Viviana Are - Dal granello di sabbia all'architettura

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[Estratto]



POLITECNICO DI MILANO

Scuola di Architettura e Società

Corso di Laurea Magistrale in Architettura Anno Accademico 2014/2015

Dal granello di sabbia all’architettura Progetto di un’abitazione ad Abetenim

Tesi di Laurea Magistrale

Relatore: prof. Brunetti Gian Luca Correlatore: prof.ssa Bellaviti Paola Studente: Are Viviana





Architecture is to get your hands dirty and motivate others to get involved. It is not a whim, but a great responsibility. Diébédo Francis Kéré, Intervista, El Paìs, Settembre 2015


Dove non diversamente indicato, le foto sono di Viviana Are. Foto aeree: Google maps.


Dal granello di sabbia all’architettura Progetto di un’abitazione ad Abetenim 7

Indice

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Introduzione

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(Abstract) - Sedici mesi in cinque paragrafi

lettura 14

1. Africa e Ghana: passato, presente e futuro

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1.1. Africa: inquadramento geo-climatico

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1.2. Lo stato delle città africane

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1.3.1. Popolazione e istruzione

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1.3.2. Infrastrutture e comunicazione

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1.3.3. Geografia e clima: breve introduzione

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1.3.4. Storia

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1.3.4.1. Epoca precoloniale

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1.3.4.2. I primi contatti con gli europei e la tratta degli schiavi

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1.3.4.3. La Gran Bretagna e la Costa d’Oro

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1.3.4.4. L’epoca coloniale

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1.3.4.6. Verso l’indipendenza

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1.3.5. Scuole e studi di architettura

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1.3.6. Abitare in Ghana: profilo abitativo odierno

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1.2.1. Africa occidentale

1.3. Il Ghana

1.3.4.5. La fine del dominio coloniale 1.3.4.7. Il Ghana indipendente

1.3.6.1. Accra e Kumasi

1.4. Fare architettura in Africa

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2. Abitare in Africa

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2.2.2. Materiali

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2.3.1. Materiali utilizzati

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2.3.2. Il Compound

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2.3.2.2. Compound Atingaane

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2.3.3.2. La casa

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2.3.3.3. I santuari

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2.3.3.4. Decorazioni

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2.3.3.5. Simbologia Adinkra

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2.3.3.7. Santuario Asawase

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2.3.3.9. Santuario Besease

88

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2.3.4.1. Architettura Ewe

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2.3.4.2. Architettura Fante

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2.3.4.3. Palazzo Wa-Na

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2.3.4.4. Palazzo Ya-Na

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2.3.4.5. Larabanga

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2.4.1. Stile coloniale britannico

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2.4.2.Stile coloniale danese

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2.4.3. Missione Svizzera

2.1. Il villaggio africano 2.1.1. Il recinto

2.2. La casa africana 2.2.1. Tipologie e stili

2.3. Architettura tradizionale in Ghana

2.3.2.1. Decorazioni dei Compound del nord 2.3.2.3. Compound Adono (Nankani)

2.3.3. L’architettura tradizionale Asante 2.3.3.1. Breve storia del popolo Asante

2.3.3.6. Patakro. Casa del capo e santuario 2.3.3.8. Santuario Bodwease

2.3.4. Altri esempi di architettura tradizionale

2.4. Influenze europee


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3. Costruire con la terra

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3.2.1. Granulometria ottimale

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3.2.2. Proprietà, potenzialità e criticità

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3.2.3. Test preliminari

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3.2.3.1. Test semplificati

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3.3.1. Massone

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3.3.2. Impasto su graticcio

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3.3.3. Adobe manuale

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3.3.4. Terra battuta

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3.3.5. Terra colata

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3.4.1. L’intonaco di terra cruda

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3.4.2. Test per verificare la resistenza all’erosione dell’intonaco

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3.4.2.1. Cicli di bagnatura/asciugatura (Wet/dry appraisal test)

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3.4.2.2. Test a spruzzo (Pressure spray method)

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3.4.2.3. Test Geelong - sgocciolio (Water-drip)

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3.5.2. Laterite

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4. Costruire con la gente

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4.1.1. Dai primi del 1900 al secondo dopoguerra

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4.1.2. Architettura per lo sviluppo

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4.1.3. Architettura per le emergenze

