Aurélia Steiner ▐
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Le texte qui a pour titre Aurélia Steiner est suivi d’un autre texte du même titre, Aurélia Steiner. Un troisième texte suit qui port également ce titre. (...) On peut, pour plus de facilité, les désigner, dans l’ordre de l’édition, par les titres: Aurélia Melbourne, Aurélia Vancouver, Aurélia Paris. MARGUERITE DURAS (Le navire night, Mercure de France, 1979)
♦ Questo testo, che ha ugualmente per titolo Aurélia Steiner, è composto da quattro testi in cui la figura principale è sempre Aurélia Steiner. Il primo testo, quello che riguarda Aurélia de Lisbonne, lo si può designare con il titolo Aurélia Pedregoso; il secondo, che riguarda Aurélia de Vancouver, lo si può designare con il titolo Aurélia Jewess Stone; il terzo, che riguarda Aurélia de Melbourne, lo si può designare con Aurélia Kylie Mynought; il quarto, che riguarda Aurélia de Buenos Aires, lo si può designare con il titolo Aurélia de la Piedra. V.S. GAUDIO (Aurélia Steiner.La langue toquade, Mercurio d’Italia, 2004)
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V.S. GAUDIO
AURÉLIA STEINER La langue toquade
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La langue toquade, che è la lingua capriccio, è la langue dessous, la lingua di sotto, c’est l’amour qui parle au désir. La «langue-plat», la langue qui flatte. Le pelotage de la toquade.
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♦ Per Marguerite Duras. Infinitamente. Per la sua Aurélia Steiner. Il mio infinito oggetto “a”. ♦
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Un po’ come Borges sospetto che la specie umana – l’unica - stia per estinguersi, e che Aurélia Steiner perdurerà: illuminata, solitaria, infinita, perfettamente immobile, inutile, incorruttibile, segreta. Oggetto inesorabile illimitato e periodico, da seguire in una direzione qualsiasi, come se la Compagnia di Babilonia[ che è onnipotente e che non
solo influisce sulle cose minuscole, sul grido d’un uccello, su una sfumatura nel colore della ruggine e della polvere, sui sogni e gli incubi dell’alba, avendo concesso, qui, una giocata fortunata “per incontrare, nella calma oscurità della propria stanza”, Aurélia Steiner de Tunis, che cominciava a inquietarci e che non speravamo di rivedere e che finirà col farsi “fantasma irreprimibile” per il bagliore didonico, e Aurélia Steiner de Durrës, che, avendo tentato il poeta dell’inseguimento fatale con la sua Shumë-
Shalë, finirà col deliziarlo con lo Shummullar] operasse
affinché il poeta potesse darsi il godimento per il diritto fatale all’inseguimento di Aurélia Steiner a Barcelona, dove parla catalano[e “traballa de puta i
que guanyaria molti diners” come “la russa Svetlana I. de 28 anys que tè un curriculum acadèmic impecable i que ha guanyat 6000 euros durant el seu primer mes de prostituta a l’autovia C-31 de Castelldefelds(Baix Llobregat)”]; a Napoli, dove incanta il poeta con
un’allure a kamasutra napoletano; o, forse, ancora, a Guayaquil in Ecuador o a Ushuaia, nella Terra del Fuoco, dove parla quechua; se non a Goa, dove vive un’Aurélia Steiner che ha uno speciale idioletto fatto di portoghese e di sanscrito:
la langue toquade è infinita, come il numero dei sorteggi della Lotteria di Babilonia, che non è mai esistita e mai esisterà, secondo una congettura; o che,esistendo, è nell’Heimlich paludoso e sommerso di Sibari che dispone dei numeri, del caso e del fato, poiché “la sua vocazione sarebbe di apparire un giorno come verità, mentre qui si tratta di un destino, vale a dire di un gioco sempre più realizzato e mai leggibile”, secondo un’altra congettura di cui riferisce Baudrillard; e che essendo un’interpolazione del caso nell’ordine del mondo, in tutti gli interstizi dell’ordine sociale, con le imposture, le astuzie, le manipolazioni, fa del
segreto dell’altro, inutile e periodico, se non inesistente o perfettamente vacuo, l’inesorabilità radicale dell’Heimlich che è l’analemma fantasmatico del poeta. Aurélia Steiner, nella forma eclittica dell’apparire/scomparire, vale a dire nella discontinuità del tratto che taglia corto con ogni affetto, come dice Baudrillard, è la sovranità crudele della parure; fa e disfa le apparenze, con la maschera rituale che continuamente fa evocare e rievocare la sospensione poetica della sua fragilità, la sua parte maledetta, pjesë e mallkùar.
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AURÉLIA JUDÉJA PEDREGOSO Aurélia Steiner de Lisbonne
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Aurélia Steiner, quella che abita a Lisboa, non è quella donna estremamente colta di Karachi che ha ancora due passioni: se faire mousser le créateur e Maria Callas. E che mentre si rotola su sei tappeti Bakhtiari ascolta un’edizione pirata della Fedora.
Aurélia Steiner, con questa musica, il suo piacere sessuale non lo raggiunge. E anche se a volte passano due ore d’incompatibili estasi prima di raggiungere il momento fatale, Aurélia Steiner non sopporta Maria Callas.
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Il marinaio, che ha gli occhi blu e i capelli neri, è in un bordello di Honolulu e sta infilando il pene semieretto in un buco parzialmente chiuso da due lembi di gomma della macchinetta [simile ad un distributore di sigarette] che, ronzando e vibrando, si mette a ruotare avanti e indietro?
Le marin à cheveux noirs est derrière la fenêtre ouverte. Il la regarde. Il lui demande d’où elle est. Elle dit ne pas savoir. Il lui dit qu’il était sur la plage lorsqu’elle se baignait dans la mer. Il ne souvient pas bien de celle qu’il a rencontrée dans la ville ce matin, il doit avoir rencontré une autre personne. Aurélia lui demande de laquelle il a le désir. Il lui dit de celle du matin. Aurélia Steiner lui dit que c’était elle. 8
Em Lisboa Aurélia Steiner lhe dize: eu quero os dar um nome. O nome que pronunciará, que não entenderá por que Aurélia Steiner lhe pedirá de fazê-lo, de repeti-lo sem um porque. Il marinaio decifra lentamente il nome che Aurélia Steiner ha scritto su una pagina bianca, la guarda per capire se ha letto correttamente. Aurélia Steiner non dice niente. Elle s’allonge près de lui.
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Lui non sa come dire il nome, in quale lingua, poi getta il foglio, si avvicina ad Aurélia Steiner, la guarda e le parla con il nome.
Le toglie i vestiti con cura. Ha un tempo lunghissimo davanti a sé. Comincia a scoprire il corpo di Aurélia Steiner.
Aurélia Steiner non guarda sempre, ascolta. 9
Talvolta lui dice il nome tutto intero. Talvolta dice solamente il nome. Talvolta solo il cognome.
Non sa dire altro. Glielo dice nei baci, le labbra sulla pelle, glielo dice a bassa voce, glielo grida, la chiama all’interno del corpo, sulla bocca, contro il muro. Talvolta si immobilizza in una tensione, in un contenimento, che lo fa gemere, perde allora la memoria dei nomi, e, poi, tout bas, di nuovo glielo dice con uno sforzo doloroso come se lo stesso profferire ne fosse la causa.
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Egli dice: Juden, Giudea Aurélia, Juden Aurélia Steiner.
E non è a Perth, in Australia, non è Aurélia quella giovane ventiseienne che se colle une douce accosciata sul viso di un vecchio di settantanove anni che, supino, joue au billard anglais à son tour.
Le marin n’a pas le braquemart complètement dressé. Aurélia Steiner gli dice di prendersi tutto il tempo che desidera. 10
Inginocchiata a un confessionale della cattedrale di Lisboa sta dichiarando la sua inveterata abitudine à s’arsonner.
Il se tient à l’entrée du corps d’Aurélia Steiner, reste là, toujours avec le soin extrême de mener le bout, et seulement la tomate, la caboche, extrême supplice jusqu’à son terme.
Mentre il sacerdote l’assolve, proprio in quel momento lei s’alza, solleva la gonna e rivela l’abricot fendu.
Aurélia Steiner non è a Vancouver sdraiata sul fondo di una vasca da bagno senza acqua che dirige il getto del “Water Pik” sul clitoride
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nudo, en con nu. L’acqua pulsante la tiene deliziosamente sulla soglia dell’orgasmo. Le marin inconnu remplit plusieurs fois le “Water Pik”. Puis remplit le Calibistrix d’Aurélia Steiner.
La lentezza fa gridare gli amanti.
Di nuovo lui dice i nomi, li ripete piano, ancora.
Ha ancora detto i nomi, li ha ancora ripetuti, ma senza voce, in una brutalità ignorata, avec un accent inconnu.
