editoriale
Strada, servizio… santità Gioacchino Maida
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Nel titolo due parole che caratterizzano il nostro essere scout e una terza parola che, in molti casi, è la logica conseguenza di un agire coerente per lasciare il mondo un po’ migliore. Lo spunto per questo titolo arriva dalle celebrazioni per don Minzoni che, quest’anno, sono culminate con la richiesta del processo di beatificazione da parte delle associazioni scout, come ben ci racconta Vittorio Pranzini. Alla figura di questo prete/scout martire della dittatura, Massimiliano ha associato il richiamo ad altri scout che, nei decenni passati, con la loro vita e con il “semplice” riferimento ai nostri valori sono sulla strada degli altari. Forse l’elenco è incompleto, ma ci sembrava significativo il richiamo a questa ten‐ sione verso ciò che dovrebbe caratterizzarci. D’al‐ tra parte, come ci ha ricordato anni fa Papa Francesco, non si tratta di essere supereroi, i santi “sono come noi, come ognuno di noi”, an‐ che se non vanno dimenti‐ cati i duri momenti nei quali hanno vissuto coloro che ab‐ biamo messo in copertina. Certo anche noi, impegnandoci, avremmo qualche chance. Ovviamente facendo le de‐ bite proporzioni, stiamo vivendo da qualche mese momenti faticosi (per tanti molto duri), caratterizzati dalla presenza di un virus particolarmente cattivo che ha provato a fermarci. In realtà va sottolineato come questa fermata per il Masci non sia stata completa, il nostro impegno di ser‐ vizio è continuato laddove possibile: “estote parati”. Un servizio non al cento per cento, ma certamente svolto con determinazione, ben sapendo che se ci met‐ tiamo a disposizione degli altri siamo un buon punto di riferimento o, quanto meno, siamo persone sulle quali si può contare. Con l’estate, con quello che sembrava un rallenta‐ mento del virus, ma era solo una parvenza, abbiamo cercato di riprendere la strada, riprendere il cammino. Di questa ripresa non potevamo non dar conto. Quindi, non solo riferendoci all’alto esempio dei “no‐ stri” santi, ma raccontando che abbiamo ripreso a ve‐
derci di persona, non più solo streaming (almeno per il momento), naturalmente con tutte le precauzioni del caso e il rispetto delle norme. Mimmo ci racconta, quindi, del Consiglio Nazionale in Trentino, importan‐ tissimo per fare il punto della situazione e per capire come continuare la nostra strada nei prossimi mesi. Abbiamo anche dato un segnale più forte di ripresa con le Tavolate di Roma e Latina, ma anche con i ban‐ chetti per la campagna “Abbiamo riso per una cosa seria” e la partecipazione alla Perugia‐Assisi. Segnale dato anche dalla regione Puglia con la loro Route della rinascita in Calabria. Nei momenti di difficoltà il nostro essere pronti al ser‐ vizio è importante ed è anche importante che, quasi a indicarci un cammino – così come ricordato nel Punto di vista – ci siano grandi esempi. Di qui l’intervista, che può farci riflettere molto, a don Giovanni Carpentieri, con il suc‐ cessivo richiamo – nello Scautese – al fatto che “Lo scout è colui che serve”. Abbiamo anche cercato di ricordare come il servizio non sia solo quello della concre‐ tezza quotidiana, così come fanno gli psico‐ logi ai tempi del Covid, consapevoli dell’impor‐ tanza della vicinanza distanziata, ma anche l’esem‐ pio e la riflessione. Qui ci viene in soccorso il rac‐ conto di un altro grande personaggio sulla strada della santità (avviato a fine maggio scorso il suo processo di beatificazione), Charles de Foucauld. Non ultimo, nei segnali di ripresa, oltre alla continuità della Newsletter sulla sostenibilità, l’inaugurazione di una Casa per minori in difficoltà, ma anche le Assem‐ blee di Calabria, Piemonte, Puglia e Sicilia (altre ne seguiranno prossimamente) che hanno eletto nuovi segretari regionali. Infine, ci sembrava importante ricordare che anche in Agesci hanno ripreso con un Consiglio Generale in pre‐ senza che ha rinnovato alcune cariche, fra queste la nuova Capo guida. A loro giunga l’augurio del Masci per una ripresa vigorosa di cammino. Un numero denso, con esempi di vita concreta e spunti di riflessione significativi, speriamo utile a tutti. Buona lettura!
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Lo scautismo cattolico italiano chiede ufficialmente all’arcivescovo di Ravenna la beatificazione di don Giovanni Minzoni Vittorio Pranzini
Anche quest’anno, come tradizione, il 23 di Agosto si è svolta nel duomo di Argenta la solenne commemo‐ razione di don Giovanni Minzoni, ucciso dai fascisti 97 anni fa, con una messa concelebrata, presieduta dal‐ l’Arcivescovo della Diocesi di Ravenna e Cervia, Lorenzo Ghizzoni, e da numerosi assistenti scout fra cui gli As‐ sistenti nazionali dell’ AGESCI, padre Roberto del Riccio sj, della Branca Lupetti degli Scout d’Europa, mentre, per motivi di salute, non ha potuto partecipare mons. Guido Lucchiari del MASCI. Erano inoltre presenti rappresentanti delle tre associa‐ zioni scout cattoliche, fra cui Massimiliano Costa pre‐ sidente del MASCI, per l’AGESCI la responsabile regionale e il responsabile della zona di Ravenna e Fa‐ enza, insieme a tanti adulti scout, capi delle varie as‐ sociazioni compresa una rappresentanza del CNGEI. Padre Roberto del Riccio ha tenuto un’omelia densa di significato che partendo dal Vangelo di Matteo ( 16,13‐ 20) “La gente chi dice che io sia?” pone una domanda che riguarda anche noi, quando Gesù chiede a cia‐ scuno di noi: “io per te chi sono? Tu per me cosa fare‐ sti? Padre Roberto ha proseguito citando i momenti salienti della vita di don Minzoni che ha pagato con la vita la fedeltà ai suoi ragazzi, perché la risposta vera non la danno le parole, si risponde con i fatti, con i gesti, con le scelte concrete. Don Giovanni non sceglie contro chi stare, ma sceglie con chi schierarsi, con i gio‐
vani che hanno bisogno di essere accompagnati, di for‐ mazione e di esempi positivi. Al termine della Messa è stata presentata da Vittorio Pranzini, a nome delle associazioni, e consegnata al‐ l’Arcivescovo di Ravenna, una lettera nella quale i Pre‐ sidenti delle tre associazioni cattoliche scout chiedono, in modo formale, che venga avviato il Processo Dioce‐ sano per la beatificazione di don Giovanni Minzoni come Martire della Chiesa Ravennate, di cui nel 2023 si celebrerà il Centenario della morte; la richiesta è stata accolta dai presenti con un lungo applauso. Il Ve‐ scovo, accogliendola, ha chiesto alla comunità di unirsi in preghiera per il compimento del lungo e difficile cammino. Da molti anni lo scautismo giovanile e adulto italiano ha il desiderio di poter vedere riconosciuta la santità e il martirio di questo sacerdote, come testimone di co‐ raggio, di coerenza ed esempio per le giovani genera‐ zioni, prima che tutto cada nell’oblio del tempo. Molteplici sono stati in questi ultimi decenni gli appelli rivolti all’autorità religiosa di Ravenna, ma in modo frammentario e senza collegamento fra le varie asso‐ ciazioni scout nazionali e, quindi, questa richiesta for‐ male e impegnativa rappresenta certamente un segno di rinnovato interesse per questa figura di Assistente scout che, nonostante le minacce dei fascisti ebbe il coraggio di aprire due Riparti con 70 esploratori, prin‐
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cipale e definitiva causa per cui fu as‐ sassinato. In parti‐ colare nella lettera si sottolinea che fin dal giorno della sua uccisione gli Scout italiani ne hanno custodita la memo‐ ria in modo ininter‐ rotto, con numero‐ si scritti , i pellegri‐ naggi alla sua tom‐ ba, come testimo‐ niano i fazzolettoni che sempre la rico‐ prono, le numerose iniziative regionali e nazionali realizzate nella città di Argenta in suo onore. In previsione del Centenario le Associazioni dovrebbero impegnarsi a realizzare in tutta Italia attività nelle quali sia ripresa la figura di don Giovanni e di tutto quello che ancora oggi rappresenta, un prezioso testimone per l’educazione dei giovani ai valori cristiani della libertà e della pace. Dopo la celebrazione della messa l’Arcivescovo ha riu‐ nito i rappresentanti delle varie associazioni presenti per illustrare, facendo riferimento ai documenti della Congregazione per le cause dei santi, le procedure e il percorso da fare per arrivare alla beatificazione, un percorso certamente lungo per il quale sarà necessario individuare un postulatore, che ricostruisca i fatti sa‐ lienti della vita di don Minzoni e i documenti relativi alla sua vita. Il primo passo sarà quello di costituire un gruppo di lavoro con rappresentanti della diocesi di Ra‐ venna e delle tre associazioni alle quali ha chiesto di fornire alcuni nominativi. Dopo la cerimonia religiosa un lungo corteo composto dalle autorità religiose, civili, militare, dagli scout e dal‐ la popolazione ha portato una corona di alloro sul luo‐ go dove don Minzoni fu aggredito. La cerimonia si è conclusa con il canto “Madonna degli scout”, intonato spontaneamente e che ha commosso i presenti.
Ricordiamo il martirio di don Giovanni Minzoni per difendere i valori educativi dello scautismo Novantasette anni fa, il 23 agosto del 1923, ad Ar‐ genta (FE), veniva assassi‐ nato dai fascisti don Gio‐ vanni Minzoni perché aveva fondato due reparti di esploratori, nonostante fosse stato diffidato pub‐ blicamente dai responsa‐ bili locali del partito fascista. Ricordare ancora oggi il martirio di Don Minzoni si‐ gnifica cogliere l’attualità del suo messaggio pastorale anche per i nostri tempi, certamente molto diversi dai suoi, ma purtroppo an‐ cora percorsi da ingiustizie, egoismo, mancanza di va‐ lori e disimpegno politico, ai vari livelli. Di ritorno dal fronte dove, come cappellano militare si era guadagnato anche una medaglia d’argento per una brillante azione, si accorge dello sbandamento dei gio‐ vani e dei gravi problemi in cui versa la società del do‐ poguerra: la corruzione della gioventù, la crisi degli ideali e dei valori tradizionali, il decadimento della fa‐ miglia, il disamore per il lavoro. D’altra parte la sua personalità lo rendeva per niente ricettivo alla vuota retorica fascista, che egli metteva facilmente a nudo riscoprendone tutta l’inconsistenza e, peggio, l’aspetto diseducativo e cercò di reagire con tutte le sue forze, organizzando nella sua parrocchia di Argenta le più diverse iniziative – dalle attività sportive alla scuola di lavoro, dalla filodrammatica ai giovani esploratori – che potevano risvegliare nei giovani l’in‐ teresse per la vita, la fiducia in se stessi e, soprattutto, la formazione di coscienze libere. Purtroppo, come sappiamo, l’arciprete di Argenta non riuscì a stare vicino ai suoi scout per lungo tempo, per‐ ché fu barbaramente assassinato dai fascisti il 23 ago‐ sto del 1923, poche settimane dopo la cerimonia pubblica di inaugurazione dei reparti, avvenuta l’8 del mese precedente. La sua azione pastorale, di educa‐ zione delle coscienze, faceva così paura al potere poli‐ tico che fu eliminato tempestivamente e con lui il suo progetto educativo, prima che potesse dare i frutti spe‐ rati. Il seme ormai era stato gettato e il sacrificio di don Giovanni fu di esempio e di sostegno ai tanti capi che, dopo la caduta del fascismo, ricostruirono in Italia lo scautismo che crebbe più numeroso e forte di prima, continuando a svolgere, ancora oggi, lo stesso compito di educare dei buoni cittadini, liberi nel pensare e nel‐ l’agire. Il 23 agosto di ogni anno viene commemorato il suo martirio con due cerimonie, a Ravenna, sua città na‐ tale, e ad Argenta con la partecipazione di autorità re‐ ligiose, civili, militari e di capi dell’AGESCI e del Masci.
