un battito di ciglia

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”Breve è la vita che viviamo davvero, tutto il resto è tempo!” Seneca

BIBI GUARNIERI

Nel tempo del mio primo decennio di vita,

UN BATTITO DI CIGLIA

stralci di ricordi ritornati vorticosamente nella mia mente... nello spazio temporale di un

Bibi Guarnieri

un battito di ciglia

battito di ciglia!

€ 13,00

WIP Edizioni

ISBN 978-88-8459-256-9

WIP Edizioni



Bibi Guarnieri

un battito di ciglia


Edizione Maggio 2013 ISBN 978-88-8459-256-9 WIP Edizioni Srl Via Capaldi, 37/A - 70125 Bari tel. 080.5576003 - fax 080.5523055 www.wipedizioni.it - info@wipedizioni.it

in copertina dipinto di Bibi Guarnieri: “Risveglio”, olio su tela, 30x80

è vietata la riproduzione, anche parziale, con qualsiasi mezzo effettuata, senza l’autorizzazione dell’Autore e dell’Editore.


Ai miei amatissimi nipotini DENISE e MICHAEL e a tutti gli altri che verranno ad allietare la nostra vita, affinché possano conoscere ed apprezzare il “modus vivendi“ dei bambini di un passato non troppo lontano e custodirne, con amore, i valori umani, portando sempre nei loro cuori l’ingenuità e la purezza dell’infanzia! Nonna Bibi



Prefazione Il Tempo. Questo sconosciuto che tiranneggia le nostre vite, che ci costringe in una trappola esistenziale, che scandisce la nostra esistenza terrena e, che tu sia re o marrano, non fa sconti a nessuno. Il Tempo, che ci lascia vivere o decide di farci morire, forse è Dio, forse è satana, forse è ... o forse non è. Sant’Agostino disse di lui: “Tempum, si nemo mi querit, scio, si querenti explicare velim, nescio”. Viviamo scanditi da lui, ma ignoriamo chi sia. Da miseri ed infimi esseri di uno spazio del quale non conosciamo i confini, e che potrebbe essere l’infinito che contiene noi soli, o un contenitore microscopico di realtà infinitamente più grandi, il tempo delimita le nostre esistenze, e fa sì che quel miracolo che chiamiamo vita si compia, delineandone inizio e fine, così che quando ci raccontiamo, abbiamo bisogno di dire “prima”. Tutto è relativo al tempo, e l’unica opportunità che ci viene data è quella di farne qualche fotografia. Fonte Lombardi 7



Nacqui

Dopo tre giorni e tre notti di travaglio, la mia povera mamma con l’aiuto di un giovanissimo ginecologo, che applicò il forcipe con grande professionalità, riuscirono a partorirmi ! Felicità generale, scambi di abbracci, baci, sudore e lacrime! “Che bella bambina, bella e grassa!” Bella ora un po’ meno, ma grassa sempre! Era l’otto marzo del lontano millenovecentoquarantadue e con un battito di ciglia aprii gli occhi al mondo!

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Ciucciando ai seni rubicondi di mia madre, crebbi divinamente in salute. Che pacchia, ero buonissima; non facevo altro che ciucciare e dormire cullandomi con la voce angelica di mamma che per me, solo per me, cantava splendide ninne nanne! Ma durò pochino, perché, un brutto giorno svenni! Cos’era? Bevevo il latte di una donna incinta! Sì, mamma aspettava mio fratello senza saperlo! Fui svezzata immediatamente ed affidata alle cure amorevoli delle nonne che per farmi mangiare semolini, creme di riso e farina lattea si dannavano senza esito. Dimagrii ed ero sempre triste; poi mi portarono in campagna e pian piano mi ripresi, ma non si riprese il mondo! Vivevamo la seconda guerra mondiale! Babbo era tenente medico, e sarebbe dovuto partire in Russia assieme ad altri commilitoni, ma il prof. Ferranini allora direttore della clinica medica, ritenne babbo “indispensabile” come medico ed insostituibile come radiologo. Quindi fu esonerato dalla partenza. Quelli che andarono in Russia, furono fatti prigionieri o morti assiderati 10


o dispersi; chissà! Poiché si temevano i bombardamenti in città, sfollammo a Palo del Colle dove tra freddo vento e bombe l’undici febbraio del millenovecentoquarantaquattro nacque mio fratello! Come in una nube ovattata, toccai quella piccola manina… È il primo dei miei ricordi, non avevo ancora due anni!

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Scoppio della nave

Un enorme boato! Cenere e lapilli dappertutto, fragore di vetri che cascando dai balconi diventavano schegge pronte a ferire chicchessia‌ terrore e paura, fuggi fuggi generale, qualcuno inciampava, altri si facevano il segno della croce; chi imprecava chiedendosi cosa fosse: bombardamento? Apocalisse? Terremoto? Con mamma ero per strada, le sue gambe sanguinavano, qualche vetro acuminato l’aveva ferita, corremmo verso casa in via Nicola De Giosa 55 e in cima alla maestosa rampa centrale a sinistra, mio fratello seduto al seggiolone di legno piangeva a perdifiato. Accanto a lui, zia Cristina detta Zizilei era ossessionata dalla paura dell’avvenimento, tanto che i suoi piccolissimi occhi sembravano dovessero uscire dalle orbite e rotolare giÚ per lo scalone, come biglie di vetro, gareggiando a chi arrivasse prima! Poi il velo del non ricordo si posa su di me! Era il nove aprile del millenovecentoquarantacinque. 12



La liberazione

Vago e colorato come una scena di un film, ricordo le forze armate americane sfilare sotto il balconcino di via De Giosa: bandiere svolazzanti, chiasso, applausi, felicità, urla; donne con i grembiuli che afferravano con entrambe le mani coperchi di pentole a mo’ di batteria, bambini vestiti a metà, i campanelli delle biciclette, trombette, tamburi, carri armati, grande vociare: “Gli alleati! Gli alleati!” Tanti soldati, tante divise, tanta gente ai balconi, applausi, gesti di giubilo dappertutto. Ognuno esprimeva la propria felicità come poteva. I carri armati con il loro cigolio collaboravano a far rumore. Gli americani lanciavano qua e là pacchetti di sigarette, stecche di cioccolata, gomme da masticare, bandierine a stelle e strisce dispensando sorrisi luminosissimi dai denti lucidi e smaglianti. Era il venticinque aprile del millenovecentoquarantacinque, la liberazione!

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Mamma

È molto difficile riuscire a descrivere la propria mamma, perché per i figli è sempre la più bella, la più buona, la più cara la migliore dell’universo! E conseguentemente, “ogni scarafone è bell’a mamma soia”! Era di corporatura robusta, capelli castano chiari e riccioluti, viso ovale, bei denti grandi che sembravano perle quando il suo serafico sorriso le illuminava il volto; ed i suoi occhi stupendamente cangianti a seconda dell’abito o del tempo, dal verde smeraldo chiaro al celeste cielo! La sua voce aveva la freschezza di una fanciulla nel parlare, mentre nel canto diventava poderosa specialmente negli acuti… aveva studiato canto da signorina, interrompendo dopo il matrimonio, perché il suocero non vedeva di buon grado che la nuora “calcasse le scene“. Così lei si esibiva in privato, accompagnata al pianoforte da sua madre, che suonava ad 15



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