Aurélia Steiner è seduta come una violoncellista ventiquattrenne, nuda, a gambe divaricate, su uno sgabello nella sua camera da letto, à Lisbonne. Gli ha sentito dire che i suoi occhi bruciavano per aver guardato la bellezza di Aurélia Steiner. Che son bateau partait à midi, mais qu’il ne serait pas à bord, que le bateau partirait sans lui, qu’il désirait rester avec elle, Aurélia Steiner che com a esquerda tem abertas as labias do sexo mentre con la destra si passa la punta dell’archetto sul con nu in un lieve tremolo.
Gli dice che lei non appartiene a nessuna persona definita. Che non è libera di essere se stessa. Che, a Catanzaro, c’è un Museo, in cui una custode, incaricata di sorvegliare l’ultimo piano, mentre contempla, nella sala non riscaldata, un devoto e muscoloso San Giovanni Battista, attribuito a un inconnu seguace di Caravaggio, se faz espumar o criador sob o pesado sobretudo de lã.
La custode non è Aurélia Steiner, l’Aurélia Steiner di Catanzaro. È Aurélia Petrone, l’Aurélia Petrone di Catanzaro.
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C’è, invece, alla Galleria Nazionale delle Marche, un custode che se secoue le bonhomme contemplando le figlie di Lot di Battistello, ed è un fervente “sensualista ascetico”1, che ha lottato per tutta la vita per fondere, in un’unica rivelazione, i piaceri della pittura e della Bataille des Jésuites. 1
Come lo intende Harry Mathews in Singular Pleasures, P.O.L. éditeur 1983. Allo stesso testo sono riconducibili alcune figure che doppiano Aurélia Steiner a Vancouver, a Perth, in altri luoghi del mondo, o sua madre a Cascais. Nella “langue dessous”, i piaceri singolari di Mathews, che, non dimentichiamolo, attengono a quella che abbiamo chiamato “masturbazione cinematografica” in contrapposizione alla “masturbazione teatrale” in cui il lettore colma l’astanza scenica con il suo esercizio fantasmatico (cfr. V.S. Gaudio, T.A.T., Semiologia dell’approccio tattile, © 1998) entrano qui nello scenario immaginario in cui dovrebbe essere Aurélia Steiner, il cui fantasma è giocato tra le esigenze della realtà geografica e i suoi derivati inconsci. Con la “langue toquade”, o “dessous” o “amour”, quel che si vuole, Aurélia Steiner, o sua madre, entra in scena figurando nelle fantasie geografiche del marinaio dai capelli neri. Perciò, riferendoci all’apparizione dell’Aurélia Petrone di Catanzaro, non è escluso che anche quell’altra signora bionda di Bari, “che ha un sorriso che delizia la platea [che] sta allestendo un pompino i cui tempi e modi vengono sollecitati dal marito, che è nella buca del suggeritore [al Petruzzelli di Bari]” (cfr. V.S. Gaudio, Manualetto della Mano Morta, edizione bootleg Scipioni, Viterbo 1997) possa essere Aurélia Petrone. L’Aurélia Petrone di Bari, che, “grazie alla perizia orale della [sua] bocca-delizia e al magistrale controllo dell’uomo”, fa arrivare il Bonheur puntuale alla fine del melodramma. Lo splendido deretano di Aurélia Petrone, la signora bionda di Bari, è stato anche lo Zahir (cfr. Aurélia Steiner de la Piedra) di un ippologo che, con una “Guida illustrata alla Monta”, disteso su un letto del “Grand Hôtel d’Oriente” di Bari, raggiungeva il Bonheur fantasmando che Aurélia Petrone fosse, di volta in volta, una cavalla da monta, una purosangue Araba, un’Anglo-araba, un’Andalusa, una Kladruber, una Knabstrup, finalmente un’Akhal-Teké, che con i riflessi metallici del suo mantello isabella chiaro e dorato lo abbacina (cfr. V.S. Gaudio, op. cit.).
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Gli dice che a Urbino Aurélia Steiner, che è una delle figlie di Lot, proprio in quel momento in cui lei lo stava rivelando, stava commettendo il peccato. Il est trois heures de l’après-midi. Derrière les arbres il y a le soleil, la lumière est plus baisse à Urbin que à Lisbonne ou à Catanzaro.
Ela se chama Aurélia Pedregoso, Aurélia Judéja, Aurélia Judéja Pedregoso.
Ela habita Lisboa. Ela tem dezoito anos.
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Sua mãe, que se chama Aurélia Pedregoso, tem quarenta e seis anos e há dedicado muito do seu tempo à busca sexual, ma è colta da un piacere tutto nuovo il giorno in cui a Cascais entra in un emporio di nautica. A pomeriggio inoltrato la donna vi fa ritorno per nascondersi fino all’ora di chiusura e passare tutta la notte a sfiorarsi ripetutamente con delle corde, con anelli da ormeggio, con catene da ancoraggio, tutte le attrezzature degli uomini che vanno per mare, les marins à cheveux noirs, os marinheiros do cablo preto.
O dia seguinte à manhã acquisterà del cordame per servirsene a casa. Les bateaux du port sont couchés sur leur flancs, démâtés. Dans le ciel glacé le soleil est cru et plein. Toute la ville s’endort dans ce plein jour tranchant et immaculé du ciel d’orage. La mer est là, à sa place, rangée dans son trou.
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Aurélia Pedregoso marche, revene de l’exil de la nuit, de l’envers du monde, elle traverse Lisbonne, toujours cette magreur de la jeunesse, a maneira de andar de Aurélia Pedregoso através de descidas verticales e subidas colinares, o elevador de Santa Justa, através da Baixa e o Bairro Alto, a rua Garrett, o elevador da Gloria, o elevador de Bica que junta rua de São Paulo com o largo Calhariz e o elevador do Lavra. Lui la cherchera, elle, celle que lui avait croisé ce matin dans la ville et que lui avait regardée. Por esta roupa leve talvez e por esta maneira de andar, o modo azul de andar de Aurélia Pedregoso, a profundidad do mar há a maneira atlântica de andar de Aurélia Pedregoso.
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Menina, namorada, amor, criança, meu pombinho, meu carinho, o doce para mim.
L’ho chiamata con nomi diversi, da quello di Aurélia Pedregoso.
Vers le soir, ici, il y a toujours de coups de lumière, golpes de luz ao horizonte, do mar a luz atlântica, mesmo se o tempo tem estado abrigo durante todo o dia,mesmo se há chovido, las nuvemes, em um istante, afastam-se e deixam passar a luz do sol, a luz atlântica do mar. A luz areja azula, a maneira de Aurélia Pedregoso, o seu ar, a sensualidade do ponente, a perturbação do meio vento sopra con la diagonalità e l’inclinazione ripida do seu porte leve-lateral e lente para a frente, leggero-laterale e lento in avanti, o porte, a maneira azula, a maneira ponente de andar de Aurélia Pedregoso. Leggera e laterale, di bolina stretta come se ricevesse o meio vento con un angolo di circa 30° sobre o cu: aperta ao máximo vento, rete a luz atlântica, esta fica, há a caminhada da luz atlântica a ponente, ao crepúsculo. A noite, ainda.
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Aurélia Pedregoso está voltada atè sua casa e, aspettando lui, mi scrive. Tremula del desiderio di lui, damasco rachado mi ama. Si ricorda di lui con me, porque eu sou isto que não havia.
Sono l’inesauribile, l’inalterabile luogo del mondo.
Ha diciotto anni. Non so il suo nome.
Ho i capelli neri e sono dietro la finestra aperta.
Mi guarda.
Mi chiede di dove sono. De onde você è? 16
Le dico di non saperlo.
Mi dice che era sulla spiaggia quando io stavo sul trenino che percorre tutta la costa fermandosi ad ogni spiaggia, o stavo prendendo il battello che da Praça do Comércio va verso Cacilhas, o stavo passando per il Cais do Sodré o per la Rua do Arsenal. Io le dico di non ricordarmi di quella che ho incontrato stamane all’uscita dell’emporio di nautica a Cascais. Lei mi chiede della donna che desidero. Quem è a mulher que tu desejas? Le dico che è quella del mattino. A mulher è aquela da manhã.
Mi dice che era lei e che elle vait me donner un nom. Mi dice il nome: Aurélia Steiner. Lo scrive su una pagina bianca e me la porge.
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Lo decifro lentamente, poi la guardo per sapere se l’ho letto in modo corretto.
Lei non dice niente. Je m’allonge près d’elle.
Ripeto il nome, ma non so in quale lingua dirlo, poi getto il foglio, mi avvicino a lei e la guardo, e le parlo dicendo il suo nome. Le comment à nom.
