Crisi alimentare e rigenerazione urbana Giuseppe Longhi
Chicago Stock Yards district 2
Il Guardian del 13 aprile scorso propone un interessante e preoccupante bilancio degli scenari alimentari a livello globale (Climate change: how a warming world is a threat to our food supplies, di John Vidal); in sintesi l’articolo documenta come ci si debba preparare allo sconvolgimento dei prezzi del cibo e delle tradizionali pratiche agricole a causa dei cambiamenti climatici. Di seguito riporto i principali argomenti. L’ufficio cambiamento climatico del Programma Alimentare Mondiale delle Nazioni Unite segnala che rispetto a 20 anni fa molte più persone vivono in luoghi con un alto rischio climatico. 650 milioni di persone vivono in zone aride o semi-aride dove sono attesi i maggiori impatti di inondazioni, siccità e shock dei prezzi. Studi suggeriscono che più di 200 milioni più persone soffriranno d’insicurezza alimentare entro
il 2050 e più di 24 milioni di bambini di malnutrizione. La Fondazione Mary Robinson per la giustizia climatica stima che l’aumento dei redditi e la crescita della popolazione mondiale, 2 miliardi in più di bocche da sfamare entro il 2050, genereranno un aumento dei prezzi del cibo fra il 40 e il 50%. Il cambiamento climatico farà crescere del 50% i prezzi del mais e un po’ meno quelli di frumento, riso e olio di semi. In simmetria con l’aumento della popolazione e dei redditi, saliranno le temperature e cambieranno i regimi pluviometrici. Dobbiamo prepararci oggi per temperature più elevate ovunque, avverte l’Istituto International Food Policy Research di Washington. Tutti gli studi stimano che gli effetti peggiori si faranno sentire fra le persone più povere. La malnutrizione infantile dovrebbe aumentare del 20% entro il 2050. Gli impatti dei cambiamenti climatici
Venezia, gennaio 2014