Un percorso per progettare nell'Antropocene

Page 1

UN PERCORSO PER PROGETTARE NELL’ANTROPOCENE Giuseppe Longhi

“Siamo entrati nella nuova era dell’Antropocene, l’era degli umani. Ci sono tutte le ragioni per dare questo nome all’attuale periodo basato sull'enorme impatto delle attività umane sia sulla biosfera che sull'atmosfera. Questa influenza è così grande che può essere paragonata all'impatto degli asteroidi o alle grandi eruzioni vulcaniche” questa è la tesi del premio Nobel olandese Paul Crutzen, sviluppata nel 2000 con l'ecologo Eugene Stoermer, che fa da filo conduttore alla Biennale di architettura di Rotterdam IABR-2014 - “Urban by nature”, curata da Dirk Sijmons. L’impostazione di Sijmons è importante perché il riferimento all’Antropocene riconduce la progettazione ad una serie di forze guida ‘strutturanti’ che riguardano: - la morfologia: la città, la megalopoli, il ‘tappeto urbano’ sono le morfologie caratterizzate da un'umanità che sta aumentando in modo esponenziale, in modo esplosivo; - i tempi: la nuova era è definita dai geologi, scienziati che abitualmente non affrontano il breve termine e gli sconvolgimenti frenetici. Essi pensano in migliaia, se non in milioni d’anni. L’era geologica più recente, l’Olocene, risale a 10.000 anni fa. Ricollegare il progetto ai tempi dei geologi invita a pensare in termini ‘patrimoniali’, alla dilatazione nel tempo e nello spazio delle nostre scelte, alla drammaticità dell’operare con attenzione al solo breve momento. Non dobbiamo dimenticare che gli esseri umani sono capaci, in 500 anni, di bruciare la biomassa prodotta in 500 milioni di anni e di alterare il clima con l’emissione di gas serra; - la consapevolezza e la responsabilità: la consapevolezza che gli esseri umani sono divenuti la forza geologica più significativa, ha generato studi scientifici importanti per la definizione dei limiti del pianeta, come i contributi del Club di Roma 'Limits to Growth' (1972), del Wuppertal Institut e dello Stockholm Environmental Institute (sui flussi di materia, sull’esaurimento delle materie prime e delle risorse naturali), per arrivare alle elaborazioni dell’impronta ecologica. Di conseguenza, i progettisti dispongono oggi di un alfabeto di progettazione responsabile che permette loro di operare in sicurezza ed in armonia con le leggi della natura; - il modello: il riferimento all’Antropocene ribalta il paradigma progettuale: la città è natura e la natura considera la città con indifferenza, come qualsiasi altro ecosistema, anche se con gli esseri umani come specie dominante. Quindi nessuna visione romantica della natura ‘incontaminata’, ma consapevolezza che, come la flora e la fauna si adattano a nuovi ambienti in un costante flusso evolutivo, questo vale anche per gli esseri umani sempre più urbanizzati. Non c’è una ‘situazione di partenza’ o un ‘equilibrio naturale’ a cui tornare, così come non possiamo tornare al tempo della settimana passata. Stiamo vivendo nell’Antropocene, che ci piaccia o no, possiamo solo andare avanti, e dobbiamo trovare il modo migliore di progredire. L’Antropocene postula che i processi umani e naturali sono un insieme interconnesso, quindi dovremo sempre più basare le nostre decisioni sulla consapevolezza che i nostri interventi sono altamente pervasivi, interessano tutti gli angoli della biosfera e creano le condizioni per il nostro futuro collettivo. Il modello progettuale che emerge è olistico, capace di sfruttare le interdipendenze generate dalle relazioni fra risorse umane e risorse naturali, con lo scopo di ottimizzarne il metabolismo.


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.