Comment est ton nom? Le comment à nom Aurélia Steiner. Comment t’appelles-tu? Je m’appelle le comment à nom Aurélia Steiner. 17
Le tolgo il vestito con cura. Ho molto tempo a disposizione. Comincio a scoprire il corpo di Aurélia Steiner. Il come dal nome.
Talvolta dico il nome completo: Aurélia Steiner. Talvolta dico solamente il nome: Aurélia. Talvolta solamente il cognome: Steiner. Non so dire nessun’altra parola.
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Glielo dico baciandola, le labbra sulla pelle, glielo dico a voce bassa, glielo grido, la chiamo dentro il suo corpo, contro la bocca, contro il muro. A un tratto sto immobile, in un contenimento che mi fa gemere, non ricordo più il suo nome, le comment à nom, e poi, tout bas, di nuovo glielo dico con uno sforzo doloroso come se il dirglielo stesso fosse la causa di questo dolore.
Le dico: Juden Aurélia, Juden Aurélia Steiner.
Mi tengo all’entrata du combien di Aurélia Steiner, resto lì con il glande, tempo con una cura estrema, goupillage che non abbia mai fine, ma sia misura colma, le carambolage du limer. Puis je l’enconne, je lui donne l’aubade, glielo metto tutto dentro, je le lui mets tout dedans, mon braquemard.
Con un movimento lento, molto lento, inverso a quello del suo impeto, j’entre dedans le corps d’Aurélia Steiner, dans le comment à nom, son histoire.
La lenteur, la lime, du Cricon-Criquette nous fait crier.
Di nuovo, urlo i nomi, li ripeto piano, ancora. Le dico ancora i nomi, glieli ripeto ancora, ma senza voce, con una brutalità che ignoravo, avec un accent inconnu. Le comment à nom. O como do nome.
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Como è o teu nome? O como do nome Aurélia Pedregoso. Como você se chama? Eu me chamo o como do nome Aurélia Pedregoso.
Le poète à cheveux noirs était allongé sur le sol de sa chambre. Il la regardait.
Aurélia Steiner s’est rendormie. Puis elle a entendu qu’il disait que ses yeux le brûlaient d’avoir regardé la beauté d’Aurélia Steiner. Que son bateau partait à midi, qu’il n’appartenait à personne de défini. Que ele não era livre de si mismo.
Ele se chama V.S. Gaudio. Ele não mora em Lisboa. Ele não tem dezoito anos. Ele escreve.
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AURÉLIA JEWESS STONE Aurélia Steiner de Vancouver
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Aurélia Steiner di Vancouver, a dodici anni, è sdraiata sul fondo di una vasca da bagno senz’acqua e dirige il getto del Water-Pik sul suo Coozie. L’acqua pulsante la tiene deliziosamente sulla soglia dell’orgasmo. Riempie più volte il Coozey con l’acqua del rubinetto ai piedi della vasca.
Tra il cielo e l’acqua c’è un largo tratto nero, spesso, charbonneux, che copre la totalità dell’orizzonte. 21
Sei anni dopo, toute la mer est redevenue bleue. Comme toujours à cette heure-ci surgit une forte clarté, juste avant l’obscurcissement général que répand le rougeoiement de la nuit. Seduta nuda, a gambe divaricate, su uno sgabello nella sua camera da letto, Aurélia Steiner con la sinistra tiene aperte le labbra della vulva mentre con la destra si passa la punta dell’archetto sul Coozey in un lieve tremolo.
Non può nulla contro l’eternità che lei reca nel posto del mio ultimo sguardo, quello sul rettangolo bianco del cortile di radunata nel campo.
C’était des jours d’été.
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Attorno a me, dura e scrosciata, gracchiata di sole, questa terra straniera, questa luce dello Stretto di Georgia, questa estate perfetta, questo cielo di calore.
La tempesta è arrivata nella notte. Un po’ dopo mezzanotte, all’inizio del secondo giorno, il vento.
Eccolo.
E poi, in seguito, her, elle, the sea, la mer. Elle s’est pliée à ce vent, elle l’a suivi.
È cominciato con un clamore bestiale. La sua violenza è stata tale che non c’era nella memoria dell’uomo qualcos’altro di così terribile. 22
Il mare, il Pacifico settentrionale, ha assalito Vancouver, l’ha scalata, l’ha invasa.
Ha rotto vetri, ha fracassato porte, finestre, ha crepato muri, ha distrutto tetti e la città è rimasta così, aperta, béante sur le vent.
Allorché si pensava che dovesse arrivare l’altro versante della tempesta, proprio un po’ prima dell’aurora, nella bianchezza livida dell’inizio del giorno, i grandi serbatoi di sale sono scoppiati per i grifi, le frecciate, delle lunghe lame bianche del Pacifico del Nord. Il sale si è sparso nel mare. La sua salinità è diventata mortale. Il giorno si è alzato. Allora, appesantito, avvelenato, il mare si è calmato.
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Qui, questo è il posto, il luogo del mondo in cui si trova Aurélia Steiner. Si trova qui e da nessun’altra parte delle terre protégées d’elle, la mer.
La mattina seguente la città è ancora grondante, il mare si ritira dalle terre invase, dalle strade, dai parchi, dalle cattedrali. In the frozen sky the sun is raw and full. Tutta la città si addormenta in questo giorno pieno, crudo, tagliente e immacolato del cielo della tempesta. Aurélia Steiner esce nella città addormentata sotto il sole sbigottito, under the shocked sun. Il mare è là, al suo posto, riposto nel suo buco. La città è bianca di sale, è pietrificata Vancouver nel caos in cui il mare l’ha lasciata. The city is salt-white, Vancouver is petrified in the chaos in wich the sea he let it have.
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Aurélia Steiner walk.
I cross the city. Mi vede raggiungere un hôtel del porto. Oggi sono un marinaio dai capelli neri. Grande. Sempre questa magrezza della giovinezza o della fame. Mi sono rigirato, ho esitato e poi mi sono allontanato.
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Aurélia Steiner sa che la notte che verrà andrò a cercarla per via Granville, Burrard e Georgia, lei, quella che ho incontrato stamattina in città, e che ho guardato. Per il suo vestito leggero, forse, e per il suo walk-style, dark blue, light and dark blue. L’allure della profondità del mare in faccia al cielo diaccio, lucido. Con qualcosa che ha ancora un che d’orage, encore chaude.The walk-style of Straits of Georgia, “Georgiure” o “Georgait” l’ho chiamata. “Auréliure”, mon petit con, qui a la profondeur de la mer face au ciel glacé, che, quelquefois, a de grands mouvements, des flancs de bête che si rigirano ottusi. The walk-style, the gait dark blue-storm, the frozen love of desire, l’amour glacé du désir, the gait of Aurélia Stone in Vancouver.
Auréliure, Georgiure. Little Cunt. Nameless. Name-it not. Blue-walk. Seababe. Split-tail. Sun-tail.
L’ho chiamata con nomi diversi, da quello di Aurélia Steiner, Aurélia Stone.
Sono rientrato nella mia camera, ho lavato il mio corpo e i miei capelli con l’acqua dolce e dopo ho atteso il giovane marinaio dai capelli neri. Aspettando, le scrivo, scrivo ad Aurélia Stone. Tremando di desiderio le scrivo. Gli oggetti d’amore li riunisco attraverso lei e del loro numero ne è fatta lei. Lei è tutto ciò che non avrà luogo e che, come tale, cambia. Fra tutti, lei risulta sempre l’unico, l’inesauribile luogo del mondo, l’inalterabile amore.
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Verso sera, qui, ci sono sempre colpi di luce all’orizzonte, anche se il tempo è stato coperto tutto il giorno, anche se è piovuto, le nuvole, in un istante, si allontanano e lasciano passare la luce del sole.
La sera, ancora.
Non so il suo nome. Il marinaio dai capelli neri è dietro la finestra aperta. Mi guarda. Mi chiede di dove sono. Io gli dico che non lo so. Mi dice che era sulla spiaggia quando ti ho incontrata. 25
Non ricorda bene quella che ho incontrato in città stamattina, pensa che io abbia incontrato un’altra persona. Gli chiedo di chi ha il desiderio. Lui mi dice di quella del mattino. Gli dico che quella eri tu. Gli dico: voglio darle il nome. Lei lo pronuncerà, non capirà perché, eppure le chiedo di farlo, di ripetere senza comprendere perché, ammesso che vi sia qualcosa da capire.
