quello attuale, in cui l’interruption marketing incomincia a rivelarsi obsoleto, la promozione incentrate appunto sull’interruzione, senza una “storia” da ricordare o da raccontare, rischia di provocare addirittura effetti controproducenti.
con l’outreach L’outreach, ossia l’acquisizione di nominativi di potenziali clienti tramite postazioni promozionali esterne al club, consente di acquisire nuovi soci a costi contenuti. Specialmente se si fa leva su curiosità, interesse ed emozioni positive
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l progressivo aumento del numero di centri fitness registrato in Italia in special modo negli ultimi vent’anni, associato a una stagnazione della domanda di fitness da parte della popolazione, ha dato luogo a una naturale, ma ahimè preoccupante, situazione: la diminuzione del numero annuale di visitatori che entrano spontaneamente in fitness/wellness club e centri sportivi per ricevere informazioni e iscriversi. Per contrastare questo fenomeno, la maggior parte degli imprenditori ha intensificato le proprie azioni pubblicitarie finalizzate all’attrazione di potenziali iscritti, spesso associando il marketing tradizio-
una storia da ricordare
di Paolo Grosso
nale (cartellonistica stradale, inserzioni sui giornali, volantinaggio nella buchetta della posta eccetera) ad azioni di marketing non convenzionale, ricorrendo ai social network e al web in generale, attivando il meccanismo interno consistente nel “porta un amico”, stipulando convenzioni con aziende ed esercenti e, in qualche caso, attuando l’outreach, argomento che affrontiamo in questo articolo.
che cos’è l’outreach? Il termine inglese outreach può essere tradotto con l’espressione “estensione del proprio raggio d’azione”. Questa traduzione è forse quella più calzante al suo impiego nell’ambito del marketing e della vendita. Nel nostro settore, questo vocabolo indica l’attività di reperimento di nominativi di potenziali clienti tramite postazioni promozionali esterne al club. Un modo per creare liste di contatti da inserire nel proprio database e successivamente coinvolgere in iniziative commerciali o esperienziali organizzate nel club. Per come è concepito, l’outreach è propriamente un’attività che si colloca a metà strada tra l’ambito commerciale e quello della comunicazione. Mentre si è impegnati nel coinvolgere il singolo interlocutore, la postazione di contorno, e coloro che ci lavorano, comunicano a tutte le persone che passano una presenza, un modo di essere e di rappre-
Le iniziative di outreach devono innanzitutto catturare l’attenzione dei potenziali clienti, facendo anche leva su cose semplici come il gioco e la curiosità
sentare il club. E quelle stesse persone “intercettate” hanno alle loro spalle una rete con cui condividere questa esperienza una volta sganciati dalla situazione contingente. Quest’attività dovrebbe essere sviluppata su un doppio livello: il primo consiste nell’analisi delle possibilità di outreach di una determinata area (attraverso un’attenta definizione delle location e del posizionamento ottimali); il secondo nella strutturazione delle procedure di outreach. Queste ultime implicano, a loro volta, le seguenti attività: • definizione di un sistema di modulistica dedicato che aiuti a profilare il contatto durante l’attività esterna; • definizione della postazione di lavoro (anche dal punto di vista grafico); • selezione e formazione delle risorse dedicate e programmazione oraria; • definizione degli obiettivi ottimali stabiliti caso per caso, in base allo studio del meccanismo di interazione con l’utente
esterno attraverso un’idonea formazione e simulazione.