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Massimiliano Costa Presidente nazionle MASCI
La richiesta di apertura del processo di beatificazione di Don Giovanni Minzoni da parte di tutte le grandi as‐ sociazioni scout cattoliche d’Italia ci induce a riflettere sul tema della santità, e sullo scautismo quale via per vivere pienamente le virtù cristiane. Come dice Papa Francesco «I Santi non sono superuo‐ mini, né sono nati perfetti. Sono come noi, come ognuno di noi, sono persone che prima di raggiungere la gloria del cielo hanno vissuto una vita normale, con gioie e do‐ lori, fatiche e speranze. Ma cosa ha cambiato la loro vita? Quando hanno conosciuto l’amore di Dio, lo hanno seguito con tutto il cuore, senza condizioni e ipocrisie; hanno speso la loro vita al servizio degli altri, hanno sop‐ portato sofferenze e avversità senza odiare e rispon‐ dendo al male con il bene, diffondendo gioia e pace.» Vivere santamente certamente non è cosa facile ma non è un privilegio per pochi, perché «tutti siamo chia‐ mati a camminare sulla via della santità, e questa via ha un nome, un volto: il volto di Gesù Cristo» Per essere santi è necessario fare strada, ossia mettere in spalla lo zaino della nostra vita, così com’è nel quo‐ tidiano, e percorrerla con perseveranza e fiducia. Fare strada per la santità, è il nostro cammino di testimoni credibili. «Tutti siamo chiamati ad essere santi vivendo con amore e offrendo ciascuno la propria testimonianza nelle occupazioni di ogni giorno, lì dove si trova. Sei una consacrata o un consacrato? Sii santo vivendo con gioia la tua donazione. Sei sposato? Sii santo amando e prendendoti cura di tuo marito o di tua moglie, come Cristo ha fatto con la Chiesa. Sei un lavoratore? Sii santo compiendo con onestà e competenza il tuo lavoro al servizio dei fratelli. Sei genitore o nonna o nonno? Sii santo insegnando con pazienza ai bambini a seguire Gesù. Hai autorità? Sii santo lottando a favore del bene comune e rinunciando ai tuoi interessi personali. Lascia che la grazia del tuo Battesimo fruttifichi in un cam‐ mino di santità» (GE 15). Lo scoutismo ci ha insegnato a essere persone capaci di rinnovarsi, ci ha educato alle virtù difficili, che per‐ mettono a ciascuno di dare senso alla propria esi‐ stenza. La strada ci mette nelle condizioni di conoscere profondamente noi stessi, di cogliere la chiamata di Dio e seguirla gioiosamente. Il Giovane ricco del Van‐ gelo ha avuto paura, noi invece riscopriamo nella es‐ senzialità della strada la fiducia in Dio e con essa la bellezza della sequela Cristi. Fare strada è camminare
con gli altri e incontro agli altri, non mettere sé stessi al centro ma cogliere il senso più grande del cammino del mondo. Il silenzio della strada è la presenza di Dio tra noi che ci avvolge e ci aiuta a trasformare la solitu‐ dine in ascolto, il sacrificio in servizio, la fatica in gioia. «Il Signore chiede tutto, e quello che offre è la vera vita, la felicità... Egli ci vuole santi e non si aspetta che ci ac‐ contentiamo di un’esistenza mediocre, annacquata, in‐ consistente» scrive Papa Francesco. «Dio è sempre novità – continua il Papa ‐ che ci spinge a ripartire e a cambiare posto per andare oltre il conosciuto, verso le periferie e le frontiere, là lo troveremo: Lui sarà già lì ….I santi sorprendono, spiazzano, perché la loro vita ci chiama a uscire dalla mediocrità tranquilla e aneste‐ tizzante »(GE 135) La strada della santità è fatta di piccoli gesti, di azione, ma anche di spiritualità, di responsabilità, ma anche di ascolto, di condivisione, ma anche di solitudine, di im‐ pegno personale, ma soprattutto di fiducia nella Gra‐ zia. È una via possibile: è la via delle Beatitudini evangeliche, che riusciamo a seguire anche grazie allo scautismo! Molti sono gli scout che forse hanno vissuto santa‐ mente, per alcuni, che ci hanno preceduto lungo la strada, la comunità cristiana ha già avviato il percorso per riconoscerne la santità, affinché la loro vita possa essere testimonianza credibile per tutti. Loro sono oggi a dimostrarci che lo scautismo non è solo un bel gioco giovanile ma un modo di vivere pienamente il messag‐ gio evangelico. Si può essere santi grazie anche allo scautismo!
In queste pagine i testimoni scout per i quali la chiesa si è già espressa nel cammino verso il riconoscimento della santità, qualcuno è riconosciuto Beato, altri Venerabili o Servi di Dio. BEATO DON STEFAN WINCENTY FRELICHOWSKI Giovanni Paolo II ha affidato gli Scouts ad un ulteriore Patrono. Si tratta del beato don Stefan Wincenty Frelichowski, beatificato il 7 giugno 1999 a Torun (Polonia). Don Stefan, nato il 22 gennaio 1913 a Chelmza, entrò negli scout nel 1927 e dello Scautismo fece suoi i principi fondamentali che applicò alla sua vita quoti‐ diana e sacerdotale. Sullo Scau‐ tismo disse: “Io credo fortemen‐ te che il paese di cui tutti i citta‐ dini fossero scout, sarebbe il più potente di tutti, perché lo scau‐ tismo forma, attraverso la sua scuola, un tipo di uomo di cui la nostra società ha bisogno”. Morì di tifo a Dachau il 23 febbraio 1945.
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VENERABILE EGIDIO BULLESI
BEATO MARCEL CALLÒ
Apostolo tra i ragazzi di Azione Cattolica e Scout, giovane laico del Terz’Ordine francescano scrive: “Posso escla‐ mare: ecco, la mia vita segue una stella; tutto il mondo, così, mi pare più bello”. Nasce a Pola nel 1905, terzo di nove fratelli in una fa‐ miglia di modeste condizioni e allo scoppio della guerra è già profugo con la famiglia. Al Congresso Nazionale per il 50° di fondazione del‐ l’Azione Cattolica torna carico di entusiasmo per lo Scautismo ed è tra i promotori del Reparto Scout di Pola. Morì il 25 aprile 1929 di tubercolosi, malattia che accet‐ tò con grande serenità, comuni‐ cando gioia e bellezza anche nella sofferenza. È stato dichiarato Ve‐ nerabile nel 1997.
Il 4 ottobre 1987 molti giornali in tutto il mondo por‐ tano la fotografia di un giovane in divisa scout. Quel giorno, infatti, Giovanni Paolo II lo colloca nell’elenco dei Beati. Chi era questo capo squadriglia? Si chiamava Marcel Callo ed era francese: fece la sua promessa nel 1934 ed era molto fiero di essere scout. Nello stesso anno Marcel co‐ minciò a lavorare come apprendi‐ sta tipografo e nel 1936 diventò capo della squadriglia Pantere, che era composta di ragazzi lavoratori come lui. Marcel viene arrestato per propaganda antinazista e per‐ ché è “troppo cattolico”; viene con‐ dannato ed inviato nel lager di Mauthausen, dove muore il 19 marzo 1945 all’età di 24 anni.
SERVO DI DIO JOËL ANGLES D’AURIAC
SERVO DI DIO MARIO GIUSEPPE RESTIVO
Joël pronunciò la sua Promessa Scout il 23 marzo 1941 nel Clan Saint Martin di Toulon. Lo scautismo, a cui era arrivato da grande, fu per lui una magnifica scoperta che affrontò con l’ardore del neofita e con spirito di servizio. Prese la Partenza il 16 maggio 1943. Era di una dirittura esigente e rigorosa e si de‐ dicò sempre a fare opera di servizio tra i suoi compa‐ trioti. Fu arrestato il 10 marzo 1944 con l’accusa di attività antitedesca, resistenza al la‐ voro e riunioni clandestine. Il 20 ottobre fu giudicato per alto tradimento e condannato a morte. L’esecuzione per decapitazione avvenne a Dresda il 6 dicem‐ bre, aveva 22 anni.
Mario Giuseppe Restivo è nato a Palermo il 24 gennaio 1963. È il primo di quattro figli, di genitori originari di Castelbuono (PA). La sua maturazione è precoce. A 9 anni compone la sua prima poesia che dedica alla sua mamma. Il ragazzo però non si ferma qui, ma continua a comporre altre poesie e così nel 1974 il padre decide di dare alle stampe la prima raccolta che é intitolata: “La mia aurora”. Morì il 19 agosto 1982 nei pressi di Chambéry in seguito ad un incidente automobilistico, mentre si recava a Taizé al fine di partecipare ad una settimana di spiri‐ tualità. Aveva appena conseguito la maturità classica. Venne dichia‐ rato Servo di Dio nel 2012.
BEATI LUIGI E MARIA BELTRAME QUATTROCCHI
VENERABILE PÈRE JACQUES SEVIN S. J.
Il 21 ottobre 2001 Luigi e Maria Beltrame Quattrocchi sono stati proclamati beati: una festa grande per due persone, e per i loro figli, che hanno vissuto le cose or‐ dinarie della vita in modo straordinario. Le “virtù eroiche” di questi sposi e genitori si sono più volte esplicitamente manifestate nei fatti della loro vita. È la prima volta in assoluto che nella storia della Chiesa una coppia è innalzata all’onore degli altari per le sue virtù coniugali e familiari. Si tratta dei primi beati Scout italiani: furono assai legati allo Scauti‐ smo fin dagli inizi col‐ laborando allo svilup‐ po dell’associazione scout cattolica appena fondata.
