività scolastica, ma i diversi luoghi di provenienza e le differenze fra i trascorsi studenteschi dei ragazzi complicano inevitabilmente l’efficacia dei corsi. I ragazzi dell’accademia si sono spesso lamentati inoltre di non avere il controllo delle loro carriere e di non aver

potuto accettare contratti da altre squadre perché bloccati dai dirigenti. La permanenza all’Aspire dipende poi esclusivamente dal rendimento nell’attività sportiva. Questo vuol dire che qualsiasi ragazzo può essere allontanato anche dopo anni di permanenza a Doha, da dove poi dovrà ritornare a casa nel giro di qualche giorno. Il prezzo più alto delle ambizioni del Qatar, però, viene pagato dagli operai impiegati nella costruzione delle strutture. Delle pessime condizioni di lavoro nel paese, dei lavoratori sfruttati, delle misure di sicurezza insufficienti e delle morti tra gli operai, si parla da anni senza che efficaci contromisure siano mai state veramente adottate. Tre anni fa Amnesty International, l’organizzazione non governativa che si occupa della difesa dei diritti umani in tutto il mondo, diffuse un rapporto sui maltrattamenti e gli abusi non solo nei cantieri per i Mondiali, ma anche nei siti di costruzione del Qatar National Vision 2030, il progetto che dovrebbe trasformare il paese “in una società avanzata in grado di raggiungere

uno sviluppo sostenibile”. Gli operai, quasi esclusivamente stranieri e provenienti dal sud-est asiatico, subiscono trattamenti spaventosi e sono costretti a vivere ammassati in pochi metri quadrati dentro strutture fatiscenti, percepiscono salari miseri e non hanno la possibilità di lasciare il paese perché i loro passaporti vengono confiscati dai datori di lavoro: di fatto una condizione di semi-schiavitù. Secondo molte organizzazioni non governative, nei cantieri qatarioti sarebbero morti più di cinquemila operai. In seguito alle inchieste, gli organizzatori si sono limitati ad adottare un protocollo standard di sicurezza e a garantire maggiori tutele agli operai, che però continuano a morire sul lavoro. L’ultima notizia risale allo scorso agosto, quando il comitato organizzatore ha annunciato il decesso di un operaio nepalese di 23 anni senza però aggiungere nessun altro dettaglio. h t t p s : / / w w w. i l p o s t . it/2021/08/05/qatar-sport-olimpiadi-mondiali/ RETE DEI SEMI DELLA SARDEGNA biodiversità – agroecologia – autogestione

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L’associazione “Il Sesto Continente” organizza già da qualche anno una rassegna estiva davanti alle antiche Concerie della pelle a Bosa. Quest’anno, tra le varie iniziative, MERCOLEDÌ 11 AGOSTO è prevista un serata di incontro e dialogo sulla biodiversità, e la Rete dei semi della Sardegna è stata invitata a partecipare al ritrovo, oltre che con lo scambio semi e una esposizione di pomodori biodiversi, anche con proposte di contenuto. Inizialmente, avremmo voluto approfittare dell’occasione per dare avvio a una sorta di assemblea permanente sulle sementi in Sardegna ma, vista la grave emergenza scatenata dagli incendi nel Montiferru, abbiamo pensato fosse più sensato ragionare su dei contenuti che possano contribuire al dibattito su come reagire a questo doloroso avvenimento. Come Rete dei Semi della Sardegna stiamo già studiando e discutendo in proposito, ed abbiamo pensato di proporre un incontro pubblico e popolare sulla tematica delle PROSPETTIVE PER LA RIDUZIONE DEL RISCHIO IDROGEOLOGICO E PER LA RIFORESTAZIONE (es. analisi su campo, studio e e ricerca, progettualità, analisi di normative e vincoli sulla riforestazione, analisi delle ipotetiche prospettive speculative sulle aree bruciate, proposte concrete per una riforma della prevenzione anti-incendio). Perchè gli incontri possano essere interessanti ed utili è necessaria la partecipazione di tutte le persone che hanno conoscenze e/o competenze e/o volontà da mettere a disposizione del dialogo e della costruzione di proposte e progetti. Siamo tutt* invitat* a esserci! È FONDAMENTALE CONFERMARE LA PROPRIA PARTECIPAZIONE ALL’INCONTRO INVIANDO UNA MAIL A casadeisemi@autistici.org I POSTI DISPONIBILI SONO LIMITATI!

P.S. a margine dell’incontro si svolgerà un laboratorio creativo per bambine e bambini: per info Anita 345 1254 539 p.p.s non dimenticate di portare anche i vostri semi da scambiare!


STORIE STRAORDINARIE DI DONNE, UOMINI e MONUMENTI DELLA TERRA DI SARDEGNA COOPERATIVA ISTELAI PRESENTA

ROMANZESU SOTTO LE STELLE Seconda edizione Lunedi 9 Agosto 2021 ore 21:00 COMPLESSO NURAGICO DI ROMANZESU-BITTI (NU) LUOGHI DEL SACRO E SPAZI POLITICI COMPLESSI CULTUALI DELLA SARDEGNA NURAGICA L’ARCHEOLOGO FRANCO CAMPUS RACCONTO“ E OSSERVAZIONE ASTRONOMICA DEL CIELO CON TELESCOPI’ ACURA DELLA SOCIETA’ ASTRONOMICA NUORESE. Buffet su prenotazione| Info:coop.istelai@tiscali.it Tel.+3333211346 +3332371759 INGRESSO €2

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Coop Istelai Romanzesu Lunedì 9 agosto 2021 dalle ore 20.00 l’attesissimo secondo appuntamento della rassegna “Romanzesu sotto le stelle seconda edizione”, si parlerà dei Complessi cultuali della Sardegna Nuragica, nella doppia valenza di luoghi del sacro e di spazi politici con l’archeologo Franco Campus. A seguire breve reading a premessa dell’illustrazione e osservazione astronomica con telescopi della volta celeste a cura dell’astrofilo Tommaso Settanni e dell’ Associazione Astronomica Nuores… ’Misure per lo svolgimento degli spettacoli culturali In zona bianca e in zona gialla, gli spettacoli aperti al pubblico in sale teatrali, sale da concerto, sale cinematografiche, locali di intrattenimento e musica dal vivo e in altri locali o spazi anche all’aperto, sono svolti esclusivamente con posti a sedere preassegnati e a condizione che sia assicurato i rispetto della distanza interpersonale di almeno un metro sia per gli spettatori che non siano abitualmente conviventi, sia per il personale, e l’accesso è consentito esclusivamente ai soggetti muniti di una delle certificazioni verdi Covid-19.’