l’improvvisazione non paga Tuttavia, nella realtà di tutti i giorni, un’attività di questo genere, che dovrebbe essere oggetto di organizzazione, nove volte su dieci si traduce nella gestione dell’ultimo momento di una postazione dove fare rapidamente volantinaggio per generare nuovi contatti. Una sorta di “spedizione punitiva” che vede coinvolti uno o due membri dello staff armati di volantini, un banchetto di appoggio e tanta buona volontà. Obiettivo dell’incursione è farsi conoscere e riconoscere, risultato insoddisfacente a causa del suo ridotto valore dal punto di vista relazionale e motivazionale. Per lasciare il segno, comunicare un messaggio, creare un legame, suscitare un reale interesse nelle persone con le quali si entra in contatto, ossia creare un valore, bisogna fare molto di più. In un momento economico come
Che cosa si può fare per attirare l’attenzione delle persone, evitando di cadere nel calderone della nuova attività outdoor più diffusa nelle gallerie commerciali, ovvero lo slalom tra postazioni promozionali? Raccontare una storia da ricordare. Innanzitutto facendo sparire la postazione promozionale “standard” (un semplice banchetto come appoggio per un po’ di materiale informativo/pubblicitario) sostituendola con una appositamente creata per generare ricordi, legati a un’esperienza condivisa, a un gioco, a un’interazione, facendo leva su tutti gli elementi in grado di suscitare un’emozione. In buona sostanza, l’idea – la cui efficacia è stata più volte testata sul campo – è quella di organizzare il lavoro da svolgere in esterno individuando un elemento che funga da cornice, coinvolgendo tutti i membri dello staff che diventano “attori protagonisti” dell’iniziativa di outreach che, così concepita, si colloca a metà strada tra promozione ed evento. Chi sono questi attori? Il reparto commerciale del club che aiuta a stabilire l’obiettivo qualitativo (numero e valore dei contatti) e a individuare il tema; i promoter (se non coincidono con i consulenti alla vendita) chiamati a interpretare e ad attuare la strategia di contatto; il reparto comunicazione e marketing (che in molte realtà coincide con quello addetto alla vendita) in accordo con la direzione che ovviamente ha un ruolo di supervisione.
catturare l’attenzione Un’attività di questo tipo, che implica una strategia vera e propria, dovrebbe nascere dal lavoro congiunto dello staff, partendo da alcune domande fondamentali: che cosa può colpire una persona che passa in questo luogo, in questo periodo? Quale attività, quale gioco,
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conquistare nuovi soci
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I limiti nella scelta del tema di un’iniziativa di outreach sono solo la fantasia e il buon senso
quale gadget, quale stimolo potrebbe essere così forte da far sì che i passanti non ci evitino, ci notino e alla fine ci ascoltino? Le risposte possibili sono molte, il solo limite è la fantasia e, ovviamente, il buon senso. Si pensi, ad esempio, a un gioco noto, un indovinello, un quiz, una prova fisica, una novità tangibile. Rispetto a tutti gli altri settori, quello del fitness/wellness offre ha un vantaggio straordinario, un’opportunità impagabile: ha a che fare con il tempo libero, la salute, il movimento, l’atteggiamento mentale positivo, l’amor proprio… tutti fattori che possono essere legati al tema che contestualizza l’iniziativa di outreach, in modo assolutamente naturale e unico.
