Il Nome proprio della Castagna │V.S. Gaudio

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V V..SS.. G GAAUUDDIIOO Es una mujer alrededor de veintidós años, pálida,del óvalo perfecto, de los ojos grandes y oscuros, de los capellos muy negros divididos sobre la frente y recogidos en una gruesa castaña sobre la nuca.Es una mujer de formas sobrantes. La veamos desvestida, o sea llevar largas bragas orilladas de encaje y una blusa de la cual se desborda un seno monumental. Dos amigas quieren de le atar el corsé, haciendo aquí entrar a duras penas el seno abundante y rebelde. Las bragas, de forma a la antigua, son abiertas en el trasero y dan a vislumbrar las caderas potentes. (Piero Chiara, I Promessi Sposi, Mondadori 1996 passo trad. in spagnolo da V.S. Gaudio)

ILL NOOM MEE PPR RO OPPR RIIO OD DEELLLLA A CA ASST TA AG GN NA A La bobalicona que hace bobina cazó el prometido por casar el acuña, que cazadora la cazurra! Mas como puede ese cazo presumir este gozo?

Il vento iconico Lucia ha la luce di jyotis , la luminosità del mondo celeste che un po’ c’è già nel trigramma superiore del suo esserci allorché la linea spezzata della polisemia, che è in mutazione, si fa intera: da vento, Sunn, che è il trigramma superiore nel segno 53.Tsien, che è il “progresso graduale”, lo “sviluppo”, si fa Cielo, Kkienn, che è il trigramma superiore nel segno mutato 33.Il ritirarsi. Lucia è questa notte rischiarata dalla linea di jyotsha, che è tutta nell’”Osteria della Luna Piena”, in cui passa Renzo, luogo Heimlich che, nel testo di Chiara, è tutto contenuto nell’esagramma che virtualizza il corpo iconico di Lucia Castagna: questo suo esserci così iconico, poco complesso e polisemico, tanto pregnante, con un codice univoco, monosemico, nella evidente, inesauribile, carica connotativa: al sesto posto, il 9 sopra è quello dell’iconicità che è altissima, e dà una linea intera — ; al quinto posto, il 6 della complessità bassa dà un’altra linea intera —; al quarto posto, la polisemia è insufficiente, perciò la linea è spezzata ----;


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al terzo posto, c’è la pregnanza alta e un’altra linea intera —; al secondo posto, la linea spezzata indica l’inesauribile carica connotativa ----; all’inizio, l’univocità somatica e poderosa è quella definita “sanguigna” a codice ristretto,perciò la linea è spezzata ---- . Il trigramma superiore è Sunn, il vento; il trigramma inferiore è Kenn, il monte; il segno è il 53.Tsienn, lo sviluppo, il progresso graduale: “La fanciulla viene data in sposa”1. La potenza somatica di Lucia Castagna è quella dello sviluppo, ha in sé la sentenza: “la fanciulla viene data in sposa”. Sembra che il commento di Wilhelm le sia davvero cucito addosso, oppure questa pregante iconicità della Lucia di Piero Chiara somatizza l’esagramma 53. Tsien, che, non ci crederete, è lo stesso che rappresenta il corpo della ventenne Mariel Hemingway, quello che è stato definito il “Patamariel” o il “Giummariel”, che è come l’albero sul monte e si vede assai da lontano e il suo sviluppo influisce sul paesaggio dell’intera regione2. Dice Wilhelm che “esitante è l’evoluzione che conduce la fanciulla a seguire il marito nella sua casa. Devono essere compiute le varie formalità prima che il matrimonio abbia luogo”3. Diamo noi al “Patamariel” il significante di podice della luna piena di novembre: questo suo esserci da 53, che si connette, pur essendoci plateali differenze costituzionali dovute alle differenze razziali e temporali, alla potenza non solo del podice di Lucia Castagna, questo suo essere “Monte”[anche nell’esagramma della mutazione quando si fa, per la polisemia variabile, il 33, che è Tunn, “la Ritirata”4, cosa ancor più strabiliante per come, sia in Manzoni che in Chiara, il romanzo si chiude], anzi, nella “Ritirata”, sul “Monte” c’è il “Cielo”, il mondo luminoso di Lucia e della luna, laddove prima c’era il “Vento”, per come, appunto, nella trama dello sviluppo graduale, è anila piuttosto scura, una giumenta nera, che deriva o è prodotta dal vento, questo soffiare di vå, l’aria di vå che quando è vata è come se fosse in un recinto, una semantica del sesso che va e soffia in un luogo determinato e circoscritto, in cui il dio del vento, che è vata, penetra per l’iconicità altissima ed irredenta, così poco complessa e poco polisemica, di Lucia. Lucia, per la polisemia bassa, che è il 6 al quarto posto, è come l’oca regale che si avvicina gradatamente all’albero5 e raggiunge forse un ramo piatto; per la complessità inarticolata, che è il 9 al quinto posto, è come l’oca regale che si avvicina gradatamente alla vetta e la moglie che per tre anni non rimane incinta, nel senso che ogni domenica si fa frate Cristoforo, quando vuole si fa Don Rodrigo e l’Innominato e lo può fare per almeno tre anni tanto non s’ingravida; per l’iconicità poderosa, l’indice del pondus, come vedremo, è vicino allo 0 assoluto, tra podice e seno, è come l’oca regale che si avvicina gradatamente alle alte nubi, nel senso che le sue penne si possono adoperare per le sacre danze, cosa si può aggiungere per un indice del pondus così altamente stratificato?


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Come si può scrutare la placidità del seno e del podice di Lucia? Questa iconicità delle più eccelse altezze è il Vento che soffia sul Monte, che non è quello della contemplazione dell’esagramma 20, quello dell’aspetto e della contemplazione, dove il Vento soffia sulla Terra6, è il vento della riga superiore dell’iconicità fatta di legno e di pane che, come fa dire a Don Abbondio Piero Chiara, non è certo per i denti di un povero Brambilla qualsiasi. Coger una castaña o una veinticinco? Lucia Castagna, questa donna sui 22 anni, “dall’ovale perfetto, dagli occhi grandi e scuri, dai capelli nerissimi divisi sulla fronte e raccolti in una grossa crocchia sulla nuca”7, dall’iconicità tanto pregnante che ci vogliono due amiche per allacciarle il busto, “facendovi entrare a fatica il seno dovizioso e ribelle”8, è come Lucia Mondella, l’introversa e pudica eroina di Manzoni: se Mondella, come ci ricorda Chiara stesso, è la castagna arrostita, la Castagna in sé, che la Châtaigne francese, che in argot è “moussue”9, si fa per questo più “muschiosa”,connessa com’è al verbo “mousser” che fa schiumare e spumeggiare, come se le sue forme esuberanti di cui ci narra Piero Chiara non potrebbero che essere spumeggianti, qualità del tutto connessa al nome che, essendo Lucia un “recipiente di terra cotta di pancia piuttosto grande”, non può non allargare il paradigma con l’acqua dell’argot lucia10, che insomma è sempre pieno, bagnato, spumeggiante, schiumante; o con la locuzione del “prendere una lùcia”, che essendo una sbornia, commutata in “prendere una lucia” potrà essere una sbornia sessuale, tenendo conto anche del fatto che la locuzione poi in uso in toscana fu commutata in “prendere un’anatra”11, tanto che si potrà inferire che il massimo del “prendere la lucia” è prenderla, tra curati, frati, bravi, signorotti e innominati, nella posizione che il Foutre du Clergé de France denomina “L’anatra”12, la numero 25, in cui Lucia esalta il poderoso podice prendendo la sbornia tra schiuma, acqua, spuma e luce dell’anello solare, che,poi, detto tra noi, è la posizione più naturale del 9 al quinto posto nell’esagramma 53, quella della linea in cui si può prendere l’anatra per tre anni senza alcuna restrizione per la durata della sbornia. Nel determinismo numerico che fa capo a Freud, denumerando le lettere di Lucia Castagna, il numero fatidico dell’eroina di Piero Chiara sarebbe il 25, che, per dirvela tutta, è l’arcano che nei Tarocchi è il Cavaliere di Bastoni13. Lucia Mondella, trattando il nome con lo stesso alfabeto rosacrociano, avrebbe come numero il 26, che, udite udite, è l’arcano che nei Tarocchi è il Fante di Bastoni14: questa evoluzione dura e carnale, questo essere sotterraneo e introverso, pudico in Manzoni, si va dalla sentimentale intuitiva che è la 26 alla sentimentale sensoriale che è la 25, un po’ dal fallo moscio del fante alla potente erezione del Cavaliere, che, però nella profondità del paradigma esoterico, è quasi parallela:


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la 26 è connessa alla lettera Z, come cifra d’adulterio e d’inganno, poco favorevole all’unione, che prescrive nemici sconosciuti e potenti; la 25 è connessa alle lettere U e V e alla seconda decade del Toro che sembra rendere copiosa e infinita la pratica sessuale nello sviluppo graduale e progressivo della promessa sposa. L’Indice Costituzionale e l’Indice del Pondus della bella baggiana Non avendo indicazioni sull’altezza di Lucia, ed essendo i parametri medi del Seicento nettamente più bassi rispetto a quelli di oggi(160169), si può comprendere la Normolinea, che Lucia dovrebbe essere, tra 156 e 165 centimetri: con un’altezza di 156 cm, un seno di 87 centimetri è già di tipo mesomorfo pesante; un seno di 90 centimetri è già abbondante, mentre il dovizioso sarebbe sui 94,95 centimetri(roba da Indice Costituzionale 60.25!); con un’altezza di 165 cm, un seno da 90, darebbe un Indice Costituzionale pari a 54.44 e la Normolinea Mesomorfa sarebbe pesante; con un seno da 95 cm, sarebbe di tipo Normolinea Mesomorfa abbondante; il seno dovizioso comporterebbe un potente apparato da 4041 pollici: difatti a 40 pollici(=100 cm), l’Indice Costituzionale sarebbe pari a 60.6015. Le anche potenti e il gran didietro elogiato anche da Osio, con questo monumentale e dovizioso seno, dovrebbe darci un tipo con un pndus altissimo. Proviamo a calcolarlo: presupponendo un’altezza da normolinea abbastanza alta per i parametri dell’epoca, 165 centimetri, e un seno da 100, che per dare l’Indice Costituzionale pari a 60.60, non potrebbero che essere connessi al peso di 65 chilogrammi,avremmo: [Stat – (Peso + Seno o Fianchi)= Indice Pondus]165 - [65+100=] 165 = 0, che è l’indice altissimo, monumentale, la dovizia assoluta, essendo il valore “altissimo” dell’Indice del Pondus contenuto in ordine decrescente da 11 a x. Anche la “bella baggiana” per i bergamaschi di Manzoni può specchiarsi in misure più o meno monumentali: una normolinea meso-endomorfa, con quel pizzico di fuori-quota che la rende appunto “bella baggiana”, cioè “bella fregna per la fava”, o il glande della fava, insomma una bellezza modesta, non esposta, contenuta, introversa, ma che, pur deludendo alcune aspettative immediate, non sfugge ai bergamaschi quando, in questa sentimentale apatico-flemmatica, vedono una “bella baggiana”: “Avete veduto che bella baggiana che c’è venuta?” La baggiana, la nigaude,la bêtise, la conerie, la joberie: espressione pesante che dà tutto il peso, il pondus, di questo fascino nascosto di Lucia Mondella: d’altronde il significante somatico di una sentimentale apatica è sempre un culo poderoso e un seno altrettanto copioso.


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Lucia Castagna è, nella tipologia junghiana, una sentimentale sensoriale, è pur sempre una nigaude, una bella baggiana, ma con un saper fare in senso nascosto astuto e basso: è maestra nel rischiarare tutto ciò che le si accosta, come se la sua luce fosse quella del bagliore didonico, quella dell’anello solare di Bataille, se vogliamo16. L’esagramma 53, il bioritmo e le posizioni del Joder La ventiduenne promessa sposa che nella sua stanza al primo piano si sta vestendo per la cerimonia dell’8 novembre 1628 sarebbe, considerando in modo univoco i giorni dei 22 anni come 8030, al 3° giorno del ciclo Fisico, al 22° giorno del ciclo Emotivo e all’11° giorno del ciclo della Risonanza; assolutizzando la data e la scena, avremo uno stato significato dalla formula F+ E- R+17, ovvero il carattere sanguigno, come lo intende la caratterologia francese di Heymans e Le Senne: non emotivo, attivo, primario. Chiara dice che è pallida e che la sua faccia, mentre si sta vestendo per andare in sposa a Renzo Brambilla, non è allegra. “pare, anzi, contrariata”18. Insomma, una bellezza con un’aria di Baudelaire tra la “svanita”, quella “di dominio”, un po’ “cattiva” e “impudente”. Questo stato bioritmico, in una nostra correlazione con il Foutre du Clergé, sarebbe tendenzialmente abbinabile alle posizioni 16 e 3319: la prima è quella denominata “il rovescio della cinese”, in cui lei si mette in ginocchio col culo sui talloni, la testa appoggiata sulle braccia, e Don Rodrigo, inginocchiato, che l’infilza e spinge jodiendo nei due buchi; la seconda è quella denominata “la misteriosa”, in cui Lucia si siede, anche in carrozza, sempre sul pennello di Don Rodrigo jodiendo davanti ai bravi che l’accompagnano o altri viaggiatori. Anche questi semi numerici sembrano avere in sé il germe dell’esagramma numero 53, questo progresso graduale, della fanciulla che viene data in sposa e che nella progressione dei segni misti e nell’immagine, in cui sul monte è un albero che cresce in grandezza, dona ombra e influenza così per natura sua le cose che gli stanno d’intorno: Lucia è un esempio della forza attiva che migliora i costumi del vicinato coltivando costantemente la propria virtù. “L’albero sul monte è similmente all’albero sulla terra(Kkuann, l’Aspetto, N°20), un esempio che agisce. Nel contempo la placidità del monte è l’immagine del dimorare in dignitosa virtù, e la qualità penetrante del legno(ovverosia del vento) è l’immagine dell’effetto buono che emana dal buon esempio”20. Riferisce Wilhelm che l’immagine costante di tutte le singole linee è l’oca reale, simbolo della fedeltà coniugale, e infatti il segno si riferisce al matrimonio21: difatti, la posizione della Misteriosa, come prescrive il Foutre, è da assumere in carrozza quando tornando da una passeggiata o dal ballo, la giovanotta vuole essere fottuta anche in presenza della cara mamma, l’importante è che el jodidor la prenda alle spalle


