Strade Aperte Gennaio-Febbraio 2019

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editoriale

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L’accoglienza ci interpella

La cultura dell’accoglienza

Giovanni Morello

Giorgio Zaccariotto per il Comitato Luce della Pace da Betlemme

La foto di copertina mostra i numerosi partecipanti al campo sull’accoglienza, tenutosi recentemente a Genova (su cui trovate una breve cronaca nella colonna qui a fianco). Accoglienza è una parola che ci interpella: come cristiani, come scout, come italiani. Si! Come italiani. Perché nonostante l’affollarsi compulsivo degli odiatori sui social o la massiccia propaganda politica contraria, il popolo italiano resta, in buona parte, un popolo accogliente. Lo dimostrano gli innumerevoli volontari che accolgono i migranti nei porti di sbarco, quelli che si mettono al servizio nei centri e nelle case di accoglienza, i tanti che ospitano e aiutano silenziosamente singoli e famiglie, non necessariamente stranieri ma anche connazionali colpiti dalla crisi economica. Si può dire che il termine accoglienza sia iscritto nel nostro dna, anche per le vicende migratorie vissute da tanti nostri parenti e concittadini. Quante volte nelle nostre uscite o durante le nostre route, noi stessi, abbiamo potuto sperimentare il calore dell’accoglienza, spesso semplice e povera, fatta da un bicchiere di acqua fresca o dal fuoco ristoratore di un camino. Ricordo – non senza emozione – una sera durante un campo di clan lungo le coste dell’Istria, in pieno regime comunista. Eravamo accampati sulla riva del mare, nei pressi di Rijeka (Fiume). Attorno al fuoco, accompagnati dal suono delle chitarre cantavamo le nostre canzoni scout, i canti di montagna, le canzoni della tradizione popolare. Ci trovammo – non senza preoccupazione – come circondati da ombre nere, uomini e donne, che si avvicinavano al nostro bivacco. Erano italiani, discriminati dal regime di Tito, che ascoltando le nostre voci, quasi liberati, si erano avvicinati e ben presto si ritrovarono a cantare con noi. Come d’incanto comparvero dolci e vino e la festa si può dire continuò per buona parte della notte. Un ricordo indimenticabile! Ecco perché ho letto con vivo piacere, ed ho plaudito, al documento che il Consiglio Nazionale del MASCI ha voluto rivolgere a tutti gli Adulti e Adulte scout ed all’opinione pubblica, intitolato: “Siamo tutti cittadini del mondo”. Un appello che interpella non solo le nostre coscienze ma essere di stimolo per un impegno di servizio sempre maggiore ed efficace. Forse ci sarà qualche voce di dissenso, difficilmente comprensibile alla luce degli ideali scout della Legge e della Promessa, ma sono certo che le comunità degli adulti scout accoglieranno questo appello con responsabilità ed impegno.

Un campo sulla cultura dell’accoglienza a tutto tondo. Al campo oltre 40 adulti scout, a Genova, si sono incontrati per tre giorni, hanno incontrato alcuni testimoni e vissuto una significativa esperienza insieme. Perché un campo sull’accoglienza? Tutti sperimentiamo il bisogno e l’importanza dell’accoglienza nella famiglia, nella Chiesa, nella scuola, nel gruppo o associazione, nella stessa società … cioè in tutti i luoghi e ambienti di vita dove ognuno di noi riconosce l’altro come simile a sé. Siamo chiamati ad un esercizio continuo perché su questo atteggiamento di accoglienza si regge un po’tutto il tessuto della società, si costruiscono le relazioni, è possibile il dialogo, lo scambio, la collaborazione, si cementa la solidarietà, si costruisce la vita e così via. Però non possiamo non constatare come l’accoglienza è difficile, anzi, a volte rischia di diventare impossibile nei confronti del diverso, dell’estraneo, dello straniero, di chi non si conosce e di cui non si hanno informazioni e garanzie certe. Spesso prevale la chiusura, domina il pregiudizio, il sospetto che genera diffidenza e paura. Non si tratta di un comportamento insolito: contrariamente a quanto si pensa, sia la natura che la storia umana dimostrano come non sia così normale che l’altro, il diverso, l’estraneo, lo straniero sia compreso, capito, ammesso alla comune convivenza, inserito nella comunità, anzi tutt’altro… Rispetto al passato parte di opinione pubblica ha cambiato atteggiamento ed ha compreso il valore dell’accoglienza, grazie anche alla mobilità causata dalla globalizzazione, alla raggiunta consapevolezza dell’uguaglianza di tutti gli uomini e al riconoscimento della dignità di ogni essere umano che nessun ordinamento potrebbe negare. Ma al di là delle intenzioni e delle affermazioni generali la pratica concreta dell’accoglienza continua a trovare resistenze e a suscitare diffidenze di ogni tipo: non è il caso di elencarle, sono sotto gli occhi di tutti. Perciò al campo abbiamo cercato di riflettere sul significato e le motivazioni dell’accoglienza sotto diversi punti di vista: accoglienza e relazione, accoglienza nella Parola, accoglienza in famiglia, accoglienza nella Chiesa, accoglienza dello straniero, accoglienza nella comunità, accoglienza e disponibilità al cambiamento, accoglienza e crescita personale.


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Il Consiglio Nazionale del MASCI, riunito a Roma nei giorni 23-25 gennaio 2019, ha approvato il documento, che qui di seguito pubblichiamo.

Noi adulti scout del M.A.S.C.I. (Movimento Adulti Scout Cattolici Italiani), fedeli alla nostra identità e alla nostra missione educativa, espressa nei valori della Promessa e della Legge scout e come cristiani alla luce del Vangelo,

ci sentiamo interpellati dall’approvazione ed applicazione del “Decreto sicurezza” perché lo consideriamo distante:

• dai valori scout e cristiani del Movimento, • dalla cultura e dai valori della società civile • dai principi fondamentali della Costituzione Italiana

Come detto nel nostro Patto Comunitario, “Crediamo nella convivenza pacifica e nella collaborazione tra i popoli e cerchiamo di essere operatori di pace, impegnati a costruirla nel nostro cuore e intorno a noi, nella società nazionale ed internazionale, anche collaborando con Comunità di altri Paesi e con la Fratellanza scout mondiale. Ci impegniamo a praticare e a diffondere la cultura dell’accoglienza verso lo straniero che cerca nel nostro Paese dignità e lavoro e a mettere in atto iniziative di solidarietà e progetti di ricostruzione e sviluppo per i popoli del Terzo mondo o comunque in difficoltà, affinché trovino una loro strada per la crescita. Noi Adulti scout crediamo nella fraternità di tutti gli uomini in quanto figli di un unico Padre. Affermiamo, pertanto, che la convivenza de-gli uomini deve basarsi sull’amore che per primi ci impegniamo a vivere e testimoniare.”

Con l’abolizione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, sostituito da una “protezione speciale”, viene tolta agli stranieri la possibilità di accedere a percorsi virtuosi di integrazione, rischiando così facilmente di cadere nell’irregolarità.

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Cittadini del mondo oltre le attuali politiche sull’immigrazione

Questa legge suscita notevoli problemi di coscienza in quanti, come noi, ritengono fondamentale il riconoscimento e il rispetto della dignità delle persone. A nostro avviso si avverte un contrasto stridente, tra i principi generali del di-ritto internazionale (Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, Diritto della Navigazione), del diritto Nazionale (Costituzione) e il “Decreto Sicurezza” tanto da richiamare alla riflessione anche il tema dell’Obiezione di Coscienza, tema che ha sempre accompagnato l’umanità nella sua storia nella ricerca di un giusto equilibrio tra legalità e giustizia, tra la fedeltà alla legge e la fedeltà alla coscienza.

La nostra grande preoccupazione rimane la ricaduta educativa di questa normativa: ci appare deleterio porsi contro l’immigrazione quale unico rimedio per la sicurezza del Paese!

Riteniamo immorale che l’emergenza e il dramma umano di persone costrette a fuggire dai loro Paesi in cerca di una speranza, sia ritenuto minaccia alla nostra società e alla nostra identità.

Siamo convinti che una società dove la sicurezza è affidata solo alla forza, aumenti la conflittualità sociale, e non possa essere una società più sicura. Una sicurezza davvero efficace nasce da rapporti di aiuto reciproco per migliorare il bene comune.

È vera emergenza l’impoverimento della nostra umanità in cui si tendono a svilire i valori e i principi originari della casa comune europea e della civiltà cristiana.

“La vera sicurezza si realizza, con efficacia, preservando e garantendo i valori positivi della convivenza.” (Il Presidente della Repubblica - messaggio del 31/12/2018) Riteniamo che la solidarietà, fatta di integrazione, attraverso modelli di accoglienza partecipata e diffusa, rimanga la via principale per affrontare la complessità del fenomeno migratorio.

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Riteniamo che la dignità della persona vada sempre riconosciuta come inalienabile. Negare la dignità umana è certamente l’inizio di sopraffazioni che minano alle fondamenta ogni vera democrazia e la serena convivenza sociale.

e cercando regole comuni di convivenza equilibrata per uno sviluppo sostenibile dell’intero pianeta, casa comune.

NOI ADULTI SCOUT

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Crediamo che l’essenza della democrazia presente e futura debba essere quel-la di comunità di persone aperte che non si raggruppano secondo la logica identitaria che ha sempre portato alle guerre di religione, ideologiche o etniche, ma secondo le logiche della conoscenza, del confronto, del rispetto, del dialogo e della fratellanza.

Rivolgiamo pertanto a tutti l’Appello di interrogare la propria coscienza sui va-lori che stanno alla base della vita sociale per il bene delle nuove generazioni. Auspichiamo che il nostro Governo e l’intera Comunità Europea rivedano le posizioni riguardanti i flussi migratori e le politiche di accoglienza e integrazione anche ripristinando canali regolari di immigrazione

• continueremo ad impegnarci concretamente nelle difficili situazioni di accoglienza nei nostri territori; • continueremo ad assistere gli immigrati al momento degli sbarchi, nei di-versi servizi nelle strutture che ospitano chi è in attesa di un riconoscimento giuridico stabile; • continueremo a sostenere le azioni di integrazione verso tutti coloro che hanno scelto il nostro Paese quale luogo per guardare al futuro, nell’attenzione ai minori, spesso non accompagnati, affinché possano crescere in ambienti educativi positivi e sicuri.

