Vontobel Portrait 2012 - Global Change

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I paesi

emergenti

rimangono il

motore di crescita dell’economia

mondiale? Come

nutrire

nove miliardi

persone?

Dove

trovare gli

investimenti del

futuro?

Global

Change Ritratto 2012


Il Gruppo Vontobel Il Gruppo Vontobel unisce il know-how di una banca privata svizzera indipendente alla forza innovativa di un gestore patrimoniale attivo, operante su scala internazionale. Il nostro business model integrato, con le tre divisioni Private Banking, Investment Banking e Asset Management, garantisce iter brevi e un’efficace combinazione di capacità e risorse – a vantaggio dei nostri clienti e partner di cooperazione. Ogni giorno, in tutto il mondo, circa 1500 collaboratori si adoperano per generare un valore aggiunto duraturo: gestiscono e controllano costantemente i patrimoni affidati al nostro istituto, osservano con attenzione i mercati finanziari e analizzano gli sviluppi macroeconomici mondiali. Nelle nostre diciannove sedi internazionali – dal centro di Zurigo fino a New York, Hong Kong e Dubai – i nostri specialisti sono impegnati a captare e analizzare i nuovi trend e rispondervi con prodotti e strategie innovative. La pietra angolare del Gruppo Vontobel è stata gettata nel 1924 a Zurigo. Oggi l’azione nominativa di Vontobel Holding AG è quotata alla borsa SIX Swiss Exchange. Il nostro istituto poggia su fondamenta solide e affidabili grazie a una consistente dotazione di capitale proprio e un azionariato stabile che vede l’impegno di azionisti di maggioranza orientati sul lungo termine e dotati di spirito imprenditoriale. Le famiglie Vontobel dispongono di una maggioranza di circa il 52% dei voti e del capitale. I rapporti con i nostri clienti e partner si fondano sulla performance e la fiducia. Restiamo fedeli al nostro sistema di valori e al nostro atteggiamento prudenziale nei confronti del rischio. Solidità, stabilità e affidabilità sono il nostro credo.

< Foto di copertina: una strada a Mumbai, India Stephen Wilkes, Gallerystock Cifre sull’India Superficie 3,2 mln. km2 Superficie coltivabile 53% Popolazione 1,2 mrd. Crescita media della popolazione p.a. 1,43% Popolazione sotto 15 anni 30,8% Popolazione sopra 60 anni 7,5% Percentuale popolazione urbana 30% Cellulari registrati* 545 mln. Fonti: The Economist, 2012; *ONU, 2010


Il Gruppo Vontobel Cifre e dati al 31 dicembre 2011

Patrimoni della clientela (in mrd. CHF)

131,6 82,2

patrimoni amministrati 28,5 Private Banking 7,9 Investment Banking 45,8 Asset Management1

41,7 7,7 1

patrimoni in custodia prodotti strutturati in circolazione

senza i patrimoni gestiti su incarico di altri segmenti

Capitale proprio (in mrd. CHF)

1,5

Tier 1-ratio della BRI (in %)

23,3

Raccolta netta 2011 (in mrd. CHF)

8,2

Moody’s Rating Bank Vontobel AG: A1 Standard & Poors’s Rating Bank Vontobel AG: A+

Per ulteriori informazioni: www.vontobel.com



Cara lettrice, caro lettore

Francesco Bacone era un attento osservatore del suo mondo. Nel suo saggio «Of Innovations», il filosofo e sta­ tista inglese scriveva: «Chi non applica nuovi rimedi, deve essere pronto a nuovi mali.» Già nel 1625 Bacone aveva riconosciuto che il tempo ha una straordinaria forza di inno­ vazione e trasformazione. Il cambiamento nasce dal semplice trascorrere del tempo – ossia le cose cambierebbero anche se l’uomo non intervenisse e lasciasse libero corso alla natura. L’uomo, tuttavia, non rimane inattivo. Neanche la società e gli Stati. E tanto meno le imprese, impegnate in una costante concorrenza. Possiamo affermarlo forti della nostra esperienza. Il nostro compito prioritario è di dimostrare giorno per giorno ai nostri clienti la nostra profonda expertise e la nostra cono­ scenza di un mondo in costante e rapida trasformazione. La grande fiducia dimostrataci dai clienti ci conferma che siamo sulla strada giusta. Mentre importanti concorrenti del settore finanziario sono scomparsi dalla scena o sono stati assorbiti dalle loro case madri, il Gruppo Vontobel rimane un istituto forte e indipendente. Affidabilità e stabilità sono i valori che ci caratterizzano – valori che ormai non sono più scontati e che oggi conoscono un vero revival. Lo attesta anche il no­ tevole afflusso di clienti che abbiamo registrato nello scorso esercizio. Nel 2011 ci sono stati affidati nuovi capitali per un importo di 8,2 miliardi di CHF. Un altro dato positivo è che questo denaro non proviene solo dall’Europa, ma anche dai mercati in crescita del Medio ed Estremo Oriente.

Change è quindi onnipresente. Spesso suscita incertezza, in alcuni paesi provoca una perdita di posti di lavoro, in altri crea occupazione in industrie che ieri non esistevano. Il cambiamento globale ha molte facce, alcune delle quali sono illustrate nel nostro Ritratto 2012. Tre rinomati scienziati ci presentano la loro visione del cambiamento. Lo storico dell’economia Niall Ferguson focalizza il suo occhio critico sulle carenze e le lacune della società occidentale. L’economista Jagdish Bhagwati è da anni uno strenuo difensore del cambiamento globale e sostiene che senza il cambiamento i paesi emergenti avrebbero meno opportunità e possibilità di sviluppo. Il prof. Bhagwati non ha dubbio, che nonostante l’evidente spostamento di potere economico da Ovest a Est anche la Cina e l’India arriveranno ai limiti della loro crescita. L’Occidente non deve quindi aver paura dei due colossi asiatici. La professoressa del Politec­ nico di Zurigo, Nina Buchmann, mostra le enormi sfide che il mondo deve affrontare per garantire a tutti la sicurezza alimentare.

Noi tutti siamo testimoni di un processo di trasforma­ zione epocale che interessa tutti i settori della nostra vita. Gli sviluppi demografici, il cambiamento climatico, la carenza di risorse e lo spostamento dei centri di potere economico sono i fattori trainanti di questi profondi mutamenti. Il Global

Il cambiamento globale investe paesi, economie, imprese e famiglie – e in particolare il mondo finanziario. Ha quindi un impatto su ogni portafoglio e, di conseguenza, è un fattore decisivo da tenere presente nelle strategie e nelle decisioni di investimento. Qui i nostri clienti possono far leva sulle nostre competenze. Gli specialisti di Bank Vontobel impegnati nella ricerca, nei processi di investimento e nella consulenza analizzano infatti da tempo questi sviluppi ed elaborano per i nostri clienti delle strategie e soluzioni che tengono conto delle grandi opportunità ma anche dei rischi del cambiamento globale, con tutte le sue implicazioni per la gestione patrimoniale. L’obiettivo è di cogliere le chance e contenere i rischi.

Herbert J. Scheidt Presidente del Consiglio di amministrazione

Dott. Zeno Staub Chief Executive Officer Vontobel Ritratto 2012

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Indice

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Le prospettive future viste in un’ottica storica.

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Centrali marine – l’energia che viene dalle onde.

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Dott. Zeno Staub Dobbiamo allontanarci dall’eurocentrismo.

36

Georg von Wattenwyl I prodotti strutturati fanno leva sul cambiamento globale.

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Prof. Jagdish Bhagwati

La paura infondata dell’Occidente nei confronti dell’Asia.

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Rajiv Jain Non andiamo solo a caccia di buone occasioni.

22

Christophe Bernard Global Change – un megatrend con impatto sul portafoglio.

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«Vertical Farming» – i cereali venuti dai grattacieli.

24

Prof. Nina Buchmann

Alimenti per tutti – la grande sfida.

40

Sabine Döbeli Sostenibilità significa assumere attivamente la responsabilità.

30

Christophe Grünig Proteggere il capitale, controllare i rischi e sfruttare le opportunità.

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«Natur konkret» – alla riconquista dei pascoli alpini.

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Daniel Bruderer Il cambiamento globale avviene anche nel portafoglio.

44

u­blox – idee svizzere per il mondo.

32

Grafici sul Global Change Il mondo che cambia.

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Dott. Hans Vontobel «Panta rhei.»

Vontobel Ritratto 2012

Prof. Niall Ferguson


«Restare fedeli alle

tradizioni

aperti al cambiamento.» e allo stesso tempo

Herbert J. Scheidt Presidente del Consiglio di amministrazione Quale sarà il giudizio degli storici e degli economisti di domani sugli avvenimenti attuali? La crisi del debito dei paesi della zona euro segnerà la fine della moneta unica? Oppure i grandi saggi dell’economia sapranno cogliere l’occasione della crisi per lanciare una forte unione fiscale o addirittura politica? I gravi problemi economici e politici degli Stati Uniti sono i segni premonitori di un rapido declino della potenza mondiale americana? Oppure la vitalità e l’autoconsapevolezza di questa nazione stanno segnando solo una battuta di arresto, prima di sferrare un contrattacco economico e politico alla Cina, gigante dalla crescente forza? All’inizio del 2012 non possiamo ancora dare una risposta a questi interrogativi. Sarà fondamentale osservare da vicino e analizzare a fondo i processi di trasformazione, anche nell’ottica del «Global Change». «Too big to fail»: con questo slogan i gruppi bancari hanno dettato – e continuano a dettare – il ritmo della crisi finan­ ziaria e del debito. E il Gruppo Vontobel? Come è riuscito il nostro istituto, con le sue medie dimensioni e il forte aziona­ riato di famiglia, a sormontare questi tempi difficili? Un esa­ me autocritico ha confermato la validità delle nostre scelte. Da un lato, siamo un istituto che crede nei valori tradizionali, senza per questo mancare di capacità innovativa e di una politica professionale nei confronti del rischio. Dall’altro lato, a causa delle nostre dimensioni, siamo costretti a restare sempre vicini al mercato e a rimetterci costantemente in questione: facciamo le cose giuste, agiamo nell’interesse dei nostri clienti e dei nostri azionisti? Il nostro modo di pensare e di agire è sempre accentrato sull’essere umano. La nostra è un’opera di costante equilibrismo: vogliamo restare fedeli alle nostre valide tradizioni e allo stesso tempo aperti al cam­ biamento. Con la nostra iniziativa «Global Change» affron­ tiamo ogni giorno questa apparente contraddizione. <

Herbert J. Scheidt è Presidente del Consiglio di amministrazione del Gruppo Vontobel dal 2011. Dal 2002 al 2011 ha diretto l’impresa in veste di Chief Executive Officer. In precedenza aveva rivestito per vent’anni diverse cariche diret­ tive a livello internazionale per Deutsche Bank. Dopo l’esame di maturità, Herbert J. Scheidt ha seguito una formazione commerciale, per poi studiare scienze economiche nel Sussex (MA of Economics) e acquisire un MBA alla NYU di New York.

Vontobel Ritratto 2012

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Le prospettive future viste in un’ottica storica. Niall Ferguson Lo storico britannico Niall Ferguson ha una cattedra di storia ed economia all’Harvard University. È anche membro del Centro di studi europei Minda de Gunzburg e insegna alle università di Oxford e Stanford.

Prof. Niall Ferguson Oggi stiamo vivendo la fine del grande divario che si è aperto oltre cinque secoli fa tra l’Occidente e il resto del mondo. Trentacinque anni fa, un tedesco medio era 15 volte più ricco di un cinese medio. Oggi questo rapporto è sceso a 3 a 1. Negli anni ottanta, la Cina generava solo il 2,2 percento della produzione economica mondiale, un terzo della quota dell’economia tedesca. Stando al Fondo Monetario Inter­ nazionale, il contributo cinese salirà entro il 2016 al 18 per­ cento, sei volte di più dell’economia tedesca. Sempre entro il 2016, la Cina dovrebbe diventare la più grande economia mondiale, superando a parità di potere d’acquisto addirittura i potenti Stati Uniti d’America. Mentre l’Occidente ristagna, la Cina registra una crescita intorno all’8–9 percento. La produzione industriale cinese aumenta in media del 15 percento all’anno. Già oggi gli investimenti cinesi, calcolati in dollari, superano quelli degli Stati Uniti. Nel 2010, il valore delle offerte pubbliche iniziali sulle borse cinesi ha sorpassato di 3,5 volte le IPO sui listini di New York. Secondo i dati di Credit Suisse, un terzo della popolazione cinese dispone di un patrimonio tra 10 000 e 100 000 dollari USA. Oltre 17 milioni di cinesi posseggono un patrimonio di più di 100 000 dollari USA. In Cina si contano 800 000 milionari e 65 miliardari. Stiamo assistendo a uno straordinario trasferimento di ricchezza – una cesura in una storia durata quasi mezzo millennio. Nel mio ultimo libro «Civilization: The West and the Rest» ho mostrato come, dopo il 1500, l’Occidente abbia superato il resto del mondo inclusa la Cina, grazie a una serie di inno­ vazioni istituzionali, che ho definito «applicazioni killer»:

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Vontobel Ritratto 2012

1.

la concorrenza: l’Europa era frammentata a livello politico in molteplici monarchie e repubbliche, che a loro volta erano divise in corporazioni in concorrenza tra di loro, i predecessori delle moderne società commerciali; 2. la rivoluzione scientifica: tutte le maggiori scoper­ te del XVII secolo nel campo della matematica, dell’astronomia, della fisica, della chimica e della biologia hanno avuto origine nell’Europa occidentale; 3. lo Stato di diritto e le forme di governo rappresentative: nei paesi anglosassoni è nato un sistema ottimale di ordinamento sociale e politico, basato sui diritti di proprietà privata e la rappresentanza dei proprietari terrieri negli organi legislativi eletti; 4. la medicina moderna: quasi tutte le conquiste del XIX e XX secolo in campo sanitario, che hanno più che rad­ doppiato la speranza di vita, sono avvenute nell’Europa occidentale e nell’America settentrionale; 5. la società dei consumi: la rivoluzione industriale ha trovato un terreno fertile là dove esisteva sia un’offerta di tecnologie capaci di aumentare la produttività sia la domanda di beni sempre più numerosi, migliori e a buon mercato, a cominciare da capi di abbigliamento in cotone; 6. l’etica del lavoro: le popolazioni occidentali sono state le prime al mondo ad abbinare metodi di lavoro più intensi e a larga scala con maggiori quote di risparmio, permet­ tendo così un accumulo di capitale. Per secoli queste «applicazioni killer» sono rimaste preroga­ tiva degli europei e dei nostri cugini dell’America del Nord e dell’Australasia. Gli abitanti del mondo occidentale non sono diventati solo più ricchi del resto del mondo, ma anche più alti, sani, longevi – e più potenti. Il Giappone, per primo, e un paese non occidentale dopo l’altro hanno poi imparato a «scaricare» queste applicazioni. Ciò spiega, per metà, la «rimonta» di questi paesi, alla quale abbiamo assistito nell’arco della nostra vita – in particolare dopo le riforme


«L’egemonia

occidentale sta

terminando nella nostra

epoca.»