Padre Jacques Sevin, gesuita, nacque a Lilla il 7 Dicem‐ bre 1882. Fin dal 1913 si interessò al movimento scout, che volle studiare recandosi personalmente in Inghil‐ terra, ove strinse profonda amicizia con Robert Baden‐ Powell. Nel 1920 fondò l’associazione degli Scouts de France, di cui fu commissario generale fino al 1924. Numerosi canti scout sono suoi, tra cui Il Canto della promessa, Il Canto dell’addio e Signor tra le tende schierati. Si spense a Boran sull’Oise il 19 Luglio 1951, dopo aver dato inizio nel 1944 alla Compagnia della Santa Croce di Gerusalemme. Venne dichiarato Venerabile il 10 maggio del 2012.
vita associativa
Mimmo Cotroneo Segretario nazionale Masci
vamo a cantare “…sotto la stessa luce sotto la stessa Con Antonio Pallone, segretario Masci Calabria, af‐ croce cantando ad una voce…” frontiamo questo ennesimo viaggio di questi sei anni Purtroppo una caratteristica del virus che di certo non vissuti nel Masci fianco a fianco. Partiamo un giorno conoscevamo è anche quella ci renderci un pò ansiosi prima, giovedì 3 settembre ed una bellissima giornata e vigili, scoprendo altre nostre debolezze, ma di certo di sole illumina la pista di Orio al Serio che ci accoglie ci pone dinanzi all’osservanza della legge, che è quella puntuali. Eccoci in quella “bergamasca” tanto colpita del saper ubbidire, che abbiamo nel nostro DNA di dal coronavirus, terra di gente operosa, lavoratori in‐ scout adulti, educatori e testimoni dei più piccoli. stancabili di un’Italia che produce. Lasciamo l’aero‐ Il Consiglio Nazionale, grazie alle bellissime giornate porto per raggiungere la nostra meta: Trento, la sua che ci assistono, si svolge tra la sala comunale ed il so‐ storia recente, Trento e la nostra Paola Ajelli, SR del larium dell’hotel che ci ospita, stiamo comunque as‐ Masci Trentino AA che ci attende con gioia. sieme, ci sorridiamo, ci confrontiamo anche in modo Per arrivare a Trento decidiamo di fare la bellissima vivace, ma siamo lì, presenti e non dietro lo strada statale che costeggia il lato schermo del pc di casa, siamo a portata di go‐ Veneto del Lago di Garda, la “garde‐ Ripensare Dio mito, mangiamo allo stesso tavolo. sana” che da Peschiera del Garda I lavori del Consiglio Nazionale, come da or‐ porta a Torbole e poi verso Rovereto‐ attorno dine del giorno del Presidente, vertono su tre Trento. alla categoria punti fondamentali: la riunione dei gruppi di Una sosta pranzo veloce a Peschiera lavoro e la verifica in plenaria, il seminario su è obbligatoria, il sole colpisce le dell’umano, identità e metodo del movimento in calenda‐ acque del lago che rispecchiano in rio a Sacrofano per il 7 e 8 novembre pv, semi‐ tutto il loro splendore, non poteva perché la fede nario che apre un capitolo nelle Comunità in iniziare meglio il nostro viaggio per il non la vivi con la vista del sinodo dei magister del marzo 2021 Consiglio Nazionale in Trentino. e, terzo punto fondamentale, la nuova legisla‐ Il viaggio lungo il lago è davvero testa ma la vivi zione sul terzo settore con lo studio della stupendo, il paesaggio è curato, preservato, sembra che l’uomo qui con le mani «Avevo Commissione ad hoc e le proposte in campo. Guido Lucchiari, A.E.N., apre i lavori del abbia stretto un contratto con Dio, fame e mi avete Don C.N. con una riflessione importante sul tema qui natura è creato, è bellezza, è profumo. Qualche sosta caffè lungo dato da mangiare». della coscienza: su cosa si intende coscienza dal punto di vista biblico, cosa vuol dire “co‐ la “gardesana” ed eccoci a Trento, struirsi” la coscienza e come conversione con‐ chiusa tra le sue alte montagne tinua, quali sono i percorsi educativi per formare una dove Paola non vede l’ora di farci conoscere uno coscienza secondo l’idea di Dio. scorcio di città, il Duomo e la sua Piazza cinquecen‐ La Preghiera‐riflessione di Don Guido ci ha immerso in tesca, ricca di storia e cultura; Trento ed il Castello questo CN con l’Amore della Parola del Padre che si fa del Buonconsiglio…un prologo eccezionale per il prossimo; una cornice di Parola che si fa Preghiera che primo Consiglio Nazionale dopo il “fermo forzato di culmina nella bellissima serata di sabato sul tema “es‐ tanti mesi”. sere cristiani laici”. Venerdì 4 settembre una coda di auto si dirige verso la Ascoltiamo la dr.ssa Lucia Fronza dei Focolari, il Ve‐ montagna trentina, siamo noi del Consiglio Nazionale scovo di Trento mons. Lauro Tisi e l’A.E. del Masci del Masci che raggiungiamo la frazione San Sebastiano Trentino Don Angelo Gonzo; il Vescovo si sofferma con di Folgaria dove, fino a domenica 6 settembre a delicatezza sulla tematica “essere Cristiani oggi”, al ter‐ pranzo, affronteremo i lavori del Consiglio Nazionale. mine il messaggio forte che ci consegna è ripensare Ma quanti mesi erano passati dall’ultima volta che ci Dio attorno alla categoria dell’umano, perché la fede siamo incontrati! E Come si fa ad essere fratelli e non non la vivi con la testa ma la vivi con le mani “Avevo abbracciarsi? Come si fa a stare a distanza di sicurezza fame e mi avete dato da mangiare”. tra preoccupazione e gioia dell’incontro? Noi che era‐
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Un consiglio nazionale tra le bellezze naturali delle montagne trentine
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Conclude il suo bellissimo intervento dicendoci che “il Noi non è un dovere; non “dobbiamo fare Comunità”: noi siamo Comunità. Il nostro nome è Comunità; l’al‐ ternativa alla Comunità è “la camera a gas” del nostro ego! I quattro gruppi di lavoro, su “etica e politica”, “am‐ biente ed agenda 2030”, “testi‐ moni della Chiesa” e “armonia delle relazioni” hanno riassunto un po’ quello che è stato il la‐ voro fatto nel periodo di chiu‐ sura attraverso riunione online sulle varie piattaforme; qualche gruppo ha fatto un buon lavoro di comunicazione attraverso il sito, il giornale ed il numero di Argomenti. Nella relazione gruppi di lavoro‐ comunità si è sentita molto la mancanza dei campi di nazionali programmati da aprile in poi; la mancanza del confronto con le Comunità sta ritardando un ritorno che non sempre è facile avere tramite schede e sondaggi. A supporto dei gruppi di lavoro è stato deliberato che da aprile 2021 riprenderanno i campi “i care” che cor‐ rispondono al momento dell’approfondimento, i campi “di animazione” che corrispondono al momento della responsabilità, le botteghe come momento di compe‐ tenza ed i momenti di esperienza delle varie attività organizzate a livello lo‐ cale, ma con valenza nazionale. Relativamente al seminario, che si svol‐ gerà a novembre 2020, Anna Perale, vicesegretario Nazionale, assieme al Presidente Massimiliano Costa ed al Consigliere nazionale Maurizio Niero, hanno presentato il lavoro della Com‐ missione che sta lavorando nella pre‐ parazione del seminario, in termini di obiettivi, di proposte operative e del percorso che ci porterà al Sinodo dei Magister che si svolgerà nel Marzo 2021.
Luigi Cioffi, consigliere nazionale e pre‐ sidente della Commissione sulla ri‐ forma dello Statuto per adeguarlo alla legge sul terzo settore, ha esposto al Consiglio Nazionale un lavoro certo‐ sino sulle varie ipotesi di riforma che investe il Masci nel prossimo futuro. Dal Presidente Nazionale il richiamo al‐ l’identità del Movimento che non potrà essere snaturata e salvaguardando quelle Comunità se “costrette” ad una legislazione troppo complicata, an‐ drebbero in difficoltà Il lavoro è in progress, la Commis‐ sione continuerà a lavorare su ipotesi che già hanno abbracciato altre realtà, tra le quali l’Agesci, e si rimanda quindi ad un nuovo aggiorna‐ mento al prossimo Consiglio Nazionale (Roma 4‐6 di‐ cembre 2020). Le giornate di sole trentine volgono al termine con l’in‐ tervento della già Presidente Sonia Mondin che, im‐ pegnata nel dialogo con le reti con cui il Masci collabora da anni, da un una restituzione sulle varie iniziative/attività di FOCSIV – RETINOPERA (del quale è Segretario Generale) e della CNAL. Si sofferma principalmente su quelle attività che vedono il MASCI direttamente coinvolto e protagonista con FOCSIV come la Tavolata Senza Muri del 26 settembre, nonché l’iniziativa sempre in collaborazione con FOCSIV e COLDIRETTI “Abbiamo riso per una cosa seria” che, es‐ sendo rivolta alla cooperazione internazionale, il Con‐ siglio Nazionale aveva a suo tempo deliberato che fosse sostenuto un progetto di Eccomi. Il fischietto dell’ammaina bandiera è pronto, ci si saluta con il calore degli sguardi e si ringrazia Paola per la stu‐ penda accoglienza; su questo Consiglio Nazionale ca‐ lano composte le bandiere.
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Tavolata senza muri 2020
«Caro direttore, oggi, sabato 26 settembre, a Roma, a Via della Conci‐ liazione, Masci, Focsiv e il I Municipio di Roma (dove‐ roso un ringraziamento alla presidente Sabrina Alfonsi per il suo impegno nell’iniziativa) rinnovano la tradi‐
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Due le Tavolate: Roma e Latina. Altre foto dell’evento sul sito Masci.
zione della Tavolata senza muri (nel rigoroso rispetto delle normative anti Covid–19), giunta alla sua terza edizione. Un appuntamento che ha l’obiettivo di sensi‐ bilizzare l’opinione pubblica sull’importanza dei valori dell’accoglienza, della solidarietà, del dialogo con l’Al‐ tro mediante un atto semplice (condividere la mensa) in un luogo emblematico (che vuole anche riaffermare un’idea di Roma come metropoli aperta all’acco‐ glienza), rispondendo da vicino all’appello di papa Francesco «Siamo tutti sulla stessa barca , siamo tutti chiamati a remare insieme» e indicando anche stili di vita solidali e sostenibili». Con queste parole inizia la lettera che il nostro presi‐ dente Massimiliano Costa e il presidente di FOCSIV Gian‐ franco Cattai hanno inviato al quotidiano Avvenire in occasione della terza edizione della Tavolata. Il direttore Marco Tarquinio, cui va il nostro ringraziamento per l’attenzione dimostrata, ha risposto esprimendo il pro‐ prio apprezzamento e invitandoci a continuare «con la passione cristiana, la responsabilità civica e l’esperienza formativa che danno anima al vostro essere adulti scout e cooperatori internazionali a fare, a denunciare, a pro‐ porre e a spronare chi ha il potere di cambiare in meglio le cose e a riunire persone che convergono altrettanto liberamente e convintamente da cammini diversi. Colti‐ vare e diffondere la cultura dell’incontro e della solida‐ rietà non è un modo di dire, ma una scelta di servizio e un modo per rendere semplicemente migliore e più giu‐ sta la vita di tutti. Nel segno di quella fraternità è la con‐ dizione per dare senso buono al nostro stare al mondo e al rapporto con gli altri. Grazie».
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vita associativa Due i numeri da segnalare della Newsletter redatta dal gruppo di lavoro del Consiglio Nazionale “Sostenibilità & Sviluppo”. A set‐ tembre è stato affrontato il tema del “Il tempo del Creato”, mentre a ottobre si parla di ecologia integrale, così come da in‐ vito di Papa Francesco nella “Laudato si’ “. I due temi si intrecciano fortemente e non a caso gli interventi inseriti e i riferimenti offerti co‐ stituiscono i testi delle due Newsletter pubblicate in rapida successione. Il Tempo del Creato comincia il 1 ° settembre, nella Giornata Mondiale di Preghiera per la Cura del Creato, e finisce il 4 ottobre durante la festa di San Francesco, santo patrono dell’ecologia per molti fedeli. ll Tempo del Creato è una celebrazione annuale di preghiera e azione per proteggere il creato. Ricorre dal 1 settembre al 4 ottobre, festa di San Francesco, santo patrono dell’ecologia per molti fedeli. È celebrato dai cristiani di tutte le confessioni e i leader religiosi hanno incoraggiato i fedeli a partecipare. È celebrato ogni anno da migliaia di cristiani in tutto il mondo. Volontari e organizzatori di eventi nei 6 continenti celebrano nelle proprie comunità: gli eventi vanno dai servizi di preghiera alle attività di sensi‐ bilizzazione. Il tema suggerito per quest’anno è stato “Giubileo per la Terra”, come fratelli e sorelle in Cristo, siamo in pellegrinaggio per la migliore cura del Creato.