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Come, d’altronde, nella 16, in cui in ginocchio lei oggi con questo bioritmo non è allegra, la testa appoggiata sulle braccia e non prostrata sul letto, si fa fottere da Don Rodrigo o sul divano da Fra’ Cristoforo sol perché non è ancora sposata. Questa è come il 6 all’inizio, l’oca, che si avvicina gradatamente alla sponda, che sta accanto al segno Kkann, l’abissale, l’acqua, non è Lucia il “recipiente di terra cotta di pancia piuttosto grande”22? Nello stesso giorno in cui “va tutto a monte”23, e in cui Don Abbondio dice, papale papale, a Renzo che Lucia non è pane per i suoi denti, l’allegria che sottentra in Lucia, non si può non restare di stucco nel rilevare che Renzo, rispondendo indignato a Don Abbondio che gli urla “ E allora ti romperai le corna!”24, risolve , nella stessa scena, tutto lo sviluppo del segno Tsienn: “Ma chi me le romperà?(…)quello spaccamontagne di Don Rodrigo?”: innanzitutto, il progresso graduale ha in sé il “Ritirarsi” del segno 33, cioè anche lo “spaccamontagne” di Don Rodrigo, che, perciò, gli ha spaccato le corna a Renzo, e ha spaccato anche il Monte, che è il trigramma inferiore assoluto di Lucia, non attenta all’immagine costante di tutte le singole linee del segno che è il matrimonio. Nella risoluzione del romanzo di Chiara, o nella sceneggiatura di un film in costruzione, lo sviluppo graduale, che è l’esagramma espresso dell’iconicità somatica di Lucia, l’oca reale, che è il simbolo del matrimonio, si avvicina gradatamente alle alte nubi e non si può scuotere la sua placidità25: difatti Lucia si sposa, e tutti gli uomini, che si è fatta quando era promessa sposa, non sono più o viventi o nel contesto, nel recinto, del suo esserci, solo il promesso sposo arriverà a vedere l’oca reale alle più eccelse altezze, ma la sua iconicità – che era la sua placidità – non è stata scossa, figuriamoci se può farlo il Brambilla che sul Monte non c’era mai salito, visto che tutti quelli che l’hanno scalato ora che il segno si è mutato in 33. La Ritirata, hanno ceduto: “la ritirata significa il cedere”26 e il 9 al quarto posto, quello della polisemia, che è l’ambiguità sottaciuta e non consolidata di Lucia, finalmente ha mutatoli Vento in Cielo: “Ritirandosi il nobile verso l’alto, l’ignobile rimane giù, solo”27. D’altronde, questa è davvero incredibile, se la polisemia non considerata da nessuno di Lucia le permetteva l’uso della carrozza, non solo d Don Rodrigo ma anche dell’Innominato, per fare la Misteriosa. Che è la 33 del Foutre, la polisemia realizzata nella quarta linea dell’esagramma iniziale fa commutare il segno 53.Tsienn in 33.Tunn, che, appunto, permette a lei che in carrozza ci ha fatto la Misteriosa, di far fare il cocchiere della propria carrozza a colui con il quale,essendo il suo promesso sposo, non avrebbe mai potuto fare la Misteriosa. Virtù paradigmatica della mutazione del corpo e della psiche è che Sunn, che, nel 53, è il Vento, che soffia sul Monte, nel segno 33, è il segno intrinseco su cui è sempre il Cielo, la luce, Lucia, che rischiara e abbellisce ciò che accosta, il suo bagliore didonico dà fulgore sentimentale e sessuale, anche al rango, al denaro e all’intelligenza, anzi è il suo anello solare che adesso stringe la forza del rango, del denaro e


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dell’intelligenza, sublimando la “stagionatissima virilità di Don Ferrante”. Il solido è sul posto che gli compete e trova corrispondenza: questo significa che si va col tempo, il monte poderoso è sotto il Cielo, la polisemia, che è il “bagliore didonico” di Lucia, così tiene lontano l’ignobile, il Brambilla, sempre più scornato, facendogli fare il cocchiere sulla carrozza in cui facendo la Misteriosa illuminava ciò che accostava col bagliore del suo anello solare. Il Cavaliere di Bastoni per l’oca regale Nel matrimonio, che è vivada, in sanscrito, cioè il contraddire e l’opporre di vivad, ma quel che più conta è che si debba in esso rivenire il vivara, la fessura, il buco, la cavità, lo spazio, lo spazio intermedio; ovvero, è il punto vulnerabile il vivara di Lucia, che doveva farsi moglie, cioè patni, ovvero padrona, che, appunto, come un’oca reale, un po’ vola, un po’ cade, un po’ affonda, patin, che è nell’ordine del progresso graduale della sua figura che sviluppa anche in discesa il possedimento di chi vorrebbe possederla. E’ per questo che il monte di Lucia, il trigramma inferiore,essendo anche l “recipiente” che è patra, ma essendo l’oca reale che va in alto, se non si è all’altezza della sua iconicità, che è il 9 supremo, nel 53 di Tsienn, e non si sia nemmeno nodoso ,come il monte che è parvata, come Lucia vorrebbe che fosse chi la vuole scalare, va tutto a monte. Qui, alla conclusione della trama, rispunta nel paradigma dell’esagramma iniziale e di quello della mutazione, il cavaliere di bastoni, che è l’arcano dei Tarocchi che è l’immagine del nome di Lucia Castagna; danda, che è il bastone, in sanscrito è anche lo scettro, che è il rango, oltre che il denaro e l’intelligenza, è infine la radica fallica, questa stagionata potenza, che destituisce dal possedimento il fante di bastoni, che, nel romanzo di Manzoni,è l’arcano di Lucia Mondella, in cui, appunto, si consacra l’omologia naturale del matrimonio simmetrico e giovane28. Il cavaliere di bastoni, nella sceneggiatura di Chiara, è don Ferrante de Acuña, che tra conio e incuneamento, sembra che per il palo- che è nel paradigma di danda- ma anche nel paradigma del Kkienn, il Monte, su cui sta l’albero e il legno – alluda,per la sua radice genetica spagnola, alla “bastonata” o “mazzata” che il sostantivo in quella lingua figurativizza, una “pirula” insomma che è, ci vuole poco a capirlo, l’inculata. Va da sé che il “conio” che c’è in don Ferrante de Acuña si incunea tra il “conyugal”, che c’è nel paradigma della giovane che va in sposa, e il “cuño”, che facendo da punzone rischiara il coño che c’è in Castagna, che, con quel bagliore didonico che le fa da luce, non poteva che, pur volando come un’oca reale, essendo una Castagna, andare in carrozza come la signora de Acuña. Dalla parte spagnola, il Cavaliere don Ferrante de Acuña, che ha almeno cinquanta castañas, sublima la propria stagionata fallacità con il


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“cogerse una castaña”, che è, come ci insegna Migliorini, “prendere una Lucia”, quell’anatra, che, nel Foutre du Clergé, es la número veinticinco, che è anche l’arcano paradigmatico di Lucia Castagna, che, lo avete dimenticato?, quando sta per andare in sposa a 22 anni l’8 novembre 1628 ha i “capelli raccolti in una grossa crocchia sulla nuca”29, lo chignon che, nella lingua del cavaliere di bastoni, fa castaña. Il sibaritismo 60.60 La Lucia Castagna è marcata dai due luoghi della misura femminile che attengono al WHR(Waist Hips Ratio) e al WBR(Waist Bust Ratio) 30, il davanti e il didietro, la marca è doppia, come abbiamo visto, l’uno dà i numeri dell’Indice Costituzionale ed è il grado zero,l’Heimlich somatico di normolinea meso-endomorfa 60.60.come se,nel codice rosacrociano, raddoppiasse il numero che attiene all’arcano del Diavolo; l’altro dà il numero dell’Indice del Pondus ed è il grado zero del valore altissimo, che è proprio 0, che assolutizza l’iconicità pregnante del corpo sublimata nella circolarità del grado zero, che è il bagliore didonico dell’anello solare. Lucia dà a leggere due luoghi nello stesso tempo, non come il libertino sadiano che sente e vede “simmetricamente ciò che è separato dalla teologia, e cioè l’Anima e la Carne”31, ma riunisce nello spettacolo il davanti e il didietro anche quando simula la confessione domenicale con Padre Cristoforo nella stereografia completa esagerata dalla trasgressione, riesce a farci vedere anche il batacchio mezzo nudo fra le gambe del monaco. L’episodio puramente sessuale, che è insieme erotico e teatrale, della confessione domenicale simulata, non separa l’Anima e la Carne: di là la madre in chiesa, l’una che vede inginocchiata al loro banco,di qua in sagrestia l’altra che va per inginocchiarsi su un divanaccio senza sponde, la stereografia è completa: Lucia è un’attrice di linguaggio, ha detto alla madre che deve parlare a lungo con fra Cristoforo come tutte le domeniche, non è una vittima proprio perché tiene questo tipo di linguaggio; Agnese nel vuoto della chiesa sente la confessione di sua figlia e insieme la vede: il suono e la vista sono riuniti nello spettacolo, ma separati dalla barra del confessionale, che qui è la sagrestia. La sovrapposizione dei piaceri che, come attrice di linguaggio, compone e fa girare tra la madre, complice, e Renzo, vittima, fornisce quel piacere supplementare, che è quello stesso della somma, che, nell’aritmetica sadiana, Barthes ha chiamato il sibaritismo: “questo piacere superiore, tutto formale, perché in fin dei conti non è altro che un’idea matematica, è un piacere di linguaggio: quello di dispiegare un atto criminale”32:ecco dunque Lucia insieme bugiarda, adultera, sodomita: “è l’omonimia che è voluttuosa”33. Anche perché Lucia Castagna è omonima di Lucia Mondella. Come in Sade, in Chiara non c’è nessun segreto del corpo da cercare, ma solo una pratica da attuare; come Sade, Chiara è materialista in quanto


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sostituisce al linguaggio del segreto quello della sua pratica: solo che in Sade ciò che pone termine alla scena è il godimento e in Chiara è lo svelamento della verità, che è il sesso. Lucia Castagna, così, seppur appartenga a questa pratica da attuare, non permette la traccia scritta di una pratica erotica, o, meglio, il pornogramma, che è la fusione del discorso e del corpo, la scrittura che regola lo scambio di Logos ed Eros, in Chiara è come se fosse nel paradigma della conclusione, il dispositivo di alleanza che, come una macchina perfetta, attua il dispositivo di sessualità di Lucia per tutto il tempo connesso al suo esagramma somatico, che è il 53, il progresso graduale, lo sviluppo, ovvero il progresso graduale della giovane che va in sposa, si configura nel don Ferrante de Acuña “nel suo studio, seduto a un tavolo ingombro di libri”34, cosicché il pornogramma possa essere prodotto:solo che a dissertare quanto si vuole su di lei sarà il lettore o un altro Chiara, insomma un altro don Ferrante seduto nel suo studio a un tavolo ingombro di libri, “e sia possibile parlare dell’erotica da grammatico e del linguaggio da pornografo”35. La lussuria silenziosa di Chiara e il vincolo della crocchia con giallo cuoio di bue Nella Ritirata dunque c’è il cedere, l’esagramma della mutazione che è il 33.Tunn e ha come signori il 6 della seconda linea, che è quella della carica connotativa di Lucia, e il 9 della quinta riga, che è quella della complessità: “egli lo vincola con giallo cuoio di bue”36, come se si alludesse alle redini del cocchiere, c’è ordine in tutto questo, e c’è il cedere, perché questo significa che si va col tempo; l’ordine, allo stesso modo, scrive Barthes, “è necessario alla lussuria, cioè alla trasgressione; l’ordine è appunto ciò che divide la trasgressione dalla contestazione. Ciò deriva dal fatto che la lussuria è uno spazio di scambio: una pratica contro un piacere; gli ‘eccessi’ devono rendere; bisogna quindi sottoporli a un’economia e questa economia dev’essere pianificata”37. Il dispositivo di sessualità della Lucia Castagna promessa sposa di Renzo Brambilla non era vincolata con giallo cuoio di bue: “ciò deriva dal fatto che la lussuria è uno spazio di scambio”? Ma chi regola il piacere quando “l’oca regale si avvicina gradatamente alla roccia”38? E’ lei stessa che non mangia semplicemente finché è sazia? O il tutto, e anche il gioco delle posizioni, si decide con una lotteria che attribuisce a un dato numero una data parte del corpo della vittima,al promessa sposa, e ognuno estrae il numero del suo piacere, cosicché il caso possa apparire come un ordine disalienato? Se il pianificatore fosse il corpo di Lucia? Con i suoi tempi, i suoi numeri, i suoi esagramma, le sue singole linee,le sue immagini? Da un lato, il bioritmo dei 22 anni e il corrispondente ordine caratterologico, da cui il gioco delle posizioni e il partner da usare; dall’altro, i numeri del corpo o di date parti del corpo che, in correlazione con l’esagramma che somatizza la giovane che viene data in sposa,non fanno che abolire ogni retorica e ogni economia, tanto che


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la struttura dei piaceri, necessaria al loro procedere, non può più essere sospettata di dover nulla ad alcuna legge se non al tempo, allo sviluppo, che significa progressione, e che mostra come la fanciulla viene data in sposa e come deve allora aspettare che l’uomo agisca, senza che il gruppo smetta di trarre il suo piacere da questo procedimento, la cui origine, rovesciandosi nel cedere del ritirarsi, che seppure potesse essere prefigurato nella posizione della Misteriosa in carrozza con don Rodrigo, è andata persa nello stesso gioco delle posizioni che ha prodotto. Partner Posizione39 Serie La madre Numero Don Rodrigo 33 Alternata Acconsente 60.60 tacitamente Fra Cristoforo 25 Continua “Vai” 60.60 Visconti 16-32-39 Momentanea Non sa 0 Don Ferrante 5-25-39 Costante Non c’è 0 – 60.60 Renzo 0 0 0 In Chiara, c’è la lussuria silenziosa; quando c’è il silenzio la macchina lussuriosa è così ben oliata e portata a una tale scioltezza di rendimento che non si aggiunge altro alla scena, nemmeno qualche sospiro o fremito, non v’è dunque linguaggio non v’è dunque peccato. C’è però Lucia, che è il recipiente di cui i linguisti sottolineano la linea degli Hips o del Bust, se vogliamo, larga e la macchina allora fa rumori liquidi sia in sagrestia che in carrozza sia al castello di Don Rodrigo che in quello di Visconti, in questo silenzio questa luce liquida di Lucia, che è la ragione del suo fascino che sta nel paradigma del suo essere la giovane che viene data in sposa e che è allora proprio questa la macchina lussuriosa e liquida, che gradatamente si troverà a essere usata da questo uomo e dal talaltro fino a raggiungere la massima trasgressione perché – pur essendoci il silenzio – c’è in sostanza il linguaggio e nello sviluppo, che è la progressione statica della ragazza che viene data in sposa faccia sesso con chi vuole prenderla, senza che gli sia stata promessa in sposa, ma farà sesso addirittura in chiesa, ma non con chi dovrebbe prenderla in sposa ma con chi dovrebbe difenderla dagli assalti del prepotente e lo farà, il che è una soluzione dettata dalla posizione della Misteriosa, in presenza di sua madre, rivivendo in questa perversione sibarita l’adulterio, il sacrilegio, lo stupro, la sodomia, fino a raggiungere il colmo quando, disponendo che la sessualità sia costante nel tempo, venga interamente presa dal conte de Acuña che, l’abbiamo visto, con l’elegante bellezza del nome naturale, incula la promessa sposa Brambilla, i peccatori di lussuria, i peccatori di lussuria non consumata, i preti e i falsi provocatori di turpitudini, fino allo scornato promesso sposo della Castagna, che è quel recipiente sibarita dei piaceri del progresso graduale, la crocchia, la castagna sibarita, l’acuña sibarita. Nel silenzio della ritirata della giovane che viene data in sposa e deve allora aspettare che l’uomo la prenda almeno o quasi tre anni,allora il pornogramma della promessa sposa sarà la traccia scritta di una pratica erotica, che regola lo scambio di Logos e di Eros, e sia possibile parlare


