Giusy Porzio
€ 10,00 WIP Edizioni
ISBN 978-88-8459-245-3
Giusy Porzio
Simulacra n u o v i c o s m i d e l l’ a ni m a
Simulacra
Giusy Porzio (Andria, 1958) ha conseguito la laurea in Medicina e Chirurgia presso l’Università degli Studi di Bari “Aldo Moro” e si è poi specializzata in Psichiatria (Formazione continua Analitica Junghiana e Hillmaniana). È socio dell’“Istituto Mediterraneo di Psicologia Archetipica” (I.M.P.A.) di Catania, che, insieme con l’Associazione Culturale “Crocevia” (www.archeimpa.it), si occupa di portare la psicologia archetipica a contatto con le altre aree di espressione umana, aprendosi così alle molteplici espressioni del sapere attraverso la riflessione su temi di confine, in omaggio alle scienze della complessità. Esercita come Psicoterapeuta Analista junghiana e professa il metodo della comprensione simbolica delle Immagini degli Archetipi, e delle loro sfaccettature individuali che sono alla base della creatività di ogni persona. Da molti anni è appassionata di poesia, che ritiene essere la voce più sottile dell’anima. Ha collaborato con la webgallerie d’arte e poesia “Anforah” (http://anforah.altervista.org/animamundi/animamundi.htm), ove ha pubblicato un lavoro di Poesia ed Immagine dal titolo Anima Mundi. Dello stesso lavoro è stato prodotto un Dvd. Sempre in veste di autrice è già uscita una sua prima raccolta di poesie dal titolo Corpi d’Acqua (Aletti, Villalba di Guidonia, RM, 2011).
Il poema di Giusy Porzio canta odi sospese tra il riconoscimento del preminente ruolo dell’Amore in una società impaurita e smarrita e la lucida intuizione dello psicologo James Hillman, secondo cui questo stesso Amore sia tutt’altro che onnipotente qualora venga evocato solo didascalicamente. Amore, infatti, può ben poco se prima non riconosce, per elaborane il significato più profondo, la vocazione dell’anima, nel cui nucleo enigmatico non mancano le scorie del Cattivo Seme, da cui scaturisce ciò che viene poi ingenuamente decodificato come inatteso. Nei versi della Porzio non vi è fuga dal dato di realtà, ma la tribolata e sognante disposizione a un incessante lavorio interiore per costruire una (auto-)critica della legge istituita, fondata su una sequela di nuovi eventi che ristrutturino il fluire del tempo pieno, del kairos, affinché l’inaggirabile rappresentazione del conflitto, sia in chiave archetipica che economica, non debordi nella violenza, cartina di tornasole di una società che seda le proprie ansie con ricette irenistiche che però archiviano ogni aspirazione al trascendente. L’idea del limite assume allora non la castrante leggiadria di rinnovati miti di eterna giovinezza, di frettolose rimozioni della morte dal panorama biografico, ma testimonia la consapevolezza che le spinte post-soggettive che innervano il presente sono chiamate a riannodare trame solidaristiche e affettive senza timore che le stesse diventino strumenti di repressione della potenza creatrice del singolo. Significativo che la raccolta si chiuda attraverso la serena coniugazione della tarde non come metafora ciclica delle età dell’Uomo, bensì come occasione per pensare, sentire, amare l’Altro, e in particolare un Altro, nella più distesa atmosfera che le luci della città apparecchiano per congedare la frenesia del giorno. Alessandro Lattarulo