3.1. Introduzione al materiale 3.1.1. Riferimenti e normative

3.2. Composizione

3.3. Le tecniche costruttive

3.4. Protezione della muratura

3.5. Costruire con la terra in Africa 3.5.1. Le origini

3.6. L’importanza della pratica

4.1. Breve storia dell’architettura umanitaria

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4.2.1. I soggetti: una mappatura

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4.2.2. Le schede

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4.2.3. Osservazioni

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5. Abetenim: 6°47’46.8"N 1°23’00.1"W

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5.1.1. Evoluzione storica

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5.1.2. Abitare ad Abetenim

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5.1.3. Luoghi per la collettività

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5.1.4. Materiali costruttivi

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5.2.1. Gli edifici dell’associazione

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5.2.2. L’Arts Village

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5.2.3. Conseguenze dell’operato della Nka Foundation

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4.2. Architettura e Cooperazione: l’architettura umanitaria oggi

4.3. La Nka Foundation

5.1. Il villaggio

5.2. La Nka Foundation ad Abetenim

5.3. Inquadramento climatico scrittura

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6. Progetto di un’abitazione

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6.1.1. Stretegia insediativa

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6.1.2. Strategia compositiva

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6.1.3. Strategia bioclimatica

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6.2. Layout

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6.3. Materiali e tecniche

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6.3.1. Attrezzature

6.1. Concept


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7. Oltre la teoria

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7.1.1. Esperienze di cooperazione

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7.1.2. Esperienze con la terra cruda

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Conclusioni

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Bibliografia

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Sitografia

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Elaborati grafici

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Tavola 01 - Inquadramento: Africa e Ghana

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Tavola 02 - Abitare in Africa. Abitare in Ghana

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Tavola 03 - 6°47’46.8”N 1°23’00.1”W: Abetenim

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Tavola 03a - 6°47’46.8”N 1°23’00.1”W: Abetenim

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Tavola 04 - Costruire con la gente

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Tavola 05 - Costruire con la terra

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Tavola 06 - Abetenim Arts Village

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Tavola 06a - Abetenim Arts Village

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Tavola 07 - Concept

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Tavola 08 - Progetto di un’abitazione

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Tavola 08a - Progetto di un’abitazione

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Tavola 08b - Progetto di un’abitazione

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Tavola 08c - Progetto di un’abitazione

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Maquette

7.1. Esperienze pratiche

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Introduzione

Il lavoro, sviluppatosi in diverse fasi durante l’arco di sedici mesi, in costante dialogo con la ONG africana Nka Foundation, nasce da uno spiccato interesse sui temi della cooperazione e dell’architettura umanitaria da una parte, e da una passione verso i materiali naturali utilizzati in edilizia, con particolare focus sulla terra cruda, dall’altra. Si è partiti da un’indagine generale sulla morfologia delle città e dei villaggi dell’Africa Occidentale e sulla storia del Ghana. Quest’analisi si è ritenuta necessaria per conoscere il background storico-culturale delle popolazioni e dei territori con i quali ci si è relazionati in maniera diretta durante lo svolgimento del lavoro. La ricerca si è declinata in uno studio più specifico sull’architettura tradizionale ghanese e sui modi di abitare delle popolazioni rurali della regione Asante, che ha implicato l’apertura di una finestra di tipo tecnologico sull’architettura in terra cruda, di cui sono state indagate proprietà, tecniche e applicazioni. Il costante confronto con la Nka Foundation, e l’osservazione diretta del suo modus operandi, ha stimolato ulteriormente l’interesse verso l’architettura umanitaria e la cooperazione internazionale, sfociando nell’apertura di una seconda finestra di approfondimento: un inquadramento sulla natura specifica dell’architettura umanitaria al giorno d’oggi, parallelamente ad una campionatura dei soggetti che operano nel settore, al fine di comprendere le nuove dinamiche in atto nel panorama internazionale. Si è avuto modo, tramite un sopralluogo e un periodo di permanenza di conoscere la morfologia, la popolazione, la cultura, le tradizioni di Abetenim (villaggio in un’area rurale del Ghana). Soprattutto, è stato in questo modo possibile approfondire la conoscenza del tipo di relazione fra la comunità del villaggio nel suo complesso e la Nka Foundation, che vi opera da diversi anni. Il sopralluogo è stato di fondamentale importanza per delineare definitivamente il progetto di un’abitazione in terra cruda per una famiglia del villaggio, presentato in questo lavoro. Il lavoro “alla scrivania” è stato volutamente affiancato da varie attività “sul campo”, prima fra tutte il sopralluogo ad Abetenim, e poi un workshop di costruzione in cui è stata utilizzata la terra cruda per realizzare un prototipo abitativo. La presente trattazione è organizzata in sette capitoli, preceduti da una breve introduzione e da un abstract. I capitoli sono raggruppati in due macrosequenze: lettura e scrittura. Nella prima si collocano le fasi di ricerca e analisi, nella seconda quelle di progettazione. Seguono le conclusioni, la bibliografia e la sitografia. Il volume si conclude con gli allegati degli elaborati grafici presentati in sede di discussione.