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dell’erotica da grammatico e del linguaggio da pornografo, che è sempre di un’eleganza regale perché il nobile tiene vincolato con giallo cuoio di bue il promesso sposo ignobile, che non è più irato ma pacato e sarà, nel pornogramma sibarita, non un peccatore di lussuria non consumata ma un dilettante voluttuoso del pensiero. Il tra dell’oblatività e i buchi della Lucia Quando nel numero fatidico di una giovane che viene data in sposa c’è un cavaliere di bastoni nessuno potrebbe mai presupporre che questi, nella mutazione dello sviluppo, potrebbe vincolare con giallo cuoio di bue il promesso sposo di sua moglie:tra l’uomo e la donna c’è l’amore. Tra l’uomo e la donna c’è un mondo. Tra l’uomo e la donna c’è un muro. Disse Lacan a Sainte-Anne facendo riferimento all’oblatività, questa invenzione sensazionale, che non è tanto l’oblatività, ma il tra, perché dove c’è il mondo è sicuro che questo mondo viene al posto del partner sessuale: Chiara segnala così che non si raggiungerà mai l’amore perché la giovane che viene data in sposa è dal mondo che si lascia prendere, vuoi che sia il suo amore oblativo un artificio per saltare il muro della costruzione, vuoi che sia questo amore un incontro contingente, fatto della supplenza e della potenza di cui non si ha. Il promesso sposo di sua moglie, a lui, che è il cavaliere di bastoni di Lucia Castagna, gli farà da cocchiere, e mentre il pornogramma verrà scritto, lo scornato avrà diletti voluttuosi del pensiero: la giumenta, che è nel Vento sopra il Monte, questa immagine somatizzata dell’esagramma di Lucia Castagna, starà facendosi giumenta del Conte de Acuña e lui il cocchiere se ne darà dilettazione morosa; vede la sua Lucia che si mette in ginocchio, le cosce ben divaricate, el pompis immanente y potente sollevato proprio sull’ombelico di Don Ferrante, che entra tra le stanghe e vi si piazza in modo da avere le anche tra le cosce della Contessa. Lei impugna lo strumento gioioso,lo mette in funzione, e fa tutti i movimenti che le ispirano i suoi gusti, e il desiderio di joder e di essere jodida. Il modo di lavorare di culo della giumenta attiene a questo suo ormai abituale e costante stato sentimentale tenero: fantastico e concentrato, ostinatamente buono, teneramente potente, dolcemente profondo, dolcemente riflessivo, dolcemente pesante, di una potenza emozionante e tranquilla. La contessa, che è diventata questa Lucia Castagna con tutta l’iconicità del 9 sopra dell’esagramma 33, questo “ritirarsi sereno” che senza esitazione le fa vedere davanti a sé la via più chiara che sceglie il giusto perché tale via conduce sempre verso il bene, starà facendosi catalana, o spagnola, come è giusto che sia per il suo signore spagnolo: sdraiata sul dorso, solleva e gambe e cosce quanto più le riesce, e come punto di appiglio si stringe con le mani i piedi, oppure le caviglie, per osservare meglio il monte di Venere. Allora il conte de Acuña si incunea, e poiché lei in questa posizione non è in grado di agitare il culo, troppo lontano dal centro di gravità, si limita a dimenarsi lucidando come sol una Lucia


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sa fare il coño risoluto e lungo del conte de Acuña. In questa posizione lo spirito di Lucia non ha fremiti di intimità ma ha tutta l’adesività della persistenza delle impressioni con l’attaccamento a idee acquisite- che è proprietà rilevante del carattere apatico in cui il bioritmo adesso la tienesi muove in base alla norma e alla sua specificità di recipiente con una economia e uno spirito conservatore così calibrati che finirà con il soddisfare de Acuña nella assolutezza anonima più assoluta in quanto a disciplina sessuale. La contessa de Acuña, quella sua promessa sposa dal gran petto sul quale batteva il sol quella mattina, che lui strinse tra le braccia baciandole finalmente faccia e collo con una voglia bramosa di montarla seduta stante davanti alla madre e al barocciaio40, con il busto slacciato, tra il seno dovizioso ha piantato il coño de Acuña, e poi lo serra con le mani in modo che l’uccello del conte sia sepolto in una montagna. L’ Acuña, così dolcemente titillato, sente rinascere le ali alla sua freccia, e scocca il dardo che si fa luce sfolgorante non solo sul seno di oltre 40 pollici ma anche sul viso e sugli occhi di Lucia. Questa posizione della Balia, che il conte de Acuña, chiama Nodriza, prescrive che lo stato bioritmico di Lucia sia quello flemmatico presecondario, un po’ utilitarista, cioè oggettivo e scrupoloso, un po’ sperimentatore, tra il metodico e il materialistico, un po’ rigido perché l’adesione alla forma accentui la ristrettezza della coscienza. La macchina che Lucia è ormai è sintetizzata ed espressa da questa posizione da flemmatica meccanizzata, ma anche aperta e infinitista: la larghezza del suo petto è come la larghezza di coscienza e la vastità della sua lussuria, questa flemmatica maestosa, che è ormai Lucia Castagna contessa de Acuña, delizia la dilettazione morosa del suo promesso sposo, che, rammentando quanto le disse Lucia in merito al dialogo con Padre Cristoforo[“Noi cappuccini siam come il mare, che entra in tutti i buchi…Andrò a Milano, arriverò, se occorre, dove Don Rodrigo non immagina neppure”]41 vede Lucia che si mette in ginocchio sul divanaccio senza sponde di Padre Cristoforo prosternata e il culo ben proteso,lui che le scopre le chiappe dopo aver fuggevolmente contemplato la rotondità, la sodezza, il canale passandovi sopra e in mezzo il vergone unto, lo mette in posizione e lo pianta nel culo della promessa sposa riccamente vestita come la contessa de Acuña incontrando una minor resistenza di quel che si poteva ritenere. Va su e giù con la capocchia, e poi lo pianta tutto dentro e cavalca più volte e quando sente che sta per venire lo tira fuori dal culo e glielo pianta nel coño, mentre Don Rodrigo, che è in carrozza, seduto glielo mette in culo in presenza della cara mamma, cosicché mentre uno fa l’”attrazione di Milano” e l’altro la “Misteriosa”42, finisce che anche il Visconti, per rianimare il suo vigore morto, glielo metta tra le tette arrivando a scoccare un innominabile dardo.


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Il sibaritismo di entre

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Il pornogramma, che è fatto della voluttà omonimica sibarita e della sua simultaneità, per compiacersi della frase c’è sempre quando il fantasma ha il tra dell’oblatività, che va interpretato o almeno tracciato nella lingua di Don Ferrante de Acuña, è lui che si incunea tra: entre, “in mezzo a”; “nel tempo”, dentro de; “attraverso”, a través, por, entre, “nella relazione o nella scelta”, entre. Perché è questa l’oblatività della promessa sposa,mentre il promesso sposo è tra l’uomo e la donna e tra il mondo e il muro, l’amore e il mondo, il muro e l’amore, lei vola come una oca regale e già promessa sposa non è tra,ma entre, già ha in sé il suo essere posseduta, questa politica della lingua, che entra, comincia,mette dentro, entra, prende, entra, tratta, si mette, fino al progresso graduale, che è nella sua iconicità, nella sua iconicità assoluta, dove non può che passare il conte spagnolo, col suo linguaggio oblativo dell’entre che non è tra ma dentro de, á través , por entre. D’altra parte, confrontando la tavola delle preposizioni di Viggo Brøndal43, si potrà appurare che il tra italiano non ha la transitività dello spagnolo entre, che indica sempre la linea prescritta,la trascrive:questa linea può essere una estensione nello spazio o nel tempo come anche una serie di numeri o di punti matematici. Essa può sublimare la realizzazione, o l’attualità, l’imperfettività e la durata. La linea di entre è la linea della polisemia: che tra, in italiano, Renzo non la vede,non la può vedere; che entre, in spagnolo, e ci passano tutti dendro de, á través, por entre fino a che l’imperfettività si commuti in durata con l’apporto orizzontale della linea asimmetrica-simmetrica che riunisce le opposte qualità, di là la reversibilità delle 50 castañas, di qua la direzione e la irreversibilità, la serie numerica della giovane Castagna, che, nel dettato del suo esagramma iniziale, non può che cedere alla durata e restarne gravida nell’arco di tre anni. Connessione con il sema del Cavaliere di Bastoni della Castagna a[asimm.intransitiva] ante[asimm.inconnesiva]

Partner

Preposizione Relazione

Sviluppo

Don Rodrigo Padre Cristoforo Visconti

por

Asimmetrica

entre

a

De-entre

Transitiva asimm.simmet. Simmetr.intransitiva

Don Ferrante Renzo Osio44 Don Abbondio45 Monaca di Monza46

entre

Transitiva-incon.connesa

entre

tra hasta sobre

Inconnessa(intr.tr./asim.sim.) di [simm.-intransiti.] a - por[asim.intrans.] Asim.simmetr. de[simm.-intransiti.] para[asim.inconnessa] Asimm.transitiva hasta a – por - sobre

En Su

Transitiva Transitiva-asimmetrica

a

-

entre - tras [transit.asimmetrica] sobre – tras [asimmetric.transitiva] entre- sobre – tras - en

-


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Frate según guardiano47 Bravo che hacia guarda nella scollatura48

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Intrans.transitiva/simmetrica hasta

ante[intr.tr.-asimmet.]

Asimmetrica-simmetrica intransitiva

contra[asimm.simm.intr]

-

La macchina del mullar e la sorpresa di vocabolario Tra il socievole e la cortesia,così il progresso graduale di Lucia Castagna si sviluppa per un’avventura che non è per niente favolosa, in un reale in cui i rapporti di classe sono al tempo stesso brutali e indiretti, secondo l’opposizione radicale fra sfruttatori e sfruttati passano nel romanzo come se incrociasse il passo con Balzac: allo stesso modo, come nel romanzo sociale, Chiara nutre i rapporti sociali nel loro luogo di origine,li riproduce ma con qualcosa, un supplemento, che avrebbe potuto essere una sorta di fuori-senso di crudezza ed è invece un supplemento di dissolutezza, che così come avviene in Sade fa da operatore di linguaggio:il supplemento è quella parte del linguaggio che riversa sull’enunciato ed è l’Altro, con questa crudezza ambigua che svela la sessualità, che è nel bioritmo sanguigno, della protagonista, senza che accada nulla nell’ordine dell’impossibile o della sfrenatezza o dell’inverosimiglianza. Trasgredire il diritto coniugale non è alterare la naturalezza fenomenologica del ritaglio parentale, trasgredire la promessa consiste nel trasgredire la regola semantica, nel creare l’omonimia del sibaritismo: l’atto contro-natura si esaurisce in una parola contro-linguaggio, se considerate la preposizione come Brøndal è sempre dal lato asimmetrico-simmetrico dell’intransitività sia in italiano che in spagnolo,la promessa sposa non è niente di più di un campo lessicale, ma anche in questa ridotta significanza permette, realizza la pienezza della trasgressione massima; come dice Barthes:”trasgredire è nominare fuori della divisione del lessico(fondamento della società, allo stesso titolo della divisione delle classi)”49. La promessa sposa ha un contenuto che la può definire:il legame affettivo, sociale, la riconoscenza, il rispetto. Il libertino lo ignora e della sua forma e della rete dei legami nominativi e combinatori se ne fa un baffo, anzi la riconosce per meglio eseguire la sua operazione sintattica. Lucia suscita l’ebbrezza e il gaudio di sorprese continue, come il libertino racconta di questo uomo che la importuna e del frate che la confessa e dell’innominato che la soccorre dilettandosi della dissolutezza con cui nomina la trasgressione, se è la linea della polisemia che viene non vista nel suo esagramma fisiognomico è questa stessa ambiguità sottaciuta che si rivela come una sorpresa di nominazione: tacendo sull’aver fottuto con Don Rodrigo, con Padre Cristoforo e di essere andata a letto con Visconti, questa scena sottaciuta arresterà l’ebbrezza e il gaudio delle posizioni adottate e del tipo di atto praticato, tanto che avendola ritrovata come contessa de Acuña con questa sorpresa di vocabolario e di conclusione si scoprirà che, se fu sodomizzata o usata come macchina del mullar50 per il suo davanti, il coniare,


