Opuscolo elogio all´ombra 17d0495

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BIBLIOTECA DEL DAVERIO

ELOGIO ALL’ OMBRA WILHELM SENONER


BIBLIOTECA DEL DAVERIO MILANO ELOGIO ALL’ OMBRA PRESENTAZIONE PROF. PHILIPPE DAVERIO CON ELENA MARIA GREGORI DAVERIO

Nei suggestivi spazi della Biblioteca del Daverio a Milano, sabato 14 ottobre apre la personale dello scultore altoatesino Wilhelm Senoner dal titolo “Elogio all’ombra”, presentata da Philippe Daverio con Elena Maria Gregori Daverio. Centro della ricerca artistica di Senoner sono l’individuo e la condizione umana, rappresentati attraverso opere scultoree di grandi dimensioni, realizzate in legno di tiglio e in bronzo, dipinte con colori acrilici e terre, che personificano soggetti dall’aspetto simile, uomini e donne comuni, raffigurati nella loro quotidianità. Queste figure, dai tratti essenziali, sospese nell’ambiente circostante e talvolta in bilico, alludono ad uno stato di attesa, di incertezza e rivelano, dietro alla loro apparente somiglianza, la necessità di dialogo, di apertura verso il mondo e la ricerca di equilibrio. Si tratta di creature simboliche, che con forme salde, ancorate a terra o dinamiche, esprimono una visione ottimistica, una prospettiva positiva per il genere umano. Nelle sculture tendenzialmente monocromatiche si percepisce la valenza del colore per Senoner, interpretato come mezzo espressivo di significati anziché elemento rappresentativo del naturalismo cromatico. Le superfici ruvide e le linee spigolose, come si osserva nella selezione di opere in mostra, ed in particolare la serie di piccole dimensioni Rocce (2016, h. cm 40) sono rimandi evidenti alla roccia e alla montagna, simboli della terra d’origine dell’artista, cui è fortemente legato e che influenzano la sua arte, legandola in maniera indissolubile alla dimensione naturale. Il percorso espositivo illustra in maniera esaustiva i temi cari all’artista a partire dallo studio e dall’osservazione degli atteggiamenti e dei sentimenti dell’uomo - come in Uomo con sigaro realizzato in tiglio (2016, h. cm 195), dove l’andamento pacato suggerisce il raggiungimento della libertà -, per evolvere nell’analisi dei rapporti umani. Particolare attenzione è rivolta nello specifico a quello tra uomo e donna, sia Schiena a schiena (2009, h. cm 225), sia Tensione Simbiotica (2017), corpi nudi che si sfiorano sono metafora di un incontro profondo; una situazione analoga si ritrova nella scultura lignea Il Bacio (2013) in cui una testa di donna sospesa, si posa delicatamente su una fronte maschile ad evocare l’istante della loro unione e del raggiungimento di un completo equilibrio. Lo stato dell’individuo in continua trasformazione è invece approfondito in Respiro - La donna nel vento (2016, h. cm 188), una figura femminile in bronzo dal corpo ricurvo all’indietro che sembra abbandonarsi alla forza dell’elemento atmosferico, vincendo contemporaneamente la forza di