© Christian Sinibaldi, eyevine, Dukas

Niall Ferguson

Vontobel Ritratto 2012

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Niall Ferguson

Lo Stato di diritto? Molti americani sono tuttora convinti che il loro sistema giuridico sia il migliore del mondo e offra la migliore protezione per imprese, investitori e consuma­ tori. A risultati ben diversi giunge invece l’ultimo Executive Opinion Survey del World Economic Forum (WEF), che misura l’efficienza degli ordinamenti giuridici in base a sedici parametri. Ne emerge un dato sorprendente: in ben 15 su 16 aree, gli Stati Uniti si classificano dopo Hong Kong. Solo in una disciplina si piazzano tra i primi venti del mondo, cioè nella protezione degli investitori. In tutte le altre categorie la loro reputazione è fortemente danneggiata. È vero che la Cina è ancora molto indietro rispetto agli Stati Uniti – ma non in tutti i campi. L’unica consolazione per gli organi legislativi e giudiziari americani è che molti paesi occidentali, soprattutto nell’Europa meridionale, presentano un bilancio ancora peggiore. Che ne è della scienza? Le ultime statistiche dell’Orga­ nizzazione mondiale per la proprietà intellettuale mostrano un trend costante, che ho già descritto nel mio libro «Civili­ zation: The West and the Rest». Il declino dell’Occidente si manifesta in modo palese nel numero dei brevetti inter­ nazionali rilasciati. Come avevo previsto, la Cina ha superato la Germania nel 2009. Rimane infine la concorrenza. A questo proposito si rivela utile un’ampia inchiesta sulla com­ petitività globale che il WEF conduce ogni anno da ormai trent’anni. Dal 2004, quando è stato introdotto l’attuale metodo, la competitività degli USA è scesa da 5,82 a 5,43, segnando una delle principali flessioni tra i paesi industria­ lizzati. Allo stesso tempo il punteggio della Cina è salito da 4,29 a 4,90. Molti americani continuano a credere che il futuro sarà come un iPhone: «designed in California» e «assem­ bled in China». Ma si sbagliano. L’egemonia occidentale sta terminando nella nostra epoca, ma non perché il resto del mondo ha scoperto come scaricare le applicazioni killer dell’Occidente. Sta terminando perché gli occidentali non sono riusciti ad attualizzarle – oppure hanno preferito cancel­ larle.

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Vontobel Ritratto 2012

Operaie in una fabbrica tessile cinese.

© Stephen Wilkes, Gallerystock

Quanto all’etica del lavoro, un sudcoreano lavora in me­ dia quasi il 40 percento in più di un americano. In Corea del Sud l’anno scolastico dura 220 giorni contro 180 giorni negli USA. E la società dei consumi? Sapevate che 26 dei 30 mag­ giori centri commerciali del mondo si trovano nei paesi emer­ genti, principalmente in Asia? Solo tre sono situati negli USA. La medicina moderna? Su questo punto gli Stati Uniti sono ancora in testa: la loro spesa sanitaria misurata in rapporto al prodotto nazionale lordo supera di tre volte quella della Cina (e di due volte quella del Giappone); ma il suo effetto sulla salute pubblica non è certamente tre volte migliore.

© Justin Sutcliffe, Dukas

economiche avviate in Cina nel 1978. L’altra metà si spiega con la tendenza dell’Occidente a cancellare i segreti del proprio successo.

«Già oggi gli investimenti cinesi, calcolati in dollari, superano quelli degli Stati Uniti.»


Secondo alcuni commentatori, stiamo assistendo a una competizione tra due modelli istituzionali contrapposti: il capitalismo di mercato e il capitalismo di Stato. Nel suo libro «La fine del libero mercato», Ian Bremmer sostiene che i governi autoritari di tutto il mondo «hanno inventato qualcosa di nuovo: il capitalismo di Stato». Secondo Brem­ mer, il capitalismo di Stato è una seria minaccia non solo per il libero mercato, ma anche per le democrazie dei paesi emergenti. La realtà è però ben più differenziata. Gli obiettivi e l’entità degli interventi statali nell’economia variano sensi­ bilmente da paese a paese. Quello che conta non è tanto se a guidare le sorti dell’economia è lo Stato o il mercato. La vera questione è sapere quali paesi dispongono delle leggi e delle istituzioni migliori non solo per ottenere una rapida crescita economica ma anche – fattore altrettanto importante – per distribuire i frutti della crescita in un modo che sia considerato equo dai cittadini. Fino a 40 anni fa, i paesi occidentali erano i migliori: le loro istituzioni supera­ vano il resto del mondo sia in termini di efficienza economi­ ca che di giustizia sociale. Oggi non è più così.

Se vogliamo capire gli attuali mutamenti nel rappor­ to tra stati ed economie nazionali dobbiamo guardarci da luoghi comuni generalizzanti sul «capitalismo di Stato». Noi tutti siamo dei capitalisti di Stato. Lo siamo da più di cento anni, da quando alla fine del 19° secolo si è imposto lo stato moderno e «l’economista nazionale» tedesco Adolf Wagner ha formulato la sua legge sull’aumento della spesa pubblica. Esistono molteplici forme di capitalismo di Stato: dall’autocrazia illuminata di Singapore alla tirannia disfun­ zionale dello Zimbabwe, dallo «Stato bambinaia» della Danimarca al paradiso della libertà del Texas. La vera competizione dei nostri tempi non è tra il capitalismo di Stato della Cina e il capitalismo di mercato dell’America – con l’Europa come via di mezzo – ma piuttosto tra queste tre regioni. Noi tutti lottiamo per un adeguato equilibrio tra le istituzioni economiche che generano benessere e le istituzioni politiche che lo regolano e lo distribuiscono, e allo stesso tempo cerchiamo di contenere la corruzione che si manifesta in varie forme là dove il settore pubblico incontra quello privato. <

In quali paesi lo Stato esercita un maggiore ruolo nella vita economica? Il Fondo monetario internazionale pubblica i dati sugli investimenti pubblici complessivi in percentuale del PIL. In Cina (2009) questa cifra ammonta al 23 percen­ to, contro il 28 percento di trent’anni fa. Secondo questo parametro, la Cina si colloca al 147° posto sui 183 paesi per i quali si dispone di dati. La Germania, con una percen­ tuale di spesa pubblica del 48 percento rispetto al PIL, è al 24° posto. Alla 44a posizione seguono gli USA con una quota del 44 percento. Secondo questi criteri, il capitalismo di Stato è dunque un fenomeno europeo e non asiatico. Danimarca, Francia, Finlandia, Belgio, Svezia, Austria, Grecia, Italia, Paesi Bassi, Ungheria e Portogallo: tutti hanno una spesa pubblica, in rapporto al PIL, più elevata della Germania. Nel caso della Danimarca, la percentuale sale al 58 percento: più del doppio di quella della Cina. Se si considera la percentuale degli acquisti di beni e servizi da parte dello Stato rispetto al PIL, si ottengono risultati simili. Anche in questo caso i paesi europei sono in testa alla classifica: la Danimarca (27 percento) viene molto prima della Germania (18 percento). Negli USA questo rap­ porto è del 17 percento, in Cina del 13 percento. L’unico parametro in cui la Cina supera i paesi occidentali è la quo­ ta della formazione lorda di capitale del settore pubblico. Secondo i dati della banca mondiale, questa percentuale si attestava nel 2008 al 21 percento del PIL cinese ed era la più elevata del mondo. Questo dato conferma il ruolo pre­ dominante svolto tuttora dallo Stato nelle spese infrastrut­ turali. Le cifre dei paesi industrializzati dell’Occidente sono trascurabili. In Occidente, lo Stato sperpera denaro, non lo investe.

Vontobel Ritratto 2012

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Noi tutti lottiamo per un adeguato equilibrio tra le istituzioni economiche che generano benessere e le istituzioni politiche che lo regolano e lo distri­ buiscono. Niall Ferguson

Ponte sul porto mercantile di Hong Kong, Cina.


Crescita del prodotto interno lordo 2010 10%

Cina

9%

India

8%

Brasile

4%

Germania, Giappone, Russia

3%

USA, Svizzera

0%

Nel 2010, il prodotto interno lordo della Cina è salito tre volte di più di quello degli USA. Fonte: Vontobel Research, 2012

Reddito pro capite Reddito nazionale lordo pro capite in USD (converti­ to con tasso di cambio a parità di potere d’acquisto). Fonte: Banca Mondiale, 2010 (GNI p.c. PPP)

Svizzera

50 170 USD

USA

47 360 USD

Germania

37 950 USD

Giappone

34 640 USD

Russia

19 190 USD

Brasile

11 000 USD

Cina

India

3550 USD

© Tom Nagy, Gallerystock

7640 USD


«Il

cambiamento globale offre più

opportunità che rischi.» Dott. Zeno Staub è CEO del Gruppo Vontobel dal 2011. Dopo aver ricoperto la funzione di CFO, ha diretto prima l’Investment Banking e in seguito l’Asset Management. Ha studiato economia all’Università di San Gallo dove ha conseguito anche il dottorato. La sua tesi con il Prof. Dott. Heinz Zimmermann era dedicata al tema «La gestione di rischi di interesse complessi con strumenti derivati – un’applicazione del metodo Value­at­Risk».

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Vontobel Ritratto 2012


Dobbiamo allontanarci dall’eurocentrismo.

Dott. Zeno Staub Chief Executive Officer

Affairs Columnist del Financial Times, disse: le generazioni del dopoguerra hanno vissuto in un mondo che offriva sempre di più. L’economia era in costante crescita. Le popolazioni dei paesi occidentali diventavano sempre più libere e ricche. Nella competizione tra i sistemi si disegnava un chiaro vincitore. La cesura è avvenuta quasi dall’oggi al domani con la crisi finan­ ziaria del 2007/08.

Il mondo cambia a un ritmo sempre più sostenuto. Come vive Lei questo grande cambiamento di portata mondiale? Il mondo ha attraversato una lunga fase di sviluppo lineare, stabile, prevedibile. Ciò era dovuto in gran parte al bipolarismo tra i due centri di potere a Ovest ed Est. Allora era chiaro cosa era giusto per l’uno e sbagliato per l’altro. Oggi ci troviamo invece in un sistema aperto e multi­ polare. Quando ero all’università, gli economisti distinguevano tra rischio e incertezza. Allora questa differenza mi sembrava difficile nella pratica, oggi invece la capisco anche troppo bene perché svolge un importante ruolo nel mondo attuale. Il rischio è qualcosa che si può descrivere e analizzare in base a modelli di distribuzione e previsione. L’incertezza, per contro, è qualcosa che non possiamo né descri­ vere né prevedere, perché sfugge a ogni parametrizzazione.

Quali sono secondo Lei le principali sfide a livello globale, alle quali sono confrontati gli stati e le società? Sono convinto che in Svizzera dob­ biamo allontanarci dall’eurocentrismo dominante. Dobbiamo pensare e agire in un’ottica veramente globale: non abbiamo altra scelta. L’anno zero nella storia europea è stata la sconfitta dei Persiani ad opera dei Greci. Era circa 2500 anni fa. Allora l’Occidente ha sconfitto l’Oriente emergente – nono­ stante la superiorità militare dell’Impero persiano. Dopo questo momento decisivo, l’Occidente ha gradualmente rafforzato la sua egemonia.

È finita quindi l’epoca delle certezze? In un certo senso, sì. I rischi esiste­ vano anche in passato, ma erano pia­ nificabili e gestibili. Le incertezze che oggi si affacciano sempre più fre­ quentemente, trovano invece imprepa­ rati e impotenti molti attori del mondo politico, economico e sociale. Una volta Gideon Rachman, Chief Foreign

Siamo arrivati a un nuovo punto di svolta? In un certo senso. Questa volta però l’Oriente – Cina, India e altri paesi emergenti dell’Asia – non deve ricorrere a mezzi bellici. Basta la forza economica per agganciarsi al sistema delle potenze globali e imporre i propri interessi là dove è importante.

Molte persone, soprattutto in Europa, hanno paura della globalizzazione. Le capita di sentire anche voci positive sul cambiamento globale? Sì, e molto spesso. Soprattutto in Asia, dove si vedono chiaramente i vantaggi della globalizzazione. Chi riconosce i vantaggi della libera con­ correnza delle idee, dei beni e dei ser­ vizi, è anche uno strenuo fautore della globalizzazione, sa che essa genera un valore aggiunto aggregato. E in Occidente lo abbiamo dimenticato? Quantomeno abbiamo perso di vista alcuni aspetti. L’attuale benes­ sere dei paesi occidentali non è sorto dall’oggi al domani, ma è frutto di secoli di predominio economico dell’Occidente sull’Oriente. La lea­ dership dell’Ovest soffre oggi per un duplice motivo. Innanzitutto abbiamo introdotto nel sistema un’eccessiva ridistribuzione. E in secondo luogo abbiamo iniziato non solo a godere i frutti della produttività, ma anche a consumare ciò che avevamo accumu­ lato in passato. Allo stesso tempo si sta verificando un grosso trasferimento di potere economico verso l’Estremo Oriente, a scapito dell’Occidente. Per le nostre economie ciò significa uno sgretolamento degli attuali vantaggi competitivi.

