n. 2
settembre-dicembre 2012
COME CAMBIA IL LAVORO
NUOVI MODELLI A CONFRONTO
L’INTERVENTO del Ministro Elsa Fornero LA CRISI? UN’OPPORTUNITÀ Intervista al Ministro Andrea Riccardi LA REGOLA PER CRESCERE: COOPERARE Intervista a Raffaele Bonanni SE ANCHE BOBO NON SA PIÙ CHE PESCI PIGLIARE Intervista a Sergio Staino
Periodico della Cooperativa Sociale Società Dolce Poste Italiane Spa - spedizione in abbonamento postale 70% – CN BO Bologna. Iscrizione al tribunale di BO del 28/05/1991 n° 5988
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MAURO SPINATO
Direttore Responsabile
“Solo i poveri riescono ad afferrare il senso della vita, i ricchi possono solo tirare a indovinare” Charles Bukowski
B
isogna essere ottimisti e soprattutto avere cieca fiducia nelle continue e rassicuranti parole del premier Monti per credere che ci sarà (quando?) una ripresa del mercato del lavoro in Italia perché, se esaminiamo i dati sulla produttività, risulta che siamo gli ultimi in Europa e, riguardo il mondo del lavoro, il 47% degli italiani dai 18 ai 29 anni è inattivo. La disoccupazione giovanile è in crescita - se continua così rischiamo la perdita di una intera generazione - ed è raddoppiata, rispetto al 2008; il clima che si respira sul fronte degli andamenti economici è carico di incognite ed incertezza e le dinamiche del mercato del lavoro sono fortemente influenzate dalle debolezze dello scenario economico. Un Paese che nonostante gli interventi presi dal Governo e le ottimistiche, seppur prudenti, affermazioni dei nostri ministri continua ad essere in affanno. In grandi difficoltà versano ormai da mesi Grecia, Spagna e Portogallo con una crisi che sembra non voglia più fermarsi, ma non se la passano bene nemmeno la Francia di Hollande e la tripla A della Gran Bretagna, secondo Fitch, a rischio. Per carità non voglio generare ulteriore panico, ma i dati dell’Eurozona, Germania esclusa, non sono certamente incoraggianti. Nel Belpaese nel 2012 saranno poco più di 630mila le assunzioni di dipendenti programmate dalle aziende italiane, 35 per cento in meno rispetto al 2011 a fronte di 762mila uscite con un saldo negativo di 130mila assunzioni. Il mezzogiorno è il più penalizzato: si concentra infatti un terzo del saldo negativo. L’Italia è entrata nella seconda fase di recessione consecutiva dall’inizio della crisi globale. Il debito pubblico è schizzato dal 103 per cento del Pil nel 2007 al 120 per cento nel 2011. Il rallentamento dell’economia subisce fortemente anche l’accesso al credito che ha come conseguenza la riduzione degli investimenti da parte delle aziende con ripercussioni negative sulla ripresa del mercato del lavoro. Un’ulteriore nota dolente arriva da una recente ricerca effettuata da Gi Group, multinazionale italiana del lavoro: è emerso che i nostri figli hanno ben poca fiducia nel mercato del lavoro italiano. Se per i genitori vale la regola di una buona laurea, competenza e professionalità, i figli la pensano diversamente: ben 8 giovani su 10 considerano elementi importanti per far carriera la fortuna e le buone conoscenze, in particolare di persone influenti.
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(LAIF/contrasto) Sagrada Familia, Barcellona
“Tre persone erano al lavoro in un cantiere edile. Avevano il medesimo compito, ma quando fu loro chiesto quale fosse il loro lavoro, le risposte furono diverse. «Spacco pietre» disse il primo. «Mi guadagno da vivere» rispose il secondo. «Partecipo alla costruzione di una cattedrale» disse il terzo”. Peter Schultz
“La vita è quella cosa che ci accade mentre siamo impegnati a fare altri progetti.” Anthony De Mello
Periodico della Cooperativa Sociale Società Dolce
Caterina Segata, Lucio Serio, Sergio Staino, Paolo Vaccaro, Silvia Vicchi, Stefano Zamagni, Marco Zazzaroni.
Iscrizione tribunale di Bologna n. 5988 del 28/05/1991 Numero 2, settembre-dicembre 2012 Bologna, chiuso in redazione il 11 ottobre 2012
Progetto grafico CCDstudio.eu
Sede e Redazione Via C. Da Pizzano, 5 40133 Bologna Tel. 051 6441211 Fax 051 6441212 Email: redazione@xaltro.it
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Direttore Responsabile Mauro Spinato Redazione Stefania Bastia Massimiliano Paoletti Annamaria Ponti Mauro Spinato
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Coordinamento organizzativo Annamaria Ponti Hanno collaborato: Anselmo Aldrovandi, Rosa Maria Amorevole, Làszlò Andor, Raffaele Bonanni, Giuseppe Bortolussi, Isabella Calbi, Gianna Ceresi, Stefano Epifani, Carla Ferrero, Elsa Fornero, Emanuela Giampaoli, Isa Grassano, Lucia Marrocchi, Federica Pagliarone, Benedetta Passarelli, Daniele Ravaglia, Paolo E. Reboani, Andrea Riccardi, Luca Scainelli, Marina Salamon, Sara Saltarelli,
In conformità al D.Lgs n. 196/2003 sulla tutela dei dei dati personali, informiamo che i dati raccolti saranno trattati con la massima riservatezza e verranno utilizzati per scopi inerenti la nostra attività. In ogni momento, a norma dell’ art.7 del D.Lgs n. 196/2003, si potrà chiedere l’accesso, la modifica, la cancellazione o opporsi al trattamento dei dati scrivendo a Cooperativa Sociale Società Dolce Via C. Da Pizzano 5, 40133 Bologna o a redazione@xaltro.it
cooperativa
L’OPEROSA
da 60 anni al vostro fianco
L’alveare dei servizi
Igiene ambientale e sanificazione Trattamento e trasporto rifiuti Facility Management Manutenzione aree verdi Gestione parcheggi pubblici e privati
SOMMARIO L’INTERVENTO
di Elsa Fornero
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Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali
32 RIPARTIRE DALLA SCUOLA PER USCIRE DALLA CRISI
DIALOGANO CON NOI
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Intervista a Marina Salamon Imprenditrice
35 RAZIONAMENTO DEL CREDITO LE AZIONI DELL’UNIONE EUROPERA PER I GIOVANI
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Intervista a Làszlò Andor
Direttore Generale Emil Banca
DIVENTA UN LAVORO
Intervista a Paolo. E. Reboani
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Presidente e amministratore delegato Italia Lavoro
40 SE ANCHE BOBO NON SA PIÙ
Intervista ad Andrea Riccardi
Ministro per la Cooperazione Internazionale e l’Integrazione
LA REGOLA PER CRECERE: COOPERARE
Intervista a Daniele Ravaglia
37 QUANDO TROVARE UN LAVORO
Commissario Europeo Responsabile dell’Occupazione, degli Affari Sociali e dell’Inclusione
LA CRISI: UN’OPPORTUNITÀ
BANCARIO E PROBLEMI DI CRESCITA
CHE PESCI PIGLIARE Intervista a Sergio Staino
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Intervista a Raffaele Bonanni
Fumettista
AL SUD! 44 BENVENUTI Pietro Segata
Segretario Generale Cisl
Presidente Cooperativa Sociale Società Dolce
LE SPECIFICITÀ DEL NOSTRO MERCATO DEL LAVORO
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Intervista a Giuseppe Bortolussi Segretario CGIA Mestre
46 UN FINE SETTIMANA DI DONNE E LAVORO OGGI Rosa Maria Amorevole
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Consigliera di Parità effettiva per l’Emilia Romagna
LA COOPERAZIONE E LA CRISI
Stefano Zamagni
VACANZA? LAVORO E DORMO GRATIS Isa Grassano
50 GENERAZIONE PERDUTA Emanuela Giampaoli
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Professore Ordinario Università di Bologna
OPENDATA: COME CAMBIA IL RAPPORTO TRA ISTITUZIONI E CITTADINI? Stefano Epifani
Docente dell’Università La Sapienza di Roma
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54 SOCIETA’ DOLCE NEWS
VITTIME DEL PRECARIATO 58 LE di Zazza 7
HO SCELTO LA BANCA SCEGLIENDO UN’IDEA. Essere socio conviene, non solo a me.
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L’INTERVENTO di
Elsa Fornero Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali con delega alle Pari Opportunità
“
A
bitare la crisi” non è facile, neppure per la cooperazione sociale, il terzo settore
in generale e il volontariato (questo è infatti il tema principale della VI conferenza del volontariato di inizio ottobre all’Aquila), ma sicuramente la cultura della solidarietà, del rispetto degli individui e l’attenzione al bene comune, che sono valori portanti di queste realtà, ne fanno un punto di forza particolare per il nostro paese, proprio quando la crisi economica e anche sociale, che lo sta attraversando, spinge verso il ripiegamento e la chiusura nei confronti degli altri, l’individualismo e la sfiducia nelle istituzioni. La cooperazione sociale può apportare un contributo ai giovani, in termini di formazione, pratica e inserimento nel mondo del lavoro. Essa opera in settori molto importanti proprio in quanto caratterizzati da un ruolo prevalente del fattore lavoro, con una richiesta crescente di qualificazione dei lavoratori chiamati ad operare, molto spesso, a contatto con persone fragili e vulnerabili per ragioni economiche, sociali o di età. Un’esperienza lavorativa nella cooperazione costituisce quindi, indubbiamente, anche un investimento nella propria formazione, che potrà essere speso in quello, come anche in altri settori. Anche il volontariato, caratterizzato dalla gratuità dell’attività che si svolge, può costituire una palestra formativa per i giovani, sia sotto il profilo della propria maturazione personale, in quanto li pone nella necessità di interagire con persone che chiedono risposte non sempre facili da dare, sia per quanto riguarda la capacità di assumere delle responsabilità. Qualità che sono molto importanti in ogni attività lavorativa. Le organizzazioni di volontariato si stanno sempre più attrezzando nel campo della formazione dei volontari, proprio in ragione delle caratteristiche degli interventi che mettono in atto, che non possono essere lasciati solo alla generosità individuale, ma richiedono competenze e organizzazione. Un esempio per tutti: l’intervento di emergenza nelle zone terremotate. Questa formazione ovviamente diventa un bagaglio importante per il successivo inserimento lavorativo.
DIALOGANO CON NOI
Qual è il tuo libro preferito? Saggistica: “Una ossessione pericolosa” di Paul Krugman Letteratura: “Cent’anni di solitudine” di Gabriel García Márquez
Il prossimo viaggio che farai? Parigi
Un pregio Non ne ho di particolari
Un difetto
GIUSEPPE BORTOLUSSI Dal 1980 è direttore della CGIA (Associazione Artigiani e Piccole Imprese) di Mestre. Nei primi anni ’90 ha fondato e tuttora ne dirige anche l’Ufficio Studi. Tra le numerose battaglie sindacali, si è battuto in prima linea contro le misure fiscali adottate a livello nazionale negli anni ‘90, che di fatto avrebbero penalizzato le piccole e micro imprese: l’Irap, la Dual Income Tax e gli studi di settore.
Perfezionista
Qual è il tuo libro preferito? Gabriel García Márquez, “Cent’anni di solitudine”
Il prossimo viaggio che farai?
Berlino
Un pregio La curiosità
Un difetto Troppi per sceglierne uno solo
Qual è il tuo libro preferito? Non ne ho uno. Ogni libro, come ogni persona, regala qualcosa
Il prossimo viaggio che farai? In un posto dove la gente sorrida
Un pregio La buona memoria
Un difetto non me lo ricordo…
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ROSA MARIA AMOREVOLE Esperta di genere, mercato del lavoro, contrasto alle discriminazioni in ambito lavorativo, organizzazione del lavoro. Formatrice. Giornalista pubblicista. Come Consigliera di Parità effettiva per l’Emilia Romagna studia i temi delle organizzazioni flessibili e concilianti, le discriminazioni di genere, mobbing e molestie e la rappresentanza di genere. Ha pubblicato numerosi articoli e libri sui temi di studio e analisi.
STEFANO EPIFANI È docente universitario alla Sapienza di Roma, giornalista (collabora con diverse testate e dirige TechEconomy.it, uno dei principali portali italiani dedicati all’economia delle tecnologie) e consulente di direzione. Su twitter lo trovate come @stefanoepifani.