gravità. In quest’opera, e come spesso si riscontra nei lavori di Senoner, è possibile osservare il movimento di cui sono dotate le sue figure. Una dinamicità che si contrappone all’imponenza dei volumi si scorge nelle sinuose flessioni dei corpi e nelle sagome delle teste, che grazie alla loro forma allungata suggeriscono il senso della velocità. Quello di Senoner è un linguaggio scultoreo in continua evoluzione, che affonda le sue radici nello studio della scultura gotica per poi lasciarsi influenzare da artisti del calibro di Alberto Giacometti e Carlo Carrà. Nel suo percorso abbandona la resa realistica del legno levigato e liscio per privilegiare la sua ruvidità e le colate di bronzo, più fedeli e vicine alla sua poetica ed espressione artistica che trovano ispirazione nella natura, nelle luci e nelle ombre. Afferma infatti: “È l’ombra che porta la fantasia ad individuare, a creare nuove forme personali, andando fra le rocce, camminando fra le rocce c’è la luce, c’è l’ombra, nell’immaginazione si creano dei personaggi fuori dalla realtà, quindi diventa anche un’arte astratta, personale”. Proprio a questa visione fa riferimento il titolo della mostra “Elogio all’ombra” presentata da Philippe Daverio, che conosce profondamente la sua arte scultorea caratterizzata da forme archetipiche universali e da modelli umani metafisici e che sostiene: “In Wilhelm trovo un espressionismo profondo, una ‘espressività radicante’ che è propria di queste parti, propria della montagna. Le sue sculture sono ‘autentiche’. Noi le guardiamo con una curiosa sensazione di trasporto, senza capire immediatamente di cosa si tratta e quindi senza trovarci dentro la banalità di una narrazione già pronta. Sono le divinità arcane del mondo delle Alpi di oggi. Sapete chi è Wilhelm Senoner ? Lui forse è uno ‘sciamano’ uno di quelli che lavora per andare a scoprire i misteri arcani”. Wilhelm Senoner è nato nel 1946 a Ortisei in Val Gardena. Frequenta l’Istituto d’Arte di Ortisei e completa la sua formazione presso gli studi di diversi scultori. Nel 1977 inizia la sua attività artistica costellata da mostre personali e collettive in Italia e all’estero (Austria, Finlandia, Germania, Paesi Bassi). Si ricordano nel 2011 la partecipazione alla 54ª Biennale d’Arte di Venezia, dove espone nel Padiglione Italia e l’installazione di sette grandi sculture nel Parco naturale del Puez-Odle, patrimonio naturale dell’UNESCO; nel 2013 la mostra al Complesso monumentale di San Silvestro a Vicenza. Le sue opere fanno parte di numerose collezioni pubbliche e private. www.wilhelmsenoner.com La Biblioteca del Daverio situata nell’antico refettorio di un convento, sui resti del quale alla fine del ‘700 è stato eretto il palazzo esistente ospita la Crocifissione di Donato Montorfano (1460-1502). L’affresco, legato alla tradizione lombarda, è gemello a quello situato sulla parete opposta dell’Ultima Cena di Leonardo a Milano in Santa Maria delle Grazie.