Il Consiglio Nazionale MASCI, riunito in Roma il 25.01.2019


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Sonia Mondin Presidente Nazionale

A leggere i giornali, nel vedere la tv e nell’ascoltare la radio, sembra che le “cattive notizie” ed il “linguaggio del male” abbiano prevalenza su ogni segno di speranza. L’inospitalità, la morte, l’atrocità, sono diventate poi la cronaca del quotidiano. Alcuni francamente addolorati, altri arrabbiati, altri smossi da certe immagini ma dopo lo sgomento rimane il silenzio: si cambia canale, si gira pagina, si cambia argomento, permeati da una sensazione di impotenza. Diciotti, Aquarius, Open Arms, Sea Watch ecc., tanti nomi di navi cariche di vite sfortunate che scappano dall’inferno per essere lasciate alla balia delle onde. SI perché è inferno essere acquistati dai “custodi” di un campo profughi per essere ridotti in schiavitù. È inferno essere selezionati e “prelevati” da mercanti internazionali di organi umani. È inferno essere sistematicamente violentati e stuprati. È inferno diventare ostaggi di gruppi organizzati che pretendono riscatti dai parenti in patria o in Europa. PERSONE come noi, naviganti senza rotta e senza porti, in attesa che i governi si accordino su un’equa spartizione di numeri, giocando a Ping Pong; soddisfatti poi se riescono a far rientrare questi carichi di esseri umani “sani e salvi” in Libia, ossia dall’inferno dal quale erano partiti! E ritengo ormai che solo l’ipocrisia ci fa riempire la bocca della frase “aiutiamoli a casa loro”, quando dietro a questa affermazione è chiaro che non ci sono politiche, non ci sono risorse, non ci sono tempi. Quanta tristezza! Da Presidente di una significativa realtà di adulti a livello nazionale, mi sono chiesta se la scelta di andare avanti a Comunicati e ad Appelli, potesse offrire un percorso educativo utile per maturare attraverso altri processi risposte di solidarietà, di umanità per sviluppare una cultura dell’accoglienza. Riflettendo per davvero molto su tutto questo, qualche settimana prima del Consiglio Nazionale mi sono sentita di condividere con questo gruppo di fratelli, il fatto di non aver più risposte a quanto “stava e sta” succedendo, tanta era la sofferenza ed il dolore anche per il clima di odio e di diffidenza percepito. Volendo prendere pure le distanze anche da una strategia comunicativa, fatta di toni alti, di abuso di simboli... di linguaggi che danno senso di potere, finalizzati solo ad aumentare il consenso di masse populiste, che

aderiscono con estrema facilità a poche frasi e a poche idee, nate a volte da bugie continuamente ripetute, ma che come un virus contagiano i valori fondanti la nostra cultura e la fede. Tutto questo è sicuramente il risultato di un insieme di fattori: la componente del diverso, la non conoscenza dell’altro e l’incapacità di avere certezze sulla propria cultura, che porta a continue chiusure, ma noi adulti scout, uomini e donne di frontiera amanti dell’avventura, ben sappiamo che se davvero conosciamo, amiamo e valorizziamo ciò che siamo e non dobbiamo avere paura di chi arriva dall’esterno: ma come farlo comprendere in questa epoca? E quindi ho chiesto al Consiglio Nazionale di riordinare qualche idea in termini di contenuti e di azioni (oltre a quanto già facciamo sui temi dell’accoglienza), che potesse essere propositivo per una realtà educativa come il MASCI; persone che non vogliono confondersi nella massa, ma che vogliono comunque stare dentro a questo mondo, per continuare a dialogare ed impegnarsi per la pace, la giustizia, la fraternità. Ne è uscito in notturna un documento sottoscritto all’unanimità, posta questa dalla sottoscritta come “Condicio sine qua non”. Un testo fatto con parole soppesate, che hanno saputo coniugarsi con le diverse sensibilità e appartenenza politica, ma con la volontà di volerlo fare. Se dovessi esprimere in sintesi, quale il processo e la discussione, che ha portato ad un voto all’unanimità di un testo, che in qualche modo poteva scivolare in un documento di presa di “posizione politica”, direi che è emerso in modo forte e bello la volontà di essere insieme: “non più un noi dettato dalla paura, ma un noi che ha cercato un orizzonte di senso condiviso, non una fusione, ma un luogo nel quale le differenze e le diversità, presenti anche nel nostro Consiglio Nazionale, camminano fianco a fianco nel rispetto reciproco”. Credo che la strada vincente, sia quella di reagire di fronte all’ingiustizia con le modalità dei seguaci di Cristo, “andando a cercare assieme le parole per parlare” come diceva Giorgio Gaber, ma soprattutto andando a cercare assieme le parole per comprenderci! Questo in sintesi il percorso del testo che segue; per il quale ringrazio non solo il Consiglio Nazionale ma anche il Comitato Esecutivo presente che, se pur non votante, ha partecipato attivamente alla discussione. Ringrazio questi miei fratelli perché assieme abbiamo compreso che quando ci sono dei valori da salvare che sono al di sopra delle parti, inaspettatamente maturano i frutti della FORZA, del CORAGGIO, della TESTIMONIANZA, e della FEDELTÀ ai valori dello scautismo e al nostro Patto Comunitario, che probabilmente è anche motivo di unità sulle cose che veramente contano. Noi in queste parole ci abbiamo “messo l’anima”, chiediamo che tutto il Movimento ora oltre che l’anima ci metta il “corpo”, affinché queste non restino solo e semplici parole, perché allora, nulla sarebbe valsa l’unanimità di un voto!

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Il percorso di un voto all’unanimità

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Eventi formazione 2019

Di seguito sono elencati gli eventi formativi per il 2019. Ogni evento potrà svolgersi solo se raggiungerà almeno i 12 iscritti. Nel limite dell’organizzazione degli staff l’evento formativo può essere promosso e le iscrizioni possono essere aperte da febbraio. Ogni evento deve autofinanziarsi e indicativamente non deve costare ai partecipanti oltre 50 euro.

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L’attuale quadro giuridico e la loro missione Differenze rispetto ad altre organizzazioni no-profit

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Le ONG esistono ancora? Chi sono? Maria Teresa Vinci

Negli anni 2016 e 2017, Strade Aperte è intervenuta nel dibattito in corso sulla Riforma del Terzo Settore, limitandosi ad una ricostruzione storico-giuridica delle norme previgenti e di quelle che venivano introdotte, esprimendo alcune riflessioni etiche, senza anticipare valutazioni e possibili criticità sulla concreta ed armonica applicazione delle leggi e dei decreti attuativi individuati e ricompresi nella riforma1. Non ci si soffermò sul riconoscimento e funzionamento delle ONG, storicamente differenziate rispetto alle altre associazioni, per identità, organizzazione e missione perché operanti prevalentemente nei paesi esteri. Lo facciamo oggi, per completezza e per offrire il nostro contributo alla comprensione dei cambiamenti intervenuti. L’espressione “organizzazione non governativa” (ONG) è stata menzionata per la prima volta nell’ambito delle Nazioni Unite: l’articolo 71 della Carta costituzionale dell’ONU prevede la possibilità che il Consiglio Economico e Sociale possa consultare “organizzazioni non governative interessate alle questioni che rientrano nella sua competenza”. Le ONG sono descritte come organizzazioni non aventi fini di lucro, indipendenti dai governi e dalle loro politiche che ottengono almeno una parte significativa dei loro introiti da fonti private, per lo più donazioni. I due caratteri essenziali per definire un’organizzazione non governativa di cooperazione allo sviluppo, sono

quello privato e l’assenza di profitto nell’attività. Caratteristica di queste organizzazioni è inoltre una forte spinta ideale, finalizzata all’obiettivo di contribuire allo sviluppo globale dei paesi socialmente ed economicamente meno sviluppati. In Italia, le ONG sono riconosciute già con legge 49/87 2 ove si prevedeva, tra l’altro, l’attribuzione di un’idoneità da un’apposita Commissione presso il Ministero degli Affari Esteri. In virtù di tale idoneità venivano riconosciute anche come “Onlus di diritto” dall’Agenzia delle Entrate. L’entrata in vigore della LEGGE 11 agosto 2014, n. 125, recante “Disciplina generale sulla cooperazione internazionale per lo sviluppo”, frutto di un approfondito confronto fra Governo, Parlamento e parti sociali, modifica profondamente il quadro istituzionale, le finalità e gli obiettivi di politica internazionale e la pluralità degli attori coinvolti nelle politiche di cooperazione. In sintesi i contenuti della legge: gli obiettivi fondamentali: • sradicare la povertà e ridurre le disuguaglianze, migliorare le condizioni di vita delle popolazioni e promuovere uno sviluppo sostenibile; • tutelare e affermare i diritti umani, la dignità dell’individuo, l’uguaglianza di genere, le pari opportunità e i principi di democrazia e dello Stato di diritto;

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• prevenire i conflitti, sostenere i processi di pacificazione, di riconciliazione, di stabilizzazione post-conflitto, di consolidamento e rafforzamento delle istituzioni democratiche. I soggetti del sistema della cooperazione allo sviluppo: le amministrazioni dello Stato, le università e gli enti pubblici, le regioni, le province autonome di Trento e di Bolzano e gli enti locali, le organizzazioni della società civile e gli altri soggetti senza finalità di lucro, anche i soggetti con finalità di lucro qualora agiscano con modalità conformi ai principi della legge, aderiscano agli standard comunemente adottati sulla responsabilità sociale e alle clausole ambientali, rispettino le norme sui diritti umani per gli investimenti internazionali. Per organizzazioni della società civile e altri soggetti senza finalità di lucro, soggetti della cooperazione allo sviluppo, devono intendersi: imprese e cooperative sociali, organizzazioni sindacali dei lavoratori e degli imprenditori, le fondazioni, le organizzazioni di volontariato, associazioni di promozione sociale, le organizzazioni con sede legale in Italia che godono da almeno quattro anni dello status consultivo presso il Consiglio economico e sociale delle Nazioni Unite (ECOSOC). Fra i soggetti privati riconosciuti sono quindi comprese le ONG 3. Le attività riconosciute: il commercio equo e solidale, la finanza etica e il micro credito, lo sviluppo di relazioni tra comunità di immigrati e paesi di origine indirizzate alla cooperazione e al sostegno allo sviluppo. In particolare, la legge prevede la costituzione di un elenco di soggetti, in cui includere organizzazioni ritenute eleggibili nel sistema della Cooperazione italiana, pubblicato e aggiornato periodicamente dall’apposita