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(Abstract) - Sedici mesi in cinque paragrafi

Il punto di partenza per lo sviluppo del lavoro è stato un quesito posto dalla Nka Foundation, ONG africana che opera ad Abetenim, in Ghana: come dare nuova dignità alle abitazioni tradizionali in terra cruda, nelle quali nessun ghanese pare voglia più abitare? La Nka Foundation si occupa da qualche anno di cercare di dare una risposta concreta e soddisfacente a questo interrogativo. Tramite il programma Reinventing the African Mud Hut, architetti provenienti da tutto il mondo sono chiamati a collaborare con l’Associazione alla progettazione e alla costruzione di prototipi abitativi, coinvolgendo la popolazione locale e usufruendo di manodopera delle realtà di intervento, alle quali si aggiungono volontari provenienti da più parti del mondo. Facendo proprio l’interrogativo posto dall’associazione, si è aperto con questa un dialogo, sottofondo pratico-teorico costante di tutte le fasi del lavoro. Si è deciso di contribuire al programma elaborando il progetto di un’abitazione in terra cruda. L’iter progettuale è stato preceduto e accompagnato da momenti di ricerca focalizzati su varie tematiche: dalla storia del Ghana ad un’analisi delle sue architetture tradizionali e dei modi di abitare locali, all’approfondimento degli aspetti tecnologici legati alla terra cruda, ad un’indagine sui soggetti attualmente operanti nell’ambito dell’architettura umanitaria, e sulle modalità da essi utilizzate. L’intero processo è stato fortemente caratterizzato da attività pratiche: principalmente un periodo di permanenza ad Abetenim, con contestuale partecipazione ad un workshop mirato alla costruzione di un’abitazione in terra cruda, e parallelamente altre varie attività manuali relazionate al costruire con la terra. Il progetto dell’abitazione è stato delineato a partire dalla commistione di vari elementi, la cui conoscenza è stata approfondita e acquisita durante tutto il processo di sviluppo del lavoro: l’architettura tradizionale Asante, i modi di abitare propri di Abetenim, le indicazioni fornite dalla Nka Foundation e dagli abitanti del villaggio, l’utilizzo della terra cruda e gli accorgimenti tecnologici che ne derivano, le strategie volte a garantire un elevato livello di comfort abitativo in relazione alla specifica situazione climatica del sito.

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6. Progetto di un’abitazione

Per i tallensi del Ghana “i na nye yiri - avrai una casa”, era la migliore benedizione che potesse arrivare dagli spiriti degli antenati, mentre “u ku nye yiri - non vedrai una casa tua”, era la peggiore minaccia che si potesse fare. Meyer Fortes, The Web of Kinship among the Tallensi, Oxford University Press, 1949 224


6.1. Concept Nell’ambito dello svolgimento di questo lavoro è stato sviluppato il progetto di un’abitazione in terra cruda per una famiglia del villaggio di Abetenim, che si inserisce nell’insieme di prototipi che la Nka Foundation si sta occupando di ideare e costruire nell’Arts Village. Lo sviluppo del progetto si è articolato in più fasi. È stata inizialmente delineata una bozza in seguito alle attività di ricerca focalizzate sull’abitare in Ghana e ad Abetenim, e sulle modalità costruttive con il materiale terra cruda. Successivamente, un periodo di permanenza ad Abetenim ha permesso una completa revisione della prima bozza del progetto. Il confronto diretto con gli abitanti del villaggio, l’osservazione in prima persona dei modi di abitare e dell’utilizzo degli spazi, il dialogo con la committenza, svoltosi prima a distanza con Barthosa Nkurumeh e poi di persona nell’Arts Village di Abetenim, con Frank Appiah Kubi e Christiana Asantewaa hanno contribuito a sviluppare e delineare il progetto in una direzione decisamente più vicina ai modi di abitare tradizionali di Abetenim. La strategia generale caratterizzante l’intervento è stata scomposta in più strategie: insediativa, compositiva e bioclimatica.