Wilhelm Senoner è nato nel 1946 a Ortisei in Val Gardena. Frequenta l’Istituto d’Arte di Ortisei e completa la sua formazione presso gli studi di diversi scultori. Nel 1977 inizia la sua attività artistica costellata da mostre personali e collettive in Italia e all’estero (Austria, Finlandia, Germania, Paesi Bassi). Si ricordano nel 2011 la partecipazione alla 54ª Biennale d’Arte di Venezia, dove espone nel Padiglione Italia e l’installazione di sette grandi sculture nel Parco naturale del Puez-Odle, patrimonio naturale dell’UNESCO; nel 2013 la mostra al Complesso monumentale di San Silvestro a Vicenza. Le sue opere fanno parte di numerose collezioni pubbliche e private. www.wilhelmsenoner.com La Biblioteca del Daverio situata nell’antico refettorio di un convento, sui resti del quale alla fine del ‘700 è stato eretto il palazzo esistente ospita la Crocifissione di Donato Montorfano (1460-1502). L’affresco, legato alla tradizione lombarda, è gemello a quello situato sulla parete opposta dell’Ultima Cena di Leonardo a Milano in Santa Maria delle Grazie.

COORDINATE MOSTRA

Titolo ELOGIO ALL’ OMBRA. Wilhelm Senoner Sede Biblioteca del Daverio - Piazza Bertarelli 4, Milano Date 14 - 20 ottobre 2017 Inaugurazione sabato 14 ottobre, ore 18 Presentazione di Philippe Daverio con Elena Maria Gregori Daverio Orari tutti i giorni, dalle ore 11 alle 18 Info Tel. +39 02 866169 - cell. 338 5076384 Ufficio stampa IBC Irma Bianchi Communication Tel. +39 02 8940 4694 - mob. + 39 328 5910857 - info@irmabianchi.it testi e immagini scaricabili da www.irmabianchi.it


