estate 2013
anno I | n. 3 | rivista sportiva Bimestrale | Euro 5,90
fabiano Caruana
Numero 3 al mondo negli scacchi
Sergio Leveque
dĂ scacco matto e punta al titolo dei pesi massimi
sette interviste esclusive Omnia Rugby Bitonto Rugby Club Valpolicella Marco Musella e altre ancora
Andrea Scarpa due volte Campione Italiano
04 44 76
sommario 3 Editoriale di Claudio Micalizio
32
4 Caruana n. 3 al mondo di Volfango Rizzi 6 Corso di scacchi per principianti Lezione II: il Movimento dei pezzi di Mario Leoncini 10 Il metodo Larsen contro il pedone isolato di Riccardo Del Dotto 12 Prestigiosi riconoscimenti per Fabio Finocchiaro di Pasquale Colucci 14 Torneo chiuso a Maranello. Commenta il M.F. Lettieri di Giuseppe Lettieri
56
16 Fortuna all’italiana e le tabelle Pagano di Sergio Pagano 20 Quando gli scacchi diventano una sfida di doppio di coppia di Luca Cerrato 24 Frattura internazionale nello scacchipugilato di Roberta Gatti e al.
40 Carnera la montagna che cammina di Gordon Linnell 44 Campionato Italiano di pugilato al campo di rugby: un grande Scarpa batte De Donato di Michela Carazzina e Volfango Rizzi 50 Quando il calcio fa spazio al rugby: l’ASD Omnia Bitonto di Volfango Rizzi 54 Rubrica: I Lions, lo squadrone più forte al mondo di Michele Benazzo 56 Il Rugby Club Valpolicella sugli allori di Volfango Rizzi 60 Italrugby, un giugno da dimenticare di Duccio Fumero 62 Spettacolarissimo Rugby a sette; presto alle Olimpiadi di Niall Grossi 64 A Roma c’é chi vuol fare l’ “australiano” di Marco Faraci
27 Vignetta: Pestone di Lele Lutteri 28 Intervista esclusiva con Segio Leveque di Volfango Rizzi 32 Kings of the Ring. Sergio vola in semifinale di Volfango Rizzi e commenti di S. Leveque 38 Il pugilato a Scuola di Gianni Burli
68 La volontà di combattere di Giangiuseppe Pili 72 L’arte del gioco d i Luca Cerrato 76 Traumi alle articolazioni: come trattarli con l’aromaterapia d i Beverley Higham
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Periodico Bimestrale stampato su carta e in versione digitale Anno: I - N. 3 - Estate 2013 Direttore Responsabile Claudio Micalizio Direttore Editoriale Volfango Rizzi
Progetto Creativo, Grafica & Impaginazione: PaoloArmani.it Hanno inoltre collaborato a questo numero Michele Benazzo, Gianni Burli, Michela Carazzina, Pasquale Colucci, Duccio Fumero, Riccardo del Dotto, Niall Grossi, Beverley Higham, Marco Faraci, Gordon Linnell, Mario Leoncini, Sergio Leveque, Lele Lutteri,
Giangiuseppe Pili, Tim Woolgar e tutti i fotografi accreditati negli articoli Direzione e Amministrazione Via Piero della Francesca 16 27055 Rivanazzano Terme (PV). Tel. 339.6440567 Sito internet e versione elettronica: www.spqrnews.com E-mail: info@spqrnews.com E-mail posta dei lettori postalettori@spqrnews.com E-mail posta commerciale commerciale@spqrnews.com
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Foto in copertina Andrea Scarpa ritratto da Luca Cerrato Rivista stampata su carta reciclata al 100%
LO SPORT AL TEMPO DELLA CRISI
editoriale
Claudio Micalizio
Il momento è difficile: stiamo attraversando una delle crisi economiche e politiche più gravi della storia italiana e quindi sono perfettamente consapevole che si rischia davvero l’impopolarità a scrivere le righe che seguono. In ogni caso, lo farò e voglio illudermi che questa pagina possa arrivare, chissà come, sul tavolo di “chi conta”. Idealmente scrivo al Governo, ai politici per bene e dotati di intelligenza, lungimiranza e sensibilità, ma anche a quanti, nel nostro apparato statale, hanno il potere di decidere per che cosa spendere. Quando finalmente metterete mano a una seria revisione dei conti pubblici italiani, inserite tra i settori da tutelare anche lo sport. Sia chiaro, a scanso di equivoci: le priorità per le quali garantire subito risorse devono essere gli ammortizzatori sociali, la spesa sanitaria e sociale, l’istruzione, la ricerca, la cultura e le infrastrutture; ma poi, per favore, ricordatevi anche dello sport. O almeno non consideratelo un capitolo di spesa superfluo, di quelli che in un momento di austerity può sembrare semplice e magari pure giusto cancellare con un tratto di penna. Già immagino qualcuno di voi trasecolare davanti a quest’appello: ma come, non ci sono soldi per piangere e tu chiedi risorse da destinare allo sport? Sì, e penso che sia legittimo, in un paese serio e maturo, aspettarsi che ciò possa accadere. E preciso: per sport non intendo quello dei professionisti strapagati del pallone o delle altre discipline che vivono di cachet milionari, sponsorizzazioni da capogiro, circondati dal caravanserraglio che noi giornalisti sappiamo montare attorno ad ogni parvenza di notizia. No, io vorrei, invece, che l’Italia investisse nello sport cosiddetto ‘minore’: sia in quello altrettanto professionale, ma molto più riservato e umile, delle discipline che faticano a trovare spazio sulla stampa generalista, nonostante gli atleti che le praticano conquistino risultati lusinghieri; sia anche in quello delle realtà dilettantistiche, che vivono grazie alla dedizione e allo spirito di sacrificio di tanti appassionati e spesso svolgono una funzione sociale preziosissima al servizio dei giovani, svolti talora in zone così degradate, che un campetto da pallone o una palestra possono rappresentare un polmone d’ossigeno per continuare a lottare contro l’abbruttimento. Luoghi dove, poi, può pure capitare che nascano autentici campioni, capaci di dare lustro al paese… e sapete quante volte è già capitato. Ecco, voi “decisori” di questo paese tenetelo presente: aiutare lo sport minore, quello “sano” e fatto da gente “per bene”, non significa sprecare soldi per un fenomeno meramente ludico, ma investire sul futuro dei più giovani e di quanti, senza uno stimolo salutare, rischiano socialmente di “perdersi”. E’ così insensato auspicare che questa autentica rivoluzione culturale possa partire proprio ora che l’Italia deve tirare la cinghia, cercando di porre le basi per la sua rinascita non solo economica? Io credo di no. Pensateci. Ps. Avrei dovuto usare questa pagina per presentare le tante novità di questo nuovo numero della nostra rivista. Ma sono talmente tante, e tutte così meritevoli di attenzione, che avrei fatto più di un torto a citarne solo alcune: sono sicuro che sarete d’accordo con me appena ne sfoglierete le pagine. E allora… buona lettura! SPQ&R _ 3
scacchi Volfango Rizzi
A Lista Elo del 1º luglio 2013: i migliori 15 giocatori. Paragone con la lista di giugno. Pos. Pos. Nome Fed. previa
P. Elo e P. Elo Partite variazione previo
1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15
2862 -2 2813 2796 +22 2784 -19 2780 +1 2776 -6 2775 -9 2775 -11 2773 +18 2767 -17 2763 +22 2761 +8 2757 +30 2756 +13 2752 +6
4 _ SPQ&R
1 Carlsen, Magnus NOR 2 Aronian, Levon ARM 9 Caruana, Fabiano ITA 3 Kramnik, Vladimir RUS 8 Grischuk, Alexander RUS 7 Karjakin, Sergey RUS 5 Nakamura, Hikaru USA 4 Anand, Viswanathan IND 12 Gelfand, Boris ISR 6 Topalov, Veselin BUL 17 Kamsky, Gata USA 14 Mamedyarov, Shakhriyar AZE 23 Dominguez Perez, Leinier CUB 16 Ponomariov, Ruslan UKR 15 Wang, Hao CHN
2864 2813 2774 2803 2779 2782 2784 2786 2755 2784 2741 2753 2727 2743 2746
9 0 20 9 11 9 20 9 9 11 11 9 11 22 4
ncora ventenne, Fabiano Caruana diventa Numero tre al mondo dopo le belle prove fatte dapprima alla tappa del Gran Prix di Tessalonica, dove è arrivato secondo con punti 7,5 su 11, e poi al Memorial Tal, in cui s’è classificato terzo per spareggio tecnico e dove ha battuto sia il Campione del Mondo Viswanathan Anand sia il numero 1 Magnus Carlsen. Fino a quel momento, la migliore posizione raggiunta dal nostro campione nella classifica mondiale era la quinta, da lui occupata in tre liste, dal novembre 2012 al gennaio 2013. Poi Fabiano era calato di rendimento, scendendo alla tredicesima posizione (febbraio 2013), e rientrando presto nei primi dieci (settimo in aprile) e ora balzando dalla nona posizione alla terza con le prestazioni ottenute nelle due ultime competizioni. Va pure segnalato che Caruana occupa per il momento il secondo posto nella classifica del Gran Prix FIDE, competizione che qualifica i primi due giocatori al Torneo dei Candidati, del marzo 2014. Questo torneo, con otto giocatori in gara, offrirà al vincitore la possibilità di sfidare, con la corona in palio, nel novembre 2014, l’allora Campione del Mondo in carica (il vincitore tra Carlsen e Anand).
4ª tappa Gran Prix FIDE 2012-2013 – Tessalonica (21 maggio – 4 giugno) Tabellone e classifica finale Pos. Nome
P. Elo Fed. 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 Punti i.d. n. vit t
1 Dominguez Perez Leinier 2 Caruana Fabiano 3 Kamsky Gata 4 Ponomariov Ruslan 5 Grischuk Alexander 6 Kasimdzhanov Rustam 7 Nakamura Hikaru 8 Topalov Veselin Svidler Peter 10 Bacrot Etienne 11 Morozevich Alexander 12 Ivanchuk Vassily
2723 CUB 2774 ITA 2741 USA 2742 UKR 2779 RUS 2699 UZB 2775 USA 2793 BUL 2769 RUS 2725 FRA 2760 RUS 2755 UKR
* 1 0 ½ ½ 1 ½ 0 * 1 ½ ½ ½ ½ 1 0 * ½ ½ 1 1 ½ ½ ½ * ½ 0 ½ ½ ½ ½ ½ * ½ 1 0 ½ 0 1 ½ * 1 ½ ½ 0 ½ 0 0 * 0 0 ½ ½ ½ ½ 0 0 ½ 0 ½ ½ ½ 0 ½ 0 ½ 0 ½ ½ ½ 0 0 0 ½ ½ ½ ½ 0 0 ½ 0 ½ ½ ½
1 1 ½ ½ ½ ½ 1 * ½ 1 0 0
1 ½ ½ 1 1 ½ ½ 1 ½ ½ ½ ½ 1 ½ ½ 0 * 1 0 * 1 ½ 0 1
1 1 1 ½ ½ ½ ½ 1 0 ½ * ½
1 8 0 6 1 7½ 1 5 ½ 7½ 0 5 1 6 ½ 2 ½ 6 ½ 1 ½ 5½ 0 2 ½ 5 0 2 1 4½ ½ 2 1 4½ ½ 2 0 4 ½ 1 ½ 4 ½ 1 * 3½ 0 1
Tal Memorial 2013 (13-23 giugno): Tabellone e classifica finale Pos. Nome
P. Elo Perf. 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 Punti SB
1 Gelfand, B 2 Carlsen, M 3-5 Mamedyarov, S Andreikin, D Caruana, F 6 Nakamura, H 7 Karjakin, S 8-9 Morozevich, A Anand, V 10 Kramnik,V
2755 2900 2864 2846 2753 2819 2713 2823 2774 2817 2784 2777 2782 2738 2760 2701 2786 2698 2803 2654
½ ½ ½ 0 0 ½ 0 ½ ½
½ ½ ½ 1 0 ½ ½ 0 0
½ ½ 1 ½ ½ 0 ½ ½ ½ ½ ½ ½ 0 ½ 1 ½ ½ ½ ½ ½ 0 ½ ½ 0 ½ 0 ½
1 ½ 1 ½ 1 ½ ½ 1 1 ½ ½ ½ ½ ½ ½ ½ 0 ½ 1 1 1 0 1 0 ½ ½ 1 ½ 0 0 ½ 1 0 ½ ½ ½
½ 6 26 1 5,5 22,75 ½ 5 22,25 1 5 21,5 ½ 5 21 1 4,5 18 ½ 4 18,25 ½ 3,5 15,75 ½ 3,5 15 3 13,5
FIDE Grand Prix 2012-2013: classifica dopo 4 prove Nome Fed. Londra Tashkent Zugo Tessalonica Pechino (Parigi) Totale 2012 2012 2013 2013 2013 2013 Migliori 3 Topalov BUL Caruana ITA Mamedyarov AZE Morozevich RUS Ponomariov UKR Dominguez CUB Nakamura USA Wang Hao CHN Kamsky USA Karjakin RUS Kasimdzhanov UZB Leko HUN Grischuk RUS Gelfand ISR Svidler RUS Giri NED Ivanchuk UKR Adams (riserva) ENG Bacrot (riserva) FRA Radjabov AZE Wang Yue (riserva) CHN
140 140 35 15 70 35 80 90 140 15 55 55
80 80 140 50 20 140 10 140 80 50 30 50
170 45 x 100 125 20 x 75 25 x 100 85 170 140 60 x 75 125 x 50 x 20 70 50 x 85 x x 45 50 x 10 x 25 20 x
x x x x x x x x x x x x
355 305 240 240 235 225 215 210 210 190 185 180 175 170 95 65 65 55 25 20 0
Pros appusimi ntam ent
Rivedr i: e in gara mo Fabiano Carua dapprim na (26 lu a a Do gli Coppa o – 4 agosto rtmund ), d – 4 set el Mondo (1 poi alla te 0 Norve mbre) a Tro agosto gia (an msø, ch compe tizione e questa é u na i prim c h e qua id Candid ue al Torne lifica o a infine ti del prossimdei alla se o anno sta e u tappa ), ltima del Gr an settem bre – 2 Prix FIDE (18 ottobr e).
Foto di Georg Kradolfe Vignetta di Lele Lutteri SPQ&R _ 5
corso di scacchi per principianti Maestro Mario Leoncini
Lezione II
Il movimento dei pezzi I
pezzi e il loro movimento In una partita di scacchi si affrontano due eserciti, che hanno lo scopo di catturare il Re avversario; pertanto la vittoria non passa necessariamente dalla distruzione totale dell’esercito nemico: si può vincere anche rimanendo con forze minori in campo e la partita finisce non appena si conquista il re avversario. In senso lato tutte le pedine della scacchiera si chiamano pezzi, mentre in termini più strettamente tecnici per pezzi s’intendono le sole “figure” (Re, Donna, Torre, Alfiere e Cavallo), escludendo i pedoni.
L’iniziale del pezzo è utile nella notazione scacchistica per indicare quale elemento muovere. Nelle pubblicazioni moderne di
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solito le iniziali del pezzo sono sostituite dalla sua “figurina”. Questo permette una scrittura identica delle partite, indipendentemente dalla nazione in cui si gioca e dalla lingua in essa parlata. I pezzi chiari (d’ora in poi “Bianchi”) si collocano sulla prima e sulla seconda traversa, quelli scuri (d’ora in poi “Neri”) sulla settima e ottava. Nella seconda e settima traversa vanno posti i pedoni; nelle case d’angolo le Torri e accanto ad esse i Cavalli, affiancati dagli Alfieri. La Donna va posta sulla casa del suo stesso colore (Donna bianca sul bianco, Donna nera sul nero); a lato della Donna si colloca il Re. 8
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(11) La Torre in d4 può andare in b4, c4, e4, f4, e catturare la Donna nera in g4, mentre sulla colonna d può occupare le case d1, d2, d3, d5.
L’Alfiere
Per via della posizione del Re e della Donna, la scacchiera viene convenzionalmente divisa in lato di Donna (colonne a-d) e lato di Re (colonne e-h)
L’Alfiere si muove lungo le diagonali. All’inizio della partita ogni giocatore ha a disposizione due Alfieri: uno posto su casa chiara, l’altro su casa scura. In base al suo movimento, ogni Alfiere può giocare solo su metà scacchiera. L’Alfiere delle case scure, non potendo cambiare diagonale, potrà muovere solo sulle 32 case scure; quello posto su case chiare solo sulle 32 case chiare. 13
La Torre La Torre si muove lungo le colonne, in avanti e indietro, di quanti passi vuole. Ad esempio, la Torre collocata in d4 (diagr. 10) può muovere in una di queste case: a4, b4, c4, e4, f4, g4, h4, d1, d2, d3,d5, d6,d7, d8. Non può posizionarsi in una casella già occupata da un pezzo dello stesso colore, né saltare eventuali pezzi posti sul suo cammino. Se il pezzo è di opposto colore può (può non deve!) catturarlo, sostituendosi ad esso. 10 - 11
Una Donna posta in e4, se non ostacolata, può scegliere dove muovere tra ben 27 case: a4, b4, c4, d4, f4, g4, h4, e1, e2, e3, e5, e6. e7, e8, b1, c2, d3, f5, g6, h7, a8, b7, c6, d5, f3, g2, h1.
Il Cavallo Il Cavallo è l’unico pezzo della scacchiera che può saltare altri pezzi. Comunemente si dice che muove a “elle”, nel senso che il suo movimento (per es. da d4 in e2) forma idealmente una piccola elle. In altri termini, si sposta da una casella di un colore in quella, non limitrofa, di colore diverso (da casa bianca a casa nera e da casa nera a casa bianca). Qualcuno preferisce spiegare il movimento del Cavallo dicendo che si muove di un passo come la Torre e di un passo come l’Alfiere. Posto in d4 un Cavallo può spostarsi in c2, b3, b5, c6, e6, f5, f3, e2. Il Cavallo può saltare altri pezzi e, come tale, è l’unica figura che può essere spostata alla prima mossa. 14
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Esercizi 15
L’Alfiere collocato in e4 può muovere, a piacimento, in una delle seguenti case: b1, c2, d3, f5, g6, h7, a8, b7, c6, d5, f3, g2, h1. Come la Torre, non può saltare pezzi posti nel proprio raggio d’azione o collocarsi in una casa già occupata. Cattura, sostituendosi al pezzo avversario.
La Donna La Donna è il pezzo più potente della scacchiera. Assomma in sé i movimenti della Torre (lungo le colonne e le traverse) e dell’Alfiere (lungo le diagonali). SPQ&R _ 7
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Il Pedone
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Il pedone muove di una casella alla volta in verticale. Fa eccezione quando si trova nella sua casella iniziale da dove può muovere di uno o due passi a scelta. È l’unico pezzo che non può tornare indietro e che cattura in modo diverso da come si muove. Cattura, infatti, di un passo nelle caselle diagonali che gli stanno davanti. 18
Domande: 15. 1. Quante catture può effettuare il Bianco? 15. 2. Quante catture può effettuare il Nero? 16. Quante mosse occorrono al Cavallo per andare dalla casa a8 alla casa h1? Risposte: 15. 1. Sei. La Donna bianca può catturare la Torre e il Cavallo; la Torre bianca può catturare l’Alfiere e la Torre, mentre l’Alfiere bianco può catturare l’Alfiere e il Cavallo. 15. 2. Quattro. L’Alfiere nero può catturare l’Alfiere; La Torre nera può catturare l’Alfiere e la Torre, mentre il Cavallo nero può catturare la Torre. 16. Sei. c7, e6, f4, h3, f2, h1)
Il Re Il Re si muove dalla casa in cui si trova in una limitrofa (in verticale, in orizzontale, in diagonale, avanti e indietro di un solo passo). Il Re è l’unico pezzo del gioco che non può porsi sotto minaccia di cattura (in gergo: sotto scacco). Come gli altri pezzi cattura sostituendosi, nella casa di arrivo, al pezzo avversario. 17
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(Diagr. 19) Il Nero può difendersi dallo scacco d’Alfiere spostando il Re con 1.¢e6; 1.¢d6; 1.¢d7; 1.¢e8; 1.¢f8; 1.¢f7; interponendo un proprio pezzo con 1.¥f6 o, infine, catturando l’Alfiere bianco: 1. ... ¦xh4.
