Living in the Europe of the future: la rivoluzione del déjà vu Barbara Di Prete e Laura Galluzzo Dopo la crisi della modernità e l’ingresso in una fase regolata da un capitalismo maturo, la società postmoderna è caratterizzata dalla globalizzazione dei mercati, dalla predominanza del messaggio pubblicitario e dalla forte presenza della televisione e dei sistemi di connessione, dalle reti telematiche e da un incessante e sempre più veloce flusso di informazioni. In particolare le tecnologie di massa hanno portato l’uomo contemporaneo a confrontarsi quotidianamente con realtà lontane da lui per distanza fisica e culturale e questo ha abbattuto apparentemente molti limiti del passato, ma ha di certo alimentato altro genere di lontananze, ad esempio la distanza dal luogo stesso in cui si vive, dal contesto più prossimo, come dalle persone che ci circondano “fisicamente” nella routine quotidiana. Come scrive Nuvolati1 i vincoli identitari con un singolo luogo-comunità si fanno più labili rispetto al passato e grazie alla rete, alla facilità e velocità dei viaggi e degli spostamenti (di informazioni e persone), l’uomo sviluppa una sempre più forte capacità di relazione con contesti e circostanze molto lontane, vivendo una distensione del tempo e dello spazio. Quest’ultimo tema è centrale anche in altri caratteri della postmodernità: l’abitare temporaneo, strettamente legato alla facilità e velocità degli spostamenti che portano l’uomo a non avere più una casa permanente ma a spostarsi come un nomade contemporaneo; la continuità tra tempo (e luogo) del lavoro e dello svago; la frammentarietà del modello di famiglia tradizionale e la diffusione di nuove tipologie familiari. Queste tematiche si riflettono anche sul significato stesso dell’abitare e sulle conformazioni spaziali necessarie ad accogliere queste trasformazioni. Per dirla come Bauman siamo in una modernità liquida2 caratterizzata, come le sostanze allo stato liquido, da una flessibilità temporale dinamica che si contrappone alla rigidità e solidà tipiche dell’epoca fordista. Come conseguenza di questi cambiamenti la società postmoderna è caratterizzata anche dalla perdita di una visione prevalente, dalla delegittimazione dei grandi racconti (grands récits3), delle grandi narrazioni metafisiche come l’illuminismo, l’idealismo, il marxismo, etc., e anche dalla fine delle utopie rivoluzionarie moderniste come il razionalismo. Come scrive Lyotard4 “[...] possiamo considerare “postmoderna” l’incredulità nei confronti delle metanarrazioni. [...] La funzione narrativa perde i suoi funtori, i grandi eroi, i grandi pericoli, i grandi peripli ed i grandi fini. Essa si disperde in una nebulosa di elementi linguistici narrativi, ma anche denotativi, prescrittivi, descrittivi, ecc., ognuno dei quali veicola delle valenze pragmatiche sui generis.” Lo scetticismo e il declino del pensiero totalizzante portano quindi verso il cosiddetto pensiero debole5, verso il ricorso a molteplici tendenze, atteggiamenti e attitudini. Da un punto di vista estetico questo si traduce nella proliferazione di numerose visioni, il panorama artistico più recente si può rappresentare come una costellazione di “ismi” diversi. Si può dire che l’espressione estetica contemporanea è proprio la somma di queste differenze. La postmodernità guarda alla storia con un occhio disincantato rispetto a quanto avveniva in passato: non contraddice i modelli precedenti per costruire nuovi modelli e nuove visioni che si 1 2 3 4 5
Nuvolati, G., Mobilità quotidiana e complessità urbana, Fireze university Press, Firenze 2007] Bauman Z., Modernità liquida, Ed. Laterza, Roma-Bari 2002 Lyotard, J. F., La condizione postmoderna: rapporto sul sapere, Milano, Feltrinelli 1981 Lyotard, J. F., La condizione postmoderna: rapporto sul sapere, Milano, Feltrinelli 1981 Vattimo G., Rovatti P. A., Il pensiero debole, Feltrinelli, Milano 1983