Intervista a LÀSZLÒ ANDOR
Commissario Europeo Responsabile dell’Occupazione, degli Affari Sociali e dell’Inclusione
LE AZIONI DELL’ UNIONE EUROPEA PER I GIOVANI Rischiamo di vedere una generazione sprecata, un assoluto disastro economico e sociale...Per questo dobbiamo fermare lo scoraggiamento dei giovani. Sappiamo che vogliono studiare e lavorare e andare avanti nella vita...Sappiamo che essi sono disposti a contribuire al benessere generale e ad assumersi la loro parte dell’onere della solidarietà tra le generazioni, mentre la generazione del boom economico va in pensione. Non dobbiamo deluderli
Commissario Andor, in Italia sono pochi i giovani che trovano lavoro: ci sarà un futuro per loro? Il tasso di disoccupazione giovanile è in media due volte più alto di quello generale della popolazione in età lavorativa in Europa. In Italia è salito a circa il 35% e in Spagna e in Grecia raggiunge e sorpassa il 50%. È in gioco la capacità di un’intera generazione di accedere al mercato del lavoro, di progredire nella vita in condizioni dignitose e di contribuire a sistemi di sicurezza sociale. Alla luce di questa enorme sfida, la Commissione Europea ha messo a punto specifiche iniziative e recentemente le ha rafforzate in particolare per gli Stati membri con maggiori difficoltà. Per gli otto Stati membri con il più alto tasso di disoccupazione giovanile, tra cui l’Italia, sono stati istituiti team d’azione congiunti di funzionari della Commissione e dei rispettivi paesi individuati e riassegnati finora circa 10,4 miliardi di finanziamenti UE (compresi importi significativi nel quadro del Fondo Sociale Europeo), per nuovi progetti, o per accelerare l’attuazione dei progetti esistenti, con almeno 540.000 giovani che ne possono beneficiare. Alcune regioni in Italia hanno adottato misure supporta-
te con il FSE per affrontare la situazione dei giovani che non stanno ricevendo né istruzione, né sono impiegati o in formazione (i cosiddetti né - né). Ad esempio, la Regione Toscana ha messo a punto un’iniziativa completa e innovativa, denominata “Giovani- sì”, che mira a promuovere l’accesso dei giovani all’istruzione e alla formazione, all’occupazione, al lavoro autonomo e agli alloggi. Il FSE co-finanzia interventi quali la promozione della formazione professionale, lo sviluppo di stage e tirocini, agevolando le start-up aziendali e le attività imprenditoriali. Sotto l’ombrello di un “Fondo Giovani”, un bilancio di 30milioni di euro è usato per finanziare l’imprenditorialità giovanile, soprattutto in agricoltura, attraverso contributi e benefici, nonché per sostenere giovani imprenditori e giovani professionisti. In Italia vengono anche effettuate iniziative a livello nazionale. Il Ministero della Pubblica Istruzione ha attuato una serie di interventi che beneficiano i giovani delle regioni meridionali. Di recente, ha svolto - con le risorse del FSE trasferite dalle regioni - iniziative di promozione della transizione dalla scuola al lavoro (del valore di 99milioni di Euro), sostenendo stage linguistici all’estero (186milioni di Euro), e affrontando la lotta contro la dispersione scolastica e lo sviluppo di competenze chiave (12 milioni
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di Euro). Abbiamo bisogno di riprodurre questi progetti positivi sostenuti col FSE anche in altre regioni e Stati membri. Le Raccomandazioni Specifiche per paese del 2012 precisano misure molto specifiche per gli Stati membri da adottare in caso di disoccupazione giovanile. La Raccomandazione per l’Italia si concentra su tre azioni specifiche, che potrebbero fare la differenza in tempi rapidi: agevolare la transizione tra istruzione e lavoro, promuovere incentivi alle imprese per assumere giovani e sostenere la creazione di imprese. Il tasso di abbandono precoce degli studi (circa il 19%, con forti variazioni regionali) ha effetti negativi sulla disoccupazione giovanile e devono essere contrastati e anche lo scarso rendimento del sistema di istruzione superiore deve essere affrontato - i datori di la-
voro hanno bisogno di giovani con le competenze necessarie per offrire loro un lavoro. Anche la segmentazione del mercato del lavoro è un grave problema in Italia, con molti giovani a cui vengono offerte condizioni di lavoro meno vantaggiose dei lavoratori più anziani. Tuttavia, credo che le ampie riforme del diritto del lavoro adottate all’inizio di quest’anno siano un coraggioso passo avanti per contrastare questo problema. Come ho già detto in precedenza, nel quadro della realizzazione del Pacchetto per l’occupazione, intendo presentare entro la fine del 2012, una raccomandazione sugli orientamenti per stabilire garanzie per i giovani, invitando gli Stati membri a garantire che i giovani ricevano la promessa che entro quattro mesi da quando hanno lasciato la scuola, o sono diventati disoccupati, riceveranno una
offerta di lavoro di buona qualità, istruzione ulteriore, un apprendistato o un tirocinio. Ci stiamo basando sulla buona prassi sviluppata da Austria, Finlandia e Svezia. Allo stesso tempo, ho intenzione di dare una spinta anche ad apprendistato e tirocini, con il lancio di una consultazione delle parti sociali su un quadro di qualità in questo settore. A condizione che siano di alta qualità, i tirocini possono aiutare i giovani ad acquisire le necessarie competenze, rilevanti per il mercato del lavoro, di cui hanno bisogno per ottenere un primo lavoro. Il quadro di qualità permetterà di chiarire le responsabilità di tutte le parti e di definire una serie di criteri di qualità, come ad esempio un vero accordo tra datore di lavoro e la sua/il suo tirocinante, che specificano gli obiettivi del tirocinio e il tutoraggio del tirocinante, la retribuzione, i contributi e la copertura assicurativa.
Quali sono le opportunità europee educative e di studio per i giovani? Le azioni dell’UE in materia di istruzione e di formazione tendono a migliorare la qualità dei sistemi di apprendimento e a fornire maggiori opportunità per le persone in tutte le fasi della loro vita. Sebbene ogni Stato membro sia responsabile dei propri sistemi di istruzione e formazione, l’azione coordinata può aiutare a raggiungere obiettivi comuni. Alla luce delle crescenti difficoltà incontrate dai giovani per entrare nel mercato del lavoro, ho lanciato una “Iniziativa per le Opportunità giovanili” nel mese di dicembre, l’anno scorso. Una delle azioni principali dell’iniziativa riguardava il sostegno della Commissione agli Stati membri per utilizzare il Fondo sociale europeo in modo più efficiente, tra l’altro per sostenere tirocini, come già avviene in alcuni paesi. Un’altra azione di questa iniziativa è stata il sostegno di tirocini internazionali di alta qualità, nell’ambito del programma Erasmus e Leonardo da Vinci, aumentando il loro finanziamento per il restante periodo di programma-
zione in corso. Un ulteriore aumento del bilancio è proposto nel programma “Erasmus per tutti”, a partire dal 2014. L’Iniziativa per le Opportunità Giovanili ha anche confermato i precedenti impegni della Commissione a presentare un quadro di qualità per i tirocini nel 2012.
Qual è il suo messaggio ai giovani europei? Il prezzo che i giovani - e la società nel suo complesso pagano per gli attuali livelli record di disoccupazione giovanile, o di lavoro precario, è inaccettabile ed elevato. Rischiamo di vedere una generazione sprecata, un assoluto disastro economico e sociale. La disoccupazione, accoppiata alla frustrazione per la mancanza di prospettive, è una miscela esplosiva. Alimenta disordini e l’estremismo politico e porta un enorme costo economico e sociale. Per questo dobbiamo fermare lo scoraggiamento dei giovani. Sappiamo che vogliono studiare e lavorare e andare avanti nella vita. Vogliono condividere la prosperità - e godere dei benefici - che l’economia globale odierna, più rispettosa dell’ambiente e più giusta, offre. Sappiamo che essi sono disposti a contribuire al benessere generale e ad assumersi la loro parte dell’onere della solidarietà tra le generazioni, mentre la generazione del boom economico va in pensione. Non dobbiamo deluderli. L‘UE prende molto sul serio questi problemi. Nel suo ruolo di coordinamento delle politiche nazionali per l’occupazione, l’UE ha adottato misure concrete per rafforzare la governance e dare ai giovani le opportunità che meritano. Rimaniamo ottimisti. Unendo i nostri sforzi, credo che potremo raggiungere il nostro obiettivo e dare ai nostri giovani la possibilità di realizzarsi. Si ringrazia per la preziosa collaborazione il portavoce del Commissario europeo, dr. Jonathan Todd. L’intervista integrale in italiano e in inglese è disponibile sul sito: www.xaltro.it
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Intervista a ANDREA RICCARDI
Ministro per la Cooperazione Internazionale e l’Integrazione di Silvia Vicchi
LA CRISI? UN’OPPORTUNITÀ La cooperazione rappresenta un interesse comune da cui ripartire, un momento di apertura al resto del mondo, che arricchisce enormemente i nostri giovani da un punto di vista umano, consentendo in molti casi il loro primo ingresso nel mercato del lavoro
Ministro, lei ha una storia di dono e passione per la pace e l’integrazione, anche come fondatore della Comunità di Sant’Egidio. In un’epoca di crisi economica, che significato hanno la pace e un Ministero per la Cooperazione internazionale e l’Integrazione, mai istituito prima d’ora? I momenti di crisi possono rappresentare un’opportunità. Di questo sono convinto. La crisi ci costringe a rivedere stili di vita dati per scontati, gerarchie e privilegi anacronistici. Si apre lo spazio della solidarietà, che non è una forma di elemosina per cui chi è più fortunato concede parte del suo superfluo, ma è condivisione partecipe. È la riscoperta dei valori più autenticamente umani. Una chiamata a vivere insieme, valorizzando le capacità e rispondendo ai bisogni di tutti. Questo si può fare, all’interno del nostro Paese, promuovendo l’integrazione con i cittadini immigrati e, all’esterno, attraverso la cooperazione internazionale. Quando non ci sono risorse, come nella stagione che stiamo vivendo, non ci si può limitare a lamentarsi che i soldi pubblici scarseggiano. A proposito di cooperazione internazionale, ma anche per altri settori, ho spesso parlato di deficit di idee. Sono infatti convinto che si debba considerare il capitolo cooperazione in un
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modo nuovo. L’aiuto allo sviluppo non va considerato solo come un atto di carità – cosa che peraltro sarebbe di per sé lodevole - ma deve diventare un’occasione di crescita anche per il sistema Paese. Un’occasione che comporta la presenza del nostro Paese in alcune aree del mondo.
In un Paese dove solo un giovane su cinque ha un lavoro, che ruolo può avere la cooperazione come opportunità? Parlare del futuro vuol dire parlare dei giovani. Ma è forse il caso di definire di cosa parliamo quando parliamo dei “giovani”. Innanzitutto in Italia i giovani tra i 15 e i 29 anni sono pochi, pari a 9 milioni e mezzo (fonte Istat: 1 gennaio 2011) e sarebbero ancor meno se non ci fosse una forte presenza immigrata. Uno su tre cerca lavoro e non lo trova. La disoccupazione giovanile, infatti, non nasce da una mancanza di intraprendenza. Semmai, l’intraprendenza dei giovani va valorizzata ed è da questa che occorre ripartire per pensare delle politiche lungimiranti. Ma devo confessare una grande preoccupazione di fronte a tanti giovani spaesati. È una gioventù “liquida”, direbbe Bauman, senza limiti e senza nessuno che la contenga. La nostra società ha bisogno di costruire nella libertà, nel fare sistema, nelle compe-
tenze, nella responsabilità di un interesse comune. La cooperazione rappresenta un interesse comune da cui ripartire, un momento di apertura al resto del mondo, che arricchisce enormemente i nostri giovani da un punto di vista umano, consentendo in molti casi il loro primo ingresso nel mercato del lavoro.
Cosa pensa del servizio civile, il cui rilancio è molto atteso dagli enti no profit e dalle Ong? Cosa può rappresentare per la formazione e l’educazione dei giovani? Secondo l’ultima indagine multiscopo dell’Istat, l’attuale momento storico vede una chiara disaffezione da parte dei giovani nei confronti di una politica percepita come qualcosa di incomprensibile e inaffidabile. Mentre per quanto riguarda la partecipazione alle attività di volontariato, associative e culturali, si evidenzia una buona risposta giovanile, con il coinvolgimento di più di un giovane su dieci. Appare dunque chiaro che, oltre alla necessità di riabilitare la politica agli occhi dei giovani, vi è anche quella di premiare quei settori in cui i giovani si sentono invece a proprio agio. Nei suoi dieci anni di vita, il Servizio Civile Nazionale ha coinvolto 284.596 giovani impegnati nella realizzazione di progetti in diversi settori: assistenza, protezione civile, ambiente, patrimonio artistico e culturale, educazione e promozione culturale, servizio civile all’estero. Attraverso la partecipazione ai progetti presentati da oltre 14.000 enti pubblici e privati, il SCN ha consentito ai medesimi enti, da un lato, di porsi come punto di riferimento delle singole realtà e, dall’altro, di ricucire i legami delle comunità, con particolare riferimento a quelli tra i cittadini e le istituzioni. Nel contempo, i giovani hanno potuto sperimentare e praticare con maggior consapevolezza una cittadinanza attiva, sviluppando il senso civico ed una maggiore percezione dei valori democratici. Questo rappresenta il valore educativo del servizio civile nazionale. Molti giovani attraverso il servizio civile
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si avvicinano al mondo altrimenti a loro sconosciuto dei servizi alle persone (anziani, disabili, minori in difficoltà, ecc.), che tra l’altro è uno dei pochi settori lavorativi che vede un aumento dell’occupazione. Si tratta di un circolo virtuoso. L’esperienza del SCN ha facilitato l’inserimento dei giovani nel mondo lavorativo, poiché ha ridotto in modo decisivo le barriere di ingresso, attuando percorsi di mobilità territoriale e offrendo ai giovani possibilità di contatto con mondi diversi. Oltre ai progetti all’estero, che ogni anno coinvolgono circa 450 giovani dislocati in quasi 50 Paesi, dai dati di Confcooperative si rileva che il 40% di coloro che hanno compiuto un’esperienza di servizio civile è riuscito ad ottenere un’occupazione stabile a tempo indeterminato presso la stessa cooperativa in cui aveva prestato servizio. La bella notizia è che un rilancio del servizio civile c’è già stato: dopo un’attenta e faticosa ricognizione nell’ambito del bilancio della Presidenza del Consiglio dei Ministri, nei capitoli di mia competenza, siamo riusciti a reperire le risorse finanziarie aggiuntive per il Servizio Civile Nazionale, per un importo pari a 50 milioni di euro, a valere sull’esercizio finanziario 2012. Questi fondi consentiranno la partenza di circa 19.000 giovani nel 2013 e altrettanti nel 2014.