Sono state sviluppate in sinergia, in un dialogo aperto e di continua modifica, per giungere al migliore risultato possibile. 6.1.1. Strategia insediativa

tradizionale della Gyaase chiusa. Il risultato è un edificio scomposto in più volumi, con la presenza di una Gyaase più aperta e permeabile.

Il luogo previsto per la costruzione del prototipo è stato individuato mettendo a sistema diversi fattori: l’area indicata dalla Nka Foundation, la relazione con le altre abitazioni/prototipi già costruite e la generazione di una direttrice in relazione agli edifici prossimi all’area di progetto.

La morfologia della copertura, fortemente inclinata, e la presenza di un basamento, sono direttamente ispirate all’architettura dei Compound tradizionali Asante, nonché da necessità di protezione dagli agenti atmosferici e dalle ripercussioni che questi potrebbero avere sulla salute dell’edificio.

6.1.2. Strategia compositiva

6.1.3. Strategia bioclimatica

La morfologia dell’edificio è scaturita dalla commistione di più elementi: la tradizionale tipologia del Compound Asante, l’indicazione da parte della Nka Foundation in merito alle dimensioni massime dell’edificio che non avrebbe dovuto superare in pianta uno sviluppo di 12x12 metri, e una griglia di modulo 1x1 metro che ha permesso di scomporre il lotto in più parti.

Per garantire una elevata qualità di comfort e benessere all’interno dell’edificio, sono state ricercate delle soluzioni compatibili sia con le condizioni climatiche del luogo sia con le scelte compositive descritte precedentemente.

Si è scelto di rivolgersi all’architettura tradizionale perché si ritiene che essa sia in grado di offrire soluzioni idonee alle strutture culturali e ai bisogni sociali della comunità di Abetenim. Si è quindi attuato un processo di scomposizione dei volumi, tenendo conto delle tradizioni abitative e della situazione climatica di Abetenim, rielaborando la forma

L’edificio è orientato in modo da sfruttare le correnti dominanti provenienti da sud-ovest per una migliore aerazione degli ambienti. La morfologia della copertura ottimizza la ventilazione naturale. Questa è ulteriormente garantita dal doppio affaccio di tutti gli ambienti, e dai serramenti che sono dotati di griglie per l’aerazione nella parte alta nel caso delle porte, e di un sistema differenziato di apertura e chiusura nel caso delle finestre. Tutti gli ambienti sono dotati di controsoffitti che isolino gli ambienti dal calore proveniente 225


Strategia insediativa

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Strategia compositiva

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Strategia bioclimatica

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dal riscaldamento della copertura. Nelle camere da letto, nella dispensa e nei servizi la struttura del controsoffitto è in terra, e presenta un taglio, una fessura per implementare ulteriormente l’aerazione e la circolazione dell’aria. Nello spazio aperto centrale, Gyaase compresa, il controsoffitto è costituito da uno strato doppio di teli di stoffa. L’intercapedine d’aria che si forma tra i due strati di tessuto contribuisce a migliorare l’isolamento degli ambienti abitati. La muratura e la pavimentazione in tutto l’edificio e i controsoffitti della zona notte sono stati realizzati in terra cruda, nel rispetto delle tradizioni locali, e con la volontà di utilizzare un materiale economico, disponibile direttamente sul sito e altamente performante dal punto di vista termico e igroscopico. La copertura ventilata, gli aggetti della copertura stessa e la presenza di una parete filtro verso sud contribuiscono a costituire un maggiore isolamento dal calore. 6.2. Layout L’abitazione si sviluppa attorno ad uno spazio centrale, rivisitazione della Gyaase tradizionale. Questo spazio è quello a cui viene data maggiore importanza: è lo spazio delle relazioni, in cui si spende la maggior parte della giornata, in cui si cucina, si dialoga, si fa il bucato, si mangia 236