E’

il primo appuntamento della seconda edizione della rassegna di “Romanzesu sotto le stelle”. Il tema viaggia sui casi di studio, appunto, di Romanzesu e Serra Orrios, dei nuovi dati per lettura in chiave archeoastronomica dell’insieme territoriale, peraltro inseriti in contesti ambientalistici e paesaggistici da poesia che sollecitano l’attenzione anche dei meno

esperti in materia. L’aspetto scientifico sollecita sempre più la curiosità per la ricerca da parte di studiosi e ricercatori. Ed ecco in calendario, dopo il successo della prima edizione, l’appuntamento di domani con la partecipazione di Simonetta Castia del Circolo Culturale Aristeo e Michele Forteleoni della Società Astronomica Turritana. In programma, a segui-

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re, il racconto e l’osservazione astronomica del cielo con telescopi. È un appuntamento oltremodo interessante, e decisamente unico, nella suggestiva cornice notturna di questi siti archeologici che non finiscono di incantare e destare interesse in senso lato richiamando osservatori e studiosi, e non solo, alla ricerca di verità scientifiche e storiche. Come viene sottolineato racchiudono «storie stra-

ordinarie di donne, uomini, momenti dell’antica Terra di Sardegna». L’interesse su questi temi, pertanto, è sempre maggiore. L’appuntamento è alle ore 21 del giorno 9. L’ingresso è fissato di 2 euro, il buffet è su prenotazione. Per informazioni ci si può rivolgere alla mail coop.istelai@tiscali.it, tel.+33 33211346 o +33 32371759 www.romanzesu.sardegna.it


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a CoolTour Gallura è una Cooperativa Sociale al femminile, nata nel 2012 per la passione verso il territorio, la cultura e il turismo. Dopo anni di esperienza in questi settori, la decisione è stata necessaria e, partendo dalla gestione del sito archeologico di Santa Teresa Gallura – più noto con il nome di Lu Brandali – e della meravigliosa Torre di Longonsardo, si dà la possibilità a tutti i visitatori del

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CoolTour Gallura

territorio di conoscere questo inestimabile patrimonio storico-culturale. E’ proprio in questi luoghi che si organizzano anche rassegne letterarie, mostre, degustazioni, matrimoni e esibizioni artistiche, con l’intento di avvicinare tutti, ma proprio tutti alle nostre bellezze storico-naturalistiche. Il 2012 è iniziato con la gestione dei beni culturali di proprietà del Comune di Santa Teresa Gallura, il primo matrimonio alla Torre di

Longonsardo di Marianna e Ulisse, è continuato con la gestione degli uffici turistici del Comune di Santa Teresa Gallura, è proseguito con l’organizzazione della rassegna enologica: “La porta del Vermentino”, sono stati fatti concerti in piazza (tra cui il gruppo inglese “CabCollective), rassegne letterarie, laboratori di teatro nel sito archeologico, passeggiate per bambini, convegni, conferenze e tanto altro, sempre con l’intento

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di far rivivere i nostri monumenti. Valorizzazione del Sito Archeologico Lu Brandali, della Torre di Longonsardo, gestione info point, organizzazione di matrimonio ed eventi, servizio hostess. Sito archeologico Lu Brandali, sp 90 Santa Teresa Gallura Tel. +39 3498347698 cooltourgallura@gmail.com www.santateresaturismo.it/

La decima edizione della rassegna letteraria “I Monumenti Incontrano la Lettura” è ormai partita! Prossimo appuntamento il 9 agosto 2021 alle ore 21:30 in Piazzetta Vignola Mare, in compagnia di Donatella Bianchi che presenterà il suo ultimo libro “L’eredità del Mare”. Proseguiremo il 13 agosto 2021 con la “lettura” del cielo e la nostra famosa osservazione astronomica in collaborazione con l’Associazione Astronomica Nuorese. Faremo tappa anche ad Aggius, precisamente a “La colti di lu Mulinu” il 26 agosto 2021 alle 19:30 con Paola Soriga che, insieme a Flavio Soriga, presenterà il suo ultimo romanzo “Maicolgecson”. Concluderemo la rassegna all’anfiteatro del porto, il 2 settembre 2021 alle 21:30 in compagnia di Pinuccia Sechi che dialogherà con Carlo Mannoni e il suo romanzo: il verso del gabbiano, l’ultima giornata del Sindaco. La partecipazione alle serate è gratuita . Prenotazione obbligatoria al Tel. 392 0547979 Vi aspettiamo!


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a cultura in piazza, a Neoneli, per quattro intense giornate di incontri letterari, arti visive e buona musica. Da giovedì 26 a domenica 29 agosto torna Licanìas, il festival nel cuore del Barigadu promosso dall’Amministrazione comunale per la direzione artistica di Alessandro Marongiu. Tra i protagonisti di questa edizione Letizia Battaglia, Giulio Cavalli, Vera Gheno, Aldo Nove, Valentina Mira, Alessandro De Roma, Roberto Cotroneo e molti altri. Libri ma non solo: mostre d’arte, laboratori, progetti musicali e letture sceniche, per un festival che da sempre fa della contaminazione tra le arti la sua cifra stilistica. Al centro delle riflessioni di Licanìas la forza dirompente dell’immaginazione: “Imagine” è infatti il tema della rassegna, a cinquant’anni dall’uscita di uno dei brani più iconici della storia della musica pop, considerato uno dei maggiori lasciti artistici di John Lennon. «La scelta del tema – spiega Anna Rita Punzo, curatrice della sezione arti visive del festival – è figlia del nostro presente, un tempo incerto e sospeso, in cui le distopie hanno sostituito le utopie ma la volontà di reagire, di cercare la luce nella caverna, non si è mai spenta. Licanìas intende raccogliere, riunire e divulgare storie, racconti e testimonianze di vicende capaci di sovvertire l’ordine, sfidare l’irreale e offrire un contraltare alla stessa immaginazione». Si comincia giovedì 26 agosto con la presentazione del nuovo volume di un progetto originale nato all’interno del festival, la collana Licanìas, a cura quest’anno di Roberto Cotroneo, giornalista e scrittore, che firma un racconto inedito nato a Neoneli in residenza artistica. A dialogare con lui sarà Matteo Cruccu, giornalista del Corriere della Sera. A seguire, si parlerà di audiolibri nell’incontro fra l’attrice e doppiatrice Michela Atzeni, fondatrice della casa di produzione Quarantacinque Audiolibri & Doppiaggio, e Sandra Furlan, già direttrice marketing per Mondadori, oggi consulente della casa editrice e studio di registrazione Full Color Sound, specializzata in prodotti audio. A chiudere la prima giornata (che si svolgerà alla Cantina Bentu Luna in zona artigianale a partire dalle 18:00) sarà “Confesso che ho bevuto“, di e con Monica Corimbi, Fabio Coronas e Omar Bandinu: uno spettacolo della compagnia Bocheteatro alla scoperta del