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l’acuñismo, è stato realizzato. La concisione, il restringimento, la macchina di desiderio, c’è un fantasma di linguaggio e l’ acuñar o il cuño è il colpo deflagratorio dell’iscrizione, la dissolutezza, il suo linguaggio è battuto, l’orgasmo termina la storia e lo sviluppo dal graduale al verbale del suo piacere: da castagna a coño, l’ acuñar è il colpo deflagratorio dell’iscrizione del conyugal. Il matrimonio è atto. El coño ha estado acuñado, vale a dire: la castaña ha llegado a ser una acuña. Il bagliore didonico que se acuña e il pornogramma di Lucia Lucia Castaña se acuña è la frase da coniare per il progresso graduale della giovane che viene data in sposa. La promessa di matrimonio tra il “giovane filatore e contadino di circa venticinque anni di bell’aspetto ma dall’aria lievemente intronata”51 e la “donna sui ventidue anni, pallida, dall’ovale perfetto, dagli occhi grandi e scuri, dai capelli nerissimi divisi sulla fronte e raccolti in una grossa crocchia sulla nuca”52 resta nella fase inconnessa intransitiva-transitiva sul piano discontinuo dell’asimmetrico-simmetrico; d’altronde, quando Chiara rifrange Lucia nella metonimia del suo vestire, e la riduce a due delle sue parti, e ci fa vedere il suo corpo, abbiamo questo corpo nella luce piena della scena e non è solo un corpo ben illuminato: “le sue forme sono esuberanti. La vediamo discinta, cioè con indosso delle lunghe mutande bordate di pizzo e una camiciola dalla quale prorompe un seno monumentale. Due amiche cercano di allacciarle il busto, facendovi entrare a fatica il seno dovizioso e ribelle. Le mutande, di foggia antica, sono aperte sul didietro e lasciano intravedere le anche potenti”53. La descrizione del corpo non si esaurisce nella sua messa in scena: tutta la luce di questa iconicità pesante smussa ogni elemento polisemico e complesso. La vocazione feticista del linguaggio, che c’è sempre,[anche in Sade -i cui soggetti hanno corpi così scialbi e belli- quando il monaco Severino trova a Justine “una decisa superiorità nel taglio delle natiche, un calore, una strettezza indicibile dell’ano”]54 tiene giù gli indicatori globali dell’ambiguità di connotazione e vela la quantità informativa che offre un’immagine, un corpo. Questa luce, che,l’abbiamo visto, s’incunea, poi, come “bagliore didonico”55, allarga, sfuma l’evidenza di quella riga della polisemia, che è al quarto posto nell’esagramma somatico, così vicina alla complessità da non poter essere percepita nonostante il libertino, o lo scrittore, la enunci, la incunei, nel corpo ben illuminato di Lucia che si sta vestendo per la cerimonia: “La faccia di Lucia non è allegra. Pare , anzi, contrariata”56. La complessità, che è appena sopra la polisemia, e contigua, una riga sotto all’iconicità che, tra seno monumentale e straripante e anche potenti, è come il Vento in montagna, tanto frontale e alto che ti verticalizza l’anima attraversandoti il corpo; è per questa luce assoluta, come se fosse inesistente, ma, come per il pane che sottentra già nel mondo di Don Abbondio e che poi sarà il tema della complicazione del cammino del


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promesso sposo, ma è solo cortesemente tenuta giù, dove Lucia “scende in un locale a pianterreno dove Renzo la aspetta. RENZO(torvo) Lucia!Per oggi tutto è a monte(…)e Dio sa quando potremo esser marito e moglie LUCIA(che ha l’aria quasi sollevata dopo queste parole) Che è successo? RENZO E’ successo che il Curato deve aver avuto un consiglio, o meglio una minaccia. Da chi, ve lo potete immaginare. LUCIA(quasi con allegria) Don Rodrigo!”57 Nel matrimonio tra Lucia e Renzo entra Don Rodrigo ed entra con crudezza; appare sotto, più giù, l’illuminazione del suo corpo in cui la polisemia e la complessità erano per niente evidenti, il luogo circoscritto, o chiaro?, di Chiara buca l’esagramma somatico di Lucia e incunea, nel tra dei promessi sposi, l’ entre di Don Rodrigo. Che è la preposizione di questo sibaritismo spagnolo, che non è tanto la somma dei piaceri ma è l’incastrare un desiderio, e quindi un’omonimia, che adultera il fantasma e rende supplementare e simultanea la voluttà. L’ entre, non fatemelo dire, è questa pratica erotica che si incunea tra discorso e corpo, in maniera che operata questa spaccatura la scrittura sia il coño tra Logos ed Eros, e sia possibile incastrarsi, pertanto, nell’erotica con il punzone del grammatico e nel linguaggio con il “cugno” del pornografo. Allo stesso modo Chiara entra nel racconto dei promessi sposi di Manzoni: lo scambio, tra linguaggio e lussuria ,o tra corpo e lingua?, non ha contratto alla base, o almeno sembra che non attenga alla storia da cui si sviluppa, viene effettuato con i fantasmi di linguaggio spagnolo: è tutta qui la transitività asimmetrico-simmetrica, alternata, di entre, sostituisce, disfa l’alternanza spazio-temporale del tra manzoniano. Poi, a dare man forte ai fantasmi di linguaggio, arrivano, come abbiamo visto, le altre preposizioni transitive: sobre, tras; dell’asimmetria en; dell’asimmetria-simmtria cabe, con ; della simmetria. In fondo, tra la situazione iniziale e la risoluzione del racconto la catena dello sviluppo graduale non ha il senso dell’infinitezza del linguaggio erotico, né quello di rompere lo specchio dell’enunciazione o di fare in modo che il piacere non ritorni al punto da cui è partito: ha lo sviluppo di questa preposizione che deve essere coniata nella lingua che domina nel sociale, difatti comincia nel silenzio della macchina lussuriosa che è Lucia, che sta già entre a Lecco e finisce con il ritirarsi come il “cielo sul monte”, tutto dentro, nel coño riccamente vestito dello entre che sta a Milano. Lo entre di Don Rodrigo, che, come rimarca Renzo, è lo “spaccamontagne”, quindi è cuneo, l’iniziale acuñar della storia, che penetra e spacca le montagne, che, nell’esagramma di Lucia, costituisce il suo trigramma inferiore su cui soffia il Vento; e lo entre di Don Ferrante, che acuña, si incunea, conia e spacca le montagne, che, nell’esgramma della mutazione di Lucia, il 33, costituisce sempre il suo trigramma inferiore su cui però c’è il Cielo, la luce, la serenità transitiva del conio duraturo.


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Entre Don Rodrigo y entre Don Ferrante está el prometido aprobado a cochero de la coche sobre la cual Lucia Castaña está como mujer de Acuña, el cambio entre está acuñado. Il pornogramma, che, d’accordo con Barthes, “non è solo la traccia scritta di una pratica erotica e neppure il prodotto di un ritaglio di questa pratica, trattata come una grammatica di luoghi e di operazioni”58, è la fusione dei fantasmi del linguaggio e del corpo: l’oggetto del desiderio, che è sempre speculare alla riga dell’iconicità, che, essendo la riga sopra è questo che si deve vedere, correla il soggetto all’ agalma, ossia a ciò che gli manca, “giacché è con tale mancanza che egli ama”59per avere il fallo, per potersene servire, è necessario non esserlo, ma è alla riga sopra che il desiderio risponde dallo stesso agalma del soggetto. Che è questo che ha nei fantasmi del linguaggio il punzone con cui desidera a, il nostro oggetto a, questo è entre, che, se ve lo raffigurate, si incugna come l’angoscia tra godimento e desiderio, è dunque “la losanga che è sia disgiunzione,, sia congiunzione, , che indica sia il maggiore che il minore”60, e a che è irriducibile, è un resto di Don Rodrigo, Visconti, Padre Cristoforo, Osio, ecc., è in rapporto di opposizione con il fantasma che essi hanno coniato. Per questo se a resiste a qualsiasi assunzione alla funzione del significante, proprio per questo simbolizza quello che nella sfera del significante si presenta sempre come perduto, come ciò che si perde. Entre, che è il punzone del desiderio, permette l’accesso all’Altro, o, meglio, è a partire dal momento in cui il soggetto vuole fare il suo ingresso nell’Altro, e a è tutto quello che resta di eso, è questo che si incugna tra il fantasma e il corpo di Lucia, l’oggetto a si fa punzone e coño, con cui, sospeso tra la simmetria e l’asimmetria, entra, penetra, quebra l’iconicità e il godimento di Lucia. Nei fantasmi del linguaggio quel che resta di entre , per essere riesumato di volta in volta, entra nella parte residua sobre, tra, en, cabe, con. Todo se clava entre al fantasma de Lucia y se incrosta entre angustia y deseo, acuña y pirula, palo y troque y cuño.

a

 L a 

Don Rodrigo;Padre Cristoforo;Visconti



Pornogramma di Lucia.

entre a sobre,tras,en,cabe,con


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“El coño luz” de Hierrante de Acuña 1. Cuerpo de luz, agua que fluye tu forma externa brillo de un sol que entre mis manos deslumbra montaña que me convoca con su viento íntimo deja, deja que mire,acuñado del amor deja que mire el hondo clamor de tus entrañas donde me arrojo sino el caliente aliento quiero ser tu sangre, esa lava rugiente 2. Cuan amorosa forma la del suelo de las montañas cuando se acaricia este mundo que rueda la sombra torpe que cuaja entre los dedos que transcurre como la cerrazón a todo cuerpo que sólo por la mañana no habe el treumo rumoroso que rueda no heres tampoco el rayo o súbito pensamiento río o monte que consigne sus límites frente a la rayon azul donde mi manos te estrechan 3. Luz de la noche sobre tu cuerpo tendido alma fuera, alma fuera de la carne sobre un amante d’ayer, cuerpo que queda quieto, solo, que ni teme la luz sobre tu seno se yergue un pájaro sobre la trémula cima siente dulce tu calor mira un instante la tibia llanura aún humida de deseo y con su lento pico amoroso bebe ebrio de amor, de luz, diosa dormida sobre el tigre miradla allí casi divina, leve y un tigre suberbio la sostiene es piedra esa esmeralda que todos amasteis en las tardes sedientas muchas veces vosteis lovientos verdes tendisteis vuestra mano aún mojada a la tersura de una piel aplacada Qué formas contemplasteis? Qué signos


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acuñados, qué precisas palabras que la espuma dulce saliva de unos labios secretos que el coño hende en los senos de luce? 4. En tu borde se rompe Mi deseo continuo Oh inundata: aún existes acuñada Toda tú victoriosa como el sol demanda un mundo y un monton planta acuña para tu cuerpo, arriba solar; no cabellera dígais moño aquí sintiénde la tierra es cielo y brilla 5. Luz desde el borde de esa muchacha tendida, preciosa, cuerpo nudo de dicha sumame en tu seno feraz con mi nombre, una sangre, que huesta unión se allama acuña 6. espuma dulce de luz de tu cuerpo de ti surto de ti me alzo, no tengo nombre y ve una nube que clama mi nombre oh cuerpo de donde vivo desterrado y veo tu cueropo extenso que lleva sangre nis en tus ondas dèjame así sobre tu cuerpo bajo la luz de la luna boca de amor que recorre tu revelación de espuma no pronuncies mi nombre:brilla sólo en lo oscuro y amane,acuñada de mi, cuerpo a cuerpo en la dicha enupame la vida y llamame troquel del deseo 7. Qué fresco vientre terso donde su curva oculta leve musgo de sombra la verdad tangible de un cuerpo entre los brazos de tu amante estremecido que te acuña y la espuma nace de dos cuerpos volantes 8. Cuerpo como una espuma lenta carne de la mujer y de la luz


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cielo feliz de oscura nermosura das paz y calma plenas al agitado corazón con que estos años y te acuña dèbie del pecho en tu seno me llevas, quebrada el amor La nodriza del real y el “odor di femmina” Dove si vede che a in quanto tale è l’ acuñar, che è l’accesso all’Altro:a partire dal momento in cui il soggetto vuole fare il suo ingresso nell’Altro, a – che è Acuña – è tutto quello che resta di esso, sempre che se S risulta da questo accesso all’Altro che è per Lucia se non è l’inconscio, vale a dire l’Altro barrato. Questa caduta, il rapporto del cedere che c’è nel ritirarsi dall’Altro, non è desiderare l’Altro, con la maiuscola, quanto è sempre e solo desiderare a. L’amore, “quante persone non avrebbero mai amato se non avessero inteso parlare dell’amore”61, secondo quanto dice La Rochefoucauld, che, come aggiunge Lacan, è un fatto culturale. La mancanza di a, ed è per questa via che Lucia apre la porta al godimento del suo essere, dall’altra parte, ogni esigenza di a,de Acuña, sulla via dell’impresa di incontrare la donna non può che provocare l’angoscia dell’Altro, proprio in quanto è ridotto ad a, in quanto il suo desiderio lo acuña, a meno che addirittura non lo de-acuña. Su questa via, tra peste e Lazzaretto, che è pur sempre una via che accondiscende al desiderio, ciò che l’Altro vuole, ciò che vuole anche se non sa affatto quello che vuole, è nondimeno, necessariamente, l’angoscia. Lucia vuole godere di Don Ferrante, vuole il suo godimento, così suscita la sua angoscia? Tra malattia, cura e morte, la donna ha delle mire sull’essere di de Acuña, ella potrà raggiungere il godimento castrandolo nel suo fantasma? Il fantasma di Lucia è  in un certo rapporto di opposizione con a; rapporto la cui polivalenza è sufficientemente definita dal carattere composta della losanga- che è il punzone, l’acuño- che disgiunge e congiunge e  è il termine di questa operazione a forma di divisione, poiché a – che è l’ acuño- è irriducibile, è un resto, che, nel desiderante, è fatto dell’acuñar di Don Rodrigo, Padre Cristoforo, Visconti e chissà quanto altro, visto che del resto se salta agli occhi che la donna non manca di nulla figuriamoci se Lucia abbia qualcosa da far desiderare o desiderare su questo punto. Anche perché sul cammino del progresso graduale che da Lecco porta a Milano, oggi avremmo la strada statale numero 36 da cui la funzione di a – che si tira dietro – per l’appunto svolge tutta la sua parte nella misura in cui un pene, che io sappia, non essendo lei “pane per i denti” di un Brambilla qualunque come ebbe a profferire Don Abbondio, non come la famosa panettiera di Guillaume Apollinaire che cambia pelle ogni sette anni62, si ripresenta – come a – mal che vada ogni sette giorni. Perché quando c’è il pane, o la carne, il reale è sempre pieno, che, l’ha detto Lacan, “foruncolo di cavità, ci si può


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persino fare il vuoto. Io dico una cosa completamente diversa, cioè che al reale non manca nulla”63. Col reale, se c’è un recipiente, una Lucia, che come Castagna è sicuro che sia differente, che cosa ci si può fare, la balia, o ci si prende una sbornia, che come locuzione, a detta di Migliorini, fu sostituita dal desiderante che prende un’anatra, Don Ferrante e, prima di lui, Don Rodrigo, coge una borrachera, coge la mona, en la chaladura – dopo che la malattia è passata – con la balia non è che giochi a billar inglés, con la nodriza e quel po’ di pan – que no es lo suyo, no es de Brambilla la panadería e neanche la tahonera, la panadera – y acuñe el pánico, ci incugni il terrore. E’ così dunque che de Acuña si è infilato entre la panadería de la nodriza, cioè come è passato l’ “odore di femmina” ha fatto come Don Giovanni, che quando si infila nel letto della donna, non si sa bene come ci sia finito? E se Don Ferrante, che è così poco coinvolto nella faccenda come Don Giovanni, quando è passato l’ “odore di femmina”, magari non si è accorto che è stato il fantasma di Donna Prassede ad attraversare la scena? Don Ferrante è come Don Giovanni, è una bella storia, come questo è l’oggetto assoluto che non ispira alcun desiderio. Quando si infila nel letto di Lucia, non vi è certo finito tra ma entre, perché è in rapporto con qualcosa rispetto a cui assolve la funzione di transitività. Ha il punzone Don Ferrante, el cuño, che, per essere usato, ha bisogno dell’Altro al punto che si no es el pánico deve essere un recipiente più vero e più reale, debitamente illuminato por coperse la Castaña.