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Gli dico il nome: Aurélia Stone. Glielo scrivo su una pagina bianca e glielo do. Lo decifra lentamente, poi mi guarda per sapere se lo ha letto correttamente. Lui ripete il nome. Vede che lo ascolto. Io vedo che ti spoglia con cura. Dispone, si direbbe, di un tempo molto lungo. Comincia a scoprire il corpo di Aurélia Steiner. Talvolta dice il nome tutto intero: Aurélia Stone. Talvolta dice solo il nome: Aurélia. Talvolta dice solo il cognome: Stone. 26
Glielo dice nei baci, le labbra contro la pelle, glielo dice a voce bassa, glielo grida, la chiama all’interno del corpo, contro la bocca, contro il muro. Talvolta si immobilizza in un contenimento che lo fa gemere, allora non ricorda più il nome, e poi, piano, di nuovo le dice con uno sforzo doloroso come se il parlare stesso ne fosse la causa: Aurélia Stone, Georgiure. Littlecunt. Bluewalk. Nameless. Name-it not. Seababe. Poi dice: Jewess, Jewel Aurélia, Jewess Stone, Jewess Aurélia, Jewel Stone’s, Jewel Jewess Stone’s, Jewess Aurélia Stone.
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Sta all’entrata del corpo di Jewess Stone, with dickhead, resta lì on the cunt, this fricking inside cunt juice, chicken-choker, flat-fuck of dickhead who has just left and who has just came back, cura estrema questo menare il supplizio fino al suo termine. Poi entra nel corpo. Con un movimento molto lento, inverso a quello del suo furore, chuckup Jones in Coozey of Jewess Aurélia Stone. The slowness does to cry the lovers. Di nuovo egli dice i nomi, li ripete piano, ancora. Ha ancora detto i nomi, li ha ripetuti ancora, ma senza voce, con una brutalità che ignorava, con un accento sconosciuto. 27
Mi sono riaddormentato. Ho sentito che egli diceva che i suoi occhi bruciavano per aver guardato la bellezza di Aurélia Stone. Che il suo battello partiva a mezzogiorno. Che egli desiderava restare con lei, ma Aurélia Stone non apparteneva a nessuno di definito. Che non era libera di se stessa.
Lei si chiama Aurélia Stone, Jewess Aurélia Stone. Lei abita a Vancouver. Ha diciotto anni.
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Mi ha scritto: Qui, a Vancouver si trova Aurélia Steiner. Si trova qui Jewess Aurélia Stone e da nessuna parte nelle terre protette dal mare puoi trovarla. Ciò che pulsa qui si spande sul mondo. Da qui, dal Pik-Coozey, l’acqua pulsante tiene il mondo deliziosamente sulla soglia dell’orgasmo.
Le ho risposto: Vous voulez être le centre de la peur. Que la peur se déplace et qu’elle tourne autour de vous. Et vous voulez que le monde entier vous craint, vous, Aurélia Jewess Steiner, Aurélia Jewel Stone. Mais j’ai la peur bleue, la peur friponne du désir, entre le Pacifique Nord et le détroit de Georgia, j’ai la peur bleue pour votre étroit où vous rétrécissez le monde entier, votre split-tail iconique-émotif, la fente du Bon endroit, l’étroit de Jewess Stone, ou bien le détroit de Georgia. C’est-à-dire le “Tail” de Falmer 9-5-2, le Juste milieu où le vent du Pacifique Nord souffle de bouline large2, ou bien c’est vous qui allez à la bouline, vous êtes le centre de la peur bleue, qui rétrécit le monde entre la fente, l’étroit, de Jewess Stone. L’allure, votre allure, à la bouline large : loosely, largement, dissolument mais close-hauling, en tirant serré, ou close the wind, en 2
Il “Tail” di Farmer 9-5-2, il Giusto Mezzo in cui il vento del Pacifico del Nord soffia di bolina larga, è come quel delizioso esemplare di podice fotografato da Roy Stuart (cfr. per la sua arte fotografica, i quattro volumi editi da Taschen: vol. I, ed. J.C. Baboulin, 200 pp.; vol. II, ed. Diane Hanson, 240 pp.; vol. III, ed. Alison Castel, 240 pp.; The Fourth Body, ed. Diane Hanson, 240 pp. + dvd 68 min.) “tanto sfacciato, goloso e iconico come può esserlo un sedere nervoso-sentimentale che esprime un’ostinata e inafferrabile sensualità. Il 9, che dovrebbe dare implicazioni sanguignoparacolleriche, si abbina con l’ostensione protuberante, capricciosa, molto primaria del tipo nervoso, il 2, per proiettare un esuberante, provocante, sensuale culo sexy, che non ha, badate bene, il brio o l’intraprendenza del tipo collerico (che è il 5) ma ha una gioiosa, protesa, golosa vivacità nervoso-sentimentale: è un culo disinvolto e irrequieto, naturale e allegro, esuberante e indiscreto, invadente e importuno come una curiosità somatica. Come se fosse una delicata intrusione o una introversa invadenza, una emozione importuna e voluttuosa” (V.S. Gaudio, Il podice iconico emotivo nell’arte fotografica erotica di Roy Stuart, © 2002; ora in: V.S.Gaudio □ La Fotografia Erotica □ PingapaArt 2014 │open-uhbook on Calaméo).
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serrant le vent, un’allure slack, lachée, sailing close, en allant à la voile close. L’allure du Bon endroit, qui a la protension, l’étendue, introverse, l’inquiète étendue du “Tail” merveilleux, superbe, mais tolérant, tendre, étonnant, romantique, paradigme sentimental-paraprimaire de la surprise qui prend le Bonheur3. L’allure à la bouline large qui devient obtuse, fente qui va de travers, fente-méridien de Vancouver, votre allure, à dénommer l’allure Ponante 123°W, qui est le degré de l’Ascendant du Bonheur qui vous écrit. Votre Bon endroit, l’étroit de Jewess et le détroit de Georgia c’est mon bonheur, le Bonheur de Vuesse Gaudio.
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Votre mère, je l’ai vue, le lendemain matin, au bord de la mer, rangée dans son trou, cette grande Jewess Stone, qui, en blanches chausses et blanches chaussures, avec une canadienne et, dessous, une “girdle open bottom” blanche, sans jupe, tricotait à deux hommes en canoë, elle, au cul nu après l’orage,le cadran solaire engainé qui échappe aux “suspenders” du bustier, saluait le Pacifique Nord, le Ponant, elle, votre mère à cheveux blondes comme vous, la Ponante, la Pierreuse de l’étroit de Georgia, la Manon-Manuelle à la Mer, centre originaire de la peur bleue qui se déplace, Aurélia Jewess Stone, la mère du l’étroit de Georgia, ou bien le détroit de Aurélia Jewess Stone de Vancouver. 3
Aurélia Steiner o Aurélia Stone è A.S., Ei-es, in “Ass Steiner”, A, “ei” è l’“ottimo”, il “massimo”, “da dieci”, “in perfetta forma”, oppure “così”, “tanto”, “quanto”, insomma l’ottimo culo iconico-emotivo, il massimo del prototipo del culo iconico-emotivo, le tail iconique-émotif da dieci, in perfetta forma, le Bon endroit “così”, “tanto”, “quanto”. Insomma: A.S., ei-es, ovvero ASS: 1. The iconico-sensitive (emotional) Ass . 2. The troubled introvert extension of Ass. La striscia connotativa per qualificare il “Tail” di Aurélia Jewess Steiner: a) an as (così, tanto, quanto) iconico-sensitive ass; b) an as emotional ass; c) an as surprising ass; d) an as easy-going ass; e) an as tender, loving ass; f) an as wonderful, splendid ass; g) an as superb, magnificent ass; h) an as endless ass.
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Petit à petit, vous me revenez du centre du monde, cette lumière du ponant, dans laquelle vous, vous et votre mère, vous tenez. Vous traversez la ville. Je vous vois rejoindre un hôtel du port. Aujourd’hui vous êtes votre mère. La Grande Ponante. Qui a, aussi même, un étroit de Georgia éclatant à sentimental-mécanique, grande maîtresse du vertige de la couture.
Le lendemain vous serez celle que j’ai croisée ce matin dans la ville et que j’ai regardée. Ā cause de cette robe légère peut-être e de cette allure du Ponante. Vous êtes la Petite-Ponante. Qui a, aussi même, un split-tail qui donne le Bonheur au monde, un étroit de Georgia iconique-émotif, de nerveuse-amorphe, Petite Pierreuse délice du Pacifique Nord.
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AURÉLIA KYLIE MYNOUGHT Aurélia Steiner de Melbourne
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Dans la chambre obscure, Aurélia Steiner lui a parlé de ces amants du rectangle blanc, elle lui a raconté l’histoire. Elle a chanté. Elle lui parlait, chantait, et elle entendait l’histoire. Elle la sentait sous soi, minérale, de la force irréfragable de Dieu, l’histoire.
Aurélia écrit tout le temps, toujours ça, rien d’autre que ça.