un esempio Per rendere ulteriormente comprensibili i concetti fin qui esposti, facciamo un esempio pratico illustrando un’iniziativa di outreach attuata con successo, utilizzando un gioco conosciuto dai più, legato a bei ricordi dell’infanzia. Lo sapevate che in ogni regione italiana il gioco noto a tutti come “gioco
della campana” assume nomi diversi? Lo sapevate che in diversi paesi del mondo le regole di questo gioco da cortile cambiano? Ma soprattutto, conoscete questo passatempo amato dai bambini? La campana, detta anche riga, mondo, paradiso, settimana o sciancateddu, è un gioco per bambini che può coinvolgere uno o più partecipanti. È un gioco motorio tanto semplice quanto antico. Le sue origini risalgono addirittura ai tempi dell’antica Roma (un tracciato inciso è ancor oggi visibile sul lastricato del Foro Romano), epoca in cui veniva chiamato gioco del clàudus, ossia dello zoppo, con un evidente riferimento alla regola che impone di saltellare da una casella all’altra su un solo piede. Un club ha riproposto questo gioco nelle piazze di una città come esempio di attività all’aria aperta, entrando in contatto con mamme, papà, nonni e zii che se lo ricordavano con comprensibile nostalgia. Queste persone hanno reagito a questo inaspettato ritorno del passato con bambinesco entusiasmo. Lo hanno provato, insegnato ai loro ragazzi, commentato con tutti
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i presenti, hanno sorriso e ricordato con piacere la loro infanzia. Dopo questa “reazione a catena”, hanno ascoltato con maggiore attenzione i membri dello staff del club autore di questa originale iniziativa di outreaching. L’area occupata per lo svolgimento dell’iniziativa risultava immediatamente riconoscibile in quanto inserita in un progetto grafico coordinato che fungeva da contorno. Entrando nello specifico, la t-shirt indossata dai promoter riportava il marchio del club che campeggiava anche nella parte iniziale della griglia (disegnata) della campana; i volantini che venivano consegnati alle persone che si erano cimentati in questa insolita prova ludica erano ben caratterizzati dallo slogan “Stai in campana” che è diventato velocemente un tormentone contagioso, ideale per il passaparola. Un’idea semplice (e come tale proposta), ma frutto di una vera e propria strategia che si è rivelata essenziale per il successo dell’iniziativa a dimostrazione che i risultati non si ottengono quasi mai con un colpo di fortuna o per caso.
video di una coppia di coniugi che si cimentano, insieme e a distanza di tanti anni, in quel saltellare proveniente dal passato, e la foto dello staff ritratto con i vincitori. Molte persone che “frequentano” Facebook hanno visto questi scatti e il video condiviso tramite YouTube, ricordando che anche loro giocavano a campana con i loro amici, chiedendosi con curiosità dove avessero giocato quei loro conoscenti.
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l’analisi e l’interpretazione dei numeri
Per attuare iniziative di outreach efficaci, serve una vera e propria strategia e il coinvolgimento di tutto lo staff del club
la ciliegina sulla torta Per rendere “non convenzionale” un gioco tradizionale, il club ha fatto ricorso ai social network,
la cui capacità di contagio e condivisione è nota. È stato utilizzato materiale visivo, ovvero la foto di una mamma, ritratta di spalle, che salta con la propria bambina, un
Come sempre, in ambito professionale e aziendale sono i numeri ad avallare o meno ciò che si fa. Solo tramite la loro corretta analisi e interpretazione è possibile giudicare l’efficacia di un’iniziativa. Un’altra precisazione è d’obbligo: non è corretto analizzare la trasformazione in numeri di contratti stipulati e/o fatturato generato dall’evento di outreach, è necessario analizzare meticolosamente i differenti passaggi del metodo di
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considerare tutte le variabili Dietro a un’iniziativa apparentemente semplice, per non dire banale, come quella appena illustrata si cela un’attenta valutazione di diverse variabili che giocano un ruolo determinante per l’esito finale. Nulla va dato per scontato. Nel caso specifico dell’iniziativa di outreaching attuata facendo leva sul gioco della campana, sono state attentamente considerate alcuni fattori chiave, partendo dalle seguenti domande: • La location individuata è adatta a questo tipo di gioco? • C’è spazio a sufficienza? • Quale materiale è necessario acquistare? • Che cosa è previsto per chi partecipa al gioco? • Possono essere coinvolti tutti i target? • Quanto tempo abbiamo a disposizione per preparare tutto? • Qual è, realisticamente, l’obiettivo in termini di contatti ottenibili?
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gioco vale poco la candela. Con azioni di outreach non convenzionale, come quello attuato proponendo il gioco della campana, i numeri migliorano nettamente. Nel caso specifico, sono stati raccolti 50 nominativi per ogni singola uscita da mezza giornata e il 30% di questi si sono trasformati in appuntamenti, con un tasso di iscrizioni vendute addirittura doppio rispetto al dato relativo all’outreach tradizionale.
