n. 3
gennaio-aprile 2013
FAMIGLIA: IERI, OGGI E DOMANI
L’INTERVENTO di ALESSANDRO BERGONZONI SI FA PRESTO A DIRE FAMIGLIA di CHIARA SARACENO PIANETA FAMIGLIA: LE STRATEGIE PER DIFENDERLA DALLA CRISI “SILENZIOSA” Intervista a PAOLO CREPET FAMIGLIA: ITALIANO DELL’ANNO Antonio Sciortino
Periodico della Cooperativa Sociale Società Dolce Poste Italiane Spa - spedizione in abbonamento postale 70% – CN BO Bologna. Iscrizione al tribunale di BO del 28/05/1991 n° 5988
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MAURO SPINATO
Direttore Responsabile
“Il matrimonio è quella istituzione che permette a due persone di affrontare insieme difficoltà che non avrebbero mai avuto se non si fossero sposate”
Anonimo
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n questo numero si parla della famiglia o meglio ancora di come, nel terzo millennio, venga vissuto e interpretato tale concetto. Abbiamo raccolto le testimonianze di autorevoli opinionisti, con pareri tra loro diversi, che ci portano a fare non poche riflessioni sull’interpretazione che si vuol dare al termine famiglia, così scontato all’apparenza, ma che invece nasconde storie di grandi sofferenze, gioie e passioni, speranze e delusioni, amori e odi. Emerge che nel corso degli anni il significato di famiglia non solo sia mutato, ma come per molte persone tale concetto sia vissuto in maniera completamente diverso; lontano da una concezione prettamente religiosa portata avanti da una Chiesa preoccupata prevalentemente a proteggere una sua antica istituzione, più che a salvaguardarne i contenuti. Dare quindi oggi una definizione di famiglia, attribuire ad essa un’entità precisa e realistica è estremamente difficile. Più che famiglia parlerei di famiglie. Sono infatti molteplici i modelli che hanno preso piede nella società, espressione di profondi mutamenti a livello economico, sociale, culturale, lavorativo che hanno caratterizzato la trasformazione di tale concetto. Da quello più classico sancito col matrimonio a quello costituito con la convivenza, o basato sulla centralità del bambino o sulla coppia o alle sempre più numerose entità monogenitoriali, unipersonali, o ancora entità ricostituite assemblando e adattando esperienze vissute. Oggi ci si identifica nel modello che più si avvicina al proprio concetto di vivere la vita. Più che di famiglia e di matrimonio si dovrebbe parlare di vita di coppia dove l’unione si chiama sentimento, desiderio di stare insieme, reciprocità di aiuto, rispetto, meno pregiudizi. Vorrei ricordare un pensiero dello scrittore statunitense R. Bach : “Il legame che unisce la tua vera famiglia, non è quello di sangue, ma quello del rispetto e della gioia per le reciproche vite. Raramente gli appartenenti ad una famiglia crescono sotto lo stesso tetto”. Con questi presupposti regnerebbe l’armonia e probabilmente non si assisterebbe al sempre più crescente sfacelo di quella che è considerata la famiglia tradizionale per eccellenza.
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Š Aron Sueveg / Anzenberger
“Quando entriamo nella famiglia, con l’atto di nascita, entriamo in un mondo imprevedibile, un mondo che ha le sue strane leggi, un mondo che potrebbe fare a meno di noi, un mondo che non abbiamo creato. In altre parole, quando entriamo in una famiglia, entriamo in una favola.� Gilbert Keith Chesterton, Eretici , 1905
“La vita è quella cosa che ci accade mentre siamo impegnati a fare altri progetti.” Anthony De Mello
Periodico della Cooperativa Sociale Società Dolce Iscrizione tribunale di Bologna n. 5988 del 28/05/1991 Numero 3, gennaio-aprile 2013 Bologna, chiuso in redazione il 31 gennaio 2013
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SOMMARIO L’INTERVENTO
di Alessandro Bergonzoni
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Comico, attore, scrittore, artista
FAMIGLIA: ITALIANO DELL’ANNO Antonio Sciortino
Direttore Famiglia Cristiana
DIALOGANO CON NOI
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38 UN CONCRETO AIUTO AL BAMBINO
MALTRATTATO E ALLA FAMIGLIA IN CRISI Intervista a Francesca Imbimbo Pedagogista CAF ONLUS
SI FA PRESTO A DIRE FAMIGLIA
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Sociologa
QUANTE DIFFICOLTÀ
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Intervista a Milena Pini
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Intervista a Pierpaolo Donati
Presidente dell’AIGES Associazione Italiana Genitori Separati
DI 14MILA NUCLEI FAMILIARI EXTRALARGE Mario Sberna
Presidente Associazione Nazionale Famiglie Numerose
48 LA FATICA DI ESSERE MADRE
Direttore dell’Osservatorio Nazionale della Famiglia, Presidente dell’Associazione Italiana di Sociologia e Ordinario presso l’Università di Bologna
È MEGLIO NASCERE IN NORVEGIA
Intervista a Fabrizio Dell’Anna
46 ANFN, L’ASSOCIAZIONE AL SERVIZIO
Presidente Nazionale Associazione Italiana degli Avvocati per la Famiglia e i Minori (AIAF)
LA FAMIGLIA COME RISORSA
Dirigente Agenzia per la famiglia Provincia Autonoma di Trento
44 MAMME SINGLE E PADRI SOLI:
Chiara Saraceno
LA LUNGA STRADA DEL DIRITTO DI FAMIGLIA
MADE IN TRENTINO 42 FAMILY Luciano Malfer
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Silvia Vicchi
51 UN CONDOMINIO VERDE FAMIGLIE? 52 QUALI Pietro Segata Presidente Cooperativa Sociale Società Dolce
PIANETA FAMIGLIA: LE STRATEGIE PER DIFENDERLA DALLA CRISI “SILENZIOSA”
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Intervista a Paolo Crepet
54 UNA VACANZA CON
Psicologo, psichiatra e scrittore
MAMMA E PAPÀ Isa Grassano
58 TUTTI I MODI DI DIRE FAMIGLIA Emanuela Giampaoli
PER LA FAMIGLIA NON SERVONO NUOVE LEGGI MA UN TRIBUNALE
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Intervista ad Annamaria Bernardini de Pace
62 SOCIETA’ DOLCE
Avvocato
VERSO UN WELFARE SUSSIDIARIO Intervista a Giorgio Vittadini Presidente della Fondazione per la Sussidiarietà
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NEWS
FAMIGLIE 66 LE di Zazza
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L’INTERVENTO
di ALESSANDRO BERGONZONI Comico, attore, scrittore, artista
FAMIGLIA È... Figli, padri, madri, genitori, fratelli e sorelle. Abbiamo chiesto ad Alessandro Bergonzoni, maestro di pensieri e parole, di raccontarci la sua idea di nucleo familiare. Lo ha fatto restituendo senso e sostanza a concetti a volte troppe abusati e rivolgendo a tutti noi un invito: uscire dagli spazi chiusi e da visioni ristrette, convenzioni e legami di sangue
Famiglia, miglia e miglia, e senza fermarsi mai... Se non quando qualche figlia recita il padremostro, o quando certi antiuomo uccide o violenta spezzando qualche ramo dell’albero geneologico. Non è sangue come molti credono o chiedono: la famiglia è senso. La parentela non c’entra o meglio non solamente. Si tratta di altri connotati di altra prole, di diverse paternità, fratellanza, maternità, eternità-alterità. L’ereditarietà di cui vorrei parlare ha altre strade che non possono finire con testamenti, se non quelli non scritti, con altri Karma, con scelte che si fanno ben prima di nascere o di esser concepiti, o nati a qualsiasi mondo. Innati, sconclusio-nati, iber-nati, marinati, alluvio-nati, incar-nati, gover-nati, abbando-nati, riordi-nati, scompagi-nati, rovi-nati... Molti uomini dicono “I figli non li concepisco...”: apparentemente posson sembrare motivi anatomici, ma certe volte non solo; si tratta di non avere nemmeno un’idea del bambino, che addirittura molte madri credono loro, proprio. Non si dovrebbe mai dire: “Ho avuto un figlio” ma “È nato un figlio”. Fatemelo ripetere fino alla noia che per i genitori i figli dovrebbero essere come degli autostoppisti: li carichi ad un certo punto della vita e poi devono scendere ad un altro punto (e viceversa). Abbiamo un’idea di famiglia troppo legata alla convenzione, alle biografie, alle storie, al coinvolgimento personale. La famiglia vive anche un altrove che lega atavicamente sconosciuti che conosceremo e che fanno parte di un cosmo ben più comprensivo (anche se apparentemente incomprensibile, e incompreso). Esistono famiglie di idee, di azioni, di gesti, di volontà, di intenzioni, che trascendono dalle anagrafi: son fatte da fili, fili di un dio minore e maggiore, fili adottivi, fili putativi, fili non riconosciuti né riconoscibili. E non c’è burattinaio che tenga e che li tenga: a muoverli è appunto quel senso di cui ho detto all’inizio, il settimo senso parallelo al settimo cielo, a quella gioia di essere insieme e un insieme, coagulo e terra, humus e sumus, nuovi moventi che rimandano a fonte e genesi ben oltre il genoma o la chimica dominante. Certo tutto questo non toglie valore a quel senso civico e civile, sociale e societario, che la famiglia in quanto tale muove: diritti, doveri, attenzioni, bisogni, scambi, unioni, condizionamenti, regole,
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norme. Ma come ripeto ossessivamente sempre, è dell’enorme che vorrei parlare non delle leggi che affiorano, ma appunto di quel granché che sta sotto che è la forza il motore propulsivo di ogni essere verso tutti gli esseri, quel cosmico universale che nessun legislatore o costituzionalista può delineare, perché tratta di anima mundi e non di appartenenza o stirpe territorial-geografica. La famiglia carceraia, la famiglia dei malati, la famiglia animale, la famiglia dei morti, la famiglia dei soli, la famiglia agli antipodi, la famiglia degli invisibili. Troppo ci si sofferma sull’aspetto religioso amministrativo giurisprudenziale e poco su quello spirituale metafisico, fissati come siamo sul tema della contemporaneità, attualità o contingenza. Ci sono altri nodi che non vanno sciolti e che servono per ricordare altra memoria, altra coscienza universale. Sembra che ci si accorga solo di certi vicini di certi dirimpettai di un solo condominio, il nostro, quasi non riuscissimo a vedere più in là delle nostre case, dei nostri primi piani, incapaci di usare ascensori che escano dai nostri palazzi (privati, politici, istituzionali) e che dovrebbero spingerci su un altro piano, ad altri livelli, per avere una visone dello strato più che dello stato delle cose. Spesso la cosiddetta “famiglia” sembra un alibi per chi deve imporci la visione dogmatica del convivere, come unica salvezza che pulisce lo sfascio che permettiamo attorno, la devastazione che lasciamo che sia, in nome appunto della “bontà” che l’unica idea di famiglia può creare. Il bene tra chi si ama o dice d’amarsi, ha ancora sfaccettature che fatichiamo a notare, ha altri lati, aree, perimetri che solo perché immisurabili non vengono presi in considerazione. La considerazione non può fermarsi al conosciuto o al limitrofo, né al nostro tempo o al nostro e basta. Fare ancora miglia e miglia significa anni luce di cammino, uscendo dalla nostra orbita, dalle nostre uniche usanze e abitudini, da quel programma che ci vuole vedere solo sorelle, fratelli, madri, padri, nuclei definiti, spazio chiuso, momento.
DIALOGANO CON NOI Qual è il tuo libro preferito? Finegan’s Way di James Joyce, per l’iniziare continuo, il non finire mai, il rendere l’illeggibilità intellegibile, per non avere personaggi e trame, se non quelle oscure cioè profonde dell’incommensurabilità della scrittura del dire e del pensare
Il prossimo viaggio che farai? India. Dopo Americhe, Indonesie, Afriche, Vietnam e Cambogie ed Europa varia, vorrei andare a Benares, la città dei Morti e da lì fare la circumnavigazione dell’idea indiana, geograficamente e non, un po’ in ritardo certo, ma spero ancora in tempo per smentire chi dice che è solo povertà, religione e fame come se tutto questo non facesse parte di ogni vita delle meraviglie
Un pregio Non far mai finta di niente, condividere, coesistere, inventare
Un difetto
ALESSANDRO BERGONZONI Autore, scrittore, comico, attore e artista visivo. Sono le mille anime di Alessandro Bergonzoni, protagonista di grandi successi teatrali, ha scritto libri e articoli per riviste e quotidiani, recitato sul grande schermo, curato trasmissioni televisive e radiofoniche, esposto le sue opere in importanti gallerie. Dal 2000 è al fianco della Casa dei Risvegli come testimonial. Attualmente è in tournée con lo spettacolo “Urge”. Info e date: http:// alessandrobergonzoni.it
Ossessività. Non poter fare a meno del tutto, non essere in pace con chi fa la guerra all’oltre e all’altro
Qual è il tuo libro preferito? Non ho un libro preferito
Il prossimo viaggio che farai?