Può esserci un’agenda comune per la cooperazione internazionale e il mondo imprenditoriale italiano, compreso quello cooperativo? Il tentativo di “fare sistema” per la cooperazione ha incontrato molte difficoltà nel nostro Paese, anche perché la legge 49 non è più al passo dei tempi, segnati dalla globalizzazione e da una maggiore complessità. Credo che un passo naturale verso un’azione di sistema, una sinergia, consista nell’ottenere che tutti i soggetti di cooperazione abbiano un “luogo” dove condividere approcci e prospettive: è il “Tavolo Interistituzionale”, che rappresenta lo spazio disponibile per un confronto strategico nazionale e che quest’anno abbiamo riconvocato per alzare il livello politico di partecipazione, includendo altri soggetti pubblici centrali e soggetti privati di
cooperazione, anche se non riconosciuti dalla legge: gli imprenditori migranti, la cooperazione e il credito cooperativo, gli operatori della micro finanza, le associazioni del commercio equo e solidale, ecc. Quello che muove professionalità e impegno nella cooperazione è il riconoscimento del valore alla solidarietà generatrice di nuove idee ed esperienze. Io penso che
dobbiamo tutti innovare sul nostro modo di comunicare il valore della cooperazione. Non basta accontentarci di fare cooperazione. Dobbiamo favorire in tutti i modi la disponibilità di tanti cittadini ad essere coinvolti e sostenere la cooperazione. L’intervista integrale è disponibile sul sito: www.xaltro.it
Molti giovani attraverso il servizio civile si avvicinano al mondo altrimenti a loro sconosciuto dei servizi alle persone (anziani, disabili, minori in difficoltà, ecc.), che tra l’altro è uno dei pochi settori lavorativi che vede un aumento dell’occupazione
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Intervista a RAFFAELE BONANNI Segretario Generale Cisl
LA REGOLA PER CRESCERE: COOPERARE Di fronte alla difficile condizione dei giovani nel nostro Paese, servono scelte economiche finalizzate alla promozione dell’occupazione. Per essere efficaci tali scelte dovranno essere costruite in un clima di condivisione di obiettivi, coesione sociale e cooperazione tra tutti i soggetti sociali, economici ed istituzionali
Su chi sta pesando maggiormente la crisi economica che l’Italia sta attraversando? Sta pesando sulle persone più deboli, sui disoccupati, sui pensionati che arrivano a stento a fine mese, sui cassintegrati, sui giovani e sulle donne, che soprattutto nel Mezzogiorno fanno fatica ad entrare nel mercato del lavoro, sugli ‘esodati’, che sono rimasti senza ammortizzatori e senza pensione. Uno dei settori più colpiti è senz’altro quello industriale. A nessuno sfugge, ad esempio, l’equilibrio precario in cui versano ormai da mesi gli operai di Alcoa e di Ilva, che stanchi ed esasperati stanno dando vita a gesti estremi di protesta. Anche i comparti metalmeccanico e dell’edilizia risultano fortemente colpiti, con il settore delle costruzioni che registra dati allarmanti: quasi mezzo milione di lavoratori esclusi dal mercato. Il problema è che aumenta sempre di più la forbice tra ricchi e poveri, con la crisi che pesa sulle classi più deboli della nostra società.
Quale impulso di crescita possono por18
tare le relazioni sindacali all’interno di un’azienda? O sono solo un limite, come spesso vengono vissute? Di sicuro buone relazioni sindacali all’interno delle singole aziende possono favorire e non intralciare processi di crescita e di sviluppo. Se ben condotte, infatti, creano un’efficace e solidale convergenza di interessi tra lavoratori ed imprenditori nel governo dell’impresa e negli indirizzi di riforma. Non a caso la Cisl ormai da tempo cerca di porre l’azienda ed il territorio al centro dell’attività sindacale, trasformando le categorie e i rappresentanti aziendali nel vero motore di sviluppo delle politiche contrattuali. Ecco perché la nostra parola d’ordine è ‘contrattazione’, che da una parte permetterà alle grandi e piccole imprese di poter rispondere meglio alle sfide del mercato e della competitività, dall’altra consentirà ai dipendenti di interagire con i datori di lavoro, operando meglio e con stipendi più alti legati alla produttività. E soprattutto si darà ancora più forza agli enti bilaterali, per gestire insieme la formazione e l’aggiornamento ed ogni altro
Rilanciare l’occupazione nel nostro Paese, a partire da quella giovanile, significa innanzitutto sostenere la ripresa attraverso misure di stimolo alla crescita, alla produttività , agli investimenti italiani e stranieri, alla creazione di nuove imprese, alla riconversione industriale
aspetto della vita aziendale.
Quali possono essere le misure rivolte ai giovani, affinché il lavoro non resti per loro una chimera? Il lavoro può venire solo dalla buona economia, non dalle leggi. Di fronte alla difficile condizione dei giovani nel nostro Paese, servono scelte economiche finalizzate alla promozione dell’occupazione. Per essere efficaci tali scelte dovranno essere costruite in un clima di condivisione di obiettivi, coesione sociale e cooperazione tra tutti i soggetti sociali, economici ed istituzionali. Rilanciare l’occupazione nel nostro Paese, a partire da quella giovanile, significa innanzitutto sostenere la ripresa attraverso misure di stimolo alla crescita, alla produttività, agli investimenti italiani e stranieri, alla creazione di nuove imprese, alla riconversione industriale. Significa intervenire sui fattori di contesto: energia, tasse locali, giustizia, pubblica amministrazione, servizi. Bisogna rendere più facili gli investimenti, abbassando le tasse per chi assume i lavoratori, o investe in qualità e ricerca. Occorre far leva su formazione ed apprendistato, che permettano un’effettiva interazione tra scuola e mercato del lavoro. Infatti, una delle cause del difficile inserimento lavorativo dei giovani, sta proprio nel non facile rapporto tra la preparazione offerta da scuola ed università e le richieste di professionalità.
A livello imprenditoriale, quali sono le regole da rivedere sul mercato del lavoro,
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che possono aiutare ad uscire da una situazione ormai drammatica per tanti lavoratori, ma anche per tanti datori di lavoro? È possibile una cooperazione? Di sicuro fondamentale è alimentare una maggiore interazione tra dipendenti e datori di lavoro. Per fare questo, occorre da una parte individuare adeguate procedure di decisione sui processi produttivi e, dall’altra, garantire la partecipazione dei lavoratori al capitale di rischio attraverso l’azionariato in forma collettiva. Non a caso, la Cisl da tempo parla dell’importanza del modello partecipativo delle relazioni industriali, che possa favorire un’efficace e solidale convergenza di interessi tra dipendente ed imprenditori. La cooperazione diventa l’arma vincente per uscire dalla crisi. Ecco perché è fondamentale raggiungere un’intesa con le imprese che contenga l’indicazione di rinnovare i contratti nazionali, accogliendo le novità dell’accordo del 28 giugno 2011, per aumentare la produttività e con essa i salari. Ma per arrivare alla stipula di questo patto sociale, a cui sindacati ed imprese sono positivamente indirizzati, di primaria importanza diventa anche la disponibilità del Governo, che deve fare la sua parte destinando più risorse alla detassazione del premio di produttività e riducendo le tasse sugli investimenti delle imprese. La nostra speranza è che adesso tutti si assumano le proprie responsabilità, sindacati, imprese, istituzioni, per portare avanti questa importante partita, senza la quale il Paese non può tornare a parlare di sviluppo e di crescita.
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LE SPECIFICITÀ DEL NOSTRO MERCATO DEL LAVORO Bisogna fare una vera e propria rivoluzione per ridare dignità, valore sociale e un giusto riconoscimento economico a tutte quelle professioni dove il saper fare con le proprie mani costituisce una virtù aggiuntiva che rischiamo di perdere
Come ogni anno, con l’arrivo dell’autunno, la situazione occupazionale si fa difficile e, pur non avendo ancora assunto dimensioni drammatiche, il quadro a livello nazionale è in peggioramento. Sono almeno 140 le aziende che hanno aperto un tavolo di crisi presso il Ministero dello Sviluppo Economico. I lavoratori dipendenti interessati sono 160.000, tra questi circa 30.000 rischiano seriamente il posto. E non è tutto. Sappiamo benissimo che tra le piccole e micro imprese dell’artigianato e del commercio ci sono centinaia di migliaia di attività in difficoltà che, senza suscitare lo stesso clamore delle vertenze in corso nelle grandi imprese, rischiano di chiudere i battenti e di lasciare a casa i propri dipendenti. I dati dell’Istat ci dicono che il tasso di disoccupazione registrato nel secondo trimestre di quest’anno è del 10,7%: il livello più alto raggiunto dall’inizio della crisi. I senza lavoro sono quasi 2.700.000 e rispetto allo stesso periodo dello scorso anno la variazione è stata di quasi tre punti percentuali. A fare le spese di questa situazione sono state le fasce più deboli del mercato del lavoro: i giovani, le donne e gli immigrati. E’ vero che anche il nostro sistema imprenditoriale pecca di efficienza ed ha bisogno di recuperare margini di produtti-
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vità, tuttavia credo sia impellente, al fine di invertire la tendenza in atto, intervenire sul fronte della domanda, visto che quella che stiamo vivendo è soprattutto una crisi legata alla caduta dei consumi. Che fare allora? Da tempo sostengo che bisogna intervenire per alleggerire il carico fiscale su pensioni e buste paga. Se a queste categorie non lasciamo più soldi in tasca difficilmente le famiglie ricominceranno a spendere. E’ vero che dobbiamo produrre meglio, con prodotti più ricercati e più innovativi: ma, se la gente non ha la possibilità di spendere, i prodotti rimarranno sugli scaffali dei negozi e le imprese saranno costrette a ridurre la produzione e quindi anche gli occupati. Insomma, bisogna innanzitutto lasciare più soldi in tasca ai consumatori, ma ridare impulso anche alle nostre piccole realtà imprenditoriali che continuano ad essere l’asse portante dell’economia, recependo in tempi brevissimi la Direttiva europea contro il ritardo dei pagamenti, per garantire una certezza economica a chi, attualmente, viene pagato mediamente dopo 120/180 giorni dall’emissione della fattura. Bisogna trovare il modo per agevolarne l’accesso al credito, altrimenti l’assenza di liquidità rischia di farle fuoriuscire dal mercato. Infine, bisogna
alleggerire il carico fiscale che ormai ha raggiunto livelli non più sopportabili. Credo che la costante e progressiva riduzione degli occupati delle grandi imprese avvenuta anche in Veneto in questi ultimi decenni proseguirà ancora. Questa esperienza, però, ci insegna una cosa importante. Le ristrutturazioni industriali registrate a partire dalla metà degli anni ’70 fino ai primi anni ‘90 presentavano un denominatore comune. Chi veniva espulso dalle grandi imprese spesso rientrava nel mercato del lavoro grazie all’assunzione in una piccola impresa. Oggi, anche queste ultime sono in difficoltà e, nella grande maggioranza dei casi, non ce la fanno più a creare nuovi posti di lavoro. Per questo bisogna intervenire subito, altrimenti corriamo il rischio di avvitarci in una crisi sociale ed economica senza via d’uscita. Comunque, esiste anche un’altra faccia del
mercato del lavoro. Nel 2011 sono stati 45.250 i posti di lavoro per i giovani che le imprese hanno dichiarato di non essere riuscite a reperire sul mercato, vuoi per il ridotto numero di candidati che hanno risposto alle inserzioni (pari a circa il 47,6% del totale), vuoi per l’impreparazione di chi si è presentato al colloquio di lavoro (pari al 52,4%). Purtroppo è il paradosso emerso da una elaborazione del nostro Ufficio studi su dati ExcelsiorMinistero del Lavoro. A livello professionale, le figure più difficili da rinvenire sono state quelle dei commessi (quasi 5.000 posti di lavoro di difficile reperimento); dei camerieri (poco più di 2.300 posti); dei parrucchieri/ estetiste (oltre 1.800 posti); degli informatici e telematici (quasi 1.400 posti); dei contabili (quasi 1.270 posti); degli elettricisti (oltre 1.250); dei meccanici auto (quasi 1.250 posti); tecnici della vendita (1.100 posti); idraulici
e posatori di tubazioni (poco più di 1.000 posti); baristi (poco meno di 1.000). Nei prossimi mesi, quando avremo il consuntivo riferito alle assunzioni avvenute nel 2011, vedremo se le cose sono andate proprio così. Nel frattempo è alquanto paradossale che in una fase economica in cui la disoccupazione giovanile ha toccato negli ultimi mesi il punto più alto, vi siano 45.250 posti di lavoro “inevasi” tra i giovani sino a 29 anni. Professioni che, nella maggioranza dei casi, richiedono una grossa preparazione alla manualità. Come trovare una soluzione a questi vuoti occupazionali? Pur ritenendo sia difficile trovare una soluzione che in tempi ragionevoli sia in grado di colmare un vuoto culturale che dura da più di 30 anni,
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bisogna innanzitutto rivalutare, da un punto di vista sociale, il lavoro manuale e le attività imprenditoriali che offrono queste opportunità. Per questo è necessario avvicinare la formazione scolastica al mondo del lavoro. Attraverso le riforme della scuola avvenute in questi ultimi anni e, soprattutto, con il nuovo Testo unico sull’apprendistato approvato nell’ottobre scorso, qualche passo importante è stato fatto. Ma non basta. Bisogna fare una vera e propria rivoluzione per ridare dignità, valore sociale e un giusto riconoscimento economico a tutte quelle professioni dove il saper fare con le proprie mani costituisce una virtù aggiuntiva che rischiamo di perdere.