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Dans la chambre, je suis la femme qui se fait mousser le créateur, se colle une douce avec un godemiché, a dildo, gros, épais et élastique. Je viens avoir le sixième bonheur consécutif. D’abord je m’étais modérée à le frotter contre le Calibistrix, the Coozey, puis je m’avais enfilée la punaise, la caboche, the Head, entre le lèvres de l’histoire, toujours en stimulant le Calibistrix avec cette queue; puis je me l’avais introduit plus à fond en excitant le Calibistrix seulement de temps en temps; et après, couchée sur le dos, avec les jambes pliées, je me l’avais fourré jusqu’à fond; j’ai à peine fini, à genoux, en soutenant moi sur une main libre entre les jambes, de me pénétrer l’histoire par derrière; maintenant, mise à genoux, avec les fesses sur les talons, je saisis le “dildo”, désormais complètement enfoncé au dedans, avec toutes les deux mains, et je me se lance contre en mouvant les hanches, avec la précision et la force d’une danseuse.
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C’est que je désire. Que cela vous soit destiné.
Où êtes-vous ?
Comment vous atteindre ?
Comment nous faire nous rapprocher ensemble de cet amour, annuler cette apparente fragmentation des temps qui nous séparent l’un de l’autre?
Je suis dans cette chambre face à la mer. Sono ritornata da una passeggiata, per la città, mi sembra di averla attraversata la città, con la mia gonna grigia e il top viola, ho camminato sui sandali blue col tacco di due pollici, je vous ai vu rejoindre un hôtel du port. Aujourd’hui vous étiez un marin à cheveux noirs. Grand. Bitchin! Toujours cette magreur de la jeunesse ou de la faim. Mais, avant que vous rejoindiez votre hôtel, vous m’êtes venu après, vous m’avez emboîté le pas, mais je savais que vous alliez du côté de cette rue. Je vous ai donné l’éndroit du monde; moi, je vous tenais entre mon cadran solaire, je vous ai montré l’heure du Bonheur, le méridien du désir, entre mes fesses, nues dessous la jupe grise, je sentais votre braquemart, ou bien votre “dick-head”, bitchin, oh Bitchen!
Je marchais.
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Je sentais que vous me reveniez de l’envers du monde, dessous la jupe grise avec votre méridien, vous le voyez encore mon méridien dessous la jupe grise? C’est gros, bitchen, votre méridien, c’est lift up, hard-on, bitchen stiffy, is it woody, bitchen great?
Est-ce que vous voyez encore?
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Ils disent que tout avait été construit sur la terre.
Que tout avait été habité, occupé, par des peuples, des gouvernements.
Qu’il avait des palais sur les rives des fleuves et, entre les palais, des fourrés d’orties, de ronces et de nuées d’enfants courants. Des femmes, maigres.
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Je suis une femme maigre, une ectomorphe, mais je suis un peu mesomorphe, je suis une woman-flesh un peu kink, je m’appelle Kikey, Aurélia Kikey, una normolinea ectomesomorfa con un indice del pondus medio, mais j’ai l’allure de travers, the walk-style of lift up, I’m a woman-bitchen, una donna sentimentale-amorfa, in cui c’è l’ombra del paradigma nervoso, che dà alla mia andatura, più che un tocco di “gravità leggera” o di “sentimento de-emotivato”, un tocco di tenera eclatanza, di chiarità tesa, come se il vento sferzasse il mio podice con un angolo di 90°. Ma, je le sais, il y a quelque chose d’autre, le relâchement du lâche, je laisse-moi aller, je fait-moi prendre, moi, je donne du mou en cette allure de travers, je lâche la jouissance de ma fente du derrière, je donne la jouissance derrière. Je suis l’envers du monde, je suis l’allure de l’hémisphère Sud, “Minenought”, la bomba-zero4 du l’éndroit du monde, the “My-nought”, Minogue, of backside. 4
Più che “bomba-zero” come senso espressivo per “Mine-nought” ossia “mine-zero” se non “mina del nulla”, del niente, si potrebbe ricavare da MINOGUE qualcosa come My nought, cioè “Mio nulla”, “Mio Zero”, che rinvia, per la sfericità del nulla o dell’infinito, al nulla e all’infinito del “mondo-culo”, the bottom-world, the tail-world, ovvero the My-nought, il Minogue. Ma Minogue è anche “Mine” come verbo “scavare” e “ought”, come verbo modale di “dovere, è necessario”: quindi “Mine-ought” potrebbe corrispondere a “è necessario scavare”, “dovresti scavare”, un imperativo, un esortativo modale che, fatto da Kylie, che, essendo “Kyle”, “stretto canale tra due isole”, non lascerebbe dubbi su che cosa il marinaio dai capelli neri dovrebbe scavare. Kylie Minogue, l’ Aurélia Steiner di Melbourne, è dunque la Baiadera che esorta il marinaio a scavare nello stretto canale tra due isole nella Baia di Port Phillip. Minogue contiene, anche, per assonanza del senso dell’espressione, la “bomba “che è “minnie” e l’ “ought” modale esplicherebbe un enunciato come: “È necessario, dovresti lanciare la bomba”. Kylie, infine, oltre che essere l’incantevole “Kyle”, “lo stretto canale tra due isole”, rinvia, non solo al “Kill” di “to Kill”, “uccidere”, “respingere”, “smorzare”, “schiacciare”, “neutralizzare” ma, anche all’ “affascinante” all’ “indimenticabile”, all’effetto-Bitchen o Heimlich di “Killingly” (che è, appunto, “in modo
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Ēcoutez, je chante Can’t get you out of my Head.
Non riesco a cacciar via la tua testa. Dickhead. Vous l’entendez?
Non? Vous n’entendez plus rien peut-être ?
Non ?
Ēcoutez encore. Essayez. Essayez encore. 37
Comment venir à bout de notre amour ?
Avec le bout, je viens à bout de notre amour. Avec la punaise que j’entends.
Ēcoutez encore. L’étendue de mon cadran solaire, l’étendue de votre méridien, l’heure du Bitchen: l’inquiète étendue introvertie de mon allure, l’étendue hard, le degré woody de votre cas.
Je marche et je suis dans ma chambre avec le dildo, le godemiché, nous devrions nous rapprocher ensemble de la fin.
irresistibile”, “affascinante”). Insomma, è proprio necessario alla libido questo stretto canale in cui scavare o in cui (con cui, da cui) lanciare bombe.
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De celle de notre amour. N’ayez plus peur.
J’ai la peur bleue, la peur friponne du désir, je veux votre donkey dick quand je chante, je chante pour vous, je ne réussis pas à chasser votre dickead. Ēcoutez...
I just can’t you out my head Boy your lovin’ is all I think about I just can’t get you out of my head Boy it’s more than I bet you think about La la la La la la la 38
Mais qui êtes-vous?
Qui?
Comment cela se ferait-il? Comment cela se serait-il fait? Comment à votre nom?
Dans ce camp de l’Est allemand? Dans ces îles, ici?
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Ici, vous croyez? Non?
Moi, je ne sais plus. Io non ho conoscenza di quest’amore che ho per voi. Intero. Terribile. Bitchen. Je désire votre dickhead, è questo l’amore intero, terribile, terrific, che ho per voi.
E voi non siete qua per liberarmene. Mai. Mai, Non mi separo mai dal nostro amore.
Avec le godemiché, à genoux, mon cul sur les talons, jamais, je ne vous sépare de notr’amour. De votr’histoire. De votre ça. 39
Très, très longtemps, rien.
Et puis, une fois, vos yeux. Vos mains. Vos yeux et vos mains sur moi.
D’abord le bleu liquide de votre ça. Et puis, vous m’avez vue. Vous avez regardé l’immensité des choses dans le fracas des vagues, l’immensité de la force et puis vous avez crié Vous vous teniez au centre de la pierre des couloirs des voies de pierre de toutes parts
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Vous qui êtes nommé vous qui êtes doué d’identité je vous aime d’un amour indéfini
Il fallait descendre la falaise vaincre la peur la peur bleue du méridien Le vent souffle sur Melbourne Les vagues luttent contre le vent Elles avancent ralenties par sa force et patiemment parviennent à la paroi
Je vous aime plus loin qu vous J’aimerai quiconque entendra que je crie que je vous aime Je chante dans le vent et la faim, je crie. Dans la caverne noire Ēcoutez...
Every night Every day Just to be there in your arms Won’t you stay Won’t you stay Stay forever and ever and ever and ever La La La La
la la la la
la la la la la la
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J’appelle celui qui me répondra Je veux vous aimer je vous aime Depuis trente mille ans je crie devant la mer le spectre blanc Je suis celui qui criait qu’elle vous aimait, vous toi, boy it’s more than I bet you think about boy, I just can’t get you out of my head
Vous m’aviez dit dans la chambre obscure ou quand je vous croisé ce matin en Kilda Road avec ma jupe grise sous laquelle mon con suintait: cette ville engloutie, c’est notre terre obscure.