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conclusioni
Monitorare e analizzare i numeri generati dall’iniziativa attuata è un imperativo categorico per chi opera in modo professionale
vendita diretta definito “a imbuto”. Per ulteriore chiarezza esplicativa, è bene riportare la terminologia utilizzata per l’iniziativa poc’anzi illustrata: • nominativi: numero di “anagrafiche” riportanti recapiti telefonici/posta elettronica raccolti durante l’evento; • contatti: numero di telefonate/ e-mail che hanno ottenuto risposta verificatesi a seguito dell’evento; • appuntamenti fissati: numero di appuntamenti presso il club fissati utilizzando tutti i contatti raccolti; • appuntamenti rispettati: numero di appuntamenti rispettati, tra quelli fissati, che danno luogo a una visita al club; • vendite effettuate: numero degli appuntamenti rispettati che si trasformano nella vendita di un’iscrizione. Per valutare la riuscita dell’iniziativa di outreach, vi consiglio di prendere esclusivamente in considerazione il numero di appuntamenti fissati rispetto al numero di nominativi raccolti. La ragione è molto semplice: il fatto che l’appuntamento fissato venga rispettato o meno e
che la visita al club induca il potenziale cliente a iscriversi dipendono da fattori che non sono strettamente collegabili all’iniziativa attuata in esterno. Entrano infatti in gioco i servizi offerti dal club e la bravura e professionalità del personale addetto alla vendita. La risposta alla domanda “che cosa voglio ottenere dall’outreach?” dovrebbe essere: nominativi di persone interessate a fissare e rispettare un appuntamento presso il club. La motivazione principale che dovrebbe indurre gli operatori di club ad attuare iniziative di outreach “non convenzionalo” risiede innanzitutto nei risultati numerici tipicamente prodotti da iniziative di outreach tradizionali (semplice abbinamento banchetto/volantino) dalle quali ci si può realisticamente aspettare il reperimento di 5-7 nominativi all’ora, ossia 25-30 nell’arco di una mezza giornata. Mediamente, dati storici alla mano, di questi nominativi solo il 10-15% si trasforma in appuntamenti fissati, il che significa che tre “uscite” da mezza giornata (80-90 contatti) consentono di fissare 10-15 appuntamenti che, alla fine di tutto il processo, si trasformano nell’acquisizione di 6-8 nuovi iscritti. Con un esito simile il
Il successo di un’iniziativa di outreach dipende in gran parte dalla capacità di suscitare interesse ed emozioni positive. Lo si può fare, come abbiamo appena visto, strappando sorrisi facendo ricordare situazioni e momenti particolarmente positivi e piacevoli. In questo modo si genera una certa empatia con i potenziali clienti e una semplice lista di numeri telefonici e indirizzi di posta elettronica si trasforma in un prezioso insieme di persone coinvolte e interessate a ciò che il club offre loro. L’outreach non si conclude quindi con la fine dell’evento che, al contrario, è solo l’inizio del rapporto che si intende instaurare con le persone con le quali si è entrati in contatto solleticando la loro curiosità nei confronti del club autore dell’iniziativa. Concludendo, vi suggeriamo di utilizzare ampiamente, e in modo corretto, questo potente strumento promozionale, inserendolo a pieno titolo nella programmazione annuale delle iniziative di marketing, legandolo a diversi momenti cruciali della stagione e del proprio business. Paolo Grosso Laureato in Scienze Motorie, inizia la sua attività come personal trainer e direttore tecnico e in seguito si occupa della formazione e consulenza per centri fitness. Nel 2003 approda in Fitness First Italia dove riveste il ruolo di Responsabile Nazionale Settore Tecnico. A partire dall’estate 2005 è Managing Director per la società di consulenza Wellink, sviluppando importanti modelli di gestione per centri fitness.