e si ricevono gli ospiti. È dotato di un sistema di sedute in terra, e di un sistema di controsoffitti realizzati con stoffe Kente, tessuto tradizionale Ghanese riccamente decorato. La Gyaase è delineata da due volumi, dispensa e servizi, e dalla parete filtro a sud, che costituisce un diaframma tra interno ed esterno, altamente permeabile, e completamente aperto in varie parti. I volumi e la copertura in questa parte dell’abitazione hanno un’altezza maggiore, per sottolinearne l’importanza rispetto alla zona delle camere e per delineare degli ambienti più ariosi e spaziosi. Il volume più basso, a nord, ospita le camere da letto, ed è sicuramente la parte più riservata e privata dell’abitazione. L’abitazione può ospitare dalle 4 alle 9 persone. 6.3. Materiali e tecniche La muratura è in terra cruda, ed è stata progettata secondo la tecnica Atakpame1, utilizzando la terra presente ad Abetenim, dal caratteristico colore rosso. Questa scelta è stata dettata dal fatto che, tra le tecniche utilizzate nel villaggio, l’Atakpame è quella 1. Cfr. Capitolo 3. Costruire con la terra, Paragrafo 3.3.1. Massone.

con cui la manodopera riesce a dispiegare meglio le sue capacità, con cui ha maggiore confidenza, e con cui sono garantiti i risultati migliori per quanto riguarda la corretta messa in opera della muratura. Le pareti sono rivestite con un intonaco a base di terra. Per l’intonaco della muratura è stata utilizzata una terra rossa, analoga a quella utilizzata per le opere murarie sottostanti. Per il basamento e la cordolatura della parte alta è stata utilizzata una terra con una colorazione tendente al marrone. Due pareti della Gyaase, in un’area asciutta dell’edificio, non sono state intonacate, in modo da lasciare a vista la muratura in Atakpame. La pavimentazione è in terra battuta. Lo strato più superficiale è supportato da una serie di altri strati in sabbia e ghiaia, che si fanno via via più grossolani con l’aumento della profondità. Nelle parti di testa dell’edifico, maggiormente esposte agli agenti atmosferici, è stato realizzato un setto di protezione utilizzando la tecnica del Nuadan2, anche questa ampiamente conosciuta e utilizzata dalla comunità locale. Questo garantisce una maggiore protezione della muratura e del sistema dei controsoffitti.

2. Cfr. Capitolo 3. Costruire con la terra, Paragrafo 3.3.2. Impasto su graticcio.


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La copertura ventilata è in lamiera, e poggia su una struttura lignea.

ed economici: un sistema di scaffalatura in legno e ferro.

Le porte sono in legno, e sono dotate di una parte fissa in alto, semiaperta, che permette la circolazione dell’aria.

Nei servizi è collocato un sistema igienico sanitario a secco3, in cui non vengono utilizzate acqua o prodotti chimici per lo smaltimento dei rifiuti, divisi in solidi e liquidi, e che funziona sfruttando il calore e con l’attivazione di un sistema di ventole, garantendo un alto livello di igiene e prevenendo la formazione di batteri e odori.

Le finestre sono del tipo Louvered, in vetro opaco, già altamente in uso nel villaggio, e molto gradite dalla popolazione, in quanto permettono la circolazione dell’aria e dei buoni livelli di illuminazione degli spazi interni, ma allo stesso tempo garantiscono una certa privacy.

Sono state disposte delle zanzariere in tutte le aperture: finestre, griglie di aerazione sulle porte, feritoie dei controsoffitti in terra.

Ogni finestra è divisa in due parti, in modo da poter decidere se aprire una sola parte, entrambe o nessuna. 6.3.1. Attrezzature Nello spazio della Gyaase, in prossimità della dispensa, è situata una cucina tradizionale in terra, con più fuochi. È stato previsto un sistema di illuminazione che utilizza alcune lampade a soffitto, realizzate con ferro, corda e stoffe Kente. Sono previsti tre punti per la raccolta dell’acqua piovana, uno centrale e due laterali. Il contenitore più prossimo alla zona della cucina è più basso, per permettere un più facile prelievo dell’acqua. Le camere da letto e la dispensa sono dotate di mobili essenziali 242

3. Enviro Loo toilet. www.enviro-loo.com


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Foto: Katharinaiv, Wikimedia commons

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Foto: Caterina Dolci

7. Oltre la teoria

I work on the building site. I learn from people as much as they learn from me. Architecture is to get your hands dirty and motivate others to get involved. It can not be otherwise, we must first prove things. Diébédo Francis Kéré, Intervista, El Paìs, Settembre 2015 282