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ROSA MARIA AMOREVOLE
Consigliera di Parità effettiva per l’Emilia Romagna
DONNE E LAVORO OGGI La crisi sembra aver aggravato i tradizionali problemi strutturali dell’occupazione femminile, soprattutto in relazione al tema della “qualità del lavoro”
Sono aumentati i fenomeni di segregazione verticale (la concentrazione delle donne nelle fasce più basse della gerarchia aziendale, la scarsa presenza di donne in posizione apicale) ed orizzontale (la concentrazione delle donne in settori e occupazioni con retribuzioni inferiori), gli impieghi non standard, i problemi di conciliazione tra lavoro e vita (al contempo l’offerta dei servizi cura si è contratta e/o ha innalzato i suoi costi, o semplicemente gli orari riescono sempre meno a rispondere a fabbisogni originati da ampie articolazioni dell’orario di lavoro sulla giornata) e si è acutizzato il sottoutilizzo del capitale umano. È calata l’occupazione femminile qualificata e contemporaneamente è cresciuta quella non qualificata, il part-time involontario è in aumento (in mancanza di contratti a tempo pieno), così come il divario di genere, a causa del sottoutilizzo del capitale umano, che a livello italiano ha raggiunto il 40% per le laureate, contro il 31% dei colleghi maschi. Più donne che uomini svolgono un lavoro temporaneo, soprattutto in età giovanile: in Emilia Romagna, ad esempio, il 68,3% delle donne e il 53,8% degli uomini si colloca nella fascia di età 25-44 anni. In un clima di incertezza trovano terreno fertile le discri-
minazioni. La paura di perdere il posto di lavoro spesso induce le donne a “sopportare” condizioni al limite, o al di fuori del diritto, non certo a costo zero in termini di benessere organizzativo ed individuale. Le discriminazioni oggi maggiormente denunciate sono quelle legate alla maternità e alle cure parentali, alla conciliazione famiglia/lavoro, al corretto riconoscimento delle competenze professionali, alle opportunità di avanzamento di carriera, agli stereotipi/vincoli all’accesso e/o alla permanenza nel lavoro, nell’assegnazione di premi di produzione, alle molestie, sia verbali che sessuali, al mobbing, che è indicatore di un clima profondamente cambiato. Questi fattori producono come conseguenza la disparità salariale. In Emilia Romagna, ad esempio, nel caso di lavoro non standard, il 56% delle donne non supera i 10mila euro di reddito, mentre nel lavoro dipendente mediamente le donne percepiscono il 21% in meno di salario e nel lavoro professionale la rilevazione attraverso le casse previdenziali degli ordini evidenzia un differenziale reddituale tra il 40 e il 60%. Inoltre, il “rischio” di maternità rappresenta un forte deterrente all’assunzione delle giovani, ma oltre i 45 anni le donne faticano a ricollocarsi in caso di licenziamento. È nel rapporto con le imprese che va individuata la
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principale forma di contrasto alle discriminazioni di genere in ambito lavorativo. L’introduzione di nuove forme di organizzazione del lavoro, attente alle differenze di genere e non solo, rappresentano una scelta etica ed un vantaggio economico. Valorizzazione delle risorse umane su basi di merito, il welfare aziendale e territoriale teso a favorire l’equilibrio tra lavoro e cura possono rap-
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presentare strumenti utili, sia per l’incremento dell’occupazione femminile, sia per l’incremento dei risultati aziendali. Ed il miglioramento della condizione femminile porta anche al miglioramento complessivo per tutti, donne e uomini, grazie alla creazione di benessere organizzativo, così come i numerosi studi economici dimostrano ormai da diversi anni.
STEFANO ZAMAGNI
Professore Ordinario Università di Bologna
LA COOPERAZIONE E LA CRISI Il cooperativismo si trova oggi ad un punto di svolta, il che dice della vitalità di una forma di impresa che ha saputo vincere non poche sfide nel corso della sua storia
Sono due le sfide più impegnative che la cooperazione, guardando al futuro, si troverà ad affrontare. La prima concerne l’esigenza di rendere pluralistico l’assetto istituzionale delle nostre economie di mercato. Come noto, il vantaggio comparato dell’impresa di capitali rispetto a quella cooperativa poggia sulla seguente asimmetria tra capitale e lavoro. Mentre la proprietà dei beni capitali può essere trasferita da un soggetto all’altro, la capacità di fornire lavoro è inalienabile. Ne deriva che un’impresa può ottenere gli input di capitale di cui abbisogna sia da uno stock di beni di sua proprietà sia da un flusso di servizi ottenuti da beni presi a prestito. Il lavoro invece può essere ottenuto solamente nella forma di un flusso di servizi, dal momento che non esiste lo stock di lavoro. Ma v’è di più. Mentre il fornitore di lavoro non può trovarsi in luoghi diversi nella medesima unità di tempo, il fornitore di capitale può non partecipare personalmente al processo produttivo al quale cede le proprie “macchine”. Consegue da ciò che quando i diritti di controllo sull’impresa sono attribuiti a chi fornisce lavoro (oppure richiede servizi) è impossibile trasferire il controllo da un soggetto all’altro senza sostituire i servizi dell’uno con quelli dell’altro. Non così nell’impresa
capitalistica nella quale i diritti di voto associati alle quote di capitale possedute possono passare dall’un socio all’altro senza che questo comporti alcuna variazione nei beni capitali a disposizione dell’impresa. Da ciò ne consegue che è bene che in un’economia di mercato possano operare, in condizioni di sostanziale parità, imprese capitalistiche e imprese cooperative. Il progresso economico ha dunque bisogno di un mercato plurale. La seconda grossa sfida che la cooperazione deve affrontare, nella stagione della finanziarizzazione dell’economia, è quella che concerne la questione di come assicurare il finanziamento del processo di crescita dell’impresa senza mettere a repentaglio l’identità stessa della cooperativa. Rimettendo all’autonomia statutaria della cooperativa le decisioni in merito all’utilizzo degli strumenti finanziari più appropriati, la normativa italiana pone un problema di straordinaria delicatezza: come può una cooperativa, a mutualità prevalente, controllare una società di capitali (in cui lavorano persone non socie della cooperativa) oppure servirsi dei nuovi strumenti finanziari e conservare integra la propria identità? E’ bensì vero che le norme limitano il potere dei sottoscrittori dei nuovi strumenti, ma non la partecipazione patri-
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STEFANO ZAMAGNI Laureatosi in Economia e Commercio presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore, Stefano Zamagni, classe 1943, è professore ordinario di Economia Politica all’Università di Bologna e Adjunct Professor of International Political Economy alla Johns Hopkins University (Bologna). Prima ha insegnato all’Università di Parma e fino al 2007 all’Università L. Bocconi come professore a contratto di Storia dell’analisi economica.
moniale. E’ altresì vero che lo scopo mutualistico dei soci cooperatori non viene cancellato per consentire il conseguimento del fine lucrativo a coloro che sono portatori dei nuovi titoli, ma non c’è forse il rischio di un effetto di spiazzamento (crowding out) e ciò nel senso che lo scopo lucrativo finisca con lo spegnere lo scopo mutualistico? Come si comprende, si tratta di questioni veramente fondazionali che pongono la cooperazione di fronte alla apparente alternativa tra conservare l’identità (e rinunciare ad espandersi) e crescere. Ma a ben considerare, la realtà non va sog-
getta ad un tale dilemma. E’ certamente vero che le società partecipate non potranno avere la medesima funzione obiettivo – se vorranno essere interessanti per i partner non cooperativi – delle cooperative partecipanti. Ma ciò non implica affatto che il gruppo cooperativo debba replicare il modello di governance del gruppo capitalistico omologo, né abbia bisogno di adottare una gestione strategica basata sul principio del cosiddetto shareholder value, cioè la massimizzazione del valore per l’azionista. Se il gruppo cooperativo realizza un modello esteso di governo in cui il management adempie doveri fiduciari nei confronti di tutte le classi di stakeholder, allora scompare il potenziale conflitto di interesse tra soci di capitale e soci che rappresentano, entro il gruppo, gli interessi delle imprese cooperative. Due però le condizioni necessarie. La prima è quella di respingere la tentazione della doppia moralità: si gestisce il gruppo cooperativo con una logica diversa, anzi antagonista, rispetto alla logica che viene seguita all’interno delle singole cooperative controllanti. La seconda consiste nell’accoglimento da parte della dirigenza del gruppo cooperativo della strategia del democratic stakeholding intesa come superamento del managerial stakeholding.
LA STOFFA PER RICOMINCIARE
Riprendere in mano il filo delle proprie vite. È quello che fanno le detenute dell’Istituto penitenziario Borgo San Nicola di Lecce e della Casa di reclusione femminile di Trani, coinvolte nel progetto “Made in Carcere”. Grazie all’impegno di Luciana Delle Donne, fondatrice di Officina Creativa, una cooperativa sociale, non a scopo di lucro, producono accessori “diversa(mente) utili”: borse, accessori, originali e tutti colorati. Sono manufatti che
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nascono dall’utilizzo di materiali e tessuti esclusivamente di scarto, donate da importanti realtà sartoriali italiane. Una fattura artigianale di qualità, con una particolare attenzione all’ambiente, per diffondere la filosofia di una “seconda opportunità” per le donne recluse. Le borse, una diversa dall’altra, sono in vendita nei centri dell’Iper, “la Grande I” o anche on line sul sito www.madeincarcere.it.
STEFANO EPIFANI
Docente dell’Università La Sapienza di Roma
OPENDATA: COME CAMBIA IL RAPPORTO TRA ISTITUZIONI E CITTADINI? Quando la tecnologia dell’informazione entra nelle cose, di solito, le cambia nel profondo. E cambiando le cose cambia il modo in cui ci relazioniamo con esse, sino ad arrivare a cambiare la società, i suoi costumi, le relazioni tra le persone. Sviluppa nuovi orizzonti, dischiude nuove opportunità, talvolta pone nuovi problemi. Succede anche nella Pubblica Amministrazione. E così come l’e-Government sta cambiando (nel nostro Paese, per la verità, poco e male) il modo in cui l’amministrazione gestisce i suoi processi ed i servizi erogati al cittadino, l’Open Government promette di cambiare alla radice il modo in cui cittadino ed amministrazione entrano in relazione
Open Government: di che si tratta? Il concetto è molto semplice: tutte le attività dei governi e delle amministrazioni dello Stato devono essere “aperte” e disponibili al cittadino, per favorire azioni efficaci e garantire un controllo pubblico sull’operato. Una vera rivoluzione che vede il cittadino passare da “suddito” a “partner” di una Amministrazione con la quale collaborare per il raggiungimento di un obiettivo condiviso: il bene comune. Una rivoluzione resa possibile dallo sviluppo delle tecnologie, che consentono alle Amministrazioni di “aprirsi” alla collaborazione dei cittadini ed allo sviluppo di processi di partecipazione reale ed efficace.