Agenzia, dalla stessa legge istituita presso il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale (MAECI). Sostanzialmente, alla “rete” della Cooperazione internazionale appartengono, con un ruolo di primo piano, organizzazioni non governative (ONG) specializzate nella cooperazione allo sviluppo e nell’aiuto umanitario; organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS) statutariamente finalizzate alla cooperazione allo sviluppo e alla solidarietà internazionale: la precedente idoneità, rilasciata dalla Commissione speciale, viene soppressa e sostituita dall’iscrizione in un “elenco” compilato ed aggiornato dall’Agenzia per la Cooperazione internazionale 4. Con la nuova legge il sistema italiano è stato adeguato ai modelli prevalenti nei paesi partner della Ue. Vengono individuati i destinatari dell’azione di cooperazione; è riformata profondamente la ‘governance’ con l’istituzione, tra l’altro, dell’Agenzia italiana per la Cooperazione allo sviluppo. Sono indicati gli obiettivi principali della stessa. Infine, oltre a essere “parte integrante e qualificante della politica estera”, la politica di cooperazione italiana assume un ruolo decisivo per la ‘gestione’ dei flussi migratori. Meriterebbe una trattazione specifica l’esame delle risorse finanziarie destinate alla Cooperazione internazionale dalle varie amministrazioni centrali e territoriali. Ci si limita a segnalare che nel 2017, le risorse per l’aiuto pubblico allo sviluppo ammontavano a circa 5 miliardi, sensibilmente aumentate rispetto al passato; la legge di Bilancio 2018 assegna all’Agenzia italiana per la cooperazione e lo sviluppo 21,2 milioni nel 2018, 22 milioni nel 2019 ed 21,9 milioni nel 2020. Contestualmente introduce un rifinanziamento del


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Fondo per interventi straordinari nei paesi africani d’importanza prioritaria per le rotte migratorie, nella misura di 30 milioni nel 2018 e di 50 milioni nel 2019. Possiamo concludere questa breve rassegna sulle relazioni intercorrenti tra pubblico e privato nell’ambito della Cooperazione internazionale, riconoscendo alle organizzazioni private ed ai corpi intermedi dello Stato un nuovo protagonismo nelle scelte politiche e nella gestione dei cambiamenti e delle sfide dei prossimi anni: cambiamenti climatici, evoluzione tecnologica, trend demografici, spinte migratorie, ridisegneranno il volto del nostro pianeta. Se sapremo governarle con lungimiranza esse possono tramutarsi in grandi opportunità anche economiche o, in alternativa, in rischi catastrofici, se rinunceremo a confrontarci e a rinchiuderci in noi stessi. La Cooperazione internazionale allo sviluppo assume dunque un valore strategico e mira a porre il nostro Paese in una relazione di partnership virtuosa con i Paesi del Sud del Mondo. La stabilità, la sicurezza, la crescita saranno possibili se sapremo far evolvere il sistema della cooperazione, includendo tutti i soggetti che ne sono a vario titolo protagonisti: dalle istituzioni nazionali, europee e multilaterali alle ONG, dagli enti profit alle organizzazione della società civile (OSC), dalle comunità della diaspora alle istituzioni finanziarie. Occorre fare rete nel rispetto delle prerogative e competenze di ciascuno ma con una visione che renda il nostro Paese più aperto ed inclusivo e, per questo motivo, anche più solido e solidaleGli eventi drammatici che negli ultimi mesi continuano a segnare le migrazioni, ci inducono a riflettere profondamente sulle scelte che si stanno compiendo e sui

modelli di comunicazione. A tale riguardo si completa la rassegna delle prerogative e della mission delle ONG impegnate nelle azioni di salvataggio in mare, riportando sinteticamente i contenuti del Codice di condotta delle ONG, entrato in vigore il 31 Luglio 2017. Esso ha il merito di: • definire l’attività di salvataggio, mettendo al centro la tutela della vita umana e dei diritti delle persone rispetto delle convenzioni internazionali; • specificare che il salvataggio non può essere disgiunto da un percorso di accoglienza sostenibile e condiviso con altri Stati membri, conformemente al principio di solidarietà; • assicurare la coesione delle politiche e il supporto ai paesi terzi che mostrino standard accettabili di rispetto dei diritti umani, della democrazia e delle regole di diritto; • vanno inoltre incrementati percorsi sicuri e regolari per le persone che hanno bisogno di protezione internazionale (specialmente i minori non accompagnati, il reinsediamento, le unioni familiari), nonché favoriti percorsi di migrazione circolare o di ritorno per i migranti economici. 1

“Strade Aperte”, giugno 2016: La riforma del Terzo settore – Storia, collegamenti e dinamiche… Prospettive riformiste”; “Strade Aperte”, settembre 2017: La riforma del Terzo settore un traguardo ed un nuovo punto di partenza. 2 Art. 28 (Riconoscimento di idoneità delle organizzazioni non governative). 3 Vedi art. 26 legge 125/2014. 4 Vedi sito del MAECI per consultare l’elenco aggiornato delle ONG.

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P. Roberto Del Riccio sj, nuovo Assistente nazionale AGESCI

Il Consiglio episcopale permanente della CEI, tenutosi a Roma dal 14 al 16 gennaio, ha nominato padre Roberto Del Riccio sj Assistente ecclesiastico generale dell’AGESCI. Padre Roberto – originario di Bologna, classe 1960, entrato in Compagnia nel 1989, ordinato sacerdote nel 1998 – è stato scout, capo e quadro associativo in Agesci prima del suo ingresso in Compagnia. In occasione della nomina, l’agenzia di stampa dei Gesuiti ha pubblicato una intervista al nuovo Assistente nazionale, di cui pubblichiamo alcuni passi.

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Padre Roberto è stato appena chiamato al servizio di assistente ecclesiastico dell’Agesci. Da dove nasce questa nomina? «La nomina nasce dalla collaborazione che lo scorso anno ho offerto all’associazione nella sua formazione agli adulti, che nei propri gruppi svolgono il servizio di educatori, i cosiddetti capi. Nel 2017-2018, infatti, l’Agesci ha deciso di proporre un itinerario di formazione al discernimento evangelico. A questo scopo è stato creato un gruppo di “esperti” che potessero essere invitati come supporto negli incontri di formazione organizzati a livello locale. Essendo stato scout, capo e quadro associativo in Agesci prima del mio ingresso in Compagnia, quando ho concluso il mio servizio di Rettore del Seminario di Posillipo nel 2013, ho ripreso a collaborare con un gruppo scout di Napoli e nei campi di formazione per i capi». (…) Il suo rapporto con lo scoutismo quindi affonda le radici lontano nel tempo… «Sono diventato scout a quattordici anni nel 1974, lo stesso anno in cui dall’unificazione delle associazioni scout maschile (ASCI) e femminile (AGI) nasceva l’Agesci. Dopo aver concluso il mio percorso formativo, ho continuato la mia vita associativa, scegliendo di svolgere nel mio gruppo di origine a Bologna il servizio educativo come capo. Concluso l’iter di formazione previsto dall’associazione per i capi educatori,

ho cominciato a collaborare alla vita associativa, in particolare nella formazione degli educatori come responsabile degli eventi di formazione per questi ultimi. È all’interno di questo lungo percorso che prima ho incontrato il Signore e poi ho scoperto la mia vocazione alla vita presbiterale. Grazie al fatto che gli assistenti ecclesiastici del mio gruppo scout sono stati dei gesuiti ho potuto scoprire la spiritualità ignaziana, proposta e testimoniata dalla vita e dalla missione di quelli che sarebbero diventati miei confratelli: Giuseppe Cascino, Jean Darù, Filiberto Talamonti, Paolo Bizzeti, Fabrizio Valletti, Stefano Salviucci, Ignazio Buffa, Cesare Geroldi. All’epoca a Bologna c’erano due comunità e noi giovani del mio gruppo scout eravamo di casa da loro, incontrandoci nelle loro residenze». (…) Qual è il legame tra la spiritualità ignaziana e lo scautismo? «Nel mio discernimento vocazionale questa scoperta è stata determinante, anche se allora credevo che dipendesse anche da una particolare consonanza tra il metodo degli esercizi e quello scout. Oggi so che non è lo scautismo in generale ad avere una profonda sintonia con la spiritualità ignaziana, ma lo scautismo cattolico italiano. Quest’ultimo, infatti, deve la sua maniera di vivere e proporre la fede cristiana allo scautismo francese, che all’origine del movimento riuscì a creare una sintesi vitale tra il metodo scout e la proposta cattolica. Tra i protagonisti di questo successo ci sono alcuni preti che in Francia si dedicavano all’educazione dei giovani attraverso questo nuovo metodo educativo. Uno di questi è un gesuita: p. Jacques Sevin. Egli nel 1920 fa nascere insieme ad altri l’associazione scout cattolica francese (Scouts de France) e successivamente con il fondatore di quella italiana creerà la Conferenza Internazionale Cattolica dello Scautismo. Ecco allora svelato il “trucco”, già nelle radici della spiritualità propria dello scautismo cattolico c’è un tipico elemento ignaziano: cercare e trovare Dio in tutte le cose. Una caratteristica della spiritualità scout è rileggere e verificare il vissuto di un’esperienza fatta per scoprirvi la presenza di Dio che si comunica. Da gesuita confesso che mi suona molto familiare».


opinioni/dibattiti

Luigi Cioffi Segretario Nazionale

Nella precedente conversazione mi sono cimentato con un’ampia riflessione sull’educazione in generale che ho concluso affermando che l’educazione, qualunque sia l’approccio concettuale dal quale muoviamo, è un processo e, in quanto tale, costituito da alcuni elementi caratterizzanti: il fine, il contenuto, il metodo, i mezzi, l’ambiente, le relazioni. Prima di soffermarci a discutere su ciascuno di questi elementi, è necessario ritornare a conversare sull’educazione scendendo, però, dal generale al particolare, per soffermarci su alcuni temi che non possono restare nel generico.