Vontobel Ritratto 2012

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In quali settori diminuisce l’egemonia dell’Occidente? Per esempio nella tecnologia, nell’innovazione, nella metodologia e in generale nella scienza – in fondo in tutti i settori che sono importanti per un’economia. I paesi e le regioni che stanno recuperando terreno, riescono ad accorciare le distanze perché la loro manodopera dimostra una volontà di rendimento che l’Occidente ha perso da tempo. Se in Asia la gente è disposta a lavorare a un quarto del nostro livello salariale, a vivere in spazi ristretti e affrontare un tragitto casa­ lavoro di una o due ore al giorno, per l’Occidente sarà sempre più difficile mantenere la sua competitività. Quali sono i fattori più importanti per l’evoluzione del benessere? In Occidente non riusciremo a mantenere l’attuale tenore di vita se non adotteremo dei correttivi. Dobbiamo adeguare il rapporto tra demografia, indebitamento, sicurez­ za sociale e competitività in modo

ai loro compiti precipui. Chi si affi­ da solo all’abbattimento del debito pubblico, non avrà successo a lungo termine. Il cambiamento globale offre anche delle opportunità? Il cambiamento globale offre mol­ te opportunità – anche per gli investi­ tori. Anzi, sarà indubbiamente uno dei temi prioritari dei prossimi anni. I rendimenti scaturiscono sempre dal cambiamento. Le opportunità di in­ vestimento nascono là dove si verifica una trasformazione – e noi vogliamo cogliere queste chance sistematica­ mente. Come giudica gli effetti del cambiamento globale sulla Svizzera? La Svizzera può trarre vantaggio dal cambiamento globale se pone le priorità giuste. Ciò vale per la protezio­ ne della sfera privata finanziaria, come per la competitività. La nostra situa­ zione è caratterizzata da tre specificità. Innanzitutto la nostra economia ha

«Un avvenire prospero richiede una competitività globale incondizionata.» da ridare stabilità al sistema nel suo insieme. Solo allora potremo tornare a crescere a un tasso modesto e dare delle chance a quelle persone alle quali oggi è preclusa ogni opportunità.

Quali sono secondo Lei le aree di intervento prioritarie? A mio parere è essenziale ridurre i deficit primari – da non confondere con un mero abbattimento del debito. Solo affrontando con fermezza i deficit primari si potrà fermare il vortice della crisi. Importante è anche il migliora­ mento della competitività. Ciò significa che in futuro noi tutti dovremo lavora­ re di più. Allo stesso tempo dobbiamo snellire i sistemi di welfare e riportarli

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Vontobel Ritratto 2012

una dipendenza dalle esportazioni su­ periore alla media. In secondo luogo, la Svizzera vanta un livello di benes­ sere molto elevato. E in terzo luogo abbiamo un assetto politico diverso dagli altri paesi europei. Un avvenire prospero richiede una competitività globale incondizionata. Se vogliamo preservare la nostra indipendenza, dobbiamo essere decisamente migliori. Il nostro paese può seguire solo un approccio proattivo. Dalla crisi finanziaria del 2008, il settore bancario è in profonda trasformazione. Come reagisce il Gruppo Vontobel? Il nostro istituto è specializzato nella gestione patrimoniale e in attività

selezionate di Investment Banking. La crisi finanziaria ha rafforzato il nostro sistema di valori, basato su un atteggiamento prudenziale. Ci ha però anche mostrato la necessità di indiriz­ zare in modo più mirato i nostri busi­ ness model. In passato, molti clienti internazionali cercavano semplicemen­ te una banca svizzera. Oggi esigono un servizio altamente specializzato, capace di soddisfare in modo ottimale i loro bisogni. Differenziazione, focaliz­ zazione e massima qualità in tutto ciò che facciamo: queste sono le sfide che dobbiamo affrontare. E la «Swissness» non conta più? La «Swissness» rimane un ele­ mento distintivo prezioso a livello internazionale. Oggi è però solo un vantaggio supplementare e non più un fattore decisivo. Al primo posto viene la competenza nella consulenza e nell’investimento, assieme alla qualità dei prodotti e dei servizi. «Swissness» continua tuttavia a rappresentare va­ lori come l’affidabilità, la certezza del diritto, una propria valuta e la conti­ nuità dei dipendenti. Il segreto bancario avrà ancora un ruolo in futuro? Innanzitutto ci tengo a precisare che la Svizzera non ha abolito il segreto bancario come molti paesi vorrebbero credere. Qui da noi – e sorprendentemente anche in Asia – si tengono alti certi valori che non sono più apprezzati in alcuni paesi occiden­ tali. Mi riferisco all’esperienza, all’età, alla famiglia, alla discrezione, per citar­ ne solo alcuni. Le stesse persone che nelle nostre società hanno accantonato questi valori sostengono ora che il fu­ turo appartiene all’Asia. Secondo me, è una contraddizione. Vontobel intende integrare il tema Global Change nel Private Banking lungo tutta la catena di creazione del valore. Cosa significa concretamente? Negli ultimi anni, la nostra banca e i nostri clienti hanno attraversato un processo doloroso, che ci ha fornito però nuove conoscenze e convinzioni. Capiamo ora meglio le tensioni tra


Occidente e Oriente e, come con­ seguenza, la carenza di risorse e lo sviluppo demografico. Le catene di creazione di valore si accorciano e ren­ dono superfluo il passaggio attraverso i paesi del nord. Queste trasformazio­ ni, trainate dal cambiamento globale, sono state integrate gradualmente nei nostri portafogli e anche nei processi di consulenza.

«In futuro noi tutti dovremo lavorare di più.»

È possibile riprodurre il cambiamento nei portafogli dei clienti? Il nostro compito prioritario con­ siste nel preservare il patrimonio affidatoci dai clienti e, possibilmente, incrementarlo. L’orizzonte di investi­ mento si estende spesso sull’arco di diverse generazioni ed è proiettato in un lontano futuro. Ciò vale sia per i clienti privati che istituzionali. In passato era abbastanza facile assolvere questo compito. Nel mondo multipo­ lare di oggi diventa invece sempre più difficile. Il Global Change è parte della nostra risposta. <

Dott. Zeno Staub

Vontobel Ritratto 2012

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La paura infondata dell’Occidente nei confronti dell’Asia. Prof. Jagdish Bhagwati Nella sua celebre poesia «La ballata dell’Est e dell’Ovest», Rudyard Kipling scrisse: «Oh, l’Est è Est e l’Ovest è Ovest, e mai i due si incontreranno». Dopo le profonde trasforma­ zioni economiche attuate dall’India e dalla Cina e l’enorme crescita conseguita da questi due paesi negli ultimi 25 anni, l’Est e l’Ovest si sono invece incontrati nella spietata corsa alla crescita economica, che influenza i rapporti politici ed economici a livello internazionale. Eppure, l’ironia della sorte sembra confermare l’affermazione di Kipling, invertendone però il segno. Il divario tra Est e Ovest si riapre, ma questa volta è l’Est, con la sua incredibile forza economica, ad avere ormai sorpassato l’Ovest. Questi sviluppi suscitano ovviamente panico negli USA. La prima potenza economica rischia, infatti, di dover cedere l’egemonia alla Repubblica popolare cinese, un paese autoritario, intimidante, che non esita a mostrare i muscoli. L’India democratica appare invece più amichevole e meno minacciosa. Non scatena quindi le stesse reazioni, anche se per superficie e popolazione è quasi equiparabile alla Cina. Dalle prime riforme del 1991 conse­ gue anche elevati tassi di crescita, che si avvicinano a quelli a due cifre della Cina. La situazione attuale ricorda la fulminante ascesa del Giappone dopo la seconda guerra mondiale. Quando, negli anni ottanta, l’economia nipponica stava quasi per superare la potenza economica americana, negli Stati Uniti si diffuse un clima di scoramento, che allora definii la «sindrome del gigante caduto». Allora si pensava che il Giappone avrebbe dominato il XXI secolo, come l’impero britannico aveva fatto nel XIX secolo e gli USA nel XX. Invece, come avevo previsto, la minaccia nipponica scomparve non appena scoppiò la bolla. Il Giappone fu risucchiato in una crisi economica decen­ nale con tassi di crescita annui medi dell’un percento. Molti osservatori e commentatori vedono la continua crescita dell’India e della Cina come una nuova minaccia, che costringerà gli USA a cedere la loro supremazia alla Cina. Queste previsioni contribuiscono a creare un clima di ansia e tensione su scala internazionale. Eppure esistono diversi moti­ vi che confutano un tale scenario. Molte delle paure suscitate dai due giganti asiatici non hanno ragion d’essere. Ritengo, al contrario, che l’Occidente possa tessere delle relazioni com­ merciali proficue per entrambe le parti sia con i nuovi colossi economici sia con le nazioni asiatiche più piccole.

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Vontobel Ritratto 2012

Sono necessarie stime attendibili sulla crescita cinese e indiana I forti tassi di crescita della Cina e dell’India non du­ reranno in eterno, seppure per diversi motivi. La crescita a due cifre dell’economia cinese è riconducibile all’abbon­ danza di manodopera e a una strategia di sviluppo foca­ lizzata sull’esportazione. La piattaforma di esportazione, alimentata essenzialmente dalla provincia del Guangdong, ha generato finora un’enorme domanda di manodopera, soddisfatta dalla popolazione locale. E là dove vi è abbastanza lavoro aumenta anche la crescita. A seguito però della politica del figlio unico e dello smaltimento dell’eccedenza di manodopera in questa regione, la forza lavoro si fa più rara e i salari salgono. Questa situazione va a beneficio della forza lavoro – non sotto forma di una maggiore occupazione, bensì attraverso un aumento delle retribuzioni – ma allo stesso tempo frena la crescita. A ciò si aggiungono problemi esogeni ed endogeni, causati dalla politica autoritaria della Cina. Senza la cer­ tezza del diritto, la libertà di stampa, la democrazia e una società civile attivamente partecipe, le speranze della popo­ lazione cinese di ottenere una maggiore fetta di benessere si trasformeranno in delusione e scontento sociale. Il regime è inoltre imprevedibile. Nessuno sa chi assumerà la succes­ sione politica e quali saranno le sue risposte alle crescenti sfide sociali. Quando diversi anni fa si chiese alla sovieto­ loga Padma Desai, in base alle sue esperienze del periodo post­stalinista, che cosa sarebbe successo in Cina alla morte dell’allora Presidente, questa rispose: «Dipende da chi muore prima, Mao Zedong o Zhou En­Lai.» Gli attuali leader politici sapranno rispondere alle rivendicazioni della popolazione o permetteranno il ripetersi di un massacro alla Tienanmen? Nel secondo caso, le ripercussioni negative per l’economia assumerebbero proporzioni imponderabili. Tutto sommato, quindi, le previsioni sulla crescita cinese sono costellate di diverse incognite.

Jagdish Bhagwati L’economista indiano Jagdish Bhagwati è professore di economia e diritto alla Columbia University e Senior Fellow per le relazioni internazionali al Council for Foreign Relations di New York.


«La rapida

crescita asiatica

non durerà in eterno.»

© Marc Asnin, Redux, Keystone

Jagdish Bhagwati

Vontobel Ritratto 2012

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Il regime autoritario cinese mina inoltre le prospetti­ ve di crescita del proprio paese, perché non è in grado di sfruttare le enormi potenzialità e sinergie offerte dalle tec­ nologie dell’informazione. I sistemi comunisti considerano le tecnologie dell’informazione come una minaccia alle loro velleità di controllo totale. Il personal computer e il partito comunista hanno lo stesso acronimo (PC), ma non sono compatibili. A ciò si aggiunge la corruzione che imperversa nel par­ tito comunista cinese, come ben descrive Richard McGre­ gor, giornalista del Financial Times, nel suo libro premiato nel 2011 «The Party: The Secret World of China’s Commu­ nist Rulers». I funzionari del partito e i loro familiari hanno sempre le mani in pasta. In Cina si manifesta tuttavia una crescente avversione alla corruzione, che potrebbe far vacillare quello stesso sistema che in passato ha contribuito sensibilmente alla crescita economica. Sulla scena internazionale, le organizzazioni di difesa dei diritti umani protestano con vigore contro la mancanza di democrazia e l’oppressione della libertà di espressione. Le popolazioni occidentali eserciteranno crescenti pressioni sui loro governi affinché frenino l’importazione di prodotti cinesi, indebolendo così la posizione della Cina sui mercati. Anche se la Cina dovesse ripiegarsi su se stessa e ridurre la propria dipendenza dall’export, rimarrebbe un’importante nazione di esportazione e soffrirebbe di tali intralci alla propria attività commerciale. La politica monetaria cinese è da tempo bersaglio di dure critiche da parte del Senato americano. Più significa­ tivo è che la Cina è anche oggetto di attacchi nell’ambito del sistema di risoluzione delle controversie dell’OMC. In luglio Pechino è stata per esempio coinvolta in un conten­ zioso sul divieto cinese di esportazione di materie prime, in particolare di metalli delle cosiddette terre rare. Inoltre, sette imprese fotovoltaiche si sono coalizzate per chiedere al governo americano di avviare un’indagine anti­dumping contro la Cina e proibire così l’importazione di pannelli solari cinesi. Non saranno certo le ultime azioni di questo genere. Con piccole stilettate e colpi più duri si cerca di imbrigliare la potente macchina esportatrice cinese e quindi anche la sua forza economica. Infine la Cina è confrontata allo stesso problema del Giappone negli anni trenta. Allora, il Giappone era un grosso esportatore di merci a elevata intensità di mano­ dopera, come lampade antivento, matite e tessili. I produt­ tori stranieri si sentivano minacciati dalla dura concorrenza. Il Giappone divenne famigerato per le sue «camicette da un dollaro» e ovunque si temeva il «pericolo giallo». Il problema era che il Giappone aveva registrato una crescita fulminante e offriva in modo aggressivo la sua merce sul mercato, mentre altri paesi avevano difficoltà a trattarlo come partner commerciale. Il Giappone era Gulliver in