Lo scacco matto
Nel diagramma il pedone bianco posto in e2 può compiere uno dei seguenti movimenti: - catturare il pedone in d3 - muovere dalla casa e2 nella casa e3 - muovere dalla casa e2 alla casa e4 - catturare il pedone in f3
Lo scacco Quando il Re viene attaccato, si dice che è sotto scacco. Il giocatore sotto scacco ha l’obbligo di parare la minaccia. La difesa può avvenire: a) togliendosi dal raggio d’azione del pezzo che dà scacco b) interponendo un proprio pezzo tra il pezzo attaccante e il Re c) catturando il pezzo che attacca 19
Se il Re sotto scacco non può difendersi dall’attacco, si ha lo scacco matto e la partita ha termine. (20) Esempio di scacco matto. L’Alfiere in g2 dà scacco al Re nero. Il Nero non ha modo per sottrarsi all’attacco. Lo scacco è imparabile, dunque è matto. Il Bianco ha vinto.
La presa “en passant” (o “presa al varco”) Se un pedone, muovendo di due passi, si affianca a quello avversario, quest’ultimo può catturarlo come se si fosse mosso di uno solo. La cattura deve essere esercitata subito o se ne perde il diritto. Come appare chiaro, questa mossa speciale può svolgersi solo quando un pedone bianco si trova in quinta traversa (e il pedone nero che lo affianca proviene dalla settima) o uno nero in quarta (e il pedone bianco che lo affianca proviene dalla seconda). 21
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E’ possibile giocare con più di una Donna dello stesso colore (sulla scacchiera possono esserci un massimo teorico di nove Donne dello stesso colore), con tre o più Torri, Alfieri e Cavalli.
L’arrocco L’arrocco è una mossa speciale effettuata dal Re con una delle Torri dello stesso colore. Si esegue spostando il Re di due case verso la Torre e ponendo la Torre sulla casa che il Re ha appena attraversato. 24 23
La promozione Quando un pedone giunge nell’ultima traversa (ottava per il Bianco, prima per il Nero), viene promosso a pezzo (Donna, Torre, Cavallo o Alfiere).
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Se arroccherà con la ¦a1 (arrocco lungo), egli si porrà in c1 mentre la ¦a1 in d1. Se arroccherà con la ¦h1 (arrocco corto), il Re verrà posto in g1 e la ¦h1 in f1. Non si può arroccare quando: s) il Re o la Torre sono stati mossi in precedenza b) il Re si trova sotto scacco c) la casa attraversata dal Re e quella di arrivo del Re siano controllate da un pezzo avversario. 27
Nella posizione del diagramma il Re, oltre a potersi spostare nelle case d1, d2, e2, f2 e f1, può arroccare con la ¦a1 o con la ¦h1. 25 Il Bianco può arroccare lungo perché il Re si fermerà in c1. Il Bianco non può arroccare corto perché non può attraversare la casa f1, controllata dall’Alfiere nero.
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Scacchi Maestro Riccardo Del Dotto
Il Metodo
Larsen contro il pedone isolato P Aaron Nimzowitsch e Bent Larsen
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ensate ad un pedone isolato. Localizzatelo sulla scacchiera. Che casa avete scelto? Se avete messo un pedone bianco sulla casa d4, o uno nero in d5, avete una certa dimestichezza con la materia. Saltateci pure a piè pari e passate all’articolo successivo. Avete messo un pedone nero sulla casa b6? Beh forse allora farete bene a leggere queste righe. Ma chi è il pedone isolato? Un tipo che se ne sta al centro della classe durante un compito di matematica senza più alcun compagno di banco accanto. Un mezzo disperato, insomma? Non proprio così. Se siamo ad inizio della verifica, possiamo infatti trovare nei pezzi leggeri dei validi collaboratori, perché non dimentichiamolo, il nostro protagonista sta al centro della scacchiera in una bella casa strategica. A tal proposito possiamo ricordare
quella che denominiamo la regola di Gallagher (dal nome del Grande Maestro anglo-svizzero Joe Gallagher): La regola di Gallagher: se sulla scacchiera sono presenti ancora i pezzi pesanti e tutti e quattro i pezzi leggeri di partenza, il pedone isolato tende ad essere elemento positivo, poiché garantisce a chi ne è in possesso vantaggio di spazio e libertà di manovra; se i pezzi leggeri sono tre a testa, la posizione è all’incirca equivalente; se i pezzi leggeri si riducono a due, o diminuiscono ancora, la bilancia inizia a pendere dalla parte di chi affronta il pedone isolato. Sono tante le aperture che danno vita ad un pedone isolato: dall’Indiana Nimzowitsch all’Attacco Panov-Botvinnik della Caro-Kann, dalla Difesa Tarrasch alla Variante Alapin della Siciliana. Non giocate nessuna di queste aperture? Nemmeno io. Ma questo non significa che un giorno un pedone isolato non possa fare la comparsa sulla vostra scacchiera. Ed è meglio non trovarsi impreparati con i tempi che corrono. Con l’evoluzione del gioco sono state affinate diverse tecniche per affrontare il pedone isolato. Noi qua ci limiteremo semplicemente ad elencarle e a chiamarle per nome, un nome che abbiamo coniato per agevolare la memoria.
Metodo Rubinstein: uno dei problemi fondamentali del pedone isolato consiste nell’impossibilità di essere protetto dai propri compagni di banco, come già abbiamo ricordato. Di lui dovranno quindi prendersi cura i pezzi leggeri o pesanti che siano. Se tendiamo a semplificare la posizione con il cambio dei pezzi, l’avvicinamento al finale senz’altro favorirà l’avversario dell’isolano. Ed ecco come vinceva Akiba Rubinstein. Regedzinski T. – Rubinstein A. Partita Ortodossa D 60 Lodz, 1917 1.d4 d5 2.Cf3 Cf6 3.c4 e6 4.Ag5 Cbd7 5.Cc3 Ae7 6.e3 0–0 7.Ad3 dxc4 8.Axc4 a6 9.0–0 b5 10.Ad3 Ab7 11.De2 c5 12.Tad1 cxd4 13.exd4 Cb6 14.Ce4 Cxe4 15.Axe7 Dxe7 16.Axe4 Tfd8 17.Td3 Axe4 18.Dxe4 Tac8 19.Tfd1 Cd5 20.T3d2 Cf6 21.De3 Db7
Le leggi che agiscono nelle situazioni tipiche hanno un carattere generale, talora non prettamente scacchistico, ma piuttosto scacchisticopsicologico o persino filosofico. (Mark Dvoretsky)
22.h3 h6 23.Te2 Dd5 24.b3 Dd6 25.Tc1 Cd5 26.Dd2 Df4 (diagramma) 27.Tc2 Dxd2 28.Texd2 Txc2 29.Txc2 Cb4 30.Tb2 Tc8 31.Rf1 Tc1+ 32.Re2 Ta1 33.Rd2 Txa2 34.Txa2 Cxa2 35.Ce5 Cb4 36.Cd7 f6 37.g3 Rf7 38.Cb6 Re7 39.Rc3 a5 (0/1)
Metodo Nimzowitsch: Aaron Nimzowitsch è il padre del blocco. Lui per primo ha capito l’importanza della casa situata davanti al nostro protagonista, che se “passato”, viene addirittura ingiuriato dall’autore del Mein System come malfattore, verso cui non è sufficiente un controllo poliziesco, ma son richieste misure drastiche, senza indugi, il blocco appunto, per mezzo del Cavallo. Abbiamo scelto un esempio recente:
Efimov I. (2416) – Giri A. (2711) Catalana E 03 Olimpiade di Istanbul, 2012
1.d4 d5 2.c4 e6 3.Cf3 Cf6 4.Dc2 dxc4 5.Dxc4 a6 6.g3 b5 7.Dc2 Ab7 8.Ag2 Cbd7 9.0–0 c5 10.e3 Db6 11.De2 cxd4 12.exd4 Ae7 13.Ae3 Cd5 (diagramma) 14.Tc1 0–0 15.Cc3 C7f6 16.a4 b4 17.Cxd5 Axd5 18.Ce5 Db7 19.Axd5 Cxd5 20.Tc4 Tac8 21.Tac1 Ad6 22.Txc8 Txc8 23.Txc8+ Dxc8 24.Dc4 Db7 25.Ad2 Cb6 26.Dc6 Dxc6 27.Cxc6 b3 28.Ca5 Cxa4 29.Ac1 e5 30.Cc4 Ac7 31.dxe5 Cb6 32.Cxb6 Axb6 33.Rf1 a5 34.Re2 a4 35.f4 Ad4 36.Rd3 a3 37.bxa3 b2 38.Axb2 Axb2 39.a4 f6 40.Re4 fxe5 41.fxe5 Ac3 42.Rd5 Rf7 43.Rd6 h5 44.h4 Re8 45.Re6 Ae1 46.Rf5 Axg3 47.Rg5 Axe5 48.a5 Rd7 49.Rxh5 Aa1 (0/1)
Metodo Karpov: uno dei trattamenti più moderni. La casa di blocco non viene occupata stabilmente, ma controllata per impedire al pedone di avanzare, sfruttata come casa di transito, lasciata libera per attaccare in modo diretto e concentrico il punto debole. Talvolta si può anche permettere il ricongiungimento con altro pedone, preferibilmente arretrato, per giocare su questa nuova debolezza, in un’ottica di trasformazione del vantaggio. Emblematica, più volte indicata come modello, la seguente partita di Anatoly Karpov. Kamsky G. (2735) - Karpov A. (2770) Caro-Kann B 14 Campionato del mondo Elista (m/4), 1996 1.e4 c6 2.d4 d5 3.exd5 cxd5 4.c4 Cf6 5.Cc3 e6 6.Cf3 Ab4 7.cxd5 Cxd5 8.Ad2 Cc6 9.Ad3 Ae7 10.0–0 0–0 11.De2 Cf6 SPQ&R _ 11
semplice verità. Qua sfuggita anche ad un campione del mondo. Per giunta in un finale della finale del campionato del mondo. Botvinnik M. – Bronstein D. Francese C 08 Campionato del mondo Mosca (m/3), 1951
12.Ce4 Db6 13.a3 Ad7 14.Tfd1 Tad8 15.Cxf6+ Axf6 16.De4 g6 17.Ae3 Ce7 18.Ce5 Cf5 19.Cc4 Da6 20.a4 Ac6 21.Df4 Ad5 22.Ce5 Db6 23.Axf5 exf5 24.Td2 Ag7 25.h4 Tfe8 26.Dg3 Tc8 27.Cd7 Dc6 28.Cc5 b6 29.Cd3 Dd7 30.a5 Te4 31.Cf4 b5 32.Tdd1 Ac4 33.Tac1 h6 34.Tc3 b4 35.Tc2 Tc6 36.Tdc1 Ab5 37.Rh2 Rh7 38.Txc6 Axc6 39.Tc4 Af8 40.Cd3 De6 41.d5 Axd5 42.Txe4 Axe4 43.Axa7 Ad6 44.Cf4 De5 45.Ch3 De7 (0/1)
1.e4 e6 2.d4 d5 3.Cd2 c5 4.exd5 exd5 5.Ab5+ Ad7 6.De2+ Ae7 7.dxc5 Cf6 8.Cgf3 0–0 9.0–0 Te8 10.Cb3 Axc5 11.Dd3 a6 12.Axd7 Cbxd7 13.Ag5 Af8 14.Tad1 Dc7 15.c3 h6 16.Ah4 Te4 17.Ag3 Db6 18.Cfd2 Tee8 19.Dc2 Tac8 20.Cf3 g6 21.Tfe1 Ag7 22.Txe8+ Txe8 23.Af4 Af8 24.h3 Rh7 25.Ch2 Ce5 26.Ae3 Dc7 27.Ad4 Ce4 28.Axe5 Dxe5 29.Cg4 Df4 30.Dc1 Dd6 31.Dc2 Cf6 32.Cxf6+ Dxf6 33.Dd3 Td8 34.De3 Ag7
Metodo Larsen: il GM danese Bent Larsen, antidogmatico per vocazione, non capiva bene tutti i laboriosi procedimenti teorizzati, sopra esposti. Per lui il pedone isolato andava semplicemente catturato. Come se fosse facile. Eppure a volte può capitare di dimenticare questa
Scacchi per corrispondenza
Repubblica Giorgio Napolitano. Il Presidente legge quindi la risposta appena giunta dal Presidente della Repubblica tramite il suo segretario. Egli si complimenta vivamente con il neo-campione e con la Federazione per il prestigioso risultato ottenuto.
Prestigiosi riconoscimenti per Fabio Finocchiaro Nel corso della riunione del Consiglio Federale della FSI del 23 marzo 2013 La FSI, in occasione del Consiglio Federale del 23 marzo 2013, ha insignito il Campione del Mondo per Corrispondenza GM Fabio Finocchiaro del titolo di Maestro FSI ad honorem, assegnandogli anche una targa. Inoltre, la FSI ha inviato una comunicazione della conquista del titolo mondiale al Presidente della Repubblica, il quale si è complimentato con il neo-campione e con la Federazione. Riportiamo lo stralcio delle relative delibere del Consiglio Federale: 12. Proposta targa e titolo di Maestro ad honorem per Fabio Finocchiaro, Campione del Mondo per corrispondenza c. In relazione al titolo di Campione del Mondo per corrispondenza conquistato da Fabio Finocchiaro, il Presidente informa che è stata inviata una comunicazione al Presidente della
12 _ SPQ&R
Per il punto 12 di cui all’odg, il CF assegna una targa e il titolo di Maestro ad honorem al
35.g3 h5 36.Rg2 Td6 37.Cd4 Td7 38.Cf3 Ah6 39.Dd4 Dxd4 40.Cxd4 Ag7 41.Cc2 a5 Il Nero ha un tandem favorevole (Torre+Alfiere contro Torre+Cavallo), ma è svantaggiato dalla presenza di un pedone isolato in d5. Come deve proseguire il Bianco? (diagramma) 42.a4? Un’occasione mancata. Secondo il Metodo Larsen il pedone isolato non va bloccato, va mangiato! Infatti dopo: 42.Ce3! d4 43.Cc2! (43.Td3 Td6 44.Cc2 Tb6) 43...d3 44.Cd4! Un bellissimo esempio di interferenza! (44.Ce1 d2 45.Cf3 Ah6 46.Rf1 f5 47.Re2 Te7+ 48.Rd3 Td7+ 49.Rc2 Te7 e se 50.Cxd2 Te2) 44... Axd4 45.Txd3 b5 46.Txd4 (inferiore 46.cxd4) 46...Tc7 47.Rf3 (47.Td5 b4! Il difensore deve sempre cercare di scambiare i pedoni! 48.Txa5 bxc3 49.bxc3 Txc3 e questo tipo di finale in genere si conclude col risultato di parità) 47...Rg7 48.Re4 con buone chance di vittoria. 42...Td8 43.Rf3 Af6 44.Cd4 Rg7 45.Cb5 Rf8 46.Cc7 d4! 47.c4 Ae7 48.Cd5 Ac5 49.Re2 Te8+ 50.Rd3 b6 51.g4 Rg7 52.Th1 h4 53.g5 Te5 54.Tg1 Rf8 55.f3 Rg7 56.f4 Te8 57.Rd2 Te6 58.Te1 Txe1 59.Rxe1 Il Cavallo è buono, l’Alfiere nero è cattivo, ma i punti deboli sono protetti e mancano vie d’accesso al Bianco per penetrare nel campo nemico. 59...Rf8 60.Re2 Re8 61.Rd3 Rd7 62.Re4 Rd6 63.Cf6 Re6 (½–½)
Campione Mondiale per corrispondenza Fabio Finocchiaro. Il titolo dovrà essere ratificato dalla prima Assemblea FSI utile. Il CF approva all’unanimità. (delibera n. 23/2013) Gli italiani Elio Vassi e Sante Giuliani, qualificatisi al secondo posto pari-merito (ma terzo e quarto rispettivamente per spareggio tecnico) hanno conquistato, con questo risultato, la norma di Grande Maestro Internazionale. di Pasquale Colucci
Il registra canadese David Bitton ha lavorato per tre anni per produrre un documentario sullo scacchipugilato, il primo di sempre. David ha investito i suoi risparmi e ora chiede un nostro contributo per far sĂŹ che il risultato possa essere il miglior possibile. Per partecipare anche tu alla campagna e aiutare la produzione di questo film guarda: www.kickstarter.com/projects/1617582565/ chessboxing-the-kings-discipline
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scacchi M.F. Giuseppe Lettieri
Torneo Chiuso a Maranello Commenta il
M.F. Lettieri 1° Torneo Chiuso Maranello, 23 giugno ‘13, turno 9: Giuseppe Lettieri (2393) vs Martin Istvanovszky (2350)
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N
onostante una partenza molto favorevole (4,5 su 6), le mie possibilità di realizzare la norma di Maestro Internazionale erano ormai svanite a causa di ben due sconfitte consecutive subite rispettivamente al 7° e 8° turno. Tuttavia desideravo fortemente interrompere tale serie negativa pur consapevole di non poter matematicamente raggiungere il mio obiettivo iniziale. 1. e4 c5 2. Cf3 d6 3. d4 cxd4 4. Cxd4 Cf6 5. Cc3 g6 al giorno d’oggi la variante del Dragone si incontra sempre più raramente nei tornei classici; (è infatti più frequente ritrovarsi a dover affrontare la variante Najdorf 5... a6, che vanta una reputazione migliore.) 6. Be3 Il Bianco pianifica di sviluppare i propri pezzi in modo molto aggressivo prediligendo il set-up del noto attacco Yugoslavo - f3, Dd2, Ac4, 0-0-0. Ag7 7. f3 O-O 8. Dd2 Cc6 9. Ac4 L’idea principale dell’attacco Yugoslavo è rendere impossibile la spinta in d5 che provocherebbe la rottura del centro. Ad7 10. O-O-O Ce5 11. Ab3 Tc8 12. Rb1 Cc4 13. Axc4 Txc4 14. g4 Db8?!
Il Nero sceglie di posizionare la Donna in una casa sicura del proprio campo e, nel contempo, prepara sia la spinta del pedone in b5 sia il raddoppio delle torri sulla colonna “c”. (Più usuale e nello spirito del Dragone è l’immediata 14... b5, sacrificando il pedone per organizzare un rapido controgioco. Il Nero, infatti, otterrebbe un discreto compenso grazie all’apertura delle colonne “b” e “c” ed alla tipica esposizione del Re Bianco.) 15. b3 !? (Alternativamente il piano standard è proseguire con 15. h4 Tfc8 (15... h5
16. g5 Ch7 (16... Ce8 17. b3 Tc5 18. Cde2 Tc6 19. Cd5 +/-) 17. b3 Tcc8 18. f4 +/-) (15... b5 16. h5 Tfc8 (16... b4 17. Cd5 Cxd5 18. exd5 Tfc8 19. hxg6 fxg6 20. Dh2 Rf7 (20... h6 21. b3 +-) 21. Df4+ Rg8 22. Txh7! Tf8 (22... Rxh7 23. Df7 +-) 23. Txg7+ Rxg7 24. Dh6+ Rf7 25. Dh7+ Re8 26. Ah6 +-) 17. hxg6 fxg6 18. Cd5 Cxd5 19. exd5 Db7 20. Dh2 h6 21. b3+-) 16. h5 Txc3 17. bxc3 Dc7 18. hxg6 fxg6 19. Cb3 Ae6 20. Ad4 a5 21. g5 Ch5 22. Axg7 Cxg7 23. f4 a4 24. Cd4 Dc4 25. Cxe6 Cxe6 26. Dh2 h5 27. gxh6 Dxc3 28. Dd2 Cxf4 29. Dxc3 Txc3 30. e5 +/-) 15... Tcc8 16. g5 Ch5 17. Cd5 Tfe8 18. Ce2 con l’idea di Cg3 o Cf4, volta a eliminare il cavallo difensore in h5 che non consente il prosieguo dell’attacco laterale. Ae6 19. Cg3 Axd5 20. exd5 Dc7 21. c4 b5!