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Due gli interventi nel numero di settembre: • Tempo del creato: mons. Duffè, “elaborare una risposta globale alla pandemia” • Laudato si’: mons. Pompili (Rieti), “non è un trattato teorico, ma una visione integrale del cosmo e dell’essere umano in relazione” Segnaliamo alcuni link: • https://catholicclimatemovement.global/it • https://www.fcei.it/commissione‐globalizzazione‐e‐ambiente
Parte la campagna #ORADIAGIRE, la call to action ASviS per un futuro sostenibile https://festivalsvilupposostenibile.it/2020/home/584‐ 3192/oradiagire‐al‐via‐la‐campagna‐dellasvis‐per‐unazione‐ concreta‐sullagenda‐2030‐tutti‐possono‐partecipare‐alla‐call‐ to‐action‐per‐un‐futuro‐sostenibile
settembre/ottobre 2020
Il numero di ottobre della Newsletter sarà dedi‐ cato al tema dell’ecologia integrale. In particolare il tema sarà il confronto tra le pe‐ culiarità tra Laudato Sì e Agenda 2030. Inoltre si parlerà della Guida per comunità e par‐ rocchie sull’ecologia integrale”, recentemente presentata nella Sala stampa della radio Vati‐ cana.
dalle regioni settembre/ottobre 2020
Assemblee regionali
Calabria – Il passaggio di testimone da Antonio Pallone (a destra) a Celeste Giovannini
La forzata inattività dovuta al Covid 19 ha costretto le Regioni a spostare in questo periodo autunnale i loro momenti assembleari, in alcuni casi anche elettivi. Al momento in cui andiamo in stampa siamo in grado di pubblicare la foto dei nuovi segretari delle prime
quattro regioni (altre potremmo pubblicarle nel prossimo numero di Strade Aperte). GRAZIE A COLORO CHE HANNO TERMINATO IL LORO SERVIZIO. CONGRATULAZIONI AI NUOVI ELETTI. A TUTTI: BUONA STRADA!
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Piemonte – Vilma Marchino
Puglia – Lorena Accollettati
Sicilia – Orazio Balsamo
Bancarelle di vendita del riso domenica 27 settembre
dalle regioni
Il Masci Puglia e la Route della rinascita Caterina Ardillo
Quando ci sembrava di non poterne più, abbiamo spinto ancora, quando sembrava di avere tutte le ragioni per fermarsi, abbiamo continuato. E ci siamo accorti che eravamo capaci, e siamo arrivati fino in fondo, là dove volevamo.
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A distanza di qualche settimana possiamo dirlo: gli A.S. della regione Puglia ce l’hanno fatta! Neppure la Pan‐ demia è riuscita a spegnere in loro, o anche solo atte‐ nuare, la voglia di riprendere il Cammino. E per Cammino ‐ si noti l’uso della lettera maiuscola ‐ in‐ tendo non solo quello metaforico della vita, sul quale ognuno di noi è chiamato quotidianamente a valu‐ tarne per così dire la rotta, ma quello più concreto, fatto di sentieri, sudore, sole e pioggia. Ma veniamo ai fatti. Un caldo pomeriggio di metà giu‐ gno, durante la prima riunione del Coordinamento Re‐ gionale dopo la fine del lockdown, il nostro Segretario Regionale Lorenzo Franco ha avanzato la proposta di organizzare una mini ‐Route. In breve, Lorenzo ha espresso ad alta voce ‐ aggiungo con una buona dose di audacia ‐ un sentire comune. Avevamo mal digerito il fatto che questo famigerato Covid ci avesse privati (certo, privazioni trascurabili in confronto a quelle su‐ bite da altri!) dapprima della Giornata di Spiritualità, poi del Campo Regionale e, infine, della Route. E no… la Route si doveva fare! Così, in men che non si dica, è partita la macchina organizzativa, e 40 Adulti Scout, provenienti da 13 Comunità, numero massimo di partecipanti che avevamo previ‐ sto per motivi di sicurezza, con una buona dose di coraggio e incoscienza hanno subito accolto la proposta del Coordinamento. Con nostra sorpresa, oltre ai veterani della Route – giunta quest’anno alla quinta edi‐ zione – molti A.S. affrontavano questa avven‐ tura per la prima volta. Il grande entusiasmo mostrato dalle nostre Comunità ci ha fatto capire quanto eravamo stanchi di incontri virtuali e “zoommate”. In questo tempo che è stato definito come “so‐ speso”, tutti ci siamo cimentati con Zoom, o con un’altra delle innumerevoli piattaforme di videoconferenza online. Anche i più riottosi hanno utilizzato le videochiamate per atte‐
nuare il senso di solitudine e isolamento. Tuttavia, il bi‐ sogno di riallacciare rapporti veri “in presenza” era lì che covava sotto la cenere, ed è bastato un soffio di vento, nel nostro caso la prospettiva di fare la Route, per riattizzarlo. Tra i Routiers, abbiamo avuto il piacere di avere il Presidente Nazionale Massimiliano Costa. La presenza di Massimiliano, che nonostante la notevole distanza ci ha raggiunti da Genova e ha condiviso con noi un tratto di cammino, è stata per noi un valore ag‐ giunto, una partecipazione significativa che testimonia come il nostro Presidente stia mantenendo fede a quanto detto in più occasioni. L’impegno che sta rispet‐ tando è quello importantissimo di «incontrare il Movi‐ mento, fare da collante tra una regione e l’altra, tra un’esperienza e l’altra […] Quello che è utile e bello per noi, va trasmesso agli altri: questo è fare sviluppo! Non teniamo lo scautismo per noi!». Non starò qui a dirvi le difficoltà incontrate durante il periodo di preparazione. Organizzare una Route in un “tempo normale” richiede un notevole sforzo, ma farlo in “tempo di Covid” può diventare davvero problema‐ tico: dalla scelta della struttura per l’accoglienza (molte chiuse o non adatte), a quella del percorso, all’indivi‐ duazione del tema portante sul quale snodare le rifles‐ sioni. Ma alla fine, da bravi scout, abbiamo superato tutti gli ostacoli e ci siamo ritrovati i giorni 31 luglio, 1 e 2 agosto in località Cerviolo Longobucco (CS), ospiti della base Casa Rosetta Mazza, nel meraviglioso Parco Nazionale della Sila. La Calabria è una terra tutta da scoprire e l’altopiano della Sila, l’antica Silva Brutia celebrata dagli scrittori latini, custodisce nella sua biodiversità un patrimonio naturale inestimabile. Purtroppo, e pensiamo sia una problematica presente su tutto il territorio nazionale, abbiamo avuto l’impressione che la rete organizzativa per il sostegno e la promozione del turismo, abbia fa‐ ticato non poco a riprendere le normali attività. Ma qualcuno ha detto che “al sud il cuore batte più forte”. Così Francesco e Dora, l’uno il responsabile della base e l’altra la guida della Pro Loco che ci ha accompagnati il giorno del nostro arrivo nei posti più significativi di
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Longobucco, sono l’esempio lampante di come la vo‐ glia di rialzarsi si stia mostrando più forte dello scora‐ mento legato all’incertezza del futuro. La nostra prima “missione” è stata quella di conoscere e farci conoscere dagli abitanti di Longobucco, un paese Covid free. Questo è stato forse il motivo per il quale la nostra pacifica invasione ha ingenerato negli abitanti il timore che potessimo veicolare il virus. Qual‐ cuno ci ha guardato con sospetto, altri non hanno esi‐ tato a parlare con noi. Dalla breve indagine è emerso che questo borgo di circa 3000 anime, per citare il ti‐ tolo di un film, “Non è un paese per giovani”! Nono‐ stante la presenza di una scuola secondaria superiore, Longobucco ha conosciuto lo spopolamento, il grande esodo di chi abbandona il paese di origine per cercare lavoro e benessere in città. Durante il periodo di qua‐ rantena obbligatoria, molti hanno sofferto a causa della chiusura forzata: il bambino abituato a giocare all’aperto (cosa impensabile nei nostri centri super trafficati), l’anziano che trascorreva le sue giornate beatamente seduto sulla panchina della piazza, il ra‐ gazzo che ha interrotto, senza ancora alcuna prospet‐ tiva di ripresa, la sua attività di musicista. Dai racconti delle persone incontrate è emerso un grande senso di smarrimento e la percezione di quanto si possa essere vulnerabili a causa del‐ l’isolamento sociale. Non a caso, il tema scelto per le nostre “riflessioni itineranti” è stato “Alla ricerca delle relazioni autentiche”. Nel libretto che ci ha accompagnato lungo il cammino, sono stati raccolti vari articoli di scrittori, antropologi, teologi. Questa “doccia fredda” del Covid ha sicuramente posto in ri‐ salto l’importanza di recuperare rapporti in‐ terpersonali autentici. Per una società che si presenta onnipotente, lanciata a grande ve‐ locità verso il consumismo, l’individualismo, il narcisismo, la mancanza di empatia e di so‐ lidarietà verso l’altro, si rende necessario il re‐ cupero di un rapporto sano con sé stessi, con gli altri e con il tempo.
Abbiamo cercato di fare nostra la grande le‐ zione di Calvino, ovvero «planare sulle cose dall’alto, non avere macigni sul cuore». Il sof‐ fio della “leggerezza pensosa” ci ha accompa‐ gnati per tutti e tre i giorni, ci siamo sentiti in qualche modo connessi, senza alcun bisogno di un PC, legati da relazioni anche sottili, leg‐ gere appunto, ma non per questo meno im‐ portanti. A proposito di connessione, non potete im‐ maginare che fortuna sia rimanerne senza. Sì, se avete intenzione di passare qualche giorno alla base Casa Rosetta Mazza, sappiate che non c’è campo, a meno che non vogliate tra‐ sformarvi in novelli Indiana Jones e mettervi “Alla ricerca della connessione perduta” in posti improbabili. Alzi la mano chi almeno una volta non sia stato preso dal timore in‐ controllato di rimanere sconnesso dalla rete ed essere tagliato fuori dal mondo. La Route è servita anche a questo: sostituire il mondo virtuale con la vita reale! Voglio sottolineare come, con qualche incertezza ma tanta determinazione, ognuno di noi ha portato a ter‐ mine il proprio personale percorso. Abbiamo lasciato per qualche giorno la nostra “comfort zone” ‐ come de‐ finiscono gli addetti ai lavori quello spazio fisico e men‐ tale nel quale ci sentiamo al sicuro – o per dirla più prosaicamente il divano di casa o la località dove an‐ diamo ogni anno in vacanza, abbiamo di buon grado accettato la fatica, abbiamo scoperto potenzialità che non sapevamo di avere, siamo giunti alla meta. Re‐ stando su un piano volutamente metaforico, si tratta di una meta per così dire provvisoria, un’esperienza che forse non cambierà il nostro atteggiamento verso le piccole e grandi sfide di tutte i giorni, non foss’altro per il fatto che siamo persone con un background ben definito che spesso condiziona le nostre scelte e il no‐ stro modo di vivere. Si sa, la strada è fortemente formativa per il giovane, ma ciò non toglie che possa essere un valido stru‐ mento di educazione permanente anche per l’adulto
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che, attraverso di essa, riscopre l’importanza dell’es‐ senzialità, reimpara, semmai l’avesse dimenticato, a spogliarsi del superfluo, cerca di lasciarsi alle spalle
una vita quotidiana sempre più affannata, concitata, complicata. Per dirla in maniera più semplice, è stato bello camminare senza fretta, al passo del più lento, chiacchierando piacevolmente, respi‐ rando i profumi della natura, meravigliandoci di fronte alla bellezza del Creato. Siamo grati dell’entusiasmo con cui gli A.S. hanno accettato questa ennesima sfida e ci piacerebbe che questa esperienza, con i suoi pregi e i suoi difetti, fatta in un tempo storico unico ed irripetibile, diventasse motivo di ri‐ flessione nelle Comunità. Vorrei chiudere con una frase tratta dal libro Spiritualità della strada di Giorgio Basadonna dove, in poche parole, don Giorgio ha saputo conden‐ sare il significato profondo dell’essere scout in cammino. A tutti i compagni di strada, va il nostro grazie!