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Vontobel Ritratto 2012

un’economia di Lillipuziani. Lo stesso vale oggi per la Cina. I tassi di crescita molto più elevati e la maggiore intensità di scambi fanno paura alla concorrenza. Ma, a differenza del Giappone degli anni trenta, il cui ruolo di Gulliver era limitato a determinati beni da esportazione, la Cina importa enormi quantitativi di materie prime e li sottrae alle indu­ strie di altri paesi. La Cina è quindi una specie di doppio Gulliver, nel campo delle esportazioni e in quello delle im­ portazioni. La strada giusta per contrastare questo Gulliver sovradimensionato sono dei programmi di adattamento e quindi modifiche istituzionali, sia a Est che a Ovest. L’India, dal canto suo, dovrebbe avere serie difficoltà ad avvicinarsi ai tassi di crescita a due cifre della Cina. Le sue strutture democratiche sono una carta vincente, ma anche un punto debole, perché ritardano la realizzazione delle riforme tuttora in cantiere. Le trasformazioni che hanno condotto a un’accelerazione della crescita e a una riduzione della povertà non saranno certo annullate, ma non si vede come l’India possa generare maggiore crescita. I tassi di crescita dell’Oriente non sono una minaccia per l’Occidente Indipendentemente dai futuri sviluppi, i tassi di cre­ scita di India e Cina non costituiscono una minaccia eco­ nomica per gli USA o l’UE. A questo proposito vorrei cor­ reggere due errori frequenti. Il primo si fonda sull’ipotesi superficiale che appena l’India e la Cina disporranno di sufficiente know­how e capitale, vorranno emulare i paesi industrializzati occidentali, per esempio fabbricare gli stessi prodotti che attualmente sono fabbricati ed esportati dall’Occidente. Ne conseguirebbe un calo dei prezzi dei prodotti di esportazione occidentali con un conseguente danno per l’economia. Questa argomentazione non è più di attualità. Poiché i paesi si assomigliano sempre più, si fabbricano anche «prodotti simili». Invece di creare prodotti diversi, si assiste a una crescente variazione di prodotti già esistenti, feno­ meno conosciuto anche con il nome di «Trade in Variety». Andate a passeggiare alla Madison Avenue di New York, vedrete un esempio lampante di «Trade in Variety» nel settore dell’abbigliamento maschile: un negozio accan­ to all’altro di Giorgio Armani, Calvin Klein, Kenzo, Pierre Cardin, Christian Dior e Ralph Lauren – e nessuna di queste marche chiederebbe di essere protetta dalle altre. Il mio studente Robert Feenstra e il mio collega David Weinstein hanno calcolato i profitti realizzati con il «Trade in Variety» soprattutto negli scambi tra paesi industrializzati. Sono cifre ragguardevoli. Un altro errore riguarda l’outsourcing di servizi in India. In realtà lo sviluppo va in entrambe le direzioni: vi è un outsourcing dei servizi nei paesi emergenti ma anche un insourcing, per esempio negli USA. Non bisogna poi dimenticare che, quando un’azienda esternalizza deter­


Jagdish Bhagwati

Una pubblicità per beni di lusso Louis Vitton a Shanghai.

© Eugene Hoshiko, Keystone

I timori che l’ascesa dell’Oriente provochi il declino dell’Occidente sono, come minimo, esagerati e, nella mi­ gliore delle ipotesi, infondati. Il difficile sarà sventare queste paure. Come dice un proverbio russo: «La paura ha gli occhi grandi – e io temo, anche orecchie sorde.» <

© David Klammer, laif, Keystone

minate funzioni di back­office, diventa più competitiva. Un outsourcing di 10 000 posti di lavoro può garantire la sopravvivenza di un’impresa con un organico di 100 000 persone. In ogni caso, gli elevati costi legati a un deter­ minato servizio comporterebbero un trasferimento di tale lavoro al di fuori degli USA, anche se ci fosse un sistema economico chiuso e protetto. Il basso livello dei salari in India significa che un determinato lavoro viene svolto lì perché è economico, mentre lo stesso lavoro negli USA sarebbe condannato a scomparire. Non è quindi giusto dire che le aziende americane esternalizzano posti di lavoro perché sono cattive e cupide.

«Poiché i paesi si asso­ migliano sempre più, si fabbricano anche sempre più prodotti simili.»

Vontobel Ritratto 2012

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«Ritengo che l’Occidente possa tessere delle relazioni commerciali proficue per entrambe le parti sia con i nuovi colossi economici sia con le nazioni asiatiche più piccole.» Jagdish Bhagwati

Madre e figlia in attesa al terminal 3 dell’aeroporto internazionale di Pechino.


Š Stephen Wilkes, Gallerystock


Global Change – un megatrend con impatto sul portafoglio. Christophe Bernard Chief Strategist del Gruppo Vontobel

lavoro, ma ciò non basta a compensare la sfavorevole strut­ tura dell’età dei paesi industrializzati.

In tempi di bassi tassi di interesse, alta volatilità e forti correlazioni tra le varie asset class è essenziale capire a fondo le forze trainanti del cambiamento globale. Un portafoglio capace di trarre vantaggio dai trend mondiali è la premessa indispensabile per ottenere rendimenti positivi e stabili.

Questa tendenza demografica eserciterà crescenti pressioni sugli istituti di previdenza, che sono stati fondati in tempi in cui i fattori come la speranza di vita e i costi associati all’età erano fondamentalmente diversi. Sebbene alcuni paesi abbiano iniziato a modificare i loro sistemi pensionistici dopo la crisi del 2008, si impongono altre misure dolorose – un compito difficile per le democrazie, dove i cicli elettorali non coincidono con i tempi necessari per attuare tali riforme.

È naturale pensare con nostalgia agli anni d’oro, dal 1982 al 2007, quando i rendimenti dei mercati azionari, obbli­ gazionari e immobiliari superavano nettamente il saggio di inflazione. Questa fase, contrassegnata dalla globalizzazione, da stabilità economica, dal crescente affermarsi del capita­ lismo e da utili societari a livelli record, ha subito un repen­ tino arresto nel 2008. I fattori che avevano innescato quel megatrend non si sono dimostrati sostenibili. Uno degli aspetti più lampanti del boom durato 25 anni era la stabilità economica. Visto che la globalizzazione aveva un effetto antinflattivo, le banche centrali potevano stimo­ lare l’economia senza preoccuparsi della lotta all’inflazione. Quando nel 2000 è scoppiata la bolla di internet, la Banca centrale americana ha abbassato i suoi tassi guida per sven­ tare il pericolo di una recessione più grave. Oltre a gettare le basi per una bolla dei mercati immobiliari e creditizi, questa manovra ha provocato una spirale di indebitamento, che ha appiattito il ciclo economico accelerando la crescita in modo artificiale. Per questo motivo, dal 1982 al 2007 gli Stati Uniti hanno conosciuto solo 16 mesi di recessione, che corri­ spondono a circa il 5 percento dell’intero periodo contro il 35 percento raggiunto tra il 1854 e il 1982. L’impatto sfavorevole della demografia La domanda di investimenti dipende in larga misura dal rapporto tra popolazione attiva e non attiva. Nelle nazioni industrializzate la percentuale della generazione attiva è in costante calo rispetto alla quota dei pensionati: in Giappone dal 1990, in Europa e negli USA dal 2010 e in Cina – secondo le stime – dal 2015. Nella maggior parte dei paesi emergenti sempre più giovani si riversano sul mercato del

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Vontobel Ritratto 2012

Interessi zero sui mercati monetari Le nazioni industrializzate hanno gonfiato il loro indebita­ mento fino ai limiti del tollerabile – e in certi casi anche oltre. Non sono quindi più in grado di aumentare la spesa pubblica per frenare la regressione economica. Le banche centrali degli USA, Regno Unito, Giappone e Unione Europea hanno contribuito ad attenuare le conseguenze della crisi del 2008, abbassando i tassi di interesse fino ad avvicinarli allo zero. Quando anche questa misura si è rivelata insufficiente, han­ no fatto ricorso a manovre monetarie meno convenzionali, come il «quantitative easing» od operazioni di rifinanziamen­ to a lungo termine a favore delle banche. In questo modo hanno però praticamente esaurito le loro possibilità di reagire a shock esterni come un’improvvisa impennata del prezzo del petrolio. Le analisi degli scenari e la composizione del portafoglio devono tenere in debito conto il ciclo economico e integrare nelle loro considerazioni una maggiore volatilità e scadenze più brevi. Le strategie «buy and hold» non hanno più grandi chance di successo. Quanto valgono ormai i risparmi se gli interessi a breve tendono verso lo zero? Qual è l’attrattiva dei titoli di Stato a lungo termine, con un rendimento inferiore al 2%, quando l’inflazione raggiunge o addirittura supera il 2% e le banche centrali conducono una politica che potrebbe spingere ancora più al rialzo il livello dei prezzi? La situazione attuale è una minaccia per la conservazione del capitale. Pensare addirittura a un incremento reale del patrimonio è pratica­ mente fuori questione.


«È naturale pensare con nostalgia agli anni d’oro.» Il dinamismo economico si sta spostando verso l’Asia, la locomotiva che «traina» due terzi dell’economia mondiale. La cre­ scita demografica e l’aumento del tenore di vita provocano un maggiore consumo di materie prime a fronte di un’offerta limitata. Captare questi trend è il presup­ posto per generare rendimenti patri­ moniali positivi. Ma non basta: occorre anche individuare gli attori economici che potranno beneficiare del rialzo dei prezzi delle materie prime. Non devono essere necessariamente le imprese minerarie, ma potrebbero essere per esempio i produttori di attrezzature di estrazione o i paesi che modificano i loro sistemi fiscali in modo da attrarre i guadagni ottenuti con le materie prime. La nostra filosofia Quale banca privata indipendente e attiva su scala mondiale, Vontobel attri­ buisce grande importanza all’autonomia di pensiero e azione. La nostra «mission» è ben precisa: aiutare i clienti privati o istituzionali a raggiungere i loro obiettivi. Facciamo leva sul nostro know­how per individuare trend promettenti e integrarli nei portafogli dei nostri clienti. Siamo convinti che le grandi sfide attuali non possono essere af­ frontate con un mix di prodotti classico o una composizione di portafoglio di vecchio stampo. <

Christophe Bernard è Chief Strategist del Gruppo Vontobel. Come pre­ sidente dell’Investment Committee è responsabile della strategia di investimento della banca. Christophe Bernard vanta un’esperienza ventennale nel settore degli investimenti, avendo ricoperto tra l’altro la carica Chief Investment Officer presso Union Bancaire Privée a Ginevra e Deutsche Asset Management a Francoforte.

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Alimenti per tutti – la grande sfida. Nina Buchmann dirige il centro di competenza Sistema di alimentazione mondiale del Politecnico di Zurigo ed è professore di Grassland Sciences all’Istituto di agraria. Prima della nomina a Zurigo, era a capo di un gruppo di ricerca di biogeochimica all’Istituto Max Planck di Jena.

Prof. Nina Buc hmann Cambiamento globale, alimentazione mondiale, sicu­ rezza alimentare. Sono tre concetti che affiorano sempre più spesso nei media, ma che vale la pena approfondire per in­ dividuare correlazioni meno palesi. Tre elementi del cambia­ mento globale – le mutazioni climatiche antropogeniche, le trasformazioni nell’uso del suolo e la perdita di diversità biologica – hanno infatti un influsso diretto sulla produzione agricola e quindi anche sull’alimentazione mondiale. Effetti dei tre elementi Le mutazioni climatiche antropogeniche, risultanti cioè all’attività dell’uomo, si manifestano con un innalzamento della temperatura media della terra, una trasformazione dei modelli di precipitazione e una maggiore frequenza di eventi meteorologici estremi, come siccità, fenomeni piovosi violenti o inondazioni. Questi fattori riducono la crescita delle piante, favoriscono la diffusione di parassiti e di agenti patogeni e devastano i raccolti. Il cambiamento dell’uso del suolo interviene ancora più a monte, cioè sul terreno dispo­ nibile per l’agricoltura. L’attuale tendenza all’urbanizzazione, strettamente collegata alla crescita demografica, richiede un continuo incremento delle superfici coltivate e/o una mag­ giore produttività dei terreni già sfruttati e spesso degradati. Si tratta di due grandi sfide per l’agricoltura. Negli ultimi anni, a questa difficoltà si è aggiunta una nuova concorrenza nell’uso del suolo: è preferibile coltivare piante per la produ­ zione alimentare oppure per la generazione di energia? Al contempo si osserva un’allarmante perdita di diversità biologica. La biodiversità è infatti la pietra angolare di tutta una serie di prestazioni fornite dai nostri ecosistemi. Alcune

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Vontobel Ritratto 2012

di queste prestazioni ecologiche sono già oggi oggetto di scambi, per esempio i prodotti agricoli o il legname. In altri settori, il valore della biodiversità si manifesterà invece più in là nel tempo, ad esempio come base per i prodotti medici e farmaceutici. Non ci accorgiamo invece di altri preziosi con­ tributi offerti dai nostri ecosistemi: il riciclo degli elementi nutritivi da parte degli organismi del suolo, la protezione contro le inondazioni, le valanghe e i parassiti. Tutte queste funzioni, spesso ignorate dall’opinione pubblica, sono indispensabili per la produzione alimentare. Non percepia­ mo la loro importanza perché le ripercussioni globali della perdita di biodiversità e delle prestazioni a essa legate sono difficili da quantificare in termini monetari. Quindici anni fa si sono effettuate le prime proiezioni e si è calcolato – anche se con un grande margine di incertezza – che il contributo dell’ecosistema corrisponde a un multiplo del prodotto na­ zionale lordo! Nel campo dell’alimentazione mondiale ci preoccupa anche un altro trend: gran parte della nostra dieta si basa sempre più su poche varietà vegetali, come mais, riso e frumento. Si tratta ovviamente di una tendenza sbagliata, perché non sfrutta l’intero potenziale della diversità biologica. Tutti e tre gli elementi del cambiamento globale sono strettamente interconnessi. Finora la perdita di biodiversità era imputabile essenzialmente a un diverso uso del suolo e non ai mutamenti climatici. Ora, sempre più studi scientifici affermano che il principale fattore di perdita di varietà è pro­ prio il clima. Poiché gli organismi non riescono ad adattarsi abbastanza in fretta alle nuove condizioni, i due elementi «uso del suolo» e «mutamenti climatici» si rafforzano a vicenda.