A Neoneli ritorna il festival culturale Licanìas, quest’anno nel segno di “Imagine” Incontri letterari, arti visive e musica dal 26 al 29 agosto 2021 Tra i protagonisti Letizia Battaglia, Giulio Cavalli, Vera Gheno, Aldo Nove, Valentina Mira, Alessandro De Roma, Roberto Cotroneo Piazza Italia Neoneli

mondo del vino come metafora degli autentici valori della vita. Venerdì 27 agosto Licanìas entra nel vivo con una serie di appuntamenti nel cuore del paese a partire dal mattino. La giornata si accende alle 10:00, nel cortile di Casa Cultura, con la presentazione di uno degli esordi più belli e importanti degli ultimi anni: il direttore artistico di Licanìas Alessandro Marongiu parlerà con Valentina Mira del suo “X“, pubblicato da Fandango, un romanzo ricco di significati e temi, tra cui le molteplici forme che – nella società, nei rapporti personali e sessuali, all’interno della famiglia – può assumere la violenza. A seguire un incontro tra due dei più autorevoli scrittori sardi, Alessandro De Roma e Alberto Capitta, in dialogo sull’ultimo libro di Capitta, “Quel mangione di Renato” (Angelica Edizioni). Si prosegue nel pomeriggio con una riflessione sulla lingua della pandemia, di questi nostri tempi sospesi fatti di restrizioni e isolamento: a parlarne, dalle 17:00 in largo Margherita, sarà la sociolinguista dell’Università di Firenze Vera Gheno, specializzata in comunicazione digitale e autrice di “Parole contro la paura” (Longanesi).

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Alle 19:00 in piazza Italia torna Alessandro De Roma, questa volta per parlare del suo ultimo romanzo, “Nessuno resta solo” (Einaudi), una storia familiare intensa e spietata, fatta di lontananza e rancore sino a un travagliato percorso di (possibile) riconciliazione. In conversazione con l’autore il direttore del Centro servizi culturali di Macomer Giancarlo Zoccheddu. Infine, sipario sulla seconda giornata del festival con una doppia performance in piazza Barigadu: alle 22:00 va in scena “Moriremo tutti! Storie di come abbiamo immaginato la fine del mondo“, ironico spettacolo di uno dei più popolari divulgatori scientifici del web, Adrian Fartade, che conta quasi 400 mila iscritti sul suo canale YouTube: un percorso alla scoperta degli esempi più iconici immaginati dall’uomo sull’apocalisse, e di quanto siano credibili scientificamente. Chiusura in musica a partire dalle 23:00, con un progetto ideato dal musicista, compositore e sound designer Emanuele Contis (sax ed elettronica) con il coinvolgimento di un altro sardo, il batterista Nanni Gaias: un progetto non convenzionale che ha debuttato lo scorso giugno con la partecipazione di

Gavino Murgia, avvicendato a Neoneli dal sassofonista salentino Raffaele Casarano, altro nome di primo piano nel panorama del jazz nazionale. Nuova giornata densa di incontri anche quella di sabato 28 agosto: alle 10:00 a Casa Cultura torna centrale il dibattito sul G8 di Genova con Valerio Callieri, scrittore romano e autore di “È così che ci appartiene il mondo” (Feltrinelli), il racconto drammatico, vent’anni dopo, della sua esperienza a Bolzaneto, di quei giorni di violenze e soprusi, di sospensione delle libertà civili, di forti tensioni politiche. A seguire una riflessione sulle emozioni con il “Nuovissimo testamento” (Fandango) di Giulio Cavalli, una riflessione amara e poetica su come la società cerchi di anestetizzare il sentimento, privandoci della curiosità di sognare. A dialogare con Cavalli sarà la giornalista Manuela Arca. Gli appuntamenti del pomeriggio prendono il via con l’attesissimo incontro tra Cristina Nadotti, giornalista di Repubblica, e Letizia Battaglia, fotografa militante e pasionaria, una delle eccellenze della cultura italiana nel mondo. Un dialogo che attraversa l’incredibile esistenza della più famosa e premiata fo-


togiornalista italiana. A fornire lo spunto per l’incontro sarà “Mi prendo il mondo ovunque sia” (Einaudi), il libro scritto con Sabrina Pisu in cui Letizia Battaglia racconta per la prima volta, e senza censure, la sua vita di artista, politica e donna. Si comincia alle 17:00 in largo Margherita. Mentre a seguire, alle 19:00 in piazza Italia, come anteprima di “Wine, Fregula e Cassola”, va in scena il dialogo tra il giornalista Maurizio Pratelli e Tommaso Melilli. Cuoco e scrittore, Melilli ha girato l’Italia visitando alcune delle osterie più interessanti, ricavandone in sostanza l’autobiografia di un Paese, le storie dei territori e i segreti dei piatti: un’esperienza finita nel libro “I conti con l’oste” (Einaudi), che è insieme romanzo di formazione e racconto di un mondo nascosto al grande pubblico, quello delle cucine. Chiusura in musica anche per la serata di sabato – dalle 22 in piazza Barigadu – con un evento proposto in collaborazione con il festival Dromos: “A Sud di Bella Ciao“, con Riccardo Tesi, Elena Ledda, Lucilla Galeazzi, Alessio Lega, Nando Citarella, Maurizio Geri, Gigi Biolcati e Claudio Carboni. Uno straordinario ensemble di musicisti e cantanti alle prese