Open Data: la strada verso l’Open Government Benché la dottrina dell’Open Government abbia radici antiche, a riportare in auge il modello è stato Barack Obama,
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che nel 2009 – tra i primi atti del suo Governo – ha emanato una direttiva volta ad obbligare le Amministrazioni a “liberare” i dati di cui erano in possesso per metterli a disposizione della Comunità. Un cambiamento epocale, quello dell’apertura dei dati pubblici. Ma soprattutto un cambiamento necessario per abilitare reali processi di partecipazione. Perché, è evidente, non si può prendere parte alle scelte dell’Amministrazione se non si hanno a disposizione i dati sulla base dei quali decidere.
L’Open Data come volano di sviluppo L’apertura dei dati e le politiche definite di “Open Data” rappresentano il primo, indispensabile passo per arrivare a forme di Governo Aperto. Ma non solo. Aprire i dati non consente solo di controllare l’operato della PA (cosa che già basterebbe a giustificare
l’azione). Consente anche di renderli vivi ed utili. Consente a tutti di utilizzarli, magari in forme non previste quando il dato è stato raccolto, o con obiettivi diversi da quelli che ne hanno portato alla realizzazione. Permette alle aziende di costruire – su questi dati – servizi nuovi per il cittadino, che siano di pubblica utilità e che creino nuovi posti di lavoro. La conoscenza rappresenta il carburante dell’economia di questo nuovo e difficile millennio: il dato pubblico è, in tal senso, una tessera fondamentale.
La situazione italiana Sono molti i paesi nei quali la disponibilità di dati pub-
IL LAVORO? SI TROVA ONLINE Per la ricerca di un lavoro anche la rete può essere un valido aiuto. Si chiama Jobberone (www.jobberone.com) ed è il primo social network dedicato al mondo del lavoro. La mission è quella di colmare il gap tra domanda e offerta nel mercato lavorativo, facendo in modo che aziende e privati possano incontrarsi direttamente, senza intermediazioni e costi. Nasce da Adecco (www.adecco.it) la prima applicazione Facebook “al lavoro che tipo sei?”, pensata da un’agenzia per il lavoro che tratteggia in poche mosse “lo stile professionale” che contraddistingue ogni persona sul posto di lavoro. Attraverso
blici da una parte sta contribuendo allo sviluppo di un nuovo senso di cittadinanza, dall’altra sta consentendo alle aziende di lanciare nuovi business ed ai cittadini di usufruire di servizi migliori. E in Italia? Solo da poco si parla davvero di Open Government, e spesso lo si fa più perché oggi è un termine che va di moda che non perché lo si pratichi davvero. Ma se si guarda alle cronache dell’attualità politica, è immediato constatare come molti degli scandali di questi mesi si sarebbero potuti in larga parte evitare ricorrendovi. Dovrebbe bastare questo, a farci rendere conto del fatto che è ormai ora di Open Data.
di Isabella Calbi un rapido test - strutturato in poche e semplici domande - l’applicazione rivela i tratti e le caratteristiche personali di base che meglio descrivono le persone al lavoro con colleghi e capi. Diversitalavoro (www.diversitalavoro.it), invece, ha l’obiettivo di favorire l’inserimento nel mondo del lavoro di laureati/diplomati con disabilità, di stranieri e persone transgender, coinvolgendo aziende ed istituzioni sensibili a valori come diversità e inclusione sociale. Infine, c’è anche un sito dedicato ai precari: www.iprecari.it. Si trova la mappa del fenomeno e una guida ai contratti atipici.
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Intervista a MARINA SALAMON Imprenditrice
RIPARTIRE DALLA SCUOLA PER USCIRE DALLA CRISI A preoccupare l’imprenditrice veneta è il dato occupazionale. “Tutti cercano posti qualificati”, spiega. Colpa di un sistema formativo che crea illusioni e non prepara al lavoro. Soprattutto quello artigianale
Ogni volta che si deve citare il nome di una donna capace di coniugare lavoro, famiglia e impegno civile salta fuori il suo. Lei è Marina Salamon, classe 1958, studi all’estero ma laurea nella veneziana Ca’ Foscari, tra le più importanti imprenditrici italiane. Nel 1992 ha fondato Altana S.p.A, oggi la maggiore azienda italiana di abbigliamento per bambini, a cui ha affiancato nel corso del tempo una partecipazione in Doxa, leader italiana nel settore delle ricerche di mercato, e non solo. Basterebbe questo breve curriculum per farne un personaggio eccezionale, ma l’eccezionalità in questo caso non si limita all’universo lavorativo. Mamma di sei figli (quattro naturali e due in affido), Salamon è da sempre impegnata anche nel sociale, tra politica e volontariato.
Lei che le sfide è abituata a vincerle, come vede l’attuale momento storico? «Ciò che più mi preoccupa è il dato occupazionale, l’attuale congiuntura non produce abbastanza posti di lavoro, innanzitutto in termini numerici. A questo poi si aggiunge un’altra questione tutta italiana: le persone cercano posti
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qualificati, occupazioni per cui hanno studiato, che però non ci sono».
Di chi è la responsabilità? «Diciamo che ripartirei dal nostro sistema formativo che crea illusioni e al tempo stesso offre gli stessi programmi in voga ai miei tempi. Alle nostre scuole e università manca concretezza».
Che cosa intende? «Intendo che da un lato c’è un’eccessiva licealizzazione, per cui se non frequenti scuole di un certo tipo sei considerato di serie B e, al tempo stesso, il nostro sistema educativo non prepara al mondo del lavoro. Non voglio mitizzare l’artigianato: è più che umano avere paura di fare il calzolaio, però bisogna guardare in faccia la realtà. Valutare se sia preferibile finire in un call center con la laurea in un cassetto o scegliere un’attività artigianale che consenta di vivere dignitosamente e magari diventi anche la strada per realizzarsi».
Quali strade suggerisce? «Creare occasioni di incontro tra il mondo del lavoro e quello dello studio. Uno dei miei figli sta frequentando un’università statunitense dove aiutano gli studenti a trovare impieghi compatibili con i percorsi formativi. Mio figlio ha un’occupazione in posta per 7 dollari l’ora. E non è solo un modo di contribuire al bilancio familiare. Un’attenzione che nelle università italiane manca. E invece serve. Io stessa, mentre frequentavo l’università, ho fatto i lavori più svariati; dall’imbarcare le gondole a impieghi temporanei alla Valtur. Ed è lì che ho capito come gestire i clienti».
Insomma è d’accordo con chi considera i giovani italiani un po’ bamboccioni. «Non mi piacciono le semplificazioni e lei non immagina quanti pianti all’aeroporto mi sia fatta accompagnando i miei figli in partenza per periodi all’estero, però chi lascia la casa di mamma per andare alla scoperta di nuovi mondi attrae maggiormente la mia attenzione in un colloquio di lavoro. Ci tengo a sottolineare che non ci sono formule garantite. Il punto vero è capire la realtà».
Cosa altro la colpisce in un curriculum? «Mi interessano i percorsi individuali. Non solo chi è partito, ma ad esempio chi fa volontariato, chi si impegna per una buona causa, chi fa sport. Elementi che valgono di più di una laurea in economia».
E invece come si sceglie un datore di lavoro? Lei, ad esempio, è nota per l’attenzione che ha rivolto alle donne impiegate nelle sue aziende. Il capo che tutti vorremmo. «Non sono la buona samaritana. Ci sono vantaggi oggettivi. Le donne al potere sono bravissime, sono più fedeli e leali, anche troppo poco carrieriste e siccome so per esperienza che cosa significa dover conciliare lavoro, figli, famiglia, cerco di consentire alle persone di conciliare i tempi lavorativi con quelli umani».
Tradotto in pratica cosa significa? «Orari flessibili e non solo per le donne. Ci sono anche i papà che accompagnano i figli a scuola. Poi telelavoro per una quota del tempo lavorativo e bandite le riunioni dopo le cinque. Infine convenzioni con gli asili nidi cittadini».
A proposito di occupazione femminile, sembra che l’attuale congiuntura stia riportando le donne a casa. Che cosa ne pensa? «Che questa crisi rallenterà la partecipazione femminile all’universo professionale, soprattutto nel nostro Paese. Per questo vorrei dare un consiglio alle signore: chiedete di più. Ai capi, ai mariti, ai figli maschi. Gli uomini sono più abituati a fare richieste, anche troppo, le donne al contrario troppo poco».
Le donne al potere sono bravissime, sono più fedeli e leali, anche troppo poco carrieriste e siccome so per esperienza che cosa significa dover conciliare lavoro, figli, famiglia, cerco di consentire alle persone di conciliare i tempi lavorativi con quelli umani
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Intervista a DANIELE RAVAGLIA
Direttore Generale Emil Banca di Federica Pagliarone
RAZIONAMENTO DEL CREDITO BANCARIO E PROBLEMI DI CRESCITA In un periodo di forte crisi economica come quello attuale, l’attività d’innovazione e d’investimento delle imprese è uno dei pochi modi per poter superare le difficoltà ed essere preparati per la futura ripresa economica
Oggi più che mai, il finanziamento di progetti imprenditoriali è il presupposto fondamentale per la crescita del PIL, ma se le grandi imprese sfruttano i finanziamenti dei mercati finanziari, le medie e piccole imprese hanno bisogno del credito bancario per poter finanziare la propria attività. Essendo l’economia Italiana costituita per il 90% da un tessuto produttivo di PMI, risulta evidente come il sistema bancario sia essenziale per la crescita del paese; purtroppo però ciò non accade, tanto che le PMI incontrano maggiori difficoltà nell’accesso al credito. A tale proposito, abbiamo sentito il parere del Dott. Daniele Ravaglia, Direttore Generale Emil Banca Credito Cooperativo.
Direttore, l’accesso al credito è fondamentale per le imprese, tanto che recentemente si levano appelli da parte del mondo economico per chiedere alle banche una maggiore disponibilità verso le PMI: lo ritiene possibile? Il dato fornito dalla Banca d’Italia sulle perdite del sistema bancario, a seguito della incapacità delle imprese (grandi e piccole) di rimborsare i crediti, ha raggiunto livelli di guardia. E’ evidente che la selezione che il sistema bancario effettua
oggi è più rigorosa che in passato. Ma questo, almeno per quanto ci riguarda, non impedisce l’accesso al credito per coloro che presentano progetti seri e credibili. Il nostro istituto sta impiegando più di quanto ha raccolto, mettendo in circolo anche del proprio capitale. Se c’è chi sta stringendo i cordoni della borsa nei confronti delle aziende, non sono le banche di credito cooperativo. Certo che, in momenti di forte crisi economica, ritengo sia possibile dare maggiore assistenza alle imprese quando il rischio è condiviso; trovo quindi necessario valutare il capitale che l’imprenditore impegna nella sua azienda e, ove possibile, ricorrere a forme di divisione del rischio come avviene attraverso i consorzi di garanzia.
L’avversità a concedere crediti da parte delle banche potrebbe risiedere nelle restrizioni dettate da Basilea 3 che le costringe a livelli di capitalizzazione più elevati rispetto alle precedenti norme? Non c’è dubbio. I requisiti che vengono richiesti sono fortemente condizionanti, non solo sulla concessione del credito ma anche sul tipo di credito che si concede (in base alla durata ed alle garanzie a presidio). Ma la cosa incredibile è che queste
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regole stanno penalizzando fortemente le banche che fanno credito rispetto a quelle che fanno pura finanza; un’assurdità visti i devastanti danni che la finanza cosiddetta “creativa” ha fatto nelle economie di tutto il mondo.
Le banche oggi rischiano meno nell’economia reale e si buttano di più nell’acquisto dei titoli di stato che garantiscono un profitto di brevissimo periodo: non crede che con tale mossa contribuiscano all’aggravarsi della crisi? L’acquisto di titoli di stato da parte di grandi investitori come le banche non va demonizzato ma letto anche nella sua accezione positiva. In un periodo storico così difficile in cui gli investitori internazionali hanno ridotto fortemente le disponibilità ad investire in titoli di stato italiani, questi tipi di intervento hanno reso oggettivamente meno rischioso l’equilibrio finanziario del nostro Paese. In ogni caso credo sia opportuno fare delle distinzioni. Le Banche di Credito Cooperativo non si sono mai avventurate nella finanza fine a se stessa per sottrarsi al loro ruolo di sostenitrici dell’economia reale. Qui, anche assumendosi maggiori rischi degli altri istituti, hanno riposto
le proprie energie, nella misura in cui ciò era possibile. E oggi forse sono costrette a pagare le conseguenze di questo agire. Come detto Emil Banca, ad esempio, ha raggiunto il massimo livello di credito concedibile, in rapporto alla raccolta detenuta. Altre Banche invece, pur avendo a disposizione grandi riserve di liquidità, in parte provenienti anche dalla BCE e non avendo raggiunto i limiti di impiego, hanno preferito investire in attività più speculative e quindi redditizie.
Non sarebbe importante che gli istituti bancari tornassero a finanziare l’economia reale, rischiando e credendo nella fattibilità dei progetti imprenditoriali? E’ troppo facile la risposta: certo! Ma questo non avverrà se le condizioni generali dell’economia non permetteranno ai progetti di cui lei parla di vedere una loro positiva realizzazione. Non è solo la concessione di credito (che ricordo va poi rimborsato) che determina la ripresa economica. Occorrono anche altri elementi: l’idea imprenditoriale deve poter essere profittevole e l’imprenditore deve impegnare anche risorse proprie. Se questo avviene le nostre porte sono e saranno sempre aperte.