EDUCAZIONE, FORMAZIONE C’è un aspetto che va ribadito innanzitutto: la differenza tra educazione e formazione. Molti, troppi usano questi termini indifferentemente, quasi fossero sinonimi, creando una grande confusione concettuale. Provo a esprimere, senza la pretesa di rigore e di competenza scientifica, quello che io ho capito dopo tanti anni dedicati nell’impegno educativo. L’educazione è l’insieme di processi che consapevolmente vengono messi in atto per aiutare la persona: a prendere consapevolezza di sé, a valorizzare tutte le proprie capacità e potenzialità, ad essere una persona autonoma e critica, a stabilire relazioni serene con le persone ed il mondo che lo circonda, a maturare con-

vinzioni solidamente fondate, ad assumere le responsabilità delle proprie scelte, e, nel nostro caso, ad avere una visione religiosa della vita. La formazione invece è l’insieme dei processi che vengono messi in atto, in modo strutturato, per aiutare le persone a svolgere un compito, ad acquisire conoscenze, competenze ed abilità, ad essere in grado di svolgere un lavoro, uno specifico ruolo. Non c’è dubbio che nello svolgimento dei processi educativi si attivano anche processi formativi di apprendimento, di conoscenze, di competenze e di abilità, come pure viceversa, nei processi formativi c’è l’opportunità di crescere in consapevolezza, autonomia, capacità critica; non c’è dubbio alcuno che tra i due processi il confine è molto labile e che c’è, di fatto, una osmosi continua tra l’uno e l’altro processo. Ma occorre avere chiare le distinzioni quando, come in questo caso, ci si vuole soffermare a riflettere approfonditamente sulla missione dello scautismo che è appunto l’educazione, e che quindi, almeno in fase progettuale, è necessario tenere ben distinte le due realtà. Vi è anche un altro termine che spesso utilizziamo quasi come sinonimo di educazione e formazione, ed è crescere. Crescere è un verbo che, anche quando usato figurativamente, indica un mero aumento quantitativo di un dato. Crescere, sebbene nel linguaggio comune ha assunto una accezione positiva, è e resta, soprattutto in ambito pedagogico, un misu-

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Ripartire dall’educazione . 2

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opinioni/dibattiti ratore di quantità. In questa prospettiva crescere può essere considerato l’effetto dei processi educativi e/o formativi. L’educazione, la formazione e la crescita sono fortemente interconnessi tra di loro tanto che, sul piano fattuale, diventa difficile stabilire dove inizia l’uno e termina l’altro, ma, sul piano concettuale e operativo è bene separare l’educazione dalla formazione, pur nella consapevolezza che tutto concorre alla crescita della persona.

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IL PROCESSO EDUCATIVO Il processo educativo, come tutti i processi è costituito da elementi costitutivi fondamentali che sono: il fine, il contenuto, il metodo, i mezzi, l’ambiente, le relazioni. Iniziamo dal fine che, come una bussola, indica il nord, cioè la direzione principale cui deve ispirarsi tutto il cammino educativo. Per tutto lo scautismo (giovanile, adulto) nel mondo, il fine della proposta educativa è il buon cittadino. Scrive Baden-Powell: “Il civismo è stato definito in poche parole «attaccamento alla comunità». In un paese libero è facile, ed anche piuttosto comune, che uno si consideri buon cittadino solo perché osserva le leggi, fa il suo lavoro, ed esprime la sua scelta nella politica, nello sport ed in altre attività, lasciando che «gli altri» si preoccupino del benessere della nazione. Questo è un concetto passivo del civismo. Ma cittadini passivi non bastano per difendere nel mondo i principi della libertà, della giustizia, dell’onore. Per far questo occorre essere cittadini attivi. Dunque, il fine dello scautismo è concorrere, attraverso percorsi educativi, alla formazione di una coscienza di cittadinanza attiva. Il buon cittadino, per usare un linguaggio a noi più familiare, è colui/colei che partecipa attivamente alla vita del proprio Paese, che, per dirla con le parole di papa Francesco, è la casa comune di tutti. Anche per noi adulti scout questa affermazione è corretta. Saper abitare la casa comune, essere cittadini attivi, è una attitudine che vive la dinamicità dei cambiamenti sociali, economici, politici e culturali

di un Paese. Oggi, in modo particolare, che la velocità dei cambiamenti è tale che si fa fatica a stare al “passo dei tempi”. Il fine, dunque, pur essendo un elemento essenziale del processo educativo, è del tutto insufficiente da solo a qualificare un processo educativo se non si accompagna a un contenuto. Il buon cittadino è colui/colei che partecipa attivamente alla vita della comunità, sulla base di una visione, di un punto di vista, di una precisa scala valoriale di riferimento cui informare la propria azione. Dunque, nei processi educativi il fine e il contenuto sono profondamente intrecciati tra di loro: l’astrattezza del fine è concretizzato nel contenuto specifico della proposta educativa. L’educazione, infatti, come già precisato nella prima conversazione, non è mai neutra proprio perché ispirata ad un contenuto preciso. Non è un caso, infatti, che i regimi totalitari hanno sempre posto moltissima attenzione all’educazione e alla formazione. Anch’essi avevano un fine e un contenuto, molto diversi dai nostri, proprio a dimostrazione che l’educazione non è mai neutra. Il processo educativo ha una sua meccanicità di sistema, e come tale una sua validità asettica, ma non l’educazione che è caratterizzata da un fine e da un contenuto. Il contenuto della proposta educativa dello scautismo è racchiuso nella legge e nella promessa scout, che il Masci ha molto ben chiaramente indicato nel Patto Comunitario e che, sostanzialmente, delineano una società che ha come pilastri la solidarietà, la giustizia sociale, la salvaguardia dell’ambiente. Nelle prossime conversazioni, gli altri elementi del processo educativo.


opinioni/dibattiti

Alberto Cuccuru

È un dato indiscutibile che per tutto l’arco della vita ogni persona si deve misurare con i cambiamenti e ciò determina l’esigenza di riconoscere che i processi educativi non si possono considerare esauriti con il raggiungimento della maggiore età e che ogni persona ha bisogno di essere accompagnata da supporti e stimoli educativi. Con l’espressione “Educazione Permanente” si qualificano, spesso, tutti quei processi che sostengono la necessità di ogni persona di “gestire il cambiamento” in modo consapevole. Un’esigenza che va ben oltre il bisogno di formazione permanente ma che è riconducibile a quella tensione di rendere continuo l’apprendimento per stare al passo col cambiamento degli strumenti, delle procedure e dei linguaggi. Queste brevi premesse mi sembrano non inutili per affrontare il tema della Educazione Permanente degli Adulti nel MASCI. Le nostre comunità di adulti hanno sempre bisogno di un contributo importante in tal senso, rafforzando l’adesione al Movimento, alle scelte della Legge Scout, alla vita all’aperto, alle scelte di Servizio agli altri, alla scelta di affrontare la propria Fede e la propria vita religiosa. La comunità MASCI deve avere chiaro l’obiettivo di essere occasione di aiuto per l’Educazione Permanente degli adulti che ne fanno parte. La vita comunitaria non può essere solo momento e luogo di evasione, occasione per rinchiudersi nella cerchia protetta dagli amici fidati, e neppure luogo di buone intenzioni fra persone che si chiamano fuori dalle difficoltà di vivere coerentemente certe scelte in una società spesso contraddittoria e ricca di proposte ed esempi negativi. E, quindi, l’educazione ad una visione ottimista della vita, che vale anche per gli adulti e non sempre è facile per chi guarda con intelligenza e profondità la situazione attuale del mondo. Ma l’ottimismo non è un modo di vedere la situazione presente ma è una energia vitale, una forza della speranza là dove altri si sono rassegnati. Per questo occorre coraggio civile che scaturisce dal libero senso di responsabilità dell’uomo libero. È così anche per l’impegno sociale, un punto essenziale per chi aderisce al MASCI. Il Servizio non è una piccola opzione: è una scelta di vita, che non si esaurisce con singole Buone Azioni ma implica, per gli adulti, una visione della convivenza politica e sociale, non solo nel nostro Paese, ma nel Mondo. L’interesse per la politica e i problemi sociali

non è eludibile in una Comunità di adulti che abbiano scelto il Servizio, anche se sarà necessario approfondire i temi fuori da schematismi partitici e da preclusioni ideologiche. Anche in questo lo stile della lealtà e della ricerca della verità, proprio dello scautismo, sarà di grande aiuto. L’educazione permanente allora diventa una sfida necessaria e bellissima per gli adulti, anche per trovare in essa quei motivi di gioia e realizzazione profonda che sono e restano elementi insostituibili della proposta scout. Lo scautismo è sempre stato cosmopolita, aperto all’osservazione e al rispetto degli altri, ma come tutti i vecchi cosmopoliti ha dovuto attendere che l’umanità si aprisse e si mischiasse per vedere riconosciuto che il suo atteggiamento era sano. Lo scautismo è, infatti, adulto: ha sulle spalle tutto il Novecento. Ma allora, perché ancora oggi balbettiamo di fronte a domande gnoselogiche, come “cosa fate nel Masci?”, o ancora “a cosa serve il Masci?”. Del resto tutti conoscono, bene o male, lo scoutismo, ma quando si parla dello scautismo degli adulti tutti sbarrano gli occhi e chiedono incuriositi “di cosa si tratta?”, “cosa fanno gli adulti scout?”, e le risposte molto spesso sono lunghe ed articolate non sempre chiare e comprensibili; si cita, concentrati, il Patto Comunitario, auspicando un’illuminazione vincente e decisiva; diciamo che facciamo vita di comunità, che facciamo servizio; molto spesso i nostri interlocutori se ne vanno più confusi di prima. Nella nostra esperienza giustamente e correttamente viviamo molte esperienze ma se ci caratterizzassimo per una sola di queste sbaglieremmo e dovremmo riconoscere che altri fanno tutto questo, ognuno nel suo campo, molto meglio di noi. Quando pensiamo di essere solamente un movimento di spiritualità familiare, un movimento di catechesi per adulti; solamente un movimento di servizio agli ultimi e per la solidarietà internazionale, solamente un movimento di spiritualità e di impegno civile; solamente un movimento di impegno e formazione cristiana alle politiche sociali e del lavoro; solamente un movimento di sostegno alle politiche ambientali; solamente un movimento di vita all’aperto e di amore per la natura, veniamo meno alla nostra vocazione e carisma laddove altri si caratterizzano per ognuna di queste centralità e, a volte o spesso, lo fanno in maniera molto più qualificata. Mi sono domandato allora cosa rispon-