«Un

50 percento

in più di produzione alimentare

© p. 25/26: Gian­Marco Castelberg, 13photo

eppure

non basta.» Nina Buchmann

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© Richard Hamilton Smith, Gallerystock

Ripresa aerea di una raccolta di grano a Jamestown, North Dakota, USA.

«È preferibile coltivare piante per la produzione alimentare o per quella energetica?»

Nina Buchmann

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Vontobel Ritratto 2012


I quattro pilastri della sicurezza alimentare Ci si pone pertanto una questione pressante, ossia come intendiamo in futuro garantire abbastanza cibo per una popolazione mondiale in crescita, con nuove abitudini di consumo e condizioni ambientali in mutamento? La sfida è enorme: entro il 2050 la produzione alimentare deve aumen­ tare del 50 percento per tenere il passo con la crescita de­ mografica prevista a livello mondiale. Per capire meglio l’entità del problema è opportuno esaminare più da vicino i quattro pilastri della sicurezza alimentare. Il primo pilastro riguarda la disponibilità del cibo, ossia tutto ciò che viene prodotto dall’agricoltura o trasfor­ mato dall’industria alimentare. Il secondo pilastro descrive l’accesso dell’uomo agli alimenti e comprende quindi il trasporto e la distribuzione. Il terzo pilastro rappresenta la possibilità effettiva dell’uomo di utilizzare il cibo disponibile, senza ammalarsi o esserne impedito dalle condizioni igie­ niche vigenti. Il quarto pilastro è quello della stabilità, ossia la costante disponibilità di alimenti, nonostante la grande variabilità dei fattori ambientali, politici ed economici. Questi quattro pilastri sono interconnessi e influenzati dagli elementi del cambiamento globale descritti in precedenza. Ciò rende più difficile applicare le misure volte a garantire la sicurezza alimentare, anche astraendo da tutti gli aspetti della distribu­ zione delle derrate alimentari e del governo politico.

Le sfide per l’umanità In un’ottica scientifica è necessario puntare su un’intensificazione sostenibile. In questo nostro intento dobbiamo trarre insegnamento dal passato e utilizzare le risorse in modo efficiente. In altri termini, dobbiamo evitare il degrado delle terre e sfruttare la vasta panoplia di metodi e strumenti di cui già oggi disponiamo. Dobbiamo inoltre sviluppare soluzioni interdisciplinari e considerare i siste­ mi di produzione agricola come sistemi integrali al fine di ottimizzare contemporaneamente diverse risorse. Dovremo però anche lavorare in modo molto più mirato dal punto di vista geografico, per sviluppare i metodi colturali più adatti alle diverse regioni. Ad esempio dovremmo rendere più efficiente l’impiego dell’acqua o aumentare sul lungo periodo la fertilità del suolo. Sarà opportuno trovare nuove piste e sfruttare i vantaggi funzionali della biodiversità per una produzione intensiva e sostenibile. Tutte queste misure sono urgenti, poiché in futuro il know­how tradizionale non sarà più sufficiente per reagire in modo adeguato alle grandi trasformazioni ambientali. Dovremo infine coinvolgere tutti gli stakeholder, dai piccoli contadini fino alla moderna agro­ industria. Di fronte alle grandi sfide che ci attendono, ogni contributo è prezioso. <

Il tempo stringe Una delle principali soluzioni o misure possibili è l’impiego sostenibile delle risorse naturali, come il suolo, l’acqua, la biodiversità e l’energia, ma anche un basso consu­ mo di risorse nella produzione e lavorazione degli alimenti. Oggi dobbiamo interrogarci su come vogliamo impostare in futuro la produzione agricola, dove deve essere collocata e quale ruolo può o deve assumere la lavorazione industriale, per esempio attraverso gli alimenti fortificati (fortified food) o personalizzati (personalized food), al fine di migliorare ulteriormente la qualità del cibo o di tener conto dei problemi sanitari. Questi interrogativi devono essere affrontati per tempo. La selezione di piante alimentari resistenti alla siccità – tanto per citare un esempio – richiede diversi anni, se non de­ cenni. Lo stesso vale per la diffusione di tecniche agrono­ miche intelligenti. Per il recupero delle terre degradate, che presentano una bassa fertilità e/o un’insufficiente capacità di ritenzione idrica, ci vogliono decenni o addirittura secoli. Siamo pertanto chiamati a intervenire oggi, per essere pronti domani. In questo contesto, non dobbiamo però di­ menticare gli aspetti politici e socio­economici. Per garantire un’equa distribuzione delle derrate alimentari è indispensabi­ le disporre di strutture e condizioni politiche ed economiche adeguate. Gli stati deboli o fragili sono raramente in grado di sostenere le soluzioni, ma talvolta sono abbastanza forti per impedirne l’attuazione.

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ÂŤEntro il 2050 la produzione alimentare deve aumentare del 50 percento per tenere il passo con la crescita demografica prevista a livello mondiale.Âť Nina Buchmann

Lavoratrici in una risaia, Akhori, Unnao, India.


Cina, il più grande produttore di riso La produzione mondiale di riso ammonta a 456 milioni di tonnellate; la Cina ne produce il 29,9%.

Cin a

.t

1

M

on

do

,6 mln. t 36

45 6 m ln

Fonte: The Economist, 2009/2012

29,9% I tre maggiori produttori agricoli in mrd. USD Fonte: The Economist, 2009/2012

USA

165

India

Cina

211

516

Sempre meno superfici agricole Le superfici pro capite sfruttabili per l’agricoltura (in ettari) diminuiscono in tutto il mondo. Fonte: FAO, 2011

1970: 0,38 ha 2000: 0,23 ha 2050: 0,15 ha

Entro il 2020 le seguenti percentuali di prodotti agricoli saranno utilizzate per biocombustibili: Fonte: OECD­FAO Agricultural Outlook, 2011

Cereali grezzi

Oli vegetali

Canna da zucchero

13%

15%

30%

© Panos Pictures, Sanjit Das

Combustibili estratti da prodotti agricoli


Proteggere il capitale, controllare i rischi e sfruttare le opportunità ... Christophe Grünig Responsabile del Wealth Management nel Private Banking Noi tutti siamo testimoni del nostro tempo e, come tali, ci accorgiamo che il cambiamento globale avanza a un ritmo sempre più sostenuto. Per i mercati finanziari ciò significa che, in futuro, investire sarà ancora più difficile di oggi. Come affrontiamo noi, gestori patrimo­ niali, queste profonde trasformazioni? Cosa significa Global Change per i nostri clienti e partner?

«Investire in modo intelligente significa sfruttare in modo mirato i potenziali di rendimento.»

Di fronte a questi grandi cambia­ menti attribuiamo la priorità assoluta a una buona gestione del rischio e un’efficace protezione del capitale. A questo scopo dobbiamo tuttavia indivi­ duare ed eliminare per tempo le fonti di rischio indesiderate. Investire in modo intelligente significa per noi sfruttare in modo mirato i poten­ ziali di rendimento esistenti sul mercato – tenendo sempre conto del rischio calcolato e controllato. Per bilanciare le oscillazioni del valore bisogna inoltre ripartire gli investimenti tra diverse classi di attività. La seconda priorità consiste secondo noi nel riconoscere e sfruttare tempestivamente le vere chance che i processi di cambiamento epocale offrono agli investitori. Un esem­ pio è lo spostamento del centro di gravitazione economico dall’Ovest all’Est. I nostri specialisti analizzano attentamente anche le trasformazioni che hanno un notevole impatto sui futuri investimenti patrimoniali: per esempio le mutazioni demografiche con le loro implicazioni sociali, i cicli tecnologici e innovativi, il cambiamento climatico e la carenza di risorse.

Christophe Grünig dirige l’unità Wealth Management presso il Gruppo Vontobel ed è membro del Comitato d’investimento. In precedenza ricopriva la carica di CIO presso la società specializzata in investimenti alternativi Harcourt Investment Consulting AG.

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I nostri clienti possono contare sulla nostra gestione patrimoniale: ogni giorno analizziamo i suddetti sviluppi e ap­ portiamo i necessari adeguamenti per cogliere le opportunità che ne scaturiscono. Il nostro sommo obiettivo è di sfruttare i potenziali di rendimento per i valori patrimoniali che ci ven­ gono affidati. <


... perché il cambiamento globale avviene anche nel portafoglio. Daniel Bruderer Responsabile del Product Sales Global Change Investing nell’Asset Management Come cogliere le opportunità di rendimento derivanti dai cambiamenti globali? Semplice: costruendo un por­ tafoglio con imprese dotate di promet­ tenti business model e operanti secondo principi sostenibili. La crescita demografica mondiale, accompagnata da un aumento del reddi­ to pro capite, fa lievitare la domanda di beni di consumo e servizi. All’aumento della domanda fa però riscontro una scarsa offerta di risorse. Oltre a cercare approcci e tecnologie innovative per risolvere questo squilibrio, l’obiettivo di oggi è attenuare a lungo termine l’impatto negativo dell’attività umana sull’ambiente. Questo principio è sempre più riconosciuto anche dagli Stati e dagli ambienti economici.

«Puntiamo su imprese di qualità con standard elevati.»

Il settore Global Change Investing all’interno dell’Asset Management del Gruppo Vontobel opera secondo due idee fondamentali: nei temi strategici – Clean Tech, New Power e Future Resources – ci concentriamo sulle imprese che contribuiscono a sostituire i combustibili fossili come fonte energetica primaria, sviluppano nuove tecnologie ambientali o estraggono le risorse con maggiore efficienza. Nelle nostre strategie sostenibili a indirizzo regionale, come per esempio International Equity, Swiss Equity o Emerging Markets Equity – quest’ultima è una delle poche strategie che permette di investire in paesi emergenti nel rispetto dei principi sostenibili – puntiamo su imprese di qualità che presentano un grande potenziale di guadagno e di rialzo dell’azione, e allo stesso tempo soddisfano elevati standard nel campo dell’ambiente, della responsabilità sociale e della governance. Il processo di selezione si basa sulla nostra valutazione di sostenibilità, che in Bank Vontobel è equiparata all’analisi finanziaria. <

Daniel Bruderer dirige presso Vontobel l’unità Product Sales Global Change Investing. Da diversi anni si occupa di investi­ menti finanziari sostenibili, in passato anche presso un’impresa svizzera pioniere nei sustainable investments.

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Il mondo che cambia.

© Getty Images

Che aspetto avrà il pianeta blu tra cinquant’anni? Sempre più persone devono spartirsi quantità limitate di risorse. La speranza di vita sale. Anche il consumo di energia è in continuo aumento. Si osserva un crescente ricorso a fonti energetiche fossili, e in particolare al carbone – con conseguenze nefaste per il clima. Cifre e pronostici sul mondo di domani.

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Popolazione mondiale 2000–2050 (in milioni) La popolazione mondiale salirà dagli attuali sette miliardi a circa nove miliardi nel 2050. La maggiore crescita si registrerà in Africa. Le Nazioni Unite prevedono che nel 2100 la terra conterà 10,1 miliardi di abitanti. Nel 2100 circa un quarto della popolazione mondiale avrà più di 65 anni. Fonte: United Nations, World Population Prospects, 2011

Asia

3719

2000

5142

2050

Africa

811

2000

Europa

Ricchezza mondiale in miliardi di USD

2192

2050

727 719

2000 2050

Quota dei paesi emergenti

America Latina 2000 521

Fonte: McKinsey Global

751

2050

Institute, 2011

America del Nord 2000 313 2050 447

2020 20 1 0

371 bilioni

198 bilioni 30%

21%

Un bilione: 1 000 000 000 000 + 4,0 ºC

Riscaldamento della terra fino al 2090 (in °C)

con consumo di fonti energetiche fossili

Anche se il consumo di energia dovesse restare costante ai livelli del 2000, la terra si ri­ scalderebbe entro il 2090 di circa lo 0,6 °C. Più probabile è un riscaldamento di 2 °C.

+ 2,4 ºC con consumo di fonti energetiche non fossili

Fonte: IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change), 2007

+ 0,6 ºC con emissioni immutate rispetto al 2000

Consumo mondiale di energia 2000–2050 in exajoule 1 exajoule = 1 trilione di joule = 1 000 000 000 000 000 000 di joule

17 6

14 00

20

20

108

10

30

36

204

9

17

60

50 20 40 20

27

2000 97

2010 144

10

44 2000

020

48 20

59 2

0 30

04

20

92

31

34

2050 43

62

2020 199 20 0 20 0 28 10

20 20 0 36 203 38 2040

10

1

0 14

205

18 9 2 203 2 2 020 0 0 0 20 10

62 2040 26 2030 0 2 20210 0 0 2 000 02

0

18

20

00

05

6

0

2 20

01

94 2050

13 12

7

4

2020 133

2030 1 3

2040 124 205 0

2000 8

8

Gas Petrolio Carbone Nucleare Biomassa Solare Eolica

2010 110

Fonte: Shell, 2008

2030 2

10 2040

246

2050

263

1950

2000

2050

Cina 555 India 358 USA 158 Russia 103 Giappone 84

Cina 1275 India 1017 USA 285 Indonesia 212 Brasile 172

India 1531 Cina 1395 USA 409 Pakistan 349 Indonesia 294

I cinque paesi più popolosi del mondo 1950 –2050 (in milioni) Fonte: United Nations, 2010

Vontobel Ritratto 2012

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Centrali marine – l’energia che viene dalle onde. Le onde marine sono in perpetuo movimento. Da secoli, l’essere umano è affascinato dal ripetersi di questo spettacolo naturale. Solo oggi, però, inizia a sfruttare il moto ondoso per produrre energia elettrica. Le prime centrali sono già in funzione e producono energia rinnovabile.