INTERVISTA CON WILHELM SENONER Domanda: Wilhelm, quest’anno hai compiuto 71 anni. Da quanto ci risulta hai trascorso l’intera vita in Val Gardena. Ci potresti raccontare qualcosa sulle tue origini ? Wilhelm: sono il quarto di otto figli, nato nel 1946 a Ortisei, un paese dove c’è una lunga tradizione di intagliatori del legno. Mio padre era anche lui uno scultore, per cui sono cresciuto nel suo laboratorio, dove giocando ho preso confidenza con gli attrezzi del mestiere come lime, seghe, chiodi, martelli. Con il passare del tempo ho imparato a intagliare tutti i tipi di oggetti, figure e animali e così mi sono appassionato alla scultura. A 14 anni sapevo esattamente cosa volevo diventare, per cui ho iniziato il mio apprendistato sia nella bottega di mio padre, che presso altri Maestri, come è tradizione da noi. Poi ho sostenuto diversi esami quello di apprendista, poi di operaio artigiano qualificato e infine l’esame di maestro artigiano. Negli scultori è sempre stato riposto un grande valore, perché lavorando per la Chiesa, le figure dei santi e la costruzione degli altari dovevano essere eseguiti con grande precisione. Inoltre ho sempre disegnato molto volentieri. Il disegno è stato determinante nel corso della mia vita, come anche per i miei fratelli. Ci siamo fatti dei ritratti reciprocamente e disegnato tutto ciò che vedevamo. In gioventù a 16, 17 e 18 anni ho visitato città come Firenze, Norimberga e Vienna, perché m’interessava lo stile Gotico e in particolar modo sono rimasto affascinato da quello italiano di Lorenzo Ghiberti e i Pisano, per me due esempi da prendere come modello. Poi mi sono appassionato di Riemenschneider e di Veit Stoss. Non ho mai fotografato molto, ma ho prodotto tanti disegni, perché fissano molto meglio le forme. Infatti il disegno è parallelo alla scultura e a quel tempo ho riprodotto molte figure gotiche. Domanda: permettici di ritornare sulla tua formazione. Hai studiato a fondo anche l’arte dell’intaglio ? Wilhelm: Sì. Bisogna imparare com’è la struttura del legno, come trattare la venatura, regole che ho studiato. Mio padre ha solo intagliato crocifissi. Anche i miei fratelli lavoravano nel laboratorio, ci aiutavamo e spronavamo a vicenda, confrontando i nostri lavori e correggendoci l’un l’altro per migliorarci. Domanda: tutto questo con l’idea di imparare una professione e un domani di poter guadagnare con essa ? Wilhelm: Sì, per quanto riguarda il guadagno non saprei, certamente l’ho fatto con grande passione. Avevo la sensazione che questa fosse la mia professione : scultore o policromatore. All’inizio si faceva un apprendistato su come trattare e maneggiare il legno. Si lavorava molto con il pino cirmolo, un legno molto tenero, ma con i rami molto duri. Era il legno che si trovava in Val Gardena. Quando ero piccolo mi ricordo che si saliva a Rasciesa a scegliere gli alberi, che poi venivano tagliati e in inverno portati a valle con il cavallo. Così è iniziato il mio rapporto con il legno: si tagliavano gli alberi, si portavano giù in paese, si eliminavano i rami e si sezionavano i tronchi. Domanda: andavate a prendere il legno da soli? Wilhelm: all’inizio sì, poi il taglio è stato regolamentato. I forestali e i boscaioli decidevano quali piante tagliare e poi le trasportavano in inverno da Rasciesa giù in paese con le slitte. Noi ne acquistavamo alcuni metri cubi direttamente dal Comune. Questo era il sistema per procurarsi il legno. Era molto bello entrare nelle botteghe artigiane che profumavano tutto di cirmolo. Una volta lo si trovava solo nel laboratorio, dove si svolgeva la nostra vita. Oggi con le tavole di questo pino vengono rivestite case e centri benessere per le sue proprietà salutari e rilassanti. Domanda: un tempo era una professione per tradizione. Vostro padre non ha considerato di doverla trasmettere a uno solo di voi ? Vi ha introdotti tutti al suo mestiere in laboratorio, ve lo ha insegnato, ma poi non ha indicato chi di voi avesse più talento ? Wilhelm: Sì. Il lavoro si trasmetteva di generazione in generazione prima il nonno, poi il papà e infine io. In Val Gardena era una tradizione, anche perché non c’erano molti lavori al di fuori dello scultore, del policromatore e del contadino. Altre professioni nel settore elettrico o idraulico sono arrivate solo più tardi. Domanda: quando si viene in Val Gardena si possono comprare Madonne in stile Riemenschneider o di altri scultori noti ? Wilhelm: Sì, si può scegliere di avere Madonne anche di autori particolari. Domanda: il tuo modello è stato solo Riemenschneider o c’è stato anche qualche altro artista importante per te ? Wilhelm: Sì, Veit Stoss e prima Ghiberti. Ho fatto anche una riproduzione della “Porta del Paradiso” nel Battistero di Firenze. Appartiene a quelle opere che sono state d’ispirazione per il mio lavoro. Erano dei modelli. Più tardi lo è diventato anche il gotico tedesco. I soggetti erano più o meno sempre gli stessi, scene religiose del Vecchio e del Nuovo Testamento. Domanda: sei stato e sei ancora un Maestro nelle riproduzioni di figure come ad esempio quelle di Riemenschneider ? Wilhelm: ho cercato di cogliere e capire il Gotico, di trovarci una logica. Pur trattando gli stessi temi Michael Pacher, Hans Klocker e Hans Multscher sono molto diversi fra loro, ognuno ha il proprio stile artistico. Rappresentavano lo stesso soggetto, avevano le stesse caratteristiche tipiche del Gotico, come ad esempio la geometria del triangolo, ma il risultato era sempre differente e riconducibile all’autore. Infatti si capisce subito se si tratta di un Riemenschneider


