l'altra metà di me

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Anna Caradonna L’altra metà di me

«Non so di preciso in che punto mi sono persa, ma un giorno ho capito che questa non è la mia strada. Da quel momento è stato come quando scavi nella sabbia, così a lungo fino a che non vedi l’acqua...»

Anna Caradonna

l ’altra metà di me

WIP Edizioni



Anna Caradonna

l ’altra metà di me


Edizione febbraio 2013 ISBN 978-88-8459-242-2 WIP Edizioni Srl Via Capaldi, 37/A - 70125 Bari tel. 080.5576003 - fax 080.5523055 www.wipedizioni.it - info@wipedizioni.it

in copertina foto di Giuseppe Mancino rielaborazione grafica: ©Alessia Coppola

è vietata la riproduzione, anche parziale, con qualsiasi mezzo effettuata, senza l’autorizzazione dell’Autore e dell’Editore.


Prefazione

Alice. Chi pensa esclusivamente a quella bambina calata nel “… paese delle meraviglie” di Lewis Carrol si sbaglia. Nero su bianco, questa volta, è stata scritta la storia di una giovane donna impulsiva, un po’ goffa e molto sensibile. Ma chi sarà mai? Unica figlia di un padre troppo autoritario? grintosa donna manager che si mette in gioco sfidando tutto e tutti? sognatrice delusa? detective “in gonnella”? Tanti sono i volti di questa protagonista che si lascia travolgere e sconvolgere dagli eventi, dai segreti, dalle bugie, dalle verità mai raccontate e che faranno di lei scrupolosa investigatrice.

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Sono, forse, i casi inaspettati della vita che portano a guardarci dentro, a sentirci per la prima volta e a riconoscerci davvero. Ancor più questo accade se l’evento si materializza davanti ai nostri occhi con fare lento, pacato, tale da istigare una profonda curiosità ed una instancabile attesa. E, a mano a mano, tutto si fa più nitido mentre, inevitabilmente, il cambiamento ci sorprende. è il giro di boa a cui tutti siamo destinati nella vita, prima o poi… quel momento di crescita che ci porta a mettere tutto in discussione e a ricominciare. Così, “L’altra metà di me”, si rivelerà al lettore rapito, perché egli stesso ne è il protagonista. Matura lentamente, si prende il suo tempo, nasce in sordina, quasi mai al passo con la riflessione. Il cambiamento avviene, con difficoltà si adatta ed infine riporta l’equilibrio. L’equilibrio di una nuova rinascita, di una nuova scoperta di sé.

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Il continuo autodeterminarsi e autodefinirsi ha inizio sin da piccoli, si acutizza con l’adolescenza per segnare i propri confini con l’età adulta. Di certo, però, “Non ci si bagna mai due volte nella stessa acqua di un fiume…”, come asseriva il greco Eraclito e cambiamo in linea con quanto accade intorno a noi. Le nostre strutture mentali cercano costantemente di adattarsi al contesto, agli eventi, alle situazioni nell’infinito “Panta rei – tutto scorre” della vita. La ricerca dell’altra metà perduta si snoda nella vicenda di Alice su due binari, tra il mistero e l’introspezione, tra il mutare delle circostanze e il mutare di se stessi. I due fili del ricamo letterario si intrecciano, si spezzano e si ricompongono, mentre il tema della ricerca si fa sempre più fitto ed affascinante. è l’intrigante mistero dell’esistenza, sulle onde dell’incerto e della scoperta. Stefania Ferrante

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1.

Quando pensi di aver finalmente messo in ordine i tasselli della tua vita, ecco che quell’orribile vocina dentro di te urla che manca ancora qualcosa. Qualcosa che sfugge ai tuoi occhi e non riesci ad afferrare. Ho 27 anni e lavoro nell’azienda di famiglia, sotto lo sguardo severo di mio padre, che mi ricorda ogni giorno quanto sia poco brillante in tutto ciò che faccio. Sento un vulcano dentro di me che non riesco a far esplodere, ho la sensazione di dover dimostrare a tutti quanto valgo, di prendermi la mia rivincita. È come se nel mio corpo ci fosse un’altra Alice, quella perfetta e determinata che però ha paura di uscire. Proprio come il concetto di Yin e Yang. Secondo la filosofia cinese possono essere sepa11