Il punto di vista di Vilma Marchino
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#ContaPiuLaSeminaCheIlRaccolto …oppure, detto in altro modo, conta più la strada della meta. Vincenzo, un giovane collega, insegnante del Liceo Gioberti di Torino, mi racconta un intervento emozionante di un suo studente che cito, non proprio testualmente. “Prof., si fermi un momento, vorrei parlarle! Volevo dirle che sto meglio, quest’estate ho riscoperto e riap‐ prezzato il Senso del Viaggio, soprattutto Spirituale. È come se si fosse riaccesa una scintilla, avessi rifatto per la prima volta il primo passo o la prima pedalata e così mi sono comprato una bici un po’ più seria e mi sto preparando per fare la via Francigena la prossima estate. Voglio arrivare pronto ad affron‐ tare il viaggio in solitudine perché, come Lei ci ha insegnato, se cul‐ tura deriva dal latino “colere” che significa coltivare e quindi vuol dire fronteggiare la fatica della semina e la gratitudine del raccolto, io mi ci devo proprio allenare!” Fantastico eh! A me viene da pensare che ogni cammino “fisico” ma ancor più ogni cammino(leggi crescita) umano e anche spirituale inizia con il primo passo; a volte è un primo passo intenzionale, consapevole e carico di aspettative, meditato – magari a lungo – e affrontato con coraggio e una certa dose di ansia e speranza; in altre occasioni è più una spinta che un passo, è un movimento che ci troviamo a fare in modo forse estemporaneo, insicuro ma che sen‐ tiamo necessario; capita anche che sia un passo timido e riottoso, che parla di indecisione, di volontà tiepida. Vincenzo e il suo studente, come tutti i docenti e gli studenti del nostro paese hanno iniziato o inizieranno tra poco il loro viaggio scolastico, un percorso ricco di contenuti da apprendere e esperienze da vivere ma soprattutto un lavorare alla ricerca di un nuovo significato del loro vivere e studiare in tempo di pandemia. Raccolgono una sfida importante: voler crescere nonostante le difficoltà, le regole, le precauzioni, la fatica della relazione limitata. Io penso che il loro esempio dovrebbe servire anche a noi, meno giovani, e sarebbe bello se ci spingesse ad interrogarci almeno su due aspetti che risalgono l’uno al comportamento di Vincenzo (il seminare), l’altro al suo studente (iniziare un cammino). Il primo riguarda quanto noi siamo capaci di seminare in noi stessi e in chi ci circonda la necessità/volontà di crescere ancora, di non sederci, di desiderare un ulteriore passo sulla nostra strada personale; il secondo punta su quanto siamo disposti ad accogliere le sollecitazioni, gli inviti, le proposte di chi intorno a noi ci chiede un passo… un passo di maturità, di solidarietà, un passo di accoglienza, di impegno, un passo che faccia ancora crescere noi e la società intorno a noi. Per chi desidera allenarsi per un cammino fisico si consigliano almeno 90 minuti al giorno di camminata. Per coltivare un personale senso del viaggio interiore quanto tempo decidiamo di dedicare?
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Don Giovanni lancia il suo grido: bisogna aprire gli occhi e non girarsi dall’altra parte Intervista a cura di Antonella Amico
Giovanni Carpentieri è un prete della chiesa di Roma e un educatore professionale. I suoi primi 11 anni di incarico pastorale sono stati quelli di un normalissimo viceparroco. Da altri 17, invece, si occupa di disagio giovanile, cerca cioè di entrare in contatto con quella fascia di ragazzi tra i 14 e 22 anni, che purtroppo a Roma è invisibile. Quando se ne avverte la presenza, è solo perché essa esplode in episodi che finiscono tristemente nelle cronache. Do Giovanni opera all’interno di due case‐famiglia per minori a rischio con procedimento civile. Con l’associa‐ zione di volontariato “FuoriDellaPorta Onlus” incontra adolescenti e giovani nei loro ambienti di aggregazione (discote‐ che, piazze, strade, scuole, comitive po‐ meridiane, raduni notturni, ecc…) con gravi disagi, dipendenze a vario titolo e a rischio di de‐ vianza e marginalità. Abbiamo voluto ascoltarlo a proposito delle periferie esistenziali, anzi ‐ come dice lui, chiosando l’espressione di Papa Francesco ‐ delle esistenze periferiche: adole‐ scenti e giovani di Roma, benestanti o no, alla ricerca confusa e spasmodica di qualcosa... senza sapere cosa. Don Giovanni lancia il suo grido: bisogna aprire gli occhi e non girarsi dall’altra parte, bisogna interrogarci tutti, svegliare le istituzioni e i movimenti, e “comuni‐ care Vita”! Don Giovanni, la Strada è per noi scout un concetto importante: è Strada il sentiero da condividere con la propria Comunità, è il percorso da compiere per te‐ stimoniare ideali e valori, è la metafora della stessa vita, la sfida più bella. Quando ci salutiamo ci diciamo sorridendo “Buona Strada”, pensando a una dimen‐ sione dinamica, in cui si cammina. Ma di Strada c’è un’altra, statica, una che di solito non si usa per gli auguri. Quella che costeggia le periferie esistenziali. Tu sei il responsabile di un’Associazione che porta un nome significativo, «Fuori della Porta» (Ebrei 13, 12), e hai individuato nella “Strada” uno spazio centrale dove svolgere un servizio prezioso. Raccontaci… Papa Francesco ci ricorda che l’Evangelo è chiaro su un punto: è fondamentale che i cristiani, sotto qualsiasi forma di gruppi o movimenti, abitino le periferie esi‐
stenziali. C’è una umanità giovane e adulta disumaniz‐ zata, preda della cultura del vuoto, della vanità. È im‐ portante andare a trovare queste esistenze, prenderle in carico, sviluppare il procedimento del buon Samari‐ tano: provare compassione per creare una rete e adot‐ tare uno stile che le raggiunga. Andare per strada è quindi indispensabile, perché que‐ ste realtà umane non sono accolte da nessuno, da nessuna struttura di ricezione, né sociale né religiosa: giacciono “fuori”! Nessuno se le “carica”! Se noi non inventiamo dei nuovi percorsi operativi e pastorali, se non apriamo «piste nel deserto» (Isaìa 40,3: «Nel deserto preparate la via al Signore»), non intercette‐ remo quel mondo che ha vera‐ mente bisogno della nostra esperienza di fede. Ci limiteremo a pettinare la “pecorella”, senza curarci di quelle altre che sono “fuori” e che vengono invece “to‐ sate”, massacrate, e diventano business della criminalità e altre realtà che speculano con il loro sangue. Noi cri‐ stiani ci troviamo davanti ad un’empasse epocale e ri‐ schiamo di essere come una vite spanata: la vite gira, gira, gira, ma non appena ci appendi sopra un quadro, crolla tutto. Siamo “avvitati” male, su noi stessi, non sulle situazioni che necessitano davvero del nostro ser‐ vizio, le situazioni della strada, quelle che, oggi come ai tempi di Gesù, sono escluse, ignorate, condannate, ma‐ ledette da tutti. In una recente intervista a Mauro Leonardi, per l’Os‐ servatore Romano” (Un catino, un asciugamano, dell’acqua e un grembiule, uscito il 23 giugno 2020) tu dici: “Io considero il modello cattolico dei movimenti, dei gruppi, delle associazioni, un cartello superato per‐ ché finiscono sempre per essere autoreferenziali e quindi finiscono con l’occuparsi sempre prima e sem‐ pre più di se stessi, ovviamente il tutto in nome del‐ l’Evangelo!”. Il Masci è un movimento di Adulti e pone molta attenzione ai temi dell’educazione e in partico‐ lare dell’auto educazione. Qual è la colpa più grande delle ultime generazioni di adulti? Come può avvenire una vera presa di coscienza, anche spirituale, del grido lanciato dai giovani? Come si fa insomma a uscire dall’autoreferenzialità?
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servizio drammatico che invita a correre dietro a auto costose, lusso sfrenato, ideali estetici deformati. E il coronavi‐ rus, costringendo tutti ad una clausura forzata, ha sen‐ z’altro peggiorato le cose. Cosa può fare in concreto oggi un adulto per riempire questi vuoti educativi?