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L’educazione permanente tra esperienze, dubbi e prospettive

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derei a chi mi chiedesse di dire in poche parole cos’è il MASCI, cosa lo caratterizza in modo unico ed originale. Dopo una non troppo lunga riflessione – a volte, la spontaneità è d’obbligo - mi sono convinto che forse l’unica, vera risposta possibile potrebbe essere “un movimento di Educazione Permanente per adulti basato sui principi del metodo scout”. Ma riconosco che aprirebbe altri scenari e che comunque non risponderebbero in modo esaustivo alla domanda iniziale. E allora si potrebbe completare dicendo che Educazione significa offrire agli uomini e alle donne del nostro tempo, che spesso vivono l’angoscia di una condizione di solitudine e di frammentazione, una strada di libertà e di felicità. Educazione è profezia perché sa guardare ai tempi lunghi, al destino individuale e collettivo. Nei nostri programmi ci debbono essere tutte le esperienze che abbiamo detto ed altre ancora; non dobbiamo neanche avere paura dell’impegno politico perché siamo convinti dell’ “irrinunciabilità della politica” nell’organizzazione della società, ma nello stesso tempo siamo consapevoli del “limite della politica”. Possiamo, dobbiamo, siamo obbligati a fare tutte le esperienze ed altre ancora perché condividendo i drammi e le attese di tutte le donne e di tutti gli uomini assumiamo il servizio come scelta esigente di vita. Facciamo tuttavia tutto questo solo e sempre all’interno di una scelta educativa per adulti che sostenga le scelte personali: vocazionali, familiari, professionali, di servizio, e che non sia mai fuga dalla realtà o rifugio in un privato egoismo. La prospettiva dell’educazione partendo dalla condizione quotidiana sa superare i vincoli dell’oggi per guardare ad un domani migliore. Questa visione ci permette di affrontare con libertà e coraggio le sfide epocali che la tecnologia, la scienza, l’economia, i movimenti demografici impongono all’oggi. Oggi siamo chiamati con il nostro metodo a dare agli uomini ed alle donne del nostro tempo quella risposta “di senso” che è la grande e sempre crescente domanda di tante donne e di tanti uomini, domanda

forte anche se non espressa in modo chiaro. C’è una grande domanda nella società e nella Chiesa di luoghi e di ambienti di Educazione per adulti accanto ai luoghi tradizionali dell’educazione dei giovani, luoghi dove maturare quelle virtù più difficili nel mondo d’oggi: la virtù della libertà, la virtù della responsabilità, della sana disobbedienza, la virtù di saper riconoscere ed indignarsi per il male del mondo, e soprattutto la più piccola ma la più grande delle virtù, la virtù della Speranza. Questo non è solo un bisogno di chi è già adulto, ma anche ciò che gli adulti, non solo quelli impegnati nel servizio educativo, debbono presentare ai giovani, perché quell’esperienza che vivono nella stagione giovanile sia credibile per tutta la vita. C’è, quindi, bisogno di un movimento di adulti perché “la tradizione non serve a custodire le ceneri ma ad alimentare la fiamma”. Di qui la sfida di oggi: è necessario che tutte le forze dello scautismo sappiano insieme affrontare il tema dell’ Educazione giovanile ed adulta, senza confusioni pedagogiche e metodologiche ma come un grande disegno comune. Una sfida per dare speranza ai giovani e continuare a dare e rinnovare senso per tutte le stagioni della vita. Un disegno da vivere in una prospettiva di globalizzazione e mondialità, nella dimensione di “cittadini del mondo”. Un disegno che chiede tempo, fatica, lavoro, un disegno per il quale dovremo raccogliere tutte le risorse intellettuali e di conoscenza che possiamo coinvolgere, che sappia far tesoro di tante storie e di esperienze, che sappia recuperare tutti coloro che hanno vissuto e ricordano come importante l’esperienza della pista, del sentiero, della strada, l’affascinante esperienza di capo educatore, ma che sappia comunque interpellare tutti gli uomini e le donne interessate a questo progetto di “senso” e che possano portare il loro zaino di esperienze, ovunque siano state maturate; un disegno il cui primo compito sia la lettura attenta della attuale condizione umana. Un disegno che sappia finalmente portare a compimento l’elaborazione di una metodologia dell’Educazione per adulti.


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Mara Milan e Maurizio Niero Magister comunità di Robegano

Quando dieci anni fa è nata la nostra comunità di Robegano, paesino in provincia di Venezia, la guida della comunità è stata affidata a due magister, uomo e donna in diarchia, dando per scontato che questa fosse la realtà del movimento. Infatti molte comunità della nostra zona e della nostra regione erano e sono tuttora in diarchia. Davamo per assodato che rappresentasse l’attenzione ai due diversi mondi del maschile e del femminile nel proporre le attività, essendo la comunità MASCI una realtà educativa. Invece la diarchia non è una dimensione così scontata: con le prime frequentazioni degli altri livelli del movimento ci siamo accorti che la diarchia è una peculiarità della nostra regione Veneto e che nella gran parte delle altre regioni non solo è poco presente ma in alcuni casi è osteggiata, ritenendola un retaggio di chi proviene dall’Agesci ed un impedimento nella gestione delle attività in termini di tempo e di conduzione. Con riferimento alla pubblicazione della nostra regione “La diarchia: proposta per comunità educanti” che attraverso i Segretari Regionali dovrebbe essere stata recapitata ad ogni comunità d’Italia, vogliamo portarvi la testimonianza della nostra comunità che è formata da coppie e da singoli, comunque sposati, ed è nata sostanzialmente dalla necessità condivisa di continuare da adulti un cammino educativo, riconoscendo nei valori e nel metodo scout, il modo migliore per viverlo. Sensibilità, interessi, competenze, bisogni, indubbiamente riflettono approcci alla vita ed alle scelte differenti tra uomo e donna, e sono da tenere in considerazione quando si va a progettare un cammino di comunità. Nella propria crescita spirituale, ogni persona è impegnata in una ricerca continua di sé stessa e della propria intima identità, indipendentemente dal sesso e dall’età, soprattutto di fronte alle esperienze che la vita la porta ad affrontare: separazioni, malattie, morti, problemi dei figli o dei genitori anziani, lavoro o pensione… Sono banchi di prova in cui emerge la differenza di approccio maschile e femminile che non dipende solo dal carattere di ognuno ma dalla peculiarità che l’essere uomo o donna porta con sé. Ed è proprio qui che nelle nostre comunità dobbiamo cogliere il seme della complementarietà: la diversità diventa arricchimento reciproco, diventa ricchezza nella comunicazione, diventa empatia e capacità di mettersi nei panni dell’altro, di cogliere il diverso punto di vista. Ecco allora che i magister in diarchia, vivendo in modo autentico la propria identità, favoriscono le dina-

miche interpersonali perché in comunità la relazione tra maschile e femminile porti a quel dialogo tra i sessi che aiuta la comprensione, la reciprocità, il completamento e, dove le differenze costituiscono una vera e propria “alterità”, la consapevolezza delle diversità ed il rispetto diventano valori imprescindibili. Ciò non significa che quando ci troviamo a preparare gli incontri ci poniamo la questione se le attività sono consone a maschi o femmine perché è naturale che le proposte di ciascuno di noi portano con sé la sensibilità specifica del nostro sesso. C’è una dimensione particolare che rende importante la diarchia soprattutto nella gestione del percorso educativo della comunità di adulti ed è la diversa capacità di ascolto. Secondo la nostra esperienza aiuta a cogliere il senso più profondo delle esperienze, secondo le sensibilità ed i linguaggi propri del maschile e del femminile, della maternità e della paternità. È la diversa capacità di sintesi da parte di un magister e di una magistra che consente di poter rispondere alle distinte esigenze educative personali e di genere. La capacità di entrare in relazione presuppone il riconoscimento, la promozione ed il rispetto delle peculiarità, delle caratteristiche, degli interessi personali, delle esigenze dell’altro, uomo o donna che sia. Questa è la vera reciprocità che implica una differenza di relazione tra uomo e donna che secondo noi, nell’ambito di una proposta educativa intenzionale all’interno della comunità, solo un uomo ed una donna insieme possono favorire. La maggior parte dei componenti della nostra comunità partecipa alle attività come coppia ma poi ci sono Francesco, Marta e Paola (che tra l’altro sono le due entrate successive e più giovani) che, pur essendo sposati, intervengono come persone singole. Probabilmente non sarebbero mai entrate a far parte della comunità se non avessero trovato proposte di un cammino confacente alla loro ricerca di libertà e felicità specifica come uomo e come donne. Questo permette sicuramente di riflettere sull’importanza della diarchia come opportunità per la cura delle relazioni interpersonali, come garanzia del rispetto delle esigenze e delle peculiarità nei percorsi formativi e come promozione e sviluppo del movimento, favorendo l’apertura della comunità a nuovi ingressi. Noi riteniamo che la diarchia faccia la differenza e non crei la differenza e per la nostra esperienza non potremmo farne a meno. Provare per credere.