Estonia
Un pregio Tenacia
LUCIANO MALFER Nato a Trento nel 1962, coniugato con 4 figli, attualmente è dirigente dell’Agenzia per la Famiglia della Provincia Autonoma di Trento. Dal 1995 svolge incarichi dirigenziali occupandosi di politiche abitative, ambientali, trasporti pubblici, qualità, ICT, politiche sociali e familiari
Un difetto Razionalità
Qual è il tuo libro preferito? Ne ho tanti, non uno solo. Sono una lettrice onnivora, specie di romanzi e storie brevi. Amo molto Ann Tyler, Amos Oz, Yehoshua, Irene Nemirowsky, Heinrich Böll, Alice Munro; e rileggo spesso Balzac e Thomas Mann
Il prossimo viaggio che farai? Sono sempre in viaggio, purtroppo, perciò faccio fatica a programmarne uno per puro piacere. Mi piacerebbe tornare in Brasile, che trovo un paese oggi molto interessante, o andare in India, che non conosco affatto
Un pregio Cerco di essere utile
Un difetto Un po’ spigolosa, eccessivamente franca
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CHIARA SARACENO È stata ordinario di Sociologia della Famiglia all’Università di Torino e Professore presso il Centro di Ricerca Sociale di Berlino. Attualmente è Honorary Fellow presso il Collegio Carlo Alberto di Torino. Il suo campo principale di ricerca sono famiglia, welfare e questione femminile . Di recente ha pubblicato per Feltrinelli “Coppie e famiglie. Non è questione di natura”, che presenterà il 10 febbraio a Reggio Emilia alle 11 presso Sala degli Specchi del Teatro Municipale Valli
CHIARA SARACENO
Sociologa
SI FA PRESTO A DIRE FAMIGLIA Non c’è nulla di meno naturale del nucleo familiare, anzi coppia e matrimonio sono tra le istituzioni sociali più oggetto di regolazione che ci siano, soggetti ai mutamenti del costume e del tempo. È la società che di volta in volta definisce quali dei rapporti di coppia e di generazione sono “legittimi”
Ciascuno di noi ha esperienza di una notevole varietà nei modi di fare e concepire la famiglia anche nello spazio limitato e nel tempo breve delle proprie relazioni sociali, che si tratti dei rapporti genitori-figli, dell’importanza dei parenti (o di alcuni piuttosto che di altri), i modelli maschili e femminili, paterni e materni, e così via. Legami di sangue formalmente simili hanno una “sostanza familiare” diversa a seconda dei soggetti concreti che vi sono coinvolti. Famiglia anagrafica, famiglia legale, famiglia sociale e famiglia degli affetti raramente coincidono, anche se vi possono essere più o meno ampie sovrapposizioni parziali, disegnando appartenenze e confini variabili non solo da una persona all’altra, ma anche per una stessa persona a seconda di ciò che viene messo a fuoco. L’esperienza della diversità nel fare ed essere famiglia è, ovviamente, comunissima quando si forma una coppia, confrontando e mediando due tradizioni familiari, due modelli di famiglia, con differenze che possono apparire minime, ma diventare grandissime e persino irriconciliabili in caso di conflitto. Le differenze nei modi di fare e vivere la famiglia nello spazio quotidiano possono essere interpretate come semplici variazioni ai margini, più o meno idiosincrasiche, di un fenomeno che mantiene un nucleo stabile e universa-
le. Quando si passa, tuttavia, dall’esperienza quotidiana al tempo storico e all’orizzonte largo delle diverse civiltà, la varietà dei modi di fare famiglia non può più essere letta come semplice manifestazione delle possibili varianti di un fenomeno che nella sua essenza di fondo rimane universale. La comune “natura umana”, in effetti, non sembra garantire alcuna universalità ai modi di fare famiglia, né sul piano biologico né su quello normativo. La storia delle civiltà presenta un pressoché inesauribile repertorio di modi di organizzare e attribuire significato alla generazione e alla sessualità, all’alleanza tra gruppi e a quella tra individui – di costruire, appunto, famiglie. Poligamia, poliginia e monogamia, patrilinearità e matrilinearità – sono solo alcune delle forme in cui si sono organizzati e organizzano i rapporti di sesso e generazione socialmente riconosciuti e in cui hanno trovato collocazione paternità, maternità, filiazione, appartenenze, con un legame spesso molto tenue, quando non assente, con i fatti biologici della sessualità e della generazione. Costruzione eminentemente sociale, la famiglia tuttavia è l’istituzione che meglio esemplifica ciò che Durkheim aveva definito “fatto sociale”: un fatto così ovvio da apparire come dato in natura, al punto da non essere neppure
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più vista nella sua complessità e nelle sue regole storicamente e socialmente situate. Un’ovvietà che la rende opaca, impenetrabile. In effetti, non vi è nulla di meno naturale della famiglia, sia per quanto riguarda i rapporti di coppia, inclusa la sessualità, sia per quanto riguarda la generazione. Gli studi di storia sociale, insieme a quelli antropologici ed etnologici, offrono un’ampia documentazione di quello
che chiamerei il paradosso normativo della famiglia. In ogni società conosciuta ed in ogni epoca troviamo forme di regolazione dei rapporti di sesso, di generazione e tra le generazioni che individuano i rapporti familiari da quelli che viceversa non lo sono. In particolare, ogni società regola i rapporti di filiazione, ovvero a chi appartengono i figli. Regola anche a chi è concesso avere figli, cioè instaurare un rapporto di generazione socialmente ricono-
Nel passato come nel presente e nelle varie culture, la famiglia è il campo in cui l’umanità ha mostrato una enorme capacità di inventare soluzioni istituzionali e normative ben prima che le tecnologie riproduttive offrissero ulteriori elementi di complicazione e variazione
sciuto. Di conseguenza, regola quale è lo statuto di chi viene al mondo, a seconda che la generazione avvenga o meno secondo le norme socialmente stabilite. Ma ciò avviene ed è avvenuto in modi così differenti nelle diverse società e epoche storiche, che è impossibile ricostruire una vicenda unitaria di trasformazioni, all’interno della quale rintracciare il filo unitario della «famiglia». All’universalità dell’esigenza di definire appartenenze e obbligazioni lungo i due assi del sesso e della generazione non corrisponde una univocità di soluzioni, neppure a livello minimo. Al contrario, si potrebbe dire che, nel passato come nel presente e nelle varie culture, questo è il campo
in cui l’umanità ha mostrato una enorme capacità di inventare soluzioni istituzionali e normative ben prima che le tecnologie riproduttive offrissero ulteriori elementi di complicazione e variazione. La perdita di certezza sul carattere universale e naturale della famiglia può produrre insicurezza e timore di anarchia, di mancanza di regole. Ma le vicende familiari sono proprio testimonianza della forza e del potere delle regole, delle norme e della capacità degli uomini e delle donne sia di inventarle per dare ordine ai propri rapporti, sia di modificarle quando le vedono troppo costrittive o causa di ingiustizia nei rapporti tra i sessi e le generazioni.
ISTAT: IN AUMENTO FIGLI E UNIONI CIVILI Ci si sposa sempre meno e aumentano le separazioni. Buone notizie invece sul fronte della natalità, in lieve crescita. Sono gli ultimi dati Istat relativi alla condizione delle famiglie italiane che rivelano che nel 2011 sono stati celebrati 208.702 matrimoni, quasi novemila in meno rispetto all’anno precedente, con un tasso di nuzialità che passa da 3,6 a 3,4 per mille. E se le nozze davanti all’altare restano la scelta più diffusa (60,2%), soprattutto nelle regioni del Nord, le unioni civili nel 2011 hanno superato quelle religiose (sono il 51,7% rispetto al 48,3% di quelle celebrate in chiesa). Aumentano anche le separazioni (+2,6%), mentre sono leggermente diminuiti i divorzi (-0,5%). In crescita è anche il numero di minori per i quali viene scelto l’affido congiunto, che si conferma la soluzione più diffusa. Cresce, seppur non di molto, il numero dei nuovi nati: nel 2011 il numero medio di figli per donna in Italia si attesta a 1,42 a livello nazionale, contro l’1,41 dell’anno precedente, anche se si diventa mamme sempre più tardi. A peggiorare è invece il quadro economico delle famiglie. Nel 2012 la percentuale di famiglie che affermano di disporre di ‘risorse ottime o adeguate’ è diminuito dal 56,8% al 52,5, mentre i nuclei familiari che le ritengono scarse passano dal 37% al 40,3 e insufficienti dal 5,7% al 6,8. Fonte: Annuario Istat 2012
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Intervista all’Avvocatessa MILENA PINI
Presidente Nazionale Associazione Italiana degli Avvocati per la Famiglia e i Minori (AIAF)
LA LUNGA STRADA DEL DIRITTO DI FAMIGLIA Oggi l’affidamento condiviso è disposto nella quasi totalità dei casi, ma certo non ha risolto le difficoltà ancora esistenti nella nostra società, di una equa ripartizione tra donna e uomo delle responsabilità e dei compiti in ambito domestico e rispetto ai figli
L’Italia a che punto è, rispetto ad altri Paesi europei, nelle riforme sul diritto di famiglia?
i padri italiani è così difficile da raggiungere, a differenza dei Paesi nordici?
La legislazione di un Paese in materia di diritti delle persone e della famiglia è strettamente connessa alla cultura del suo popolo e ai principi etici sui quali si fonda. Pertanto negli ultimi anni alcuni Paesi europei hanno varato leggi che riconoscono alle persone il diritto di scegliere il modello di famiglia più consono alle loro esigenze e ampia libertà nelle scelte che riguardano la propria vita e la morte. Il Parlamento Italiano, evidentemente condizionato dalla Chiesa Cattolica, ha sinora rifiutato di seguire tale orientamento, nonostante le richieste che provengono dalla società civile di un maggior riconoscimento dei diritti delle persone. Tali difficoltà di modificare la legislazione esistente riguardano persino la possibilità di ottenere in determinati casi (ad esempio in assenza di figli) il divorzio, in alternativa alla separazione, o di poter adottare un figlio da parte di una persona single.
L’affidamento condiviso introdotto dalla legge 54/2006 ha contribuito positivamente ad un maggiore coinvolgimento dei padri nella gestione della vita dei figli, dopo la separazione. Oggi l’affidamento condiviso è disposto nella quasi totalità dei casi, ma certo non ha risolto le difficoltà ancora esistenti nella nostra società, di una equa ripartizione tra donna e uomo delle responsabilità e dei compiti in ambito domestico e rispetto ai figli. I problemi che emergono nella fase della separazione della coppia hanno origine durante il matrimonio o il rapporto di convivenza. Occorrerebbe preparare i giovani ad affrontare con maggiore responsabilità e consapevolezza il progetto di creare una famiglia, con una prospettiva non effimera, ma di lunga durata.
A distanza di sette anni dalla legge, quale bilancio si può fare sull’affido condiviso? E perché la parità di doveri e compiti tra le madri e 14
La famiglia, anche quella apparentemente più normale e “perbene” può diventare luogo di violenza inaudita. Spesso a farne le spese sono mogli e figli. Qual è la situazione, ad oggi, e quali tutele esistono per proteggere realmente
chi la violenza non la vuole subire? L’Italia da alcuni anni ha in Europa il triste primato del numero di morti violente di donne per mano di mariti, fidanzati e familiari. È una situazione che peraltro si sta aggravando e che dovrebbe vedere una maggiore sensibilizzazione e mobilitazione da parte dell’intera società. La legge 154/2001 ha introdotto delle misure a tutela dei soggetti deboli (minori e donne) contro i maltrattamenti in ambito familiare, ma spesso le donne si limitano a fare denunce alla forza pubblica, senza promuovere avanti il tribunale il procedimento per l’allontanamento del partner violento. Occorrerebbe un intervento più deciso e protettivo delle vittime da parte della forza pubblica, soprattutto nel caso di stalking attuato da ex coniugi ed ex fidanzati. Altrettanto utile sarebbe una maggiore diffusione sul territorio di centri pubblici, istituiti dai Comuni, dove le donne e i minori possano trovare assistenza ed accoglienza quando si trovano in queste situazioni.
I tempi della giustizia, nel diritto di famiglia, sono lunghissimi. Quanto incidono sul benessere dei bambini coinvolti in separazioni conflittuali? Esistono soluzioni? Va precisato che sono molto lunghi i tempi dei procedimenti contenziosi di separazione e divorzio, dove manca l’accordo tra le parti, sulla regolamentazione dei loro rapporti genitoriali, o su questioni economiche. Si tratta però di una percentuale molto ridotta, che secondo i dati Istat non supera la media nazionale del 10% sul totale complessivo delle separazioni e dei divorzi. Nel 90% dei casi le parti riescono a trovare un accordo per
la separazione consensuale e i tempi per ottenere l’udienza avanti al Presidente del tribunale sono in media da uno a tre mesi dal deposito del ricorso. Quando il procedimento è contenzioso è necessario svolgere un’istruttoria, e spesso il tribunale dispone delle consulenze tecniche per valutare le capacità e risorse dei genitori, oppure per accertare la consistenza del patrimonio e il reddito e tenore di vita delle parti. Queste cause possono protrarsi anche per due-tre anni e spesso si risolvono in modo insoddisfacente per tutti. Durante questo periodo il conflitto rimane acceso e i figli ne subiscono le conseguenze più dolorose, spesso rivendicati dall’uno e dall’altro genitore. Purtroppo è irrealistico pensare che non vi siano casi patologici che arrivano a questi eccessi. Va peraltro detto che i tribunali già oggi scoraggiano efficacemente questo tipo di procedimenti e spesso giungono ad affidare i figli minori ai servizi sociali per indurre i genitori a responsabilizzarsi e a collaborare tra loro.