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La stragrande maggioranza del mondo adulto cristiano cattolico ha deciso di abdicare al servizio della lavanda dei piedi: si tratta “dell’unico comandamento” che Gesù lascia e ordina di attuare! Le nostre comunità cristiane non sono più capaci di dare scandalo come faceva Gesù, perché sono assuefatte da secoli di autoreferen‐ zialità spirituale, catechetica, intellettuale... La vecchia espressione “pastorale di strada” suggerisce l’idea di “uscire”, per sfiorare una situazione esterna, dare ciò che si ritiene giusto dare, svolgere un “servi‐ zio” per poi tornare nella propria zona di conforto. Io preferisco l’espressione “lavoro di prossimità”. Bisogna abitare le periferie esistenziali degli emarginati, dei gio‐ vani con problemi di droga, delle prostitute, degli omo‐ sessuali. Se ci sono delle regole di ingaggio, sono quelle indicate dall’Evangelo: il catino, l’acqua, l’asciugamano e soprattutto i piedi dell’altro. Se si prega è perché bi‐ sogna agire laddove nessuno lo fa; se si prega e non si agisce come Gesù, non stiamo pregando, ma stiamo adorando l’idolo di Dio che ci siamo fatti a nostra im‐ magine e somiglianza. So di dire qualcosa di doloroso, ma la realtà è questa: la colpa più grande di noi adulti è di non avere la voglia e il desiderio di fare “lavoro di prossimità” in quelle si‐ tuazioni in cui non ci sono più regole di ingaggio perché la nostra autoreferenzialità ci fa filtrare il moscerino e ingoiare il cammello (Matteo 23, 23‐26). Le nuove esi‐ genze dello Spirito Santo ci costringono a cambiare, non a rinnegare noi stessi, ma senza dubbio a cam‐ biare: «Ecco, io faccio nuove tutte le cose» (Apocalisse 21, 5). Non dobbiamo cercare scuse, ma occasioni per crescere. Sono molte le cose che possono fare nel concreto una comunità di adulti scout o una comunità capi dello scau‐ tismo giovanile. Ad esempio qui a Roma, affiancati se ne‐ cessario da qualcuno di noi volontari dell’associazione FuoriDellaPorta, si potrebbe fare un volantinaggio contro la droga nel proprio quartiere, la sera, dove si ritrovano i gruppetti di ragazzi; oppure ci si può organizzare il po‐ meriggio per portare una merenda, un dolce o della pizza, ad una comitiva una volta a settimana, o al mese, e presentare i servizi gratuiti della nostra associazione e le tante attività che proponiamo; oppure chi ha compe‐ tenze legali, sanitarie, psicologiche ecc. può mettersi a servizio dei ragazzi che altri hanno intercettato nei loro ambienti: si può fare, perché si sta già facendo! Si parla troppo spesso di “emergenza educativa”, ma scavando a fondo nelle storie terribili che troviamo sui quotidiani, ci si rende conto che sarebbe il caso di par‐ lare piuttosto di crisi dei modelli tradizionali di riferi‐ mento, crisi dell’adulto. Anche dietro alla tragica morte di Willy Monteiro, pare, ci sia un contesto
A mio modestissimo avviso, l’espressione “emergenza educativa” non vuol dire più nulla, è concetto obsoleto. Semmai in “emergenza educativa” ci stiamo noi, ci sta tanta parte di realtà ecclesiale (per non parlare di quella istituzionale) che ha operatività assolutamente da epoca dei dinosauri! Noi siamo in emergenza educa‐ tiva, perché ci troviamo davanti “devastazioni educa‐ tive”, che ci stanno gridando e noi continuiamo nei nostri servizi che girano come una vite spanata: non possiamo fermarci alle solite cose! Ci sono povertà e sofferenze che ci costringono a cambiare, osare, pro‐ vare, ripetere, prendere in carico, insomma, muoverci in modo differente da quello a cui noi siamo abituati (per non dire assuefatti). Sono gli adulti cristiani ad es‐ sere in crisi, quelli che «si nutrono con il peccato del popolo» (Osea 4, 8). Durante la pandemia abbiamo as‐ sistito ad un “galleggiamento”: è riemersa la devasta‐ zione che tutti i giorni abita intimamente questi ragazzi. Il coronavirus è una cartina di tornasole che ci ha co‐ stretto a “vedere” i drammi preesistenti della scuola, delle carceri, del sistema sanitario, delle situazioni fa‐ miliari in difficoltà. Ci ha dimostrato e ci dimostra quanto non si ami rispettare le regole e quanto i giovani non tengano al bene comune, perché non sono stati educati ad esso e anzi abbiamo assistito al ricorso al TAR, presentato dal mondo adulto del “divertimentifi‐ cio” che non voleva chiudere le discoteche. Per pren‐ dersi in carico queste fragili esistenze, non basterà però essere un modello: bisogna essere “prossimi” a loro! Noi non siamo più (lo siamo mai stati?) capaci di pen‐ sare proposte concrete. Einstein diceva: “Non possiamo pretendere di cambiare le cose, se facciamo sempre le stesse cose”; io aggiungo: “… E sempre allo stesso modo”. Anche tutti i richiami, ormai quasi rituali, al “grido della città” sono vuoti di significato senza lo sti‐ molo ad un’azione urgente e concreta: in Esodo 3, Dio risponde al “grido” della schiavitù del suo popolo attra‐ verso l’azione di un uomo balbuziente e ricercato per omicidio come Mosé. Noi che facciamo? Bisognerà «in‐ ventare la strada», per dirla con B.‐P. e siamo già in grandissimo ritardo. Se volete, lasciate un like sulla pa‐ gina facebook: Ospedale da campo per giovani. C’è da menar le mani. Se non ora, quando? I contatti di don Giovanni: • dongiovannicarpentieri@gmail.com • www.fuoridellaporta.it • www.casafamigliasimpatia.it
lo scautese
Attilio Gardini
Cominciando con un poeta di casa «Chi nel cammino sono che una piccola matita nelle mani di Dio, che sta scrivendo e inviando una lettera nostra, impariamo quanto scriveva della vita d’amore al mondo”. Alessandro Manzoni (1785 – 1873): Proviamo a pensarvi per un attimo e ci accor‐ «Si dovrebbe pensare di più a far ha acceso geremo che ciò che abbiamo fatto solo per del bene che a stare bene: e così si anche soltanto noi stessi muore con noi, ma ciò che abbiamo finirebbe anche a stare meglio». per gli altri e per il mondo resta ed è im‐ Già, l’opera umana più bella è di es‐ una fiaccola nell’ora fatto mortale. Con l’esperienza, forse tutti abbia‐ sere utile al prossimo. Per questo ringraziamo il fondatore Baden‐Po‐ buia di qualcuno, mo imparato che gli scout del nostro Riparto, durante le attività, possono dimenticare ciò well che ci ha regalato il terzo arti‐ non è vissuto che abbiamo detto, gli scout possono dimen‐ colo della Legge scout: A Scout’s ticare ciò che abbiamo fatto, ma gli scout non duty is to be useful and to help invano. dimenticheranno mai come li abbiamo fatti others. Ma dove mai B.‐P. aveva sco‐ Io non sono sentire. perto che la nostra felicità passa at‐ “Se un penny tu mi dai, / se un penny io ti do, traverso il bene che faremo, che una piccola / con un penny resteremo per ciascuno. attraverso la gioia che diffonde‐ matita nelle mani Ma se un’idea tu mi dai / e se un’idea io ti do remo, attraverso il sorriso che fa‐ / con due idee per ciascuno resteremo”, così remo fiorire, attraverso le lacrime di Dio, cantavamo a Bedonia PR, durante la Route che avremo asciugato? Il caro vec‐ chietto la sapeva lunga! Aveva sco‐ che sta scrivendo delle Comunità Capi del 1979. Mentre tu hai una cosa, può esserti tolta. Ma perto che c’è una calamita nel e inviando quando tu dai, ecco, l’hai data. Nessun ladro nostro cuore che attirerà i veri amici. Questa calamita si chiama una lettera d’amore te la può rubare. E allora è tua per sempre. Il ringraziamento più bello per i doni di Dio “servizio”. al mondo». consiste nel passarli ad altri. D’altra parte, chi E allora domandiamoci anche per‐ serve Dio ha un buon padrone. Vi pare? ché il Capo Riparto, il Capo Clan, Dopo il verbo “amare” il verbo “servire” è il l’Akela e il Magister non sono remu‐ più bello del mondo. Alle Vacanze di Branco, nerati – non perché non valgono MADRE TERESA Akela che canta “Lupo salta su”, oppure “Al nulla, ma perché sono inestimabili. chiaror del mattin”, certo fa esperienza di come il Dio e gli angeli non vengono pagati, anche se il loro è dare gioia dà anche gioia. Ed inoltre fa esperienza uno tra i lavori più importanti. E lo stesso vale per i Capi che ogni azione nella nostra vita tocca qualche corda Scout. Sono esperienze che ripagano perché si scopre che vibra in eterno, perché troppo spesso sottovalu‐ che ogni volta che facciamo qualcosa per gli altri, pen‐ sando solo alla loro felicità, ci sentiamo meglio: e que‐ sto alla fine ci riempie il cuore di gioia. Questo comportamento diventa attitudine, attraverso l’espe‐ rienza del piacere, tramite il donare durante le attività, tanto che sperimentiamo come possa cambiare il no‐ stro modo di vivere, per sempre. Madre Teresa di Calcutta (1910 – 1997), con la sua esi‐ stenza, ci ha insegnato quanto viene dal Vangelo, dove Gesù conferma che “Il Figlio dell’uomo è venuto non per essere servito ma per servire” (Mt 20,28). Questa santa, con la sua vita, ha confermato: “Chi nel cam‐ mino della vita ha acceso anche soltanto una fiaccola nell’ora buia di qualcuno, non è vissuto invano. Io non
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Lo Scout è colui che serve
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tiamo il potere di uno sfioramento, un sorriso, una parola gentile, un orecchio in ascolto, un compli‐ mento sincero o il più piccolo atto di interessamento, che hanno tutti il potenziale per trasformare una vita intorno. “Per servizio intendo la subordinazione del proprio io all’impegno volontario di aiutare gli altri, senza il pen‐ siero di essere ricambiato o ricompensato”. Nel Tac‐ cuino di Baden‐Powell, Mario Sica ha trovato questo pensiero, e ce lo ripropone in “Giocare il gioco”, a pro‐ posito del servizio al prossimo. La parola servizio de‐ riva dal latino servus = schiavo, ma è logico che non si tratta di ripristinare l’istituto della schiavitù: è anche chiaro, però, che si tratta di riscoprire che cosa significhi “essere” in servizio, e non solo “pre‐ stare dei servizi”.
La storia della salvezza insegna che la liberazione dell’uomo dipende dalla sua soggezione a Dio e che “servire Dio è regnare”. Nello stesso senso Gesù ha affermato di essere venuto “per servire” (Mc 10,45). Sia le Scolte che i Rover hanno come motto “Servire” e quindi lo Scout, nel suo servizio associativo, svolge una specifica diaconìa, (essere utile, ministrare) operando come capo che educa i ragazzi. La parola proviene ovviamente dal greco = attività assistenziale prestata ai poveri, nel senso più lato. Penso sia esperienza di ogni adulto Scout il poter affermare che il più grande piacere che si conosca è fare una buona azione di nascosto e in modo che venga scoperta per caso. Vi ricordate della B.A.= Buona Azione? Certo è un termine per ri‐ cordare agli Esploratori ed alle Guide l’impegno, preso con la Promessa, di aiutare gli altri in ogni circostanza e quindi saper cogliere le occasioni adatte per farlo ogni giorno. Questo termine aiuta a pensare a tale impegno in maniera da svilup‐ pare la creatività, da saper afferrare il momento per fare una gradita sorpresa a qualcuno, da non aspettarsi ricompensa. Baden‐Powell non l’aveva chiamata B.A. ma Good Turn, cioè «bel tiro», l’in‐ contrario di uno scherzo cattivo o stupido, ma pur sempre uno scherzo, una sorpresa che diverte chi la riceve e chi la fa. Non per niente Benjamin Franklin disse: “Ben fatto è meglio che ben detto”. Ecco quindi che nel saluto scout il massiccio pollice corre in aiuto all’esiguo mi‐ gnolo; ecco quindi il geniale motto Be Prepared diven‐ tare un distintivo cucito sulla manica, per valere più di tanti discorsi! D’altra parte, i nostri motti si possono unire in “ECCOMI, SONO PRONTO A FARE DEL MIO MEGLIO PER SERVIRE”. Questi sono la definizione sintetica dello spirito che si vuol raggiun‐ gere con il nostro metodo. Per i Lupetti/e il motto è “Del nostro meglio” (cfr. Ap 2, 19); per le Coccinelle “Eccomi” (cfr. 1Sam 3, 4); per gli Esploratori e le Guide era nell’ASCI “Estote parati” (cfr. Lc 12, 40), nell’AGI “Estote paratæ”, mentre ora in AGESCI è più semplicemente “Sii preparato” ed in‐ fine, sia per i rover che per le scolte: “Servire” (cfr. Ef 6, 6).
