Giuseppe Longhi
INNOVAZIONE E PROCESSO PROGETTUALE
Verso un modello di responsabilità sociale
Le parole chiave della Conferenza “Design theory and methods to cross the disciplinary boundaries thank to creative and innovative solutions able to radically alter our infrastructure and built environment idea” (Technical University of Denmark, Copenaghen, agosto 2014) mi ricorda un importante scritto di Donella Meadows “Dancing with systems”1. Il quesito che pongo è: quali sono le forze guida del “ballo del progetto” contemporaneo? Penso che siano: 1. cambiamento del ruolo delle risorse umane, 2. esaurimento tendenziale delle risorse, 3. innovazione tecnologica, 4. resilienza. Questo sistema di elementi suggerisce un modello di progettazione interdisciplinare e olistica, fondamentalmente ispirata alle teorie di Robert Solow, Jane Jacobs, Nicholas Georgescu Roengen che si potrebbe definire “modello organico di responsabilità sociale”.
1. Il ruolo delle risorse umane A causa dell’esaurirsi delle risorse fisiche, cui le attività legate all’edilizia danno un notevole contributo, occorre sostituire gli attuali processi produttivi con nuovi alimentati da beni le cui caratteristiche sono illimitatezza e non rivalità, che possano essere usati da un gran numero di persone senza generare esaurimento. Questo principio segna il passaggio da un modello di progetto dominato dalla supremazia del capitale fisico (prodotti e manufatti) ad un modello olistico in cui interagiscono cinque forze guida: idee, istituzioni, popolazione, capitale umano (espresso da istruzione, ricerca e sviluppo) e risorse fisiche (espresse da risorse finanziarie, manufatti, impianti e infrastrutture). La crescita delle risorse umane diventa così lo scopo qualificante del progetto, in simmetria con il modello proposto dagli economisti neoclassici a partire dalla fine degli anni ’60, prima con Robert Solow2 e successivamente con Robert Lucas6, in sinergia con Jane Jacobs5, fino a Paul Romer3,4. Infatti, secondo Solow il principale fattore della crescita economica è il progresso tecnologico, che è alimentato principalmente dalle esternalità dell’impresa, un’intuizione che viene completata da Lucas e Jacobs, i quali sottolineano il ruolo della città (e, in particolare, della sua dimensione e dinamicità) nello sviluppo, perché dalla sua dimensione dipende l’intensità delle esternalità, in termini di concentrazione delle relazioni umane, generatrici del progresso tecnologico. Un concetto su cui insiste anche Paul Romer il quale ribadisce che lo sviluppo è in funzione di un bene illimitatamente disponibile, costituito dalle idee, che sono alimentate dal sapere. 1