Il nome proprio dell’Altro e la preposizione del conio Quando Lacan dice che la donna si tenta tentando l’Altro64 e tira fuori la famosa storia della mela, ogni cosa è buona per tentarlo qualsiasi oggetto, anche un oggetto superfluo per lei, dato che, dopo tutto, che cosa se ne faceva di quella mela? Non tiene conto,Lacan, che, forse,le mele erano, o potevano essere, due, anche perché se il desiderio è una cosa mercantile, che c’è una quotazione del desiderio che si fa salire e scendere culturalmente, e che è dal prezzo che si dà al desiderio sul mercato che dipendono in ogni momento il modo e il livello dell’amore, l’amore per due meloni davanti e un cocomero dietro è esso stesso un valore aggiunto. Comunque se la donna si tenta tentando l’Altro, cosa tenta dell’Altro? Ma è ovvio, il nome proprio, che è, per questo, che il suo godimento è maggiore di quello dell’uomo. Come ebbe a testimoniare Tiresia, che era stato donna per sette anni, davanti a Giove e a Giunone. L’uomo fa il suo buco nel reale, perché il buco comincia nel suo basso ventre e anche perché, come per i meloni di Lucia,la donna fa due buchi nel reale prima che il desiderio e l’angoscia vengano inghiottiti o penetrino nel seno di madre terra.


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Il reale, perché l’Altro ha un nome proprio, è sempre pieno,per questo non gli manca nulla; se gli date dei numeri, quello che trovate è che, come l’amore, un fatto culturale, e che allora ogni esigenza di a sulla via di incontrare la donna, se la riduco a un numero, dovrà accondiscendere al desiderio che c’è nel mio numero, intendo nel numero che è destinato a darle il conio o per poter essere il numero di entre dovrà comunque essere moltiplicabile o divisibile per il suo, che, se si chiama Lucia Castagna, essendo il 25 del Cavaliere di Bastoni, l’Altro ha sempre il nome proprio di entre,o almeno, di passaggio sulla via del progresso graduale su cui vola per allontanarsi da Lecco, di tras, sobre, con ed en, insomma un numero correlabile con la posizione del conio, ossia del fallo, che abbia però in sé questa immane Angoscia su cui fa ombra la barra, che è il meridiano, che separa il desiderio dal godimento. C’è questa proprietà solerte dei nomi propri in Chiara, come c’era la bellezza dei nomi naturali e la rettitudine dei soprannomi nei nomi propri di Sade, “avete veduto quella bella baggiana che c’è venuta?”; la pesante chiarezza bergamasca di quello che potrebbe essere un soprannome di Lucia Mondella, in questa espressione “popolare” che,all’improvviso, di nascosto, svela quello che la propria Umwelt cela, la connotazione introversa-pudica e controllata della bellezza modesta, non visibile nella propria Umwelt, decontestualizzata viene alla luce, perché il desiderio, la legge del desiderio, non arriva a riguardare l’Altro che nel suo centro, “essa lo riguarda soltanto eccentricamente, e di lato – a piccolo sostituto di A grande”65. L’eccentricità dell’orbita, si potrebbe dire, di a, che è quel che resta o quel che, essendo nella donna il suo legame con il nodo del desiderio molto più allentato, si aggiunge ogni volta che l’angoscia porta indietro il desiderio, che cosa allora viene meno? “Avete sentito questa bella baggiana che c’è venuta?”: questa nigaude, la minchiona, avete visto, lo sentite che bel minchione ci ha fatto venire? Papanatas, voi dite che a Bergamo, l’avevano potuto sentire nel ‘600 dal linguaggio padrone degli Spagnoli66?O gaznápiro67, che fa un tutt’uno con pirula, per via del piropos, che è quella galanteria con cui un cavaliere spagnolo “se pirra de una mujer por “ pirrurarla, e che, per una bigotta come Lucia Mondella, si tirerebbe dietro gazmoña68 ? Detto questo per portarvi fuori orbita, non avete pensato intanto di dare una misura al nome proprio che sta tra Cielo e Monte, dove Lucia Castagna intanto è arrivata affinché il nobile tenga lontano l’ignobile, mostrando la sua forza che, non è solo nella distanza da Lecco, è questo ritirarsi verso l’alto, e con la sua pacatezza, o immunità fisica e sociale, vincola l’ultimo degli ignobili, o il primo dei papanatas, il gazmoño assoluto, con giallo cuoio di bue a tirargli il cocchio? Si arriva sempre quando c’è il resto, non ci tenta mai l’Altro, nemmeno chi scrive, altrimenti ci avrebbe pensato in tempo per poterne dare notizia a Chiara, che, così attento nella scelta dei nomi che contraddistinguono i propri personaggi, avendo così chiaramente destinato la Castagna al conio del Don Ferrante de Acuña, ne avrebbe gioito con la stessa intensità con cui il marchese de Sade,elogiato da Barthes per “l’attenzione estrema,


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amorosa, delicata e retta al significante sovrano: il nome proprio”69, tanto da dare il proprio cognome, in una possibile rimozione, a chi dei personaggi dei promessi sposi? Ebbene, il Cavaliere di Bastoni di Lucia Castagna, maritato, conclude lo sviluppo graduale di cui all’esagramma iniziale, diventa, nella “ritirata” del coniugale, che è l’esagramma n.33, quello che coordina il mese di luglio-agosto, quello del segno del Leone, il Re di Bastoni, questo è Don Ferrante de Acuña, il numero 23, stella reale del Leone, nella colonna dei Rosa Croce, che ha come numero fatidico il 9 essendo quello di Lucia il 6, connubio assoluto della passione e della potenza, della forza orale e fallica dell’oggetto a, che si aggiudica la donna con la forza del rango, del danaro e dell’intelligenza, perché, come è scritto nel libro, l’arcano XXIII è il significante sovrano dell’intelligenza che permette realizzazioni e la sua immagine è quella di un re in piedi su un leone con uno scettro in mano. La grammatica dei numeri del nome proprio Il Cavaliere di Bastoni di Lucia, che attiene esotericamente al segno del Toro, che ha sempre come trigramma inferiore quello del Monte anche quando il progresso graduale si conclude nella ritirata e sopra, dove c’era il Vento, c’è il Cielo, nella relazione numerica con Don Rodrigo, che dovrebbe essere per Lucia un Re di Bastoni per essere lo spaccamontagne , ha a che fare in realtà con un 26,il Fante di Bastoni, che,nelle mutazioni heimlich che sottentrano nei Promessi Sposi, è l’arcano di Lucia Mondella, che coordina la lettera Z, cifra d’adulterio e d’inganno ed è poco favorevole all’unione: in effetti, il Fante di Bastoni è il nemico potente che nella versione originale allunga il tempo della promessa, nella versione di Chiara è addirittura il potente che fa di Renzo Brambilla un “cornuto di precessione”, quello che nella Tavola di Fourier70 è il numero 74. Ma la riuscita numerica del nome proprio sta forse proprio in quello di Renzo, o Lorenzo, Brambilla, che, con diminutivo o con nome intero, fa sempre 22, e sarebbe l’arcano del Mondo, che, lacaniamente, è rotondo come il buco, il che fallicamente corrisponderebbe alla castrazione: “Renzo, che era stato sempre vergine, a Bergamo è diventato finocchio. Troppe volte ha dovuto rinfoderare”71; “MONACA L’ha sempre detto, che non s’era mai fatta toccare da lui”72. Il Mondo che è Renzo è il mondo che c’è tra lui e Lucia, i promessi sposi hanno contro il Mondo, che, è, se proprio volete saperla tutta, la verità: i promessi sposi, lui il Cavaliere di Bastoni attiene al Toro, lui il Mondo attiene al Toro; lei è sulla via del progresso graduale dove si vede che a in quanto tale è là in conclusione che l’aspetta per darle il conio , perché è questo il punto, Don Ferrante è il Re di Bastoni, mica è tondo come il Mondo, è seduto al tavolo pieno di libri, non è rintronato nell’orbita dell’Altro, come se questo asse del Mondo fosse l’asse del desiderio che


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la Castagna attiva; ma il desiderio, che non è mai nella Umwelt naturale, o nella lingua comune, è equivalente ad a fatto S . Con la stessa eleganza, Chiara dà all’Innominato il numero di Bernardino Visconti: il terrore luminoso, che ha del demoniaco per il fatto che sembra nutrirsi soprattutto di ciò che è racchiuso al di là della sfera del comprensibile, e la cui indole tremenda è simile a quella dell’Unheimlich, non può che essere rappresentata dall’arcano numero 15, che è il numero di Bernardino Visconti, il Diavolo, la carta del mistero e della malia improvvisa,della conquista sessuale e della tentazione irreprimibile, solo che con la Castagna Lucia l’episodio è fatale al vigore sessuale:la concupiscenza, la sovreccitazione, la sregolatezza, fatto sta che Lucia fa luce sul mistero dell’Innominato, scatena la passione ma nel giorno in cui il bioritmo fisico o emotivo era senz’altro nel giorno critico. Non dicono gli esoterici che l’arcano attiene alla fatalità nel mondo fisico? Il numero coordinatore del Diavolo è il 60, che, l’avete visto, è il numero dell’Indice Costituzionale di Lucia Castagna. Inutile aggiungere che la lettera del Diavolo è la X, che, qui, all’Innominato, una volta che lo si è nominato, è ciò con cui ha a che fare, da una parte, nel desiderio e, dall’altra, nell’angoscia,perché quello che “c’è qui all’inizio [è] una x che possiamo nominare solo retroattivamente e che è per l’esattezza l’accesso all’Altro, l’obiettivo essenziale in cui il soggetto ha da porsi”73. Solo che nel suo a , quell’irriducibile a, non c’è un po’ del Cavaliere di Bastoni, che è l’assolutezza anonima, o innominata, cui Lucia somaticamente tende. Va da sé che Chiara centra l’opposizione: Lucia che è 25 è virtualmente Toro; Bernardino Visconti che è 15 è virtualmente Scorpione; l’asse gira esattamente di 180 gradi e tanti sono i giri che fa l’angoscia per compiersi o, meglio, stando così occupato l’orizzonte, l’asse a 180° tura il buco dell’angoscia. Infine, Fra Cristoforo è un 19, il Sole. Che, non potrebbe essere altrimenti, è la religione e,nel mondo fisico, è la felicità, il gaudio. Suvvia,ci siete, no? Il Sole è la luce, che altro potrebbe essere per Lucia? Il prete, che, nella famosa pratica dello “ius primae noctis”, pratica la deflorazione della prima notte74, solo che qui, non essendoci le nozze che lui vorrebbe che si facessero, continua ogni domenica a fare l’oggetto assoluto, come Don Giovanni. D’altronde,ne abbiamo già parlato, l’odor di femmina75 quando passa in sagrestia non si sa che luce faccia. L’importante è che Chiara,anche con questo nome, l’ha mantenuto intatto, sia stato illuminato: il 19 è l’affetto cavalleresco, quello del grande sentimento, che è la luce calda, la luce potente del sole che è il rischiaramento. Coordina la lettera Q, che, già dall’Aretino, si sapeva cosa fosse ed è questo che, col rischiaramento domenicale, viene offerto come gaudio assoluto. Questa altezza di mire fa un po’ il verso, essendo il Sole la carta che coordina il numero 100, al 100 che Don Rodrigo è ogni qualvolta lo si chiami ad allontanare l’angoscia o lo 0 che il mondo(Renzo?) di giorno in giorno attiva. La grammatica dei numeri vuole che la Lucia dia al mondo un figlio del Re di Bastoni e lo chiami Cristoforo, perché abbia il numero 10, la Ruota


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della Fortuna, che è la quadratura del cerchio, l’arcano del principio e dell’onore virile, dello scettro paterno, non c’è che dire, è la ruota che fa girare il fallo. Si chiude così il ciclo del progresso graduale della giovane che viene data in sposa: promessa al Mondo(22), che è il Toro, lei che è il Toro del Cavaliere di Bastoni(25), fa 100 con il Fante di Bastoni(che è 26, ed è Gemelli), viene ogni domenica rischiarata dal gaudio che è il Sole(19, ed è Leone), fulmina l’Innominato, ammašcandolo nell’Unheimlich svelato dal suo nome, che è il Diavolo(15, ed è Scorpione),arriva al Re di Bastoni, che è il 23, ed è la Stella Reale del Leone, allietandolo con un figlio che, avendo il nome di Fra Cristoforo(anch’esso Leone) è il 10 della Ruota della Fortuna, la ruota del fallo76: la giovane data in sposa ha raggiunto il luogo dell’Altro, e sul dato di quel tesoro del significante, in cui ha da collocarsi, perché l’attende fin dai primordi, la luce è sul Monte, il Cielo lo illumina, ed è da qui che l’irriducibile di a, dall’avvento del soggetto nel luogo dell’Altro, prenderà la sua funzione, tra angoscia a desiderio, tra a e angoscia, tra x e desiderio77: quante volte? Il 20% in più di Lucia e l’impostura del fallo Quello che passa attraverso la negativizzazione del fallo è il complesso di castrazione,lo statuto di (-) è al centro del desiderio dell’uomo, un nodo essenziale per Don Rodrigo, che, per Lucia, non è necessario. Questo vuol dire che per Lucia l’oggetto fallico non viene in secondo piano, che dice Lacan? Che per questa limitazione imposta all’uomo dalla sua relazione con il desiderio, Don Rodrigo inscrive l’oggetto nella colonna del dare: e così è con questo (-) che lui fa il suo buco nel reale,anche se il buco comincia nel suo basso ventre, in quello di Don Rodrigo, perlomeno se vogliamo risalire alla fonte che statuisce il desiderio. Intanto, questo fatto che Guillaume Apollinaire cantasse “Ogni sette anni la panettiera cambia pelle”, nelle “Mammelle di Tiresia”, per il fatto che Tiresia cambiava sesso, non per semplice periodicità ma a causa di un incidente78, fa incuneare nella nostra trattazione la domanda che cosa cantasse Piero Chiara quando Renzo, alla fine dei tre anni che l’esagramma somatico della sua promessa sposa gli prescriveva come progresso graduale per godersela prima che si maritasse per benedire nel tempo prescelto l’unione con una creatura, scoprì che la panettiera tre anni dopo sfoggiava in vetrina a Milano. Come Tiresia, per la panettiera di Apollinaire, anche Renzo, per la panettiera di Chiara, avendo avuto l’arroganza di pretendere pane che non era per i suoi denti, si era ritrovato finocchio, che, se non è maricón, almeno serve per i taralli. Che, qualunque sia la panetteria che li sforni, non servono tanto ad allentare il nodo del desiderio. Non omettiamo di dire, anche per la questione dei vasetti che Lacan tira in ballo in un seminario e per quello che Migliorini ebbe a riferire sul