con la canzone popolare italiana nelle sue versioni più mediterranee, in cui emergono tutte le contraddizioni del Sud, in un percorso che ci aiuta a capire e decifrare il nostro presente. Ultimo giorno di Licanìas, domenica 29 agosto, e ultima fitta scaletta di incontri. Il primo, alle 10:00 del mattino, è all’insegna del fumetto: nel cortile di Casa Cultura, Riccardo Atzeni presenta “Saetta rossa“, la graphic novel edita da Panini Comics con testi di Marco Bucci. Ad accompagnare l’illustratore cagliaritano sarà il collega nuorese Manuelle Mureddu. A seguire, l’incontro con lo studioso e divulgatore Eric Gobetti, che nel suo ultimo libro “E allora le Foibe?” (Laterza) si concentra sul racconto oggettivo di una vicenda storica deformata e distorta in ogni modo, negli ultimi anni, sui social e nel dibattito pubblico e politico. La giornata si articola poi sotto le insegne della poesia, nel pomeriggio, quando alle 16:00, in largo Margherita, si presentano i libri di Laura Pugno “Noi” (Amos Edizioni) e “Oracolo manuale per poete e poeti” (con Giulio Mozzi, Sonzogno); a condurre la conversazione la scrittrice Azzurra D’Agostino.

A seguire Pierfrancesco Pacoda, critico musicale e saggista, incontra Antonio Taormina, curatore delle edizioni italiane dei tre libri scritti da John Lennon, per parlare di uno dei protagonisti del Ventesimo secolo e del suo lavoro artistico, in un appuntamento dal titolo “Immagina John Lennon poeta e scrittore“. E ancora, alle 19:00 in piazza Italia, il ritorno di uno dei più amati scrittori italiani, Aldo Nove, che accompagnato da Maurizio Pratelli rende omaggio al grande Franco Battiato, cui Nove ha dedicato il suo ultimo libro edito da Sperling & Kupfer. Tappa conclusiva del viaggio di Licanìas lo spettacolo “Moby Dick (o i classici punk). Un viaggio in musica e canzoni sopra il grande Leviatano“, con letture di Giacomo Casti e musiche di Diego Pani e Andrea Schirru. Venerdì e sabato, con appuntamenti alle 17:00 e alle 18:30 a Casa Cultura, Licanìas propone una serie di laboratori dedicati ai più piccoli, organizzati e tenuti dall’associazione culturale Lughenè. Si comincia con il corso di disegno Immagina di essere me.A seguire Un mondo di differenze, in cui attraverso la cartotecnica si riflette sulla

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Informazioni: • 333 5765304 • 340 3368741 • 346 3870114 Notizie e approfondimenti nel sito licanias.it e alle pagine Facebook @licaniasfest e Instagram @licaniasfest. Tutti gli appuntamenti del festival si terranno con ingresso gratuito e nel rispetto delle misure anti-Covid.

diversità come ricchezza. Sabato si prosegue con Immagina la terra nelle tue mani, breve corso di pittura acrilica su temi a sfondo ambientalista; e Umorismo e riso – Ridi con me, non di me, workshop di scrittura umoristica per imparare a ridere senza offendere gli altri. Si chiude poi domenica con due momenti dedicati alle illustrazioni: Immagina di essere altrove e Rotoli di storie. Arti visive Incontri letterari, musica, spettacoli ma anche arti visive, come sempre, a Licanìas. Ecco dunque a fare da anteprima, inaugurandosi il 21 per restare poi aperta fino al termine del festival, “Phantasmagoria“, una mostra che, come scrive la curatrice Anna Rita Punzo, “intende proporre un’inedita rilettura delle sovversive e sorprendenti incursioni nell’assurdo compiute da Alice, la giovane eroina di Lewis Carroll, attraverso una riflessione su atmosfere, visioni, personalità e psicopatologie dei personaggi chiave“. In esposizione i lavori di dodici autori del panorama artistico isolano: Zuanna Maria Boscani, Cenzo Cocca, Paolo Decortes, Gianluca Gelsomino, Aaron Gonzalez, Bachis Manca, Elisa Masala, Antonella Muresu, Egle Picozzi, Terrapintada, Eleonora Todde e Francesca Randi, che firma l’evocativa immagine della mostra. Lavori che “traggono ispirazione dalla realtà odierna, dalle fragilità emotive, dall’isolamento coatto del lockdown, dalla straniante quotidianità dell’annus horribilis appena trascorso, traducendoli in non-sense ironici e leggeri, immagini oniriche e irreali, proiezioni cupe e angoscianti“. Casa Cultura Neoneli Ospitando nel suo cortile interno diversi appuntamenti in programma al festival, fa il suo debutto in questa edizione di Licanìas la Casa Cultura Neoneli, il nuovo spazio – di prossima apertura – ricavato nell’edificio dell’ex caserma dei Carabinieri. Qui verrà trasferito il servizio bibliotecario e si potranno tenere concerti e proiezioni cinematografiche, letture e incontri con gli autori, spettacoli e laboratori. Casa Cultura Neoneli, che avrà come coordinatore Giancarlo Zoccheddu, si propone come un presidio non solo per il paese ma per il Territorio del Barigadu, un punto di riferimento per pubblici diversi, bambini, adolescenti, adulti e anziani, che potranno partecipare attivamente a processi di coesione sociale e inclusione.


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due anni dalla prima edizione della Biennale della Fiber-Art della Sardegna, il Museo Unico Regionale dell’Arte Tessile Sarda – MURATS – di Samugheo, prosegue il proprio lavoro di ricerca, riscoperta e inventariazione delle esperienze maturate dagli artisti sardi in tale ambito, allo scopo di definire percorsi, sviluppi ed esiti della ricerca contemporanea. Taglio del nastro Venerdì 6 Agosto – ore 18.00 – alla presenza del sindaco di Samugheo Basilio Patta, del vicesindaco Luigi Todde e dell’assessore alla cultura Elisabetta Sanna. Il secondo atto di INVENTARIO 20, curato dal Direttore del Museo MURATS Baingio Cuccu e da Anna Rita Punzo, mette in scena un percorso espositivo eterogeneo, caratterizzato dalla co-presenza di grandi installazioni e opere di piccolo formato e dal costante dialogo tra lavori di recente produzione e progetti risalenti agli anni 80/90, talvolta inediti, poco noti o conosciuti solo attraverso foto e cataloghi dell’epoca. Spazio anche alle incursioni nella pittura e nella fotografia, media attraverso cui gli artisti conferiscono nuova linfa e significato a cuciture, ricami, manipolazioni tessili e sovrapposizioni materiche. L’edizione 2021, che annovera tra i propri partner la rivista dedicata alle arti tessili ArteMorbida Textile Arts Magazine, è suggellata dalla presentazione del catalogo ufficiale della prima Biennale della Fiber-Art della Sardegna, che propone oltre ai testi dei curatori, alle immagini fotografiche di una selezione di opere in mostra e alle informazioni biografiche degli artisti, una sequenza di scatti relativi dell’inaugurazione.