Le associazioni non profit e le cooperative sociali che si occupano di minori possono essere di sostegno e supporto ai protagonisti di separazioni conflittuali (nella mediazione, nell’aiuto al minore ad elaborare paure e traumi, nell’indicare modi buoni ai genitori)? I servizi pubblici e privati che sul territorio svolgono una attività a sostegno della famiglia e dei minori possono certamente contribuire a migliorare le capacità educative dei genitori e la loro collaborazione nell’interesse dei minori. È però necessario che tale attività sia svolta da chi abbia un’effettiva competenza ed esperienza professionale, e cioè da psicologi e mediatori familiari.
I tempi dei procedimenti contenziosi di separazione e divorzio, dove manca l’accordo tra le parti, sono molto lunghi. Costituiscono però una percentuale molto ridotta, che secondo i dati Istat non supera la media nazionale del 10% sul totale complessivo delle separazioni e dei divorzi. Nel 90% dei casi le parti riescono a trovare un accordo per la separazione consensuale e i tempi per ottenere l’udienza avanti al Presidente del tribunale sono in media da uno a tre mesi dal deposito del ricorso 16
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Intervista a PIERPAOLO DONATI
Direttore Scientifico dell’Osservatorio Nazionale della Famiglia, Presidente dell’Associazione Italiana di Sociologia e Ordinario di Sociologia dei processi culturali e comunicativi all’Università di Bologna
LA FAMIGLIA COME RISORSA La politica dovrebbe creare le condizioni sociali, culturali, economiche, affinché le famiglie possano essere soggetti attivi in tutti i campi, dai servizi alle persone, alla scuola, alla sanità, alla sicurezza sociale, alle condizioni di lavoro, ai trasporti, agli orari della città, alla cura dell’ambiente in cui si vive, e così via
In Europa si sta compiendo una rivoluzione nelle strutture e nei comportamenti familiari che lei ha definito “morfogenesi della famiglia”. Di cosa si tratta, quali sono le cause e che cosa comporta? Per morfogenesi della famiglia intendo la nascita di nuove modalità di fare famiglia, tra le quali ci sono quelle positive e quelle problematiche. Quelle fisiologiche nascono da una maggiore eguaglianza fra uomo e donna e sono più attente alla cura delle persone, mettono più attenzione alle relazioni, soprattutto nei confronti dei figli. Le altre nascono soprattutto dalla dissoluzione della famiglia, per via della crescita di separazioni e divorzi, che generano persone sole, convivenze provvisorie e poco solide e soprattutto le famiglie monogenitoriali, in gran parte madri sole, che vivono in condizioni debolissime. Da notare che la bassa natalità sta provocando un aumento spropositato di anziani soli senza speranze di un’assistenza adeguata. La morfogenesi italiana avviene senza aver capito che la famiglia, come dice un recente rapporto (La famiglia risorsa della società, il Mulino), è una risorsa e non un costo.
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In tempo di crisi, si può ancora parlare di politiche per la famiglia? E la politica influisce sul benessere delle famiglie? La politica influisce enormemente sulla vita delle famiglie, ma il problema è che in Italia i politici ignorano come ciò avvenga. Essi guardano solo a come le misure fiscali e le spesa pubblica per i servizi incidano sui consumi delle famiglie, mentre la politica dovrebbe creare le condizioni sociali, culturali, economiche, affinché le famiglie possano essere soggetti attivi in tutti i campi, dai servizi alle persone, alla scuola, alla sanità, alla sicurezza sociale, alle condizioni di lavoro (il grande tema della conciliazione tra lavoro e famiglia), ai trasporti, agli orari della città, alla cura dell’ambiente in cui si vive, e così via. Proprio in tempo di crisi bisognerebbe investire sul protagonismo delle famiglie, anziché trattarle come dei mendicanti che chiedono solo sconti ed elemosine. Si pensa di rabbonire le famiglie concedendo piccoli aumenti nelle detrazioni Irpef per i figli e promettendo asili nido. L’Osservatorio Nazionale sulla Famiglia, da me diretto, ha formulato un Piano Nazionale di Politiche Famigliari (approvato dal governo Monti nel
luglio 2012, on-line), che attende ancora di essere messo in pratica.
Che cos’è la famiglia, oggi? O è meglio parlare di famiglie? La polemica tra l’uso della parola al singolare o al plurale (le famiglie) è in gran parte ideologica. Non bisogna ragionare come se parlare di ‘famiglia’ al singolare voglia dire sostenere un modello unico. Dire famiglia vuol dire riferirsi a un certo tipo e qualità di relazioni, quelle di piena reciprocità fra i sessi e fra le generazioni. La famiglia ha un suo ‘genoma’ (si veda La famiglia. Il genoma che genera la società, Rubbettino). Chi parla di ‘famiglie’ al plurale, lo fa perché vuole includere tutte le forme di convivenza, che
sono aggregazioni di persone, che magari condividono degli affetti e degli aiuti reciproci, ma che non sono famiglie dal punto di vista sociologico. Gli inglesi le chiamano ‘partnership civili’, i tedeschi ‘compagnie di vita’, i francesi ‘patti di solidarietà civile’, e fanno bene, perché queste dizioni segnano una netta distinzione con le famiglie vere e proprie.
Se oggi, come sembra, le società europee sono più influenzate dall’economia, che dalla politica, come potrà quest’ultima influire sulla vita delle famiglie? La politica, come ho detto prima, deve creare delle condizioni affinché la società civile possa fiorire e l’econo-
mia è il cuore della società civile. La crisi economica è prima di tutto frutto dello spappolamento delle famiglie e della perdita di capitale sociale e umano delle famiglie, che sono state sfruttate negli ultimi tre decenni anziché essere valorizzate. Se la politica non si muove, ci penserà l’economia a lasciarla perdere. Nel futuro io vedo una trasformazione dell’economia nella sua natura più autentica – lo dice la parola greca (oikos, che vuol dire “beni di famiglia”, e nomos, che vuol dire “norma” o “legge”) –, ossia come produzione eticamente regolata di beni e servizi per la famiglia.
Alla crisi del Welfare può rispondere la
Nasce UNIFICA
sussidiarietà del non profit? E quale ruolo può avere nel dare risposte alle famiglie? Sinora, specie in Italia, il non profit è servito allo Stato per scaricare costi e rischi a carico di altri. I Paesi che stanno facendo fronte meglio di tutti gli altri alla crisi del welfare sono proprio quelli che hanno capito il ruolo autonomo e propulsivo del Terzo settore e del privato sociale. Peccato che nell’agenda dei partiti politici, inclusa l’Agenda Monti, tutto questo sia ignorato, per non dire avversato. Se la politica va indietro, occorre che profit e non profit si alleino per una nuova società civile.
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SILVIA VICCHI
Giornalista
È MEGLIO NASCERE IN NORVEGIA Nascere in Italia, piuttosto che in Francia, o in Norvegia, fa la differenza. Le politiche per la famiglia sono spesso nettamente diverse tra i vari paesi europei e l’Italia ha il triste primato del penultimo posto in Europa per aiuti alle famiglie. I servizi per la prima infanzia, come gli asili nido, sono ancora insufficienti, scarsi al Sud e costosi, mentre la regolamentazione dei congedi è ferma a dieci anni fa Paesi geograficamente vicini a noi, come la Germania e l’Austria, da tempo hanno accantonato il modello “male breadwinner”, ancora radicato in Italia, che prevede il padre al lavoro e la madre a casa ad occuparsi dei figli, introducendo i congedi di paternità e incrementando i servizi per l’infanzia, creando così una voragine di distanza tra le famiglie italiane e quelle tedesche, o austriache. Guardando a un altro paese a noi vicino, la Francia, c’è da ammirarne la lungimiranza per avere puntato su uno sviluppo demografico, che l’ha portata a raggiungere il tasso naturale di sostituzione della popolazione. Il paese d’Oltralpe offre aiuti economici, congedi parentali, servizi di cura d’avanguardia e oggi può vantare il record del tasso di natalità in Europa. Ma quanto costano le famiglie all’Italia? Secondo un’elaborazione dei dati Missoc/Eurostat, una cifra irrisoria della spesa sociale: appena 281 € annui pro–capite, contro la media europea di 561 €. Pare che s’investa più sulle pensioni, che sulle famiglie, sposando una politica di sussidiarietà allargata, legata ad aspettative di solidarietà familiare, dove la donna si prende cura di casa e figli, anziani e disabili. Una condizione che il nostro Paese condivide con gli altri del Mediterraneo,
dove gli aiuti alle famiglie sono considerati un costo e non un investimento. L’Italia destina alle famiglie l’1,2% del PIL, di fronte a una media europea del 2,2%, che arriva al 3% nei paesi scandinavi e di lingua tedesca: 807 € della Finlandia, 863 dell’Austria, 825 della Germania, 622 della Francia. Il paese europeo più amico delle famiglie è la Norvegia, con 1.200 € annui pro-capite. Per la famiglia spendono più di noi Cipro, la Slovenia e l’Ungheria. Ci seguono, in coda, solo il Portogallo e gli altri paesi dell’Est. I costi di cui si parla includono trasferimenti monetari diretti, come gli assegni familiari, che mentre in Italia sono di basso importo e legati al reddito, in Germania il Kindergeld, la paghetta del bambino, ha un importo considerevole e viene concesso indipendentemente dal reddito. Lo stesso accade in Francia, ma solo a partire dal secondo figlio. Se guardiamo agli asili nido e alle scuole materne, il 27% dei bambini francesi vi trova posto, insieme al 13% della Germania e al 12% dell’Austria. In Italia invece solo 7 bambini su 100 riescono ad accedere al nido, con costi a volte talmente elevati, che uno stipendio è destinato a pagare la retta, per conservare il
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posto di lavoro di un genitore, quasi sempre la madre. Non bisogna dimenticare che i servizi di cura per la prima infanzia sono condizione necessaria per il rientro della madre al lavoro e non è un caso che un terzo delle mamme italiane rinunci all’attività lavorativa che svolgeva prima della maternità. Da quanto emerso dall’European Industrial Relations Observatory, guardando al sistema dei congedi, la cui finalità è la conciliazione tempi di vita e di lavoro, in Italia sono previsti un congedo di maternità obbligatorio di cinque mesi, retribuito all’80% e un congedo facoltativo retribuito al 30%, per massimo dieci mesi, per chi ha un lavoro dipendente, o tre mesi per la lavoratrice autonoma, o se si ha un contratto a tempo deter-
minato. Anche qui il divario con i nostri vicini austriaci, tedeschi, o francesi è enorme. L’Austria ha da tempo istituito un congedo con tre varianti, che va dai 15 ai 30 mesi e incentivante per i padri, perché quando a stare a casa col figlio è il papà, viene prolungato di tre, o di sei mesi. Stessa politica viene portata avanti dalla Germania, sempre per promuovere i congedi di paternità, mentre la conciliazione vita e lavoro è garantita dall’Elternzeit, congedo che garantisce la conservazione del posto, fino a un massimo di tre anni, stando a casa, o lavorando per un part time di 30 ore, con un contributo pari a due terzi del mancato stipendio, fino a un massimo di 1.800 euro mensili per 12 mesi, sempre con un prolungamento di ulteriori due mesi, se anche il padre
L’Italia destina alle famiglie l’1,2% del PIL, di fronte a una media europea del 2,2%, che arriva al 3% nei paesi scandinavi e di lingua tedesca: 807 € della Finlandia, 863 dell’Austria, 825 della Germania, 622 della Francia. Il paese europeo più amico delle famiglie è la Norvegia, con 1.200 € annui pro-capite. Per la famiglia spendono più di noi Cipro, la Slovenia e l’Ungheria. Ci seguono, in coda, solo il Portogallo e gli altri paesi dell’Est
FAMIGLIE ARCOBALENO “Se siamo una famiglia? Chiaro. Una famiglia è dove ci sono amore e cura e sarebbe giusto che fosse riconosciuto”. A parlare è Ilaria Trivellato, di Famiglie Arcobaleno, che con la compagna Antonella è mamma di una splendida bambina di 8 anni. “Nostra figlia è bene accolta ovunque, non abbiamo mai affrontato un rifiuto, perché la società è più avanti dei politici. Però sappiamo di avere incontrato brave persone e non di godere di un diritto”. Ilaria per lo Stato è una mamma single, ma essendo convivente con Antonella, non gode di nessun vantaggio, i loro redditi si sommano e per una volta sono trattate proprio come una famiglia. “Nostra figlia – continua Ilaria – è serena, frequenta i compagni e va bene a scuola. Perché nonostante le affermazioni che a volte si leggono, non esiste studio scientifico al mondo che dica che i bambini cresciuti in famiglie omogenitoriali presentino problemi. Sono bambini come gli altri e come tali dovrebbero essere considerati anche dalla legge”. In Italia, invece, i 250 bambini nati in famiglie con due mamme o due papà, non hanno gli stessi diritti di chi nasce in una famiglia tradizionale: “Se io morissi – spiega Ilaria - mia figlia sarebbe adottabile, nessun diritto è riconosciuto all’altra mamma, nonostante anni di cura e amore. È il diritto del bambino che viene leso e su questo noi ci battiamo”.