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Diarchia: noi non potremmo farne a meno

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Utopia: un valore dello scautismo? Enrico Capo

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Fin dalla nascita del MASCI si è filosofeggiato e si sono pronunciati sofismi intorno a questo quesito: BadenPowell aveva previsto solamente lo scautismo giovanile oppure anche…? Egli ha scritto lo Scouting for Boys, dunque la sua visione dello scautismo era limitata all’età dell’adolescenza; ma ha scritto anche il Manuale dei Lupetti, e poi il Rovering to Success, ed anche il libro sul Guidismo; raro esempio di persona che grazie alla sua duttilità mentale sa adattarsi alle esigenze e richieste della gente, dei giovani in questo caso. Ma poi, in piena lucidità, accortosi della divulgazione a macchia d’olio della sua creatura, molti anni dopo ha voluto lanciare questo ulteriore messaggio: quando gli scout divenuti adulti saranno migliaia e tutti collegati con lo scautismo giovanile ecc. Era solo una premonizione, non ha scritto un manuale per gli Adulti Scout: ma il suo messaggio ha fatto breccia ed in tutto il mondo sono fiorite le associazioni dello Scautismo Adulto, che si sono costruite, sulle fondamenta di B.-P., una metodologia tutta particolare; che sembra aver fatto breccia nella gente, perché almeno nel MASCI l’afflusso di persone non provenienti dallo scautismo giovanile sta costantemente aumentando, attratti forse dalla versione adulta della Legge Scout che si basa sulla educazione permanente e sul personalismo comunitario. Ricordiamoci tra l’altro che forse la nostra Strade Aperte è l’unica rivista italiana che porti ostentatamente sul proprio frontespizio la perentoria scritta: Rivista di Educazione Permanente! Ma si continua con i sofismi sostenendo che B.-P. non volesse uno scautismo degli adulti! Un ben noto personaggio della antica Roma un giorno ebbe ad esclamare: mentre a Roma si discute, Sagunto viene espugnata! Nel caso nostro non si tratta di Sagunto né di alcuna battaglia: ma nel frattempo, mentre si continua con i sofismi, il nostro Movimento è passato ai fatti concreti: il MASCI Lazio infatti ha vinto un premio del Volontariato per aver realizzato concreta-

mente il suo Progetto di Servizio a favore della zona terremotata di Amatrice… Che il nostro mitico Fondatore, dunque, pensasse o meno ad una dimensione adulta della sua creatura, ci si trova ad ogni modo di fronte alla realtà indiscussa: lo Scautismo degli Adulti è presente in 102 Paesi e conta al momento circa 60.000 aderenti! Il MASCI rappresenta più del 10% del totale. UTOPIA E DUTTILITÀ MENTALE Ma l’esistenza di uno Scautismo degli Adulti porta immediatamente alla necessità di confrontarsi con il mondo esterno, proprio perché adulti, situazione che in parte viene risparmiata allo scautismo giovanile. E qui entra in scena per forza di cose il discorso sulla utopia, cioè sulla modalità con la quale il MASCI vuole affrontare quotidianamente il suo rapporto con il mondo esterno. Perché parlo di utopia con riferimento al MASCI? Perché a mio modo di vedere essa rappresenta la originalità del nostro modo di essere presenti nella società: prefiggersi cioè delle mete sicuramente irraggiungibili ma indispensabili per fare almeno qualche passo avanti, nel concreto: mirare cioè all’Everest per scalare almeno la collinetta dietro casa. Un vecchio adagio mi sembra adeguato a conferma di quanto appena detto, e cioè gettare il cuore al di là dell’ostacolo per avere la scusa di andarlo a riprendere! Dunque, sembra accertato, siamo nel regno della Utopia e pertanto lo scautismo degli adulti è una creatura utopica specie nel momento in cui si sforza – non più come una lontana e speranzosa meta, come avviene per lo scautismo giovanile – di rendere il mondo un poco migliore di come lo si è trovato! E qui entra in scena la duttilità mentale già citata, la capacità cioè di captare per primi i cosiddetti segni dei tempi (come si esprimeva uno dei Papi più recenti) e di predisporsi ad entrare d’impeto nel crogiolo dei cambiamenti. Attenzione! Ho usato l’espressione “predisporsi” e non il verbo “adeguarsi”: che sa tanto di retroguardia, di “va avanti tu che mi vien da ridere”, in definitiva di un grigio fallimento in seno ad una folla anonima.


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LE UTOPIE CHE CI HANNO PRECEDUTO Perché quanto esposto più sopra non sembri troppo… utopico, ricorderò che la stessa diffusione del cristianesimo rappresenta un esempio lampante di una utopia rampante: con cadute e sconfitte trasformatesi poi in successive vittorie (cfr. il martirologio dei primo secoli); d’accordo, la Chiesa delle origini era particolarmente assistita dallo Spirito Santo, ma nessuno obbligava coercitivamente Paolo di Tarso, per esempio, a percorrere quasi sempre a piedi il mondo di allora per spargere la buona novella… E che dire della Unità d’Italia, della creazione di una Europa unita, della caduta delle dittature che sembravano eterne: e per andare oltremare che dire della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, della creazione dell’ONU, di… Tutti questi avvenimenti non portano forse il marchio della Utopia? LE NOSTRE UTOPIE Personalmente sono convinto del fatto che più un progetto risulti utopico, più valga la pena di sostenerlo, naturalmente se esso risulti almeno coerente e non campato per aria: con tutto che la storia ancor recente ci ha abituati a non meravigliarci di nulla, o quasi; ricordate la frase spesso rivolta con tono severo ad un bambino: “ma cosa vuoi, la luna?”. Ebbene come sappiamo il cosiddetto astro d’argento sembra essere tuttora a portata di mano! Tra le nostre utopie più recenti, citerò tra le altre: • la raccolta di firme riguardanti una dinamica modalità politica di accoglienza agli immigrati, firme depositate in Parlamento e con l’intenzione di proseguire con una consegna di dette firme anche alla Unione Europea; vedi al riguardo la delibera anche questa utopica dei rappresentanti delle associazioni dello Scautismo Adulto dei Paesi del Sud Europa, ad Atene 2018, a sostegno di questa proposta del MASCI (attenzione però alla prassi della botola invisibile, che molti rappresentanti del popolo utilizzano per togliersi dai piedi le richieste moleste, risolvendo così alla base l’imbarazzo di doversi confrontare con la propria coscienza…); • gli esperimenti di integrazione degli immigrati, che diverse Comunità MASCI realizzano silenziosamente e senza strombazzamenti: tra l’altro rispettando questi soggetti, considerandoli come persone e non certo come individui ed evitando loro

l’onta di essere assoggettati a forza in nome di una assimilazione non coscientemente maturata; • ecc. IL “PROGETTO RONDINE” Per ultimo citerò il Progetto Rondine, ideato dallo psicologo Franco Vaccari e da lui brillantemente illustrato a Spoleto in occasione della Festa delle Comunità 2018. Non mi dilungherò al riguardo perché ne ho già parlato in un mio precedente articolo: mi limiterò semplicemente a ricordare che trattasi di una serie di incontri, preferibilmente di giovani, appartenenti a paesi in rivalità tra di loro perché dalla mutua conoscenza derivi un primo passo (da svilupparsi nel tempo) verso una nuova convivenza pacifica. Nel detto Progetto sono coinvolti volontariamente alcuni ambasciatori di diversi paesi: e il Progetto è giunto fino alle Nazioni Unite. È in stampa un volume illustrante la metodologia del Progetto stesso. La prospettiva del Progetto Rondine è così campata per aria ed apparentemente assurda, irreale, utopica, da aver mietuto il vivo interesse dei presenti: io stesso ho proposto, in un intervento, il coinvolgimento del MASCI costituendo a livello nazionale una Pattuglia Rondine di affiancamento a detto Progetto. Del resto, non c’è da meravigliarsi per questa istintiva presa di posizione dei presenti alla seduta; ho notato infatti tra l’altro che certe caratteristiche scout permangono non coscientemente nell’animo di coloro che hanno abbandonato la nostra strada, che non credono più nel messaggio evangelico e a volte che conducono una esistenza diversa da quella derivante dalla Legge Scout; le caratteristiche resistenti ed annidate nel profondo dell’animo di queste persone sono di solito l’ottimismo, una automatica attenzione agli altri ed ai loro problemi: ma anche – perché no? – un certo interesse per l’assurdo nonché per l’utopico. Si capisce allora perché la Rondine abbia fatto il suo nido anche a casa MASCI. Cosa ne pensate?

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Senza voler fare della retorica andiamo a consultare sul vocabolario il significato etimologico della parola scout: una persona che cammina dinanzi agli altri e non un individuo che si fa trascinare dagli altri…

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notizie

Abbattiamo i muri Costruiamo una fraternità universale

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Il 9 novembre 1989 cadeva il Muro di Berlino. E fu una grande festa. Era la fine della Guerra Fredda, della divisione dell’Europa e del mondo in due blocchi contrapposti. L’inizio di una nuova storia. Trent’anni dopo, molti altri muri minacciano i nostri diritti, i beni comuni, la nostra voglia di libertà e di giustizia. Molti sono stati innalzati negli ultimi anni. Altri sono ancora in costruzione nei nostri paesi, in Europa e nel mondo. Non servono per proteggere ma per respingere, chiudere, rinchiudere, oscurare, dividere. Alcuni sono muri di cemento armato e filo spinato. Altri sono invisibili ma ancora più estesi e devastanti. Sono i muri dell’indifferenza, dell’antagonismo infinito, della competizione selvaggia, dell’ingiustizia, delle disuguaglianze, della miseria, del pregiudizio, dell’intolleranza, dell’odio. Sono i muri mediatici che alimentano paure, conflitti, ignoranza, individualismo e incomprensioni. Sono muri che ci mettono gli uni contro gli altri, che lacerano la vita di persone, famiglie, comunità, popoli e paesi. E che minacciano di distruggere la nostra stessa Europa. Contro tutti questi muri che ci stanno togliendo la libertà, distruggendo la nostra umanità, la pace e il sogno di una vita e di un mondo migliori, noi vogliamo insorgere.