Un’interessante risorsa tipica degli schemi di attacco del Dragone. Non soltanto il Nero forza l’apertura della colonna “c”, ma rende anche particolarmente vulnerabile la posizione del Re bianco. 22. cxb5 (Più precisa è 22. Cxh5 gxh5 23. cxb5 Dd7 24. Ad4 +/= che consente al bianco di semplificare la posizione e di sfruttare la superiorità della propria struttura pedonale.) 22... Cxg3 {una forte mossa intermedia che in partita ritenevo erroneamente non giocabile in quanto avrebbe facilitato il mio gioco lungo la colonna “h”. 23. hxg3 Dd7 Minacciando simultaneamente il recupero del pedone b5 e l’ingresso in f5. 24. g4 Dxb5 25. Dh2 (Non è ora possibile 25. Ad4 {a causa di Dxd5) 25... Db4 26. Td3 Una risorsa fondamentale che para i minacciosi ingressi della Donna avversaria. Db5 27. Dxh7+ Rf8 28. Thd1 Tc4! Impedendo Ad4. (29. Dh2 Tec8 30. Df2 ?! Una imprecisione giocata rapidamente in zeitnot a cui il mio avversario risponde in maniera non ottimale. (30. Dd2) 30... Re8 ?! (30... a5! con rapido controgioco. L’idea di 30. Df2 è supportare 31. Ad4 ma tale mossa non è immediata-
Dxd5 37. Rxa2 Dxf3 38. Tc7+ Re6 39. Axa7 Dxg4 40. Te1+ Rd5 41. Texe7
mente giocabile a causa di Tc1+ ! 32. Rb2 T8c2+ 33. Dxc2 Txc2+ 34. Rxc2 Axd4 35. Txd4 De2+ 36. T1d2 Dxf3 =/+) 31. Dd2 con la medesima idea di scambiare l’alfiere camposcuro ed alleggerire la posizione. Ac3 32. De2 Ta4? Il Nero sopravvaluta il suo attacco. (32... T4c7 33. Ac1 Da5 34. Ad2 Axd2 35. Dxd2 Da3 36. Db2 Dxb2+ 37. Rxb2 Tc2+ 38. Rb1 a5 = con compenso per il pedone mancante.) 33. Tc1 Rd7 le principali minacce del Nero sono rappresentate da importanti sacrifici sull’arrocco quali Txa2 e Dxb3+ che potrebbero condurre a reti di matto. In questa fase di gioco, entrambi con poco più di un minuto sull’orologio, decido di optare per l’insidiosa 34. Dc2 !? la quale costringe il Nero ad ammettere l’esagerazione di Ta4. (Altrettanto giocabile è 34. Dd1 Tac4 35. Axa7 +/-) 34... Txa2 ?
Dxg5 42. Txf7 a questo punto il piano del Bianco è semplice: mettere al sicuro il re, riuscire a coordinare entrambe le torri e, infine, catturare i pedoni del Nero che non potranno essere in alcun modo difesi se doppiamente minacciati. D’altro canto, il secondo giocatore può solo sperare in un perpetuo per salvare la partita. Dd2+ 43. Ra3 De1 44. Ra4 De2 45. Tg7 Da2+ 46. Rb4 Dd2+ 47. Rb5 Dd3+ 48. Ra4 Da6+ 49. Rb4 Il Re è ora sufficientemente al riparo e, nel contempo, il Bianco tiene sotto pressione la posizione del Nero. Dd3 50. Tc4 ! Dd2+ 51. Rb5 De2 52. Tb7 Da2 53. Td4+ Re6 54. Rb4 Da1 55. Te4+ Rd5 56. Te3
sembra apparentemente vincente. Tuttavia, con pochi secondi a disposizione, il mio avversario fallisce nel comprendere il senso della mia ultima mossa. (Era indispensabile ritornare sui propri passi con 34... Tac4) 35. Dxc3 ! (35. Dxa2 ?? Dxd3+ 36. Dc2 Dxe3-+) (35. Rxa2 ?? Da5+ 36. Rb1 Da1#) 35... Txc3 36. Tdxc3 grazie al tempo che il Nero dovrà spendere per sfuggire alla rete di matto, il Bianco catturerà la torre indifesa in a2 ed entrerà in un finale tecnicamente vinto.
Dominando tutti i possibili ingressi della Donna avversaria. Dd1 57. Tb5+ Rc6 58. Tc3+ Rd7 59. Ae3 Riducendo a ogni mossa lo spazio di manovra del Nero. Dg4+ 60. Ra3 Dd1 61. Tg5 Da1+ 62. Rb4 Db1 63. Td5 De4+ 64. Td4 De5 65. Ra3 (Non subito 65. Rcd3 ?? Dc5+ ! 66. Ra4 Da7+ 67. Rb5 Dc5+ = e il Nero si salva con un perpetuo.) 65... Da5+ 66. Rb2 Il Nero abbandona in vista della prossima Tcd3 con conseguente crollo della sua posizione. 1-0. SPQ&R _ 15
sul filo del rasoio: cioè sul filo del regolamento A.I. Sergio Pagano
Fortuna all'italiana e tabelle Pagano C
onsideriamo il sistema di abbinamento all’apparenza più equo: il sistema all’italiana o round-robin, in cui ogni partecipante al torneo incontra tutti gli altri. Esso viene per lo più utilizzato nei tornei scacchistici di alto livello, che hanno in palio premi piuttosto consistenti, dove i partecipanti sono giocatori di fama internazionale, ai quali talvolta si aggiungono giocatori più deboli, rappresentanti della nazione che ospita il torneo. Nei tornei aperti alla generalità degli appassionati, si utilizzano, invece, i sistemi di tipo svizzero, che tratterò in un successivo articolo. A prima vista, sembrerebbe impossibile essere variamente fortunati in un torneo in cui si incontrano tutti i partecipanti. In realtà non è così, e lo vediamo con un esempio.
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Supponiamo di avere un torneo all’italiana con otto partecipanti. Due di questi sono particolarmente forti e ci si aspetta che si contenderanno la vittoria finale (chiamiamoli, in ordine di forza presunta, F1 e F2); altri due sono di media forza, in grado sì di mettere in difficoltà i due favoriti negli scontri diretti, ma considerati destinati a candidarsi per il terzo e il quarto posto (chiamiamoli M1 e M2); gli altri sono ritenuti decisamente più deboli, e saranno quasi certamente battuti dai due più forti (chiamiamoli D1, D2, D3 e D4). Per stabilire il calendario degli incontri da disputare, per tradizione si adottano le cosiddette tabelle Berger, la cui origine risale a circa un secolo fa, e che furono apprezzate per la facilità con cui possono essere costruite “a mano”, qualunque sia il numero dei partecipanti. Si applicano dei semplici algoritmi, che permettono di costruire in pochissimo tempo un calendario di un girone all’italiana con le tabelle Berger, disponendo solo di carta e penna. La descrizione di questi algoritmi ve la risparmio, poiché esula dal tema di questa serie di articoli. Non riscontro altri pregi a questo metodo, anzi l’applicazione di queste tabelle può essere assai iniqua. Oggigiorno, con l’ampio e diffuso uso degli strumenti informatici, non è più necessario costruire tabelle con carta e penna, ma bastano pochi click su una tastiera; per cui mi sembra che anche l’unico pregio delle tabelle Berger non sia più di particolare interesse. Riporto gli abbinamenti delle tabelle Berger, riferite a un torneo con 8 partecipanti; i numeri riportati sono assegnati per sorteggio ai giocatori, prima dell’inizio del torneo. Turno 1: 1 – 8; 2 – 7; 3 – 6; 4 – 5 Turno 2: 8 – 5; 6 – 4; 7 – 3; 1 – 2 Turno 3; 2 – 8; 3 – 1; 4 – 7; 5 – 6 Turno 4: 8 – 6; 7 – 5; 1 – 4; 2 – 3 Turno 5: 3 – 8; 4 – 2; 5 – 1; 6 – 7 Turno 6: 8 – 7; 1 – 6; 2 – 5; 3 – 4 Turno 7: 4 – 8; 5 – 3; 6 – 2; 7 – 1 Supponiamo che il sorteggio per l’assegnazione dei numeri abbia dato questo esito: il numero 1 assegnato a F1; il 2 a M1; il 3 a D1; il 4 a M2; il 5 a SPQ&R _ 17
D2; il 6 a D3; il 7 a D4 e l’8 a F2. Di conseguenza il nostro torneo all’italiana vedrà nell’ordine questi incontri: Turno 1: F1 – F2; M1 – D4; D1 – D3; M2 – D2 Turno 2: F2 – D2; D3 – M2; D4 – D1; F1 – M1 Turno 3; M1 – F2; D1 – F1; M2 – D4; D2 – D3 Turno 4: F2 – D3; D4 – D2; F1 – M2; M1 – D1 Turno 5: D1 – F2; M2 – M1; D2 – F1; D3 – D4 Turno 6: F2 – D4; F1 – D3; M1 – D2; D1 – M2 Turno 7: M2 – F2; D2 – D1; D3 – M1; D4 – F1 Con un tabellone così, tra i due principali aspiranti alla vittoria finale, F1 è molto fortunato e F2 molto sfortunato. Vediamo perché: 1) F1 gioca 4 partite col Bianco e 3 col Nero, F2 3 col Bianco e 4 col Nero; 2) F1 gioca col Bianco l’incontro diretto con F2; 3) F1 gioca col Bianco entrambe le partite contro gli outsider M1 e M2; F2 le disputa entrambe con il Nero; 4) Nell’ultimo turno, che potrebbe essere decisivo, F2 gioca una partita difficile contro un outsider, mentre F1 affronta una partita facile contro uno dei giocatori deboli.
Per questa rubrica sono molto gradite domande da parte dei lettori: potete chiedere delucidazioni su qualsiasi aspetto regolamentare o sottoporre casi particolari. Si possono inviare le vostre domande scrivendo via email a: postalettori@spqrnews. com oppure spedendo una lettera in redazione. Vi aspettiamo! averlo trovato, e ho creato quelle che (con poca modestia) ho chiamato le tabelle Pagano. Con queste tabelle si evita il sorteggio iniziale, e i giocatori sono sempre elencati in ordine decrescente di forza presunta, dal più forte (numero 1 nel nostro caso) al più debole (numero 8 nel nostro caso). Quindi avremo: F1 ha il numero 1; F2 il 2; M1 il 3; M2 il 4; D1 il 5; D2 il 6; D3 il 7; D4 l’ 8. Fatto ciò, si esegue il sorteggio del colore con cui dovrà giocare al primo turno il giocatore più forte. Se giocherà col Bianco, gli abbinamenti saranno i seguenti:
Notiamo anche che F1 e F2 s’incontrano al primo turno; il risultato di questa partita potrebbe indicare il probabile vincitore sin dall’inizio del torneo, riducendo di molto la suspense sull’esito finale.
Turno 1: F1 – D4; F2 – D3; M1 – D2; M2 – D1 Turno 2: D3 – F1; D4 – F2; D1 – M1; M2 – D3 Turno 3; F1 – D2; F2 – D1; M1 – D4; M2 – D3 Turno 4: D1 – F1; D2 – F2; M1 – D3; M2 – D4 Turno 5: F1 – M2; F2 – M1; D4 – D1; D3 – D2 Turno 6: M1 – F1; F2 – M2; D1 – D3; D4 – D2 Turno 7: F1 – F2; M2 – M1; D2 – D1; D3 – D4
Un paio di anni fa mi sono posto il problema di trovare un algoritmo migliore, che fosse in grado di ridurre tali disparità. Ritengo di
Se il sorteggio del colore ha dato esito opposto, gli abbinamenti restano gli stessi, ma invertendo in tutti il Bianco con il Nero.
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Vediamo i principali vantaggi delle tabelle Pagano rispetto alle Berger: 1) i giocatori più forti giocano lo stesso numero di partite con il Bianco, ed altrettanto fanno i più deboli (nel nostro esempio, i 4 più forti giocheranno 4 partite col Bianco e 3 con il Nero, viceversa per i 4 più deboli), rendendo più equilibrata sia la lotta per le prime posizioni che quella per le ultime; 2) durante la prima parte del torneo si giocano tutti gli incontri “squilibrati” (i più forti giocano contro i più deboli, e mai tra di loro), per cui gli incontri diretti tra i forti (ed anche quelli tra i deboli) avvengono nella seconda parte del torneo, rendendo più incerta ed appassionante la lotta; 3) in particolare, l’incontro tra i due giocatori più forti è previsto per l’ultimo turno, sempre nella scelta prioritaria di rendere il più a lungo possibile incerto l’esito del torneo. Con le tabelle Pagano si tende quindi a ridurre l’elemento “fortuna” nei tornei all’italiana, ed anche a renderli più avvincenti e incerti. Ovviamente, si possono utilizzare anche in altri sport che adottano il sistema all’italiana per lo svolgimento dei tornei (e sono tantissimi, a cominciare dal calcio). Qui ho riportato solo un esempio delle tabelle Pagano; il lettore interessato ad approfondire l’argomento potrà rivolgersi alla redazione della rivista, che lo metterà in contatto con me.
scacchi Luca Cerrato
Quando gli sca una di
sfida d
Danieli-Garrett vs Aronian-Caoili a Porto Mannu. (foto di Roberto Messa Š Torre & Cavallo Scacco)
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cchi diventano di coppia
oppio
L
a bellezza di praticare un’attività di squadra è rappresentata dalla possibilità di costruire legami basati sulla fiducia e il rispetto dei propri compagni d’avventura, per raggiungere insieme l’obiettivo prefisso. Certamente l’ambito sportivo ne è l’esempio più efficace. I compagni di una squadra di rugby, ad esempio, devono conoscere gli schemi di gioco, ma questo non sarebbe sufficiente senza il sacrificio di tutti nell’aiutare i reparti in difficoltà. SPQ&R _ 21
Fotografie di Volfango Rizzi e Bruno Sparpaglione
Il filosofo J.Huizinga scriveva nel suo libro Homo Ludens che i partecipanti ad un gioco creano un anello magico per la durata della partita, un mondo alternativo a quello reale. Qualcosa di simile avviene in un lavoro di gruppo: ognuno cercherà di condividere, di aprirsi a nuove idee, a modi differenti di agire, di essere partecipe del successo o del fallimento. Tuttavia non è semplice trasferire il concetto di squadra ai giochi da tavolo, dove sul campo di battaglia si è soli con il proprio esercito di pezzi. E’ ben vero che esistono delle competizioni a squadre, ma in ogni caso i giocatori rimangono sempre soli sulla loro scacchiera, senza la possibilità di cercare e trovare alcun tipo d’aiuto da un compagno, al massimo sentendo da lontano il tifo della propria squadra. Sono convinto che sia sempre positivo il fatto che un gruppo di persone, indipendentemente dall’età e dal tipo di attività,
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unisca le proprie forze fisiche e mentali in vista di un bene comune.
Personalmente, oltre al fatto di vedere competere almeno due giocatori, ho
individuato due elementi di un gioco da tavolo per essere considerato un’attività di squadra: • La condivisione dell’ intera partita con i propri compagni. • La messa a disposizione della squadra dei vantaggi singolarmente acquisiti. Esiste una variante del gioco degli scacchi che ha in sé entrambe queste caratteristiche: gli scacchi quadriglia, oppure in inglese, i Bughouse chess. Se conoscete le regole degli scacchi, impiegherete un minuto per imparare il gioco; se non conoscete gli scacchi, allora qualche altro articolo della presente rivista vi tornerà utile. Per iniziare, occorre trovare un compagno di gioco e altri due giocatori, poi procurarsi due scacchiere e i relativi pezzi. Un giocatore della squadra giocherà con il bianco, l’altro con il nero. L’elemento fondamentale del gioco è il tempo. Senza l’impiego di due orologi da torneo giocare alla Quadriglia non ha alcun senso. Capita infatti, come vedremo in seguito,
di aspettare un aiuto dal proprio socio, il quale dovrà tenere conto dei secondi che passano.Sulle due scacchiere i giocatori eseguono le normali mosse del gioco degli scacchi eccetto quando un pezzo viene catturato. Bisogna allora passarlo al proprio compagno di squadra che lo posizionerà al bordo della scacchiera. Al proprio turno, si potrà scegliere di muovere un pezzo presente sulla scacchiera oppure posizionare un pezzo dalla riserva. Per il deposito di un pezzo, occorre tener conto di alcune regole. Non si può utilizzare il pezzo per effettuare una cattura, ma può essere usato per dare scacco oppure scacco matto. Il pedone non può essere collocato in prima e ottava traversa. La torre, posi-
zionata nell’angolo della prima traversa, e il pedone, in seconda traversa, sono considerati come pezzi mai stati mossi e di conseguenza si possono applicare le regole previste degli scacchi (per esempio l’arrocco). A quadriglia, vince la coppia che per prima dà scacco matto su una delle due scacchiere, oppure quando uno dei due avversari finisce il tempo a sua disposizione. Come potete facilmente dedurre, la quadriglia è come il gioco degli scacchi, ma con un qualcosa in più: il valore aggiunto è l’aiutare il compagno, passandogli i pezzi necessari. Articoli in rete descrivono partite tra coppie formate da giocatori di livello mondiale, ma privi di esperienza nei Bughouse chess, che competono contro mediocri giocatori, dove i maestri subiscono pesanti sconfitte. Qualcuno, scherzosamente, afferma che la quadriglia è nata per permettere a giocatori talmente scarsi negli scacchi di trovare avversari disposti ad incontrarli. Sarà davvero così? SPQ&R _ 23
scacchipugilato Roberta Gatti & al.
FRATTURA INTERNAZIONALE NELLO SCACCHIPUGILATO N Fotografie di Simon Way
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ei mesi scorsi è avvenuta una scissione all’interno della World ChessBoxing Organisation (WCBO). Tale organismo, che deve la sua costituzione all’artista olandese Iepe Rubingh, si propone scopi specifici: disciplinare lo scacchipugilato, definendone struttura e regole; riunire in un’unica associazione le varie realtà, sorte nel frattempo in diverse nazioni; organizzare campionati del mondo ed europei, come infatti è avvenuto con il primo mondiale disputato ad Amsterdam nel 2003, e il primo campionato europeo a Berlino nel 2005. Molte federazioni di scacchipugilato, sorte nel corso degli anni, hanno aderito alla WCBO, tra cui anche il London ChessBoxing (LCB) di Tim Woolgar. A livello internazionale, il polo londinese rappresenta la più viva e attiva
associazione e promuove molti eventi spettacolo a Londra. L’intesa realizzata tra Rubingh e Woolgar, che appariva assai solida, ad inizio primavera 2013 ha visto un’imprevista e improvvisa rottura tra i due leaders, con la conseguenza che Tim Woolgar ha proceduto alla costituzione di un nuovo organismo, denominato World ChessBoxing Assosation (WCBA). Come cambierà il panorama di questo nuovo sport? Lo abbiamo chiesto ai due protagonisti a livello internazionale e al Presidente della neonata Federazione Italiana scacchipugilato (FISP). Sig. Rubingh, quali conseguenze avrà il distacco del London Chessboxing sulla sua organizzazione?