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fruisce del congedo. Ancora più avanzata la Francia, la cui politica familiare è basata sul modello di scelta genitoriale, con l’opzione di accudimento diretto del bambino, o il godimento dei servizi di cura. Oltre al Prime, un premio di nascita di 890 €, dato fino a un reddito massimo di 43.363 €, la famiglia può contare su un assegno base di 177,95 euro, concesso mensilmente dalla nascita ai tre anni e un aiuto economico diretto per chi sceglie di pagare una baby sitter a domicilio, fino al compimento del sesto anno del bambino. Se poi un genitore sceglie di non lavorare per stare a casa coi figli, riceve un aiuto economico di 552 € mensili per sei mesi, qualora rinunci totalmente al lavoro e non goda dell’assegno di
base, o di 139 €, se sceglie di lavorare part-time. Resta il fatto che guardare all’Europa dall’Italia è sconfortante e certo non invita a fare figli. L’importo dei nostri assegni familiari basta a malapena a fare una spesa settimanale al supermercato. Secondo l’Istat, in Italia le famiglie monogenitoriali rappresentano le nuove povertà e non è difficile da credere, se si pensa che una madre francese sola riceve dallo Stato un assegno familiare di circa 800 euro mensili, mentre quella italiana si deve accontentare di 130. Sembra che la nascita di un figlio, nel nostro paese, oltre che una gioia, sia un guaio e questo può spiegare perché l’Italia vanti il tasso di natalità più basso d’Europa.
Sembra che la nascita di un figlio, nel nostro paese, oltre che una gioia, sia un guaio e questo può spiegare perché l’Italia vanti il tasso di natalità più basso d’Europa
DUE GEMELLI PER DUE PAPÀ «Gli uomini? Sono più pazienti delle donne con i bambini». Ne sono convinti Luciano Tanganelli e Davide Sapienza, una coppia gay di Poggio a Caiano (in provincia di Prato) che, dopo essersi sposati a New York, hanno potuto coronare il sogno di diventare genitori. Grazie ad una donna che ha ricevuto un ovulo fecondato da Davide, negli Usa, sono nati due gemelli: Andrea e Elisabetta. Luciano (che fa parte della Consulta contro l’omofobia di Firenze) e Davide vogliono rendere nota la loro storia per sfatare i troppi luoghi comuni: «essere gay non significa dissolutezza, vivere senza moralità. Siamo una coppia, come gli eterosessuali, e non ci sentiamo un pericolo per la comunità, per l’ordine, per chi ci vive accanto». In Toscana nel 2013 nasceranno, con analoghe procedure, altri sei bambini figli di coppie omosessuali.
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Intervista a PAOLO CREPET
Psicologo, psichiatra e scrittore
di Federica Pagliarone
PIANETA FAMIGLIA: LE STRATEGIE PER DIFENDERLA DALLA CRISI “SILENZIOSA” “Per secoli la famiglia è stata il pilastro della nostra comunità, il luogo dove crescevano i figli, si curavano i vecchi. Poi è arrivato il benessere e tutto è, pur lentamente, cambiato. La famiglia si è scoperta fragile, incapace di essere luogo autorevole e coerente”. Paolo Crepet, insigne psichiatra e sociologo italiano, analizza con noi l’evoluzione della famiglia che, negli ultimi anni, è avvenuta nel nostro Paese Dottor Crepet, a suo avviso la famiglia oggi rappresenta ancora una speranza per l’umanità? In linea di massima direi di sì, anche se la famiglia attuale è molto diversa rispetto a quella di vent’anni fa. Le denominazioni andrebbero aggiornate: oggi per famiglia si intende una comunità in cui il 50% delle persone sono separate, senza parlare poi dell’aumento dei matrimoni civili che ultimamente ha subito un’impennata.
Secondo la sua esperienza, quali sono le cause della disgregazione familiare e quanto ha influito in questo senso l’indipendenza, in primis economica, della donna? Ritengo senz’ombra di dubbio che l’indipendenza del-
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le donne sia da considerare un nuovo auspicio, per cui non credo proprio che possa essere associata alla crisi delle famiglie moderne, a meno che non vengano considerate delle S.p.a. dove il marito rappresenti l’azionista di riferimento. Ben vengano dunque donne con un proprio modello di 740 e famiglie fondate su un’unione di sentimenti e non su interessi bancari.
Nel nostro Paese è in atto, da tempo, una rivoluzione della paternità, e dunque della coppia, in un sentiero che dalla asimmetria conduce alla simmetria di ruoli. Cosa ne pensa? Ritengo si tratti di un cambiamento molto civile, sebbene solo parzialmente realizzato. Essendo i padri, infatti, dei neofiti, quasi una sorta di apprendisti stregoni, è assolutamente necessario che vengano educati
al loro nuovo ruolo genitoriale.
Che messaggio ha voluto dare ai genitori con
il libro Sfamiglia (2009) - Vademecum per un genitore che non si vuole rassegnare? Il libro vuole essere un aiuto ai genitori affinchè ca-
piscano i limiti legati al proprio ruolo, in poche parole rappresenta un atto d’incoraggiamento. La maggior parte delle famiglie, infatti, è accomunata dal problema dell’incomunicabilità generazionale che vede, da una parte la generazione adulta di genitori che non sanno comunicare e delegano alla tecnologia (televisione, computer, videogiochi) questo compito; dall’al-
tra i giovani che, a loro volta, hanno eretto un muro e creato un mondo a sé, riempendolo di suoni, immagini, videogiochi e tanta solitudine.
Spesso ha parlato della deriva accondiscendente e consumistica del rapporto genitori-figli. Sono i padri e le madri a non voler piú crescere? Bambini maleducati, adolescenti senza regole, ragazzi ubriachi ed indifferenti, giovani senza occupazione che, invece di prendere in mano la propria vita, vegetano senza studiare né lavorare. Genitori che si lamentano di una generazione arresa e senza passioni: è questo purtroppo il quadro della famiglia moderna. Ma ad arrendersi, per primi, sono proprio i genitori che, con la loro accondiscendenza, hanno sottratto ai figli l’essenziale, ossia il desiderio, salvaguardando un quotidiano quieto vivere privo di emozioni ed ambizioni dove rimbomba solo l’elenco delle lamentele contro la società e la politica. Come se questo mondo non l’avessero creato proprio loro!
Lei ha dichiarato che uno dei problemi delle famiglie di oggi consiste nel fatto che non si educano più i figli, illudendosi che per il futuro non ce ne sia bisogno. C’è davvero un’emergenza educativa? Nella vita di una persona, come ho appena detto, l’essenziale è il desiderio. Non c’è vita, senza desiderio.
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Invece noi ai figli lo togliamo. Per non rischiare, non poniamo limiti. E se poi, per un rifiuto, per un no, ci si sente in colpa, non si è autorevoli. Educare invece comprende una fatica: il fatto che non vogliamo far fatica, porta a pensare che neanche i nostri figli debbano farla, invece educare è fondamentale in quanto significa preparare le nuove generazioni alle difficili, ma anche meravigliose, sfide del futuro. Personalmente, attraverso la Scuola per Genitori (www.impresafamiglia.it) di cui sono direttore scientifico da oltre 10 anni, cerco di indicare un metodo educativo ai genitori che oggi sono i soggetti più bisognosi di trovare dei “soci”, dei partner.
Spesso si parla di figli “bamboccioni” e timorosi di crescere. Come possiamo aiutarli ad affrontare il futuro in autonomia? Tanti anni fa, prima ancora che si parlasse dei cosiddetti “bamboccioni”, scrissi un libro dal titolo I figli non crescono più (2005), a testimonianza del fatto che questo non è un problema recente, ma almeno degli ultimi 15-20 anni. Un problema legato al benessere e ad una sorta di pacificazione familiare che ha azzerato regole e no. Per malinteso senso d’amore, oggi i genitori pensano che frustrazioni e dolore siano inutili zavorre nella mongolfiera dei figli. Sono convinti che senza quei pesi i ragazzi potrebbero viaggiare più leggeri e veloci. Invece, si verifica l’esatto opposto: una vita senza ostacoli li rende fragili, annoiati ed immaturi.
Intervista ad ANNAMARIA BERNARDINI DE PACE
Avvocato
PER LA FAMIGLIA NON SERVONO NUOVE LEGGI MA UN TRIBUNALE Parola di Annamaria Bernardini de Pace, uno degli avvocati più noti d’Italia che da oltre 25 anni si occupa di matrimoni, divorzi e figli. E che dal suo osservatorio privilegiato detta la sua agenda per le politiche familiari al governo che verrà. Di qualunque colore esso sia
“Il nostro è uno Stato che fa poco per la famiglia e invece la famiglia è uno dei mattoni su cui si regge lo Stato, e se uno dei mattoni è poco solido, è evidente che la casa traballa”. Non usa mezzi termini l’avvocato Annamaria Bernardini de Pace, considerata la divorzista dei vip, ma in realtà molto di più con venticinque anni di attività nelle aule dei tribunali in cui si è occupata di unioni finite, figli contesi, parità tra i sessi. Oltre 25mila casi alle spalle che hanno contribuito all’evoluzione della giurisprudenza relativa a separazione e divorzio in questo Paese. A lei abbiamo chiesto quali sono le riforme e le leggi che il nuovo governo dovrà mettere in atto relativamente alle politiche familiari. Dal divorzio breve al tribunale della famiglia passando per la violenza domestica, tristissimo primato italiano. Istanze urgenti e giuste che troppo spesso, legislatura dopo legislatura, finiscono per passare in secondo piano.
mi. È veramente così?
A fine 2102 finalmente è passata la norma che equipara i figli naturali a quelli legitti-
A proposito di violenza, l’Italia sembra tornata all’età della pietra con il triste primato
Sì, finalmente c’è un’equiparazione completa, la legge ripara un errore rimasto dal 1975, quando si fece la riforma del diritto di famiglia: allora venne riconosciuta la pari dignità giuridica dei genitori, ma non dei figli nati dentro o fuori dal matrimonio, oppure da genitori non sposati.
Ha fatto discutere il provvedimento relativo ai figli nati da incesto. Lei che ne pensa? Io sono d’accordo al riconoscimento dei figli incestuosi, non solo perché non è giusto che a pagare siano i minori, ma anche perché grazie alla nuova norma ci sono maggiori possibilità che emergano gli abusi in famiglia, dato che i figli incestuosi sono quasi sempre frutto di violenza da parte degli uomini di casa, i fratelli o i padri.
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dei femminicidi. Un fenomeno che è solo la punta dell’iceberg, quella che finisce sulle prime pagine dei giornali. La violenza da noi è un fatto endemico e trasversale a tutte le classi sociali. In tutti i contesti assisto a un aumento di episodi violenti, ma c’è anche da dire che oggi le violenze vengono vissute dall’opinione pubblica
per ciò che sono. Un tempo era considerato normale e, in realtà, ancora oggi sono troppe le donne che si vergognano di denunciare i responsabili di questi crimini. Nel 2004 ho scritto il libro ‘Calci nel cuore’ in cui raccontavo storie di donne in cui mi ero imbattuta nel corso della mia attività come avvocato. Da allora non è cambiato molto, la violenza ha molte facce. C’è quella fisica, ma c’è pure quella subdola di chi, ad esempio,
La violenza da noi è un fatto endemico e trasversale a tutte le classi sociali. In tutti i contesti assisto a un aumento di episodi violenti, ma c’è anche da dire che oggi le violenze vengono vissute dall’opinione pubblica per ciò che sono. Un tempo era considerato normale e, in realtà, ancora oggi sono troppe le donne che si vergognano di denunciare i responsabili di questi crimini
© Foto Bob Krieger
dicendo che ci vuole bene, ci sminuisce fino a farci credere di non valere nulla.
Qual è secondo lei il provvedimento più urgente di cui dovrà farsi carico il prossimo esecutivo? Prima ancora che alle leggi occorrerebbe dar vita al tanto auspicato quanto annunciato e mai realizzato Tribunale della famiglia. È inutile battersi per nuove leggi se prima non si crea una struttura seria che le applichi. Con magistrati competenti e di esperienza specifica che agiscano in funzione di poche regole ma certe, nel rispetto della diversità di ogni caso. I nostri politici – salvo poche eccezioni – sono bravissimi a riempirsi la bocca con parole a favore della tutela dell’infanzia che finiscono nel dimenticatoio della politica.
Un altro provvedimento di cui si discute da anni è il divorzio breve. Lei, dal suo osservatorio privilegiato, che ne pensa? Favorevolissima. È assurdo che lo Stato pretenda che dopo la separazione si debba attender tre anni prima di divorziare. Basti pensare che delle 25mila cause di separazioni che ho seguito sono state solo 4 le coppie separate che hanno deciso di tornare insieme mentre attendevano i tempi per il divorzio.
È vero che oggi ci si separa meno per la crisi? In parte è vero, ma solo perché non ci sono le condizioni economiche per farlo. E dunque è anche peggio, soprattutto per i figli dei “separati in casa”. L’ambiguità in cui crescono ha conseguenze ben più gravi della verità seppur dolorosa di una separazione.