Il n’en reste rien que ce chemin de l’eau qui la traversait. Le fleuve. Ce fleuve.
Vous avez oublié?
Vous avez tout oublié?
Si fraîche, Melbourne, cette deuxième ville, vous disiez. Dicevate: delle storie si trascinano lungo il fiume, questa lunghezza fluviale così dolce che lei vorrebbe coricarcisi contro e partire con lei. L’aria così fresca, così calma e dinamica dell’Oceano Indiano, l’Oceano tenuto stretto nella Baia di Port Phillip, questa inversione del mondo, questa potenza tenera e sfacciata, della mia allure, dicevate, da Kikey, da “kinkey”, aggiungevate, woman-flesh kikey, è così che avete detto e io avrei voluto farvi il servizio, a serve head, a blow job rapido e calmo, a performance of oral sex on the penis all’aria così fresca, c’è
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del sentimento in questa aria di Melbourne, avevate detto: The sea air made me lift up.
Oui. Vous avez tout oublié. Je ne vous sépare de votre corps. Je ne vous sépare pas de moi. Je ne vous sépare de notr’amour.
Comment faire pour que nous ayons vécu cet amour? Comment? Comment faire pour que cet amour ait été vecu? 42
Dovrò partecipare al “Saturday Night Live” per farvelo fare duro cantando Can’t get you out of my Head in pantaloni bianchi, avec mon allure-bitchen, mon allure-betchen, dicevate, du sentiment-doodle, mon allure-bitchen della prossemica dell’asina, she-ass proxemics, o jenny-proxemics ma jenny kikey proxemics, precisaste, la proxémique de l’ânesse?
Vous avez oublié? Je chante et je suis l’ânesse de Melbourne, she-ass nell’aria che si sposta di traverso con una frescura calma che accarezza l’inquietudine, she-ass sul palco en chantant du Porth Phillip Bay5 cette blancheur blanche, ce brouillard infini, d’où j’atteins votre corps. 5
La stessa rotondità della Port Phillip Bay che, in qualche modo, sembra che sia uno zero e quindi abbia la sfericità un po’ ottusa, del nought, ottunde il senso, il paradigma, l’aria di Melbourne, fa di Aurélia Steiner, in arte Minogue, ossia “My-nought”, la cantante della Baia di Port Phillip, tanto più che quando “baia” non è il “seno di mare” ma è la bagattella, la bubbola, la burla, la canzonatura, che in french fa “blague”, “bagattelle”, “babole” ma anche “chanson” e “sornette” allora Aurélia Steiner chantant e chantant di questa babiole-sornette che è Can’t get you out of my Head si fa davvero vertigine, falaise, del senso, Heimlich somatico che ottunde la libido, per come è configurazione esatta del seno di mare, baia, di Melbourne, e del culo di mare, Sirena di Melbourne, che, con questa babiole-sornette, questa baia, incanta il marinaio, il navigatore, dai capelli neri.
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I sing the she-ass proxemics, I sing from Port Phillip Bay6 the she-ass proxemics for drawing up your dark blue dread, your hard-on of desire.
My name is Aurélia Kikey Kylie Steiner. I live in Melbourne. I have had eighteen years. I am a woman in her thirties. I sing:
La La La La
la la la la
la la la la la la
I just can’t get you out of my head La chanson, che è la baia, è questa: “I just can’t get you out my head / Boy your lovin’ is all I think about”. La chanson de la Baïes de Port Phillip che dà la baia al marinaio, gli fa l’“urlata”: “La la La / La la la la / La la la / La la la la // Then the dawn / Please swear to me / Don’t leave me locked in your heart / Set me free / Feel the need in me / Set me free / Play forever and ever and ever and ever”. La chanson de la Baïes de Port Phillip, che è una baia, una babiole, è cantata dal “Kyle”, da questo stretto canale tra due isole di Kylie, la Sirena che incanta il poeta esortandolo a scavare o a schiacciare, neutralizzare “my nought”, “il mio zero”, lo zero di Kylie Minogue. 6 La Baia, la chanson, che è meno ampia di un golfo con imboccatura relativamente stretta, la Baïes Port Phillip c’est la baïes, le Split-tail de Melbourne, c’est la chanson de Philippe, che, in argot, attiene alle “amandes jumelles”, alle mandorle che fanno incontrare, per il Good Morning, Philippe et Philippine, per il fatto che per avere il piacere, le bonheur, bisogna rompere il nocciolo, e il frutto, la mandorla, che è il segreto oscuro, l’Unheimlich, che è in Kylie, il désir di Aurélia Steiner, che vuole essere liberato. “The Good Morning Philip” di Aurélia Steiner per chi ha avuto una delle due amandes è cette chanson de la Baïes: Then the dawn / Please swear to me / Don’t leave me locked in your heart / Set me free / Feel the need in me / Set me free / Play forever and ever and ever and ever. Le marin aux cheveux noires entra nella Baies de Port Phillip per il canto, la baia, della Sirena Minogue, My Nought, e per la danza, la proxémique de l’ânesse, della Baiadera dell’Oceano Indiano. Che incanta il poeta anche per la “baiadera” che, essendo il tessuto rigato in tinte vivaci in seta, ottunde la sua Hard-on quando la Baiadera Minogue appare con un abito da scena in seta da baiadera di Port Phillip, éndroit du monde, étroit de la Baïes de Port Phillip. Insomma, la Baia di Port Phillip è la Baïes des Amandes Jumelles, Twin Almonds Bay, che custodisce, heimlich profondo ed evidente, inmost o innermost o soul, l’oscuro segreto-Minogue, il désir infinito di Aurélia Steiner My Nought, l’Hunoly, l’Unholy My-nought: la Sirena, la Baiadera, l’ânesse de l’Océan Indien, chante: La la la / La la la la: la chansn-soul, la chanson-babiole, la chanson-bottom, la chanson-bagatelle; the Poet land at Port Phillip Bay and he say “Good Morning My Nought”: La la la / La la la la: She-ass gli dà il dono, l’altra mandorla, gli dà la “philippina”, l’amour-double de Aurélia Kylie Steiner de Melbourne: “Then the dawn / Please swear to me / Don’t leave me locked in your heart / set me free / feel the need in me / Set me free / Play forever and ever and ever and ever”. “Allora all’alba” quando il poeta che ha una delle mandorle gemelle, dice “Good Morning My Nought”, “per favore giurami di non lasciarmi chiusa nel tuo cuore”, “dammelo ampio, mettimelo a punto, esente”, “senti il bisogno in me”, “mettimelo franco”, “sfiora, per sempre, gioca contro, fai giochi d’acqua, ancora, tira, ancora, lancia, ancora, zampilla, ancora”, Play forever and ever, la la la, la la la la, la la la, la la la la.
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Boy your lovin’ is all I think about I just can’t get you out of my head Boy it’s more than I bet you think about La la la La la la la La la la La la la la Then the dawn Please swear to me Don’t leave me locked in your heart Set me free Feel the need in me Set me free Play forever and ever and ever and ever La La La La
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È straordinario rilevare che, come abbiamo già rinvenuto in precedenti studi, al Meridiano quando la Sirena o la Baiadera fa l’incantamento culmini o passi Giove, come in questo caso, o Marte. Al Meridiano di Melbourne, che è 145° Est, non ci crederete, ha effettuato il passaggio il Giove di Minogue, che, essendo a gradi 147, è ampliato dal sestile di Mercurio, la baia, la chanson, il cantare, la prossemica, che è, a sua volta, in aspetto con Urano e in congiunzione con S, il dispositivo di sessualità. In più, l’altezza di Giove è pari a 149°: difatti, il 28 maggio 1968 ha una declinazione di 21°38’ N che, addizionata alla Latitudine di Melbourne, dà 59°28’. L’altezza in una regione situata a nord dell’Equatore sarebbe di 30°32’; per Melbourne, invece, bisogna sottrarre questa altezza da 180° : 180° - 30°32’ = 149°28’. Posto in modo virtuale il Medio Cielo al Meridiano di Melbourne, cioè a 145°, avremo in ragione della Latitudine a 37°50’ Sud, l’Ascendente a 16° del Sagittario e il Vertice XI, che è il settore del sesso scenico, a 27° della Vergine. I pianeti della Baiadera sarebbero virtualmente in questa posizione veramente Innermost:
la Luna
all’orizzonte ovest sul vertice della VII con Marte in aspetto con Giove al MC: la spettacolarità dell’incantamento, l’amplificazione della She-ass proxemics; Urano sulla cuspide della XI accentua il carattere hardon della She-ass proxemics che si fa davvero “Unholy Soul”, spirito tremendo, terribile, con Marte e Sole all’occidente della prima fascia oraria del crepuscolo; sulla cuspide dell’VIII, il settore del sesso “awful”, c’è la Luna Nera di Minogue, che è la luna dell’indecent, dello schocking, l’Inmost empio e Marte/Urano del poeta-swinger, i vettori dell’eretismo perpetuo, erezione-baia, incantamento demonico che non ha fine; la cuspide della IX, che è il poeta-swinger, corrisponde, è davvero incredibile!, al Sole e all’Ascendente del poeta-swinger incantato dalla Baiadera e, ancora più strabiliante, al Mezzopunto Luna/ Giove di Minogue. Questa è la mappa, la monografia, della She-ass proxemics di My Nought, la baiadera, il demone meridiano di Port Phillip, Longitudine 145° Est, Latitudine 37°50’ Sud.