Il ritiro della LCB renderà più chiaro a chi è al di fuori che lo scacchipugilato, nella sua versione originaria WCBO, è uno sport serio e non un prodotto di spettacolo divertimento. Gli eventi a Londra sono percepiti all’esterno come eventi di divertimento: ciò danneggia lo sport dello scacchipugilato e la WCBO. Quant’é probabile che tra Lei e il SIg. Woolgar si possano appianare le differenze e confluire nuovamente in una sola organizzazione? É sempre possibile, sebbene stiamo ora parlando con una nuova entità britannica. Passiamo ora la parola alla controparte: Sig. Woolgar quali sono state le cause che l’hanno convinta a lasciare la WCBO per costituire la WCBA? Il London Chessboxing è sempre stato un buon amico di Iepe Rubingh e della WBCO, fin dal suo esordio nel 2008. Non abbiamo mai cercato di sfidare la WCBO, nonostante che, mentre quest’organizzazione è rimasta dormiente, noi del LCB avessimo sviluppato e praticato attivamente questo sport, non solo nel Regno Unito ma anche in tutto il mondo. SPQ&R _ 25
Tim Woolgar
Viceversa, in segno di rispetto per la comunità chessboxing, abbiamo sostenuto la WCBO con consulenze e competenza, anche condividendo liberamente i benefici dei nostri ampi successi di pubbliche relazioni ed esperienze nell’allestire eventi. Negli ultimi due anni ho personalmente cercato di sviluppare una collaborazione formale con Iepe, e la scorsa estate mi sembrò che fossimo giunti a un accordo. Tuttavia, all’ultimo momento, tutto è cambiato e, invece di una partnership creativa, è apparso chiaro che Iepe voleva mantenere il controllo totale. Poi il discorso é stato solamente di quanto io dovessi pagare per rimanere parte del WCBO e, senza mezzi termini, posso affermare che il prezzo era troppo, troppo alto. Mi resi rapidamente conto che serviva un cambiamento. Quali sono i programmi della World ChessBoxing Association per il futuro? Lo scacchipugilato ha bisogno di una forza di collegamento globale, che agisca nell’interesse dello sport e che coinvolga persone che lo promuovano. La WCBA è un’associazione senza scopo di lucro, nata per permettere lo sviluppo di questo sport e che consentirà alle federazioni, o ai singoli promotori di tutto il mondo, di essere tutelati, ricevendo aiuto per la creazione di eventi sicuri e redditizi, potendo beneficiare del suo lavoro. La WCBA fornisce regolamenti, un codice di condotta e le varie politiche per garantire la sicurezza dei partecipanti con la libertà di di-
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vulgare lo scacchipugilato senza ostacoli. Non sono applicate penali, ma piuttosto si cerca di fornire assistenza, per quanto possibile, alle varie associazioni. Il modo migliore per sviluppare rapidamente lo sport e abbattere le barriere è di coinvolgere i partecipanti e tutte le parti interessate, lavorando insieme e condividendo sia il carico sia le ricompense. Questa è la chiave e la filosofia adottata dalla WCBA, e rimarrà così sempre. Crede che si possano appianare le vostre divergenze per confluire di nuovo in un’unica organizzazione? Per il momento sembra una cosa improbabile. Come si schiera la Federazione Italiana Scacchipugilato di fronte a questa scissione? L’abbiamo chiesto a Volfango Rizzi, il presidente della FISP. Volfango, cosa pensi della scissione avvenuta il mese scorso e della creazione di questa nuova associazione mondiale? In generale, penso che lavorare uniti e compatti possa dare risultati migliori per divulgare lo scacchipugilato. D’altro canto non é una situazione tragica e, a volte, da cose che riteniamo non vantaggiose in partenza, si ottengono frutti insperati e risultati positivi. Come si collocherà la FISP all’interno di questa diatriba? Sceglierà di seguire le indicazioni di Iepe Rubingh o si unirà con la neo WCBA?
Il Consiglio Direttivo della Federazione Italiana ha deciso di tenersi equidistante e collaborare con tutte le parti che vogliono il bene dello scacchipugilato. Ha però anche colto “la palla al balzo”, per dare forma ai regolamenti della nuova federazione. Per esempio, come da mia proposta, il numero delle categorie di peso, la loro suddivisione e la loro denominazione sono state totalmente accettate dalla WCBA. Altre parti del regolamento tecnico, da noi suggerite, sono state fatte proprie dalla nuova associazione e lavoreremo perché si adottino regolamenti tecnici e organici, che noi riteniamo migliori di quelli del passato. In aggiunta, cercheremo di avere riflessi positivi al fine di rendere la nuova organizzazione la più democratica possibile, sempre mantenendoci in collaborazione con tutti quanti lavorano per il bene dello scacchipugilato. Nel frattempo Iepe ci fa sapere che vi saranno incontri validi per titoli mondiali a ottobre 2013 a Berlino, in data ancora da decidersi, e il 28 novembre nella Sala Izvestia di Mosca e sul ring per il titolo Leonid Chernobayev. In aggiunta, per celebrare i 10 anni di nascita dello scacchipugilato, vi sarà una riunione speciale il 16 novembre ad Amsterdam, che si terrà presso la stessa sede dove egli allora combatté, denominata: Paradiso. Ci informa anche che nel 2014, gestiti dal nuovo “braccio” commerciale della WCBO che curerà i campionati, si svolgeranno le “Serie” dei Campionati del Mondo.
La Vignetta lele Lut teri
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scacchipugilato Volfango Rizzi
Foto di James Bartosik
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Intervista esclusiva con Sergio Leveque Apprestiamoci a conoscere, attraverso quest’intervista esclusiva a 360 gradi, uno dei due piÚ conosciuti chessboxer italiani: Sergio Leveque.
C
iao Sergio, possiamo iniziare raccontando qual è la tua principale occupazione? Sono titolare di un’agenzia di scommesse a Senigallia, città in cui vivo. Per conciliare la preparazione con il lavoro, mi alleno la mattina presto (sveglia alle 06.30, corsa, pesi e addominali) e nella pausa pranzo (boxe e strenght & conditioning). La sera sono stanco ed ho voglia di tornare a casa dalla mia famiglia, composta da mia moglie, due splendide bimbe, rispettivamente di 5 anni e 3 mesi, e Attila, il mio P(e)T. L’acronimo sta per pet, animale domestico, e personal trainer, visto che ogni mattina vuole che andiamo a correre. E’ un meticcio fra pastore tedesco e maremmano; ha 9 anni e pesa 42 kg. A quando risale la tua passione per gli scacchi e per il pugilato? Ho imparato gli scacchi a 3 anni, guardando giocare mio padre e mia madre. A 13 ho iniziato a frequentare il circolo e a fare tornei, ottenendo anche qualche buon risultato. Con la boxe ho iniziato a 20 anni, a Torre Annunziata, nella palestra del Maestro Ernesto Bergamasco, padre dell’attuale CT della nazionale di pugilato. Sono rimasto là fino al 2004, anno in cui mi sono trasferito a Senigallia. Nel 2005 ho ripreso brevemente qui a Senigallia, però alla fine di quell’anno ho subito un incidente stradale, che mi ha tenuto per 4 anni lontano dal ring. Per certi versi quell’ incidente ha segnato una svolta nella tua vita, Il tuo soprannome di battaglia “la fenice” è legato a tale fatto. Lo hai scelto tu o te l’hanno attribuito altri? Il soprannome l’ho scelto io. Nel 2005 ebbi questo brutto incidente stradale che comportò la frattura metaepifisaria poliframmentata ed esposta, con complicazioni da sindrome compartimentale. In pratica la tibia destra e il piatto tibiale (la sede dell’articolazione del ginocchio) rimasero schiacciate, e il sangue arterioso versato dall’osso impediva la risalita di quello venoso. In un caso del genere le probabilità di amputazione sono intorno al 90%. SPQ&R _ 29
scacchi o alle arti marziali di combattimento? Sicuramente all’allenamento fisico. Il mio lavoro è totalizzante e non ho mai un week end libero, quindi non posso partecipare a tornei seri di scacchi. Faccio qualche partita a cadenza veloce su internet e fondamentalmente gioco per divertirmi. La preparazione fisica a un combattimento richiede molta più applicazione; devo seguire l’alimentazione giusta, curare il fiato, la tecnica e il potenziamento.
I medici dell’ospedale di Ancona, guidati dal Professor Verdenelli, fecero un miracolo e mi salvarono la gamba, ma mi dissero che con lo sport avevo chiuso. Il massimo successo che avrei potuto raggiungere, impegnandomi molto, sarebbe stato quello di riuscire di nuovo a camminare normalmente. Dopo l’incidente, la sola persona che ha creduto in me, quando non ci credevano i medici, e neppure io, è stato il maestro Claude Tshyekela, cui va l’immenso merito di avermi restituito allo sport agonistico. Per tornare a camminare normalmente ho impiegato 3 anni, subendo altre 4 operazioni, poi sono riuscito anche a tornare ad allenarmi, a passare le visite mediche e tornare a combattere verso la fine del 2009. Per questo motivo ho deciso che il mio soprannome sarebbe stato “the phoenix”. Pratichi altre arti marziali? Da bambino facevo judo , sempre a Torre Annunziata, nella palestra del Maestro Bruno Fuscati, mio zio. Negli ultimi anni ho praticato un po’ di muay thai e submission grappling. Accarezzo spesso l’idea di praticare MMA ma per ora non se n’ è fatto nulla. Normalmente dedichi più tempo agli
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Qual è il tuo palmares negli scacchi e nel pugilato: quale la tua esperienza accumulata, le competizioni vinte e le categorie raggiunte? Sono Candidato Maestro ed ho raggiunto il punteggio FIDE di 2150. Sono stato campione regionale ex aequo under 20 in Campania. Ho vinto diversi tornei, qualcuno anche davanti a giocatori sulla carta molto più titolati di me. Da pugile ho combattuto molti incontri, con qualche buon risultato. Ho affrontato gente che poi è diventata campione mondiale e olimpica, e sono stato sparring partner di diversi pugili professionisti. Come ti sei avvicinato allo scacchipugilato? Quando ho sentito parlare di questo sport, pensavo l’avessero creato per me. Ho contattato il presidente della federazione sottoponendogli il mio curriculum, ma ricevendo in risposta il classico “le faremo sapere”. La svolta è arrivata quando ho conosciuto il maestro Gianni Burli di Spoleto, che era introdotto negli ambienti, essendo l’allenatore di Gianluca Sirci, campione europeo dei pesi massimi della specialità. Burli mi fece in breve ottenere diversi incontri in Inghilterra, oltre ad allenarmi e a farmi svolgere numerosi incontri di allenamento con Sirci. In questo periodo mi sto allenando per l’incontro che sosterrò a Londra l’8 giugno. Qual è stata la reazione dei tuoi colleghi pugili, quando hai detto loro di questo sport che combi-
na scacchi e pugilato? Qualcuno ha storto un po’ il naso, qualcun altro invece si è mostrato colpito ed interessato. Ricordo che in un gruppo di pugilato su internet si faceva molta ironia sulla nostra attività. Quando dissi che la praticavo e che al mio angolo c’era Gianni Burli, tacquero tutti. Hai personalmente conosciuto qualche pugile italiano disposto a provare a livello agonistico lo scacchipugilato? Ne ho parlato varie volte con amici pugili, ma imparare gli scacchi richiede voglia, tempo e costanza; per il momento nessuno si è cimentato, a parte me e Gianluca Sirci.
Tshyekea e, quando posso, vado a Spoleto dal maestro Burli, anche per fare sparring con Gianluca Sirci. Per gli scacchi gioco a cadenza veloce su internet, sia su fsi arena sia su chesscube.com. Salto la corda o faccio il sacco per tre minuti e poi sostengo una partita blitz da 2 o da 3 minuti online. Dovrebbe essere con noi anche il maestro di scacchi Corrado Sabia, di Salerno, anche se a causa di problemi lavorativi la sua presenza sarà in dubbio fino alla fine.
E invece qualche scacchista disposto a fare altrettanto? Qui la situazione cambia, perché molti ottimi scacchisti sono stati o sono tuttora atleti di buon livello, che possono imparare o approfondire la boxe e cimentarsi tranquillamente. Penso a Giuseppe Lettieri che è stato un nuotatore agonista, o a Giuseppe Coratella che vanta un discreto passato da judoka ed è dottore in scienze motorie. Loro potrebbero fare molto bene. Recentemente è stata fondata la Federazione Italiana ScacchiPugilato e tu sei uno dei soci fondatori. Che cosa ti auguri possa realizzare nel prossimo biennio? Ci vogliono eventi in Italia. Lo sport si può far conoscere alle persone solo così. Se organizziamo combattimenti, la gente ci vedrà, ne parlerà, e otterremo visibilità e credibilità. Altrimenti, resteremo confinati in una nicchia virtuale. A 34 anni non sei, agonisticamente parlando, un vecchietto ma nemmeno un giovanotto. Quali obiettivi ti prefiggi per i prossimi anni? Fino a quando intendi salire su di un ring? Ti sei dato, come aveva fatto per esempio David Haye, una scadenza per smettere? Bernard Hopkins a 48 anni ha appena riconquistato un titolo di campione del mondo. Vorrei battere questo suo record. A parte gli scherzi, fino a quando mi sentirò motivato e sufficientemente integro, continuerò. Sarà il mio corpo, e non la carta d’ identità, a dirmi di smettere. Il mio esempio è Andy Costello, chessbo-
xer inglese, che ha 12 anni più di me e un fisico e una condizione atletica che la maggior parte dei teenager sogna. C’è qualche titolo che aspiri vincere? Tra undici giorni, l’8 di giugno, combatterai il primo di tre possibili incontri che potrebbero portarti a diventare campione del mondo dei pesi massimi di scacchipugilato. Come giudichi le tue possibilità di poter arrivare a tale titolo? Chiaramente mi piacerebbe diventare Campione del Mondo: nel circuito posso giocarmela con chiunque. Realisticamente sono nei migliori 4 al Mondo, insieme con Gianluca Sirci, Andy Costello e il russo Sazhyn. Con ognuno di loro sarebbe un match durissimo e incerto. Chi sarà con te all’angolo l’8 giugno? Chi altri ti sta aiutando negli allenamenti e nella preparazione? Al mio angolo ci sarà come sempre il maestro benemerito Gianni Burli. Per la preparazione mi alleno con il maestro
Quali sono i tuoi interessi al di fuori degli scacchi e delle arti marziali? Mi piace leggere: gialli, thriller, fantasy e soprattutto romanzi storici. Ultimamente, grazie a mia figlia, mi sto specializzando nel leggere le favole. Navigo molto in internet e mi piace discutere di sport e politica, anche se spesso i tifosi dello sport sono molto più obiettivi e imparziali di quelli della politica. Ti regalo quindi volentieri copie dei primi due numeri di SPQeR per tua figlia: conosco molti bambini che si dilettano a colorare i fumetti che sono al centro della nostra rivista. Sergio, cosa pensi di questa rivista, che mette insieme quattro sport così diversi tra loro e che tratta anche di altri temi come giochi, aromaterapia, viaggi, altri sport minori e con diversi articoli multidisciplinari? Ti ringrazio molto. Leggo sempre con piacere la rivista, che, grazie alle ottime firme che compongono lo staff, riesce ad offrire informazione ed intrattenimento di ottima qualità. Un saluto a tutti i lettori da Sergio “The Phoenix” Leveque. SPQ&R _ 31
scacchipugilato Volfango Rizzi
Con commenti del 4째 incontro a cura di Sergio Leveque
Foto di Simon Way
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Kings of the Ring
Sergio vola in semifinale sbarazzandosi in 3 round del suo avversario SPQ&R _ 33
A
ltra notte di grande scacchipugilato quella dell’8 giugno a Londra, e questa volta tornava a esserci uno «scacchista-pugile» italiano, Sergio Leveque, che ha disputato un incontro eliminatorio per diventare campione del mondo dei pesi massimi. Abbiamo letto di Sergio nell’intervista, fatta alcuni giorni prima del combattimento. Ora seguiamo il suo quarto di finale per il titolo mondiale e, di seguito, riportiamo il suo commento all’incontro disputato, concludendo con una breve intervista postmatch a lui e al suo avversario.
Quattro gli incontri in programma durante la serata; di seguito i risultati: Nick “Showstopper” Cornish batte Matt “Crazy Arms” Read per KOT alla 6^ ripresa; Andre Glenzer (Germania) batte Mike “The Bedfordshire Bull” Botteley per scacco matto alla 7^ ripresa; Chris Powell (pezzi neri) batte Jorge Crespo (Ecuador) per tempo alla 9^ ripresa; Sergio “The Phoenix” Leveque (Italia) batte Mark “The Hammer” Pilkington (pezzi bianchi) per scacco matto alla 3^ ripresa.
Sergio ha appena
effettuato la mossa
dello scacco matto
Quello tra Mark e Sergio era il quarto, e ultimo, combattimento della serata: per Mark rappresentava l’esordio nello scacchipugilato. Si è trattato di un quarto di finale per il titolo mondiale dei pesi massimi, allestito non senza difficoltà da Tim Woolgar, l’organizzatore, che inizialmente poteva contare sulla partecipazione di solo cinque pesi massimi, e che quindi si è dato un gran daffare per reperirne altri tre. Ricordiamo che nei pesi massimi la corona mondiale è nelle mani del russo Nikolay Sazhin, e che il folignate Gianluca Sirci è l’attuale Campione Europeo della categoria.
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Segue ora una breve cronaca del quarto incontro della serata, con commenti di Sergio Leveque: Mark “The Hammer” Pilkington vs Sergio “The Phoenix” Leveque: 1. d4 Cf6 2. Cf3 d6 3. b3 Cbd7 4. Ab2 g6 5. c4 Ag7 6. Cc3 00 7. d5 e5 8. e4 ora viene fuori il limite di una scelta fatta solo per non far giocare l’avversario, senza pensare a un proprio piano di gioco. Qualcuno avrà detto al mio avversario: gioca il D05, è solido e non avrai nulla da temere in apertura. Lui ha eseguito alla lettera, ma finite le mosse standard, chiaramente non ha idea di come trattare la posizione. E’ un errore tipico di chi teme l’avversario. Fare catenaccio e trovarsi in una posizione sconosciuta è generalmente controproducente, meglio giocare le posizioni che si conoscono. 8. ... Cc5 9. Ae2? Ccxe4 10. 0-0 Cxc3 11. Axc3 Ce4 12. Ab4 a5 13. Ad3 axb4 14. Axe4 f5 Fine primo round, tempo impiegato dal bianco 3 e 40, nero 20 secondi. Round di boxe, primo minuto di studio, poi 2 minuti all’attacco, alla fine l’ho colpito duramente al corpo e non ha recuperato, infatti nel secondo round di scacchi la situazione precipita drammaticamente: 15. Ad3 e4 16. Ac2 exf3 17. Te1 fxg2 18. Rg2 f4 19. f3 Dh4 20. Rf1 Dxh2 21. Te2 Ah3 22. Re1 Ac3 23. Dd2 Dg1 Morale della favola: mai concedere un alfiere che può servire per dare matto! Morale pugilistica: i colpi al corpo non tagliano solo il fiato ma anche la capacità di pensare. Tempo totale impiegato dal nero: 55 secondi; muovere veloce da una pressione enorme all’avversario.
lfango Rizzi
Fotografie di Vo
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Da me intervistato poco dopo il combattimento Sergio Leveque risponde “Mi sento benissimo; fantasticamente” e dichiara che “sicuramente” tonerà a combattere in Gran Bretagna, per cercare di diventare campione del mondo. Del suo avversario, appena battuto, ci dice: “Il mio avversario portava colpi molto forti e sembrava non sentire i miei” e aggiunge “la struttura fisica di Mark è incredibile: 110 kg di muscoli asciutti”. Dei suoi avversari, nei pesi massimi, quello che teme di più è Costello: “Ha una potenza incredibile; fa male”; considera “Costello quello fisicamente più forte e Sazhyn il migliore scacchista dopo il sottoscritto.” Rassicura che “continuerò ad allenarmi per migliorare” e il suo obiettivo principale in vista del prossimo incontro è “crescere fisicamente: accrescere la massa muscolare”. Il suo avversario Mark Pilkington ci racconta: “Vengo da Exeter ed è solo dal gen-
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di allenamento, e allo stesso tempo filosofia, personale» e aggiunge «E’ stato incorporato dal British Combact Association, un miscuglio di arti marziali per la difesa personale». Riguardo allo scacchipugilato racconta: «E’ una strana sensazione, ma nel ring mi sento sicuro». Riguardo a Sergio, il suo avversario, dichiara: «Lo conosco appena, ma pare una persona simpatica: dopo l’incontro è venuto a parlarmi»; infine, rispetto al combattimento perso confida: «Era molto difficile per me, iniziando lo scacchipugilato con un round di scacchi e conoscendo che Sergio é uno scacchista molto abile. Sapevo che potevo puntare su una o massimo due riprese di pugilato. Conseguentemente ho dovuto portarmi in avanti per cercare il colpo del KO, cosa che non è il mio stile di combattere e non è la strategia che avrei altrimenti adottato, ma in questo contesto non c’era altra strategia possibile; e questo di avere solo una sola strategia implementabile é già uno svantaggio di per sé. Purtroppo, alla fine, di riprese di pugilato ve ne è stata solo una; ho cercato di rallentare la sconfitta sulla scacchiera, ma Sergio è stato veloce nel dare scacco matto». Il prossimo evento di scacchipugilato sarà a Exeter, il 4 agosto, in concomitanza con i 100 Campionati di Scacchi Britannici. Questo sarà il primo evento di scacchipugilato in Gran Bretagna, al di fuori di Londra; anche se va registrato che proprio nel maggio scorso s’è svolta una piccola esibizione a Newcastle, per una serata di beneficenza.
naio di quest’anno che gioco a scacchi”; e aggiunge: “Giocavo a scacchi a scuola, attorno all’età di 11 anni”. Risponde che continuerà a lavorare sugli scacchi, volendo tornare nel ring per lo scacchipugilato, difatti riferisce che “avendo iniziato tardi le arti marziali e non avendo esperienza di combattimenti alla mia età é difficile che ti chiamino a combattere: ho fatto solo un combattimento di pugilato (che
ha vinto ndr), ma non era a contatto pieno». Riguardo a cosa fa nella vita di tutti i giorni, oltre ad allenarsi, racconta: «Lavoro nel sociale e sto studiando per diventare assistente sociale».