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Intervista a GIORGIO VITTADINI
Presidente della Fondazione per la Sussidiarietà
VERSO UN WELFARE SUSSIDIARIO Insieme alla crisi del mercato stiamo assistendo da tempo alla crisi del welfare state, divenuto inefficace, inefficiente e iniquo in una società con bisogni sempre più complessi e differenziati
Professore, cos’è questa idea di welfare sussidiario? L’idea del Welfare sussidiario nasce innanzitutto dalla considerazione del fatto che la sussidiarietà, prima di essere un principio è un dato di fatto: la presenza di tante opere nate dal basso, dall’operosità delle persone nelle loro aggregazioni sociali, in risposta ai bisogni di tutti. Il welfare sussidiario deve essere inteso anzitutto come “welfare della responsabilità”, basato sulla collaborazione tra i soggetti sociali (ad es. famiglie) e gli erogatori dei servizi, siano essi pubblici o privati, nati in seno alla società civile e portatori di una identità e di una missione con forti connotati ideali, il cui valore aggiunto, cioè, non è quantificabile in termini meramente economici, ma deriva dal surplus di senso che proviene dalla relazione tra gli utenti e i fornitori dei servizi. Il welfare sussidiario suggerisce di valutare la bontà di un servizio e di fissare le regole generali non aprioristicamente in base alla natura pubblica o privata dell’ente che lo eroga. Detto questo, non si può dare per scontato che esistano soggetti virtuosi diversi da quelli statali. Ciò dipende dal fatto che venga educato il desiderio, presente in ogni uomo, di costruire e
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contribuire al bene comune, che rappresenta il vero motore dello sviluppo e della costruzione sociale in alternativa all’egoismo delle teorie tradizionali. Insieme alla crisi del mercato stiamo assistendo da tempo alla crisi del welfare state, divenuto inefficace, inefficiente e iniquo in una società con bisogni sempre più complessi e differenziati. Crisi, che si è ora aggravata a causa del fatto che non ci sono più soldi, e a causa di una mentalità statalista che ha squalificato a priori le realtà del privato sociale come soggetti portatori di bene comune nell’erogazione dei servizi di welfare. Lo Stato sociale, così come finora concepito, è destinato a sparire perché le risorse sono sempre più scarse. Dal punto di vista del finanziamento, il welfare sussidiario punta, in particolare, a cambiare il ruolo degli enti pubblici, chiamati ad assumere la funzione di regolatori di una pluralità di soggetti attivi nell’erogazione del servizio e a lasciare una maggiore libertà ai privati coinvolti nella gestione dei sistemi di welfare. L’ente pubblico in questo senso dovrà assumere sempre di più il ruolo di garante della qualità dei servizi, nonché di soggetto preposto alla valutazione dei risultati degli stessi, e sempre meno quello di gestore diretto del servizio.
Il fattore che più di ogni altro qualifica il welfare sussidiario rispetto ad altre concezioni e modelli è la sottolineatura sulla funzione solidaristica del welfare. La coniugazione tra sussidiarietà e solidarietà è infatti la base per lo sviluppo di un approccio innovativo al welfare. Senza solidarietà la sussidiarietà rischia infatti di scadere nel particolarismo sociale, di essere cioè risposta a bisogni di nicchia e non soluzione ad una più vasta serie di problematiche di carattere sociale. La solidarietà senza sussidiarietà rischia di restare assistenzialismo, non rispettando appieno la dignità dell’utente e non determinando dunque passi in avanti rispetto a molti degli attuali sistemi di
protezione che si trovano in crisi. Il momento storico contingente fa percepire con chiarezza quale importanza assuma lo sviluppo di un sistema che continui a tenere in conto il principio solidaristico, poiché proprio coloro che si trovano in condizione di maggior disagio rischiano di vedere peggiorare la propria condizione a causa della contrazione della spesa pubblica.
La tassazione alle famiglie attuata dal governo Monti, era indispensabile? Credo che la priorità avrebbe dovuto essere quella di ridimensionare certi punti clientelari dello Stato cen
trale, mentre sono state tassate le realtà locali, con un impatto diretto su famiglie e realtà sociali. In Francia, una politica economica fortemente orientata al sostegno delle famiglie impegnate nell’aiuto ad anziani e disabili, e nella crescita ed educazione dei minori, ha fatto sì che, anche nell’ultimo periodo di crisi, i consumi interni d’oltralpe non siano mai diminuiti. Per contro, non si può negare lo scarso peso che la famiglia ha nelle politiche economiche italiane di tutti gli schieramenti, al di là delle affermazioni di principio. In un suo recente lavoro, il professor Luigi Campiglio ha mostrato come la famiglia è un soggetto sociale, ed anche economico, dove sono tenuti presenti equità ed efficienza. La famiglia è fattore di equità perché è un naturale ammortizzatore sociale capace di difendere e ridare forza alle cosiddette fasce deboli: i giovani in
cerca di prima occupazione, gli anziani, i disabili, gli inabili, i disoccupati.
Cosa deve fare il privato sociale in questo panorama? Il privato sociale, in questo quadro, deve pensarsi come impresa sociale, cercare efficienza, efficacia, essere cosciente del proprio valore. Ricordo che il 38% dei fondi del privato sociale non viene dalla pubblica amministrazione e questo è molto importante, vuol dire che le famiglie investono. Si ha così un privato sociale che cerca di stare sul mercato, non un mercato liberista, ma inteso come punto in cui si allocano le risorse in modo efficace.
La famiglia è fattore di equità perché è un naturale ammortizzatore sociale capace di difendere e ridare forza alle cosiddette fasce deboli: i giovani in cerca di prima occupazione, gli anziani, i disabili, gli inabili, i disoccupati
RICETTE DELLE NUOVE FAMIGLIE D’ITALIA Il cous cous amato dagli stranieri. Il risotto di zucca preferito da Francesca e Margherita. Il vinegret, piatto forte della coppia italo-russa. Sono alcuni dei suggerimenti racchiusi in “Ricette delle Nuove Famiglie d’Italia” (Pendragon), un ricettario anomalo, curato dalla giornalista bolognese Benedetta Cucci, che guarda alle “nuove tipologie” di famiglie che non sono riconosciute dalla legge, ma sono tali nella vita di tutti i giorni perché convivono, fanno scelte, mangiano insieme, cucinano e sognano. Un mix di proposte gastronomiche insieme a storie di vita quotidiana, scritte da studenti che condividono case, single, coppie gay e lesbiche, stranieri, ciascuno con le proprie abitudini a tavola. Ne deriva una cucina “tricolore”, dai sapori africani, asiatici, emiliani, romani, siciliani, che si apre al cambiamento senza dimenticare la tradizione.
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ANTONIO SCIORTINO
Direttore di ‘Famiglia Cristiana’
FAMIGLIA: ITALIANO DELL’ ANNO Investire seriamente sulla famiglia fa bene al Paese. Se cresce la famiglia, cresce il Paese. Perché è la ricchezza più preziosa di una nazione. Un vero capitale umano, sociale e anche economico
Com’è possibile che in Italia, un Paese che si dice cristiano, si penalizzi così tanto la famiglia? A parole, i politici d’ogni colore promettono di tutto e di più. Nei fatti non mantengono nulla. Da sempre, in Italia, non è mai esistita una vera politica familiare, degna di questo nome. Una politica “strutturale” e di lunga gittata. E non quegli interventi saltuari, come “bonus” e “una tantum”, che si vorrebbero spacciare per “politica familiare”. Nell’Unione Europea, siamo al di sotto della media del Prodotto Interno Lordo che i Paesi dedicano alle politiche familiari: solo l’1,2 per cento per l’Italia, a fronte del 2,3 della media europea. Per non citare Francia, Germania e i Paesi Scandinavi che sfiorano il 4 per cento. Eppure, se c’è un Paese che avrebbe bisogno, con urgenza, di una poderosa politica familiare è proprio l’Italia. Siamo il Paese con il tasso di natalità più basso al mondo. Ci avviamo, nell’insensibilità e miopia della politica, a un vero e proprio “suicidio demografico”. Siamo un Paese vecchio e di vecchi. Tra qualche decennio, se non si invertirà la tendenza, avremo ventidue milioni di anziani e super anziani e soltanto otto milioni di giovani. Con questi numeri il Paese è spacciato, non ha speranza né futuro. La piramide della popolazione si
è rovesciata. Otto milioni di giovani non potranno portare sulle proprie spalle così tanti anziani. Il Paese è in equilibrio precario. Destinato a crollare. E nessuno che se ne preoccupi. E programmi il futuro dell’Italia per i prossimi decenni. Investire seriamente sulla famiglia fa bene al Paese. Se cresce la famiglia, cresce il Paese. Perché è la ricchezza più preziosa di una nazione. Un vero capitale umano, sociale e anche economico. I Paesi che meglio stanno uscendo dalla crisi sono quelli con una vera politica familiare. In Italia, la tanto vituperata famiglia, spesso irrisa e sbeffeggiata dai mass media, si è rivelata il miglior ammortizzatore sociale di tante carenze e inefficienze istituzionali. Ha ammortizzato il problema delle persone bisognose di cura: anziani e portatori di handicap. In sette casi su dieci senza aiuti da parte dello Stato. Ammortizza, soprattutto, la gravissima piaga della disoccupazione giovanile, al trenta per cento a livello generale, ma al cinquanta per cento nelle Regioni del Sud. La famiglia sembra interessare poco allo Stato. Che non è per nulla amichevole nei suoi confronti. Soprattutto a livello fiscale. Non c’è equità. A parità di reddito, un single e una famiglia con più figli pagano le stesse tasse.
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Lo Stato non fa distinzioni, sebbene le nuove generazioni siano la ricchezza e il futuro del Paese. E poco bada anche al mondo femminile. Senza reti di sostegno e protezione, come assegni familiari o asili nido, è difficile per una donna conciliare lavoro, famiglia e maternità. “Se una donna vuole lavorare”, ha dichiarato di recente il ministro Passera, “e non riesce a trovare un asilo nido per i figli, ogni discorso sull’occupazione è inutile”. Sempre più spesso, con la nascita del primo figlio, la donna è costretta a lasciare il lavoro.
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Ma quel che è ancor più grave è che in Italia un figlio è fattore di povertà. E non di crescita e sviluppo, come avviene in altre nazioni. Se, poi, i figli sono più d’uno, una famiglia deve mettere in conto il rischio di entrare nel tunnel della povertà, da cui è difficile uscirne. Ciò nonostante, se il Paese è ancora in piedi lo deve alla famiglia e alla sua capacità di resistere e reagire alla crisi. Per questo Famiglia Cristiana ha assegnato alla famiglia il titolo di “Italiano dell’Anno”. Ma si meriterebbe di più. Forse, anche il Nobel per l’economia.
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Intervista a FRANCESCA IMBIMBO Pedagogista CAF ONLUS
UN CONCRETO AIUTO AL BAMBINO MALTRATTATO E ALLA FAMIGLIA IN CRISI Fondato nel 1979, come primo Centro in Italia dedicato all’accoglienza e alla cura di minori vittime di maltrattamento e abuso, in 30 anni d’attività CAF Onlus ha accolto oltre 800 minori che hanno subito esperienze talmente gravi da aver bisogno di trovare un ambiente competente dove far decantare le esperienze traumatiche e ritrovare un equilibrio
Dott.ssa Imbimbo, ci parla dei servizi che offrite a quanti si rivolgono a voi? Una parte importante della nostra attività consiste nell’accoglienza e cura di bambini allontanati dalla famiglia per decreto del Tribunale per i Minorenni; nelle nostre comunità infatti accogliamo bambini di età compresa tra 3 e 12 anni che provengono da situazioni di grave trascuratezza, maltrattamento fisico o psicologico, violenza assistita o sospetto abuso sessuale. Il nostro lavoro consiste nella cura psicoeducativa degli effetti del trauma subito dai bambini, ma anche nell’accoglienza e nel trattamento delle loro famiglie. Un altro servizio offerto dal CAF negli ultimi anni consiste nell’attività di sostegno alla genitorialità attraverso l’Home Visiting, rivolta a famiglie che stanno per o hanno appena avuto un bambino e che presen-
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tano alcuni aspetti di fragilità, come la minore età o la lontananza dalla propria famiglia d’origine, oppure la perdita del lavoro o la presenza di conflitti familiari.
Che strumenti adoperate per aiutare bambini o famiglie a superare momenti difficili o ad elaborare esperienze traumatiche? Il modello CAF utilizzato nella comunità, quindi rivolto alla cura dei gravi effetti del trauma sulla crescita dei bambini maltrattati, è un modello integrato: in estrema sintesi, l’équipe di professionisti si avvale di un approccio pedagogico, basato sulla valorizzazione della quotidianità, di ritmi e riti di vita regolari, di relazioni con adulti significativi; oltre che di un approccio psicologico, rivolto alla comprensione del mondo interno del bambino, del funzionamento familiare e del senso di quanto accaduto. È importante sottoli-
Solo cercando di comprendere e lavorando con questi genitori possiamo sperare di rendere più efficaci i nostri interventi con i bambini e di interrompere catene intergenerazionali di dinamiche familiari malsane
neare come il lavoro con il bambino in comunità non possa essere disgiunto da un lavoro con la sua famiglia, laddove possibile.
Con il servizio “Dipartimento famiglia” CAF assicura un intenso lavoro di presa in carico psico-educativa delle famiglie d’origine dei bambini ospitati dalle Comunità. Qual è il vostro obiettivo? Come ho già accennato, è molto importante assicurare un’accoglienza anche alle famiglie che hanno subito l’allontanamento del proprio figlio, provvedimento necessario per assicurare protezione ai bambini, ma anche doloroso per i genitori che sono stati inadeguati. Questi adulti maltrattanti o trascuranti molto spesso hanno a loro volta subito nella loro infanzia maltrattamenti, lunghe istituzionalizzazioni o gravi deprivazioni. Solo cercando di comprendere e lavorando con questi genitori possiamo sperare di rendere più efficaci i nostri interventi con i bambini e di interrompere catene intergenerazionali di dinamiche familiari malsane.