personaggi cerca. «Mio Dio, se esisti, fa che io Ti conosca!» era la preghiera che andava ripetendo. Ritrovò Dio nell’ottobre del 1886, a 28 anni. «Come credetti che c’era un Dio, compresi che non potevo far altro che vivere per Lui solo» annotò nei suoi diari. Un pellegrinaggio in Terra Santa gli rivelò la sua vocazione: imitare Gesù nella sua vita di nascondimento a Nazaret. Divenne trappista, visse prima nell’abbazia di Saint Laurent Les Bains, in Francia, poi si recò in Siria. Chiese ed ottenne il permesso di se‐ Alberto Cuccuru guire una speciale chiamata, ovvero fondare una congre‐ Magister e revisore dei conti del Masci gazione. «Lo scopo sarebbe quello di condurre il più fedelmente possibile la vita di Nostro Signore, vivendo soltanto del lavoro manuale e seguendo alla lettera tutti i suoi consigli... Aggiungere a questo lavoro molta pre‐ «La cosa che sembra più facile è ghiera, formare solo dei piccoli gruppi, espandersi ovun‐ in realtà la più difficile: conoscere sé stessi» que, ma soprattutto nei paesi infedeli, così abbandonati, EDGAR MORIN e dove sarebbe tanto dolce aumentare l’amore e i servi‐ tori di Nostro Signore Gesù». Iniziò a vivere in povertà Quando la sera del 1° dicembre 1916 venne ucciso da estrema presso le Clarisse di Nazaret. Ordinato sacer‐ una banda di predoni a Tamanrasset, al centro del mas‐ dote, nel 1901 si recò nel Sahara algerino, prima a Beni siccio dell’Ahaggar, nel profondo sud dell’Algeria, il suo Abbès, poi a Tamanrasset, meditando la Sacra Scrittura corpo poteva sembrare l’emblema dell’estrema solitu‐ e adorando l’Eucaristia, nell’incessante desiderio di es‐ dine. A terra giaceva un eremita, unica presenza cristiana sere un’immagine viva dell’amore di Gesù: «Vorrei essere in una terra totalmente islamica. Un francese, nato in buono perché si possa dire: se tale è il servo, come sarà una famiglia nobile, in una landa selvaggia abitata da no‐ il Maestro?». madi Tuareg, appena sfiorati dalla ci‐ La storia dell’uomo che nel deserto del Sahara viltà. Fratel Charles moriva solo; custodiva un “tesoro”, mira di alcuni predoni avrebbe voluto creare attorno a sé «Vorrei essere che venendolo a sapere per rubarglielo lo ucci‐ una famiglia di anime consacrate dono non sarà lo spunto per un romanzo, ma all’orazione, i Piccoli fratelli del Sacro buono perché una storia vera, quella dell’uccisione di Charles Cuore, ma con tutti i suoi sforzi per si possa dire: de Foucauld, il “fratello universale”, che presto dar vita al progetto era riuscito solo a far riconoscere l’associazione di fe‐ se tale è il servo, sarà santo. È stato promulgato dalla Congrega‐ zione per le cause dei Santi il decreto sul mira‐ deli, che contava un numero minimo come sarà colo attribuito al beato Carlo di Gesù (questo il di aderenti. Nessuno l’aveva rag‐ suo nome religioso) e questo svela definitiva‐ giunto, nonostante i suoi desideri, il Maestro?». mente qual era il “tesoro” che egli custodiva, al nel silenzio e nelle asperità del de‐ punto da non temere nemmeno per la sua vita: serto. Eppure, Benedetto XVI, du‐ Gesù Cristo nel tabernacolo. rante il suo viaggio apostolico in A partire da quella morte, la vicenda umana e religiosa Francia nel 2008, ricordò questo particolare eloquente: di Charles de Foucauld ha affascinato e attratto gene‐ «Il beato Charles de Foucauld nacque nel 1858, lo stesso razioni su generazioni. Al punto che quello che non gli anno delle apparizioni di Lourdes. riuscì in vita si realizzò dopo la sua nascita al Cielo. Nel De Foucauld nacque a Strasburgo il 15 settembre 1858. corso degli anni, ben diciannove differenti famiglie di Rimasto orfano a sei anni, fu cresciuto assieme a sua so‐ laici, sacerdoti, religiosi e religiose sono scaturite dalla rella Marie dal nonno, del quale seguì la carriera militare. sua spiritualità e dal suo modo di vivere il Vangelo (tra Nell’adolescenza si allontanò dalla fede, diventando un le maggiori, le fraternità dei amante dei piaceri e della vita comoda, Piccoli fratelli e delle Piccole anche se dotato di una notevole forza di vo‐ sorelle di Gesù). Un uomo “che lontà. Il giovane Charles, gaudente e salot‐ ha dato una testimonianza che tiero, ben presto dilapida gli averi familiari e ha fatto bene alla Chiesa”, ha nel 1876 entra alla Scuola militare di Saint affermato Papa Francesco nella Cyr. Lascia successivamente l’esercito, si de‐ Messa in casa Santa Marta del dica a studiare l’arabo e l’ebraico, nel 1883 in‐ primo dicembre 2016, nel cen‐ traprese una pericolosa esplorazione in tenario della morte. E Bene‐ Marocco, che gli valse una medaglia d’oro detto XVI al momento della dalla Società di Geografia di Parigi, e l’incon‐ beatificazione, il 13 novembre tro con i musulmani risvegliò in lui l’interro‐ 2005, affermò che la sua vita è gativo sull’esistenza di Dio. Rientrato in “un invito ad aspirare alla fra‐ Francia, colpito dall’accoglienza dei suoi fami‐ ternità universale”. liari, profondamente cattolici, si mise in ri‐
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Charles de Foucauld. Tra santità e nascondimento.
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personaggi
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Sicuramente l’esistenza terrena di de Fou‐ cauld ha spunti di grande attualità, sia nella prima parte, vissuta in maniera non certo esemplare dal punto di vista cristiano (ma in questo è in buona compagnia di altri santi, Agostino per esempio), sia soprattutto dopo la conversione che lo trasformò in uno dei più grandi cercatori di Dio. Lui grande esplo‐ ratore anche dal punto di vista geografico, dedicò in pratica il resto dei suoi anni a esplo‐ rare l’immenso territorio del rapporto tra il Creatore e le creature. Quella di Charles de Foucauld resta, in ogni caso, un’esistenza fuori dal comune. La nascita a Strasburgo, l’origine nobiliare, il servizio mi‐ litare in Nordafrica, l’esplorazione del Ma‐ rocco, poi la conversione religiosa, l’inquietudine che dalla Trappa lo porta a Nazareth e da lì di nuovo nel Sa‐ hara, fino all’avamposto di Tamanrasset, nell’Ahaggar al‐ gerino, dove traduce il Vangelo nella lingua dei tuareg e infine viene ucciso durante una scorribanda di predoni il 1° dicembre 1916, all’età di 58 anni. La vita di Charles de Foucauld e la sua stessa santità si comprendono soltanto in relazione alla vita quotidiana, all’interno della quale si compie l’evoluzione della sua personalità. Il suo agire ottenne anche una menzione nell’enciclica «Populorum Progressio»:«In parecchie re‐ gioni, essi [i missionari] sono stati i pionieri del progresso materiale come dello sviluppo culturale. Basti ricordare l’esempio del padre Carlo de Foucauld, che fu giudicato degno d’esse chiamato, per la sua carità, il “Fratello uni‐ versale”, e al quale si deve la compilazione di un prezioso dizionario della lingua tuareg. È Nostro dovere rendere omaggio a questi precursori troppo spesso ignorati, uo‐ mini sospinti dalla carità di Cristo, così come ai loro emuli e successori che continuano ad essere, anche oggi, al servizio di coloro che evangelizzano». La “vita nascosta” e, ora la ribalta degli altari. Un ossimoro, forse. Il card. Martini molti anni fa: “Non credo che fr. Carlo abbia bisogno di questi riconoscimenti (beatificazioni, canonizzazioni…) e nemmeno la fraternità. Vi basti vi‐ vere la vita di Nazareth…”. Cosa ci rimane di questa esperienza? Cosa “dice” alla Chiesa di oggi, e più in generale alle realtà ecclesiali di oggi, l’avventura spirituale di frère Charles? Forse, lascia due umili inviti: il primo, a coltivare la
passione per la persona di Gesù; il secondo, la passione per l’incontro con l’altro. In un linguaggio che a volte può apparire osti‐ co o lontano, i suoi scritti testimoniano di un orientamento affettivo radicale, che non si è la‐ sciato più distrarre da altro e che non lo la‐ scerà più, fino alla mor‐ te. La ricerca dell’altro, il diverso da sé, è una co‐ stante della sua vita. Una sua frase celebre “Non si fa del bene nella misura di ciò che si dice e si fa, ma nella misura di ciò che si è, nella misura in cui Gesù vive in noi…” riassume bene come in‐ tendeva tutta l’opera di evangelizzazione. Dal deserto alla città: dove sta l’attualità di De Fou‐ cauld? Quali legami tra il suo carisma e la spiritualità scout? Un aspetto che non può dimenticarsi è che fr. Carlo è andato nel deserto con lo scopo di raggiungere i più lontani, per incontrare le persone che vi vivevano, e vi ha effettivamente vissuto una densità eccezionale di relazioni. Una seconda cosa è che una sua originalità sta nel non aver voluto scegliere tra vita contemplativa e vita attiva, (secondo l’espressione e la forma tradi‐ zionale), situandosi e assumendo così simbolica‐ mente una “tensione costante”, tra deserto e città, vita con Dio e vita con gli uomini, cercando gli altri nell’Altro. Forse un legame lo possiamo trovare in un luogo, in uno spazio: il deserto. Il deserto come metafora è poco frequente, eppure nella spiritualità è uno dei temi più esplorati, soprat‐ tutto dalla tradizione ebraica e cristiana. Il deserto: spa‐ zio inabitato, arido, nel quale la vita è quasi assente; luogo inospitale, che desta paura; spazio pericoloso, da attraversare con prudenza. Nella Bibbia il deserto si op‐ pone alla terra abitata e piena di vita. È un luogo di ma‐ ledizione, dimora di demoni e di forze oscure che assalgono l’essere umano. Ben presto il deserto di‐ venne un modo capace di narrare una situazione per‐ sonale o collettiva: deserto come solitudine, cammino faticoso, spoliazione dall’inessenziale, lotta contro le presenze mostruose che assalgono il cuore umano fino a farlo disperare. In questo senso, il deserto è anche un tempo di prova per la fede. Il deserto diventa un cam‐ mino necessario, che nella vita ognuno di noi deve fare, imparando a vivere senza Dio e senza gli altri. Nel prossimo numero di S.A. la 2ª parte: Camminare, come Comunità, in compagnia di Charles de Foucauld
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Ambra CUSIN Comunità di Trieste, psicoterapeuta socia della Società Italiana di Psicologia dell’Emergenza SoS FVG
Per due mesi ho risposto, come psicologa volonta‐ ria della Società Italiana di Psicologia dell’Emer‐ genza, al numero verde del Ministero della Salute per l’emergenza Covid‐19. Se ci fa male lo stomaco o un dente andiamo dal medico che ci prescrive qualche farmaco e in breve, in genere, tutto passa, ma se abbiamo paura, o me‐ glio angoscia di un qualcosa che non sappiamo cosa sia, se la notte non dormiamo più perché questa angoscia ci tiene svegli, perché la testa spesso ci fa male e i farmaci non servono a nulla, perché liti‐ ghiamo per un nonnulla con tutti, perché non riu‐ sciamo a concentrarci su niente che ci appassioni, da chi andiamo? Come si viene aiutati psicologicamente? Cosa vuole dire avere bisogno di un aiuto psicologico? Cosa vuol dire telefonare ad una sconosciuta che sta forse dall’altra parte dell’Italia, per raccontare delle proprie paure, di cui magari ci si vergogna per‐ ché sembrano ridicole persino ai nostri occhi? Ep‐ pure, in decine di migliaia hanno alzato la cornetta in questi due mesi, e hanno chiamato il numero verde Covid per il supporto psicologico. Forse non sa‐ pevano neanche loro perché lo facevano. Lo scopo del servizio era “Fornire una ri‐ sposta all’esigenza di supporto psicolo‐ gico ai cittadini che durante la pandemia da nuovo coronavirus possono vivere dif‐ ficoltà psicologiche, emotive e relazionali” (Direttive Ministero della Salute) Ma ai primi di maggio era già molto tardi per aiutare, per contenere, rassicurare. È stato utile e, forse, indispensabile ma chi chiamava non aveva veramente problemi di contagio. Aveva problemi e basta. Il virus Covid‐19 ha creato nel mondo una pandemia con molti morti. Non avevamo mai sperimentato un lockdown, non era mai successo di poter essere ammalati stando bene fisicamente essendo, con‐ temporaneamente, portatori di qualcosa di pericoloso per gli altri. Comprendere la portata psicologica di questa confusione, di questa sorta di ambiguità per cui es‐
sere positivi è una cosa negativa, mentre essere nega‐ tivi ci rassicura e ci fa stare sereni, è stata, ed è vera‐ mente fonte di un disagio emotivo non da poco. Con gravi ricadute economiche e sociali. Per anni infatti ci è stato insegnato Il Covid è il valore della positività! “Devi essere po‐ un virus fisico, sitivo” ci si diceva, ma oggi esserlo è im‐ provvisamente diventato qualcosa di qualcuno spaventoso. È stata, e lo è ancora, una lo ha definito malattia strana. Ambigua e infingarda. Che ci illude e improvvisamente può di‐ “invisibile”, struggerci. ma questa è una Il Covid è un virus fisico, qualcuno lo ha “invisibile”, ma questa è una bugia perché i virus definito bugia perché i virus sono visibilissimi, ov‐ sono visibilissimi, viamente al microscopio, quello che è in‐ visibile spesso è la nostra paura. Abbiamo ovviamente fatto di tutto per evitarla, o meglio per proteggerci, per negarla, nasconderla, il‐ al microscopio, luderci di sconfiggerla andando a cantare quello che è sui poggioli, esponendo bandiere, disin‐ tutto quello che ci capitava sot‐ invisibile spesso fettando tomano, e poi, quando è stato possibile, è la nostra paura. uscendo di casa, pensando che fosse fi‐
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Covid-19: distanziamento o “vicinanza distanziata”?