Poi, il 12 ottobre (o 8 dicembre), il folignate Gianluca Sirci, Campione Europeo dei pesi massimi, dovrebbe salire sul ring per l’altro quarto di finale, combattendo contro il russo Nikolay Sazhin, attuale Campione del Mondo in carica. Sazhin é favorito negli scacchi, Gianluca quindi dovrà cercare di resistere il più a lungo possibile sulle 64 caselle, per cercare il colpo del fuori combattimento sul ring.
Parlando di come si allena, ci rivela: «Il mio allenatore è il qui presente Nick Wells, specialista nelle arti marziali miste. Nick ha sviluppato un suo sistema
Sergio Leveque dichiara: “in finale spero di incontrare Gianluca, coronando il sogno di una finale tutta italiana per il titolo mondiale”. SPQ&R _ 37
pugilato Maestro Benemerito Gianni Burli
il pugilato a
scuola D
Foto: Boxe Spoleto
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opo la bellissima esperienza dello scorso ottobre, dove i Tecnici della Boxe Spoleto hanno svolto un corso di pugilato non agonistico su richiesta dell’insegnante di Educazione Fisica del Liceo Pontano, Sansi Leonardi, nelle classi I° e III° del Liceo Artistico e classe V° dell’Istituto D’Arte, anche altre classi del medesimo Istituto Superiore hanno chiesto di effettuare l’esperienza pugilistica all’interno della Scuola.
E così anche le classi 1°A e 2°A indirizzo di Scienze Umane e la classe 5° B a indirizzo Socio-Psico-Pedagogico hanno seguito un corso di quattro lezioni di pugilato all’interno della palestra scolastica di Piazza XX Settembre. Con l’ausilio dell’Insegnante Prof. Onori Mirella, che ha sempre assistito alle lezioni, i due Tecnici del sodalizio spoletino, il Maestro Benemerito Gianni Burli
e l’Insegnante di pugilato Fabio Burli, dopo aver attrezzato di volta in volta l’ambiente esistente sia con i sacchi sia con uno spazio-ring, hanno trasmesso alle circa 60 ragazze partecipanti, in tre lezioni settimanali, i rudimenti tecnici della nobile arte del pugilato e tutte le cognizioni che questo sport comporta. Si è parlato perciò della storia del pugilato, delle metodiche di allenamento, del fatto che oggi il pugilato femminile è una grande realtà, e ovviamente delle nozioni tecniche vere e proprie. Si è cominciato poi con la fase di riscaldamento atletico e il salto alla corda, dopodiché i due tecnici della Boxe Spoleto hanno cominciato con il mettere in posi-
zione di “ guardia” le giovani neo pugili, per poi passare all’impostazione tecnica vera e propria. Alle ragazze sono stati quindi fatti indossare i guantini da sacco e si è cominciato con le “ figure”, attività esclusivamente tecnica. Dalla posizione di “guardia” si è passati a come si effettuano i vari colpi del pugilato: i “diretti”, i “montanti”, i “ganci”. L’ultima lezione si è tenuta su uno spazio-ring appositamente allestito, al cui interno, sotto la guida dei tecnici della Boxe Spoleto, le neo pugili si sono esibite nello sparring-condizionato.
Alla fine della prova sono state valutate per tutta la durata delle lezioni. La Boxe Spoleto ha consegnato a tutte le partecipanti una maglietta offerta dal CONI di Perugia, che le ragazze hanno provveduto a personalizzare con la scritta del sodalizio spoletino. In sostanza si è trattato di una bellissima esperienza che gli alunni hanno apprezzato nella totale interezza delle varie fasi delle lezioni. S’è trattato di un’occasione in più per confermare la bontà di una disciplina che, conoscendola direttamente, si è in grado di apprezzare sia sotto il profilo psicomotorio sia sotto quello tecnico spettacolare.
le alunne del Liceo Pontano indossano le magliette da loro personalizzate con la scritta “Boxe Spoleto” SPQ&R _ 39
pugilato e cinema Gordon Linnell
LA MONTAGNA 40 _ SPQ&R
P
Per mio padre, sportivissimo e innamoratissimo, il 1933 fu un anno d’oro. Si sposò con la ragazza amata, che diventò poi mia madre; vide la sua squadra del cuore, l’Everton, vincere la coppa FA a Wembley, e il suo pugile preferito Primo Carnera divenne campione del mondo dei pesi massimi. Parlava molto di Carnera mio padre, e per me l’atleta italiano diventò un personaggio mitico, quasi magico. Tutto questo mi è tornato in mente di recente, dopo che avevo visto il film “Carnera – la montagna che cammina” (2008), di Renzo Martinelli. Certamente si tratta di un film abbastanza idealizzato; sembra improbabile, ad esempio, che il primo amore del pugile, non davvero bello, fosse impersonato dalla bellissima attrice Kasia Smutniak, e che probabilmente la moglie di Carnera non avrebbe potuto emulare in bellezza l’ex Miss Italia Anna Valle, che la rappresentava. In ogni modo i fatti essenziali della vita del grande pugile sono riprodotti fedelmente nel film, che ho trovato assolutamente trascinante. E l’attore Andrea Iaia si rivela bravissimo nel ruolo principale, mostrando l’essenziale semplicità e ingenuità del personaggio, ma anche, in modo molto efficace, la sua spaventosa irascibilità. Primo Carnera, con lo straordinario peso di 8 chilogrammi, nacque in provincia di Udine il 25 ottobre 1906. La sua famiglia era così povera
la Primo Carnera dopo
arkey nel 1933
vittoria su Jack Sh
che fu costretto a lasciare la scuola a soli 10 anni e a mendicare insieme ai fratelli. A 12 anni aveva già la statura di un adulto e in poco tempo raggiunse l’altezza di 2 metri e 5 centimetri e il peso di 125 chilogrammi, emigrato in Francia dagli zii, Carnera trovò lavoro come lottatore in un circo, (episodio dipinto molto vividamente nel film). Con il soprannome di Juan lo Spagnolo, il gigantesco Primo
doveva combattere contro spettatori che lo sfidavano per somme di denaro. Rimase imbattibile, anche quando incontrò contemporaneamente un gruppo di quattro ragazzi, che superò senza difficoltà. Accadde poi che una sera, ad Arcachon, tra la folla ci fosse Paul Journee, ex-campione francese dei pesi massimi, che intravvide le enormi potenzialità pugilistiche di Carnera e si offrì di allenarlo per una futura carriera sul ring.
CARNERA CHE CAMMINA SPQ&R _ 41
Primo Carnera con Totò nel film “Due cuori fra le belve”
Superata una prima esitazione, Primo finalmente accettò. Dopo inizi alquanto incerti, Carnera si adattò molto bene al pugilato, e con un manager (Leon See) trovatogli da Journee, debuttò come pugile professionista a Parigi nel 1928, vincendo al secondo round per knockout contro Leon Sebilo. Seguirono altre sei vittorie, ma anche due sconfitte. Carnera approdò negli Stati Uniti nel 1930 e godette un enorme successo immediato, diventando sempre più popolare con 25 vittorie e una sola sconfitta. Su 17 match disputati nel 1931, ne perse solo uno; nel 1932 subi’ solo due sconfitte (tutte e due discutibili, ma non accennate nel film) e vinse 23 incontri. Leon See, però, si rivelò assai disonesto con Carnera, appropriandosi della maggior parte del denaro dovuto al pugile. L’attore F Murray Abraham, con il suo sguardo fuggente e la sua falsa bonomia, interpreta in modo strabiliante il ruolo di See. Veniamo al 1933, che si rivelerà l’anno più drammatico, più riuscito, ma anche più tragico nella vita di Carnera. E tutto questo nel film viene trattato magnificamente da Martinelli e dal suo cast. A febbraio, Primo si misura con il quotatissimo Ernieel Schaaf al Madison Square Garden, e dopo un incontro faticoso Car-
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nera mette al tappeto il suo avversario. Un grande trionfo, senz’altro, ma quattro giorni più tardi Schaaf muore per un’emorragia. Carnera è inconsolabile, sconvolto, pieno di rimorsi. Vuole rinunciare al pugilato, ma in seguito alle numerose lettere scrittegli da immigrati italiani che esprimono il loro orgoglio per le sue imprese, e anche all’aiuto della madre di Schaaf (un fatto non menzionato nel film), due mesi più tardi Carnera cambia idea e riprende i suoi allenamenti per sfidare il titolo mondiale di Jack Sharkey. I due si erano già incontrati nel 1931, in un match vinto ai punti da Sharkey: una delle rare sconfitte di Carnera. L’italiano nel frattempo è migliorato tecnicamente e ora appare fiducioso nella sua rivincita’. Il Madison Square Garden è gremito quella sera del 29 giugno, 1933. Sin dall’inizio Carnera attacca Sharkey violentemente, con torrenti di pugni devastanti. Il team di Sharkey, convinto che i guantoni di Carnera siano pieni di oggetti metallici, chiede un controllo. Ma non c’è trucco nella forza del gigante! In qualche modo per sei round Sharkey rimane in piedi, ma al settimo round un montante destro di Carnera mette KO l’americano. Gli immigrati italiani esultano; Primo Carnera diventa il primo campione mondiale dei pesi massimi di nazionalita’ italiana.
Difende poi il suo titolo contro Uzcudun e Loughran. Si organizza quindi un incontro con l’americano Max Baer, un pugile di 95 chilogrammi, molto meno pesante di Carnera, ma con la reputazione di essere molto rapido ed estroso sul ring. Nel frattempo il secondo manager di Primo viene arrestato: anch’egli con investimenti sconsigliati aveva ingannato il campione, che va su tutte le furie quando scopre la verità. Così, in contrasto con l’enorme successo, Carnera si trova squattrinato. L’incontro Carnera-Baer è forse il clou del film, e l’interpretazione dell’attore Antonio Cupo nel ruolo di Baer è stupenda. Sul ring Baer, agilissimo, ride di Carnera, evitando quasi tutti i pugni dell’italiano, spedendolo al tappeto per ben dodici volte. Il film mette in risalto l’estremo coraggio di Carnera che, nonostante tutta la sofferenza (si è anche lussato una caviglia) non vuole cedere. All’undicesimo round l’arbitro sospende però l’incontro: Max Baer è il nuovo campione del mondo. Il film finisce qui. Non si vedono altri incontri pugilistici, come quello perso nel 1935 con Joe Louis, e neppure la carriera da wrestler di Carnera (1946-1957), né la sua scomparsa per cirrosi epatica nel 1967. Senza dubbio alcuno anche oggi l’Italia rimane fiera del suo coraggioso campione. E, ritengo, il cinema italiano dovrebbe essere orgoglioso di questa opera di Renzo Martinelli.
pugilato Michela Carazzina & Volfango Rizzi
Foto di Volfango Rizzi
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Campionato italiano di pugilato al campo di rugby
un grande
Scarpa batte De Donato
Intervista esclusiva con il vincitore SPQ&R _ 45
E'
sera e il cielo sopra il centro sportivo “Crespi” di Lambrate è terso e ancora di un bel blu luminoso in questo che é il giorno più lungo dell’anno, il 21 giugno, solstizio d’estate. Si prevede una serata fresca e durante il sottoclou dilettantistico molta gente già si accalca per vedere dagli spalti la manifestazione pugilistica, che prevede lo svolgimento di quattro combattimenti dilettantistici e di tre professionistici. C’é la presenza delle telecamere di Rai Sport per la trasmissione in diretta dell’incontro principale della serata, che mette in palio il titolo italiano dei superleggeri tra due giovani pugili: Renato de Donato e Andrea Scarpa. Sede della riunione è il campo di rugby del centro sportivo, in cui il pugile/ rugbista Renato de Donato allena i giovani nello sport della palla ovale. Il cielo sgombro di nubi e una leggera frescura mettono gli spettatori a proprio agio. Essi sono pronti a gustare il grande spettacolo che presto scorrerà sotto i loro occhi, accompagnato di tanto in tanto dallo sferragliare dei treni, che transitano per la vicina stazione. Molti i nomi illustri presenti alla manifestazione; tra di essi è doveroso citare l’ex pluricampione olimpico e Campione del Mondo dei pesi superwelter
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e dei pesi medi Nino Benvenuti, che interviene in veste di commentatore dei vari incontri della serata. Tutti i combattimenti previsti sono stati coinvolgenti e spettacolari, con gli ingressi dei vari pugili al ring ac-
compagnati da musiche, suoni e coreografie ben studiate, allo scopo di coinvolgere emotivamente il pubblico e sostenere i pugili che da lì a poco avrebbero gareggiato. Dopo i tre incontri dilettantistici, che hanno visto la presenza di pugili di Milano, si sono svolti i quattro professionistici, di cui riportiamo i risultati dei primi tre, tutti combattuti sulle 6 riprese:
- pesi superwelter: Marcello Matano batte Luca Arrigo ai punti; - pesi welter: Riccardo Pintaudi batte Giuseppe Rauseo ai punti; - pesi superleggeri: Gianluca Ceglia batte Marco Siciliano per abbandono alla 4^ ripresa. L’incontro clou della serata era quello finale per il titolo italiano dei pesi superleggeri, che vedeva opposti due giovani pugili: Andrea Scarpa (attuale detentore del titolo superpiuma) e Renato de Donato (detentore del titolo in palio).
nografici e diverse combinazioni. Dopo una fase iniziale abbastanza equilibrata, alla sesta ripresa Scarpa è apparso più aggressivo rispetto ai round precedenti, tanto da riuscire a mettere a terra l’avversario con un potente destro al mento. Dopo gli 8 secondi cano-
nici, De Donato si rialzava e riprendeva il match, ma continuava ad incassare colpi, conseguenza forse di aver preso sotto gamba un avversario di poco più giovane ma decisamente veloce e di buoni riflessi.
L’incontro tra questi due giovani e diversi pugili è stato avvincente, tanto da tenere con il fiato sospeso i presenti durante tutti i round. Entrambi i campioni, carichi e pieni di voglia di vincere, non si sono risparmiati, facendo partecipare il pubblico presente a uno spettacolo sportivo di alta qualità, con i due contendenti che hanno mantenuto un ritmo molto alto, impreziosito di scambi sceSPQ&R _ 47
Alla settima ripresa l’arbitro decreta il KO tecnico nei confronti di De Donato, nonostante le proteste dei tifosi di quest’ultimo. Andrea Scarpa diviene così il nuovo campione italiano dei pesi superleggeri. Sicuramente sarebbe stato possibile contare in piedi De Donato, per dargli un po’ di tempo per recuperare, ma era dalla sesta ripresa che egli riceveva pugni senza dare segno di riprendersi e di poter reagire ai numerosi colpi che l’avversario gli andava portando. Andrea Scarpa ha vinto brillantemente: attorniato immediatamente sul ring dal suo entourage, é stato alzato e portato al centro del quadrato, per festeggiare sotto il cielo del campo di Lambrate. Scarpa ha fatto il suo dovere di campione e di pugile corretto, dando a tutti i presenti una lezione di sportività: gioco pulito, voglia di lottare in reazione alle iniziali difficoltà. I tanti sacrifici effettuati sono stati ripagati da una vittoria
meritata pienamente, ottenuta per mezzo di costanza, attenzione e reattività. E’ rimasto calmo e concentrato anche quando il suo avversario nelle prime riprese cercava di distrarlo e confonderlo; ha dimostrato un grande slancio di braccia e rotazione di busto, che al momento giusto hanno fatto la differenza. Dopo i controlli medici di fine incontro, abbiamo potuto parlare e intervistare il neo-campione, Andrea Scarpa. Ora vincitore di due campionati italiani, sei dovuto salire di due categorie di peso per questo incontro, com’è stato combattere stasera con questo limite? Quando ho vinto il superpiuma ho dovuto perdere circa 5 kg per rientrare nella categoria, ora sono tornato a un peso per me più consono; sto bene, sono sereno, mangio normalmente e sono tranquillo soprattutto con la testa.
E’ stato un incontro molto combattuto, come ti sei sentito durante le varie riprese? Io sentivo che, se mantenevo la calma, piano piano avrei potuto raggiungere l’obiettivo. Mi aspettavo che lui nel lungo uscisse di più, provasse a portare più combinazioni, cosa che poi ha fatto. Comunque sentivo che se rimanevo calmo e portavo i miei uno due a distanza o se lo centravo bene, comunque sarei riuscito a fare un buon risultato, e così è stato. É andata bene. E’ parso che durante i vari round sei via via diventato sempre più puntuale e preciso nei tuoi colpi, hai subito forse un po’ all’inizio o solo vi stavate studiando? Vero, andando avanti cercavo di calibrare sempre di più sia i colpi sia le energie, per non sprecare nulla; su 10 riprese sapevo che la salita sarebbe stata lunga. Più che altro non potevo portare troppe combinazioni, perché lui era abbastanza mobile sia di gambe sia di busto quindi mi bastavano gli uno due, al massimo un tre, per centrarlo piano piano in modo costante; se lo colpivo bene comunque notavo che accusava. Sai già qualcosa dei tuoi prossimi incontri? Penso che difenderò il titolo contro Antonino Siciliano: riempiremo il Palaruffini di Torino. Ogni tanto combattere in casa fa anche bene.
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Detentore di due titoli italiani, dopo questa vittoria non penseresti a un titolo dell’Unione Europea o addirittura a un campionato europeo? Se mi si dovesse presentare l’occasione assolutamente sì, e molto mooolto volentieri come immaginerai. Per ora resto con i piedi saldi, aspettiamo e vediamo. I tuoi programmi per il prossimo futuro? A settembre vorrei andare ad allenarmi a New York con Floriano Pagliara, lo sfidante del titolo dei superleggeri che ho battuto a gennaio. Starò lì un mesetto, cercando di carpire tutti i segreti della boxe d’oltreoceano. Vediamo un po’ che succede. Ti auguriamo tanto successo e ti ringraziamo per questa intervista. Grazie a voi.
Ancora grazie al Campione Italiano Andrea Scarpa per l’intervista e per la sua disponibilità fuori dal ring.
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rugby di base Volfango Rizzi
Foto di Francesco Sorresso
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n questo spazio sul rugby di base, abbiamo di proposito scelto di porre la nostra attenzione a una realtà del sud Italia, e precisamente siamo andati nell’area pugliese, per conoscere come stanno andando le cose in tema di pratica della palla ovale. Abbiamo così avuto modo d’intervistare il sig. Francesco Desantis, Direttore Generale dell’ASD Omnia Rugby Bitonto assieme al Segretario Antonio Mattia e il Team Manager Francesco Sorresso. Quando è nata l’ASD Omnia Rugby Bitonto e chi ha avuto l’idea di portare il rugby in questa parte di Puglia? L’ASD Omnia Rugby è nata come società calcistica nel 2008 e dall’Aprile 2012 ha accolto la “sezione rugby”, diventando una vera e propria polisportiva. L’idea è nata da un gruppo di ragazzi, prove-
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nienti dalla società Lions Bitritto Rugby: giovani di Bitonto, Palo del Colle e Bitetto, che hanno deciso di portare il gioco della palla ovale in una città di 65.000 abitanti. La sezione rugby ha quindi appena compiuto il suo primo anno. Com’è stata la risposta del pubblico locale? Quanti spettatori vi seguono e quale spazio è concesso sui quotidiani locali? Il pubblico locale ha sempre risposto in maniera positiva a questa piacevole novità. Durante le partite gli spettatori non sono più di una cinquantina, ma va considerato che l’orario d’inizio dei match (14:00) non è proprio così invitante. Fortunatamente, e inaspettatamente, i media e i quotidiani locali riservano parecchio spazio al gioco della palla ovale.