Già dal 1967 la centrale francese La Rance produce energia elettrica sfruttando l’alternarsi di bassa e alta marea. Le centrali di questo tipo fun­ zionano però con dighe che sbarrano intere baie ed estuari, con un grosso impatto sull’ecosistema. Un’alternativa migliore sono gli impianti che utiliz­ zano le correnti marine. Con le loro enormi pale assomigliano a mulini a vento sottomarini.

Esistono vari sistemi innovativi per generare energia dalle onde, ma tutti sono accomunati dalla stessa sfida: il trasporto dell’energia. Il luogo di produzione e quello di consumo sono molto distanti. Per rendere più efficiente il trasporto dell’energia fino alla terraferma si cerca pertanto di abbinarli a impianti eolici offshore. Un mare di energia Lo sfruttamento dell’energia mari­ na è ancora agli albori, il suo poten­ ziale è però notevole: il Consiglio mon­ diale dell’energia prevede che in futuro l’energia marina potrà coprire fino al 15 percento del fabbisogno globale di corrente elettrica. Secondo il Consiglio mondiale del clima, questa percen­ tuale potrebbe arrivare addirittura al 30 percento. < voithhydro.com, pelamiswave.com, minesto.com

© Voith Hydro

La tecnologia usata a Mutriku è chiamata «colonna d’acqua oscillante»,

ma non è l’unico modo per generare energia elettrica con la forza del mare. C’è anche Pelamis, un «serpente» marino di 1300 tonnellate, lungo circa 180 metri, che attraverso un sistema idraulico trasmette il moto ondoso a dei generatori. Un altro dispositivo, per il momento ancora un prototipo, è l’aquilone sottomarino dell’impresa svedese Minesto, che capta l’energia delle onde con lunghe funi rotanti sott’acqua.

La centrale di Limput, sull’isola scozzese Islay, sfrutta il moto ondoso per produrre energia.

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Vontobel Ritratto 2012

© Voith Hydro

Le onde si infrangono con impe­ tuosa forza contro gli scogli o si ergono maestose nell’immensità dell’oceano. La forza e la furia del mare hanno sempre impressionato gli essere umani. Il perpetuo alternarsi di creste e flut­ ti ha ispirato gli esperti a sfruttare il moto ondoso per generare energia. Le prime centrali hanno già iniziato la produzione, registrando anche un successo commerciale. Una di queste centrali per lo sfruttamento dell’energia delle onde si trova nella località basca di Mutriku ed è stata allacciata alla rete nel luglio 2011. Questo im­ pianto capta le onde che si infrangono davanti alla costa, azionando così 16 turbine. In questo modo la centrale produce 660 000 kW­h all’anno e rifornisce di corrente elettrica circa 250 famiglie.

Come l’impianto di Mutriku in Spagna, anche quello britannico di Limpet funziona con il sistema della colonna d’acqua oscillante.


© pelamiswave.com © pelamiswave.com

© minesto.com

© Voith Hydro

Voith Hydro costruisce centrali mareomotrici sottomarine, che assomigliano a mulini a vento.

Così l’impresa danese Minesto si immagina lo sfruttamento dell’energia oceanica.

Pelamis Wave Power di Edimburgo produce centrali che sfruttano il moto ondoso. Uno di questi im­ pianti produce energia rinnovabile a largo dell’isola di Orkney (foto in alto e in basso a destra).

Vontobel Ritratto 2012

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I prodotti strutturati fanno leva sul cambiamento globale. Georg von Wattenwyl Responsabile Financial Products, Advisory & Distribution nell’Investment Banking Cambiamento climatico, penuria di risorse, Corporate Governance: tutte tematiche che vedono impegnata Bank Vontobel nella ricerca di soluzioni sostenibili anche nel settore dei prodotti strutturati. Questi strumenti consentono infatti investimenti ad ampia diversificazione in un paniere di imprese particolarmente performanti nel loro campo. L’investitore sceglie la valuta nella quale desidera operare. Leader nel settore dei prodotti tematici, Vontobel sa reperire per i suoi clienti trend innovativi e soluzioni di investimen­ to convincenti. I prodotti strutturati sono strumenti che possono essere impiegati in modo ottimale negli investimenti tematici sostenibili. Agli investitori privati, i prodotti strutturati offrono il vantaggio di un’elevata flessibilità e rapidi tempi di introdu­ zione sul mercato – indipendentemente che siano utilizzati in sostituzione di azioni, obbligazioni o altre classi di attività. Agli investitori professionali e gestori patrimoniali, Vontobel mette a disposizione la piattaforma di negoziazione elettro­ nica deritrade® che consente al consulente di comporre un prodotto strutturato per il suo cliente. I partner aderenti al sistema possono così scegliere su un universo investibile di oltre 700 strumenti sottostanti e una moltitudine di valute. L’ampia gamma di prodotti è completata da un mercato secondario ben funzionante e da un’elevata solidità, aspetto determinante nel campo dei prodotti strutturati. Oltre a una gamma di prodotti eccellenti, Vontobel si distingue per la sua grande forza innovativa e un servizio di prim’ordine. Il nostro team internazionale, composto di oltre 70 specialisti di comprovata esperienza, si impegna – in tem­ pi favorevoli come in quelli avversi – a difendere e rafforzare la nostra posizione di leader. <

Georg von Wattenwyl dirige il settore Financial Products, Advisory & Distribution nell’Investment Banking di Vontobel. Da 12 anni consiglia clienti e partner nelle questioni relative ai prodotti strutturati.

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Vontobel Ritratto 2012

«Ci distinguiamo per la gamma di prodotti innovativi e la nostra grande stabilità.»


Non andiamo solo a caccia di buone occasioni. Rajiv Jain Responsabile azioni internazionali Value La crisi del debito di molti Stati è solo il sintomo di pro­ blemi strutturali più profondi. Per riportare queste economie sulla via dello sviluppo sostenibile, bisogna prendere decisioni politiche dolorose. In questi periodi di incertezza, gli investi­ tori dovrebbero puntare su azioni di prim’ordine. Ma trovarle non è facile: è come cercare un ago nel pagliaio. Il cosiddetto approccio «Value», una specialità del Gruppo Vontobel, può essere sintetizzato come segue: «High­ Quality Growth at a Sensible Price». Dire però che andiamo solo a caccia di buone occasioni sarebbe troppo limitati­ vo. Cerchiamo piuttosto, in modo mirato, quei titoli che si distinguono per una costante forza reddituale durante un intero ciclo congiunturale. In particolare ci focalizziamo su un elevato rapporto rendimento/capitale proprio e su un basso indebitamento. A differenza di molti investitori che fondano le loro decisioni di acquisto su valutazioni a breve termine e che guardano solo al rapporto prezzo/utile, noi riteniamo che i mercati spesso sottovalutano un fattore importante: la costanza della crescita. Sono invece proprio queste opportu­ nità di investimento che bisogna individuare e realizzare. Altre occasioni di acquisto derivano dalle correzioni del mercato, come quella che stiamo vivendo attualmente.

«Il Brasile è un mercato fenomenale, ancora più promettente di quello asiatico.»

Alcuni investitori si lasciano abbagliare dalla volatilità dei mercati e non vedono i gioielli di investimento che essi celano. Molti non sanno, per esempio, che negli ultimi cinque anni l’indice azionario messicano è salito in media del 10 per­ cento all’anno, a fronte di un aumento del PIL del 2 percento. Le aziende che beneficiano dell’ininterrotta domanda dei paesi emergenti hanno ottime prospettive di crescita sul lun­ go termine. A titolo di esempio possiamo citare il Brasile che negli ultimi 20–30 anni ha messo a segno un’espansione costante. Anche l’India offre interessanti prospettive, tra l’altro grazie al suo incredibile mercato interno. Il mio obiettivo è di andare a scovare proprio questi gioielli nascosti. <

Rajiv Jain è responsabile della ricerca e della composizione di portafogli azionari globali presso la sede Vontobel di New York. Rajiv Jain lavora per l’Asset Management di Vontobel dal 1994. Ha studiato economia in India e negli USA.

Vontobel Ritratto 2012

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«Vertical Farming» – i cereali venuti dai grattacieli.

© Soa Architectes

La popolazione mondiale continua a crescere: dagli attuali sette miliardi passerà a nove miliardi nel 2050. Come nutrire tutte queste persone? Una possibile soluzione sono le fattorie verticali. La produzione di cereali e verdura si sposta dalla campagna alla città, dal basso all’alto.

La Tour Vivante, un progetto dello studio parigino Soa Architectes. Agricoltura sostenibile nella torre e impianti eolici sul tetto.

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Vontobel Ritratto 2012


© Soa Architectes

© Getty Images

Trenta grandi serre, collocate una sopra l’altra, come un grattacielo, nel bel mezzo della città e capaci di produrre quanto basta per nutrire oltre 50 000 persone: il tutto secondo criteri ecologici, senza fertilizzanti e pesticidi, con un circuito chiuso di acqua, terra e piante. Questa è la visione del Verti­ cal Farming. Il professor Dickson Despommier ha sviluppato il modello insieme ai suoi studenti della Columbia University di New York. Il punto di partenza: la popolazione mon­ diale raggiungerà nel 2050 nove miliardi di persone. Per nutrirli tutti, l’agricoltura avrà bisogno – a parità di produttività – di super­ fici aggiuntive corrispondenti alla metà del Sudamerica. Ma dove trovarle? Vertical Farming dà una risposta ecologi­ ca a questo dilemma. L’idea non è comple­ tamente nuova, perché è stata già realizzata in altre forme. Gli indios del Sudamerica e i risicoltori dell’Asia meridionale applicavano un principio simile con i loro terrazzamenti. I vantaggi del Vertical Farming sono evidenti.

La produzione agricola nei centri urbani rende superflue le lunghe vie di trasporto. La coltivazione in grattacieli­serra permet­ te un’agricoltura ecologica, al riparo dagli influssi meteorologici e capace di produrre lungo tutto l’arco dell’anno. Le fattorie verticali esistono finora solo come modelli o prototipi. Una delle principali difficoltà è come sostituire la luce del sole. L’uso di diodi luminosi aumenta infatti in misura notevole il consumo di energia elet­ trica, deteriorando notevolmente il bilancio energetico del Vertical Farming. Realizzazione in Olanda Finora esistono alcuni esempi modifi­ cati di Vertical Farming. Per esempio nella città sudcoreana di Suwon o nei Paesi Bassi, dove sono stati lanciati diversi progetti. La società PlantLab ha realizzato a Den Bosch una struttura sotterranea a tre piani, dove si coltivano piante di ogni tipo, dalle rose alle fragole, dai fagioli ai cetrioli e al mais. Il sistema funziona senza luce diurna, ma ha una resa di tre volte superiore a una serra tradizionale.

Nei grattacieli­serra si coltivano, oltre all’insalata, anche fragole e pomodori.

© Oliver Foster

© Soa Architectes

Il Vertical Farming non ha ancora ot­ tenuto successo commerciale, ma risveglia grande interesse. Per esempio negli Emirati Arabi Uniti, in Cina, India e anche negli USA, in Canada e in Gran Bretagna, dove proliferano nuove idee e progetti. < verticalfarm.com, soa­architectes.fr, odesign.com.au

Vertical Farming nel progetto del designer australiano Oliver Foster.

Verde nelle serre, verde negli uffici. Paesaggi urbani verdi di notte. Vontobel Ritratto 2012

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Sabine Döbeli è responsabile della Sostenibilità nel Gruppo Vontobel dal 2006. Ha studiato scienze ambientali al Politecnico di Zurigo, è vicepresidente del Forum Nachhaltige Geldanlagen e consigliere della Fondazione svizzera per il clima.

Sostenibilità significa assumere attivamente la responsabilità. Sabine Döbeli Responsabile Sostenibilità nel Gruppo Vontobel Quando i mercati sono in subbuglio e si dibatte sulla giustizia fiscale e il rischio delle banche per l’economia, la sostenibilità non è certo il concetto che associamo per primo agli istituti finanziari. Eppure, proprio queste tematiche mostrano quanto sia importante per una banca dotarsi di una strategia sostenibile per rimanere un partner credibile sul lungo termine. Molte banche se ne sono rese conto da tem­ po. Nel settore degli investimenti, il successo dei «Principles for Responsible Investment», un’iniziativa lanciata dall’ONU e da alcuni investitori per una maggiore responsabilità nell’attività di investimento, dimostra che diverse istituzioni hanno già affrontato di petto la questione della sostenibilità. Oltre 900 aziende, che gestiscono complessivamente 30 bilioni di dollari USA, hanno sottoscritto questa iniziativa e si sono impegnate a integrare i principi della sostenibilità nei loro processi di investimento. Anche Vontobel fa parte dei firmatari e l’anno scorso ha compiuto importanti passi verso il raggiungimento degli obiettivi prefissati. I progressi compiuti da Vontobel nel 2011 Le nostre attività si sono concentrate sull’integrazione dei diversi elementi della sostenibilità nell’analisi finanziaria dell’Asset Management. Gli analisti finanziari hanno così ela­ borato, assieme agli specialisti di sostenibilità, dei documenti settoriali che indicano le opportunità e i rischi nel campo della sostenibilità, fissano criteri minimi settoriali, definiscono come affrontare temi critici e formulano i quesiti da porre alle aziende. Nel settore farmaceutico si esamina per esempio se la compagnia conduce gli studi clinici internamente oppure li affida a imprese esterne. Se l’azienda ricorre all’outsourcing, deve assicurarsi che gli studi siano realizzati con accuratezza e in base agli standard etici. In caso contrario, vi è il rischio di non ottenere l’autorizzazione di un farmaco e di perdere così