Intervista a PAOLO E. REBOANI
Presidente e amministratore delegato Italia Lavoro
QUANDO TROVARE UN LAVORO DIVENTA UN LAVORO Resta alto l’allarme sui senza lavoro in Italia: ad agosto il tasso di disoccupazione si è mantenuto per il terzo mese consecutivo al 10,7%, il più alto da gennaio 2004, inizio delle serie storiche. Diplomati, laureati e dottori di ricerca specializzati: tutti devono fare i conti con la crisi delle imprese, con i tagli nel settore pubblico e con la poca lungimiranza della classe politica
Studi di settore calcolano che nel nostro Paese, tra il 2011 e il 2020, il numero dei disoccupati aumenterà di oltre 1,5 milioni di persone per la popolazione d’età compresa tra 15 e 66 anni con una forte riduzione dei giovani attivi italiani (oltre 515mila persone) e degli adulti fino a 54 anni, compensata dall’aumento della crescita della forza lavoro immigrata (oltre 1,3 milioni di persone) e soprattutto delle forze lavoro “anziane”. A questo proposito abbiamo intervistato Paolo Emilio Reboani, presidente e amministratore delegato di Italialavoro, l’agenzia strumentale del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali che si occupa della promozione e della gestione di azioni nel campo delle politiche del lavoro, dell’occupazione e dell’inclusione sociale.
Dottor Reboani, l’Italia è entrata in una nuova fase di recessione: ci delinea un quadro della situazione attuale inerente il mondo del lavoro? La situazione è effettivamente critica. Il mercato del lavoro sta risentendo della caduta del PIL e della riduzione della domanda interna. Si registrano numerose crisi aziendali, spesso drammatiche e in territori che rischiano un impoverimento del tessuto produttivo. Tuttavia, si può dire che l’oc-
cupazione riesce ancora a contenere il suo deterioramento: gli ultimi dati Istat ci dicono che ad agosto il saldo occupazionale è stato negativo di 80 mila unità in un anno e il tasso di occupazione si mantiene sempre intorno al 57% (è passato dal 57,2% di agosto 2011 al 56,9% di agosto 2012). Il problema occupazionale in Italia si concentra in particolare sui giovani. Inoltre, la partecipazione delle donne al lavoro è relativamente bassa e il Mezzogiorno patisce sempre più un ritardo storico di sviluppo: il divario con il Centro-Nord, anche in termini occupazionali, si allarga.
Attualmente, coloro che subiscono maggiormente le conseguenze della crisi sono le nuove generazioni: che consiglio darebbe ai tanti giovani alla ricerca di un’occupazione? In questa fase bisogna saper cogliere le opportunità ovunque si presentino, senza esitare a cercare lavoro anche al di fuori della propria regione di residenza. Occorre inoltre essere sempre molto informati sui posti di lavoro disponibili; i sistemi di intermediazione domanda-offerta di lavoro sono numerosi: il sistema Cliclavoro realizzato dal Ministero del Lavoro ha il vantaggio di essere continuamente aggiornato dalle agenzie
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del lavoro registrate, che hanno l’obbligo di conferire i dati dei candidati a questo portale.
La vostra agenzia si adopera anche per costruire un ponte fra scuola e lavoro, in modo da favorire il collocamento degli studenti: quali sono le sfide che i giovani dovranno affrontare? La sfida principale è l’agguerrita concorrenza dei paesi emergenti, i cui giovani sono molto motivati ad affermarsi nelle professioni più appetibili nei paesi più sviluppati. L’alternanza istruzione-formazione–lavoro è tesa non solo a dotare i giovani di quelle competenze “pratiche” che le imprese domandano, ma anche ad elevare la loro “maturità” media, perché alcuni comportamenti relazionali e organizzativi si apprendono solo lavorando.
Non crede che il graduale processo di femmini-
lizzazione del mercato del lavoro necessiti di un rafforzamento delle politiche a sostegno delle famiglie e del lavoro delle donne? Certamente, e anche Italia Lavoro fa la sua parte. Con riferimento alla realtà meridionale, il progetto Lavoro Femminile Mezzogiorno offre servizi di informazione e consulenza alle imprese e alle parti sociali, allo scopo di diffondere politiche di gestione del personale incentrate sulla conciliazione tra vita e professione, anche attraverso una maggiore flessibilità degli orari di lavoro e politiche di welfare aziendale.
La crisi ha espulso dal mercato del lavoro anche molti over 50; se in qualche caso l’imprenditoria si dimostra una strada percorribile per “ricollocarli”, la maggior parte di
loro vive un vero e proprio dramma esistenziale: cosa si sente di suggerire loro? Il problema di questi lavoratori è molto sentito. La riforma Fornero ha introdotto agevolazioni contributive per chi assume lavoratori e lavoratrici over 50 disoccupati da più di 12 mesi. Vi è poi il progetto del Ministero del lavoro “Active
ageing”, che ha lo scopo di delineare una mappa dei principali interventi a favore dei lavoratori over 50 e di analizzare le azioni realizzate o progettate dai Servizi per il lavoro, pubblici e privati, a questi scopo. E Italia Lavoro sta per sperimentare un progetto per favorire la transizione dei lavoratori anziani verso la pensione con il contemporaneo ingresso in azienda di giovani assunti con contratto apprendistato.
IL LAVORO? CE LO INVENTIAMO In tempi di crisi, c’è chi un lavoro se lo inventa. È il caso della famiglia Filardi che ha aperto la vineria “Il Torchio” (www. iltorchio33.it) a Milano. Un modo per battere la concorrenza vendendo vino sfuso. Il risparmio? Notevole. Ad esempio un Montepulciano doc spillato dai serbatoi costa 3,60 anziché 7 euro al litro. E se il cliente porta le sue bottiglie da casa, risparmia altri 40 centesimi e non accumula vetro. Tre giovani torinesi hanno dato vita a “I Cuochivolanti”(www.cuochivo-
lanti.it), ovvero portano a domicilio menù stagionali, bio e a chilometro zero con speciali formule low cost. Il tutto si prenota comodamente via sms. C’è anche chi si è trasformato in PeW, ovvero in Personal event Writer (www.event-writer.it). Serena Colavita offre alla “persona comune” la possibilità di avvalersi di uno staff di professionisti che realizzano un ricordo speciale cucito su misura del “festeggiato”, per trasformare ogni evento (nozze, battesimo, ma anche meeting aziendali) in un evento da copertina.
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Intervista a SERGIO STAINO Fumettista
SE ANCHE BOBO NON SA PIÙ CHE PESCI PIGLIARE Da 30 anni Sergio Staino, maestro di satira e impegno politico racconta con le sue vignette la realtà in cui viviamo. A partire dal lavoro e dalla distinzione tra padrone e operaio. “Che oggi non ha più senso” dice
Bobo non molla. Nato nel 1979, ancora oggi è uno dei simboli dei lavoratori italiani. Con lui, dalle prime pagine dell’Unità, Sergio Staino ha rappresentato attraverso la satira i cambiamenti della società, il lavoro in primis. Che oggi continua a raccontare con le sue vignette. Anche se ha cambiato pelle.
Staino, come è cambiata la satira sul lavoro da quando Bobo debuttò sulle pagine di Linus? Innanzitutto sono mutati gli oggetti sociali. Un tempo c’era un lavoratore sfruttato e un padrone cattivo, oggi non è più così. Anche perché trent’anni fa il lavoro si trovava, semmai il problema era adattarsi al lavoro.
Lei si è mai dovuto adattare? Fortunatamente a me andò bene da subito, ma con la mia laurea in architettura sapevo che male che mi fosse andata avrei trovato un posto a scuola. Oggi per una cattedra sono in centinaia di migliaia. È una pro-
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spettiva ben diversa per un ragazzo.
Bobo cosa farebbe al posto di un giovane che cerca lavoro? Anche Bobo è in difficoltà. Intanto perché questi ragazzi anche se trovano un’occupazione per lo più restano precari, il che rende complicata qualsiasi lotta politica. È una questione filosofica: chi si sente precario vive un fallimento personale e tende all’individualismo.
Un tempo c’erano i sindacati… E ci sono ancora, fondamentali per i diritti. Ma in un pianeta globalizzato ci vorrebbe un sindacato mondiale, altrimenti come si fa a difendere i diritti dei lavoratori italiani schiacciati dalla concorrenza di altre parti del globo dove, di fatto, vige ancora la schiavitù. Bisognerebbe estendere i diritti conquistati dall’Occidente al sud del mondo, sapendo però che c’è un prezzo da pagare.
Quale? Se è vero che lo stabilimento di Termini chiude per la concorrenza cinese, l’unica soluzione sarebbe ridistribuire le risorse del pianeta, abbassando però il welfare nei paesi occidentali.
E il mito del progresso che fine ha fatto? Avevamo una visione fideistica dello sviluppo, pensavamo sarebbe andato all’infinito, che il petrolio fosse inesauribile, che la plastica avrebbe risolto ogni problema, senza renderci conto che stavamo finendo le risorse della Terra.
Inquinando il pianeta Che è un altro degli aspetti da prendere in considera-
zione anche relativamente alla questione lavorativa. Pensiamo alla TAV: garantisce molti posti di lavoro, ma causerà gravi danni ambientali e i vantaggi non sembrano fondamentali. Cosa è giusto fare? Per non parlare dell’ILVA che dà da vivere a una città intera….
Veniamo ai politici, di oggi e di ieri. Cosa è cambiato nella rappresentazione satirica? Gli attuali governanti mi sembrano molto ipocriti: apparentemente mostrano questo aplomb istituzionale, appena parlano fuori dalle righe mostrano tutti i loro limiti. La Fornero, ad esempio, era partita bene, le sue lacrime mi erano sembrate sincere, poi vederla in questi giorni al Gran Premio della Ferrari è stata un’immagine pietosa.
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La Fornero se l’è presa con Vauro per una vignetta satirica. Lei chi ha fatto più arrabbiare? D’Alema è il più permaloso, è capace di non rivolgermi la parola per un mese intero, Veltroni incassa meglio ma ci resta male. Chi mi ha dato più soddisfazioni è stato Craxi, se la prendeva moltissimo. Mentre il più ironico era Andreotti, più ero feroce più si complimentava. Ha riso anche quando l’ho disegnato che metteva il veleno nel caffè di Sindona! Chi è sicuro del proprio potere, ride di più. Ce ne fossero di politici così…
C’è qualcuno che glielo ricorda nell’attuale panorama politico? Renzi per me è un po’ il nuovo Andreotti. Io lo distrug-
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go con la mia satira, lui mi manda sms per dirmi che si è divertito…
Chi invece non le piace? Grillo, ha la faccia da cattivo. Tutti i movimenti nati dal rancore portano al fascismo e destrutturano le istituzioni.
E dell’eventuale ritorno di Berlusconi che ne pensa? Che sarebbe un disastro, almeno per le mie vignette. Faceva cose talmente incredibili che bastava disegnare quelle, non c’era neanche bisogno di esercitare la fantasia.
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PIETRO SEGATA
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BENVENUTI AL SUD! Cosa ha rappresentato per tutti noi la “primavera” araba? Una pericolosa insidia per l’islam moderato? Una minaccia per l’Europa di nuovi ingenti flussi migratori dall’area del mediterraneo? O “altro”? Penso “altro”. Penso che sia stata la ribellione di una nuova ed intera generazione tradita nelle sue aspettative, ossia il desiderio di una vita migliore di quella famigliare lasciata anzitempo, dedita alla pastorizia e al nomadismo, per frequentare le “scuole alte” nelle grandi aree urbane, bagnate dal nostro mare. Che delusione aver studiato e conseguito un diploma universitario e non poter concorrere per una occupazione confacente allo sforzo profuso, né nel proprio Paese, né altrove. Non trovare un impiego per loro, e forse per tutti, vuol dire non essere un cittadino del domani. E ancora, cosa rappresentano le più recenti manifestazioni dei giovani in Grecia, se non violenti sfoghi per un brusco e disperato risveglio per un benessere che è sfuggito ai miei coetanei e che non accompagnerà più i loro figli. Queste immagini, più vicine a noi, mi riportano, vivido nella memoria, ciò che ci dicevano, sorridendo davanti ad un bicchiere di ouzo, gli anziani di quel popolo quando sbarcavamo in massa, ogni estate, sul molo di Patrasso, con nelle cuffie del walkman il ritornello di Claudio Bisio: “italiano .. greco, una faccia una razza”! E penso ancora alla Spagna, il Paese che per tanti di noi ha rappresentato un esempio di innovazione e risveglio delle idee, anch’esso ancor più recentemente sfregiato da una crisi che tarpa proprio le ali alla generazione che dovrebbe raccogliere il frutto del progressivo progresso generato in questi ultimi vent’anni. A casa nostra le cose non stanno andando certo meglio e quando la “malavita” e la “famiglia”, nelle aree più povere e depresse del paese, e la piccola media impresa, in quelle più progredite, non saranno più capaci di dare risposte ai nostri giovani, ridotti al rango di “consumatori”, forse scenderanno in piazza come gli arabi, i greci e gli spagnoli. I rilievi statistici ci restituiscono
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pessimi dati sulla inoccupazione giovanile, il debito pubblico e la recessione disegnano una cornice economica e finanziaria che non può certamente generare, essa stessa, immediate favorevoli condizioni di rilancio. Per lungo tempo le nuove generazioni dovranno ridimensionare le loro aspettative di consumo, riscoprire la relazione e la vita comunitaria, sostenere uno stato sociale, anche se ha premiato al di sopra delle sue possibilità chi li ha preceduti, e probabilmente migrare verso altre aree del mondo che più corrisponderanno alla loro immediata domanda di realizzazione. Sull’asse sud-nord tutto sembra divorare velocemente la crisi di un modello capitalistico che tante opportunità ha dato in occidente alla nostra generazione e a quelle che la hanno preceduta. Un modello che non è più in grado di generare la ricchezza sufficiente a mantenere i nostri privilegi, oggi quasi esclusivamente determinati dal livello di accesso a beni e servizi, rendendoli ulteriormente disponibili per i nostri figli. Cresce la ricchezza in altre aree del mondo ed inevitabilmente, in una visione entropica, ciò avviene a discapito nostro, e tra noi dei più giovani. Per ora non ho risposte alle problematiche evidenziate. Sento comunque montare in me sempre più l’esigenza profonda di combattere sprechi e iniquità.