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recipiente di Lucia, che Castaña in spagnolo è anche “damigiana” oltre che “sberla”: che cosa vorrà significare questa allusione? Che se il reale è sempre pieno e che, come lo dice Lacan c’è sempre un’arietta che tira che va nell’altra direzione, e che cioè il reale formicola di cavità, ci si può persino fare il vuoto79. Io dico una cosa completamente diversa, cioè che a Lucia non manca nulla e che, se la si intende come recipiente,o come castagna,sotto questa ambiguità mobilitata da Piero Chiara, il vasetto di senape che Lacan tira fuori nel 1963 per il X seminario, che è sempre vuoto, per me è come se fosse il vasetto di 600 grammi di maionese che, già dalla fine del XX secolo, la Calvé tira fuori dalle parti di Milano e che quel 20% in più gratis pian piano80 ha messo un po’ a lato la maionese della Kraft, a maggior ragione che questa che ci danno adesso in Italia viene prodotta in Spagna. Voi sapete che Lucia, che ha una sessualità normale, quando racconta qualcosa a Renzo non è che, bobalicona como es,gli faccia intendere che qualcosa si produce in lei quando – se per esempio è per strada – insorge l’allarme di un oggetto in movimento che la spinga a un monologo del tipo – Dio, una carrozza! Ebbene, inspiegabilmente, si accorge allora di un rigonfiamento vaginale. E nota che in certi periodi questo fenomeno si verifica in corrispondenza con l’improvviso apparire nel suo campo di un qualsiasi oggetto, apparentemente del tutto estraneo alla sfera sessuale. Questo stato, non sgradevole- dice a Padre Cristoforo – ma piuttosto di natura ingombrante, recede da solo. Il fatto è che il vaso di Lucia è come quello della Calvé, ha il 20% in più, ha un Indice Costituzionale di 60.60, ed è per questo che il suo desiderio dell’Altro è il mezzo affinché il suo godimento abbia un oggetto confacente. “La sua angoscia è solo di fronte al desiderio dell’Altro, di cui non sa bene, in fin dei conti, che cosa copra”81: per andare più in là con le formule di Lacan, si dovrà dire che nel regno dell’uomo, e quindi di Don Rodrigo,per ora, c’è sempre la presenza di una qualche impostura. Lucia, è molto più reale e molto più vera, di chi? Di Renzo, tanto cazurro da farsi cazo, sì, in quanto sa misurare il valore di ciò con cui ha a che fare nel desiderio e vi bazzica con estrema tranquillità. Come Don Juan, Don Rodrigo sta sempre al posto di un altro, come infine farà Don Ferrante, e prima ancora Fra Cristoforo e Bernardino Visconti e, se andiamo a vedere bene, chissà quanti altri hanno lasciato la traccia sulla fanciulla. A partire dall’esibizionismo che, checché ne dica Salomone, come lo contraddice Lacan, sul fatto che vi siano quattro cose sulle quali non possiamo dire molto perché non resta alcuna traccia, la scia dell’aquila nel cielo, quella del serpente sulla terra, quella della nave nel mare o la traccia lasciata dall’uomo sulla fanciulla82. Lucia, anche adescandolo, vuole l’oggetto, e lo vuole addirittura in quanto non lo ha: la sua rivendicazione del pene resterà fino alla fine essenzialmente legata al rapporto con la madre, vale a dire con la domanda. Perché è questo l’Edipo – anche quando del pater o indirettamente di una figura dello stato di famiglia connessa, cugini, zii, nonni, non c’è traccia – è avere l’oggetto. Che, allora, è quando si


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interessa a (-), che è il fantasma di Don Rodrigo e Fra Cristoforo che appunto nessuna donna possa prenderglielo, ma in verità e a Lucia che non glielo si può prendere perché non ce l’ha. Quello che Lucia vede nell’omaggio del desiderio maschile è che tale oggetto diventa di sua appartenenza. Questo non significa che Don Rodrigo, Fra Cristoforo, Visconti, Osio lo perdano. E’ che Lucia ne fa l’oggetto della ricerca e della custodia, fino a che,per le tracce lasciate dall’uomo sulla giovane, trova il reale femminile, che è questa la madre, se Don Juan è un sogno femminile, Don Ferrante che cosa potrà essere, se non il resto della Castagna? Don Juan, dice Lacan, è una bella storia, che funziona e fa effetto, ma che è legata all’accettazione della sua radicale impostura: egli sta sempre al posto di un altro83. D’altronde, anche Don Rodrigo stava al posto di un altro; e pure Fra Cristoforo; anche l’Innominato; anche Don Abbondio avrebbe voluto essere al posto di un altro; e lo è, è ovvio, più di tutti, l’oggetto assoluto, Don Ferrante, che, sì, è il reale femminile, non foss’altro perché è il conio e ce l’ha di ferro, ma era anch’egli un sogno femminile, che,per essere tale, è sempre un impostore, come Don Juan, che di donne non ne ha, Don Ferrante, quella che aveva non gli serviva più a un cazzo e che,ora, dopo che Lucia lo cura in silenzio dalla peste, questo odor di femmina che sente siamo proprio sicuri che sia quello della cazurra di Lecco, que hacía bobina y cazó el prometido por casar el acuña, o non sia piuttosto el olor de hembra84 di Donna Prassede85 ?

La mancanza di (- )e la pienezza di (+) Don Ferrante sta al posto della propria mancanza (-) che nella sua lingua è (-), che è la sua radice biologica, ed è per questo che la peste gli ha portato via dalle balle Donna Prassede, perché è sua la traccia lasciata sulla fanciulla; Salomone re della sapienza qui non ha fatto i conti con Don Ferrante de Acuña, re di bastoni, che,lo sanno persino gli psicoanalisti, ha effettivamente lasciato traccia in adulescentula a cominciare dall’esibizionismo e,prima ancora, dalla scena primitiva. L’esibizionismo di Lucia, che è in tutte le scene di Piero Chiara e già l’adulescentula era cresciuta, ha qualcosa che , se è l’Indice Costituzionale, fa 60.60 e che, se è l’Indice del Pondus, fa addirittura 0, che è un qualcosa che l’I Ching, se allineato con gli indicatori globali di Abraham Moles per l’immagine, mostra come il Vento soffia sul Monte. Ora, agli spagnoli,a volte, un po’ duri di testa, non solo di (-), bisogna dirglielo nella loro lingua: la Castaña es la imagen del viento que sopla sobre el montón, sobre el montón está un arból: es la imagen del desarollo. El desarollo.La niña viene prometida. Salud! Propizia es la cónstancia. Questo progresso graduale della adulescentula porta, nella mutazione della linea dell’ambiguità, che per un Indice Costituzionale 60.60, è sempre ben tenuta, se non altro tra i seni o in qualche altro incavo, che è al quarto posto e fa sì che, una volta mostrata, ponga fine alla promessa e


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faccia decadere l’ignobile, anche perché è questo che lo sviluppo graduale somatico di Lucia mostra, che nella donna non c’è il membro perduto di Osiride o del Sole, che era l’arcano di Padre Cristoforo, ma questo di più, questo 60.60 o lo 0 del pondus, che è il vasetto di 600 grammi della Calvé, che, a formularlo, potrebbe essere il (+ ©) il di più che è Castaña, cioè il vaso pieno: il 60.60 , o lo 0 assoluto di una presenza, che è il peso del suo progresso graduale verso il Cielo,la cuña, il cuño, il coño, la castaña del coño, la sbornia, il vaso, il recipiente, del cazzo e del conno; che, guardato nella sequenza della trama, sta tutto tra pane e peste, tra segno più e meno e, tanto (-), (-) e (+©), essenzialmente il segno che disgiunge e congiunge è il pene. Ecco perché la posizione di Don Ferrante nel fantasma di Lucia è quella formulata dalla presenza, il (+©) della Castaña,, che è piena come il vaso del reale,ancorché oggi che il vaso italiano della mayonesa è più capiente, ne ha di più, di (+©), del vaso della mayonesa che prodotto in Spagna,anche perché il membro perduto di Osiride, che è il Sole, e cioè Fra Cristoforo, custodito dalla donna, difatti, per averglielo preso, appartenendo alla Castaña, ce n’era traccia nel vaso della presenza di (+©), perché c’è sempre il fallo fantasmatico in fondo al vaso. Checché ne pensasse Salomone, ci sono anche altre cose che si trovano in questo vaso e sono molto interessanti per il desiderio:l’uovo,per esempio. Anche se l’uovo, venendo dall’interno, ci complica lo schema del progresso graduale della promessa sposa .L’uovo può trarre vantaggi dagli incontri che il malinteso fondamentale predispone, ma, nel progresso graduale, non incontra mai lo spermatozoo, il che, oggettivamente,potrebbe farci pensare che il vaso in uso sia stato un altro. In ogni modo, se quello di Lacan è il vasetto della castrazione essendo identificato con (-), in questo vasetto della Castaña c’è il più (+©) del Coño, ed è questo che usa, quello della Calvé, per intenderci, chi stando al posto della propria mancanza (-) voglia colmare il desiderio con tutto quello che c’è fino in fondo, nel vaso. L’angoscia,insomma, sembra che stia, come la castrazione primaria, in fondo al vaso, tra la presenza fantasmatica del fallo(di un altro uomo) e l’uovo che, anche quando fanno la maionese in Italia, non può proprio essere sicuro che non sia stato cavato fuori da uno spagnolo. Tuttavia,possiamo affermare che è possibile che Chiara avesse avvertito, per la presenza di almeno tre vasetti e tutti disposti sul ripiano, la riga, più in alto, quello dell’iconicità, la presenza, non interamente fantasmatica, di una sorella di Lucia, che, una volta che el prometido fosse stato definitivamente scornato, invece d’attaccarsi al cocchio dell’ex prometida e quindi al fallo, non solo fantasmatico, del suo sposo reale, potesse costituirsi come vasetto della riserva in cui quel gilipollas di Renzo avrebbe potuto rinvenire l’uovo, che, è questo che si vuole seguendo la bobina, il dispositivo, di alleanza. Anche se, è ovvio, il desiderio sembra che faccia lavorare alla bobina,al dispositivo, di sessualità.


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Il filo della bobina dell’alleanza e il rocchetto della sessualità Se la donna è primordialmente, così dicono a Lacan 86, una tessitrice, l’uomo non è sicuramente il vasaio, perché, come dice più tardi, il filo sta all’ago come la ragazza al ragazzo e la donna si presenta con l’apparenza del vaso, che è il suo esagramma somatico, ed è questo che ovviamente inganna Renzo, egli immagina che il vaso possa contenere l’oggetto del suo desiderio, La presenza fantasmatica del fallo in fondo al vaso è il fallo di un altro uomo, ed è questo il progresso graduale: ci si mette il fallo,altrimenti uno potrebbe pensare che cosa ci trova Renzo se non l’oggetto del suo desiderio? Cos’ Renzo proprio non resiste, vuole il vaso che è Lucia,ma, poverino, non sa che lei lavora alla filanda, que hace bobina? E non s’accorge che quel che lui pensava che fosse un vaso era un rocchetto, e così la bobalicóna que hace bobina cazó el prometido por casar el acuña. Insomma, che volete che vi dica ?Se una tira il filo della bobina dell’alleanza e usa il rocchetto della sessualità, l’altro non può pretendere di trovare nel vaso il fallo che lui non ci ha ficcato, como puede ese bobo pretender ese gozo? La cazurra, cazando cazando, cazó el acuña, tanto che infine fu colto in fallo il cazurro prometido, que hacía anche lui bobinas, solo che i suoi forse erano carretes, e tra una carretera e l’altra, finì col ritrovarsi a Milano come promesso dalla prometida a farle da carretero,ovvero el cochero de casa de Acuña. E qui il rocchetto ha tirato le fila, he atado cabos, la historia no ha más hilo, no ha más pelo. Poi, visto che dall’altra parte c’erano i Francesi, con cui avrebbe potuto schierarsi il Lorenzo Brambilla, l’anatra, che è nel paradigma non solo spagnolo di Lucia, in francese, quando è femmina, fa cane, e se è un’ “anitrotta” o “anatrella” è canette, il rocchetto del paradigma è anche qui lo stesso, nel senso che fra “anatra”, “filo”, “bobina”, “spola” e “vaso” siamo sempre nello stesso cerchio, perché canette, l’anitrotta, pruò essere anche bobina, o la cannella di una botte o la bottiglia, e se “boire une canette” è letteralmente “bere una birra”, ha anche il doppio senso della “sbornia”, che c’è in “anatra” e “Lucia” di cui al “coperse una castaña” o “coperse una lucia”, che c’è in “attraper une canette”. Comunque, per questo progresso graduale del (-) o, in spagnolo, (-p), risponde il (+©) della Castagna, la linea suprema, che era l’iconicità di Lucia, cioè quell’essere “l’oca regale che si avvicina gradatamente alle alte nubi” e “le sue penne si possono adoperare per le sacre danze”, e che infine, nel ritirarsi conclusivo, quando la bobina della storia non ha più filo, questa spola vuota, la canette vide, il buco nel reale, che è questo che c’è nel vaso di Lucia, mostra che è le canard che è trompé, è il suo che è finito, le canard roulé! Canarder, in argot, è tromper, e Chiara, la linea dell’ambiguità al quarto posto dell’esagramma del progresso graduale di Lucia, la sfila subito mostrando lo stesso giorno del matrimonio mancato che Lucia canarde, trompe, raconte des mensonges: le canard canardé et la cane qui cane, il promesso fottuto e l’anatra che sparisce.