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è solo un fastidio, per un altro diviene una tragedia. nalmente finita. All’aria aperta a passeggiare avvicinan‐ Per rimanere sani dobbiamo stare lontani, ma dob‐ dosi, forse troppo, agli amici. I più pericolosi perché ci biamo, come esseri umani, anche stare vicini. Fare fanno abbassare la guardia. comunità. Ed era arrivato appunto maggio. La gente co‐ Il Covid in molte persone ha scatenato minciava a chiamare, ma non erano felici qualcosa che se ne stava racchiuso si‐ che fosse finita la quarantena, molti lenziosamente negli angoli nascosti erano terrorizzati dal contatto della mente, fino a quel momento umano, nonostante sembrasse che gestito serenamente. Come un non ci si dovesse pensare e preoc‐ hacker silenzioso si è intrufolato cupare più. nei meandri della mente, forse E così lentamente si diffondeva un anche a noi sconosciuti, e ha riat‐ altro virus che ci sta infettando tivato paure ancestrali. E quando tutti, adesso, oggi: il virus psichico siamo usciti dal lockdown si è ma‐ contro il quale non ci potranno es‐ nifestato con tutta la sua forza. Il sere mai vaccini di sorta. Ed è ben virus psichico è divenuto attivo e visi‐ più pericoloso. Ci allontana o ci avvi‐ bile. Ci sono persone, e non sono solo cina troppo, ci fa avere più paura del ne‐ giovani, ma molti di noi, che sfidano la sorte: cessario o cancella, in maniera altrettanto escono serenamente senza mascherina, dimenti‐ pericolosa, ogni paura facendoci divenire inco‐ cando di lavarsi e disinfettarsi le mani. Rammento che scienti e superficiali. queste sono dimenticanze “colpevoli” perché segno Ci troviamo davanti ad un conflitto etico terribile tra non solo di noncuranza, ma di negazione difensiva. la protezione della salute fisica e la protezione della Persone che incontrano gli altri senza rispettare quella salute psichica. Gli esseri umani hanno quella che io che vorrei chiamare vicinanza distanziata per sottoli‐ chiamo calamita umana, ovvero un’attrazione fisico‐ neare che si può essere vicini emotivamente anche psichica, inevitabile, concreta, degli uni verso gli altri stando distanti. Facciamo un onesto esame di co‐ che impedisce di stare distanziati. Un metro è una scienza: non riusciamo a stare distanziati! Solo se ne distanza enorme. siamo consapevoli riusciamo a mantenere la vicinanza La mascherina come presidio? Giusto e indispensa‐ distanziata. bile, ma per parlare l’abbassiamo! Ma incontriamo anche persone che hanno E allora la mascherina è del tutto troppa paura, che non escono più, sono an‐ inutile. Facciamo cora in lockdown. Si stanno isolando. Si la‐ E le persone che telefonavano se‐ sciano catturare e risucchiare da aspetti gnalavano questo. Paura del futuro, un onesto esame distruttivi, maligni, che risiedono nelle pro‐ per il lavoro, per l’economia ma di coscienza: fondità del loro animo. anche molte persone, specie gio‐ La novità di questo virus è stata che ha col‐ vani, erano preoccupate di uscire. non riusciamo pito tutti. Anche noi operatori della salute Altri non sapevano se potessero ba‐ mentale. Nessuno può dirsi fuori da questa ciare la propria ragazza che non ve‐ a stare distanziati! storia. Anche se ci siamo creduti assolti, devano da mesi., Qualcuno potreb‐ Solo se ne siamo lo stesso stati coinvolti, potremmo be ridere davanti a simili domande, dire parafrasando “La canzone del maggio” ma noi le sentivamo domande tre‐ siamo consapevoli di de Andrè. mende, piene di angoscia. Come ge‐ riusciamo Perché in definitiva il vero trauma è proprio stire la giusta dose di paura che si fa il fatto che, per non ammalarci fisicamente, precauzione e prudenza? Come di‐ a mantenere stiamo rischiando la malattia mentale. E il stinguerla dai suoi intrecci con l’an‐ la vicinanza compito gravoso che abbiamo oggi è riu‐ goscia senza nome che da sempre scire a trasformare il distanziamento, ap‐ abita l’uomo? Come capire dove sta distanziata. punto in una vicinanza distanziata. Per non il limite tra una giusta preoccupa‐ contagiarci né con il Covid fisico ma nean‐ zione e quello che, lentamente, e che con quello psichico. nascostamente, diviene patologia, Una sfida anche per noi del Masci che in autunno ab‐ pensiero ossessivo, ansia da contagio... fino a rasen‐ biamo molta voglia, e dobbiamo poterlo fare nella si‐ tare il delirio? Fino a quando pulire la casa serve a ri‐ curezza, di riprendere le nostre attività. durre la possibilità di contagio e quando si trasforma Ma dobbiamo farlo non nella negazione, ma nella con‐ in malattia che non ci lascia più vivere? sapevolezza e responsabilità. Il coronavirus è stato, ed è ancora, una esperienza trau‐ Sapendo godere di una vicinanza distanziata. matica. Ma il trauma lo è e lo diviene solo quando in‐ Allora questa esperienza, tremenda e violenta, del contra la mente, e il corpo, che lo deve digerire e Covid sarà servita a qualcosa. Sarà divenuta un’oppor‐ assorbire. Anche una fragola per un allergico può es‐ tunità, come ha detto Papa Francesco. sere letale! Come dire che qualcosa, che per qualcuno
lettere settembre/ottobre 2020
Casa di Benedetta per Minori in difficoltà
Cari amici, il 24 luglio è finalmente successa a Reggio Calabria la cosa straordinaria e tanto attesa dopo tanto impegno e tanto lavoro: l’inaugurazione di Casa di Benedetta per Minori in difficoltà. Ciro Cirillo, presidente dell’Associazione Eccomi, ed io siamo stati invitati ed abbiamo partecipato insieme a tutte le istituzioni ed organizzazioni che hanno pro‐ mosso e sostenuto il progetto. La cerimonia, molto semplice, ha visto la presenza del sindaco e del Vescovo Morosini che ha benedetto la struttura e di molte persone coinvolte nel progetto.
La casa sarà gestita dalla Associazione Abakhi, associa‐ zione di giovani reggini che vogliono essere costruttori in cammino, costruttori di pace, e che si sono molto impegnati nella ristrutturazione dell’edificio. Voglio ringraziare di cuore tutti coloro che hanno reso possibile questo obiettivo mediante le donazioni in ri‐ cordo di Riccardo Vi abbraccio Cristina
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Cambiamenti in AGESCI Il Consiglio generale del 26 e 27 settembre ha eletto Maria Paola Gatti e Marco Moschini, Incaricati nazionali Formazione Capi; Roberta Battistini, Incaricata nazionale all’Organizzazione; Marialuisa De Pietro, Incaricata nazionale Branca EG; Nicola Pavan, Incaricato nazionale Branca EG; Chiara Bonvicini, Incaricata nazionale Branca RS; Mauro Ciuci e Vittorio Beneforti, Commissione economica nazionale; Elvira Pellegrino, Collegio giudicante nazionale. Intenso il saluto di Donatella Mela al termine del mandato di Capo Guida: “Le dimensioni di questo servizio sono state l’incontro, l’amore per l’Associazione e la gioia. La gioia di quando ho cominciato e la gioia piena di ora che finisco”. Commovente il simbolico passaggio di testi‐ mone a Daniela Ferrara, eletta Capo Guida, all’ammaina bandiera di fine giornata: a lei è andato l’augurio di Buona Strada da parte dell’intero Consiglio generale.
BUONA STRADA A CHI HA LASCIATO, AI NUOVI INCARICATI E ALLA NUOVA CAPO GUIDA
Sommario EDITORIALE Strada, servizio… santità
GIOACCHINO MAIDA
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IN PRIMO PIANO Lo scautismo cattolico italiano chiede ufficialmente all’arcivescovo di Ravenna la beatificazione di don Giovanni Minzoni VITTORIO PRANZINI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3 Santi e… scout Massimiliano Costa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5 VITA ASSOCIATIVA Un consiglio nazionale tra le bellezze naturali delle montagne trentine MIMMO COTRONEO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7 Tavolata senza muri 2020 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9 Newsletter GRUPPO SOSTENIBILITÀ . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 10 DALLE REGIONI Assemblee regionali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11 Il Masci Puglia e la Route della rinascita CATERINA ARDILLO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 12 Il punto di vista – #ContaPiuLaSeminaCheIlRaccolto VILMA MARCHINO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14 SERVIZIO Don Giovanni lancia il suo grido: bisogna aprire gli occhi e non girarsi dall’altra parte
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LO SCAUTESE Lo Scout è colui che serve
ATTILIO GARDINI
OPINIONI/DIBATTITI Covid‐19: distanziamento o “vicinanza distanziata”?
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PERSONAGGI Charles de Foucauld. Tra santità e nascondimento.
LETTERE Casa di Benedetta per Minori in difficoltà.
INTERVISTA A CURA DI ANTONELLA AMICO
CRISTINA
ALBERTO CUCCURU
AMBRA CUSIN
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STRADE APERTE. N. 9‐10, settembre‐ottobre 2020 Anno 62 – Periodico mensile del M.A.S.C.I. (Movimento Adulti Scout Cattolici Italiani). Spedizione in A.P. 45%, Art. 2 comma 20/B, Legge 662/96, Dal C.M.P. Padova. Euro 2,00 la copia. Direttore responsabile: Pio Cerocchi • Direttore: Michele Pandolfelli • Capo redattore: Gioacchino Maida • Redazione: Antonella Amico, Alberto Cuccuru, Leonardo Lucarini, Vilma Marchino • Collaboratori: Lorena Accollettati, Manlio Cianca, Carla Collicelli, Paola Dal Toso, Romano Forleo, d. Lucio Gridelli, Paolo Linati, Mario Maffucci, Vittorio Pranzini, Mario Sica. Redazione: via Vincenzo Picardi, 6 – 00197 Roma, e‐mail: sede@masci.it • Stampa: ADLE Edizioni sas, Padova, info@adle.it • Editore, Amministratore e Pubblicità: Strade Aperte Soc. coop. a.r.l., via Vincenzo Picardi, 6 – 00197 Roma, tel. 06.8077377. Iscritta al registro degli operatori di comunicazione al n.° 4363. Abbonamento ordinario a 11 numeri: Euro 20.00, da versare sul ccp. n. 75364000, intestato: Strade Aperte Soc. coop. a.r.l., via Vincenzo Picardi, 6 – 00197 Roma. ASSOCIATO USPI. Tiratura. 5.000 copie. Chiuso in redazione: il 13 ottobre 2020 QUESTO NUMERO È STATO SPEDITO DALL’UFFICIO POSTALE DI PADOVA CENTRALE IN DATA: OTTOBRE 2020