Scena tratta dal film “Zorba il greco” (1964, Michael Cacoyannis)
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ISA GRASSANO
Giornalista
UN FINE SETTIMANA DI VACANZA? LAVORO E DORMO GRATIS Voglia di una gita fuori porta a contatto con la natura e senza spendere un euro? Non è un sogno. Basta diventare, per un breve periodo, lavoratore alla pari: si riceve alloggio (e in alcuni casi anche vitto) in cambio di un aiuto nelle varie attività. Sono sempre di più gli agriturismi, le fattorie, i bed and breakfast che danno questa possibilità, anche in autunno e in inverno inoltrato. Si lavora qualche ora, si offre il proprio tempo e le proprie competenze e si ha così un’ospitalità a costo zero (a parte le spese di trasferta). Le abilità richieste? Voglia di rimboccarsi le maniche, spirito di iniziativa e adattamento allo stile di vita della casa. Dalla raccolta delle olive alla mungitura delle capre, dal dare da mangiare ai cavalli, fino alla lavorazione del formaggio, passando per l’accata-
Passeggiate, B&B ‘Il richiamo del Bosco’
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stamento della legna, sono diverse le attività che si possono svolgere. E nel tempo che rimane si gode dell’ozio, della buona tavola o si visitano i dintorni. Insomma ci si rilassa. Organizzare è semplice e navigando su internet si trovano diverse occasioni. A partire dal sito Workaway (www. workaway.info), creato per promuovere lo scambio equo tra i viaggiatori. Si paga una quota di iscrizione annuale (circa 22 euro) ma le destinazioni a disposizione sono tante e dislocate un po’ ovunque in Italia e nel mondo. Una volta selezionata la meta e la tenuta, basta scrivere via mail per concordare il periodo di permanenza. Poi vi è il braccio italiano del network Wwoof (www.wwoof.it), che segnala aziende agricole e piccole cascine a gestione familiare, ispirate al “total green”. Anche in questo caso è prevista una quota d’iscrizione (circa 25 euro) per accedere al database delle fattorie pronte ad accogliere gli ospiti. Qualche esempio? All’agriturismo Tholos (www.agriparktholos.it) nel bel mezzo del parco della Majella, il compito è quello di pulire le stalle e occuparsi della mungitura per fare scorte di latte per produrre ottimi formaggi freschi e stagionati. Se invece preferite dar da mangiare alle galline, si può scegliere la masseria Miele (www.naturamediterranea.it), un antico casolare circondato da orti e uliveti nelle campagne intorno a Lecce. Ma c’è anche la possibilità di dare una mano per organizzare una festa. Il posto letto così è assicurato e nel
Cosmo Italy, workaway.info
Legnaia, B&B ‘Il richiamo del Bosco’
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Thai work, workaway.info
tempo che rimane, si va alla scoperta di Lecce, gioiello barocco, o dei dintorni come Otranto e Gallipoli. Un’altra risorsa è la rete italiana dei villaggi ecologici (www.ecovillaggi.it) che offrono un soggiorno gratuito in cambio di manodopera. S’impara a vivere in una comunità, ad avvicinarsi alle tecniche di agricoltura biologica e a come ridurre gli sprechi. Oltre a questi circuiti ci sono poi numerose strutture private che offrono pernottamenti gratuiti, senza la necessità di un’iscrizione annuale. Se volete trascorrere una notte nella magia dei boschi di Carrega (Sala Baganza, Parma) senza mettere mano al portafogli, si può scegliere il bed and breakfast, Il Richiamo del Bosco (www.ilrichiamodelbosco.it). Basta aiutare i proprietari a sistemare la legna: un ottimo antistress e un sano allenamento per tenersi in forma. Qui il
Il baratto è innanzitutto un modo per incontrarsi...
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baratto è possibile anche per una sola notte. Si ha diritto a un letto e ad una ricca prima colazione se si aiuta a raccogliere le olive o a tradurre dall’italiano allo spagnolo. È la proposta del Bioagriturismo Orgiaglia (www.orgiaglia.it) di Volterra. Se, invece, ritenete che l’attività bucolica non faccia per voi, ma non volete rinunciare ad un fine settimana free, potreste scambiare la vostra creatività artistica. Al Pizzicato Eco Bed & Breakfast (www.pizzicatobeb.com), una struttura immersa nel verde, a Vico del Gargano, oltre al lavoro nei campi, si può usufruire di uno speciale pacchetto che si chiama “Lavora e Degusta” e prevede la proposta di un servizio professionale o anche un’opera d’arte fatta con le proprie mani. Unica regola. La scultura, il dipinto, deve essere ispirato al territorio del Gargano e realizzato durante il soggiorno da noi, perché come spiegano i proprietari, «il baratto è innanzitutto un modo per incontrarsi».
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EMANUELA GIAMPAOLI
Giornalista
GENERAZIONE PERDUTA Donne che considerano normale vendere il proprio corpo, ventenni disposti a pesanti compromessi pur di raggiungere i propri sogni, operai pronti a tutto per difendere il posto. Sul grande schermo e tra gli scaffali delle librerie le conseguenze del lavoro che non c’è per i ragazzi di oggi.
Scatto dal set di Un giorno speciale di Francesca Comencini
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Se, come recita il vecchio adagio, il lavoro nobiliti l’uomo è ancora tutto da provare. Certo la sua mancanza non sembra giovare. Lo raccontano libri e film in uscita quest’autunno, soprattutto quando i protagonisti sono ragazzi alle prese con un domani che non arriva mai. E quando arriva delude sempre. È il caso di “Un giorno speciale”, l’ultima fatica di Francesca Comencini, appena approdata sugli schermi, dopo il passaggio in concorso alle Mostra del cinema di Venezia. Ispirato dal romanzo di Claudio Bigagli “Il cielo con un dito”, il lungometraggio racconta la storia di due ventenni e di ventiquattro ore che non si dimenticano. Per lei, Gina (Giulia Valentini), aspirante attrice, sono quelle dell’appuntamento con il politico di turno per una ‘parola buona’ in cambio di qualche attenzione di troppo; per lui, il bravissimo Filippo Scicchitano, è il debutto come autista, proprio al servizio dell’onorevole pronto a dare una mano alla ragazza. I due finiranno per trascorrere la giornata insieme, alle prese con la leggerezza dei vent’anni ma anche con le inquietudini, i compromessi, i prezzi da pagare e la dignità da salvare. “Come tante ragazze di oggi Gina - ha osservato la Comencini - è pronta a vendere il suo corpo per realizzare le proprie
Scatto dal set di Un giorno speciale di Francesca Comencini
© Foto di Antonello&Montesi
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Copertina del libro Miradar di Ilaria Mavilla
aspirazioni. Volevo portare sullo schermo le cronache italiane invase da giovani donne coinvolte in faccende di prostituzione. Ho cercato di capire, come cittadina, madre, regista perché una ragazza possa essere arrivata a considerare normale dei compromessi molto pesanti”. Il tutto filmato giocando sui repentini cambi di tono, dalla commedia al dramma, dal romanticismo alla crudezza. E con un finale aperto. Alle nuove generazioni ma anche alla classe operaia che arranca è poi dedicato il film “Acciaio”, firmato da Stefano Mordini dall’omonimo bestseller di Silvia Avallone, al cinema dal 15 novembre. Al centro della pellicola l’amicizia di due ragazzine, Anna e Francesca (Matilde Giannini e Anna Bellezza), nel pieno dell’adolescenza, intorno a cui ruotano gli altri personaggi, come Alessio (Michele Riondino), operaio che arroton-
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da, non sempre con mezzi leciti, impegnato nella difesa del posto alla Lucchini, la fabbrica siderurgica che fin dalla seconda metà dell’800 ha dato da campare alla gente di Piombino, provincia di Livorno, ma che ora paga il prezzo della globalizzazione. Sullo sfondo il degrado urbano e soprattutto esistenziale, padri violenti o delinquenti, madri incapaci di ribellarsi, figli rassegnati; all’orizzonte l’isola d’Elba, dove la maggior parte delle famiglie degli operai non ha mai messo piede, un desiderio difficile da soddisfare come tutti gli altri. Bruciati dagli altiforni della fabbrica. “L’adolescenza è un’età potenziale appunta la Avallone all’inizio del suo romanzo - racconta il regista - e insieme a lei, che come uno stalker ci ha accompagnato dentro la “zona”, abbiamo intrapreso questo viaggio. Ricordi d’adolescenza, racconti degli amici che a diciotto anni dalle aule delle scuole tecniche vengono proiettati direttamente in fabbrica senza aver conosciuto il resto del mondo”. E dove, anche qui, per una delle due protagoniste, Francesca, l’unica via della fuga possibile diventa quella di vendere il proprio corpo in un night per soli uomini alla periferia di Piombino. Destino analogo per le protagoniste di “Miradar”, opera prima di Ilaria Mavilla, 32 enne fiorentina vincitrice del concorso «ilmioesordio», fra i circa 2600 concorrenti, aggiudicandosi così la pubblicazione del libro per Feltrinelli. A dare il titolo al romanzo è un locale a luci rosse alla periferia di Prato dove si aggirano ballerine di lap dance, camionisti e prostitute. È qui che si incrociano i destini di Margherita, che deve pagarsi l’università e vuole affrancarsi dalla vita dei genitori, della rumena Barbara che deve mantenere il figlio Anghel, di Clarissa, bellissima ma sfortunata che non ha rinunciato a sognare e di Marilù, prostituta navigata, che accetta di vestire i panni della moglie defunta di un suo cliente pur di sentirsi amata. Un racconto corale e polifonico in cui si mescolano rabbia e frustrazione, speranze e cinismo in cerca di un’altra possibilità. “Le mie protagoniste - chiosa Mavilla - lottano quotidianamente per sopravvivere per non soccombere al dolore. C’è chi ci riesce e chi no. Desiderano cose normali. Un lavoro, un po’ di amore, la possibilità di scegliere”.
LA CRISI FINANZIARIA AI TEMPI DI IBSEN È un classico del teatro come “John Gabriel Borkman - L’uomo di banca”, pièce datata 1896 del celebre drammaturgo Henrik Ibsen a far riflettere sulle conseguenze della perdita del lavoro. Un testo di un’attualità straordinaria grazie anche alla nuova traduzione di Claudio Magris e all’adattamento e regia di Piero Maccarinelli che debutta nel nuovo allestimento il 16 di ottobre al Teatro Eliseo di Roma (www.teatroeliseo.it), per poi andare in scena sul palcoscenico del Piccolo Teatro di Milano (7-18 novembre; www.piccoloteatro.org). Massimo Popolizio, Lucrezie Lante della Rovere e Manuela Mandracchia, insieme a Mauro Avogadro, sono gli attori scelti da Maccarinelli per interpretare il testo di Ibsen. “Borkman – anticipa
il regista - è stato condannato ad otto anni di prigione. Brillante banchiere incorso in un fallimento finanziario di grandi dimensioni, da genio della finanza si ritrova ad essere un fallito. Toccato dal disonore, dissolta la stima degli altri nei suoi confronti, non sembra però disposto a considerarsi un vinto e continua a non avere dubbi sul valore demiurgico di quella che lui considera la sua missione. Si sente un creatore finanziario, quasi un artista della finanza, per la potenza visionaria del suo intendere”. Un’analisi fredda, spietata, a tratti tragicomica, del destino che fa di ognuno un prevaricatore, una vittima e un tiranno al tempo stesso.