Strare ai margini

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Cristina Della Rocca

In questi giorni Riccardo festeggiava il suo compleanno e io desidero informarvi del progetto Stare ai margini che continuiamo a sostenere in suo ricordo attraverso l’Associazione di Volontariato Eccomi. I nostri amici del Masci di Reggio Calabria insieme ad altre associazioni e movimenti coordinati dalla Caritas Diocesana continuano a svolgere il servizio della mensa itinerante per i senza fissa dimora, si impegnano costantemente nell’Help Center per l’orientamento e l’accompagnamento di persone bisognose, sono presenti nella conduzione della casa di accoglienza. Nell’ultimo anno i fondi raccolti hanno contribuito ad attrezzare la Casa di Benedetta, struttura messa a disposizione dei Padri Mon-

Invece dei muri noi vogliamo costruire fraternità, una fraternità universale: un modo realmente nuovo, moderno, di vedere, intendere e organizzare le relazioni tra le persone e i popoli, i rapporti con la natura, la società, l’economia. È tempo di unire le nostre mani per affrontare insieme, con la nonviolenza, le sfide aperte, prenderci cura gli uni degli altri, non lasciare nessuno indietro, curare assieme la casa comune. Abbattendo i muri, visibili e invisibili, noi vogliamo contrastare le divisioni, l’individualismo, le disuguaglianze, le ingiustizie, la solitudine, le persecuzioni, le violenze, le guerre, la corsa al riarmo. Vogliamo riunire la famiglia umana, costruire la casa comune europea, l’onu dei popoli, un ordine mondiale più giusto, solidale e democratico e una nuova società dove a tutti gli esseri umani vengano effettivamente riconosciuti la stessa dignità e gli stessi diritti fondamentali. La cittadinanza universale, plurale e inclusiva, deve prevalere sulla cittadinanza nazionale. Siamo tanti e diversi in un mondo di risorse finite che dobbiamo salvare e condividere: dobbiamo imparare ad agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza. La costruzione del Muro di Berlino segnò un’epoca molto buia e drammatica dell’Europa e del mondo. Per lungo tempo, quel muro sembrò inamovibile. Ma poi, sotto la pressione di milioni di persone, venne abbattuto. Nel nome della libertà e dei diritti umani. Con quello stesso spirito, che è la vera anima di tutte le donne e gli uomini del mondo, noi invitiamo tutti ad abbattere i muri e a fare del prossimo 9 novembre 2019 una grande festa della fraternità, della libertà e della pace. Per adesioni e informazioni: Tavola della pace – Via della viola 1 – 06122 Perugia Tel. 075/5736890 – M. 335.6590356 email adesioni@perlapace.it – www.perlapace.it TAVOLA DELLA PACE – PERUGIA, 21 GENNAIO 2019

fortani per l’accoglienza di minori stranieri non accompagnati o di minori italiani in difficoltà. I fondi raccolti ed inviati dall’associazione hanno permesso di acquistare una lavatrice da 10 kg, utensili e batteria da cucina, posate, materiali per la pulizia e per lo stiro, letti, armadietti e scrivanie per le camere e un grande frigorifero. Desidero ringraziare di cuore tutti coloro che contribuiscono nel tempo a sostenere il progetto e comunque tutti coloro che ricordano con affetto Riccardo.


dalle regioni

Comunità Bernalda

Spesso le attività scout nascono da idee che sembrano campate in aria o addirittura strampalate. È quello che è successo alla Comunità MASCI di Bernalda (MT), nata nella primavera 2014, quando un nostro AS ci ha proposto di realizzare un laboratorio di cucina solidale in collaborazione con amici cuochi lucani della Federazione Italiana Cuochi (FIC - Dipartimento solidarietà Emergenze), al fine di coinvolgere persone disabili, anziani, parrocchia e associazioni locali. Ci siamo guardati in faccia ed abbiamo accettato la sfida e la nostra piccola comunità si è messa in gioco in questa nuova esperienza. Avevamo, infatti, voglia di intraprendere iniziative più coinvolgenti e che potessero metterci in rete sul territorio, perché l’attività predominante della comunità MASCI bernaldese era ed è il recupero di una chiesetta rurale poco fuori il nostro paese. Settembre 2017, battesimo del fuoco, ma solo quello dei fornelli, in occasione della festa parrocchiale dei SS Cosma e Damiano. Primo laboratorio con la pasta fatta in casa e la collaborazione delle mamme-nonne del MASCI e dei cuochi, quindi anche un coinvolgimento di signore anziane che hanno trasmesso il loro saper fare a tutti. Le signore hanno preparato l’impasto, i ragazzi disabili hanno dato una mano a fare gnocchi e maccheroni ai ferri e i cuochi hanno preparato ragù, cucinato e il MASCI ha coordinato, impiattato e tappato i buchi di un processo organizzativo nuovo e da oliare. Infine abbiamo mangiato anche la macedonia. Dicembre 2017, secondo appuntamento in occasione della vigilia della festa dell’Immacolata, sempre in par-

rocchia, settembre e dicembre 2018 terzo e quarto appuntamento, con la preparazione di torte alla frutta e natalizie. Nell’attività di dicembre siamo entrati nell’organizzazione di un evento in piazza dedicato alla Magia del Natale, in cui tra i vari stand di mercatini di Natale, Babbo Natale, ecc. c’eravamo ancora noi insieme ai cuochi e ai ragazzi diversamente abili e tra questi il nostro compagno di strada Gianluca che condivide con la nostra comunità l’esperienza MASCI e prima ancora quella in AGESCI. Abbiamo coniato un nome “MASCI-CHEF” a queste nostre attività, che per ora sono estemporanee, ma che vogliamo rendere permanenti e meglio strutturate. Queste attività servono, oltre che a integrare disabili, anziani e bambini, anche come attività di autofinanziamento per le spese sostenute per il recupero della chiesetta che svolgiamo in cooperazione con una ditta edile bernaldese che fa i lavori strutturali completamente gratuiti. In conclusione, siamo stati piacevolmente sorpresi dell’interesse che il MASCI nazionale ha rivolto alla nostra piccola comunità, consapevoli che da soli non si fa nulla e la condivisione e l’inclusione sono per noi UNA COSA IMPORTANTE.

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Masci-Chef: il motto è collaborazione e inclusione

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dalle regioni

Una “Giornata dello Spirito” particolare Ernesto Albanello Segretario Regionale Abruzzo

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Gli Adulti scout abruzzesi si sono riuniti domenica 11 novembre per far crescere la propria vita interiore attraverso la consueta “Giornata dello Spirito” che quest’anno ha avuto come sedi Paganica e Camarda, due piccoli centri vicini a L’Aquila, luoghi davvero significativi per meditare ed avvicinarsi al Signore, anche in considerazione che è prossimo il decennale del terribile sisma che ha devastato il capoluogo di regione. Una partecipazione davvero significativa che ha visto tutte le comunità dell’Abruzzo ben rappresentate a questo incontro, che ha superato le 100 unità di presenze. L’appuntamento, ben organizzato dalla Comunità de L’Aquila e promosso dal MASCI regionale, si è concluso con un momento conviviale che si è svolto all’interno del Centro Polivalente di aggregazione sociale giovanile di Camarda, realizzato anche con il concorso del MASCI Nazionale, attraverso i fondi raccolti da “Eccomi”.

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Tanti i momenti toccanti e le circostanze suggestive che hanno caratterizzato la “Giornata” ma sicuramente ciò che ha coinvolto in modo particolare “il popolo del MASCI d’Abruzzo” è stata la visita al Monastero della Clarisse di Santa Chiara in Paganica, dopo il trasferimento di questa istituzione religiosa, avvenuto nel 1997, dal centro de L’Aquila verso un posto più verde e silenzioso, maggiormente consono alla vita contemplativa. Forse tra le tante sensazioni suscitate durante il tempo trascorso nel Monastero, una, la più sbalorditiva che

dopo questo incontro non è risultata essere così stupefacente, è racchiusa nelle parole sottostanti: La clausura può renderti libero Questa in sintesi la espressione detta dalla Madre delle Clarisse di Paganica nel corso dell’incontro svoltosi domenica 11 novembre nell’ambito della “Giornata dello Spirito” del MASCI Abruzzo. Fa davvero effetto essere al cospetto di suore giovani, in età di poco superiore ai trenta anni, che presentano la loro vita con proprietà di linguaggio e incisività dei concetti, descrivendola come una scelta di esistenza, che può senz’altro essere ricondotta ad una “chiamata del Signore”. Perno centrale della Madre e delle consorelle era indirizzato alla necessità di pregare anche per quelli che non pregano ed in funzione di una espansione di positività di cui il mondo ha bisogno. La povertà presentata come una scelta di autosufficienza illustra, poi, un senso della vita intesa come libertà dai condizionamenti che il mondo propone, con il falso miraggio del soddisfacimento di bisogni ritenuti non sopprimibili. Le clarisse si avvicendano con il microfono e presentano così, semplicemente, la loro vita, che è un succedersi, nel corso della giornata, di momenti dedicati alla preghiera, ma anche di fasi destinate allo svolgimento di compiti necessari per portare avanti una collegialità : dallo stirare al lavare, alla preparazione dei cibi, alla condivisione fra loro su come portare avanti una struttura composita fatta di tante sensibilità.


dalle regioni gennaio/febbraio 2019

Pian piano, intanto che le sorelle parlano, comincia a scricchiolare nelle menti degli ascoltatori, tutto quello che sa di preconcetto, che porta chi è al di fuori di un monastero, a pensare che la vita vissuta “lì dentro”, sembra inutile in quanto segregazione tra quattro mura. Vengono fuori altre notizie inedite: le sorelle del monastero delle clarisse di Paganica si rendono disponibili anche per chi voglia incontrarle per consigli spirituali e questo è davvero importante da sottolineare, in un mondo come quello odierno, attraversato da tante inquietudini e smarrimenti dell’anima. Il tempo scorre veloce in questa conversazione a cui partecipano tutte le clarisse presenti che aggiungono, precisano, arricchiscono di dettagli il loro racconto. Una caratteristica sicuramente meritevole di essere rimarcata è che ogni loro parola è espressa dolcemente e gioiosamente, lontana in modo assoluto dallo stereotipo che vorrebbe percepirle tristi e lontane dal mondo. La loro permanenza nel monastero, nonostante il recente terremoto, risponde al “miracolo” di sorelle nuove che sono subentrate, che hanno accolto l’invito del Signore, sostituendo così altre clarisse che hanno concluso la loro esistenza terrena. Fuori dalle previsioni anche le risposte fornite dalle sorelle, quando qualcuno ha chiesto loro “come le fami-

glie hanno preso la loro scelta di entrare in convento”. Le clarisse hanno comunicato ai tanti adulti scout presenti in questo confronto davvero arricchente, che i propri genitori non si sono “messi di traverso”, cioè non hanno contrastato quella che hanno percepito essere una chiamata del Signore alla quale non era lecito opporsi. Anzi: il monastero gode della presenza, anche a distanza, delle tante famiglie che sono in contatto, adesso, non solo con la loro figlia, ma anche con le altre consorelle, rendendo quindi più estese le famiglie di provenienza. Un percorso di spiritualità, quello, avuto con le sorelle clarisse di Paganica, che forse non si sarebbe voluto interrompere e, chissà, se in avvenire potrà essere ripreso.