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Aurélia Kylie Mynought è apparsa online su pingapa il 3 dicembre 2011│
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AURÉLIA STEINER DE LA PIEDRA Aurélia Steiner de Buenos Aires
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No se recorda bien de la que ha encontrado esta mañana en ciudad, en plaza Lavalle o en plaza de la Republica debe haber encontrado una otra persona. O quizás era la misma figura que encontró por la Avenida de Mayo.
Le pregunto de qui ha el deseo. Me dice de aquélla de la mañana. Le digo que era yo. Le digo: quiero os dar un nombre. Lo pronuncerete, non capirete perché e per quale motivo io vi chieda di farlo, di ripeterlo senza comprendere perché, come se ci fosse qualcosa da capire.
Le digo el nombre: Aurélia de la Piedra. Se lo escribo en una página blanca y se lo doy a él. Lui decifra con lentezza, poi mi guarda per sapere se ha letto bene.
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No digo nada. Yo me acosto al lado de él. Ēl repete el nombre, él ve que yo le escucho.
Il est maladroit tout d’abord, ne sachant dans quelle langue le dire, puis ensuite il jette le papier, il vient près de moi et me regarde et me parle avec le nom.
Me desnuda con cuidado. Dispone de mucho tiempo. Empeza a descubrir el cuerpo de Aurélia de la Piedra.
Ella no mira nunca los ojos parados en el rectángulo platense, cómo se ella fuese en Avenida 9 de Julio.
A veces dice el nombre completo. A veces dice sólo el nombre. A veces el apellido sólo. No sabe decir ninguna más palabra.
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Glieli dice nei baci, le labbra contro la pelle, glieli dice a voce bassa, glieli grida, li chiama all’interno del suo corpo, contro la bocca, contro il muro. Tiene loro testa. Talvolta si ferma in un contenimento che lo fa gemere, allora non ricorda più i nomi, e poi, piano piano, di nuovo glieli dice con uno sforzo doloroso come se il dirle i nomi ne fosse la causa. Él dice: Judía, Judía Aurélia, Judía Aurélia de la Piedra.
Él está a la entrada del cuerpo d’Aurélia de la Piedra, falta allà, siempre en la cuidado, l’atención, estrema de zurrar el suplicio hasta su límite. Después él cabe en el cuerpo. Con un movimento mucho lento, opuesto aquél de su ímpetu, entra en el cuerpo d’Aurélia de la Piedra.
La lentitud hace gritar los amantes.
En el rectángulo color plata de Avenida 9 de Julio, una de las avenidas más anchas del mundo, mi madre Aurélia Petrone, la grande zorra de Buenos Aires, grita el amor loco. Elle n’entend8 déjà plus. 8
L’entender, che è il “comprendere” francese, riflette il verbo entender, spagnolo, che può essere inteso anche come “penetrare”. Ella no entende mas potrebbe essere, ed è, “lei non penetra più”, che, rapportata al caber, “entrare”, di cui sopra, darebbe un “él no me cabe mas”, egli non mi prende più. Tutto questo ci fa pensare al “esto no me cabe en la cabeza” (ciò non mi entra in testa), che, nell’amor de cabeza, che è l’“amor loco”, va convertito in “esto me cabe en la cabeza”. Ogni riferimento alla babiole “Cant’t get you out of my head” di Aurélia Kylie Mynought è da essere inteso puramente intenzionale. Aurélia Petrone, la grande zorra de Buenos Aires, vs Juana la Loca. Ovvero, Aurélia Petrone è a Señora Lopez degli argentini, la toscana Simona, la Filippa veneta, la Giorgia pavese, la Giovannina o Peppinella romana, la Bernarda o Francesca? Cfr. per questi nomi gergali di “Muliebria”: Bruno Migliorini, Dal nome proprio al nome comune, Casa editrice Olschki, Firenze-Roma-Ginevra 1927: pag. 241 e pag. 308.
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Aquí, éste es el lugar del universo en cuyo se halla Aurélia de la Piedra. Ella se halla aquí y ninguna parte en otro lugar en las tierras de las sociedades protegées d’elle, la mer, protegidas de él, el mar.
Ella quiere que el centro del miedo se corra. Que èl gire alrededor de ella. Ella quiere que el mundo entero la tema, usted, Aurélia Steiner de la Piedra.
Yo me marcho en la ciudad toda adormecida en el pleno dia afilado y immaculado del cielo de tormenta. El mar es allá, a su espacio, escondito en su agujero. La ciudad es blanquada por la sal, ella es petrificada en el caos en cuyo el mar la ha dejada. 50
Yo camino.
Poco a poco, sin que yo sienta nada venir, vosotros me tocáis del exilio de la noche, del opuesto del mundo, esta sombra negra, en la cual os detenéis. Vosotros habéis atraversado la ciudad. Yo os veo llegar a plaza Dorrego, dónde hoy ha el mercadillo de las pulgas. Aujourd’hui, cette dimanche du soleil salé, vous êtes un marin à cheveux noirs. Vous vous êtes rétourné, vous avez hésité et puis vous m’avez touchée.
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So già che la prossima notte verrete di nuovo al San Telmo e la cercherete, elle, celle que vous avez touchée au marché de plaza Dorrego, à cause de cette robe légère peut-être ou pour la jupe grise o per i pantaloni aficionados como se fuesen entre el estrecho del mundo y el lugar de su opuesto, el opuesto del universo.
Vosotros sois ido a acostarve en esta profundidad del mar, en la cara al cielo helado. Ella estaba aún calorosa, febril.
Chiquita. Muchachita. Amor. Pequeñita. Palomita. Platensilla. Vulvuela del Atlantico Sur. Zorruela del Nueve. Gozita. Regodeita del Dorrego9. Putuela-dorrego. Caricia del sol. Cuadrante de la Plata. Diablita. 9
Si noti la specularità della forma espressiva Dorrego e regodeo, godimento, piacere, che fa esplodere il paradigma di entrambi nell’incontro tattile al Mercadillo del domingo. Essendo Aurélia Steiner una ectomesomorfa longilinea, un tipo costituzionale che, in Italia, aderisce di più al contatto pubblico nelle province della fascia avanzata molto urbanizzata (Milano, Torino, Roma, Genova, Bologna, Firenze) arrivando ad accettare l’Item 0 del Contatto (ovvero: “accarezzare e trattenere o toccare pienamente con il palmo le natiche”), gli item D-E della Carezza (“premere con decisione o addirittura tastare o manipolare”) fino al Fattore cinestesico 5 (“toccare con il pube”), non si può che correlarla per Buenos Aires con altri tipi costituzionali, come se fossero, virtualmente, altre Aurélia Steiner con una struttura morfologica diversa, tenendo presente che Buenos Aires ha come T-OK (=Tasso di Accettazione dell’approccio tattile) un valore pari a 18 (cfr. il T-OK di: San Miguel de Tucuman: 10.5; Santa Fe: 4.5; Cordoba: 4.5) che, in alcune zone della città [Calle Florida (in special modo Galleria Pacifico), San Telmo, Plaza Dorrego] e in determinati periodi dell’anno, manifesta un tasso di accettazione elevato (cfr. per la comparazione con il T-OK delle città italiane, il IV capitolo in: V.S. Gaudio, T.A.T., Trattatello dell’Approccio Tattile, © 1998). Tipo costituzionale Brevilinea ECTOMORFA Brevilinea MESOMORFA Normolinea ECTOMORFA Normolinea MESOMORFA Longilinea ECTOMORFA Longilinea MESOMORFA
Contatto
Carezza
Fattore Cinestesico
i2
A-E
4-5
i1
C
4
i0
C
4
i0
D-E
2-5
i1
C
4
i0
D-E
5
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L’avete chiamata con nomi diversi, da quello di Aurélia, Aurélia Steiner de la Piedra.
En su profundidad otra vez ella, con su modo de andar del Sur, aquel su modo de caminar que ha el gran movimiento de la pampa que está en ciudad, aquél volver, redondo, aquela amplitud de Avenida Nueve de Julio, dónde la habíais visada venir de poniente, que al improvviso se es hecha tacto, proximidad irresistible en plaza Dorrego, amor, amour, la mer-chose, el mar-cosa que se toca, o se compra aquí, ahora, en este mercadillo del domingo.