I protagonisti della piéce John Gabriel Borkman - L’uomo di banca
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“Autismo e inclusione: conoscere per educare” Esperienze e buone prassi a confronto negli interventi scolastici e nei progetti di vita L’evento pubblico nasce sulla scia del crescente interesse ad affrontare in rete il tema dell’autismo, nell’ottica di una costruttiva alleanza tra scuola, USL, famiglia e servizi, ed intende rappresentare un’importante opportunità di crescita AUTISMO E INCLUSIONE: professionale per tutti coloro che, a vario titolo, si occupano di educazione-forCONOSCERE PER EDUCARE mazione. Il Seminario, promosso da Società Dolce in collaborazione con il Comune di Maranello, mira in particolare ad offrire un quadro di riferimento teorico e conoscitivo sui disturbi evolutivi globali legati alla sindrome autistica, alla luce delle più recenti acquisizioni mediche, pedagogiche, didattiche ed educative, tenuto conto del sistema del welfare modenese e del nuovo Accordo di Program10 2012 ma Provinciale per l’integrazione scolastica degli allievi con disabilità. Sarà poi dedicato uno spazio specifico di approfondimento e discussione sulle problematiche e sulle risorse connesse all’inclusione scolastica e sociale, dando voce alle professionalità che quotidianamente sono impegnate sul campo: insegnanti, educatori dell’Ente locale, Associazioni delle persone con disabilità. Tutte esperienze e buoni prassi, realizzate a scuola e a casa, che avranno come filo conduttore la realizzazione di interventi intesi in senso ‘globale’, finalizzati a favorire la crescita dei minori in un’interazione dinamica tra potenzialità e ambiente circostante. Esperienze e buone prassi a confronto negli interventi scolastici e nei progetti di vita
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10 Novembre 2012 - h. 9.00-13.30, Auditorium Enzo Ferrari, Maranello info iscrizioni: www.societadolce.it
Bilancio Sociale Questo è il secondo anno che Società Dolce redige il proprio bilancio sociale, strumento integrativo di comunicazione e di valutazione dell’aspetto sociale dell’attività aziendale. Il Bilancio Sociale è stato scritto secondo le linee guida del Gruppo di studio per la statuizione dei principi di redazione del Bilancio Sociale (GBS) e secondo criteri uniformi che consentono la comparabilità a cadenza annuale. Costituisce un documento a sé stante, cioè distinto dal bilancio d’esercizio, al quale è tuttavia collegato in quanto da esso riprende parte delle informazione economiche. Ha lo scopo di fornire notizie utili circa: l’assetto istituzionale; i valori di riferimento; i collegamenti tra valori dichiarati, politiche e scelte compiute; il processo seguito per la sua formazione. La redazione del Bilancio Sociale di Società Dolce non solo presenta dati di natura economico-patrimoniale e finanziaria, ma anche tutti gli interventi e i riferimenti di natura sociale, culturale, economica e politica nonché la presenza della Cooperativa all’interno di un ampio tessuto sociale, al fine di dimostrare, anche in maniera discorsiva e progettuale, la reale ricaduta sociale o culturale delle attività svolte nei vari territori/comunità. VERIFICARE SPESSORE COSTA
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Rinnovata la normativa per la prima infanzia Cambia la normativa della regione Emilia Romagna sui servizi educativi alla prima infanzia. A luglio di quest’anno legge e direttiva attuativa sono state rinnovate nel segno della qualità, della sostenibilità e della semplificazione. Un passo avanti raggiunto con un percorso molto partecipativo, a cui Società Dolce ha contribuito, sia nei tavoli del coordinamento pedagogico provinciale, che al tavolo tecnico regionale istituito per la stesura della proposta di revisione della norma. Tra le novità più importanti è da segnalare la riduzione dei metri quadri a bambino che consentirà di ampliare l’offerta senza dover costruire nuove strutture per i nidi d’infanzia.
Nasce per tutti la palestrina dei senzatetto È capitato spesso che, in particolari momenti di emergenza, delle palestre siano state adibite a dormitori. Ma, forse, è la prima volta che, in uno stanzone seminterrato di un dormitorio pubblico, si apre uno spazio palestra. È successo al dormitorio “Beltrame” di Bologna che ha dato avvio al progetto “Condominio Sabatucci”, promosso dagli operatori e da diverse associazioni: Consorzio Indaco, Ass. Oltre, Le Fucine Vulcaniche, Sensiesegni, Universo, Naufragi, Avvocato di strada, Acquablu e Vag61. Allestita con materiali recuperati da altre palestre e donati volentieri per l’azzardo romantico e sognatore che questo progetto rappresenta, la Palestrina vuole essere un’occasione per ricostruire un pezzo della propria vita attraverso un’attività sana. Vuole anche essere uno spazio aperto alla città. Aperta dal lunedì al venerdì dalle 14,00 alle 20,30, grazie ai volontari delle associazioni che a rotazione organizzano le attività, la Palestrina, appena inaugurata, è dedicata al campione di pugilato cubano Teofilo Stevenson, che quando gli chiesero di passare al professionismo si rifiutò dicendo: “Cosa valgono cinque milioni di dollari, quando ho l’amore di cinque milioni di cubani”.
All’Arena con i bambini Mentre mamma e papà sono a teatro…i bambini si divertono partecipando ai laboratori proposti da Società Dolce! Da ottobre 2012 parte la nuova collaborazione tra Società Dolce e Arena del Sole: 7 incontri a carattere ludico/laboratoriale rivolti a bambini dai 3 ai 10 anni, figli degli abbonati al teatro. Una proposta innovativa, nata per permettere ai genitori di non rinunciare al piacere di trascorrere una serata a teatro, con la tranquillità di poter affidare il proprio bambino a personale esperto e qualificato, all’interno di un contesto ricco di stimoli e attività. Per informazioni ed iscrizioni contattare la biglietteria del teatro Arena del Sole – tel. 051 29.10.910
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Dall’accreditamento ai servizi privati: l’evoluzione continua dell’assistenza domiciliare OGNI GIORNO,
Fin dai primi anni ’90, la Cooperativa Sociale Società Dolce gestisce il servizio di Assistenza Domiciliare per alcuni quartieri della Città di Bologna, affrontando quotidianamente le sfide poste dalla flessibilità e dall’essenza stessa di questo particoSe una persona che ami, anziana, lare servizio per le persone anziane. L’assistenza domiciliare, giovane o disabile necessita di assistenza, SOCIETÀ DOLCE è con all’interno del panorama complesso dei servizi garantiti ai lei, a casa o in ospedale, su tutto il territorio della provincia di Bologna, cittadini, si configura come l’elemento più alto di incontro tra ogni giorno della settimana. Perchè con noi, nessuno rimane solo. l’ambiente familiare e le professionalità esterne necessarie per rispondere ai bisogni degli utenti. La Regione Emilia Romagna, con l’entrata in vigore dell’Accreditamento dei servizi socio-sanitari, ha cercato di definire ulteriormente i criteri di questo incontro, stabilendo i livelli di qualità oltre alle modalità più idonee per garantire in ogni contesto territoriale le medesime procedure di accesso e di costi. Dopo una fase di verifica, la Regione ha riconosciuto l’operato della nostra Cooperativa, facendola diventare un ente accreditato e legittimato ad erogare l’assistenza domiciliare così come altri servizi per le persone anziane o con disabilità. Dopo aver ottenuto questo importante riconoscimento, Società Dolce si è concentrata anche sullo sviluppo dei servizi direttamente rivolti ai cittadini, in forma di accordi privati, per costruire risposte personalizzate e professionali per tutta la cittadinanza. L’assistenza, da oggi, può essere richiesta in qualsiasi momento, a casa o in ospedale, per affrontare la fase di riabilitazione post-operatoria, ma anche per ricevere il sostegno quotidiano nella cura della persona e del suo ambiente di vita, grazie alla presenza di tutte le figure professionali del campo (OSS, Infermieri, Fisioterapisti, Medici, ecc.).
AIUTIAMO LE PERSONE CHE AMI
LocandinaBOLOGNA PROV._Layout 1 07/11/11 12.25 Pagina 1
Nidi aperti al divertimento durante le vacanze natalizie
società
Stampato su carta ecologica riciclata
Prosegue l’iniziativa GIOCHI IN CITTÀ PER TIPI DA NEVE anche per l’inverno 2012, un servizio di Società Dolce pensato per i bambini da 1 a 5 anni di età. In occasione della giornata del 2 novembre e durante le vacanze natalizie (escluso il sabato, la domenica e Nidi aperti al divertimento durante le vacanze natalizie per bambini da 1 a 5 anni i giorni festivi) le strutture per l’infanzia di Società Dolce accolgono i vostri bambini per offrire loro giornate ricche di attività, laboratori e tanto divertimento, insieme a personale educativo attento e qualificato. È un servizio aperto a tutti i bambini del territorio. Le iscrizioni sono giornaliere, con possibilità di frequenza a tempo pieno o part-time. Sono previsti speciali sconti per fratelli! Su www.societadolce.it trovi l’elenco completo di tutte le strutture che propongono il servizio e i contatti per ricevere informazioni e effettuare la propria iscrizione.
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Durante le vacanze natalizie aspettiamo il tuo bambino per giornate ricche di attività, laboratori e tanto divertimento, insieme a personale educativo attento e qualificato. Per chi U per bambini da 1 a 5 anni di età Quando U dal 27/12/2011 al 5/1/2012, esclusi sabato e festivi Come U iscrizioni giornaliere con frequenza tempo pieno o part time Per informazioni ed iscrizioni Cooperativa Sociale Società Dolce | 051-6441211 | 340-5337076
Su www.societadolce.it trovi l’elenco completo di tutte le nostre strutture che propongono il servizio
PAN DI ZENZERO Via Cilea 76/2 Casalecchio di Reno (BO) (zona San Biagio)
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MATILDE Via Risorgimento 432/c Zola Predosa (BO) Ponte Ronca
CALCARA Via Castellaccio Calcara di Crespellano (BO)
GATTONANDO Via Giovanni XXIII, 21 Altedo di Malalbergo (BO)
LA CULLA via Marconi 18 Ozzano dell'Emilia (BO)
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Una nuova casa per gli anziani Dal mese di agosto 2012 Società Dolce ha avviato alle porte della città di Bergamo e precisamente ad Azzano San Paolo, la gestione di una nuova Residenza Sanitaria Assistenziale di proprietà del Comune stesso. La concessione è stata affidata a Società Dolce per un periodo di 15 anni. La R.S.A. “San Paolo” è una nuova e moderna struttura a valenza socio-sanitaria-assistenziale rivolta ad accogliere, in via continuativa o in via temporanea, persone anziane la cui permanenza al proprio domicilio non è più perseguibile. La Residenza vuole porsi come risorsa al servizio del cittadino anziano integrandosi con i servizi territoriali e garantendo una qualità di vita il più possibile elevata all’ospite, considerandone i peculiari bisogni psichici, fisici e sociali, attraverso un’assistenza socio-sanitaria-assistenziale qualificata e con il coinvolgimento diretto della famiglia. Le camere sono dotate di tutti i comfort e sono situate nei pressi degli spazi comuni (sala ristoro, palestra, cappella, sala da pranzo e angolo bar). La RSA è dotata di tre ascensori, ampi spazi comuni, filodiffusione, videosorveglianza e giardini esterni con spazi “protetti”. La RSA “San Paolo” è organizzata per nuclei contraddistinti da colori diversi, disposti su due piani, può ospitare 58 anziani alloggiati in 16 stanze singole e 22 doppie ben arredate, climatizzate e con letti ortopedici ad altezza variabile.
Qualità Ad ottobre 2012 abbiamo completato il quarto ciclo di rinnovo della certificazione ISO 9001.In questi nove anni Società Dolce, utilizzando come strumenti di lavoro gli standard della serie ISO 9000, è riuscita a garantire il difficile e complesso passaggio dal freddo e burocratico rispetto delle procedure, spesso autoreferenziali, alla assunzione di decisioni e scelte prestando attenzione alle esigenze del cliente e delle parti interessate. La qualità non è mai un caso: essa è sempre il risultato di uno sforzo intelligente. Sono indistintamente tutte le persone che lavorano in una impresa, con il loro lavoro, il loro impegno, la loro intelligenza ed il loro sistema relazionale, i principali responsabili della qualità di una prestazione/servizio, del sistema di produzione e di erogazione, della cultura generale che permea un’intera organizzazione. Oggi Società Dolce utilizza il sistema di gestione per la qualità per migliorare i processi e le performance aziendali, in un’ottica in base alla quale non è più sufficiente solo fare bene i servizi, ma è indispensabile progettare ed erogare servizi/prestazioni in grado di incontrare la piena soddisfazione del Cliente (fruitore del servizio e suoi familiari, la committenza). La Qualità è un viaggio, non una destinazione: più si ottengono risultati, più servono miglioramenti (cit. A. Parasuraman).
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LE VITTIME DEL PRECARIATO
di Zazza
NEL PROSSIMO NUMERO
FAMIGLIA: IERI, OGGI E DOMANI 58
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