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in memoria

Ricordo di Liliana Toscani Jerman Donata Degrassi Magister Comunità di Trieste

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A chi ha avuto modo di conoscerla, Liliana ha lasciato un ricordo indelebile: qualcosa di bello fatto assieme, o un pensiero, ma anche solo un sorriso. Incontrandola tutti abbiamo capito che ci trovavamo davanti una persona autentica, che esprimeva dei valori profondi e li viveva veramente, con semplicità ma con grande profondità. I valori che Liliana viveva erano quelli dello scoutismo e dello scoutismo cristiano: fratellanza e solidarietà, amore per il creato e per il suo Creatore, impegno e serietà in tutto quello che faceva, ma tutto vissuto con gioia, in quello spirito scout che ci porta a vivere la vita come una bella avventura, come un “grande gioco”. Questo Liliana viveva e comunicava, non tanto con le parole ma con tutto il suo essere, con la sua vita. Liliana per me è stata la capo che mi ha introdotta da ragazzina allo scoutismo, cambiando in questo modo la mia vita e lasciando un’impronta indelebile. Ed è stata sempre lei che mi ha avvicinato allo scoutismo adulto, regalandomi una nuova primavera e una rinnovata prospettiva di vita. Uno di noi ha detto che Liliana ci ha sempre mostrato la strada da percorrere e lo ha fatto anche in questo ultimo anno quando, pur nella sofferenza, non ha smesso di sorridere e di condividere con noi i suoi pensieri. È soprattutto al Movimento degli Adulti Scout che – senza nulla togliere al suo essere sposa, mamma, donna che lavorava, e, da ultimo, nonna - Liliana ha dedicato tutto il suo impegno, il suo tempo, le sue ener-

gie, convinta della validità di questo stile di vita e desiderosa di farne partecipi anche gli altri. Della nostra Comunità MASCI di Trieste nata nel 1996 è stata una dei fondatori e l’ha guidata come magister dal 1998 al 2002; ma si è spesa anche in un ambito più vasto, come Consigliera Nazionale (2007-2010) e come Segretaria Regionale del Friuli Venezia Giulia (20142017). Assieme a Raffaele, suo marito, ha fatto sì che venisse portata ovunque la Luce di Betlemme e che venisse diffusa tra il massimo numero di persone, facendone un segno della fratellanza tra tanti popoli e persone diverse. Tutto quello che faceva, anche se rivestiva ruoli importanti, lo faceva con grande semplicità, perché non amava apparire, mettersi in mostra. Ha avuto il dono di una bella voce e amava cantare con gli amici del coro scout. Tutto quello che di positivo Liliana ha costruito non sparirà. Ciascuno di noi custodisce nel suo cuore, nella sua memoria, nel suo essere, una parte di lei. Possiamo dire che, durante tutto il corso della sua vita, Liliana si è fatta pane, che ha spezzato per darlo a tutti noi. Il pane che viene mangiato e assimilato non si vede più, ma non sparisce: anzi diventa parte di noi, va a costruire il nostro corpo e ci dà forza ed energia per vivere. Così, anche se di Liliana non vedremo più il corpo mortale, la forza autentica della sua persona e i valori che ci ha trasmesso vivendoli continueranno ad animarci. Buona Strada Liliana.


libri gennaio/febbraio 2019

Una rondine non fa primavera: ma…. Enrico Capo

È appena stato pubblicato il libro di Franco Vaccari dal titolo “Metodo Rondine – trasformazione creativa dei conflitti”, edito da Pazzini Editore. Di questo libro noi del Masci ne abbiamo sentito parlare la prima volta a Spoleto, sabato 13 ottobre 2018, nell’ambito dell’evento “le Comunità ‘si giocano’, in festa, in cammino…..”; ne ha esposto i contenuti lo Psicologo Prof. Franco Vaccari in un suo intervento su l’ “incontro con l’altro in una prospettiva di pace”. Fulcro del suo intervento: il Progetto “RONDINE”, che consiste in una avveniristica e per certi aspetti utopica metodologia, molto razionale, di incontri programmati con persone di differenti etnie e nazionalità, preferibilmente di paesi in guerra - o in dissidenza - o preda di pregiudizi vicendevoli. Il Progetto gode della collaborazione di diversi Ambasciatori di differenti Paesi ed è in costanti rapporti con l’ONU.

Il Progetto RONDINE è apparso ai partecipanti all’incontro talmente campato in aria, da giustificare la loro immediata partecipazione entusiasta: del resto, B.P. non era forse un po’ folle, quando vagheggiava di “rendere il mondo un po’ migliore di quanto lo abbiamo trovato”? Personalmente, ho presentato allora la seguente proposta: “costruire a livello di Masci nazionale una Pattuglia Rondine che collabori attivamente (e non solo in comunione di intenti) con il detto progetto”. A chi è sconsigliato questo libro? Questo libro e ovviamente il “Progetto Rondine” è sconsigliato agli assolutisti; a quelli per cui esistono due soli colori, il bianco e il nero; a chi dichiara di essere “tutto d’un pezzo”, anche nel campo delle idee; ai “sotuttisti”, cioè a chi ritiene di sapere tutto; a chi pensa che l’utopia sia una balla, inventata per narcotizzare le coscienze; e così via. A chi è consigliato questo libro Questo libro è invece raccomandato a chi sa ascoltare; a chi ritiene che anche nella persona più perversa vi possa essere una scintilla se non di bontà, almeno di un minimo di tenerezza; a chi cerca di aggirare i pregiudizi e gli stereotipi propri e altrui; a chi ama guardare oltre l’angolo; a chi si cimenta nell’aggirare gli ostacoli; a chi è appassionato all’utopia, perché essa può sempre essere raggiungibile, almeno in parte. In definitiva, questo libro è raccomandato agli Adulti Scout!!!

Coordinate del Prof. Franco Vaccari: www.rondine.org presidente@rondine.org

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Appello agli uomini liberi e forti di Luigi Sturzo

A cento anni di distanza l’appello di don Luigi Sturzo ai “Liberi e Forti”, affinché i cattolici si impegnassero a livello politico per il bene di tutti, è quanto mai attuale! Ne pubblichiamo alcuni stralci.

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«A tutti gli uomini liberi e forti, che in questa grave ora sentono alto il dovere di cooperare ai fini superiori della Patria, senza pregiudizi né preconcetti, facciamo appello perché uniti insieme propugnano nella loro interezza gli ideali di giustizia e libertà. (…) Questo ideale di libertà non tende a disorganizzare lo Stato ma è essenzialmente organico nel rinnovamento delle energie e delle attività, che debbono trovare al centro la coordinazione, la valorizzazione, la difesa e lo sviluppo progressivo. Energie, che debbono comporsi a nuclei vitali che potranno fermare o modificare le correnti disgregatrici, le agitazioni promosse in nome di una sistematica lotta di classe e della rivoluzione anarchica e attingere dall’anima popolare gli elementi di conservazione e di progresso, dando valore all’autorità come forza ed esponente insieme della sovranità popolare e della collaborazione sociale. Le necessarie e urgenti riforme nel campo della previdenza e della assistenza sociale, nella legislazione del lavoro, nella formazione e tutela della piccola proprietà devono tendere alla elevazione delle classi lavoratrici, mentre l’incremento delle forze economiche del

Paese, l’aumento della produzione, la salda ed equa sistemazione dei regimi doganali, la riforma tributaria, lo sviluppo della marina mercantile, la soluzione del problema del Mezzogiorno, la colonizzazione interna del latifondo, la riorganizzazione scolastica e la lotta contro l’analfabetismo varranno a far superare la crisi del dopo-guerra e a tesoreggiare i frutti legittimi e auspicati della vittoria. Ci presentiamo nella vita politica con la nostra bandiera morale e sociale, inspirandoci ai saldi principii del Cristianesimo che consacrò la grande missione civilizzatrice dell’Italia; missione che anche oggi, nel nuovo assetto dei popoli, deve rifulgere di fronte ai tentativi di nuovi imperialismi di fronte a sconvolgimenti anarchici di grandi Imperi caduti, di fronte a democrazie socialiste che tentano la materializzazione di ogni identità, di fronte a vecchi liberalismi settari, che nella forza dell’organismo statale centralizzato resistono alle nuove correnti affrancatrici. A tutti gli uomini moralmente liberi e socialmente evoluti, a quanti nell’amore alla patria sanno congiungere il giusto senso dei diritti e degl’interessi nazionali con un sano internazionalismo, a quanti apprezzano e rispettano le virtù morali del nostro popolo, … acciamo appello».

STRADE APERTE. N. 1-2, gennaio-febbraio 2019 Anno 61 – Periodico mensile del M.A.S.C.I. (Movimento Adulti Scout Cattolici Italiani). Spedizione in A.P. 45%, Art. 2 comma 20/B, Legge 662/96, Dal C.M.P. Padova. Euro 2,00 la copia. Direttore responsabile: Pio Cerocchi • Direttore: Michele Pandolfelli • Redazione romana: Antonella Amico Caporale, Giorgio Aresti, Carlo Bertucci, Paola Busato Bertagnolio, Giancarlo Carletti, Alberto Cuccuru, Franco Nerbi, Giovanni Morello, Maria Teresa Vinci, Anna Maria Volpe Prignano • Collaboratori: Lorena Accollettati, Manlio Cianca, Carla Collicelli, Paola Dal Toso, Romano Forleo, d. Lucio Gridelli, Paolo Linati, Mario Maffucci, Vittorio Pranzini, Mario Sica. Redazione: via Vincenzo Picardi, 6 – 00197 Roma, e-mail: sede@masci.it • Stampa: ADLE Edizioni sas, Padova, info@adle.it • Editore, Amministratore e Pubblicità: Strade Aperte Soc. coop. a.r.l., via Vincenzo Picardi, 6 – 00197 Roma, tel. 06.8077377. Iscritta al registro degli operatori di comunicazione al n.° 4363. Abbonamento ordinario a 11 numeri: Euro 20.00, da versare sul ccp. n. 75364000, intestato: Strade Aperte Soc. coop. a.r.l., via Vincenzo Picardi, 6 – 00197 Roma. ASSOCIATO USPI. Tiratura. 5.000 copie. Chiuso in redazione: il 7 febbraio 2019 QUESTO NUMERO È STATO SPEDITO DALL’UFFICIO POSTALE DI PADOVA CENTRALE IN DATA: FEBBRAIO 2019


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