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Ma Lucia non faceva l’incannatora, la canetière, alla filanda? El hilo de la historia entre los dientes de quien está sobre la orilla del tarro E tra la cane e la canette ve ne tiro un altro di filo, che, per come state seduti sul bordo del vasetto della castrazione, che è un bordo bello rotondo e schietto, che non presenta nessuna di quelle complicate raffinatezze che attengono al meno-a, pensate che debba essere cavilla che, nella lingua di Don Rodrigo e Don Ferrante de Acuña, è la “spoletta”, ma che, avendo cominciato a far girare il rocchetto con il sanscrito, on possiamo che tirarne un capo per il “filo”, che fa sūtra che, è questo che produce, nel suo paradigma, tira dentro anche “aforisma”, e non può essere altrimenti visto che ha per radice il verbo sūtr, che,per l’appunto, è “porre insieme”, “produrre”, “comporre”; ebbene, cosa avviene quando la spola, che qui è tra Lecco e Milano e Milano e Bergamo e poi tra Bergamo, Lecco e Milano, finisce con il far sentire il “raschio” che il filo del rocchetto sta finendo e questo è la r,del “terrore”, l’Heimlich, la madre degli dei e dei demoni,il movimento, che essendosi prodotto, non è più nel “filo”, ed è questo (-r) che adesso è sūta, che è “nato”, è il “prodotto”, con cui “poco dopo entra Lucia riccamente vestita, con in braccio un bambino di due o tre mesi”: la madre degli dei e dei demoni, come vedete l’ha benedetta con questa creatura…che è, essendo sūta, un aggettivo, e difatti si chiama Cristoforo; attenti, (-r), che è l’Heimlich sanscrito, guardate un po’ cosa tira dall’altro capo del filo: come sostantivo, sūta, è “cocchiere”, e difatti “viene avanti un magnifico equipaggio. Nel cocchiere riconosciamo Renzo Brambilla”87! Allora, l’avete vista tutta la trama, l’intreccio, con l’orditura, l’invergatura di Chiara, voi che state sul bordo dl vasetto della castrazione ? Che, se fosse stata ricamatrice, quella caterinetta di Lucia come l’avremmo dovuto chiamare il punto finale del suo progresso graduale? Doppio, sì, ma punto r della Madre degli dei e dei demoni, un po’ come il nostro punto di Smirne o del Diavolo, o punto bizantino di Milano, o, meglio, spagnolo(a due diritti) che, così composto, è quello anche detto della falsatura? Ma se stavate tutti a guardarle, sin dal primo capo del rocchetto, il seno monumentale? El seno monumental, que es terribile, tremendo, como el (-r), del rodar del carrete, de la bobina: tutti presi dalla r del seno terribile, seduti sul vaso della castrazione, non avete capito che l’aforisma dei promessi sposi era tutto lì, entre el seno monumental estaba la r , el terribile Heimlich, la madre de los dios y de los demonios, e che, perciò, se a un capo del rocchetto c’era il “nato”,all’altro doveva esserci il “cocchiere”, tanto che non potevate non pensare che , vai a vedere, in fondo in fondo, Lucia Castagna ha qualcosa del vaso di Lena Antognetti, che Caravaggio usò come modella per la figura della


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Madonna dei Palafrenieri, (-r), es terribile, vero? Ma questo è un altro sūtra, o un’altra bobina ? E, in verità, se foste stati un po’ sull’orlo dell’angoscia per questa orditura di Piero Chiara, che, pan-pato-y-pelo que sea, es siempre pan por vuestros dientes, ammesso che foste riusciti a fare in modo che non vi si impigliasse il filo, el hilo, entre los dientes, tanto che, per il desiderio del (+©) così monumentale come il (-r) del rocchetto del filo, avreste se non altro un po’ goduto di questo a che la prometida ha venduto a metà al prometido, perché tutto destinato a voi88. ------------------------ hondo -----------------------------------

heróe (de Acuña)

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hendida (Castaña ) ___________________ (- p)hendido prometida huevo90 hijo  prometido

(+©)  hombre cochero

huevón

(Brambilla)

----------------------------- huero ---------------------------------Hila/hado.

-----------------------

Hijo ------------------- Sūta

 Hiperbolico Hilo 

huevo ---

(“nato”) (+©)

 --- harin

(-r)

 (-p){pan,peste,pelo,pato} ----- Hombre cochero ------- Sūta (“cocchiere”) Hilo/Sūta.


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Cfr. la sentenza dell’esagramma in:I Ching, trad.it. dalla versione tedesca di Richard Wilhelm, Astrolabio, Roma 1950: pag. 228 e 491. 2 Cfr. V. S. Gaudio, Il Patamariel, © 2007. 3 Ibidem, pag. 228. 4 Cfr. I Ching, ed. cit.: pag. 168 e pag. 408. 5 Cfr. ibidem: pag. 230. 6 Cfr. ibidem:pag.130-131. 7 Piero Chiara, I Promessi Sposi, Mondadori, Milano 1998: pag. 28. 8 Ivi. 9 Cfr. Georges Delesalle, Dictionnaire Argot-Français &Français-Agot, Paul Ollendorff éditeur, Paris 1896 : pag. 189 e 333. La châtagne in argot è « moussue », che è « muschiosa », che è connessa a verbo « mousser », « schiumare », « spumeggiare », « spumare », « fare spuma »,e al sostantivo « mousseuse », che sta per « prostituta » e che, essendo « mousseuse », è « spumosa », « spumeggiante », « spumante », « muscosa », « muschiosa ». 10 Cfr. Bruno Migliorini, Dal nome proprio al nome comune, Olschki casa editrice, Firenze-RomaGinevra 1927: pag. 299. 11 Cfr. Bruno Migliorini, op .cit., Supplemento all’edizione del 1927, Olschki editore , Firenze 1968: pag. XLVII. 12 Les quarante manières de foutre, dédiées au Clergé de France[1790], Librairie Arthème Fayard, Paris 1986 ; trad. it. Es, Milano 1993 : pag. 45. 13 Regola importante, nell’usare l’alfabeto numerologico dei Rosa Croce, è che ogni cifra di ogni lettera de nome, a cominciare dall’ultima, va moltiplicata per un numero progressivo da 1 a 9; così, l’ultima lettera di Lucia(=A) va moltiplicata per 1, la penultima(=I) per 2, la terzultima(=C) per 3, e così di seguito. Il numero di Lucia è 48; il numero di Castagna è 85; sommando le cifre cabalisticamente, otteniamo [4+8+8+5=]25.L’alfabeto numerologico a cui bisogna attenersi per il calcolo anche degli nomi dei personaggi di Chiara è questo: A=1 B=2 C=2 D=4 E=5 F=8 G=3 H=8 I=1 J=1 K=1 L=3 M=4 N=5 O=7 P=8 Q=1 R=2 S=3 T=4 U=6 V=6 W=6 Y=1 X=6 Z=7 . 14 Lucia Mondella è fatta di questi numeri: 48, Lucia; 167, Mondella. Pertanto, abbiamo: 4+8+1+6+7=26, che, se ulteriormente ridotto, fa 8, il numero della sentimentale apatica con tendenze flemmatiche, cfr. anche in merito : Vuesse Gaudio, Il numero del vostro amore, “Donna Moderna” n. 8, 10 maggio 1988, Mondadori editore, Milano. 15 Per il calcolo dell’ Indice Costituzionale e dell’ Indice del Pondus, cfr. V.S. Gaudio, Oggetti d’amore, Scipioni bootleg, Viterbo 1998. 16 Cfr. quanto viene detto alla nota 54. 17 In verità, se fossero proprio considerati i 22 anni esatti , dovremmo aggiungere altri 5 giorni per gli anni bisestili che si sono avuti in quell’arco di tempo, tanto che Lucia sarebbe all’8° giorno del ciclo fisico, al 27° del ciclo emotivo e al 16° del ciclo della risonanza, combinazione ancor più speculare alla scena descritta da Chiara, in cui appare una Lucia “contrariata”, da giorno critico, e difatti nel ciclo della risonanza , il 16° è il giorno critico, mentre in quello emotivo, la curva in risalita sta per toccare il punto critico. Per il calcolo, cfr. Vuesse Gaudio, I tuoi bioritmi, “Bella”, n. 38, 24 settembre 1990, RCS Rizzoli Periodici, Milano . 18 Piero Chiara, ed. cit.: pag. 29. 19 Les quarante manières de foutre, dédiées au Clergé de France[1790], trad. it. cit : pagg. 32 e 55. 20 I Ching, trad. it. cit.:pag.491. 21 Cfr. I Ching, ed. it. cit.: ivi.. 22 Bruno Migliorini, op.cit.:pag.245. 23 Piero Chiara, ed. cit. : pag. 29. 24 Ibidem: pag. 27. 25 Cfr. I Ching, ed. it. cit. : pag. 494. 26 Ibidem: pag. 408. 27 Ibidem: pag. 410. 28 Per la relazione simmetrica e giovane, cfr. V.S. Gaudio, Feminae Semipondus. La semidissertazione su “Pornografia”, in particolare i paragrafi: “La comunicazione manipolatoria della coppia simmetrica adulta” e “L’indicibilità dell’amore e la parte maledetta della giovinezza”, © 2007. 29 Piero Chiara, ed .cit.: pag. 28.


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Per la verifica del WHR e del WBR, il volenteroso lettore potrà rifarsi alle indicazioni relative contenute in: V.S. Gaudio, Il Marcuzzi, Dal nome proprio al nome comune: il podice Alessia, “Zeta”n. 76, marzo 2006, Campanotto editore, Udine. 31 Roland Barthes, Sade II, in: Idem, Sade, Fourier, Loyola, trad. it. Einaudi, Torino 1977: pag. 132. 32 Ibidem:pag. 144. 33 Ibidem: pag. 145. 34 Piero Chiara, ed. cit.: pag. 182. 35 Roland Barthes, trad. cit. : pag. 146. 36 I Ching, trad. it. it::pag.169. 37 Roland Barthes, trad. cit.: pag. 148. 38 Cfr. I Ching, trad. cit.:pag. 492. 39 Diamo i nomi delle posizioni del Foutre du Clergé in spagnolo:la 33 es “La Misteriosa”; la 25 es “El Pato” o “El Parro”; la 16 es “El Riverso de la China”; la 32 es “La Golosa”; la 39 es “La Nodriza”; la 5 es “La Catalána”. 40 Piero Chiara, ed. cit.: cfr. pag. 98. 41 Piero Chiara, ed. cit.: pag. 36. 42 “L’attrazione di Milano” è la numero 40 entre les manières de foutre du Clergé de France:”La Misteriosa” è la numero 33. 43 Viggo Brøndal, Teoria delle preposizioni, trad. it. Silva editore, Milano 1967. 44 “OSIO No. Non si tratta di metterla nel giro, per quanto ne varrebbe la pena, da quel poco che ho visto. Quando passeggia in cortile, mostra un davanti e un didietro che si è notato di raro tra queste mura”: Piero Chiara, ed.cit.:pag.164. 45 “Don Abbondio approfitta dell’esitazione di Lucia per alzarsi, afferrando il tappeto. I danari rotolano per terra e il candeliere si rovescia. La candela si spegne, Don Abbondio si getta sopra Lucia e la imbacucca maneggiandola senza troppi complimenti”: Piero Chiara, ibidem: pag.86. 46 “La SIGNORA (…) ( …Le si accosta, le fa una leggera carezza sul volto, poi sforandole con le dita un seno, le sussurra con aria equivoca )Quanto sei bella! Sfido io, che tutti ti vogliono”: Piero Chiara, ibidem: pag. 166. 47 “Il frate si avvicina alle due donne, dà un’occhiata molto avida alle grazie ridenti di Lucia, poi dice: FRATE Volete venir con me? Vi conduco subito al monastero della Signora. State però discoste alcuni passi, perché la gente è cattiva; e Dio sa cosa direbbe se vedesse il Padre Guardiano per la strada con una bella giovane… Il frate fa una faccia zuccherosa e torna a guardare Lucia da capo a piedi. Si avvia, poi, seguito dalle donne. Si vede la faccia del Padre Guardiano che fa girare gli occhi, si lecca il labbro superiore, stringe la bocca come un assaggiatore di vini e volge gli occhi in alto”: Piero Chiara, ibidem:pagg.99-100. 48 “LUCIA Ma si può sapere chi è? ( Cerca di allacciarsi come può il corsetto, mentre il bravo che le sta di fianco piega il capo verso di lei e le guarda sfacciatamente nella scollatura) Cosa c’è da guardare? BRAVO Ce ne sarebbe, da guardare! Lucia, rabbonita, sorride. (…) BRAVO State tranquilla. Quando si hanno certi argomenti, non la può andar male( le torna a guardare la scollatura).”: Piero Chiara, ibidem: pag. 1701-171. 49 Roland Barthes, op.cit:pag.125. 50 Per venire a capo del mullar, cfr. V.S.Gaudio, Aurélia Steiner2, © 2005, in particolare: Idem, Aurélia Steiner de Durrës; cfr. anche Idem, Shummulon vs Shumullar. La Stimmung-Shqip con Samuel Beckett, “Rockaby”, © 2005. 51 Piero Chiara, ed.cit.: pag.25. 52 Ibidem:pag.28. 53 Ibidem:pagg.28-29. 54 Roland Barthes, op.cit.:pag. 115. 55 Per venire a capo del “bagliore didonico”, cfr. V.S.Gaudio, Aurélia Steiner de Tunis, vedi in particolare Il Bagliore di Didone, l’Aeneus di Didou: “il Bagliore di Didone, che è connesso alla sua pulsione del farsi-Mula per Aineas( che essendo il latino Aeneas, il nome di “aeneus”, ce l’aveva “duro” come “bronzo”), da cui per l’ enigma, l’accenno oscuro, il motto allusivo profferito da Dido, che, per questo, viene continuamente sotteso nel Didou, “dis donc”, dello argon mauresque: il “dis donc” del Didou(che porta immediatamente alla messa in atto dell’”enneamento”) è riportato alla luce da Anna che, di passo in passo, finisce con il riapparire nell’habitat di Enea come Ninfa, facendosi apparizione e sparizione, vertigine, eclissi, demone (in rapporto al Meridiano di Tunis) di quel bagliore della sorella allietando così