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Vontobel Ritratto 2012

ingenti somme. Si verifica inoltre se un’azienda segue diret­ tive e processi chiari per evitare un marketing ingannevole. In passato si sono infatti registrati diversi casi di mancata dichiarazione di effetti collaterali di un farmaco, sanzionati da pesanti multe. Grazie all’analisi di questi elementi, si può meglio valutare la gestione dell’azienda e i rischi del suo business model. Esercitando attivamente il diritto di voto per tutti i fondi della boutique Global Change Investing, l’anno scorso Vontobel ha raggiunto un nuovo importante traguardo. Que­ sta strategia si fonda sulla politica di voto e impegno responsa­ bile, che Vontobel ha concordato con Hermes EOS (HEOS), uno degli operatori leader del settore. Il diritto di voto per questi fondi viene esercitato in modo da promuovere attiva­ mente una buona Corporate Governance dell’azienda e un business model sostenibile. Su incarico di Vontobel (e altri in­ vestitori), HEOS conduce un dialogo attivo con le aziende su determinati rischi. Ancor più dell’esercizio del diritto di voto, questo impegno motiva le aziende a prendere meglio in considerazione gli aspetti della sostenibilità. Il partner HEOS si è per esempio recato dal management di una compagnia petrolifera americana e ha discusso con molta franchezza le misure di sicurezza in caso di incidenti e il sistema di risk management. HEOS ha poi avanzato delle proposte di mi­ glioramento dei sistemi e illustrato come creare una cultura aziendale in cui il collaboratore assume maggiore responsabi­ lità a livello di sicurezza. Per Vontobel queste misure, tese ad adottare una po­ litica di lungo respiro e a effettuare un’analisi approfondita dei rischi e delle opportunità nella gestione patrimoniale, sono il fulcro del suo impegno per la sostenibilità. Inoltre Vontobel si adopera per ridurre continuamente l’impatto ambientale dell’attività bancaria. I centri di calcolo sono i più voraci di energia nel settore finanziario. Ciò ha spinto


Vontobel a realizzare diversi interventi architettonici nel più grande centro di calcolo del Gruppo per risparmiare energia nel raffreddamento dei calcolatori. Nell’edificio della sede di Zurigo si è effettuato un audit energetico già nel 2010. In base ai risultati, Vontobel ha potuto meglio regolare i diversi impianti e ridurre sensibilmente il consumo di energia. Iniziative nell’operatività quotidiana Un altro aspetto della sostenibilità è quello della respon­ sabilità sociale dell’azienda. Con l’introduzione del conge­ do di paternità, Vontobel permette di meglio conciliare la famiglia con il lavoro. Un’altra iniziativa in questo campo è la diffusione del part­time e la sua parziale estensione anche ai quadri direttivi. L’anno scorso, si sono inoltre concretizzate le direttive di acquisto sostenibile per tutti i gruppi merceolo­ gici e i servizi. Ciò consente di applicare la dimensione della sostenibilità anche al settore degli acquisti. I criteri impiegati spaziano dall’ecologicità dei prodotti agli standard di diritto del lavoro. L’impegno del Gruppo Vontobel in organizzazioni come il Sustainability Forum Zürich, la Fondazione per il cli­ ma o il Forum Nachhaltige Geldanlagen permette di promuo­ vere questo principio anche in altri settori economici. La gestione aziendale può dirsi sostenibile solo quando è visibile anche dall’esterno. È pertanto fondamentale disporre di un reporting trasparente. Per questo Vontobel ha intro­ dotto nel suo ultimo rapporto di gestione lo standard della «Global Reporting Initiative» per le sue iniziative sulla soste­ nibilità. Informazioni dettagliate su tutti i settori della soste­ nibilità sono disponibili sul sito web www.vontobel.com <

«Senza trasparenza non esiste sostenibilità.»

Promozione delle PMI grazie alla Fondazione per il clima Vontobel è uno dei membri fondatori della Fondazione per il clima, la quale promuove progetti per il miglioramen­ to dell’efficienza energetica e l’innovazione climatica nelle piccole e medie aziende. Grazie al sostegno della Fondazio­ ne, un mulino industriale ha per esempio adottato un nuovo sistema per produrre il vapore necessario alla fabbricazione di fiocchi di cereali: invece di ricorrere a un bruciatore a gas, il vapore viene prodotto attraverso la combustione dei rifiuti della lavorazione dei cereali e dei trucioli di legno. I rifiuti sono così trasformati in prezioso combustibile. Rispetto al passato, il mulino emette ora circa 650 tonnellate in meno di CO2 all’anno, abbattendo al contempo i costi per il gas e lo smaltimento dei rifiuti. Nuove prospettive grazie a uno scambio di ruoli L’anno scorso Vontobel ha lanciato il programma «Seiten­ wechsel»: i manager vanno a lavorare per una settimana in una mensa popolare, una clinica psichiatrica o un’impresa sociale per un cambio radicale di prospettiva. L’iniziativa consente di rendersi conto di altre realtà umane e aumentare le proprie competenze sociali.

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«Natur konkret» – alla riconquista dei pascoli alpini.

È paradossale: in Svizzera la popolazione aumenta, ma al contempo crescono anche le superfici inutilizzate. Negli ultimi decenni, numerosi pascoli alpini sono stati lasciati all’abbandono con un conseguente inselvatichimento e imbo­ schimento delle praterie. In Ticino, però, qualcuno si è lanciato alla loro riconquista. È Guido Leutenegger (53) con i suoi operatori del paesaggio a quattro zampe e le sue «azioni» chiamate Lotti, Petra o Laura.

Leutenegger. Per oltre sette mesi all’anno, le bestie pascolano nei prati magri e si nutrono di ciò che la natura offre: erba non fertilizzata, piante succulente, acqua di sorgente. Questi bovini dal manto rossastro, con il loro pelo arruffato e le maestose corna hanno un aspetto selvaggio e forse non del tutto rassi­ curante, ma sono animali molto affabili. I loro zoccoli divisi in due e il loro peso relativamente contenuto ne fanno degli ani­ mali ideali per i pascoli di montagna del sud della Svizzera.

Originario della Turgovia, Leutenegger è un uomo impo­ nente. Risponde con pazienza alle domande sul suo progetto di ripristino dei pascoli che ha lanciato nel 1997. Non avrebbe mai immaginato di diventare agricoltore, allevatore e proprie­ tario di 500 bovini di razza Highland scozzese, che pascolano su 25 alpi ticinesi, curano il paesaggio e forniscono carni pregiate. «Mi considero un imprenditore della natura», dichiara Guido Leutenegger. La natura è la sua passione. Cresciuto a Kreuzlingen, sulle rive del Lago di Costanza, dopo la formazio­ ne di insegnante elementare ha preferito abbandonare i banchi di scuola ed entrare all’Ufficio della pianificazione del territorio del Cantone di Turgovia. Qui scopre quanto sia importante curare il paesaggio, sfruttarlo in modo sostenibile e preservare un’elevata biodiversità.

Un investimento straordinario Oltre a difendere il principio di sostenibilità, Guido Leutenegger è un uomo dalle mille idee. Fin dalla sua crea­ zione, l’azienda offre ai suoi clienti un’eccezionale opportunità di investimento: la sottoscrizione di una «azione bovina». Il principio è semplice. L’investitore versa 2500 franchi e diventa comproprietario di una mucca con tanto di attestato. Il rendi­ mento gli viene pagato in natura, ossia con carne ecologica certificata. Per dieci anni ha diritto a carne pregiata per un corrispettivo di 350 franchi l’anno. Un’idea veramente inno­ vativa. Non a caso «l’investimento in mucche» suscita un vivo interesse: «Dopo la crisi finanziaria la domanda ha continuato ad aumentare, i clienti apprezzano l’investimento sostenibile e trasparente», afferma Leutenegger. Non solo: capita anche che un investitore venga a trovare la sua mucca sull’alpe per mostrarla ad amici e parenti.

L’Inventario Forestale Nazionale 2010 mostra che in Svizzera le superfici forestali sono aumentate di 600 chilometri quadri in una decina di anni. Ciò corrisponde quasi alla superficie dei Cantoni di Zugo, Appenzello Interno ed Esterno messi insieme. L’incremento dei terreni inutilizzati e improduttivi è particolar­ mente elevato nei cantoni di montagna. Gli arbusti e i boschi avanzano soprattutto nelle valli alpine. Anche in Ticino gli agricoltori e i comuni hanno abbandonato numerosi pascoli montani. Questa realtà ha ripercussioni sull’ambiente, poiché nel nostro paesaggio coltivato da secoli, la biodiversità non è maggiore dove la natura viene abbandonata a se stessa, ma là dove l’uomo plasma e cura il paesaggio. Con la sua azienda e il suo label «Natur konkret», Guido Leutenegger vuole favorire la diversità ecologica. Grazie ai suoi 500 bovini, è riuscito a recuperare fino a oggi 2500 ettari di pascoli montani e a ritrasformarli in paesaggi culturali aperti con un’elevata biodiversità. Le vacche Highland sono gli animali ideali per la tecnica colturale estensiva scelta da

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Vontobel Ritratto 2012

Oggi, l’azienda, con la sua mandria di 500 capi, ha rilascia­ to più di 300 azioni. Gli investitori di solito ordinano più carne di quanto concordato per l’azione. Sono numerosi anche i clienti che acquistano carne senza investire in «Natur konkret» e già 15 ristoranti hanno introdotto nel loro menu la carne ecolo­ gica degli alpeggi ticinesi. I clienti apprezzano l’alta qualità del prodotto, la certezza di conoscere la provenienza della carne, ma anche l’allevamento rispettoso della natura e degli animali. Anche se gran parte degli acquirenti vive nella regione del Lago di Zurigo, non esistono dei tipici clienti «Natur konkret». «I nostri clienti condividono spesso i nostri principi – per uno sviluppo ragionevole, moderato e sostenibile», dichiara Guido Leutenegger. < natur­konkret.ch


© Ulrich Pfändler, Schaffhausen

© Ulrich Pfändler, Schaffhausen

© Ulrich Pfändler, Schaffhausen © Ulrich Pfändler, Schaffhausen

Il recupero dei pascoli montani è un contributo attivo alla protezione del paesaggio in Svizzera.

Coesistenza pacifica: Guido Leutenegger con uno dei suoi animali. Gestione delle mandrie: una collaboratrice registra l’ubicazione dei bovini. Alla scoperta del mondo: due vitellini di due settimane. Foto grande: per la loro opera di cura del pae­ saggio, le vacche Highland trovano condizioni ideali sull’Alpe di Gesero, vicino a Bellinzona.

Vontobel Ritratto 2012

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u­blox – idee svizzere per il mondo. L’utilità dei sistemi di posizionamento globale, come il GPS, va ben oltre la navigazione da un punto A a un punto B. In pochissimo tempo, la combinazione di posizionamento, co­ municazione mobile e apparecchi intelligenti è diventata parte integrante della nostra vita. Grazie allo smartphone bastano oggi pochi secondi per trovare il ristorante più vicino, con il geotagging riusciamo ad associare le nostre foto a coordinate geografiche per poterle visualizzare su una cartina e mediante un collare GPS possiamo facilmente ritrovare il nostro adorato gatto smarrito. I satelliti, che orbitano a 20 000 km sopra le nostre teste, possono localizzare ciò che stiamo cercando nelle nostre vicinanze. I sistemi di posizionamento aprono però nuove opportunità anche per l’industria, l’agricoltura e la sanità. Da 15 anni, l’azienda svizzera u­blox si occupa di tutti questi aspetti del Global Positioning e della tecnologia della comunicazione. Sono stati alcuni dottorandi del Politecnico di Zurigo ad avere questa brillante idea nel 1997. Due anni più tardi la tecnologia di u­blox era già utilizzata nel sistema svizzero di pedaggio e un anno più tardi era stata inserita nel primo cellulare compatibile con GPS. Con l’espansione dell’impresa è diventato sempre più importante dotarsi di una gestione professionale. «I membri fondatori – tutti ingegneri elettronici – volevano concentrarsi sulle loro competenze chiave, ossia lo sviluppo e la produzione», spiega Thomas Seiler. «Per questo, dal 2002 dirigo come CEO anche i reparti Marketing e Sales.» Oggi l’azienda offre diverse soluzioni innovative per il mercato dei beni di consumo, dei prodotti industriali e dell’automobile. Con sede in Svizzera e una pre­ senza globale in Europa, Asia e America, u­blox occupa 210 persone ed è quotata alla borsa svizzera. Una «black box» per l’automobile I sistemi di localizzazione fanno ormai parte dell’equipag­ giamento standard dei veicoli. Questa tecnologia offre però molto di più: il conducente può usufruire per esempio di consigli utili sul traffico, i parcheggi, le attrazioni turistiche o le stazioni di servizio. In caso di emergenza, può chiedere assistenza attraverso la comunicazione GSM. Ritrovare un veicolo rubato è un problema di portata mondiale, che può essere però risolto grazie al Global Positioning. Un sistema GPS installato in macchina permette di registrare l’ubicazione, la velocità e l’accelerazione di un veicolo – tutti dati che pos­ sono essere usati nell’accertamento di un incidente stradale. Questa opzione viene ricompensata da alcune assicurazioni con una riduzione dei premi.

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Vontobel Ritratto 2012

L’assistenza medica a una popolazione che invecchia co­ stituisce un’altra grande sfida per le nostre società. Grazie alle nuove tecnologie di localizzazione e comunicazione è ora pos­ sibile sapere dove si trova un paziente o un anziano. In caso di bisogno, diventa sempre più facile rispondere alla domanda «dove sei?». La tecnologia attuale consente una telemedicina innovativa che attraverso reti senza filo «trasporta» il know­ how del medico nelle regioni più remote e allo stesso tempo consente di ridurre i costi. La sorveglianza a distanza dei para­ metri vitali di pazienti e l’attivazione automatica dell’allarme in caso di emergenza non sono più un’utopia. Nell’industria, il Global Positioning è ormai diventato un imperativo. «La globalizzazione dei mercati ha reso la produzione e la logistica estremamente complesse. La nostra tecnologia consente di contenere i costi del carburante e dei magazzini, perché ottimizza le vie di trasporto, la rintracciabilità e la pianificazione delle forniture», spiega Thomas Seiler. A questo scopo è indispensabile una localizzazione affidabile sia all’interno che all’esterno. Nell’industria si utilizzano sem­ pre più macchinari autonomi. Con l’aiuto del Global Positio­ ning, i robot si possono spostare autonomamente da A e B per espletare vari compiti nell’industria, nell’agricoltura e nei trasporti. Le nuove tecnologie hanno reso possibili macchine mobili e intelligenti, collegate senza fili, che sono in grado di reagire al loro ambiente circostante. Cittadini del mondo Negli ultimi anni, il cambiamento globale ha contribuito all’apertura dei mercati. Anche per u­blox. Non sorprende quindi, che il sito web della PMI svizzera con sede a Thal­ wil, sul Lago di Zurigo, non sia disponibile solo in tedesco e inglese, ma anche in cinese, giapponese e coreano. Perché il mercato di u­blox è il mondo. < u­blox.com

u-blox u­blox è leader nella produzione di componenti di semiconduttori per sistemi elettronici di posizionamento e comunicazione wireless per il mercato dei beni di consumo, prodotti industriali e industria automobilistica. Con la sua sede centrale in Svizzera e una presenza globale in Europa, Asia e America, u­blox conta 210 dipendenti. L’impresa è stata fondata nel 1997 e oggi è quotata alla borsa SIX Swiss Exchange.