rati e tradotti come il lato d’ombra (yin) e il lato soleggiato (yang) di una collina. Ecco io vorrei scoprire il mio yang, la mia parte soleggiata, ma la verità è che, in fondo, sono proprio io a non credere in me. Eterna pasticciona insicura. Forse dovrei fare uno di quei corsi per aumentare la mia autostima, dove ti fanno compilare degli assurdi questionari e ti fanno ripetere all’infinito: «Sono sicura di me! sono sicura di me!» chissà, forse finirei per crederci anch’io. COME RITROVARE AUTOSTIMA Accettati così come sei: imbranata, incostante, ansiosa, impulsiva, pasticciona. Ripensa ai tuoi pensieri: ma è un suicidio!!! Fate esercizio fisico: con questo caldo non può che essere controproducente. Al massimo vi concedo una passeggiata. Parla lentamente: ma se vorrei urlare contro il mondo intero! Ho capito, volete reprimere le mie emozioni, non ci sto. 12


Hai il diritto di cambiare opinione e dire di no: cambiare tre corsi universitari in cerca della mia vocazione lavorativa e poi abbandonare gli studi può rientrare nel concetto di cambiare opinione? Fissa un piccolo obiettivo e raggiungilo: il bar all’angolo può essere considerato un piccolo obiettivo da raggiungere? Ho proprio voglia di un caffè. Se facessi questo corso, di sicuro, una risata mi scapperebbe, con tutte le stronzate che si inventano. La Puglia è la mia terra. Sono nata e cresciuta a Bari e non potrei immaginare di vivere la mia vita altrove. Non sono tra quelli che sognano di far fortuna lontano da qui perché, nonostante i momenti di sconforto, credo di dover sistemare la mia vita dove sono piantate le radici solide della mia famiglia. La nostra azienda si trova poco fuori città, produciamo olio e vino di ottima qualità. Io mi occupo di tenere la contabilità e di rilanciare il nome dell’azienda con un piano marketing che, fino a oggi, non ha portato i frutti sperati. 13


Quando sono nel mio ufficio, sommersa di carte e di post-it, mi basta guardare fuori dalla finestra per ritrovare armonia e pace, nel corpo e nella mente. Ăˆ questa la sensazione che provo guardando la distesa di terra che mi circonda e che, da sempre, mio padre ha amato e coltivato. Gli affari ultimamente non vanno bene, oltre alla crisi generale, le temperature invernali non hanno aiutato e le vendite sono calate notevolmente. Devo inventarmi qualcosa, non posso commettere altri errori, questa volta non si tratta di me e della mia vita, ma di tutto quello che i miei nonni e la mia famiglia hanno duramente conquistato fino a oggi. Con mano tremante digito il numero del dottor Ferris per fissare un incontro. Mi ha dato il suo numero la mia amica Chiara, pare che nel campo del marketing sia uno dei migliori e potrebbe darmi qualche valido suggerimento. Appena sento bussare alla porta del mio ufficio mi sveglio da uno stato di trance dovuto all’ansia da prestazione che mi suscita questo incontro. 14


È il dottor Ferris. Sento le mie mani sudatissime per l’imbarazzo e spero che non mi tenda la mano per presentarsi in maniera ufficiale. Come non detto, mi ha appena dato una stretta di mano da uomo deciso e sicuro di sé, quelle strette di mano che tutti credono siano più d’effetto e che invece rischiano solo di fratturarti le dita. «Salve sono Alice Lunari, è un piacere conoscerla, ho sentito molto parlare di lei» farfuglio in fretta per cercare di sembrare a mio agio e perfettamente abituata a questo genere di incontri lavorativi. «La mia segretaria mi ha detto che aveva urgenza di vedermi e mi ha mostrato il materiale che mi ha mandato, la situazione è molto delicata.» Mi guarda fisso negli occhi, non so se tenere lo sguardo o distoglierlo con indifferenza, mi sento avvampare, so già di avere il viso a macchie. Quando sono a disagio mi trasformo. Inizio a sudare e a riempirmi di chiazze rosse imbarazzanti. Quando arrivano, mi sento ardere come un fuoco. Inizio a gesticolare, sembro un vigile a un incrocio. Chiara questa me la paga, sono già ansiosa di mio. «È bravo, chiamalo vedrai che ti 15