Dottoressa, ci spiega cosa si intende per audizioni protette? A volte i maltrattamenti sui minori configurano ipo-
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tesi di reato, per questo vengono avviate indagini e richiesti accertamenti da parte dell’autorità giudiziaria competente. Le audizioni protette sono momenti di ascolto del minore all’interno di un percorso di accertamento da parte dell’autorità giudiziaria. La legge garantisce che il bambino sia sentito con l’ausilio di personale preparato e all’interno di una stanza dotata di specchio unidirezionale, in modo da garantirgli la maggiore riservatezza possibile. Il CAF può fornire sia la stanza che il personale per le audizioni protette.
Dal 2008 CAF propone un aiuto precoce e concreto a quei genitori che stanno per avere o che hanno appena avuto un bambino e che si trovano in una situazione di “fragilità”. In pratica come vi muovete? Il sostegno alla genitorialità avviene attraverso visite a domicilio effettuate settimanalmente da personale altamente preparato. L’operatrice, che segue la famiglia, entra nella sua casa “in punta di piedi” per poter ascoltare con discrezione l’eventuale bisogno o fragilità che la mamma o il papà portano. Attraverso una relazione di fiducia stabilita durante i primi tempi, il lavoro si sviluppa secondo le necessità del nucleo familiare e le risorse che la mamma porta dentro di sé.
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LUCIANO MALFER
Dirigente Agenzia per la famiglia Provincia Autonoma di Trento
FAMILY MADE IN TRENTINO Il Distretto Famiglia diventa una dimensione che aggrega attori e risorse che condividono il fine comune di accrescere sul territorio il benessere familiare e che consente, tramite il rafforzamento delle relazioni, di generare altre risorse sia economiche che sociali
In Trentino si stanno mettendo in campo delle politiche strutturali a sostegno della famiglia per qualificare il Trentino come “amico della famiglia” e renderlo dunque più attrattivo e competitivo rispetto ad altri sistemi-paese. Dopo la crisi, la ricostruzione del nuovo modello di welfare dovrà porsi il problema di ricercare percorsi virtuosi ed inediti di protezione e promozione sociale e familiare idonei a garantire la sostenibilità dei costi e divenire volano di sviluppo. In questo contesto, in Trentino sono nati i “Distretti famiglia”: ambiti in cui tutti gli operatori aderiscono in forma volontaria alle logiche del Family in Trentino. Il Distretto diventa, dunque, una dimensione che aggrega attori e risorse che condividono il fine comune di accrescere sul territorio il benessere familiare e che consente, tramite il rafforzamento delle relazioni, di generare altre risorse sia economiche che sociali. In questo contesto si parla di family mainstreaming
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ossia della volontà di porre al centro dell’azione di tutti gli attori interessati il tema della famiglia riorientando tutte le politiche in chiave familiare. Il modello di amministrazione diviene “familycentrico” e codificabile nella formula New Public Family Management. Ad oggi in Trentino sono stati elaborati gli standard di qualità familiare raggruppati nel marchio di attenzione “Family in Trentino” riferiti ai seguenti settori: musei (2006); pubblici esercizi (2006); certificazione aziendale familiare “Family Audit” (2010); comuni (2006 e 2012); servizi per crescere assieme (2008); alberghi (2012); associazioni sportive (2012). Sono anche allo studio dei requisiti infrastrutturali amici della famiglia quali, a titolo esemplificativo, fasciatoi nei bagni, spazi protetti per l’allattamento e per il gioco dei bambini, parcheggi per le famiglie numerose e/o con bambini piccoli. Complessivamente sono quasi trecento le organizzazioni che, nelle diverse categorie, hanno sposato lo logica family.
Intervista a FABRIZIO DELL’ANNA
Presidente dell’AIGES Associazione Italiana Genitori Separati
MAMME SINGLE E PADRI SOLI: QUANTE DIFFICOLTÀ Separazione e divorzio sono spesso vissuti come un fallimento: AIGES offre consulenza individuale o di coppia per superare ed elaborare l’evento traumatico
Presidente, attualmente a suo avviso cosa offre la società italiana alle famiglie monoparentali? Purtroppo la legge italiana offre poco alle famiglie monoparentali. A parte alcune detrazioni fiscali legate alla monoredditualità e l’accesso ad eventuali contributi o benefici stabiliti dai Comuni di residenza (pensiamo, per esempio, alle graduatorie per le case popolari o a quelle per gli asili nido), non vi sono normative specifiche che prevedono agevolazioni particolari. Nonostante la realtà restituisca nuovi modelli di famiglia, l’Italia è tuttora ancorata a quello tradizionale che la vede composta da due genitori con prole. Credo che per adeguarsi ci vorrà del tempo.
AIGES è nota ai più per il servizio “Pronto AIGES”. Di cosa si tratta esattamente? Pronto AIGES è il servizio gratuito che fornisce informazioni telefoniche sulla separazione ed il divorzio. Che differenza c’è tra affidamento condiviso ed
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esclusivo, come funziona il diritto di visita, quali sono i criteri di quantificazione dell’assegno alimentare e di mantenimento, dove si trovano gli indici di rivalutazione Istat, chi beneficerà dell’assegnazione della casa coniugale, qual è il tribunale di competenza per la presentazione del ricorso, in quanto tempo è possibile ottenere un provvedimento: a queste e a tante altre domande risponde dal lunedì al venerdì dalle 10 alle 19 il numero 327.3894259. E se le risposte non dovessero bastare, per un approfondimento più specifico, previa iscrizione in qualità di socio ordinario (€ 30,00), è possibile richiedere un appuntamento gratuito con uno dei nostri professionisti convenzionati (avvocato, mediatore familiare e psicologo).
In caso di separazione e divorzio AIGES offre un servizio finalizzato alla promozione del benessere psicologico sia in termini preventivi sia terapeutici. Quali interventi prevede? Separazione e divorzio, spesso vissuti come un fal-
limento, sono eventi traumatici che mettono a dura prova chi ne è coinvolto, generando sentimenti di rabbia, risentimento, tristezza, paura e confusione che spesso hanno bisogno di molto tempo per essere elaborati. Ăˆ, quindi, importante imparare a gestirli. Il nostro servizio ha proprio questa finalitĂ . Gli inter-
venti spaziano dalla consulenza individuale a quella di coppia, senza dimenticare il sostegno psicologico ai nuovi partner, alle coppie ricostituite e a tutte le figure di riferimento del minore, in particolare i nonni, che generalmente soffrono di un allontamento piĂš o meno fisiologico.
MARIO SBERNA
Presidente Associazione Nazionale Famiglie Numerose
ANFN, L’ASSOCIAZIONE AL SERVIZIO DI 14MILA NUCLEI FAMILIARI EXTRALARGE L’eccessivo carico fiscale, insieme alla crisi economica, ha spinto verso la soglia della povertà molte famiglie con quattro o più figli. È il contatto con povertà relativa ed estrema che dà carica all’ANFN, da sempre impegnata nella battaglia per il riconoscimento dell’articolo 31 della Costituzione
Sedici famiglie numerose italiane su cento stanno valutando seriamente la possibilità di trasferirsi all’estero, nei Paesi dove il fisco è più family-friendly. È quanto emerge da un sondaggio on-line lanciato dall’Associazione nazionale famiglie numerose. Alla domanda: “avete mai pensato di trasferirvi in Paesi più sensibili alle famiglie?” il 15,78% dei genitori ha risposto “sì e lo farò”, il 17,55% “no, mai”, mentre i più, (il 66,67%) hanno risposto “sì, almeno una volta nella vita quest’idea è balenata nella mia mente”, ma poi hanno deciso di non farne nulla. “È comprensivo il disagio di tante famiglie italiane per l’eccessivo carico fiscale – commenta Mario Sberna, bresciano, presidente di Anfn, l’associazione che raduna circa 14mila nuclei familiari extralarge in Italia. Nella vicina Francia, ad esempio, grazie al quoziente familiare, le agevolazioni previste per le famiglie con figli sono molto più alte”. Purtroppo, l’eccessivo carico fiscale, insieme alla crisi
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economica, ha spinto verso la soglia della povertà molte famiglie con quattro o più figli. “Ogni giorno ricevo mail e lettere di soci disperati, che confessano di non esser più in grado di mettere insieme il pranzo con la cena”. E di fronte a queste lettere voi cosa fate? “Possiamo fare ben poco. Le nostre poche risorse vengono dal 5 x mille, da donazioni volontarie, da “collette” di solidarietà promosse on-line tra i nostri soci e dalla quota associativa annuale. Ebbene, una parte consistente del nostro bilancio lo destiniamo a pagare una bolletta del gas o una rata del mutuo a quei casi-limite, selezionati con l’aiuto dei coordinatori locali dell’associazione. Ma tante richieste, purtroppo, non siamo in grado di esaudirle”. È il contatto con povertà relativa ed estrema che dà carica all’associazione, da sempre impegnata nella battaglia per il riconoscimento dell’articolo 31 della Costituzione. “Un dettato costituzionale – conclude amaramente Mario Sberna - disatteso dalla politica”.
CAROVITA La recessione economica induce le famiglie a cambiare anche le proprie abitudini alimentari. È il caso di una giovane famiglia bolognese, papà Alessandro Melloni, operaio, e sua moglie Maddalena, impiegata. I Melloni adottano una precisa strategia per risparmiare: al sabato fanno l’elenco di cosa mangiare indicativamente per tutta la settimana, e poi acquistano solo quegli alimenti necessari per quei pasti. «Una sorta di menù del giorno, come nei ristoranti», spiegano i coniugi, che non hanno perso comunque il sorriso. Nessuna concessione agli extra e solo prodotti a marchio degli ipermercati. Niente formule “tre per due” per evitare di non consumare quegli alimenti. Insomma una spesa senza dispersioni ed eccessi. Per il resto, Maddalena che è l’economa di casa, aggiorna continuamente uno schema con le entrate e le uscite. Cosicché arrivare a fine mese non è un’impresa titanica.
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LA FATICA DI ESSERE MADRI Charlotte Rampling è la protagonista di “Tutto parla di te”, il film di Alina Marazzi in uscita nelle sale italiane che affronta i tabù della maternità. “C’è una felicità sconosciuta ma anche il sacrificio della propria libertà. È fantastico e orribile al tempo stesso”
“Ero con mio figlio appena nato quando una donna mi si avvicinò dicendomi con un sorriso: ‘Che belli i bambini quando sono in braccio agli altri’. Una frase all’apparenza banale che mi fece riflettere sulla conflittualità che può manifestarsi nel rapporto madre-figlio”. Così Alina Marazzi, già regista di “Un’ora sola ti vorrei” e “Vogliamo anche le rose”, racconta la genesi del suo nuovo film, “Tutto parla di te”, applaudito al Festival di Roma e in uscita nelle sale il 4 marzo. Una pellicola per riflettere sulla maternità, o meglio su quel sentimento in bilico tra l’amore e il rifiuto per il proprio bambino, tra il non sentirsi all’altezza e le responsabilità che implica. Un’ambivalenza difficile da raccontare senza cadere nella retorica, per questo Marazzi ha assemblato il suo film mescolando diversi linguaggi e affiancando alla finzione cinematografica interviste vere fatte a neomadri che hanno attraversato traumi e drammi legati alla nascita di un figlio. Ma soprattutto la regista si è affidata al talento di Charlotte Rampling, splendida ultrasessantenne, e a quel suo sguardo capace di esprimere tutte le sfumature dei sentimenti, delle inquietudini, delle ambiguità dell’animo umano. “Per me un film è un viaggio con un personaggio – ha
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spiegato Rampling – che ho bisogno di vivere con lui. Quando Alina mi ha parlato di Pauline, la donna che interpreto nella pellicola, ho capito subito che questo sarebbe stato un viaggio interessante, da fare anche insieme alla regista. È un personaggio che abbiamo costruito insieme, pezzo per pezzo, a partire dalle nostre esperienze personali come madri, sul rapporto con i nostri figli, le nostre famiglie”. Pauline è una donna che dopo anni di lontananza torna a Torino e riprende contatto con Angela conosciuta all’estero tempo prima, e che ora dirige un Centro per la maternità. Qui Pauline intraprende una ricerca sulle vicende e i problemi delle mamme di oggi. Un’esperienza che anche per l’attrice francese, madre di tre figli, come per molte donne, non è stata immediata né semplice. “Quando ero incinta del mio primo figlio – prosegue l’attrice – ero subissata dai consigli di mia madre, di amici e conoscenti, ma fino a quando non ti trovi in braccio il tuo bambino e la tua vita non cambia radicalmente non è possibile capire. Si prova una felicità sconosciuta ma senti anche le rinunce e i sacrifici, quello della libertà prima di tutto. La maternità è amore e rifiuto, è tremenda e magnifica. Il mio rapporto con i miei figli è terribile e fantastico al tempo stesso”.
Per questo, dopo aver rifiutato molti copioni ha accettato di prender parte a questa produzione. “Ho detto di sì – spiega – perché in quest’opera coraggiosa si svela la maternità senza tabù, senza nascondere le verità scomode. Come il fatto che non tutte le donne posseggono l’istinto materno o che essere madre può anche traumatizzarti. Inutile fare finta di niente, non nascondo che è successo anche a me”. Traumi talvolta legati anche all’assenza dei padri, fisiche o psicologiche.