Y después, yo hé os hablado de la historia.
Os hé hablado por mucho tiempo. Os hé contado la historia. Os hé hablado de aquelles amantes del rectángulo-plata que es tan ancho, el más ancho do mundo, que parece Avenida Nueve de Julio. Os ablía y entendía la historia. La historia la sentía debajo de mi, la historia mineral, con la fuerza incontrastable de Dios. Mi historia.
Legenda Contatto: i2 toccare una parte, un punto del corpo i1 sentire il corpo della toccata i0 accarezzare e trattenere o toccare pienamente con palmo le natiche del corpo desiderato Carezza: A sfiorare o tambureggiare C premere con dolcezza D premere con decisione E tastare, maneggiare, introdurre il dito nel solco, nell’estrecho Fattore Cinestesico: 2 toccare con avambraccio, gomito, ginocchio 4 toccare con gambe, coscia 5 toccare con pube
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Soy temblorosa de deseo de vosotros que yo le amo.
Yo les yunto por medio de vosotros y de ellos numero yo os hago. Vosotros sois lo que yo soy, lo que no hé todavía tenido lugar. De todos vosotros, yo, soy siempre el unico, irreprimible lugar del mundo, el inalterable amor.
Lo Zahir10, quien soy, que vosotros habéis visado, terrible imagen que se es hecha tacto en plaza Dorrego, dónde la tigre que vosotros habéis visado desde lejos en Avenida 9 de Julio, la habéis mas veces tocada tan que temblóna de deseo yo hé visado vuestra rozadura, irreprimible lugar del mundo, inalterable amor, mi Zahir, el nombre con el cual nosotros podemos llamar noventa y nueve veces la historia, mi historia y tu biografia. 10
Lo Zahir, che a Buenos Aires è una moneta comune da venti centesimi; che, come scrive Borges, a Guzerat alla fine del secolo XVIII fu una tigre; in Giava, un cieco della moschea di Surakarta; in Persia un astrolabio che Nadir Shah fece gettare in mare; nelle prigioni del Mahdí una piccola bussola; nella moschea di Cordova una vena nel marmo di uno dei milleduecento pilastri; nel ghetto di Tetuàn il fondo di un pozzo. Lo Zahir è l’ombra della Rosa e lo squarcio del Velo; “Zahir, in arabo, vuol dire notorio, visibile; in questo senso, è uno dei novantanove nomi di Dio; la gente, in terra musulmana, lo usa per “gli esseri e le cose che hanno la terribile virtù d’essere indimenticabili e la cui immagine finisce per render folli gli uomini” ( Jorge Luis Borges, Lo Zahir, in: J.L.B., L’Aleph, trad. it. Feltrinelli, Milano 1979: pag. 109). Lo Zahir è come l’ Unheimlich, la Tigre, l’apparizione, il simulacro, l’immagine, la densità estetica di Milan Kundera. In tedesco, la radice Zäh vuol dire “tenace”, “duro”, “denso”, “viscoso”, “lento” e la qualità Zähigkeit è la “tenacia”, la “durezza”, la “densità”, la “viscosità”, l’“intensità”. Come a dire che lo Zahir è qualcosa di denso, di duro o tenace, lento, che si fa vischioso, ricordo, che si “impracchia” nella mente, densa, intesa immagine di un essere, di una cosa, indimenticabile. Il segno, il significante, anche il più umile, che racchiude la storia, es la historia, lo specchio del conno, quel quid che rende l’oggetto inolvidable fino a farne il fantasma del regodeo, quello che va ripetuto 99 volte, noventa y nueve veces, finché la fenditura, la fantasia, il segno non vorrà più dire nulla. Lo Zahir è il Mana, “fortissimo”, l’Orenda, “terribile”, “potente”, è Manitu, Mulungu, Αινως, che è “terribilmente”, “molto”, “assai”, Bonheur, il Vakanda dei Sioux, il grande spirito, il Brahman, l’“indicibile”, il “sorprendente”, das Schaudern, il “brivido di meraviglia” di Goethe, la divinità momentanea di Cassirer. Dandogli “lo” come determinativo neutro in spagnolo, “lo Zahir” è “ciò che è Zahir”. LO ZAHIR: LO INOLVIDABLE ↔ LO ZAHIR: CIÒ CHE È INDIMENTICABILE. Il punctum di Barthes, o bien “el sentido obtuso”, o “torpe”: la significación torpa?
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Hacia la tarde, ahora, hay sempre de los golpes de luz al horizonte, incluso si el tiempo ha estado nublado durante todo el dia, incluso si ha llovido,las nubes, al instante, se alejan, se apartan y dejan pasar la luz del sol.
La tarde, aún.
El hé visado con este golpe de luz sobre el mar adormecido. 54
Mi Zahir, yo hé fijado los ojos.
Yo lo estoy para hacer. Yo hé dejado aparentemente de os escribir. Yo siento sus manos en mi culo.
Así, veo el color líquido y azul del deseo, el miedo bribón de la gana, yo veo tambien la juventud, yo toco el Meridiano de lo Zahir, el Meridiano de mi Zahir. Lo que ha noventa y nueve nombres, y noventa y nueve veces, sin que yo sepa su nombre, me revela la historia, esta terrible virtud de ser inolvidable. Yo grito 99 veces mi Gozo en mi cámara oscura colocada entre plaza Lavalle y Avenida Lavalle, yo siento la vastidad del Meridiano el cual ascendie en este cielo de sal de
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este 9 de Enero amplio, ancho, inmenso, pomposo hasta reflejarse en la amplitud incontenible de Avenida 9 de Julio.
El marinero de cabellos negros es detrás la ventana abierta. El me mira.
Él me dice que era en plaza Dorrego mientras vosotros me tocabais el trasero. 55
No se recorda bien de la que él ha encontrado esta mañana en ciudad, en las calles peatonales del shopping, en torno a plaza de la Republica o a plaza Lavalle. Debe hacer encontrado una otra persona. Le pregunto de qui ha gana. Me dice de aquélla de la mañana.
Le digo que era yo.
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Yo me llamo Aurélia Steiner de la Piedra.
Yo habito en Buenos Aires.
Yo hé deciocho anos.
Yo os escribo.
Repetiré vuestro nombre hasta que no querrá más decir nada. Atraverseré la via del deseo y quizá termineré para desgastar lo Zahir por fuerza de lo pensar y de reflexionar alrededor de vosotros. Voi che avete visto la Tigre, vosostros que habéis visado la Tigre, atraversar la vastitud de vuestro horizonte, os es parecido que proveniese de Avenida 9 de Julio y tenés sido seguro cuan lo Zahir es volvido vuestro Meridiano en el mercadillo de las pulgas en plaza Dorrego, por esta absoluteza del momento, el modo de andar de la pampa pero azul, de una extensión introversa del iconico, que es cómo si la estrella del Nueve de Julio fuese carne y cuerpo del Ser-ahi al paso de bolina apretada por Avenida 9 de Julio, en un domingo de 9 de Enero, profonda y instantánea, maravilla de la indiferencia que acaricia, cómo el mar extenso que toca en el horizonte del cielo, el trasero del cielo, amplitud de latitud que está blandamente detrás del meridiano del Gozo, a Buenos Aires, para 99 veces se es hecha la sombra de la rosa, 99 veces en las horas desiertas de la noche y de la contrhora vosotros
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AurĂŠlia Steiner â–?
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la habĂŠis visada caminar por las calles de Buenos Aires, os sorprender siempre por el paso de bolina en las calles peatonales del shopping en el centro y hacer culminar vuestro Bonheur en el Meridiano a plaza Dorrego, por este andar-Zahir, aquel andar del regodearse, el modo de caminar del regodeo, que a veces tiene la falda grisa, a veces tiene el jeans, a veces tiene los pantalones platenses, siempre es el estrecho de los Buenos Aires, el Justo Medio del Meridiano del Gozo, o bien el cuadrante solar, la esfera del Bonheur, el sol del Nueve de Enero en Buenos Aires.
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INDICE
La langue toquade
│ pag. 4
Aurélia Judéia Pedregoso
│ pag. 6
Aurélia Jewess Stone
│ pag. 20
Aurélia Kylie Mynought
│ pag. 32
Aurélia Steiner de la Piedra
│ pag. 46
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Aurélia Steiner © 2004 V.S. Gaudio│ Lebenswelt da Marguerite Duras │
2015 from Issuu
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Aurélia Steiner. La langue toquade Aurélia Judéia Pedregoso▐ Aurélia Jewess Stone▐ Aurélia Kylie Mynought▐ Aurélia Steiner de la Piedra▐
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