LA SUPREMAZIA DELLE RISORSE UMANE Una riflessione sul metodo di VoD Think Tank Francesco Ruffa
La struttura del metodo proposto dal VoD Think Tank Fonte: http://www.vodblogsite.org/
ABSTRACT
Il metodo VoD è basato sulla supremazia delle risorse umane, sia in senso causale (come forze propulsive) sia in senso effettuale (come destinatari di nuova ricchezza). L’approccio sembra da un lato contestuale (interessato a forze umane come individui, popolazioni, leggi, istituzioni ecc.) e dall’altro lato politico (promotore di valori collettivi universali come la coesione, l’accoglienza, la resilienza o l’ecologia). Mi chiedo se un progettista politico non dovrebbe forse oltrepassare le forze contestuali e andare a interpretare egli stesso, al di là delle forze più prossime, non solo i grandi processi collettivi (sociali, economici, politici, ecc) ma anche quelli umani di natura individuale (interpretativi, cognitivi, simbolici ecc.). Anche quando si parla di ambiente pubblico, processi collettivi e individuali mi sembrano oggi inseparabili: in una società dove la vita pubblica sembra trovare sempre un punto di equilibrio nella convivenza tra frammenti privati, sembra improbabile raggiungere obiettivi collettivi senza soddisfare ad ampio spettro sfere individuali.
Venezia, giugno 2013
La supremazia delle risorse umane
LA SUPREMAZIA DELLE RISORSE UMANE Una riflessione sul metodo di VoD Think Tank Francesco Ruffa
Le domande che oggi mi pongo provengono in modo quasi esclusivo da conversazioni informali tenute col prof. Giuseppe Longhi e dalla sintetica presentazione che il think tank VoD fa di se stesso sul suo sito. Troppo poco per far sì che le mie parole abbiano altro sapore che quello di stimoli privi di pretese. Attrae la mia attenzione, in primo luogo, che il metodo di VoD sia basato sulla supremazia delle risorse umane, sia in senso causale (come forze propulsive) sia in senso effettuale (come destinatari di nuova ricchezza). Non è così comune nell’ambito delle scuole di architettura italiane, troppo spesso ancorate, prima che ad ogni altra cosa, a principi di concettualizzazione formale o di contestualizzazione spaziale. Contemporaneamente intravedo un pensiero di impronta costruttivista – perdonino l’approssimazione -, tendente a vedere un’azione condizionata fortemente da forze umane contestuali (individui, popolazioni, leggi, istituzioni ecc.) e meno da strutture (processi sociali, economici, interpretativi, simbolici, ecc.). L’unica condizione “strutturale” considerata come causa del progetto sembrerebbe la scarsità globale di risorse naturali. Allo stesso modo, mi pare che ipotetici valori collettivi (come la coesione, l’accoglienza, la resilienza o l’ecologia) vengano considerati come obiettivi del progetto in un approccio che si pone come politico. Mi chiedo, in primis, se un progettista politico non dovrebbe forse oltrepassare le forze contestuali e andare a interpretare egli stesso i processi collettivi (sociali, economici, politici, ecc) e individuali (interpretativi, cognitivi, simbolici ecc.) al di là degli input delle forze più prossime.
E ancora: mi domando in che misura un progettista politico possa inseguire valori collettivi (come la coesione, l’accoglienza, la resilienza ecc.) senza tenere conto di una società contemporanea caratterizzata da un fenomeno di individualizzazione e dalla relativa caduta di forme forti di socialità (con conseguenze molto complesse che non sono necessariamente messe in luce dalle forze umane contestuali). Se lo spazio pubblico, come dice Bauman, è ormai un punto di incontro di frammenti privati, sembra improbabile raggiungere obiettivi collettivi senza soddisfare sfere individuali che con quegli stessi scopi collettivi interagiscono indissolubilmente (e penso a tutti i quei valori individuali relativi all’esperienza della percezione, della narrazione, del quotidiano, della relazione, dell’essere-nel-mondo). E del resto vi sono osservatori che riconoscono, tra i tanti diffusi valori individuali, uno stesso desiderio di coesistenza tra socialità/partecipazione e soggettività/ personalizzazione, ovvero una ricerca di condivisione della fruizione dei luoghi più che dei luoghi in sé. Se dunque VoD immagina già strategie progettuali che vanno in questa direzione (si veda il tactical urbanism o l’impiego di strutture telematiche), sarebbe ancora più interessante che la sfera individuale venisse calcolata nella più ampia complessità dei suoi aspetti esperienziali e non soltanto negli input più facili sollevati dagli stakeholders - come la necessità di processi antropocentrici (che corrispondono a una limitata esperienza del quotidiano) o di strutture telematiche (che soddisfano una parziale esigenza di relazione e di essere-nel-mondo). E’ tutto.