o di un Multscher o di un Pacher. Ho cercato quindi di riprodurli per comprenderli. Capire la tipologia, la pittura, la prima mano, lo stile, la forma d’arte adottata. Il blu è sempre stato una sfida, perché il colore lapislazzuli è costoso da produrre e così utilizzavo il nero come prima mano e poi aggiungevo il blu, per avvicinarmi il più possibile. L’arte è la mia vita. E’ sempre venuta prima di tutto. I soldi non sono mai stati così determinanti. Domanda: Come hai trovato i tuoi modelli ? Avevi dei libri su questi artisti o andavate a chiese e musei con tuo padre ? Wilhelm: c’erano dei musei. Siamo andati a visitarli e abbiamo comprato dei libri, ma non ce n’erano così tanti come adesso, solo quelli della collana “Blaue Bücher”. Avevamo tre, quattro libri su Riemenschneider, tutti con gli stessi dettagli. Era difficile procurarsi informazioni dovevamo andare sul posto a Norimberga o a Würzburg, però sono stato fortunato perché ho potuto avere degli originali in laboratorio. Domanda: Come ? Si potevano prendere in prestito statue e dipinti oppure te li portavano per restaurarli ? Wilhelm: quando l’originale doveva essere esposto in un museo, per paura dei ladri, doveva essere fatta una riproduzione per la Cappella o la Chiesa. Domanda: dovremmo parlare solamente di questo, per noi è sempre stato un grande enigma com’è avvenuto il tuo processo creativo: dalla riproduzione di opere d’arte classiche allo sviluppo di una tua forma d’arte personale. Wilhelm: trovare la mia propria strada ha a che fare con il fatto che ho sempre disegnato molto. Si andava nei musei e si vedeva arte, anche quella moderna e si cominciava a pensare in modo diverso, a vedere tutto in un’ottica differente. Domanda: Wilhelm dobbiamo interromperti un attimo. Tu usi sempre il pronome impersonale “si” e parli di te oppure ti riferisci anche ai tuoi fratelli ? Siete quindi arrivati insieme a cogliere punti di vista diversi ? Wilhelm: Sì, anche i miei fratelli hanno avuto uno sviluppo. Wilfried è andato a Milano ed è stato allievo di Marino Marini e questo ha portato a cambiamenti significativi. Si guardava con occhi differenti, con un’attenzione diversa, che poi è continuata. Arte significa creare qualcosa di nuovo. Un giorno mi sono detto: ”non voglio più riprodurre, ma cercare di creare qualcosa di nuovo”. Non è stato semplice andare avanti e non mollare, nonostante avessi già delle idee in mente. Questo fino a quando un mio amico dall’Olanda non mi ha spedito in regalo uno scudo di Papua della Nuova Guinea. L’ho sempre tenuto in laboratorio. Lo guardavo continuamente, fino a quando non ho notato una forma curva e larga, nella quale ho intravisto una figura. Inoltre da bambino correvo per i monti e i prati, osservavo i contorni colorati dei prati, il gioco di luci e ombre, le superfici irregolari, tutti fattori che mi hanno ispirato e portato a creare una forma e a definire la mia figura. Domanda: il tema centrale è comunque rimasto l’uomo. Crediamo di notare un legame fra la rappresentazione delle Madonne con le attuali sculture di uomini. Wilhelm: dall’ispirazione della forma dello scudo si è sviluppata un’immagine, una mamma con il bambino; questa è stata la mia prima scultura eseguita nel mio nuovo stile. Era totalmente bianca, come bianco era anche lo scudo, però entrambe avevano delle parti grafiche. Questa figura era ed è per me determinante, come importante è anche il movimento, perché gli uomini che si muovono vanno sempre avanti. La natura ci dona il suo contributo con le superfici irregolari dei prati, con il gioco di luci e ombre. Van Gogh una volta ha detto: ”Chi scava trova e ciò che trova è moderno. Bisogna scavare dentro se stessi, fino a quando si trova qualcosa. L’arte moderna viene da sé stessi, è originalità.” Domanda: stiamo parlando di un’evoluzione artistica che dura da ca. 30 anni, dove la forma è diventata sempre più astratta ? Wilhelm: Sì. Ho la sensazione che sia sempre di più così, sempre più ridotta, limitata. Io stesso non so come si evolverà. La sensazione è che si sviluppi continuamente, è una ricerca costante. Domanda: molte persone colgono ancora qualcosa di sacro nella tua opera. Hai esposto in molti ambienti sacri. E’ dovuto ai curatori delle tue mostre la scelta di questi luoghi come particolarmente adatti alle tue sculture ? Wilhelm: per me l’ambiente, il rapporto fra spazio e figura è un altro aspetto molto importante ed è comunque sempre una forma di sperimentazione. Questo rapporto fra figura e ambiente è determinante sia per me, ma anche per Claudia, perché è una scelta che viviamo insieme. Per valutare che un luogo possa andar bene, lo immaginiamo, lo viviamo, lo percepiamo, diventa parte di noi. E’ emozionante. Non è una scelta dettata dai soldi o dal successo, è più una sfida con noi stessi. Domanda: considerando la diversità dei due ambienti, da una parte luoghi chiusi come ad esempio il Museo Diocesano di Bressanone, dall’altra parte uno spazio completamente aperto come ad esempio Rasciesa, ci vedi una differenza ? Wilhelm: gli ambienti aperti sono simili a quelli chiusi. Per esempio a Rasciesa si ha la stessa sensazione che si prova a essere in una stanza. Rasciesa è per me un luogo definito. E’ un posto che ho frequentato moltissimo durante la mia infanzia e ne ho disegnato spesso i confini. Da una parte nella Val d’Isarco si parla tedesco, dall’altra a Rasciesa fino alla Val Gardena si parla ladino. Sono due valli abitate da popolazioni diverse, quindi Rasciesa rappresenta un confine culturale. I prati lassù sono ben delineati dal gioco di luci e ombre come gli spigoli che appaiono sempre nella mie figure, creati proprio per riprodurre lo stesso gioco.