“Le donne non sono felici – osserva l’attrice – pensano di potersela cavare da sole a tirar su i figli senza i padri, ma il risultato è che hanno spaventato gli uomini, forse si sono spinte troppo in là”. Lei intanto da uno dei suoi figli Barnaby Southcombe si è fatta dirigere sul set di “Io, Anna”. “Devo essere stata una madre davvero tremenda – scherza – se uno dei miei figli, per il suo esordio come regista sul grande schermo, mi ha proposto di interpretare il ruolo di una donna completamente pazza…”.
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ISABELLA CALBI
Giornalista
UN CONDOMINIO VERDE Il bucato si lava nella grande lavatrice comune e intanto si scambiano due chiacchiere con i vicini. Produci i frutti della tua terra e puoi barattarli con quelli del tuo dirimpettaio, o scambiare i vestiti in un mercatino. C’è una sala feste a disposizione di tutti. Si possono organizzare iniziative culturali, corsi e spettacoli. Insomma la struttura stessa dell’abitare è concepita come esperienza collettiva, solidale. Dove? All’Ecovillaggio Solare, nel cuore dell’Umbria, fra Gubbio e Perugia. Una sorta di “famiglia allargata”, un “condominio verde”, fatto di varie abitazioni a disposizione di quanti ricercano un dialogo con la natura e puntano alla salvaguardia dell’ambiente. Alla sua progettazione hanno contribuito architetti come Sergio Los, padre della bioarchitettura italiana, mentre, tra i promotori del progetto, c’è la Banca Etica e soprattutto Jacopo Fo, impegnato nel territorio umbro con le attività della Libera Università di Alcatraz, sui cui terreni sta nascendo, in parte, il villaggio.
«Le prime abitazioni green che utilizzano le eco-tecnologie esistenti sul mercato saranno consegnate ad aprile, dice Jacopo Fo. È questo un posto dove ci sono molte occasioni per farsi venire la voglia di organizzare qualche cosa insieme. Ovviamente questo non è un obbligo ma una possibilità, così come il fatto che l’ecovillaggio sia confinante con il parco di Alcatraz apre una serie di sinergie, ma si tratta di opportunità che dovranno essere mutualmente condivise. L’Ecovillaggio solare non è una comune o una comunità. É un villaggio con le sue forme necessarie di democrazia decisionale. Ognuno si compra la propria casa e ne è sovrano. Le uniche regole saranno quelle del vivere civile e del mutuo rispetto. Il pieno potere su tutte le decisioni sarà degli abitanti, esattamente come accade in un condominio». L’ecovillaggio si può visitare tutti i giorni, basta prenotare la visita ad Alcatraz telefonando allo 075/9229938. Info www.ecovillaggiosolare.it
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PIETRO SEGATA
Presidente COOPERATIVA SOCIALE SOCIETA’ DOLCE
QUALI FAMIGLIE? Sull’argomento affrontato in questo numero dal nostro periodico ognuno di noi approccia con un ingombrante bagaglio di certezze, poco disponibile ad un confronto che le possa demolire tutte o in parte. L’emotività profonda, presente anche in chi ricerca, domina la dialettica e rende vano ogni meritorio tentativo di fare un passo in avanti rispetto ad una immagine di “famiglia” di cui ognuno di noi conserva nella propria “urna” un impenetrabile modello. Allora, per giocare un po’, perché in questi casi l’ironia, come la satira in politica, aiuta a disvelare, sarà questa la mia arma “bianca”. Io immagino di essere Omar e propongo alla vostra attenzione una originale ed eccentrica dimensione della mia famiglia. Sono un padre affettuoso, ma immaturo. Un padre “bambino” che insegue i propri sogni sfuggendo inconsapevolmente alle responsabilità che il ruolo, a me assegnato dalla società dei benpensanti, imporrebbe. Marge, mia moglie, non è molto diversa da me, così come non sono diversi i miei figli Bart, Lisa e Magie. Il nostro quotidiano è segnato da azioni che disgregherebbero anche la più solida convivenza, in un contesto senza tutele e protezione sociale, simile in apparenza a quello stereotipo di comunità, di ispirazione anglosassone, dove lo Stato non intende mai sostituirsi ed invadere la sfera individuale. In ultima istanza l’ingrediente che argina, salva e rigenera la mia famiglia è l’affetto e il rispetto che c’è tra noi, ed un pizzico di fortuna. Questa famiglia piace molto ai bambini, ed anche a molti adulti, che rimangono ore incollati davanti al video per seguirne le improbabili avventure. Tutti, sorridendo, si sentono padri, madri e figli, allo stesso tempo e indistintamente. Trovare, quindi, un minimo comune denominatore ed una cornice all’interno della quale collocare esperienze uniche non è facile, ma è dunque possibile. Il rischio del conflitto o di una forte omologazione è reale: bisogna quindi, a mio avviso, procedere con gradualità e con grande apertura, spogliandosi di ogni pregiudizio.
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Nessuna iniziativa, che non leda i diritti di alcuno ed in particolare del minore, deve essere a priori esclusa. La nostra Cooperativa nel suo piccolo, per esempio, ha sempre introdotto, misurandone l’efficacia, via, via strumenti di sostegno alla genitorialità e alle famiglie, cercando di non imporre alle sue lavoratrici e ai suoi lavoratori una univoca visione. In una recente Assemblea ho chiesto al Gruppo di Lavoro, che si occupava della revisione del nostro Regolamento Interno, di esporsi ulteriormente inserendo nel documento di indirizzo, da proporre ai Soci, l’ipotesi di estendere alle “unioni civili” il congedo che, per legge, sino ad ora è riservato al “matrimonio”. Attendiamo ora il legislatore per poter tradurre questa sollecitazione in una pratica. Riteniamo che aver espresso formalmente la nostra convinzione su questa necessità futura sia già un passo in avanti verso una società culturalmente più aperta ed includente.
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ISA GRASSANO
Giornalista
UNA VACANZA CON MAMMA E PAPÀ Ricordate il popolare film “Mamma ho perso l’aereo”? I coniugi Peter e Kate McCallister sono in partenza per una vacanza con la numerosa prole. Ma la sveglia non suona, e così nella fretta di partire si dimenticano a casa Kevin, il più piccolo dei figli, in soffitta per via di un castigo. Ferie rovinate. Invece per fare in modo che la vacanza con tutta la famiglia sia davvero rilassante, basta sapersi organizzare ma soprattutto puntare su quelle località che hanno spazi, attrazioni e servizi dedicati per i piccoli e su quelle strutture che pensano prima ai bambini, poi agli adulti.
Giochi in montagna
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Degustazione anche per bimbi, Ricci Hotels
Belvedere Wellness Hotel, Riccione
Inanzitutto conviene scegliere le città più attrezzate per questa “particolare clientela”. Tra le italiane spicca Firenze che ha conquistato (nel 2011) il titolo di città migliore per le vacanze con bimbi, secondo Travelers Choice Family 2011. Grazie alle proposte dal Museo dei Ragazzi allestito all’interno del palazzo (www.palazzovecchio-museoragazzi. it), si possono rivivere le ricche feste e i sontuosi banchetti che avevano luogo della Sala Grande. Spostandosi nel Museo Galileo (www.museogalileo.it) è lo stesso scienziato Galileo (interpretato da un attore) a narrare le peripezie della sua vita e delle sue invenzioni. All’estero, invece, il primato spetta ad Amsterdam. E chi l’avrebbe mai pensato? Eppure la capitale olandese, conosciuta in tutto il mondo per ben altri primati, riserva un occhio di riguardo per i piccoli. Ci si può spostare in tandem, per un adulto e un bambino, e seguire uno degli 11 ciclo-itinerari proposti, tra cui il Vondelpark, il parco più grande della città. E per rifocillarsi, al Kinderkookkafé (www.kinderkookkafe. nl), il piccolo bar nel cuore del parco tutto gestito dai bambini: sono loro a preparare i succhi di frutta e i panini, a sparecchiare e fare i conti. Da non perdere, poi, Museo delle scienze Nemo (www.e-nemo.nl), dove anche mamma e papà possono divertirsi. Qui la regola da rispettare è una sola: “Vietato non toccare“. Ecco che si può fare una bolla di sapone cosi grande da entrarci dentro o navigare su una barca telecomandata. Se siete amanti del mare, la riviera romagnola è davvero a misura di famiglia. I Ricci Hotels di Cesenatico (www. riccihotels.it) sono tra le strutture specializzate nell’accoglienza baby. Ad ac-
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Panorama, Ortisei
cogliere i piccoli ospiti c’è Marino, il granchio bagnino, protagonista di tante storie e delle tante attività giornaliere al mini club. Mentre i genitori si rilassano, i bimbi, seguiti da animatori, si dedicano al gioco-aperitivo, alla caccia al tesoro a squadre o seguono un corso di cucina per imparare a fare la piadina romagnola. Ma anche il Belvedere Wellness Hotel (www.belvederewellness.com) di Riccione, ha una serie di pacchetti dedicati, tra cui quelli benessere per mamma e figlia che possono seguire un corso di cosmesi naturale. Mentre il Fantini Club di Cervia (www.sporturclubhotel.com), ha servizi pensati proprio per chi viaggia con tutta la famiglia. In spiaggia anche un Mini Club, per svolgere attività ludiche con gli animatori. Preferite la montagna? I piccoli ospiti dei masi Gallo Rosso (www.gallorosso.it), si divertono a giocare tra il fieno, a raccogliere mirtilli o ad aiutare i contadini a foraggiare gli animali. Tra questi il maso “Hof am Schloss” (www.hof-am-schloss.com) a Prato allo Stelvio, in Val Venosta. E mentre i grandi si godono il panorama e pren-
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dono il sole, i piccoli possono accarezzare i vitellini o prendere ogni giorno uova fresche dal pollaio. Al Cavallino Bianco (www.cavallino-bianco.com) di Ortisei, la vacanza dei più piccoli si trasforma in una vera e propria full-immersion nella natura. E nel frattempo, mamma e papà si dedicano allo sport, al relax o a un trattamento beauty. Insomma, ovunque si vada il perfetto compromesso tra grandi e piccoli. Per un relax “no problem”.
Cavallino Bianco Family Spa Grand Hotel, Campo Esplora Natura, Ortisei
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EMANUELA GIAMPAOLI
Giornalista
TUTTI I MODI DI DIRE FAMILGLIA Dalla fiaba tradizionale per eccellenza sui rapporti tra padre e figlio, Pinocchio, alle nevrosi dei legami contemporanei riletti da Luca Ronconi nello spettacolo Panico. In cerca di una felicità possibile. Riflessioni d’autore al cinema, a teatro, in libreria
Fotogramma dal film di animazione Pinocchio di Enzo D’Alò
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Un padre che si costruisce un burattino per dare un senso alla sua vita. Una madre che ama in maniera diseguale i suoi figli. Una famiglia alle prese con un’eredità a cui non è possibile accedere. Storie che riaccendono i riflettori sulla complessità delle relazioni familiari. A cominciare da una grande favola della nostra tradizione come “Pinocchio” portata sul grande schermo questo mese dal regista Enzo d’Alò con i disegni magnifici di quel genio della matita che è Lorenzo Mattotti e accompagnata
Copertina del libro Quel che resta della vita di Zeruya Shalev
Fotogramma dal film di animazione Pinocchio di Enzo D’Alò
dalle musiche composte ad hoc dal compianto Lucio Dalla. Fedele al racconto di Collodi, D’Alò riesce però a riattualizzare la fiaba per eccellenza sui rapporti tra padre e figlio, con Geppetto che fa di tutto per educare il burattino di legno e Pinocchio che alla fine salva Geppetto diventando così un bambino in carne e ossa, un uomo vero. Per il resto i personaggi della favola ci sono tutti da Mangiafuoco a Lucignolo, dal Gatto e la Volpe alla fata Turchina. “È dal 2000 che lavoravo a questo film – spiega D’Alò – ma non riuscivo a trovare una chiave di lettura, un punto di vista che mi convincesse per ri-raccontare la storia di Pinocchio. Poi il mio babbo ci ha lasciati una notte del 2003. E ho ripensato alla memoria di mio padre, al suo rifugiarsi in certezze perdute e lontane, al mio atteggiamento di figlio “non ubbidiente” e alle sue aspettative su di me, spesso disattese. Ho capito il suo cercare in noi figli, in me, la possibilità di rivivere di ciò che aveva vissuto, ma anche forse soprattutto di ciò che non aveva vissuto, perduto. Ho riletto il romanzo di Collodi sotto questa nuova luce”. Ne è nato un film che ci restituisce tutta l’attualità e l’universalità della fiaba italiana, le emozioni e la poesia, il senso della famiglia e il valore dell’educazione che ci fanno uomini veri. Tempo di bilanci anche per Hemda Horowitz, la protagonista del romanzo della scrittrice israeliana Zeruya Shalev “Quel che resta della vita” appena arrivato tra gli scaffali delle libre-
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Scatti di scena dallo spettacolo teatrale Panico, di Luca Ronconi
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rie per Feltrinelli. Da un letto di ospedale, circondata dai due figli a cui ha dato un amore diseguale, la donna ripercorre le vicende della propria esistenza, soprattutto il suo rapporto con Dina e Avner. Un legame complesso e talvolta conflittuale con la figlia, una sorta di dedizione assoluta per il figlio, un avvocato che combatte per i diritti delle minoranze. Avner è però nel privato un uomo frustrato, tormentato dalla propria inettitudine sentimentale, Dina invece è una madre premurosa, che ha rinunciato alla carriera per la figlia adolescente Nitzan e che di fronte a un bambino abbandonato viene colta dal desiderio di accoglierlo, contro il parere degli altri membri del suo nucleo familiare. Un romanzo sulle relazioni difficili tra genitori e figli, ma anche tra fratelli e tra coniugi che lancia un messaggio potente, quello che i veri legami non sono dettati dal sangue, ma dall’amore. È invece uno sguardo ludico e divertito, grottesco e surreale ma non per questo meno profondo quello di Rafael Spregelburd, drammaturgo argentino tra i più interessanti della scena contemporanea di cui Luca Ronconi porta in scena al Piccolo fino al 10 febbraio “Panico”. Il panico ruota attorno ad un morto, che non sa di esserlo e ai suoi congiunti che non possono vederlo ma ne percepiscono la presenza. Durante la crisi in Argentina del 2001 in una famiglia viene assassinato il padre famiglia Emilio (Paolo Pierobon), restano la moglie interpretata da Maria Paiato con due figli, in un appartamento che un’agente immobiliare (Iaia Forte) cerca di vendere dove è ancora disegnata a terra con il gesso la sagoma del morto. Ma il vero dramma di chi resta è ritrovare la chiave della cassetta di sicurezza in cui sono custoditi tutti i loro averi e che solo il marito, che peraltro non crede di essere morto e si aggira per la scena, sa dove è. Per ritrovare l’eredità occorre riallacciare il filo dei rapporti familiari, massacrati dalla nevrosi contemporanea e alle prese con la crisi economica.