Quanti sono i giocatori e i dirigenti? In quale campionato milita la squadra e quanti allenamenti settimanali svolge? I nostri tesserati superano le 40 unità e sono in costante crescita; tutto è gestito da 6 ragazzi dirigenti/giocatori. Militiamo nel campionato di serie C pugliese, girone “non elite”. Nel periodo post-campionato ci alleniamo 2 volte alla settimana e durante l’intenso periodo agonistico arriviamo a 3 allenamenti settimanali. Avete una sezione giovanile? Una strategia per arrivare ai giovani? Da quest’anno sarà istituito (come da regolamento) il settore giovanile con l’under 14. Già da qualche mese dedichiamo ore all’apprendimento teorico e soprattutto pratico del gioco della palla ovale, operando in alcune scuole elementari
Quando il calcio fa spazio al rugby l'ASD Omnia Bitonto durante le ore curriculari di educazione motoria, in alcuni gruppi parrocchiali, o grazie a progetti comunali che coinvolgono e appassionano sempre più tanti giovani. Il nostro principale intento è quello di infondere in loro i valori della lealtà e della fratellanza, che questo sport tramanda da sempre.
Come valuta lo sviluppo rugbistico nella sua regione in rapporto ad altre aree del nostro Paese? In generale lo sviluppo rugbistico nell’Italia meridionale sta crescendo rapidamente negli ultimi anni. E’ ancora assolutamente imparagonabile alle solide realtà del Nord Est, ma nel giro di un decennio potrà forse essere alla pari o quasi. Per quanto riguarda la mia regione, nello specifico nel Salento, si possono ritrovare squadre affermate e parecchio collaudate
(Svicat Campi e Gorima Trepuzzi su tutte ndr) e tatticamente organizzate.
Com’è stata l’esperienza di giocare il campionato? Quali le maggiori difficoltà incontrate? L’esperienza di giocare in questo campionato è stata stupenda. Calcare campi da Lecce a Potenza partendo 5 ore prima del fischio di inizio, condividere gioie dopo tanta stanchezza per le ore di viaggio, sono soddisfazioni ed emozioni che difficilmente possono essere dimenticate. Le maggiori difficoltà sono state affrontate nel primo periodo, durante le prime partite, dove magari avversari sicuramente più “navigati” hanno messo a dura prova le nostre capacità; ma avendo preso sempre più fiducia e sicurezza nei nostri mezzi, siamo riusciti a portare a casa risultati su risultati. SPQ&R _ 51
Foto di Francesco Sorresso
Foto di Francesco Sorresso
Foto di Francesco Sorresso
Vi riscriverete quindi al Campionato Serie C della FIR la prossima stagione? Certamente! Non vediamo l’ora di tornare in campo e iniziare un nuovo, entusiasmante campionato! Veniamo ora ai rapporti col Comitato Regionale: diverse realtà, che noi conosciamo in altre regioni d’Italia, avvertono che esso è un organo finalizzato a perseguire le politiche FIR, fornendo insoddisfacente supporto alle squadre di base. Com’è il vostro rapporto col Comitato Regionale? Fortunatamente il nostro comitato regionale pugliese supporta (anche moralmente) la crescita e lo sviluppo di nuove realtà sportive come la nostra. Sicuramente durante la stagione ci sono
stati dei disguidi di carattere puramente organizzativo, risolti comunque con molta facilità; ciò non ha minato il rapporto con il Comitato e auspichiamo che in futuro le nostre forze possano cooperare quanto più possibile per lo sviluppo di questo sport.
Quali sono i vostri obiettivi per la prossima stagione? La passata stagione (e la prima per noi) è stata davvero fantastica. Siamo molto fieri delle vittorie contro squadre con più esperienza, e per noi è questa la causa stessa della “fame agonistica” che sicuramente ci porterà in breve tempo a conquistare la prima posizione del girone! Amiamo le sfide... e per la prossima stagione chi può dirlo... non poniamo limiti alle nostre ambizioni! C’è già un settore femminile o avete magari in programma di svilupparne uno a breve? A tutt’oggi c’è solo un’idea riguardo al settore femminile di rugby a 15; ci vorrà del tempo prima di metterla in cantiere... ma sicuramente in futuro daremo spazio anche al “gentil sesso”.
Foto di Francesco Sorresso
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Chi sono gli allenatori della squadra senior e di quella dei giovani?
Foto di Viviana Minervini
Abbiamo deciso di affidare il ruolo di direttore tecnico a mister Lorenzo di Ruvo, al quale sono stati affiancati alcuni ragazzi (formati grazie ai corsi FIR), appartenenti alla prima squadra. Non è casuale che la
scelta sia ricaduta su un allenatore giovane e caparbio come mister di Ruvo; è fondamentale il suo apporto morale e tecnico nel trasmettere valori come rispetto delle regole e sacrificio, ma soprattutto passio-
Foto di Viviana Minervini
ne per questo sport... utili nel processo costruttivo della squadra senior e in particolar modo alle giovanissime leve. Che cosa organizza l’Omnia Bitonto per i suoi terzi tempi? I nostri terzi tempi sono abbastanza copiosi... focacce, pasta al forno e pizze di patate, e soprattutto birra a fiumi! Vede qualche somiglianza tra il rugby e gli scacchi, e tra il rugby e il pugilato? Tra rugby e scacchi? Beh, ce ne sarebbero alcune. Potrei vedere le torri un po’ come le nostre ali, i cavalli i nostri flankers e gli alfieri le seconde linee. Il re e la regina, sono i nostri due mediani, sempre pronti a tutto campo, mentre i pedoni li dividerei tra piloni, tallonatore e i centri. Ciò che secondo me più accomuna questi due sport è l’attenzione ai dettagli e l’intelligenza tattica! Per quel che concerne il rugby e il pugilato, direi che hanno in comune il contatto fisico, ma tutto ciò che è regolare nel pugilato, per noi equivale a una espulsione con tanto di squalifica abbondante! A stagione agonistica terminata cosa propone la vostra società? A stagione terminata, si svolgono i cosiddetti allenamenti “di scarico”. Da quest’anno la nostra squadra partecipa alla “Magna Grecia Beach Rugby Cup”, torneo di beach rugby a tappe, in cui figurano squadre di Puglia, Calabria e Basilicata. Inoltre, la nostra compagine, in versione “estiva”, ha partecipato alla tappa nazionale di beach rugby a Napoli, giocandosela con squadre maggiormente blasonate. SPQ&R _ 53
rubrica Rugby: istruzioni per l’uso michele benazzo
Ilo squadrone Lionspiu'
forte al mondo
I
l Rugby è uno sport che per caratteristiche intrinseche può essere definito multiforme. Esso richiede, infatti, l’utilizzo contemporaneo di energie mentali e fisiche, dimostrandosi adatto alla pratica da parte della generalità degli individui. All’interno della squadra lo “spogliatoio” è un fattore molto delicato, che per raggiungere un proprio equilibrio richiede la presenza di soggetti con elementi caratteriali molto vari. Le sue motivazioni culturali e sociali esulano dal mero aspetto sportivo e non possono essere racchiuse in una palla ovale o in un semplice campo rettangolare. Per tutti questi motivi possiamo affermare che nel Rugby moderno ci sono più stili di gioco: ciascuno con proprie motivazioni e proprie identità. Sotto tale profilo, il Tour dei British&Irish Lions, che inizierà nel prossimo giugno, assume una luce autonoma, che s’ impone con forza sul palcoscenico ovale. È un confronto tra un Rugby
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di matrice europea, che si confronta in maniera totale e integrale con il tipo di gioco che si pratica nell’emisfero australe. Questo rende la squadra dei Lions e il loro tour un vero e proprio evento di ampia risonanza. I Lions sono stati fondati nel 1888 con il nome di Rappresentanza inglese: essi erano il tramite attraverso cui la Corona britannica, si sarebbe manifestata nelle lontane colonie di Australia e Nuova Zelanda. Il primo tour della storia vide, infatti, i giocatori europei scontrarsi con squadre e rappresentanze locali, per più di una trentina d’ incontri. Dunque ancora una volta il Rugby indossava vesti più importanti di un semplice confronto sportivo, assumendo caratteri di stampo culturale e, in quel lontano XIX secolo, anche politiche, con la presenza di una Corona che si manifesta, presente in tutti i punti del proprio vastissimo impero. In tempi successivi si svolsero, saltuariamente, altri incontri tra squadre d’ impostazione inglese e squa-
dre sud africane, neozelandesi ed australiane, senza però costituire dei veri e propri incontri ufficializzati sotto forma di tour. Da segnalare soltanto il tour del 1910, che vide per la prima volta in campo la nazionale dello stato sudafricano, nato proprio in quell’anno. Questo rappresentò l’ ultima comparsa dei Lions in terra australe: la guerra mondiale, aveva allontanato le persone dai campi da gioco e la Corona inglese aveva da difendere interessi ben più grandi di una palla ovale. La maglia rossa della rappresentanza britannica tornò a calcare i campi sudafricani dopo quasi quattordici anni, con un tour disastroso che fruttò quattro sconfitte in altrettanti incontri: un massacro. Più tardi la Storia obbligò i giocatori a un secondo e doloroso stop: era giunta la seconda guerra mondiale, con i suoi orrori e le sue vittime. Nel 1950 si disputò il primo tour dei Lions moderni: da quel momento si normalizzò l’evento, portando l’obbligatorietà degli incontri
I risultati del tour 2013
ogni quattro anni. La squadra europea, che fino a quel momento era scelta secondo criteri e parametri non stabiliti in modo ufficiale, divenne una rappresentanza di Inghilterra, Galles, Scozia e Irlanda. Con queste definizioni , nasceva in modo preciso e concreto un confronto veritiero tra il rugby occidentale ed il rugby australe, e i giocatori dei Lions divennero dei veri e propri ambasciatori in terra straniera. Gli anni ’70 furono i più vincenti per i giocatori europei: basandosi su veri e propri colossi del rugby gallese, quali Gareth Edwards, autore della meta più bella del rugby, e Barry John, la squadra europea fece dei tour pressoché perfetti. Questi furono anche gli anni in cui si ufficializzò il formato misto del tour. I Lions alternano tuttora incontri contro squadre locali a partite con le rappresentative nazionali dello stato ospitante; in questo modo è possibile creare un vero e proprio confronto a 360°. I tours del 2005 e 2009 hanno
visto inoltre l’ assegnazione del ruolo di capitano a due veri e propri monumenti del rugby irlandese, tuttora in attività, Brian O’ Driscoll e Paul O’ Connell, sancendo al contempo anche la superiorità del rugby irlandese sugli altri modelli britannici. L’onorato, e oneroso, compito di capitanare i British&irish Lions, nel loro tour di quest’anno é spettato invece al capitano della nazionale gallese, Sam Warburton. Scelta quest’ultima significativa, che suona come premiazione del bel gioco espresso dal Galles in questi ultimi anni. In definitiva gli atleti, nel momento in cui indossano la divisa rossa e blu dei Lions, non sono più semplici giocatori, ma assumono l’arduo compito di difendere la cultura, lo stile e l’interpretazione del rugby europeo contro quello australe. E’ quindi una maglia che “pesa”, che si guadagna in base esclusivamente a un criterio meritocratico, che non diviene proprietà del giocatore, ma solo concessa in prestito.
1° giugno Lions 59-8 Barbarians - Hong Kong 5 giugno Lions 69-17 Western Force - Perth 8 giugno Lions 22-12 Queensland Reds Brisbane 11 giugno Lions 64-0 Queensland & NSW Country - Newcastle 15 giugno Lions 47-17 New South Wales Waratahs - Sydney 18 giugno Lions 12-14 ACT Brumbies Canberra 22 giugno Primo Test: Lions 23-21 Australia Brisbane 25 giugno Lions 35-0 Melbourne Rebels Melbourne 29 giugno Secondo Test: Lions 15-16 Australia - Melbourne 6 luglio Terzo Test: Lions 41-16 Australia Sydney
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Rugby Volfango Rizzi
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Il Rugby Club A Valpolicella
bbiamo intervistato il Sig. Sergio Ruzzente, Presidente del Rugby Club Valpolicella per conoscere di più questa squadra che ha fatto una stagione strepitosa vincendo 17 partite consecutive prima di perdere il ritorno della semifinale di Serie A.
sugli allori Intervista a Sergio Ruzzente Foto di Rugby Club Valpolicella
Sig. Sergio Ruzzenente, la squadra del Santamargherita Valpolicella è stata, senza dubbio, la sorpresa positiva di questo campionato di Serie A (2012-2013): ha vinto il Girone 2, qualificandosi per le semifinali, dove è stata capace di battere il Pro Recco Rugby nella semifinale d’andata, seppur perdendo poi quella di ritorno. Sono stati questi i risultati che avevate preventivato all’inizio della stagione? All’inizio siamo partiti con la sola idea di confermare il buon risultato di metà classifica dell’anno precedente e magari migliorarlo un po’. Già nel girone d’andata abbiamo cominciato a raccogliere risultati interessanti, ma abbiamo comunque continuato a giocare partita per partita. Nemmeno nella parte finale del campionato abbiamo mai avuto la certezza di arrivare primi, ma i ragazzi hanno giocato ogni incontro al 100% e il risultato è arrivato. Come ha risposto la comunità locale? C’è stato un incremento di spettatori durante il campionato, una maggiore attenzione da parte dei media locali? Sì, la gente in particolare si è avvicinata molto. La squadra ha effettuato partite molto diverse tra loro, sempre molto intense e mai banali. Il pubblico si è affezionato e ha seguito con sempre più calore la propria squadra. Sugli spalti si sono registrate punte di oltre mille spettatori. Discorso un po’ diverso per i media, certamente più attenti che in passato, ma che solo nelle battute finali dell’anno si sono resi conto della magia che si stava avverando in Valpolicella. Il successo di questa stagione è valso economicamente per il prossimo campionato? S’è riscontrato interesse da parte di potenziali nuovi sponsor, o comunque un maggiore coinvolgimento da parte di quelli già esistenti? Qualche piccolo sponsor si è aggiunto, ma visto l’odierno, difficile momento economico, già anche solo la conferma ottenuta dell’appoggio di quanti ci hanno portato fino qui non è poco.
Che interesse hanno dimostrato le autorità locali, come il Comune o la Provincia? Il Comune, per quanto può fare, si è attivato per migliorare la struttura con un progetto di riqualificazione degli spogliatoi, della club house e delle recinzioni del campo. Sappiamo però bene come sono messe le casse pubbliche in questo periodo; bisogna quindi vedere se andrà tutto a buon fine. Anche la Provincia si è mostrata attenta, pur non avendo specifiche competenze in ambito sportivo. Al momento si tratta quindi solo di sostegno morale. In termine di campo di gioco, posti a sedere per gli spettatori o accessori come un segnatempo, si prospettano migliorie nel prossimo futuro? Sul medio termine speriamo di migliorare in ogni area, ma al momento sono altre le priorità.