aiuterà!» Ha solo dimenticato di dirmi che il dottor Ferris è un figo esagerato, bruno con gli occhi verdi e che, a occhio e croce, potrà avere cinque anni più di me. Non riesco ad ascoltarlo, ho perso completamente il filo del discorso, vorrei trovare sulla mia scrivania un bottone per sprofondare giù. «Alice tutto bene? Ha sentito cosa le ho chiesto?» dice notando il mio sguardo assente. Oh, mio Dio. Ora che m’invento?? «Sì, tutto bene. Riflettevo su... su quello che mi ha detto... e... lei ha perfettamente ragione.» «Quindi è deciso, Alice. Come prima cosa, cambieremo nome all’azienda per darle un impatto più attuale e brioso. Vedrà sarà il primo passo verso la risalita.» Mi sento come se mi avesse dato un pugno nello stomaco. Cambiare nome all’azienda? È una vita che si chiama così, è come se a 27 anni decidessero di non chiamarmi più Alice, non sarei più io. E poi a papà chi lo avrebbe detto! Decido di fare una passeggiata tra gli alberi di olivo, questa è l’aria della mia terra, il profumo inconfondibile di queste immense 16


distese. Dai campi, l’edificio sembra ancora più grande, il rosso dei muri esterni si è sbiadito dopo anni di sole eppure, solo oggi, me ne rendo conto. Mentre la mente vaga tra mille pensieri mi ritrovo lungo il sentiero che porta al mio paradiso. In fondo ai campi, una vecchia masseria, che mio nonno utilizzava come ripostiglio di vecchi attrezzi da lavoro, è diventata il mio rifugio. Mi aiuta a riflettere e soprattutto a sognare. Davanti alla finestra c’è ancora la sua sedia a dondolo. Mi siedo e mi faccio cullare, guardo fuori e lascio che i ricordi mi travolgano. Mi mancano le grandi feste in famiglia con le mie adorate zie e le mie cugine, una famiglia numerosa legata da un bene fortissimo. Non saprei vivere senza di loro. Ci sentiamo spesso, ma dopo la morte dei nonni, è difficile riunirci tutti come un tempo. Le festività natalizie erano le mie preferite, eravamo tantissimi, si respirava un’aria magica. Mentre mia nonna e le mie zie materne erano in cucina per preparare il cenone di Natale, con le mie cugine di nascosto andavo alla ricerca dei regali che nascondevano in

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casa per non rovinarci la sorpresa: sapevamo che il nostro Babbo Natale erano loro! Dopo il cenone si giocava a carte per aspettare la mezzanotte, potevamo stare sveglie fino a tardi e ci sentivamo grandi. A mezzanotte dopo aver guardato i fuochi d’artificio, per tradizione, la più piccola della famiglia portava Gesù bambino cantando “tu scendi dalle stelle”; tutti lo baciavamo e lo portavamo al presepe che, ogni anno, preparavamo con dedizione. Lo scambio dei doni era il momento che tanto attendevamo. Scartavamo i pacchi con gioia, si creava un gran caos, nastri e carta da regalo ovunque, eravamo felicissime e l’indomani mattina ci saremmo divertite, insieme, con i nuovi giochi. Alle volte mi sento come quelle automobili di grossa cilindrata capaci di passare da 0 a 100 km orari in tre secondi. In alcuni giorni basta una parola sbagliata e, allo stesso modo, riesco a passare da dolce ragazza insicura a stronza incazzata nera in un attimo. Quando mi arrabbio, un’altra Alice esce allo scoperto, un’Alice che non riesco a controllare, che ferisce con poche parole. Un insieme di aggressività, repressione e follia.

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Se ripenso ad alcune mie reazioni tragicomiche, non posso far altro che sorridere e chiedermi che cosa scatti nella mia testa in quei momenti. Riesco a sfoderare quella grinta che normalmente non ho. Posso essere debole e forte allo stesso tempo, non so quale delle due faccia realmente parte di me. Alice debole m’infastidisce, non affronta il mondo a testa alta e non fa valere le sue qualità; quella forte mi spaventa, perché non riesco a gestirla e non so mai fin dove può arrivare.

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