7.1. Esperienze pratiche Durante lo sviluppo di questo lavoro, le attività di ricerca e di progettazione sono state affiancate e coadiuvate da attività pratiche, riguardanti in particolare la cooperazione e la terra cruda, con la convinzione che nessun trattato teorico possa sostituire gli insegnamenti derivanti dall’esperienza, soprattutto per quanto riguarda il fare architettura. Senza le attività pratiche svolte, il lavoro qui presentato non sarebbe certamente stato lo stesso, e sarebbe andato in un’altra direzione, queste perciò hanno assunto un carattere di fondamentale importanza nel processo. Il desiderio di imparare il più possibile a fare, e di imboccare una determinata strada in seguito alla formazione accademica è un’altra motivazione che ha spinto il lavoro a svilupparsi in questa direzione. 7.1.1. Esperienze di cooperazione Il punto di partenza è stata una “call for action” della Nka Foundation, in cui veniva richiesto a giovani architetti o studenti di Architettura di sviluppare dei progetti abitativi per il villaggio di Abetenim. Rispondendo in maniera positiva a questa richiesta, si è instaurato un fitto dialogo con Barthosa Nkurumeh, fondatore della Nka, e con Frank Appiah Kubi,

coordinatore di riferimento del villaggio, per delineare sia il progetto sia le modalità per la realizzazione dello stesso. Le modalità1 sono quelle che si possono definire “standard” della Nka Foundation: il progettista si occupa autonomamente di ideare l’abitazione in tutte le sue parti, e contestualmente di reperire i fondi necessari a finanziare la costruzione. Nonostante l’inesperienza sul campo, ma con la voglia e il desiderio di imparare, a Gennaio 2015 sono quindi state intraprese le attività suggerite dalla Nka, per cercare di finanziare il progetto che contestualmente stava prendendo forma, e portarne a termine la costruzione. Innanzitutto è stata organizzata una raccolta fondi online, tramite la piattaforma Indiegogo2 . In secondo luogo è stata intrapresa una campagna di pubblicità del progetto, tramite social network, e in particolare su Facebook 3. Tramite l’apertura della pagina Facebook Build with Earth, l’intento era anche quello di trovare dei volontari che fossero disposti a fornire un supporto al progetto,

1. Cfr. Capitolo 4. Costruire con la gente; paragrafo 4.3. La Nka Foundation.

sia con la loro presenza in cantiere, sia con un contributo economico, tramite l’organizzazione di un workshop costruttivo patrocinato e guidato dalla Nka stessa. La parola chiave che ha caratterizzato questa campagna è stata condividere, affiancata dal motto “sharing is caring”. Il progetto, grazie anche ad un passaparola generale, ad un ampio giro di mail, e ad una costante richiesta di pubblicità a enti, associazioni, testate giornalistiche, ha ricevuto parecchia visibilità, comparendo anche su alcuni quotidiani online4. Tramite le statistiche di Facebook, è stato possibile fare una stima di quante persone da tutto il mondo sono state coinvolte e raggiunte dalle notizie pubblicate sulla pagina concernenti il progetto. Ad Aprile 2015 erano indicativamente più di 22˙000, provenienti da 70 Stati differenti. Le persone che hanno richiesto informazioni in maniera diretta, e quindi interessate a prendere parte attivamente al progetto, sono state in tutto 30. Aprile 2015 ha rappresentato una data importante per il progetto, in quanto la scadenza per la raccolta fondi e per l’iscrizione al workshop era stata fissata per la prima

2. https://www.indiegogo.com/projects/ build-with-earth#/ 3. https://www.facebook.com/ buildwithearth/

4. http://notizie.tiscali.it/regioni/sardegna/ articoli/15/03/26/casa-terra-cruda-ghana. html 283


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settimana del mese. Alla scadere dei termini prefissati, non erano stati raggiunti né la cifra minima5 per finanziare la costruzione del progetto né il numero minimo di volontari richiesti6. Si è quindi deciso di annullare momentaneamente la costruzione, lasciando aperta la possibilità futura, a lavoro ultimato, di intraprendere nuovamente l’iter per i finanziamenti, con una marcia in più dovuta all’accumulo 5. Cifra indicata dalla Nka Foundation: 6000 €. 6. Tra i 10 e i 15.