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Per la prossima stagione, prevedete nuovi innesti nella rosa? Vi saranno alcune partenze verso squadre di Eccellenza o di Serie A? La squadra di quest’anno è confermata. Non sappiamo ancora cosa faranno i nostri due uruguaiani, che stanno valutando in simbiosi con i tecnici della nazionale in cui giocano, ma, per quanto ci riguarda, siamo pronti a confrontarci con loro. Ci lascerà, invece, Vittorio Musso, che quest’anno giocherà contro di noi con la Squadra dell’Accademia di Parma. Stiamo ovviamente cercando degni sostituti e abbiamo già attivato diversi contatti in tale direzione. Quest’anno vi siete guadagnati la promozione al Girone 1 di Serie A. Ritenete di poter effettuare un campionato di alta classifica anche nella prossima stagione? Puntate a conquistare un posto in semifinale? (ndr: si qualificano per i playoff le prime tre squadre del Girone 1) Il nostro obiettivo per il 2013/2014 è la salvezza. Non conosciamo la categoria e siamo convinti che sarà più dura. Abbiamo giocato solo contro il Pro Recco, ma in un momento particolare dell’anno, i play-off, e non possiamo quindi considerare i due match disputati prove probanti di ciò che ci aspetta. Servirà una maggiore continuità di gioco, di forma fisica e maggiore concentrazione che dovremo impegnarci ad
acquisire. Fare gli spareggi per l’Eccellenza è stato un onore, ma ora torniamo con i piedi per terra e ricominciamo da capo. E’ previsto che rimangano lo stesso staff tecnico e il medesimo capitano o vi saranno dei cambiamenti in questo senso? I tecnici sono già confermati. Zanella non smette mai di stupire, e Amato, alla sua prima esperienza come preparatore atletico, è stata una bella sorpresa. Siamo contenti che entrambi siano con noi anche nella prossima stagione. Per quanto riguarda il capitano, Previato, è stato quest’anno una guida per tutta la squadra ed ha mantenuto un comportamento esemplare dentro e fuori il campo. Tradizionalmente il capitano viene però scelto dall’allenatore insieme con tutta la rosa di giocatori a inizio stagione: non sappiamo quindi ancora chi egli sarà per il 2013/2014. In quale direzione vuole lavorare questa società? Vi prefiggete di giocare nel Campionato d’Eccellenza nel prossimo
è quello tracciato ormai da diversi anni. Stiamo lavorando alla diffusione del rugby in zona, con l’intenzione di far frequentare il nostro club da un sempre maggior numero di ragazzi di ogni età, così che un domani possano diventare giocatori di alto livello. La nostra prima squadra è composta di giocatori del “vivaio Valpolicella”, e per crescere ancora continuiamo a voler puntare sui nostri giovani. Economicamente il momento non è facile per nessuno, ma tirando la cinghia su ogni fronte andiamo avanti. Per quest’anno comunque non dovremmo avere difficoltà, perché in campionato sono previste trasferte più brevi e quindi economicamente meno impegnative. quinquennio? Si legge spesso di difficoltà economiche di diverse società rugbistiche italiane di Eccellenza o Serie A. In che situazione economica si trova il Rugby Club Valpolicella ASD? Il percorso che stiamo facendo
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Rugby Duccio Fumero
Italrugby un giugno da dimenticare T Foto di Elena Barbini
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re partite, tre sconfitte, ma soprattutto tre prestazioni lontane parenti dell’Italia vista lo scorso novembre e durante l’ultimo Sei Nazioni. L’Italrugby di Jacques Brunel torna dal Sud Africa con molti dubbi e poche certezze, soprattutto per quel che riguarda la gestione dei giocatori da parte del tecnico francese. Ricapitoliamo che cosa è successo. Gli azzurri, a giugno, erano in Sud Africa per un quadrangolare con Springboks, Samoa e Scozia. Una sfida impossibile quella dell’esordio; poi due match da giocare punto a punto, per confermare la crescita dell’ultimo anno. In campo, invece, si è vista un’Italia spaesata, confusa, di una supponenza fastidiosa e difensivamente
assente. Insomma, come anche la stampa britannica ha rimarcato, un’Italia che sembrava in vacanza. Il risultato sono state due sconfitte nette con Sud Africa e Samoa e un ko in extremis contro la Scozia, al termine di un match che appariva più uno “scapoli-ammogliati” che un test match ufficiale. A deludere, soprattutto, sono stati i “senatori”. Alcuni hanno dimostrato che la loro fase calante è giunta al punto più basso e, forse, sarebbe il momento di ringraziarli per tutto ciò che hanno fatto in carriera, e voltare pagina. Marco Bortolami (troppi e stupidi i falli da lui commessi, che gli sono costati anche un giallo), Mauro Bergamasco e Gonzalo Canale rappresentano ormai un lusso, che Jacques Brunel
non può più permettersi. Sergio Parisse ha bisogno di vacanze: la sua volontà di fare sempre tutto lui – inventandosi pure playmaker e dimenticandosi completamente che una terza linea deve in primis fare il lavoro sporco in ruck – diventa fastidiosa quando i suoi colpi di genio assomigliano più a una volontà di smarcarsi dal disastro azzurro, piuttosto che essere utili alla causa. Insomma, i test di giugno dovrebbero servire ad allargare la rosa, non a offrire qualche gettone di presenza extra alle vecchie glorie. Non è un caso, dunque, che le uniche note positive di un tour disastroso riguardino i giovani. Consistente, anche se poco appariscente, l’esordio dell’italoar-
gentino Leandro Cedaro; sicuro e affidabile si è dimostrato anche Andrea Manici, chiamato a sostituire l’infortunato Leo Ghiraldini nel match contro Samoa. Alberto Di Bernardo, dopo qualche tentennamento con il Sud Africa, ha dimostrato, in mediana, di essere più affidabile e propositivo di Luciano Orquera , mentre Leonardo Sarto ha saputo marcare una meta dopo neanche un minuto dal proprio esordio. Riguardo a chi non era alla sua prima apparizione, ma che va comunque considerato giovane promessa, si sono messi in ottima luce sia Luca Morisi, sia Tommaso Iannone, sia il solito Josh Furno, ormai una certezza in seconda e terza linea. Bravi anche Andrea De Marchi e Lorenzo Cittadini in prima linea,
Questo conferma che i giovani ci sono e, se messi in campo, non fanno rimpiangere vecchie glorie. Insomma, dal Sud Africa si torna con molti dubbi e poche certezze. Per fortuna possiamo sperare in quella linea verde, su cui Jacques Brunel è bene che indirizzi le sue scelte. Superando le inevitabili pressioni esterne dei clan azzurri, degli sponsor, della Fir, il coach francese dovrebbe mettere in dubbio tutti e non dare certezze a nessuno (neppure ai Parisse, Castrogiovanni, Masi di turno), dimostrando che le alternative ci sono. Penso che in questo modo l’Italrugby possa ritrovare la strada smarrita e tornare, il prossimo novembre, a riaccendere l’entusiasmo dei tifosi. SPQ&R _ 61
rugby Niall Grossi
Spettacolarissimo
rugby a sette Presto alle Olimpiadi o
rmai da qualche anno, con i compagni di squadra, ci si trova ad Agosto per un appuntamento fisso , il fantastico Festival di Montelago, sull’Appennino Umbro-Marchigiano, ed il suo torneo di rugby a 7. E’, infatti, un classico per i rugbisti, trascorso il periodo invernale e soprattutto durante le pause estive, scegliersi i tornei e le manifestazioni cui partecipare, sia per mantenere la forma fisica ed agonistica sia per non porre interruzioni nella pratica di uno sport che essi amano visceralmente. La
maggior parte di queste manifestazioni è usualmente svolta in una forma “ridimensionata” rispetto al Rugby Union o Rugby League (rispettivamente a 15 e a 13 giocatori) e, soprattutto a livello amatoriale, di ridotte dimensioni è anche sul terreno di gioco. Anche a voler ignorare tutte le narrazioni e leggende sulla nascita della variante di gioco a 7, come ad esempio che essa sia stata inventata dagli scozzesi, notoriamente popolo “parsimonioso”, così che si po-
tesse risparmiare (con una squadra di quindici giocatori si ottengono infatti due squadre di sette e l’arbitro), è indiscutibile che si sia evoluta secondo una conseguenza elementare: meno giocatori per squadra, uguale più squadre e quindi la possibilità di avere tornei con più compagini partecipanti. Tuttavia, è altrettanto evidente che l’immediatezza di questa variante e la sua spettacolarità rendono appetibile queste manifestazioni ad un pubblico più vasto rispetto ai fratelli maggiori; non a caso la formula “seven” ha fatto ritornare il Rugby nel programma dei Giochi della XXXI Olimpiade, l’edizione di Rio del 2016. L’aspetto logistico ha sicuramente avuto un certo peso nella scelta del cosiddetto “short rugby”, avendo una gara di Seven una durata di 15 minuti; il che permette un’agile gestione della manifestazione. Le squadre, inoltre, possono anche giocare con un solo giorno di riposo o addirittura effettuare più partite in una stessa giornata. L’ultima edizione della Coppa del Mondo, in Nuova Zelanda, (a 20 squadre) è durata più di 6 settimane per consentire alle nazionali di avere un periodo di riposo accettabile tra un incontro e l’altro. Nelle circa 3 settimane della durata dei giochi Un’azione di gioco della semifinale, campo pesante in quanto ha piovuto tutto il giorno
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olimpici difficilmente potrebbe starci un tabellone per un torneo di Union o League se non con un ridottissimo numero di partecipanti; ma così facendo ci si dovrebbe dimenticare il principio di universalità che contraddistingue l’evento sportivo globale per eccellenza. A questo proposito, il Seven ha una diffusione maggiore, che va ben oltre i confini delle nazioni di lunga tradizione della palla ovale. Nella classifica attuale dell’ Irb Sevens World Series, di cui l’Hong Kong Seven è praticamente il maggior evento dopo la Coppa del Mondo (quest’ultima non si effettuerà in previsione dei Giochi Olimpici), non troviamo, ad esempio, nei primi 20 posti della classifica nazioni come Irlanda, Italia, Georgia e Romania; ne figurano invece altre, come Kenya, Uruguay, Hong Kong e Zimbabwe: più ampio numero di squadre quindi, minor divario tecnico e maggior potenzialità di pubblico. A tutto questo va aggiunto anche l’aspetto mediatico. Il Seven massimizza gli aspetti spettacolari di questo sport: sia atletici (velocità, forza e agilità) sia tecnici (manualità e placcaggio individuale). Un esempio paradigmatico è rappresentato dal recente caso dello statunitense Carlin Isles, centometrista con un personale di 10”e 13, che si è dato al rugby per avere una chance in più di partecipare ai Giochi. Anche il più conservatore degli appassionati del rugby a 15 non può rimanere impassibile di fronte a tali espressioni atletiche applicate al gioco. In Italia siamo indietro, enormemente indietro, ma neppure immobili. Se da un lato da un paio d’anni la F.I.R. ha previsto due livelli di corsi per tecnici di Rugby a 7, dall’altro tardano a nascere manifestazioni che attirino l’attenzione degli atleti e inducano una certa specializzazione dei giocatori e dei tecnici. Lievemente migliore appare la situazione in campo femminile, che con il “Progetto Minerva” ha avviato un cammino di formazione e selezione di atlete, in prospettiva di un imminente futuro. Ci si chiederà quale sia il massimo livello delle competizioni a 7 in Italia, e la risposta è tutt’altro che immediata. Ha raggiunto una certa notorietà e qualità il Roma Seven, che però rimane pur sempre un torneo ad inviti. Qualche altro torneo di buon livello spunta ogni tanto. Dove quindi dovremmo cercare per trovare una manifestazione agonistica che faccia da trampolino di selezione dei migliori atleti
G. (Viadana), i J. (Pavia), Bronzini a ati A. (Pavia), Tvarol cci stra lla de Cu : da ra o st ss ra a sini Cus Pavia). in ba T. ), Sintich (D. no ni lor Pri In alto da de st o), (Co D. san M. (Pavia), Barbieri Lyons), Zoli G. (Calvi i a ett nz Dis ace a), (Pi ) an E. bre ad ssi (Ze (Vi Ro tti A. adra Trevisan R. ta T. (Asr Milano), Ga o ma parte della squ fot lla sini st ra: Limon ne nte nca ni (Viadana) ma N. (Viadana), Cipria
azzurri? Recentemente ho avuto la fortuna di poter seguire i CNU (i Campionati Nazionali Universitari). Questi campionati, che si svolgono con cadenza annuale, sono giunti alla loro 66ma edizione e hanno da anni stabilmente il rugby a 7 tra le discipline. Nella fattispecie sia le qualificazioni sia le fasi finali sono patrocinate dalla F.I.R. e tutti gli atleti partecipanti sono tesserati di medio alto livello in società di rugby a 15. La vittoria nell’ultima edizione, svoltasi a Cassino, è andata all’Università di Parma (non a caso una zona con un eccellente background rugbistico), che ha replicato i successi dell’anno precedente a Messina e del 2011 a Torino. L’ateneo di Parma ha battuto in finale la squadra di Firenze, mentre la terza piazza è toccata a Pavia, che ha battuto nella finalina il Cus Bologna. Le altre squadre protagoniste della fase finale di quest’anno sono state Roma, Lecce, Catania e Padova. Negli anni precedenti non hanno fatto mancare buoni risultati gli atenei di Genova, Verona, Torino e Milano. Nella maggior parte dei casi le squadre hanno avuto a disposizione atleti che militavano in squadre di Eccellenza, Serie A e addirittura nelle franchigie del Pro 12. Tuttavia, non sempre le squadre di club hanno consentito ai propri atleti di partecipare alle fasi finali, spesso coincidenti con play off o fasi finali di campionato: E’ quindi lecito supporre che si potrebbe arrivare a un livello anche più alto nella composizione dei team per i C.N.U. Analogo discorso va fatto per quanto riguarda il settore femminile. L’anno scorso la nazionale universitaria italiana femminile si è classificata terza ai mondiali universitari di Brive, ottenendo la medaglia di bronzo: risultati tutt’altro che trascurabili. Ultimamente le ragazze ci stanno dando
maggiori soddisfazioni, sotto l’aspetto dei risultati, anche nel rugby a 15. Il tutto avviene con insufficiente attenzione mediatica, che accomuna purtroppo nel nostro Paese il rugby a gran parte dello sport femminile, in generale vittima di poca considerazione e specchio della scarsa cultura sportiva nostrana. Tornando al problema del Seven, in Italia forse si potrebbe pensare di potenziare una manifestazione come i C.N.U., conferendo a questi ultimi una considerazione maggiore all’interno della F.I.R. Per esempio, in via sperimentale si potrebbero istituire vere e proprie borse di studio ( naturalmente collegate anche al rendimento universitario) per gli atleti immatricolati e la federazione potrebbe dare supporto tecnico nella gestione delle squadre. In tale ipotesi, si potrebbe entrare in conflitto con i club, che dovrebbero rassegnarsi a concedere i giocatori convocati da queste selezioni, ma a ben vedere, in prospettiva lo scoglio potrebbe non essere invalicabile. Per evolversi e diventare competitivi, anche a livello internazionale, è necessario determinare i presupposti per far aumentare il numero dei praticanti e far evolvere gli atleti in competizioni di alto profilo, così come si sta cercando di fare con le franchigie e le accademie federali. La nazionale maschile di Rugby a 7 non si è qualificata per la Coppa del Mondo che si disputerà quest’anno in Russia e, a quanto sembra, pure le Olimpiadi rimarranno un mero sogno, anche se il CIO e l’IRB non hanno ancora stabilito in maniera definitiva i criteri di qualificazione. Sarà imperdonabile mancare per dettagli programmatici la vetrina universale per eccellenza delle Olimpiadi. Se la federazione vuole veramente perseguire i suoi fini di divulgazione, deve premere l’acceleratore e non farsi più sfuggire in futuro tali occasioni. SPQ&R _ 63
Rugby Marco Faraci
A Roma c'e' chi vuol fare l' "australiano" I
n questi ultimi anni, anche grazie a un’offerta televisiva sempre più ampia e variegata, il pubblico italiano ha cominciato a scoprire degli sport nuovi per il nostro paese, tra cui il Football Australiano o Football Aussie Rules. Questo gioco, molto spettacolare, è ampiamente lo sport più praticato e seguito in Australia. E’ giocato in enormi campi da cricket di forma ovale, le cui
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dimensioni sono quattro volte maggiori di quelle di un campo di calcio. Alle due estremità del campo sono piazzati quattro pali. Se si “segna” tra i due centrali, si realizza un goal (6 punti). Se si “segna” tra un palo centrale e un palo laterale, si realizza un behind (che vale un punto). E’ possibile realizzare punti calciando esclusivamente con i piedi. Per passarsi la palla, in alternativa, è possibile utiliz-
zare le mani nel cosiddetto “handball”: si tiene la palla su una mano e la si colpisce con l’altra chiusa a pugno. Anche in Italia si sta diffondendo il Football Australiano e oggi esiste un vero e proprio campionato. A tale proposito abbiamo intervistato Marco Musella, presidente del Roma Football Club, la squadra di Football Australiano della capitale.
Marco, personalmente come hai conosciuto questo sport? Sono sempre stato appassionato di sport e, contrariamente a quanto avviene in genere in Italia, ho sempre guardato con curiosità e interesse anche a sport meno praticati in Europa. Sono stato giocatore di Football Americano in Italia negli anni ‘90 e ho sempre trovato divertenti gli sport con un po’ di “contatto”. Nel 2008-2009 ho conosciuto un collega italo-australiano, l’avv. Nicola Giampaolo, che mi ha convinto a seguire un paio di meeting che aveva organizzato a Milano assieme ad un altro storico appassionato e conoscitore dell’Aussie Rules, Armando Colombo, (commentatore AFL per Sportitalia e coach di Milano). Da quel momento ho avuto l’idea di costituire una squadra a Roma, per farla competere nel campionato italiano che stava nascendo. Quando e come è partita l’avventura del Roma Football Club? L’Associazione Sportiva Dilettantistica Roma Aussie Rules Football Club (RFC) è ufficialmente sorta nel 2010, anche se il primo allenamento di Football Australiano a Roma si è tenuto il 15 dicembre 2009, al campo dell’Unione Rugby Capitolina. Da quel giorno, sempre più persone si sono avvicinate con curio-
sità a questo sport - facile da imparare e veloce - e così oggi siamo arrivati al quarto anno di competizioni. Il nostro primo match di Football Australiano è stato Roma FC- Milano, del 15 maggio 2010. La squadra, per allontanare ogni parallelo con il calcio e le divisioni relative che porta con sè, ha come colore sociale il Blue Navy. Il logo è una gentile concessione della squadra di Melbourne, il Carlton FC, e richiama appunto il logo di quella squadra, con le iniziali RFC sovrapposte. Il nostro soprannome informale è “the Blues”. Per scelta non si è voluto dare alla squadra un “nickname” ufficiale, un po’ come avveniva in Australia con la fondazione, ad inizio secolo, dei vari club (Sydney FC, Melbourne FC), anche perché ci sembrava che il nome “Roma” fosse già ampiamente evocativo in Italia e all’estero. E Roma ha avuto l’onore di essere stata la squadra che ha vinto il primo campionato di Football Australiano. Ma la vostra squadra è composta di italiani o di expats australiani? La squadra è composta al 90% da italiani, ma sono presenti australiani, argentini, irlandesi, tutti provenienti dagli sport più disparati: basket, rugby, calcio e così via. Il ruolo degli australiani però è de-
cisivo nel mostrare la tecnica di gioco, la tattica e spiegare quello che a un italiano non viene “naturale” in un campo di Aussie Rules. In particolare, un ruolo decisivo nl progresso della squadra l’ha avuto il coach, Tim Marks, ex giocatore (nemmeno tanto ex), australiano di Melbourne e personaggio ormai mitico dell’AFL Italia, grazie alla sua grinta ed ai discorsi con cui carica la squadra prima di ogni match. Quali altre squadre esistono e come sono organizzate le competizioni in Italia? La AFL Italia si compone di 3 squadre: Roma FC, Genova Dockers, Milano Eagles. Ognuna raccoglie gli appassionati della relativa area geografica. Roma catalizza i giocatori del centro-sud (alcuni provengono anche da Catania e Napoli); Milano la Lombardia, Piemonte e Veneto; Genova la Liguria. Il campionato AFL Italia, riconosciuto dall’AFL Europe (branch dell’AFL International), si articola in vari “matchday” in giro per l’Italia (nella stagione primavera-estate), che danno dei punti nella classifica generale fino a definire le due squadre che disputeranno la Grand Final. Accanto al campionato italiano si disputa la Coppa Italia, giocata in genere in campo neutro. Il campionato italiano è riconosciuto come uno dei più SPQ&R _ 65
“fisici” d’Europa e anche uno dei più “caldi”, grazie alla rivalità che in pochi anni si è sviluppata tra le squadre. Comunque lo spirito resta “anglosassone” e dopo quattro quarti di battaglia è sempre in uso un “terzo tempo” a base di birra e goliardia. Giocate anche a livello internazionale, come club o come squadra nazionale italiana? Sì, gli incontri con le squadre internazionali costituiscono uno dei momenti più interessanti e stimolanti per pubblico e giocatori. Roma ha la tradizione, da quando è sorta, di organizzare ogni anno almeno un test match internazionale, invitando sul proprio campo una squadra di altre federazioni europee. In genere si preferiscono le squadre dell’AFL Britain, sicuramente più avanti rispetto a noi per risorse economiche e numero di giocatori australiani. In ognuna di queste occasioni i Blues si sono ben comportati, dando filo da torcere agli avversari, come ad esempio nel match del 13 aprile scorso, contro i Wandsworth Demons, perso solo per 5 punti (70-75). La Nazionale Italiana è un capitolo a parte ed è il fiore all’occhiello dell’AFL Italia. Nonostante sia una delle federazioni più giovani (e senza contri-
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buti dall’Australia), la Nazionale Italiana (composta dai migliori giocatori italiani - e solo italiani - del campionato), ha ottenuto risultati sbalorditivi nell’annuale Euro Cup che si disputa tra le nazionali europee. Dopo l’esordio nel 2009, gli Azzurri sono arrivati sesti (su 16) nel 2010 ed hanno raggiunto la semifinale sia nel 2011 sia nel 2012. Roma FC ha nel giro della nazionale alcuni dei suoi giocatori più rappresentativi, come il capitano Christian Tiranti, Sebastian Caffaratti, Andrea e Matteo Lorenzi, Enrico Castellini. Roma ha anche avuto l’onore di aver visto premiato Sebastian Caffaratti
come migliore giocatore del torneo tra le nazionali nel 2010, onore bissato nel 2011, quando “Caffa” è stato inserito nel “Dream team” europeo dell’anno. Quali sono le nazioni europee più forti? In Gran Bretagna ed Irlanda, dato il grande numero di expats australiani presenti, il livello e la diffusione sono molto avanzati. Inoltre, programmi d’investimento dell’AFL in tali nazioni contribuiscono a dotare i rispettivi campionati di risorse economiche sufficienti.
ALBO D'ORO ITALIANO Campionato Italiano 2010: ROMA Football Club 2011: GENOVA DOCKERS 2012: GENOVA DOCKERS Coppa Italia 2012: ROMA Football Club
Ci sono differenze di regolamento tra il football australiano giocato in Italia e la versione originale australiana? Noi applichiamo le regole ufficiali dell’AFL Europe, che prevedono di giocare in un campo di rugby (ma con i caratteristici 4 pali) con 9 giocatori per ogni squadra (3 difensori, 3 centrocampisti, 3 attaccanti). Rispetto all’Australia, non esistono in Europa i giganteschi ovali 150x180, dove si gioca 18 per parte. E’ una formula studiata per consentire la diffusione dello sport nel mondo.
A tuo modo di vedere quali sono gli aspetti più spettacolari del gioco? Sicuramente ciò che appassiona immediatamente spettatori e giocatori sono la semplicità ed il ritmo di gioco. Nonostante sia uno sport di contatto, non ci sono le estenuanti pause del rugby o del football americano. La palla è sempre “viva” in gioco (fino a che non esce del campo); non c’è il fuorigioco e non ci sono regole complesse. Sono molto
spettacolari le contese aeree, in cui più giocatori saltano per il possesso della palla e i “mark” (ricezioni) in tuffo. Anche qualche bel placcaggio ben portato e qualche gol da posizione impossibile attirano sempre l’attenzione.