Precursori, maestri e giovani artisti sardi sono i protagonisti di una mostra che intende raccontare le molteplici nature di una corrente artistica sperimentale, in continuo divenire, capace di esiti effimeri e concettuali, percorsi da un’energia ancestrale. L’accesso alla mostra sarà consentito secondo la normativa anti-Covid vigente. h t t p s : / / w w w. a r t e m o r b i da.com/inventario-20-seconda-biennale-della-fiber-art-sardegna/

Biennale Il FIBER ART 6 Agosto 2021 14 Novembre 2021

Museo MURATS Via Bologna sn 09086 Samugheo (OR) Telefono: 0783 631052

museomurats@gmail.com

http://murats.it

Museo unico regionale dell’arte tessile sarda, in acronimo MURATS, si trova a Samugheo, in provincia di Oristano, località nota per la produzione tessile. L’edificio è ubicato alla periferia del paese, in via Bologna sn, nella strada che porta a Busachi. Il Museo dispone di una collezione basata sulla produzione tessile della Sardegna che va dal XVIII secolo fino alla prima metà del XX. Il MURATS è stato progettato alla fine degli anni ‘90 ma la sua costruzione è stata terminata nel 2001 per volontà del Comune di Samugheo, la sua è una struttura realizzata per l’occasione e si sviluppa su due piani per una totalità di 750 m² circa di spazio espositivo. Al piano terra, insieme al front office, si trovano due sale mentre al primo piano si trova una terza grande sala. Collezione La collezione del MURATS è formata da una serie di manufatti provenienti da tutte le zone dell’Isola, si tratta di coperte, copricassapanche, tovagliati, bisacce, sacchi da pastore, teli per il pane, abiti femminili e maschili sia giornalieri che festivi e altri preziosi manufatti realizzati artigianalmente in lana, cotone e lino. Sono presenti anche alcuni attrezzi che venivano utilizzati nel processo di realizzazione della materia prima e anche alcuni esempi di antichi telai in legno con cui venivano realizzati i manufatti. Tra i pezzi più pregiati spiccano le affaciadas, piccolissime strisce di tessuto finemente lavorato che si esponevano nei balconi durante la processione del Corpus Domini, e i tappinu e mortu. Della collezione fanno parte anche alcuni manufatti della collezione Cocco. Attività Oltre all’esposizione permanente della collezione tessile il museo segue un programma di mostre temporanee attinenti alla natura dello stesso museo ma anche di arte contemporanea in occasione di eventi di rilievo della comunità di Samugheo o dell’isola in generale. Mostre che vengono completate da eventi paralleli quali workshop, laboratori e giornate di studio a cui partecipano gli artisti chiamati per esporre. http://www.murats.it/contatti/

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Artisti esponenti 2021 Silvia Argiolas Pietrina Atzori Pietruccia Bassu Betty Casula Giulia Capsula Casula Cenzo Cocca Nietta Condemi De Felice Tiziana Contu Giuliana Fanelli Daniela Frongia Veronica Gambula Daniela e Francesca Manca Maria Grazia Medda Gianluca Melis Monica Mura Antonella Muresu Sabrina Oppo Antonello Ottonello Igino Panzino Romeo Pinna Josephine Sassu Antonio Secci Maria Jole Serreli Stefania Spanu


Foto comitatoambientesulcis appello: fermi tutti. Il primo preannuncio è di due settimane fa. Nessuno lo aveva smentito, vista la nota della Riverso che aveva prevenuto la fila indiana di camion che dalla Lombardia al Veneto, dalla Campania al Lazio, ogni settimana si riversavano sulla via sarda dei rifiuti. Ora tutto si tocca con lo sguardo, con quella collina carica di veleni inanimata come non mai. Chiusa. Intrigo assicurativo Se non ci fosse di mezzo un intrigo assicurativo degno delle migliori spy story internazionali si potrebbe pensare ad una fuga da «day after». In realtà, in quella distesa grigia di veleni sotterrati per l’eternità, in quel compluvio tra il vecchio villaggio minerario Asproni e la miniera di barite, sono spariti tutti. Niente più tir, niente più lavoratori, dileguati dentro un garage ruspe e escavatori. Guai muovere uno spillo. L’unico mezzo che si aggira per quel carico di veleni è una cisterna-innaffiatoio. Le disposizioni impongono di bagnare senza tregua quella polvere sottile, che non si ferma d’inverno, figuriamoci a ridosso d’agosto.

Eccoci chiusi Quando la macchina circospetta osserva dall’alto lo scandire del silenzio, spuntano, appostati come le vedette dietro le persiane nei paesi degli “affari degli altri”, i guardiani del deserto dei veleni. Lo sguardo è fugace, ma emblematico. Il messaggio è esplicito: ci volevate chiusi, eccoci chiusi. In realtà non è arduo spiegare le cause di quel fermo, che non dipendono, ovviamente, dalle volontà dei “cattivi detrattori” di quel cumulo di veleni, tra falde acquifere e corsi d’acqua. Riempita con il turbo La discarica della Riverso, società in capo alla Asset Management, compagine di diretta emanazione dei Colucci, è chiusa perché non ha più l’assicurazione. E quando ce l’aveva non valeva praticamente niente, visto che si trattava di un garante bulgaro dileguatosi gambe all’aria quasi fosse un neofita cacciatore straniero in terra d’Armungia inseguito dal “Cinghiale del diavolo”, indispettito, nelle gole profonde di Monte Cardiga. Fuga assicurativa Fuga con tanto di certificato dell’Autorità di vigilanza bul-