Domanda: parliamo di nuovo dei temi che sono rappresentati nelle tue figure. Da una parte un tema profano come l’uomo con il sigaro, da un’altra parte figure che sembrano raffigurare qualcosa di sacro. Wilhelm: per quanto riguarda l’uomo con il sigaro, questa figura si deve a uno dei nostri amici, che conosciamo da molti anni. Ci aveva invitato un inverno, penso per capodanno, nel quale faceva molto freddo e nonostante la bassa temperatura, lui usciva a fumarsi il sigaro. Faceva veramente freddo e lui stava fuori, fermo, a fumare. Lo osservavo e ho pensato: sta vivendo in un altro mondo, in questo momento non gli interessa nient’altro, è al di sopra di ciò che lo circonda. Questo ha ispirato la figura della mia opera con il sigaro: i fumatori di sigari riescono sempre a concedersi un po’ di tempo, sono persone sicure, che sanno lasciarsi tutto alle spalle. Per me è un fattore veramente positivo riuscire a cogliere la propria libertà. Domanda: anche altre sculture rappresentano scene di quotidianità. E’ importante per te ed è un fattore d’ispirazione osservare la vita di tutti i giorni ? Wilhelm: sì. Guardo molto attentamente, esamino. La testa è come una spugna, che assorbe e poi utilizza ciò che ha immagazzinato quando se ne ha bisogno. Cerco di notare aspetti particolari, di prendere coscienza di come le persone si comportano nella vita di tutti i giorni. Domanda: si può dire che s’instaura un dialogo fra colui che guarda una tua figura e la tua opera ? Come artista comunichi attraverso le forme delle tue figure che esprimono il tuo pensiero ? Wilhelm: certo, è così. Bisogna studiare per vedere. Per poter capire cosa significa e cosa vuole rappresentare un quadro di Monet bisogna prima averlo studiato. Questo è valido per tutta l’arte. Però per arrivare a interpretare diversamente la realtà, bisogna anche aver vissuto a lungo nella natura. Domanda: tu però non sei un artista che insegue un programma pedagogico o politico per istruire gli altri, tu vedi e poi crei qualcosa. E’ esatto ? Wilhelm: creo ciò che sento ! No, non voglio insegnare niente ! Tutti veniamo istruiti già abbastanza nel corso della nostra esistenza, perché anch’io voglia insegnare qualcosa … No, per me funziona così: mi siedo, guardo, aspetto e poi arriva un qualcosa. Bisogna avere pazienza, attendere e poi quel qualcosa arriva sempre. Quello che penso dell’arte contemporanea è che gli artisti non hanno più pazienza, vogliono tutti un successo immediato. Così però non può funzionare, bisogna darsi tempo e aspettare. Domanda: sei felice di non vivere in una delle più grandi metropoli d’arte come Milano, Parigi, Monaco o Berlino ? Ti è mai venuta l’idea di lasciare la Val Gardena ? Wilhelm: No, non ci ho mai pensato. Sono molto legato a questo posto. Il paesaggio ti plasma, ti si imprime dentro. Andarsene si può, ma per farlo deve essere successo qualcosa. Per il mio lavoro questo è il posto giusto. Domanda: anche la lingua ladina ha una funzione per te ? In che modo è espressione del legame con il tuo paese? Wilhelm: sono ladino, penso in ladino. Domanda: cosa pensi degli altri artisti del Sud Tirolo ? Sei consapevole che la tua arte è qualcosa di particolare ? Wilhelm: ne sono consapevole, ma non penso molto a cosa fanno gli altri. Non appartengo a nessun gruppo, anzi cerco di andare per la mia strada. Sono un solitario, un individualista. Non voglio appartenere a gruppi dove bisogna integrarsi e adattarsi, preferisco rimanere quello che sono. Certo all’inizio non è stato facile. Nel tempo però mi sono abituato. Ho buoni amici e questo è quello di cui ho realmente bisogno ! Il resto viene come viene e sono convinto che le cose belle accadano comunque, che prima o poi arrivino. Domanda: notiamo un’evidente differenza fra te e gli altri artisti, che pensano sempre di dover diffondere un messaggio. Non è chiaramente il tuo caso. Wilhelm: voler trasmettere messaggi è rischioso. Penso che non ci siano più così tanti messaggi nuovi da proporre e quei pochi difficilmente sono ancora in grado di appassionare, di entusiasmare. Domanda: sei appena ritornato dalla Biennale di Venezia. Che impressione hai avuto di tutto quello che è presentato come arte contemporanea ? Wilhelm: negli ultimi 30 anni ho visitato quasi tutte le biennali e tante mostre, ma l’impressione è che non ci siano molte differenze tra un’esposizione e l’altra, che ci siano poche novità da vedere. Le considero più repliche di cose vecchie, già viste. Tutti pensano di insegnare qualcosa e di mostrare nuove emozioni, ma sono concetti già noti, vecchi appunto. Domanda: rimproveri all’arte contemporanea la mancanza di formazione professionale. Ritieni che questi artisti abbiano avuto una scarsa preparazione ? Wilhelm: Sì, certo, si dice che non sia più necessaria, ma credo che l’arte abbia a che fare molto con lo studio e la pratica manuale. Basta pensare alla musica, dove un pianista deve esercitarsi otto ore al giorno, perché ogni nota abbia il giusto valore, il giusto peso. Ormai si considera l’arte figurativa superata, solo video e foto sono moderni. Un musicista deve dedicarsi, esercitarsi, studiare, mentre nell’arte si pensa che basti avere un’idea. Un’idea che poi molto difficilmente può essere considerata una novità, in genere è già nota, già proposta. Per le persone andare alla Biennale è come andare a un lunapark per adulti. A Salisburgo c’è un museo di arte moderna. Prima dell’entrata s’incontra una grande scultura di lamiere schiacciate, idea già presentata da John Chamberlain e Cesare. Quindi anche quest’opera è vecchia, un’ennesima riproduzione.