E quali sono gli skills richiesti ai vari giocatori? Intanto è necessaria una buona mobilità per coprire il campo; si corre molto. Detto ciò è fondamentale sapere calciare il pallone ovale con precisione, non tanto verso i pali, ma soprattutto verso i compagni per consentire ricezioni agevoli. Tale tecnica richiede allenamento costante e continuo. Altro skill caratteristico è l’”handball”, cioè il passaggio di mano con il pugno. E’ fondamentale nei momenti di gioco convulsi e quando l’avversario è a distanza ravvicinata. Per il resto davvero tutti possono giocare all’Aussie Rules; ci sono ruoli per ogni altezza e struttura corporea, da giganti “ruckmen”, ai piccoli e veloci “pockets”. Nel complesso che prospettive vedi per lo sviluppo del Football Australiano in Italia? Per la mia esperienza, il gioco appassiona chi viene a provarlo. Le regole sono poche e facili; è uno sport divertente e liberatorio, e poi c’è una sana atmosfera agonistica che consente dopo i match la fraternizzazione e la conoscenza, senza gli eccessi degli altri sport. Molto dipenderà dalle risorse economiche che questi ragazzi potranno ricevere, visto che di passione e di talento in Italia (come dimostra la Nazionale) ce n’è da vendere. SPQ&R _ 67
Psicologia e sport Giangiuseppe Pili
La volonta' di combattere S
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cacchi, pugilato, guerra, economia, biliardo: cosa hanno in comune? Sembrano ambiti molto diversi, eppure in tutti si possono trovare delle assonanze importanti. Sono realtà complesse in cui compare la logica del conflitto, lo scontro di due forze che si oppongono per raggiungere il medesimo scopo. La vittoria dell’uno implica la sconfitta dell’altro. Questa dura legge dei mondi con scontro di forze è ben conosciuta da entrambi gli schieramenti, che sanno subito, prima ancora di iniziare a combattere, che dovranno piegare l’avversario, se vogliono raggiungere l’agognato obbiettivo.
Sun Tzu, il grande autore dell’antica Cina, noto per l’immortale capolavoro L’arte della guerra, diceva che uno dei grandi errori e pericoli in guerra è quello di entrare in battaglia già sconfitti. Quando iniziamo una partita a scacchi non siamo avulsi dalla realtà, siamo sottoposti a tanti tipi diversi di pressioni e stimoli che, spesso, ci sovrastano. Abbiamo paura di perdere, ci sentiamo messi in gioco, siamo sottopressione perché sappiamo che abbiamo di fronte un avversario competitivo e, anche quando crediamo che abbiamo di fronte uno più debole, sappiamo che non dobbiamo sottovalutarlo. Negli scacchi più che in ogni altra disciplina le condizioni di partenza sono apparentemente le stesse. Eppure spesso questo non basta per garantirci la vittoria. Battersi ad armi pari significa avere pari opportunità, ma solo sulla carta. A condizioni di assoluta parità materiale ciò che fa la differenza è la volontà di combattere. Questo elemento, così sfuggente e così importante, è fondamentale per raggiungere la vittoria, indispensabile. La volontà di combattere è un mix di componenti diverse che riguardano l’interesse nei confronti della vittoria totale, la determinazione e la concentrazione che riusciamo a disporre nel momento della verità.
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Fiaccare la volontà di combattere dell’avversario è condizione sufficiente di vittoria: una volta che in lui cede la volontà, subito cedono i mezzi, vacillerà. Anche a parità di pezzi la partita inizierà a scivolare verso la sconfitta, tanto più rapidamente quanto la volontà cede. Negli scacchi si dissipa la qualità del calcolo e l’attendibilità delle scelte, nella box cede il controllo del fisico, prima ancora delle forze del corpo. Alla saldezza si sostituisce l’incertezza, la sicurezza alla paura. E ben presto pervade l’angoscia e il terrore per la sconfitta imminente. Si perde prima ancora di aver perso: lo scacco matto è raro negli scacchi ma la partita è terminata lo stesso. Non c’era più la speranza di vincere, regnava la sicurezza del perdere, quando ancora i cavalli e la donna erano dentro la scacchiera, incuranti dei nostri sentimenti, incapaci di aiutarci e sostenerci dentro di noi. La volontà di combattere è qualcosa che attiene al carattere e alla volontà. C’è chi na-
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sce con una volontà di combattere pura e intatta, difficile da fiaccare. Ma c’è chi, invece, deve costruirsi la forza per resistere ai colpi del destino, anche in condizioni di estrema difficoltà. Il computer, che ha una volontà di combattere pura e perfetta, non perde mai per colpa della propria debolezza interiore, egli è sempre sicuro di sé e gli uomini lo sanno. Per questo finiscono assai spesso per demoralizzarsi e non giocare al meglio contro il software. Sapere come vincere non significa necessariamente aver già vinto. Vincere dipende da sé e dal nostro avversario. Se il nostro avversario rimarrà concentrato sino alla fine, se manterrà salda la sua volontà di combattere anche in condizioni di grande vantaggio sarà difficile piegarlo. Il segreto, allora, sta nel portarlo in un terreno a lui alieno, condurlo laddove egli sarà costretto a seguirci, non perché egli sarà in condizioni materiali inferiori, ma perché incomincerà a titubare, a cadere nell’incertezza. A quel punto la sua paura cresce e finirà per smarrirsi e, in quel preciso momento, la sua volontà di combattere vacilla. Se noi saremo pronti a colpire nel
suo punto più debole, basterà quello per farlo crollare interamente anche quando tutto sembra ancora solido. Un pugile saggio assesta il colpo decisivo nel momento in cui l’altro ha già ceduto terreno e, a quel punto, il suo stordimento lo porterà ad accelerare la sua sconfitta: non è tanto la violenza che vince, quanto la conseguenza di essa. Altrimenti è tutto inutile. Scacchi e pugilato, guerra ed economia sono discipline che fanno capo all’unica grande legge fondamentale: piegare la volontà, per vincere. Non è un grande scacchista colui che batte il proprio avversario rischiando di perdere, ma è colui che ha già battuto il suo avversario nella volontà. Così anche nel resto. Se la volontà non cede, le gambe continuano ad andare e i colpi si susseguono rapidi verso i punti deboli dell’avversario. Questo significa avere il dominio sulla volontà! E così, se si entra in battaglia già sconfitti, non sarà per il corpo, non sarà per i pezzi, ma perché la nostra volontà di combattere non era pura. Come non lo era quella di Piero, soldato della celebre canzone di De André, che ci ricorda quale sia il prezzo di essere uomini.
Un Mistero in Bianco e Nero La Filosofia degli Scacchi Giangiuseppe Pili, LE DUE TORRI, 2012, p. 200 € 18,00 Sono alcuni anni che da più parti si è iniziato ad accostare gli scacchi - grazie alla loro sempre maggiore popolarità e alla loro finora poco conosciuta versatilità - a vari campi di studio e a trarne riflessioni e parallelismi, anche filosofici. Ma nessuno studio filosofico si è preoccupato di descrivere il gioco degli scacchi nella sua forma e nella sua complessità, di approfondirne i fondamenti, di valutarne le funzioni complesse rispetto al mondo della conoscenza o dell`azione. Solo uno scacchista filosofo poteva provare a farlo, soppesando con il bilancino dell’orafo i diversi punti di vista per poi affrontare l’analisi delle posizioni - così come si fa negli scacchi - in una progressione di relazioni e considerazioni dove l’amore e la bellezza del gioco rimangono sempre e comunque il filo conduttore. Scrive Pili «La bellezza degli scacchi è per palati raffinati, anche se alla portata di tutti. Essa segue molto da vicino il senso estetico presente in matematica e logica, dove la bellezza è il risultato dell`armonia, della precisione, della concisione incisiva. Una bellissima partita a scacchi ci ricorda molto l`armonia celeste della rotazione dei pianeti attorno ad una calda stella gialla che, lenta o veloce, va avanti da millenni, in quell`immenso spazio vuoto e nero che costituisce la grande parte dell`Universo.» SPQ&R _ 71
Luca Cerrato
L'arte del
Gioco
Foto di Luca Cerrato
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ei primi due numeri della rivista vi ho aperto la porta sul meraviglioso mondo dei giochi da tavolo. In linea di principio ho cercato di far passare due messaggi. Il primo è che non esistono soltanto i soliti tre, quattro giochi conosciuti dai più (con riferimento a Scacchi, Dama, Monopoli e qualche gioco di carte), ma è viceversa presente un universo ludico, con centinaia di giochi sia antichi sia pubblicati negli ultimi anni, adatti a qualsiasi fascia d’età. In secondo luogo ho voluto evidenziare che dietro la creazione di ogni nuovo gioco è presente un lavoro di squadra. Si parte dall’idea originale dell’autore; si passa all’indispensabile processo di aggiornamento e perfezionamento del regolamento a cura dei giocatori e dello stesso autore; si giunge infine al lavoro del grafico, che rende più appetibile il prodotto. In pratica, l’elaborazione di un gioco è a tutti gli effetti una forma d’arte. Per provare la tesi che i giochi sono opere dell’ingegno umano e che possono esprimere un senso di bellezza e far provare emozioni, come avviene per la letteratura, la musica, la pittura porto tre semplici ipotesi. Per carità, sia ben chiaro che, similmente a quanto può accadere per libri, quadri e canzoni, anche nel mondo ludico non tutto ciò che viene realizzato è interessante; qualche volta ci si trova a giocare dei pessimi giochi. Ancora una premessa: il mio campo di osservazione è ristretto a tutti quei giochi che si svolgono su un tavoliere e utilizzano pedine. Nel presente articolo intendo illustrare i punti che fanno dei giochi qualcosa di più che un semplice passatempo. Il primo attiene al fatto che nei giochi sono rappresentati gli eventi della vita umana; si semplifica la quotidianità, cercando di estrapolarne i fatti essenziali. Molti giochi tradizionali sono delle simulazioni di battaglie e guerre, altri ricordano le semine e i raccolti, altri ancora dei lunghi viaggi: tutto questo con l’introduzione più o meno evidente del fato. La costante presenza del gioco nel processo di crescita evolutiva dell’umanità non basta per fargli attribuire il titolo di opera riconosciuta. SPQ&R _ 73
Mettendo insieme queste ipotesi (rappresentatività, interesse, studio, creatività), ne discende che l’essere umano, quando è impegnato nell’attività ludica, mette in essere qualcosa di bello che può essere tramandato ai posteri, i quali, a loro volta possono trarne gli stessi benefici.
L’elemento più importante è che alcuni di questi giochi, antichi di centinaia di anni per non dire di millenni (in qualche caso l’origine si perde nella notte dei tempi), vengono ancora praticati ai nostri giorni, cioè continuano a destare interesse, curiosità e stimolare l’intelletto, come può fare una commedia di William Shakespeare oppure una scultura di Michelangelo. Il secondo aspetto riguarda la strategia e la tattica di alcuni giochi tradizionali e moderni, investigate talmente in profondità da determinare il passaggio alla storia di alcune partite o tornei, caratterizzati da spiccata capacità e tecnica di gioco. Per raggiungere una tale padronanza, i giocatori dedicano gran parte della vita allo studio di un determinato gioco, con allievi che apprendono il mestiere. Questo capita negli scacchi, nel Go, nello Shogi, in cui ci sono veri e propri professionisti che insegnano e praticano il loro gioco, come un Maradona del calcio oppure un Federer del tennis. Il terzo punto verte sulla consapevolezza che la realizzazione di un nuovo gioco implica la necessaria conoscenza di meccanismi e metodi per renderlo interessante al pubblico. Senza queste conoscenze si originerebbe soltanto un manuale d istruzioni, privo di interesse.
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Per rafforzare la mia tesi del forte legame uomo-gioco, posso ricordare che più di una volta nella storia dell’umanità è successo che intere civiltà scomparissero dalla faccia della terra, come per esempio i Maya dell’America centrale. Una sorte simile è capitata anche ad alcuni giochi. Più di una volta infatti, durante scavi archeologi, sono stati ritrovati manufatti che sono stati classificati come tavolieri oppure parti di un gioco. Purtroppo, senza un manuale oppure dei riferimenti in scritti antichi diventa impossibile rigiocarli come facevano i nostri antenati. Ad esempio, durante gli scavi nelle tombe reali di Ur (siamo in Mesopotamia tra il Tigri e l’Eufrate) sono state trovate una serie di tavole da gioco e delle pedine, ma nessuna indicazione delle regole. Gli studiosi hanno supposto che fosse un gioco di percorso, cioè un gioco dove ognuno deve portare i propri pezzi da una parte all’altra del tavoliere, ed hanno proposto delle regole; ma non c’è alcuna certezza che esse siano simili a quelle originarie. Stessa sorte è capitata anche al Senet , gioco più volte ritrovato in varie tombe egiziane. Una curiosità: i due giochi citati sopra vengono sempre indicati come i precursori del gioco romano del Duodecim Scripta che, pur subendo trasformazioni nel tempo e nello spazio, è arrivato fino ai nostri giorni con il nome di Backgammon. Ai tempi dell’impero romano un gioco molto diffuso tra la popolazione, senza distinzione di ceto e genere, era il Ladrunculi. Seneca esortava Lucilio a non perdere tempo con questioni di poco conto e a concentrarsi sulla pratica delle virtù utilizzando questo paragone:
“Non c’è nessun uomo che, mentre corre verso la sua casa in fiamme si indugi ad osservare il tavoliere dei ladruncoli (tabulam latrunculariam prospicit) per vedere come una pietruzza bloccata possa uscire (alligatus exeat calculus) “ [ lettere a Lucilio, 117, 30 ]. Di questo gioco non si conoscono esattamente neppure le dimensioni della tavola di gioco; infatti, sono stati ritrovati tavolieri di varie dimensioni. Anche per questo gioco sono state ricostruite le regole. Fortunatamente non tutti i giochi antichi sono finiti nell’oblio. I giochi della famiglia dei Mancala, provenienti dal continente africano, hanno qualche migliaio di anni di vita. I meccanismi fondamentali dei Mancala, diversamente dagli scacchi che hanno come soggetto la guerra, riguardano la semina e il raccolto, con regole di gioco che variano da villaggio a villaggio. Per di più gli scambi commerciali hanno favorito la diffusione del gioco verso l’Asia, mentre gli schiavi africani dei tempi passati hanno portato le loro tradizioni ludiche in America. Se nel caso dei Mancala il tempo ha generato migliaia di giochi diversificati , questo non è successo per l’altro gioco antico per l’eccellenza, il Go. Esso vide i natali nel lontano Tibet (anche se non si ha la certezza assoluta) più di quattro millenni fa, diffondendosi in seguito anche in Cina, Corea e Giappone. La motivazione del perché un gioco e non un altro sopravviva nel tempo sta forse nella sua diffusione a livello popolare. Se un gioco è praticato solamente da un ristretto gruppo di persone, allora le probabilità di una sua estinzione sono alte, come è accaduto per esempio con il Rithmomachia, gioco utilizzato dai monaci tedeschi dell’anno mille per insegnare l’aritmetica del filosofo Boethius. In conclusione, vi ricordo il curioso caso del Konane delle isole Hawaii, praticato in tutti i ceti sociali; il suo declino iniziò con l’arrivo degli occidentali. Nel 1924 solo una signora novantenne hawaiana era a conoscenza del gioco, mentre oggi è ritornato in auge ed è giocato soprattutto dagli studenti. E’ inoltre è studiato nelle università a livello di teoria dei giochi. SPQ&R _ 75
Qualcos’altro Beverley Higham
Traumi allE articolazioni come trattarli con l'aromaterapia Traduzione di Gordon Linnell Fotografie di Beverley Higham
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ome aromaterapista, ho incontrato parecchi clienti che soffrivano di dolori e tensioni muscolari. Infortuni ripetitivi, dovuti a tensioni nervose, si manifestano spesso mentre usiamo e maltrattiamo il nostro corpo, e sono il risultato del nostro stile di vita, impegnatissimo e fortemente indirizzato al lavoro, senza permettere il sufficiente spazio al riposo e al relax. I sintomi che ho incontrato comprendono spesso infortuni come il gomito del tennista o il suo equivalente al ginocchio, il cosiddetto “ ginocchio della domestica”. Questi traumi sono comuni in persone che esercitano un lavoro fisico o praticano sport. Ricordo, ad esempio, che un mio cliente, un ragazzo di 19 anni, si lamentava di un ginocchio doloroso e gonfio. Era un calciatore, lavorava come operaio, e aveva avuto di recente un incidente di moto. All’ospedale avevano consigliato esclusivamente riposo, escludendo l’insorgenza di danni rilevanti. Il ginocchio, però, rimaneva gonfio e disfunzionale. Per porvi rimedio ho ideato una miscela di oli, su una base di vinacciolo e calendula e ho impiegato la lavanda. Questa pianta ha la virtù di essere antispasmodica, diuretica, antisettica e contribuisce a guarire infortuni oltre ad attivare la circolazione sanguigna. L’ho abbinata all’helichrysum, alla maggiorana dolce, all’erba di limone, alla salvia sclarea e alla camomilla. Il vinacciolo fornisce un olio leggero, con proprietà calmanti.
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Beverley Higham
La calendula favorisce la circolazione del sangue, è antinfiammatoria e certamente riduce tensioni e spasmi muscolari. Dalla lavanda si ricava un olio universale curativo, che allevia dolori. Con l’helichrysum si trattano contusioni sia interne sia esterne. La maggiorana dolce è antispasmodica e, unita alla salvia sclarea, sostiene legamenti e tendini. L’erba di limone riduce l’infiammazione, e la camomilla, miscelata con la lavanda, aumenta le proprietà che alleviano il dolore e riduce i gonfiori. Si può aggiungere qualche goccia di olio di camomilla a un bagno caldo, per alleviare infortuni sportivi. L’olio di camomilla è dolce, ma risulta ampiamente efficace quand’è usato in questa miscela. I risultati sono stati strabilianti! Il nostro giovane non poteva credere che la riduzione del dolore e del gonfiore fosse avvenuta nell’arco di una sola notte. E’ balzato dal letto la mattina seguente, dimenticando il suo infortunio; non senti-
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va più né dolore né rigidezza muscolare. Credo anche molto fortemente ai benefici dell’olio monoi, che è una miscela di cocco e gardenia, per trattare rigidezza e gonfiori alle articolazioni. L’olio di cocco rinfresca: è diventato un’aggiunta straordinaria alla nostra farmacia profumata. I tahitiani e i polinesiani francesi l’hanno utilizzato tradizionalmente con scopi medicinali e cosmetici; io ho scoperto che questo olio riesce molto bene a diminuire infiammazioni alle articolazioni. Dalla cura della gotta alla riduzione della rigidezza dopo una protesi al ginocchio, questa semplice sostanza, che è il cocco con fiori di gardenia macerati, si rivela davvero efficace e ha un odore divino! Questo studio analitico ha avuto un grande successo e, benché io sia terapista da parecchi anni, rimango sempre meravigliata per i risultati ottenuti da questa semplice terapia.
é un’ aromaterapeuta di grande esperienza, qualificata presso la Scuola di Aromaterapia Shirley Price alla fine degli anni ‘80. Ha sempre avuto un interesse per le piante e le terapie naturali. Ha iniziato a insegnare aromaterapia al Wigan & Leigh College dove ha insegnato per 24 anni. Ha una grande passione per la sua materia e ama aiutare le persone, pertanto lei dice che “l’unire l’aromaterapia e l’insegnamento è stato un grande dono per me”. Nel 2004 ha ricevuto una medaglia d’eccellenza dall’Istituto City and Gulds di Londra per l’insegnamento e l’apprendimento. Nello stesso anno ha vinto anche il premio “the inspiration challenge” della casa editrice Hienneman. “Questo é stato un anno fantastico e il premio in denaro mi ha dato la possibilità di portare otto dei miei studenti in un viaggio aromatico in Francia. Insegna tuttora presso il Wigan & Leigh College, insegnando in corsi di livello universitario oltre a continuare con l’insegnamento dell’aromaterapia, inoltre “Sviluppo prodotti aromatici usando alcuni dei più favolosi oli che ho mai trovato: gli oli essenziali Oshadhi. La mia serie di miscele ‘Time’ ha ricevuto molti complimenti e riscontri positivi poiché sono state veramente create con passione e amore”.
la RICETTA Oli essenziali Camomilla Lavanda Helichrysum Maggiorana dolce Salvia sclarea Erba di limone
15 gocce 15 gocce 5 gocce 5 gocce 5 gocce 5 gocce
Miscelare con 100ml di olio di base, composto di 10ml di calendula e 90ml di vinacciolo. Applicarne due volte al giorno una piccola quantità all’area interessata. Chiedere sempre il consiglio di un aromaterapista professionista!
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