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LA DISCARICA DEI VELENI

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tornanti impolverati si sono fermati. Le ruote dell’infinita carovana dei veleni hanno smesso di girare. Brulica solo il termometro, a ridosso dell’ultimo miglio sfonda il muro dei quaranta gradi cocenti sotto il sole a picco. Il cartello segna «Miniera di Barega», antico giacimento di barite incastonato tra le rocce metallifere dell’Iglesiente. In realtà, la svolta sulla strada che collega Villamassargia con Carbonia, è verso la collina dei veleni, quella di Serra Scirieddus. Il silenzio, ora, da giorni, domina il confine tra le miniere di carbone e quelle metallifere. Crocevia dei veleni E’ il punto d’incontro tra Gonnesa e Carbonia, il crocevia dei veleni di mezza Italia. I giganti della strada hanno lasciato il passo. I tir “stranieri”, che per tre anni hanno calcato la polvere di quel tracciato minerario, dopo aver prima percorso in lungo e in largo il nord e il sud d’Italia, solcando il Tirreno, si sono fermati. Il viavai quotidiano, insistente e ciclopico, si è arreso all’incedere dell’ingiunzione senza

gara che ha revocato, senza mezze misure, l’autorizzazione all’esercizio dell’attività assicurativa nei confronti di Insurance Company Nadejda, assicurazione bulgara, abilitata ad operare in Italia in regime di libera prestazione di servizi proprio nell’ambito della “cauzione”. Proprio il caso della «cauzione» della Riverso che, per sottoscrivere l’ultima polizza fideiussoria, necessaria a garantire la chiusura regolare della discarica e il suo monitoraggio per i prossimi trent’anni, si era catapultata nella terra delle assicurazioni meno credibili del mondo. Tutto preannunciato con largo anticipo, ma nonostante questo la Colucci family c’è andata giù pesante. L’ordine era chiaro: riempire la discarica all’inverosimile, come se non ci dovesse essere un domani. Patrimonio più 1.500% I “dollari” hanno cominciato a roteare vorticosamente nelle palle degli occhi. Incrementi nei bilanci degni di una scalata in borsa, con utili cresciuti tra il 2019 e il 2020 del 237%. Un patrimonio netto schizzato a un più 1.518% dal 2018 al 2019 e a un più 434% tra il 2019 e il 2020. Un “incasso” da mille e una notte incamerato grazie alla svolta dei rifiuti extraregionali, quelli spediti a Carbonia senza limiti dalle altre regioni italiane. Per uno “strano” incastro temporale l’esaurimento della discarica stava per coincidere con la scadenza dell’assicurazione Nadejda, che seppur saltata per aria, continuava a figurare come «copertura» negli uffici della Provincia del Sud Sardegna, deputata al controllo e all’autorizzazione dell’esercizio della collina dei veleni. Saltato il banco Il sincronismo tra la fine della discarica e la cessazione della fideiussione, però, non è andato in porto. La discarica ha ancora un margine di riempimento e non esiste assicurazione all’orizzonte. Ad oggi, nonostante il vortice di affari, nessuno vuole avvallare quell’operazione con una fideiussione di ben 16 milioni di euro, necessaria per “sigillare” teoricamente quella discarica e garantire un minino di controllo per i prossimi tre decenni. Nessuno rischia (segue a pagina 22)


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(segue dalla pagina 21) Dai riscontri nel mercato delle garanzie emerge un dato inequivocabile: non ci sono assicurazioni italiane disponibili a sottoscrivere le fideiussioni, ma anche quelle straniere, da Malta ai paesi dell’Est, questa volta non si sono mostrate magnanime. Non foss’altro perché su quella discarica non solo pesa il suo prossimo esaurimento, ma soprattutto perché in ballo c’è una revocatoria ipotizzata dai giudici di Roma nell’ambito del fallimento della Daneco, la precedente capogruppo, sempre della famiglia Colucci, dichiarata fallita a maggio e responsabile di aver venduto la discarica poco prima del concordato fallimentare. Discarica vietata Dunque, la situazione era prevedibile: la discarica ora è chiusa a tutti gli effetti. Una bomba ecologica piazzata in mezzo alle montagne senza alcuna protezione, e soprattutto senza alcuna assicurazione. Una situazione che appare un vero e proprio capolavoro finanziario e gestionale: la Riverso, infatti, se non troverà l’assicurazione, avrà guadagnato comunque un fiume di denari esaurendo o quasi la discarica in meno di tre anni e dall’altra non dovrà sopportare il carico finanziario di una polizza che nessuno vuole sottoscrivere. Insomma, guadagni milionari e risparmi evidenti per la mancata sottoscrizione di una nuova polizza. Paga la Provincia Spetterà ai funzionari della Provincia, sono loro che hanno accettato l’assicurazione bulgara Nadejda, far chiarezza sulla vicenda chiedendo ai curatori fallimentari dell’Est di pagare il riscatto della polizza. Se, come è possibile, nessuno pagherà per quella fideiussione è evidente che la Provincia resterà con il cerino in mano, con una discarica senza più copertura assicurativa ma con tutti i lavori di messa in sicurezza e monitoraggio da eseguire. Tutti oneri che finiranno per gravare sui conti pubblici e, quindi, sulle tasche dei cittadini. Lavoratori “usati” Lo stesso accadrà per i lavoratori della Riverso: hanno cercato in ogni modo di “difendere” la società, ma non si sono accorti che l’obiettivo era quello di esaurire la discarica in meno di due/tre anni, dal 2018 al 2021. Missione che si è sostanzial-

mente compiuta, con un risultato evidente, lasciare a casa i lavoratori molti anni prima dell’ipotesi iniziale di esaurimento della discarica, “riempita”, all’inverosimile, di rifiuti pericolosi e veleni “continentali”. Il mistero dei saldi Resta un mistero: per quale motivo Riverso ha voluto abbassare i costi di smaltimento a tal punto da far arrivare rifiuti da tutta Italia? Un dato è certo: quella montagna di rifiuti pericolosi provenienti d’oltre Tirreno non solo ha riempito le tasche della famiglia Colucci ma ha pesantemente indebolito la concorrenza delle discariche in Sardegna. Difficoltà economiche conseguenti che potrebbero scatenare una vera e propria guerra per l’acquisizione di nuove discariche. Un vortice di affari con tanto di documenti di offerte d’acquisto di nuovi siti vergati con cifre e rate di pagamento. Documenti circostanziati che sono più di una prova del grande vortice d’affari che scorre sotto i veleni di Serra Scirieddus. Il deserto di rifiuti pericolosi è grigio, la temperatura è alle stelle. Mario Pili