Al festival di Salisburgo è stata chiesta l’opinione dell’attore e regista Tobias Moretti su questa scultura. Se ho interpretato correttamente lui ha detto: “se mia figlia fosse qui, mi chiederebbe se all’interno si possono vedere anche i dinosauri”. Questo succede con l’arte. Si va in un museo e non si sa che cosa vedremo: forse dinosauri, forse qualcosa di gotico o forse una lavatrice o un aspirapolvere. Questa è la svalutazione ormai dell’arte. Domanda: nei confronti del mercato dell‘arte sei scettico. Se abbiamo capito correttamente, rimpiangi che non si dia più un valore alla sostanza di un’opera. Wilhelm: trovo che le figure di un tempo diano un messaggio più forte, siano molto più moderne di molte opere dell’arte contemporanea. Nonostante l’età sono ancora astratte, perché astrarre significa vedere in modo diverso. Oggi quando si riproduce un corpo in modo strano, anche brutto, si parla di arte astratta, ma per me non è così, è solo una copia di un’idea già esistente, vecchia. Domanda: è importante dirti che tu lavori in un laboratorio e non in un atelier ? Wilhelm: che sia un laboratorio o un atelier, questo è il mio luogo. Vivo qui, ho i miei attrezzi. Per me può benissimo essere l’uno o l‘altro. Domanda: la definizione di artista ritieni che sia valida anche per te ? Wilhelm: non lo so. Sinceramente cerco che si adatti anche a me. Ho una certa sensibilità, ho ricercato e continuo a ricercare qualcosa, ho dato un senso alla mia vita. Non temo che qualcuno passi e parli male delle mie opere. So esattamente cosa sono. Non ho copiato nessuno, lavoro sereno e tranquillo, portando avanti le mie idee. Se a qualcuno la mia opera non piace, mi dispiace sentirlo dire, ma con questo non cambio strada, perché lavoro principalmente per me. Quando creo, non guardo che possa piacere, guardo di essere contento io stesso. Si sa, la creatività è già di per sé un grande dono. Lascio le mie sculture in atelier a riposare, le copro come se fossero ammantate di neve. Dopo un anno le riguardo e le vedo in modo diverso, potrei lavorarle ancora, ma le lascio così come sono nate. E’ importante. Sono felice di fare una mostra di tanto in tanto, proprio perché vedo le mie figure ancora diverse. Ascolto cosa dicono le persone, ma alla fine sono sempre io a decidere. Domanda: abbiamo già trattato il tema artisti, del perché tu prendi le distanze da persone come Jeff Koons, dalla loro pretesa di essere artisti. Wilhelm: sono persone che vendono cara un’idea, ma non si tratta mai di un’idea vera e propria, è solo un affare, nient’altro che mercato. Domanda: un’opera, che diventerà un’opera d’arte vera, ha un valore suo interno, una ua sostanza ? Wilhelm: credo di sì. Per esempio la Venere di Willendorf anche dopo 20000 anni avrà sempre un valore. Nessuno potrà arrivare a dire che quest’arte è superata. Se vogliamo si può anche trarre la conclusione che i grandi artisti sono tutti figurativi. Domanda: infine vorremmo sapere qualcosa sui tuoi piani futuri. Wilhelm: Piani ? Aspetta un attimo. Non ho piani, ma sì, mi succede sempre qualcosa di nuovo. Per me e Claudia adesso è estremamente importante l’incontro con Philippe Daverio. E’ uno dei pochi che segue una sua strada, che ha idee proprie. In passato ha curato due delle mie mostre ed è già stato nel mio laboratorio. Fra noi si è instaurato un dialogo e ci ha invitati a Milano. E’ importante perché la città è uno spazio nuovo e così le mie sculture saranno ancora una volta diverse. Forse là succederà anche qualcos’altro, incontri, possibilità … Per me adesso è importante questo appuntamento, lo considero un vero evento. Un anno fa non avrei mai creduto, che potesse accadere proprio a me. Ti ringraziamo sentitamente per l’intervista e ti auguriamo che il lavoro continui a essere fonte di ispirazione e riconoscimenti. Intervista condotta da Marion Hohmuth e Dieter Riegels, di Düsseldorf Traduzione di Virginia Salviati


Foto: Egon Dejori

Wilhelm Senoner Via Arnaria Str. 9/1 I-39046 Ortisei(BZ) Mob. +39 338 50 76 384 www.wilhelmsenoner.com


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