FAMIGLIE IN BILICO, TRA CRISI ECONOMICA E SENTIMENTALE
Esce questo mese in dvd “Gli equilibristi”, il bel film di Ivano De Matteo, passato al festival di Venezia che mette in luce la difficile condizione economica in cui vivono molte famiglie italiane e come questa possa diventare addirittura tragica in caso di separazione. L’equilibrista è Giulio, che ha le fattezze di Valerio Mastandrea, quarantenne dalla vita apparentemente tranquilla. Con una casa in affitto, un posto fisso, un’auto acquistata a rate, una figlia adolescente e un bimbo tenero e sognatore, una moglie, Barbora Bobulova, che ama ma che tradisce. Lei però chiede la separazione, lui scopre il labile confine tra benessere e povertà. Una storia che guarda in faccia la realtà dei nostri giorni e che il regista ha voluto raccontare documentandosi presso la Comunità di Sant’Egidio a Roma, dove sono state girate anche alcune scene della pellicola.
I protagonisti del film Gli equilibristi, di Ivano De Matteo
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Regolamento interno e altre novità CCNL cooperative sociali Dal 1 gennaio 2013 è entrato in vigore il nuovo Regolamento Interno della Cooperativa Sociale Società Dolce, approvato dall’Assemblea dei Soci del 20 dicembre scorso. Sono state introdotte nel testo importanti novità ed è stato confermato il suo impianto migliorativo e di tutela del lavoro di genere (femminile). In particolare si segnala che é stata mantenuta l’integrazione della retribuzione al 100% nel periodo di astensione per Maternità Obbligatoria, a cui si è aggiunta analoga integrazione per l’assenza continuativa, oltre il 180° giorno, per malattia o infortunio non sul lavoro. Sempre l’Assemblea dei Soci del 20 dicembre scorso ha indicato nella Hermes Spa la società a cui verrà affidata la Revisione Legale dei Conti e la Certificazione del Bilancio d’Esercizio. Società Dolce, prima cooperativa a Bologna, con il superamento dei 60.000.000 di euro di valore della produzione per il secondo anno consecutivo, è infatti assoggettata ai sensi della legge n. 59 del 1992 e del D. Lgs. n. 220 del 2002 alla certificazione annuale del bilancio per opera di una società di revisione. Ciò rappresenta un ulteriore elemento di garanzia per il sistema e per i soci, nonché per i terzi. Con la mensilità di dicembre, inoltre, oltre al saldo delle tredicesime, Società Dolce ha aggiornato le retribuzioni con la seconda tranche relativa al rinnovo del CCNL delle Cooperative Sociali. Gli arretrati per le mensilità di ottobre e novembre 2012 saranno liquidate con la mensilità di gennaio 2013. L’integrale e piena applicazione del CCNL di riferimento, in un momento di congiuntura così sfavorevole per il nostro sistema di welfare, è da considerarsi un importante risultato conseguito dalla nostra cooperativa.
Responsabilità amministrativa e responsabilità sociale Il Decreto Legislativo n. 231/2001 introduce nell’ordinamento italiano la responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, e dunque della Cooperativa, nel caso in cui i soci/lavoratori e/o dipendenti commettano dei reati ivi espressamente contemplati. Si è provveduto, quindi, ad approvare un apposito Modello di organizzazione, gestione e controllo (MOG) e a istituire l’Organismo di Vigilanza, costituito dall’Avv. Gattavecchia, dal Dott. Pasquali e dal Dott. Picone, con il compito di vigilare affinché all’interno della cooperativa sia adottato un efficiente sistema di controllo interno, onde evitare la commissione di reati. Nel contempo è partito un gruppo di lavoro, a candidatura volontaria, che ha come scopo la redazione del Codice Etico, quale carta dei diritti e doveri morali della Cooperativa. Il Codice Etico rappresenta uno dei principali strumenti di attuazione delle politiche di Responsabilità Sociale all’interno di una impresa.
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Un nuovo centro disabili per Mantova Grazie all’aggiudicazione dell’“asta pubblica per vendita immobile” in data 28/09/2012, Società Dolce ha acquisito l’immobile di Via Concezione 22 a San Giorgio di Mantova. Terminati i lavori di ristrutturazione ed espletate le pratiche di autorizzazione al funzionamento e accreditamento da parte dell’ASL di competenza, lo stabile potrà ospitare, a partire dal gennaio 2014, il Centro Diurno per Disabili (CDD) “Tam Tam” da 30 posti, una Residenza Sanitaria per Disabili (RSD) da 10 posti di nuovo avviamento e la sede del Servizio di Assistenza Domiciliare Integrata (ADI). L’operazione, condotta a seguito dello sfratto ricevuto dall’attuale sede del CDD “Tam Tam”, permetterà a Società Dolce di dare continuità ad un servizio del quale è gestore sin dal 1998, tutelando l’occupazione di 18 soci lavoratori. L’apertura di ulteriori servizi approfondirà inoltre il radicamento di Società Dolce sul territorio mantovano e consentirà di esportare modelli gestionali che i soci, operanti in servizi analoghi, hanno contribuito a sviluppare e collaudare in anni di quotidiano lavoro.
Accreditata la casa residenza per anziani di Molinella Un sorriso non costa niente e produce molto arricchisce chi lo riceve, senza impoverire chi lo dà. Dura un solo istante, ma talvolta il suo ricordo è eterno. Si apre così la Carta dei servizi della CRA “Nevio Fabbri” di Molinella (Bologna), residenza comunale che ospita 107 persone anziane, a ricordare che si entra in un luogo accogliente e sereno, in una casa dove sono garantite cura e assistenza, ma anche buone relazioni. La struttura è gestita congiuntamente dal Comune di Molinella e dal 2006 da un’ATI, di cui Società Dolce è capofila con funzioni di coordinamento; oggi l’ATI si è accreditata, confermando così l’efficienza della gestione e il riconoscimento di una professionalità che lavora per un reale benessere della persona. Un altro successo per l’area Assistenza alla Persona della cooperativa che, proprio sulle strutture residenziali, apre il 2013 con un percorso d’individuazione di requisiti necessari per un’alta qualità del servizio. Molti i fiori all’occhiello della struttura, voluti fortemente da Società Dolce e graditi da ospiti e parenti: dal progetto di pet therapy, al percorso riabilitativo, dai numerosi volontari che rendono più piacevole il tempo libero degli anziani, alla cucina interna, per sentirsi ancora a casa, come un tempo.
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Società Dolce nel bergamasco Società Dolce ha iniziato ad operare in Provincia di Bergamo, esattamente a Trescore Balneario, con la gestione della RSA e del CDI, dal mese di agosto 2011. Da allora il territorio bergamasco ha offerto numerose opportunità che la nostra Cooperativa ha colto con interesse e soddisfazione. Da gennaio 2012 gestiamo il SAD per la Comunità Montana dei Laghi Bergamaschi con sede principale a Villongo, ma che comprende numerosi comuni della sponda bergamasca del Lago d’Iseo. Da agosto 2012 abbiamo avviato alle porte della città di Bergamo e precisamente ad Azzano San Paolo, la gestione di una nuova RSA in concessione per un periodo di 15 anni. Dal 1° gennaio 2013 Società Dolce si è aggiudicata il bando di co-progettazione di numerosi servizi facenti capo al Consorzio Servizi della Val Cavallina: SAD, ADI, Servizio di assistenza educativa scolastica, CDD, CSE, SFA. Questi servizi consolidano la presenza della nostra Cooperativa sul Comune di Trescore Balneario e comuni limitrofi. Dal 1° febbraio 2013, infine, ci siamo aggiudicati il bando di co-progettazione del SAD del sub-ambito di Azzano San Paolo che, oltre al Comune dove si trova la RSA stessa, ricomprende i Comuni di Stezzano, Urgnano, Zanica, Levate e Comun Nuovo. Ad oggi si può affermare che Società Dolce ha avviato un processo significativo di radicamento anche nella Provincia di Bergamo, cercando costantemente integrazione tra servizi territoriali, diurni e residenziali in una logica di risposta completa ed unitaria alle esigenze della popolazione.
Villa Adalgisa, il primo hospice del distretto di Ravenna Sono partiti i lavori di adeguamento funzionale e strutturale della struttura, di proprietà dell’Opera Santa Teresa, a Ravenna che dalla prossima primavera offrirà il servizio di Hospice a favore di pazienti oncologici in fase terminale. Villa Adalgisa, così si chiamerà l’Hospice, si trova nella frazione di Borgo Montone a Ravenna e accoglierà, anche temporaneamente, i pazienti affetti da gravi patologie oncologiche in stadio terminale che, per le gravi condizioni di salute e/o per particolari situazioni familiari non possono ricevere assistenza a domicilio. A gestire l’Hospice per sei anni sarà Società Dolce che erogherà un servizio 24 ore su 24 per 365 giorni all’anno. “La realizzazione di questa struttura risponde ad un bisogno prioritario che è quello di migliorare la qualità della vita per i pazienti oncologici in fase terminale e per le loro famiglie, affrontando e curando il dolore, dando un sostegno non solo sanitario, ma anche morale e psicologico ai malati ed ai loro familiari. Il progetto attuato dall’Opera Santa Teresa, da Società Dolce e dall’Istituto Oncologico Romagnolo è un esempio concreto – ha affermato Fabrizio Matteucci, Sindaco di Ravenna - di come soggetti pubblici e privati possono lavorare e collaborare insieme per il bene della comunità”.
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Cambia la forma, resta la sostanza: il nuovo sito di Società Dolce on line Chiaro nei contenuti, facile nella consultazione, lineare nella scelta grafica, arricchito di immagini e di video, il nuovo sito, online da dicembre scorso, è stato pensato per raccontare con sintesi, ma efficacia la filosofia di Società Dolce, fornire un quadro sulla struttura, presentare in maniera immediata agli utenti tutti gli ambiti nei quali la cooperativa opera, offrire descrizioni dettagliate sui servizi, consentire un accesso veloce alle informazioni, ma anche alla richieste. La home page, caratterizzata dai toni pastello e da immagini a scorrimento, è strutturata in diverse sezioni per agevolare un veloce reperimento dell’argomento di interesse. I contenuti sono stati selezionati per fornire una panoramica complessiva di Società Dolce, ma allo stesso tempo bilanciati per rispondere alle esigenze di differenti tipologie di utenti. Utilità e semplicità di navigazione dunque prima di tutto ma anche news, progetti speciali, possibilità di scaricare tutte le pubblicazioni sull’attività di ricerca e molto altro ancora. A breve sarà on line anche la nuova area dedicata ai soci e ai lavoratori. Buona navigazione!
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LE FAMIGLIE
di Zazza
NEL PROSSIMO NUMERO
IL DIRITTO DI ESSERE PERSONA: UN VALORE NON NEGOZIABILE 66
DAY Welfare, la solidarietà in pratica.
W E L F A R E W E L F A R E
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DAY DAY Welfare Welfare èè uno uno strumento strumento moderno, moderno, semplice semplice eepratico, pratico,che chepermette permette a tutti i tipi di Aziende e Pubbliche Amministrazioni di erogare a tutti i tipi di Aziende e Pubbliche Amministrazioni di erogare servizi servizi sociali sociali alle alle persone persone in in tutta tutta trasparenza trasparenza ee sicurezza. sicurezza. Con Con DAY DAY Welfare Welfare èè possibile possibile acquistare acquistare beni beni di di prima primanecessità, necessità,prodotprodottiti farmaceutici e usufruire di servizi legati alla famiglia, farmaceutici e usufruire di servizi legati alla famiglia, alla alla salute salute ee alal benessere benessere della della persona persona ee del del suo suo nucleo nucleo familiare. familiare. DAY Welfare rende il tuo ambiente di lavoro piacevole, fa crescere la DAY Welfare rende il tuo ambiente di lavoro piacevole, fa crescere la tua azienda e aiuta le persone ad affrontare le attuali preoccupazioni e tua azienda e aiuta le persone ad affrontare le attuali preoccupazioni e difficoltà economiche. difficoltà economiche.
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