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a lampada a carburo racchiusa nel simbolo della Città di Carbonia irrompe nel protocollo della Provincia del Sud Sardegna sotto forma di carta intestata. La missiva è austera come una clava, sintetica ed efficace. La posta elettronica certificata del Comune minerario inforca il server dell’ente intermedio con la data del 16 marzo. L’oggetto del contendere è esplicito: discarica Riverso. Una lettera senza troppi fronzoli che non lascia spazio a sotterfugi. Carbonia, nella partita della montagna dei veleni, non è una comparsa e non lo vuole diventare. La titolarità territoriale su quell’insediamento sul Monte Onixeddu è tutta dell’amministrazione comunale sulcitana che ha il peso di quel mostro di rifiuti proprio all’interno dei confini comunali. E non è un caso che il primo cittadino di Carbonia abbia disertato la parata della Riverso della scorsa settimana. Il silenzio Nel municipio di piazza Roma da settimane non facevano altro che sollecitare

risposte compiute sulla situazione della discarica di Serra Scirieddus, non chiacchiere ma atti concreti. Sino a lunedì scorso, quando il primo cittadino Paola Massidda e l’assessore all’ambiente Gian Luca Lai hanno deciso di reiterare con toni perentori la richiesta. E il tono è di chi si è stancato di attendere: «La presente (scrivono i due amministratori) per rappresentare che, con riferimento alle precedenti note in oggetto e che si allegano alla presente, dove si chiedevano notizie e rassicurazioni in merito al rispetto dell’autorizzazione in essere da parte della Riverso S.p.A., con riferimento ai rifiuti di provenienza extraregionale, le stesse ci risultano a tutt’oggi non riscontrate». Da quasi tre mesi il Comune di Carbonia chiedeva risposte sul trasporto di rifiuti provenienti da altre regioni italiane verso il proprio territorio comunale. Nessuno, dalla Provincia gli ha mai risposto, nonostante l’ente intermedio abbia la titolarità autorizzativa sulla discarica. C’è di più. Il Sindaco e l’assessore nella missiva alla Provincia, di cui


siamo in possesso, richiamano una risposta rimasta sconosciuta inviata dalla Regione al Comune di Carbonia. Nel pieno dell’inchiesta del nostro giornale sui rifiuti extraregionali la Direzione generale della Difesa dell’ambiente metteva nero su bianco la propria posizione sui rifiuti continentali spediti nell’Isola. Lo fa in maniera puntuale richiamando le lettere inviate negli ultimi tre anni alla Provincia del Sud Sardegna sulla questione. Il Comune di Carbonia riporta la posizione della Regione nella lettera urgente inviata due giorni fa all’ente intermedio. Il No della Regione In pratica la Direzione regionale dell’Assessorato dell’Ambiente riferisce di essersi pronunciata esplicitamente in più occasioni, citando le lettere inviate alla Provincia ad ottobre del 2019, novembre 2018, settembre 2020 e marzo 2019. E’ il Comune di Carbonia ad esplicitare la posizione della Regione: «Gli uffici regionali, nelle note sopra richiamate, hanno rimarcato il fatto che il Piano Regionale dei Rifiuti prevedesse di destinare le au-

torizzazioni alle costruzioni, ampliamento, esercizio di impianti di stoccaggio definitivo al conferimento dei rifiuti prodotti nel territorio regionale». Dunque, anche prima della delibera del 27 novembre del 2020, la Regione aveva messo nero su bianco il divieto di conferire rifiuti extraregionali. Un passaggio che smentisce la posizione della Riverso che sosteneva di operare in un’area autorizzata precedentemente al divieto della Regione. Peccato che viale Trento avesse già dichiarato, già dal 22 novembre 2018, il divieto di portare rifiuti continentali in quella discarica. La missiva della Regione era chiara: il Piano regionale dei rifiuti vieta il conferimento in Sardegna di rifiuti extraregionali. Nella lettera inviata dalla Regione al Comune di Carbonia i dirigenti regionali aggiungono una postilla ancora più incisiva: «La variazione del bacino di conferimento da regionale ad extraregionale, rispetto a quanto previsto in fase di valutazione impatto ambientale e di autorizzazione integrata

ambientale, costituisce variante sostanziale dell’autorizzazione». Nessuna autorizzazione Per poterli accogliere, scrive la Regione, serve una variante sostanziale, che non c’è mai stata. Dunque, divieto assoluto di conferire in Sardegna ogni genere di rifiuti provenienti dal nord e centro Italia, a maggior ragione se pericolosi. Sindaco e assessore non accettano più il silenzio della Provincia e chiedono risposte immediate. «Si chiede (scrivono gli amministratori di Carbonia) di conoscere se codesta amministrazione abbia adottato dei provvedimenti o se vorrà adottarne nel breve periodo, ovvero se ritenga rispettoso dell’Autorizzazione Integrata Ambientale il modo di agire della Riverso S.p.A.». «Tale richiesta (concludono Paola Massidda e Gian Luca Lai) evidenzia carattere di urgenza in quanto i cittadini di Carbonia, evidentemente preoccupati al pari degli scriventi, necessitano di tutte le rassicurazioni necessarie da parte dell’ente autorizzatorio e di controllo circa la corretta gestione di rifiuti all’inter-

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no della discarica Riverso». Camion “canarini” Al Porto di Cagliari, intanto, non si ferma lo sbarco dei veleni provenienti dalla Penisola e destinati alla discarica di Carbonia. Dopo la pubblicazione sul nostro giornale delle foto di decine di tir, parcheggiati nel molo di via Riva di Ponente, carichi di centinaia di sacchi bianchi ben in vista con il simbolo dell’amianto e di rifiuti pericolosi, adesso i viaggi di veleni hanno cambiato vestito. Nascosti e sparpagliati in tutto il porto si intravvedono decine di tir ricoperti da teloni gialli. I rimorchi rossi, gli stessi, stesse targhe e stessi codici di riconoscimento della scorse settimane, questa volta vestiti da “canarini”. Sul contenuto dei sacchi già portati in discarica, intanto, si attendono le analisi dell’Agenzia Regionale. Terre pericolose Di certo dalla visita ispettiva straordinaria dell’Arpas nel sito di Serra Scirieddus sono già emerse delle conferme: tra i sacchi provenienti dal nord e centro Italia c’erano i codici «EER 170503: terre pericolose contenenti sostanze pericolose (eternit)». Tutto interrato a Monte Onixeddu. I camion ora viaggiano vestiti di giallo, ma sono sempre rossi e carichi di veleni. Mario Pili