© u­blox

© u­blox

© u­blox © u­blox

La produzione e la logistica sono diventate estremamente complesse.

Thomas Seiler, CEO di u­blox, nel laboratorio della sede centrale a Thalwil. Molti prodotti innovativi di u­blox sono diventati standard industriali. GPS e tecnologie wireless predicono i tempi di attesa alla fermate con un’esattezza al secondo. Foto grande: l’orientamento diventa sempre più importante nella natura come nel traffico; u­blox fornisce la tecnologia necessaria.

Vontobel Ritratto 2012

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«Panta rhei,

tutto scorre, diceva

Eraclito.»

Dott. Hans Vontobel Presidente onorario del Gruppo Vontobel Il modo di dire «panta rhei», tutto scorre, è stato coniato dal filosofo greco Eraclito. Da oltre 2000 anni, questo motto incarna ciò che oggi giustamente chiamiamo Global Change. Il cambiamento ci accompagna quindi da sempre, anche se negli ultimi tempi ha acquistato vigore e velocità. Ciò non deve sorprendere, visto che la popolazione mondiale negli ultimi due secoli è cresciuta da uno a sette miliardi. Tutte queste persone vogliono mangiare, consumare, abitare e viaggiare. Le risorse del nostro pianeta non sono però illimitate. Il cambiamento ci spinge così a trasformare diverse dimensioni della nostra vita: società, economia, tecnologia. Molti esprimono perplessità e reticenza nei confronti di questi sviluppi. Uno sguardo alla storia può però aiutarci a valutare le cose nella giusta misura e incoraggiarci a vedere gli aspetti positivi di queste mutazioni. Le grandi trasformazioni tec­ nologiche degli ultimi anni ne sono una chiara illustrazione. Nuove invenzioni rivoluzionarie possono far scomparire intere tecnologie e prodotti. Prendiamo la telefonia mobile o le diverse possibilità di produrre energia con il sole, il vento e l’acqua. Le innovazioni aprono nuovi mercati e creano nuovi posti di lavoro. Portano crescita economica. Ogni cambia­ mento dischiude delle opportunità, pur celando dei rischi. L’arte consiste nel saperle individuare e anticipare, traendo le giuste conclusioni. Eraclito aveva ragione: tutto scorre. <

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Vontobel Ritratto 2012

Dott. Hans Vontobel ha studiato giurisprudenza all’Università di Zurigo. Ha fatto la gavetta nel settore bancario a Ginevra, prima di diventare partner e Presidente del Consiglio di amministrazione di Bank Vontobel. Oggi, a 95 anni, Hans Vontobel è presidente onorario del Gruppo Vontobel.


Storia 1924 1936

1943 1960 1972 1984

1986 1988

Fondazione dell’agenzia di borsa Haeberli & Cie a Zurigo.

1936

Jakob Vontobel rileva l’agenzia di borsa Haeberli & Co. e fonda la società per accomandita Bank J. Vontobel & Co.

Il figlio di Jakob Vontobel, dott. iur. Hans Vontobel, entra nella banca.

Fondazione di nuove divisioni per la gestione patrimoniale e servizi di Private Banking.

Zurigo, Bahnhofstrasse 58 con gli uffici della banca al primo piano.

Il nipote di Jakob Vontobel, dott. iur. HansDieter Vontobel, entra nella banca.

2012

Trasformazione di Bank J. Vontobel & Co in società per azioni e fondazione di Vontobel Holding AG.

Quotazione delle azioni al portatore di Vontobel Holding AG alla Borsa di Zurigo.

Fondazione di Vontobel Asset Management AG. Sede centrale del Gruppo Vontobel, Gotthardstrasse 43 a Zurigo.

2000 2004 2007 2009

Cambiamento di nome da Bank J. Vontobel & Co AG in Bank Vontobel AG.

Ampliamento della collaborazione iniziata nel 1994 con il Gruppo Raiffeisen.

Trasferimento nella nuova sede centrale e apertura del Vontobel Campus a Zurigo.

Bank Vontobel Europe AG ottiene la piena licenza bancaria per la Germania. Vontobel rileva Commerzbank (Svizzera) SA.

2010

Apertura delle sedi di Basilea e Berna.

2011

Apertura del Private Banking a Dubai.


Riconoscimenti Con la nostra performance generiamo valore aggiunto anche in tempi difficili. Diversi riconoscimenti confermano la nostra expertise.

«Best Private Banking Boutique»: premio attribuito dalle riviste specializzate «Professional Wealth Management» (PWM) e «The Banker» della casa editrice del Financial Times.

«Best Wealth Management Advisory in Switzerland»: premio attribuito dalla rivista specializzata «Global Banking and Financial Review».

«Best Asset Managerper fondi obbligazionari in Svizzera»: premio attribuito dall’agenzia di rating «Feri EuroRating Services» e dal canale di informazione n-tv.

«Primo posto in cinque categorie»: nel Thomson Extel Survey 2011, Vontobel Research si piazza ai primi tre posti in tutte le otto categorie, e guadagna la medaglia d’oro in cinque.

«Swiss Derivative Awards – Top Service 2011»: il riconoscimento «Top Service» ha premiato il servizio a tutto campo di Bank Vontobel.

TOP Service Bank Vontobel

La pubblicazione Ritratto 2012 di Vontobel ha scopo unicamente informativo. I dati e le opinioni che vi sono contenuti non rappresentano un’incitazione, un’offerta o una raccomandazione all’uso di un servizio, all’acquisto o alla vendita di strumenti di investimento o all’attuazione di altre transazioni. Si segnala inoltre il pericolo che previsioni, pronostici, proiezioni e risultati descritti o impliciti in riferimento al futuro possano non verificarsi. I dati e le affermazioni relative al risultato finanziario verificato e alla corporate governance possono essere desunti esclusivamente dai rapporti di attività 2011 di Vontobel Holding AG. Questi rapporti possono essere ordinati al sito www.vontobel.com o per posta. Gli autori esterni di questa pubblicazione esprimono la propria opinione, che non coincide necessariamente con quella del Gruppo Vontobel.

he Vontobel Portrait 2011 is also available in German, French, Italian, Spanish, Russian and Chinese.

3/11 4000 EN

03/12. Il Ritratto 2012 di Vontobel è disponibile anche in tedesco, inglese, francese, spagnolo e russo. Produzione clima-neutrale Linkgroup. Printed by Linkgroup without di impacting the climate.


Le nostre sedi Svizzera Vontobel Holding AG Gotthardstrasse 43 CH-8022 Zurigo Telefono +41 (0)58 283 59 00 Telefax +41 (0)58 283 75 00 www.vontobel.com Bank Vontobel AG Gotthardstrasse 43 CH-8022 Zurigo Telefono +41 (0)58 283 71 11 Telefax +41 (0)58 283 76 50 Bank Vontobel AG St. Alban-Anlage 58 CH-4052 Basilea Telefono +41 (0)58 283 21 11 Telefax +41 (0)58 283 21 12 Bank Vontobel AG Spitalgasse 40 CH-3011 Berna Telefono +41 (0)58 283 22 11 Telefax +41 (0)58 283 22 12 Bank Vontobel AG Schweizerhofquai 3a Postfach 2265 CH-6002 Lucerna Telefono +41 (0)41 249 31 11 Telefax +41 (0)41 249 31 50 Banque Vontobel SA Place de l’Université 6 CH-1205 Ginevra Telefono +41 (0)22 809 90 90 Telefax +41 (0)22 809 90 91 Vontobel Fonds Services AG Gotthardstrasse 43 CH-8022 Zurigo Telefono + 41 (0)58 283 74 77 Telefax +41 (0)58 283 53 05 Vontobel Securities AG Gotthardstrasse 43 CH-8022 Zurigo Telefono +41 (0)58 283 71 11 Telefax +41 (0)58 283 76 49 Vontobel Swiss Wealth Advisors AG Tödistrasse 17 CH-8022 Zurigo Telefono +41 (0)44 287 81 11 Telefax +41 (0)44 287 81 12

Germania Bank Vontobel Europe AG Succursale Francoforte sul Meno WestendDuo Bockenheimer Landstrasse 24 D-60323 Francoforte sul Meno Telefono +49 (0)69 69 59 96 0 Telefax +49 (0)69 69 59 96 290 Bank Vontobel Europe AG Succursale Amburgo Sudanhaus Grosse Bäckerstrasse 13 D-20095 Amburgo Telefono +49 (0)40 638 587 0 Telefax +49 (0)40 638 587 230 Bank Vontobel Europe AG Succursale Colonia Auf dem Berlich 1 D-50667 Colonia Telefono +49 (0)221 20 30 00 Telefax +49 (0)221 20 30 030 Bank Vontobel Europe AG Alter Hof 5 D-80331 Monaco Telefono +49 (0)89 411 890 0 Telefax +49 (0)89 411 890 30 Bank Vontobel Europe AG Asset Finance Maximillianstrasse 34 D-80331 Monaco Telefono +49 (0)89 411 890 0 Telefax +49 (0)89 411 890 669 Austria Bank Vontobel Österreich AG Rathausplatz 4 A-5020 Salisburgo Telefono +43 (0)662 8104 0 Telefax +43 (0)662 8104 7 Bank Vontobel Österreich AG Kärntner Strasse 51 A-1010 Vienna Telefono +43 (0)1 513 76 40 Telefax +43 (0)1 513 76 402 Vontobel Europe SA Succursale Vienna Kärntner Strasse 51 A-1010 Vienna Telefono +43 (0)1 513 76 40 Telefax +43 (0)1 513 76 40 600

Liechtenstein Bank Vontobel (Liechtenstein) AG Pflugstrasse 20 FL- 9490 Vaduz Telefono +423 236 41 11 Telefax +423 236 41 12 Vontobel Treuhand AG Pflugstrasse 20 FL-9490 Vaduz Telefono +423 236 41 80 Telefax +423 236 41 81 Lussemburgo Vontobel Europe SA 1, Côte D’Eich L-1450 Lussemburgo Telefono +352 26 34 74 1 Telefax +352 26 34 74 33 Vontobel Management SA 1, Côte D’Eich L-1450 Lussemburgo Telefono +352 26 34 74 40 Telefax +352 26 34 74 33 Italia Vontobel Europe SA, Succursale Milano Piazza degli Affari 3 I-20123 Milano Telefono +39 02 6367 3411 Telefax +39 02 6367 3422 Spagna Vontobel Europe SA Succursale Madrid Paseo de la Castellana, 40 bis – 6° E-28046 Madrid Telefono +34 91 520 95 34 Telefax +34 91 520 95 55 Gran Bretagna Vontobel Europe SA Succursale Londra Third Floor 22 Sackville Street Londra W1S 3DN Telefono +44 207 255 83 00 Telefax +44 207 255 83 01

Stati Uniti Vontobel Asset Management, Inc. 1540 Broadway, 38th Floor New York, NY 10036, USA Telefono +1 212 415 70 00 Telefax +1 212 415 70 87 www.vusa.com Vontobel Securities Ltd. Succursale New York 1540 Broadway, 38th Floor New York, NY 10036, USA Telefono +1 212 792 58 20 Telefax +1 212 792 58 32 vonsec@vusa.com Hong Kong Vontobel Asia Pacific Ltd. 2301 Jardine House 1 Connaught Place, Central, Hong Kong Telefono +852 3655 3990 Telefax +852 3655 3970 U.A.E. Bank Vontobel (Middle East) Ltd. Liberty House, Office 913 Dubai International Financial Centre P.O. Box 506814 Dubai, United Arab Emirates Telefono +971 (0)4 703 85 00 Telefax +971 (0)4 703 85 01 Vontobel Financial Products Ltd. Liberty House, Office 913 Dubai International Financial Centre P.O. Box 506814 Dubai, United Arab Emirates Telefono +971 (4) 703 85 00 Telefax +971 (4) 703 85 01 Vontobel Invest Ltd. Liberty House, Office 913 Dubai International Financial Centre P.O. Box 506814 Dubai, United Arab Emirates Telefono +971 (4) 703 85 00 Telefax +971 (4) 703 85 01


Vontobel Holding AG Gotthardstrasse 43 CH-8022 Zurigo Telefono +41 (0)58 283 59 00 www.vontobel.com

Le imprese del Gruppo Vontobel Bank Vontobel AG, Zurigo/Basilea/Berna/Ginevra/Lucerna; Bank Vontobel Europe AG, Monaco di Baviera/Francoforte/Amburgo/Colonia; Bank Vontobel Ă–sterreich AG, Salisburgo/Vienna; Bank Vontobel (Liechtenstein) AG, Vaduz; Vontobel Fonds Services AG, Zurigo; Vontobel Europe S. A., Lussemburgo/Londra/Madrid/Milano/Vienna; Vontobel Financial Products GmbH, Francoforte; Vontobel Financial Products Ltd., Dubai; Bank Vontobel (Middle East) Ltd., Dubai; Vontobel Management S.A., Lussemburgo; Vontobel Securities AG, Zurigo/New York; Vontobel Asset Management, Inc., New York; Vontobel Asia Pacific Ltd., Hong Kong; Harcourt Investment Consulting AG, Zurigo; Vontobel Swiss Wealth Advisors AG, Zurigo


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