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di conoscenze notevolmente aumentato nei vari mesi di sviluppo delle attività sia di progettazione che di finanziamento e organizzazione del workshop. I contatti con la Nka Foundation, nonostante l’interruzione delle procedure per la costruzione, non si sono mai interrotti, e sono stati fondamentali per la stesura del progetto. Nonostante il progetto qui presentato non sia stato realizzato, si è deciso comunque di recarsi ad Abetenim e partecipare ad un workshop di costruzione

organizzato da quattro studenti7 della Columbia University di New York in collaborazione con la Nka Foundation: il Three+Two workshop, che si è svolto da fine Maggio a fine Luglio 2015, e durante il quale è stato realizzato un prototipo abitativo nell’Arts Village. Ciò per vari motivi: innanzitutto per effettuare un sopralluogo dell’area di progetto e conoscere la popolazione di Abetenim, la sua cultura e le sue tradizioni, in secondo luogo per portare avanti la 7. Chris Tomasetti, Angela Yang, Jean Gu e Manuel Cordero. http://www. threetwocollective.com.


collaborazione con la Nka, anche se da una prospettiva differente, e continuare a indagare le sue attività per comprenderle maggiormente. Durante il workshop sono state svolte sia delle attività di cantiere - che verranno descritte nel paragrafo qui di seguito, sia delle attività di progettazione, in stretta cooperazione e collaborazione con gli altri partecipanti al workshop, provenienti da varie parti del mondo, con gli operai locali, con la comunità di Abetenim e con i coordinatori della Nka. Ognuno ha avuto la possibilità di contribuire alla realizzazione del progetto Three+Two, sia praticamente aiutando gli operai nella costruzione, sia a livello progettuale, proponendo delle soluzioni a dei punti del progetto poco definiti. Si è quindi portato avanti un lavoro di squadra in cui tutti, con background differenti, hanno messo a disposizione le proprie competenze ed esperienze per il raggiungimento dello stesso obiettivo, e per garantire il miglior risultato possibile. 7.1.2. Esperienze con la terra cruda Come detto in precedenza8, le attività di studio e di ricerca riguardanti il materiale terra si ritiene non siano sufficienti ad assicurarne un’approfondita conoscenza, perciò devono essere 8. Cfr. Capitolo 3. Costruire con la terra; paragrafo 3.6. L’importanza della pratica.

accompagnate da attività di tipo pratico. Si è deciso di “sporcarsi le mani” con la partecipazione al Three+Two workshop. Durante la permanenza ad Abetenim e lo svolgimento dei lavori di costruzione, si sono intraprese varie attività con le mani nella terra. Il progetto prevedeva la realizzazione di un controsoffitto in Adobe9, e insieme agli altri volontari sono stati impastati, gettati e stoccati più di 500 mattoni, utilizzando nell’impasto varie terre locali con diverse colorazioni, fibre di cocco e acqua. Le varie fasi di realizzazione dei mattoni sono state effettuate manualmente. Si è lavorato, con gli operai locali, al montaggio dei casseri in bambù dei pilastri dell’edificio, realizzati con la tecnica della Terra Colata10, e alla successiva preparazione dell’impasto e del getto. I casseri in bambù sono stati riutilizzati per la sistemazione di alcune aree adiacenti l’edificio, e in particolare per la realizzazione dell’Italian Pavilion11, padiglione/ seduta in terra cruda e bambù, costruito con la tecnica

Atakpame12, il cui progetto è stato curato dalla sottoscritta e dalla collega Caterina Dolci. Prima di procedere alla costruzione del padiglione/seduta, si è realizzato un campione di piccole dimensioni per esaminare il comportamento del bambù e della terra. Oltre al workshop, c’è stata un’altra attività che ha contribuito ad ampliare la conoscenza della terra cruda: un seminario organizzato a Monserrato, in Sardegna, da Isfor Api - Istituto di Formazione di Confapi Sardegna in collaborazione con ANAB - Associazione Nazionale Architettura Bioecologica, in cui sono state approfondite le modalità di applicazione di intonaci in terra su vari tipi di supporti. Durante il seminario si sono preparate numerose mescole di intonaci, utilizzando terre differenti, e si sono poi messe in opera su vari supporti. È stata posta particolare attenzione alla fase di preparazione del supporto e alla messa in opera dei vari strati dell’intonaco.

9. Cfr. Capitolo 3. Costruire con la terra; paragrafo 3.3.3. Adobe manuale. 10. Cfr. Capitolo 3. Costruire con la terra; paragrafo 3.3.5. Terra colata. 11. Cfr. Capitolo 5. Abetenim: 6°47’46.8"N 1°23’00.1”W; paragrafo 5.2.2. L’Arts Village.