https://comitatoamb i e n t e s u l c i s . w o r d p re s s . com/2021/03/18/basta-silenzi-sulla-discarica-dei-veleni/ https://comitatoamb i e n t e s u l c i s . w o r d p re s s . com/2021/07/18/veleni-chiusa-a-carbonia-la-discarica-senza-assicurazione/ https://comitatoamb i e n t e s u l c i s . w o r d p re s s . com/2021/03/06/amianto-killer-nella-notte-lo-sbarco-nellisola/ https://comitatoamb i e n t e s u l c i s . w o r d p re s s . com/2021/02/01/rifiuti-pericolosi-sardegna-discarica-ditalia/ Vedi anche numerosi filmati https://comitatoambientesulcis.wordpress.com/


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ROMA?NO SANT’ANTIOCO

Foto vistanet

o sapevate? Dal punto di vista urbanistico Roma non è la città più antica d’Italia. La città più antica si trova infatti in Sardegna e si chiama Sant’Antioco (l’antica Sulky dei fenici), cittadina dell’omonima isola, nel profondo Sud della Sardegna, edificata nel IX secolo avanti Cristo. A vantare un così lontano passato è l’antica Sulky, fondata dai Fenici. Questa rivelazione è emersa dopo il ritrovamento nel comune del Sulcis, di un’antica anfora. La datazione di questo vaso è stata fatta risalire con certezza all’800 a.C., quindi l’insediamento di Sant’Antioco era stabilmente già popolato e frequentato in quel periodo, prima di Roma e prima delle città sarde di Nora e Cagliari. La fondazione di Roma o Natale di Roma, è stata fissata al 21 aprile dell’anno 753 a.C., dal letterato latino Varrone, sulla base dei calcoli effettuati dall’astrologo Lucio Taruzio. Altre leggende, basate su altri calcoli indicano date diverse. In realtà Varrone conosceva bene la Grecia e come tutti i Romani del primo secolo a.C. aveva numerose date tra le quali scegliere per fissare la fondazione di Roma. Scelsero il 753 a.C. poiché si collegava alla nascita della democrazia ateniese, che avvenne appunto con l’inizio della nomina degli arconti decennali e poi annuali ad Atene. Quando Sulky commerciava con l’Oriente e rappresentava un punto di approdo fondamentale al centro del Mediterraneo, la stessa Roma non era ancora stata edificata. Sulky rappresenta dunque la città più antica d’Italia e della Sardegna. Molti centri urbani in occidente nacquero infatti circa 50 anni dopo l’antica Sulky, intorno al 750 a.C. Fin dalla sua fondazione come città, Sulky ebbe probabilmente un’estensione di circa dodici ettari. Tuttavia, recenti ritrovamenti di ceramiche “bichrome Ware” di produzione fenicia di Oriente, autorizzano ad alzare la datazione riguardante la fondazione della città attorno IX secolo a.C. L’abitato occupava il ver-

sante orientale della collina e digradava verso il mare con le strade ortogonali. Le prime notizie sull’antico abitato fenicio provengono da un’area denominata, non proprio felicemente, Cronicario, adiacente all’ospizio per gli anziani. Nel 1983 Paolo Bernardini e Carlo Tronchetti, dirigenti della Soprintendenza Archeologica per le province di Cagliari e Oristano, avviarono l’esplorazione di quest’area: in quell’occasione furono rinvenuti importanti resti dell’antica città, prima fenicia, poi punica e quindi romana. Oltre alle strutture murarie, in pietra e in mattoni di argilla cruda, sono stati rinvenuti numerosissimi oggetti, soprattutto in terracotta, che hanno permesso di conoscere meglio quale doveva essere l’ampiezza dei commerci dell’antica Sulcis. I suoi traffici toccavano tutto il Mediterraneo, dal Libano alla Penisola Iberica, dall’Africa settentrionale all’Etruria. Attualmente l’area è oggetto di ricerche archeologiche sotto la direzione di Piero Bartoloni, professore ordinario di Archeologia fenicio-punica

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presso l’Università di Sassari, grazie all’acquisizione di una nuova area adiacente a quella indagata in precedenza. Secondo le evidenze archeologiche registrate dallo stesso professor Bartoloni, Sulky ci appare oggi come la più città antica d’Italia. Per quanto riguarda le strutture abitative più antiche, queste sono emerse in alcuni settori all’interno dell’area archeologica in cui è stato possibile indagare in profondità, raggiungendo talvolta il livello della roccia vergine. Si ricavano quindi i resti di un abitato sorto e consolidato entro la prima metà dell’VIII secolo a.C., in cui giunsero materiali e genti provenienti dalla madrepatria fenicia, dalla colonia nordafricana di Cartagine, insieme a suppellettili derivanti dai commerci intrapresi dalla colonia soprattutto con Greci ed Etruschi. L’area del Cronicario in epoca fenicia doveva essere parte di un quartiere abitativo e artigianale, dove trovarono posto impianti per la lavorazione del pescato e del metallo (in particolare ferro).

Dopo l’avvento del dominio di Cartagine sulle colonie fenicie, consolidatosi durante gli ultimi decenni del VI secolo a.C. la città di Sulky subisce importanti modifiche culturali e anche urbanistiche. Queste ultime sono state in buona parte cancellate dai successivi interventi romani, che hanno stravolto in maniera particolarmente invasiva le strutture preesistenti, salvaguardando in parte quelle più antiche, che si trovavano a quote inferiori e conservatesi grazie allo scioglimento dei mattoni crudi che le hanno sigillate. Dai resti della cultura materiale rinvenuti durante le indagini archeologiche si percepisce l’importanza che la città mantenne anche durante il dominio cartaginese, probabilmente favorita per la sua felice posizione portuale e come naturale sbocco delle risorse provenienti dal Sulcis-Iglesiente, tra le quali soprattutto l’argento. h t t p s : / / w w w. v i s t a n e t . it/roma/2021/06/09/ repost-lo-sapevate-la-citta-piu-antica-ditalia-non-e-roma-bensi-una-localita-della-sardegna/


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