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perennemente la libido degli osservatori, degli inseguitori, dei pedinatori, dei poeti e dei marinai”: in Idem, Aurélia Steiner 2, © 2005. 56 Piero Chiara, ed. cit.: pag. 29. 57 Ivi. 58 Roland Barthes, op.cit.:pagg.145-146. 59 Jacques Lacan, Il seminario, Libro X, L’angoscia 1962-1963, trad.it. Einaudi, Torino 2007: pag.118. 60 Ibidem: pag. 188. 61 Ibidem: pag. 194. 62 Cfr. Ibidem : pag. 198. 63 Ibidem: pag. 201. 64 Cfr. Ibidem: pag. 205. 65 Ibidem: pag. 197. 66 Anche per via della “papanatería”, la cualidad de papanatas o la acción, la actitud o el dicho propios de un papanatas, el papamoscas? 67 Que es tonto o torpe. 68 “Que finge ser muy devota,modesta o cuidadosa en cuestiones de moral”: Lema, Diccionario de la Lengua Española, Spes Editorial, Barcelona 2001: pag. 857. 69 Roland Barthes, op. cit.: pag. 155. 70 Cfr. Charles Fourier, Tavola analitica delle corna, in: Idem, Verso la libertà in amore, a cura di Daniel Guérin. Ed. it. La Salamandra, Milano 1980: pag. 96. Sarebbe il “cornuto antedatato”,che, in verità,non è appropriato per il promesso sposo, a meno che, una volta mantenuta la promessa, fattasi cioè sua moglie, questi “si limita a vedere da sposata coloro a cui ha accordato in precedenza i suoi favori”, cioè divenuta signora Brambilla, Lucia, senza aggiungere alla lista nessun nuovo amante, continui a fornicare con Don Rodrigo, l’Innominato, Padre Cristoforo e quanti altri a cui aveva accordato i suoi favori. Stando così le cose, ora che è la contessa de Acuña, potrebbe fare del conte suo sposo un “cornuto di precessione” utilizzando gli amanti di antica data,ma non può rendere questo servigio al marito perché essi non sono più disponibili, chi è defunto e chi è stato disposto lontano da Milano. Che si potrebbe fare allora? Farsi finalmente el coño del prometido, fargli coger por fin la castaña ? E allora il conte de Acuña potrebbe essere un bel “cornuto di vocazione o di grazia”, il 50 della Tavola, combinato però con il 26, il “cornuto grandioso o impassibile”, che, guarda il caso, è anche il numero del nome di Don Rodrigo. 71 Dagli appunti di Piero Chiara, cfr. il riferimento di Ferruccio Parazzoli, Introduzione, in: Piero Chiara, op. cit.:pag. 11. 72 Piero Chiara, op. cit.:pag. 156. 73 Jacques Lacan, Seminario cit.:pag. 176. 74 Cfr. Ibidem: pag. 208. 75 Cfr. Ibidem:pag.209. 76 Il conteggio dei numeri dei nomi propri,riferito non alla somma cabalistica ma alla sottrazione del numero degli arcani del Tarocco, ossia 78, darebbe per i personaggi di Piero Chiara questa inquietante sequenza: per Lucia, che fa 48, e Castagna 85, avremmo: 48+85-78= 55, ovvero l’Asso di Spade; con questo paradigma: “un saper fare nascosto, heimlich, basso; figura della sensualità, è il riflesso d’arma dell’arcano I”. Per Lorenzo Brambilla, avremmo: 169- 78-78 + 91- 78= 64, ovvero il 10 di Spade; con questo paradigma: “vicissitudini e viaggi inutili; minacce varie nemici”. Per Don Rodrigo, tenuto il Rojas come base a 46 a cui aggiungiamo 31 + 100 di Don Rodrigo e a cui togliamo 78 e al 13 + 132 + 1 di De Sandoval y , a cui togliamo 78, avremmo: 31+100-78+13+132+1+46-78= 45, che è il 5 di Coppe, l’arcano il cui paradigma è: “possedimento di una persona; dominio sentimentale in senso negativo”. Per Fra’ Cristoforo, al 172 di Cristoforo togliamo due volte 78(-156), che fa 16, aggiungiamo 45 di Fra e abbiamo 61, che è il 7 di Spade: “imprese losche; tradimento”. Per Bernardino Visconti, avremmo: 150, dal nome, - 78 + 135, il cognome, - 78 =51, che è il Re di Spade, il cui paradigma è : “Un uomo maestoso e nefasto, con le prerogative inerenti ai magistrati, ai generali e agli ecclesiasti”.Per Don Ferrante, abbiamo: 31(Don) + 153(Ferrante) – 78 +13(De) + 48(Acuña)-78= 5, che è l’arcano del Papa, “il solo padrone e il solo che si deve adorare”. C’è, nelle pieghe paradigmatiche, anche la figura del “professionista schiavo dei testi”: “Don Ferrante è nel suo studio, seduto a un tavolo ingombro di libri”(Chiara, pag. 182).Il personaggio che è il compimento del progresso graduale della Castagna, comunque lo si voglia prendere, sia come Re di Bastoni(23) che Papa(5), è beffardamente, nel gergo palermitano, il numero della “fiura i cincu”, che cambia la frontalità genetica del matrimonio, la stagionatissima virilità, una volta onorato il Signore per benedire il connubio con il piccolo Cristoforo, sarà costantemente soddisfatto nel segno della “fiura i cincu”: il deretano. Il deretano della sposa,


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s’intende. Nella figure che hanno contribuito al progresso graduale di Lucia: dalla 14 alla 33, dalla 15 alla 17, dalla 12 alla 25, dalla 28 alla 30, alla 31 alla 38, fino alla 40, l’attrazione di Milano, ovvero la “Lucia di Milano”, se non la Luz de Milán, lo sfoggiare di Lucia, el “Lucir de Lucia”. Da notare che Lucia è 48 come Acuña, posto ñ= g(3) + n(5)= 8; il 48 è l’8 di Coppe, che, da una parte, indica il “matrimonio mancato” ma anche amori proibiti e dall’altra è l’ “età della ragione” dell’uomo. La carta coordina il numero 90 e le lettere T S, che bilanciano la fortuna nelle relazioni con la cifra dell’inganno; il 90, scrivono i cabalisti, fa sì che ci sia, ad un capo del filo, la “vedovanza” e all’altro capo una “ promessa non mantenuta”,mancata. E’ la luce riflessa, il mondo visibile. 77 Cfr. Jacques Lacan, Seminario cit.: pag. 175. 78 Cfr. Ibidem: pag. 199. 79 Cfr. Ibidem: pag. 201. 80 Per una normolinea a pondus regolare abbiamo, con un’altezza di 165 centimetri, un Indice Costituzionale pari a 50.50 : il 20% in più di un Bust o di un giro Hips normale sugli 83.33 centimetri produce un Bust o un giro Hips di 40 pollici, un vaso di 600 grammi, ovvero qualcosa come 100 centimetri: difatti I.C. 50.50 + 20% = I.C. 60.60 , che si ottiene con la formula B/H[Hips] x 100 : H[altezza], cioè 100x100: 165= 10000: 165= 60.60 ; la stessa procedura del 20% si può seguire anche per l’Indice del Pondus, i quasi 55 chilogrammi , che costituiscono il peso di una normolinea normale con l’altezza base di 165 centimetri, col 20% in più diventano 65,66 che, per questo vasetto di 600 grammi, danno l’irredente e assoluto grado 0 dell’Indice del Pondus, che si ottiene con la formula H[altezza] – (B/H+ P), cioè 165 – (100+65=)165= 0. 81 Ibidem: pag. 206. 82 Cfr. ibidem: pag. 216. 83 Cfr. ibidem: pag. 208. 84 Che sarebbe l’ odor di femmina, in italiano nel testo, di Lacan. 85 Questo capitolo è stato pubblicato, con il titolo: L’impostura del fallo. Dalla panettiera di Apollinaire alla Lucia di Piero Chiara, in: Alessandro Gaudio, Il limite di Schönberg. Il principio ibrido, il disagio e mancata fine del romanzo, Prova d’Autore di Nives Levan & C., Catania 2013. 86 Cfr: ibidem: pag. 220. 87 Piero Chiara, ed .cit.: pag. 183. 88 Va da sé che se “dai Promessi Sposi del Manzoni si hanno parecchi nomi: il più usato è perpetua ‘domestica d’un prete’,entrato anche in qualche dialetto; ma si adoperano anche un Don Abbondio(donabbondiano), un Azzeccagarbugli, un padre Cristoforo, un don Ferrante, un Griso”[Bruno Migliorini, op .cit.:pag. 197], riferendoci al repertorio del Novecento dai Promessi Sposi del Chiara si ha soprattutto il nome di Lucia Castagna come nominazione e personificazione suggerita da allusioni per il tipo A delle denominazioni di cui alla sinossi di Migliorini, ma che è anche computabile come nominazione evocativa di tipo B, con connessioni agli altri due tipi C e D, per le varianti fonetiche del simbolismo e della trasparenza di cui alle etimologie popolari. A cui aggiungeremmo la funzione combinatoria e paradigmatica della variante nominativa numerologica. Tanto che alla locuzione “prendere una lùcia”, che è stata commutata in “prendere un’anatra”, l’avete visto, si è aggiunta la locuzione “coger una castaña”(o “una lucia”) e che, tra “sbornia” e “sberla” abbiamo anche visto come l’iconicità somatica della protagonista di Chiara abbia fatto sottentrare il Vento e il Monte che, appunto, è lì che sta tra sbornia e sberla in cui c’è tutto il fulgore del bagliore didonico di Lucia ; o a quella in cui, tra gli utensili vari. “il recipiente di terra cotta di pancia piuttosto grande” che è Lucia, è subentrata la denominazione in cui Lucia è il “vasetto di maionese della Calvé” che ha questo 20% in più di pondus e l’indice costituzionale 60.60 che somatizza la macchina più funzionale al mullar del sibaritismo del Seicento, cosicché la Castaña si è fatta, è diventata, la denominazione di questa “macchina del piacere”. E allora questa Castagna, essendo un seno monumentale 60.60, nella Tavola sinottica del Nome che evochi le “Mammelle di Tiresia”, è il Pane che, per questo suo bagliore didonico, illuminerà la fame e il desiderio; e , nella Tavola sinottica del Nome che evochi il vasetto pieno di luce, è il Pene che, per quel bagliore didonico ironicamente immediato e irredente, fulminerà il fantasma della fame e del desiderio. Infine, è il nome dell’autore che, non essendo nello stato civile degli uomini, e neanche nella finzione dell’opera, ma, come afferma Michel Foucault in Che cos’è un autore(in:Idem, Scritti letterari, trad. it. Feltrinelli, Milano 2004:pag. 9), essendo “nella rottura che dà vita a un certo gruppo di discorsi e al suo modo particolare di essere”, che si fa nome proprio un po’ sotto i problemi di quest’ultimo e un po’ sopra i problemi dei nomi propri dei personaggi o , se proprio bisogna far luce, o dirlo chiaramente,dentro, o, meglio, entre Lucia e Don Ferrante. D’altra parte, il nome proprio del personaggio “permette di sostituire un’unità nominale a una raccolta di tratti stabilendo un rapporto di equivalenza tra il segno e la somma: è


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un artificio di calcolo per cui a prezzo uguale la merce condensata è preferibile alla merce voluminosa”(Roland Barthes, S/Z, trad. it. Einaudi, Torino 1973: pag. 89).E così anche la funzione economica(sostitutiva, semantica) del Nome è accentuata dalla sua arbitrarietà numerologica, tanto che il pieno di un personaggio finirà con l’essere speculare alla mancanza di (-) dell’oggetto a che quel personaggio dà sempre come resto tramite il rapporto di equivalenza tra l segno e la somma. L’abbiamo visto, perciò, che, man mano che la bobina filava, il sovvertimento di Lucia Castagna, che comincia dal Nome, come dice Barthes (Ibidem:cfr. pag. 90 ), finirà, a bobina nuda, con il cancellare il proprio nome proprio. Così c’è questa visibilità del nome proprio dell’autore, che coniuga o è coniugato (nel)la preposizione che congiunge, anche se non sono isomorfi e non funzionano allo stesso modo, il bagliore didonico di Lucia, questo chiarore che fa luce sul “progresso graduale della giovane che viene data in sposa”, sulla spola del suo andar su e giù fino a che la bobina del hilo finisca con il generare el hijo, e il () di Don Ferrante, questo di più del monte su cui il soffia il vento, che è fallicamente l’iconica pregnanza che c’è specularmente, o geneticamente?, in Piero(che è di pietra) e in Don Ferrante(che è di ferro). Se si dirà I Promessi Sposi di Piero Chiara si intenderà questo paradigma dell’iconicità mai così chiara,mai così pregnante e solida, ferrante, pietra e ferro del Monte e del Vento? O si intenderà il paradigma della macchina del Mullar, la macchina del sibaritismo della Castaña, o la macchina del sibaritismo di Chiara ? Sarà il nome proprio dell’autore che farà luce su questo paradigma infinito della macchina del Mullar, sarà denominata la Castaña di Chiara? 89 La “ castaña” es, nel LEMA, “3 coloquial Borrachera, embriaguez: coger una castaña; llevar una castaña; tener una castaña”: pag. 337 ed.cit.; “Borrachera” es “sbornia”, “entusiasmo”, “esaltazione”:”2 coloquial Exaltación que produce en una persona un acontecimiento o situación especial”: pag. 253 ed.cit.; cfr. Anche “borracho” che è “inzuppato” e il 3 del LEMA:”Que está dominado por un sentimiento muy fuerte: borracha de felicidad; ...; borracho de amor”: pag. 254. ed.cit. 90 “Parecerse como un huevo a una castaña”, assomigliarsi come un uovo con una castagna,cfr.nel LEMA, ed.cit. pag.939:” Ser muy diferentes (dos cosas o personas)”.

INDICE

Il vento iconico 1 Coger una castaña o una veinticinco? 3 L’Indice Costituzionale e l’Indice del Pondus della bella baggiana 4 L’esagramma 53, il bioritmo e le posizioni del Joder 5 Il Cavaliere di Bastoni per l’oca regale 7 Il sibaritismo 60.60 8 La lussuria silenziosa di Chiara e il vincolo della crocchia con giallo cuoio di bue 9 Il tra dell’oblatività e i buchi della Lucia 11 Il sibaritismo di entre 13 La macchina del mullar e la sorpresa di vocabolario 14 Il bagliore didonico que se acuña e il pornogramma di Lucia 15 “El coño luz” de Hierrante de Acuña 18 La nodríza del real y el “odor di femmina” 20 Il nome proprio dell’Altro e la preposizione del conio 21 La grammatica dei numeri del nome proprio 23 Il 20% in più di Lucia e l’impostura del fallo 25 La mancanza di (-f) e la pienezza di (+ ©) 27 Il filo della bobina dell’alleanza e il rocchetto della sessualità 29 El hilo de la historia entre los dientes de quien está sobre la orilla del tarro 30 Note 32


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