12. Cfr. Capitolo 3. Costruire con la terra; paragrafo 3.3.1. Massone. 289


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Conclusioni - Un’architettura degli uomini per gli uomini

A conclusione di questo lavoro, occorre interrogarsi in maniera critica sui risultati ottenuti, in comparazione con i risultati attesi all’inizio. L’abitazione, a progetto ultimato, risulta essere un edificio volutamente semplice ma non banale. Le scelte progettuali sono state dettate e determinate da molteplici fattori: la tradizione, i modi di abitare, i suggerimenti della Nka e degli abitanti di Abetenim, le esigenze climatiche e le peculiarità dei materiali scelti. Sono stati utilizzati materiali locali, economici e di facile manutenzione, che fossero familiari alla comunità e alle maestranze di Abetenim, coerenti con il contesto e di facile messa in opera. Allo stesso tempo sono state introdotte delle linee guida, dei piccoli accorgimenti e degli elementi puntuali, al fine di migliorare la qualità abitativa, costruttiva ed estetica del manufatto. L’insieme di questi fattori ha sicuramente contribuito a dare una risposta concreta e il più possibile soddisfacente alla richiesta della Nka di dare una nuova dignità alle costruzioni in terra. Il progetto è stato dotato di caratteristiche che rispondessero alle richieste e alle esigenze della comunità, attingendo in egual misura elementi della tradizione e delle tecnologie moderne. La fase iniziale in cui si è organizzata la costruzione del manufatto, per quanto poi non realizzata, è stata di fondamentale importanza per comprendere approfonditamente le dinamiche proprie dei programmi di questo genere: dalla raccolta fondi all’organizzazione ipotetica del cantiere, fino al costante dialogo con una ONG straniera. La stessa fase è stata fondamentale nello sviluppo di un senso critico nei confronti del modus operandi della Nka Foundation, che è proprio anche di numerose altre associazioni: è stato dunque possibile constatare come alcune di queste, pur definendosi “umanitarie” sotto il profilo progettuale-architettonico, non aderiscono poi nella pratica ai principi fondamentali dell’architettura umanitaria. La comprensione e il rispetto della storia, delle tradizioni e della cultura materiale e immateriale delle popolazioni con le quali operano; l’utilizzo dei materiali locali in segno di rispetto e coerenza con il contesto(e per una affatto trascurabile riduzione dei costi); l’attento ascolto ai bisogni della comunità, e il coinvolgimento di questa nei vari processi; sono tutti fattori di estrema importanza che tendono ad essere sottostimati ed esclusi nel processo complessivo degli interventi. Gli stessi principi sono comunque invece applicati da numerose altre associazioni e soggetti, reali esempi di qualità e coerenza di altissimo spessore, che dimostrano come l’architettura possa realmente essere uno strumento di cambiamento

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sociale e divenire cardine di un miglioramento della situazione globale. Nonostante la fase costruttiva non sia stata portata a compimento, sono state raggiunte altre mete importanti, che hanno offerto vari spunti di riflessione: il coinvolgimento di numerosi individui e associazioni interessati al progetto ha permesso di entrare in una rete di attività riguardanti la cooperazione, l’architettura umanitaria e la terra cruda. Tutto questo ad ulteriore conferma del fatto che l’architettura debba “sporcarsi le mani” ed essere fondata su cooperazione e socialità reali, qualora intenda perseguire risultati di qualità. La costante presenza di attività pratiche ha confermato la convinzione che in quest’ambito la teoria, lo studio e la ricerca non forniscano mai, per quanto approfonditi possano essere, gli strumenti adeguati per la buona realizzazione di un progetto. È indispensabile “mettere le mani in pasta”, per arrivare a dare risposte di qualità alle necessità contemporanee che affliggono un’enorme e svantaggiata fetta della popolazione globale.

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Grazie di cuore, a chi in questi sedici mesi non ha mai smesso di aiutarmi e starmi vicino:

Giovanni, presenza e supporto costante. Senza di te sarebbe stato tutto molto piĂš difficile.

La mia famiglia, fonte di continuo incoraggiamento.

La comunità di Abetenim, per l’accoglienza, il confronto e il dialogo.

Il Prof. Brunetti, la Prof.ssa Bellaviti e la Nka Foundation, preziose guide in questo percorso.

I miei amici e colleghi, vicini e lontani, disponibili al confronto e ai suggerimenti.

I miei compagni di viaggio in Africa, per i momenti condivisi.

Tutte le persone incrociate nel tempo che hanno contribuito in qualche modo alla realizzazione del lavoro.

Grazie, meda ase!

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