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Trend È il momento dell'edilizia 4.0

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INNOVAZIONE

È IL MOMENTO DELL’EDILIZIA 4.0

Dettaglio della facciata altamente performante della Copenhagen International School (CIS), progettata da CF Møller, fotografia di Adam Mork, courtesy Active House Alliance

Cambia il modo di progettare, si rinnovano i materiali, si trasforma anche la filiera della distribuzione. La ricerca e la tecnologia stanno velocemente rivoluzionando il vecchio sistema legato al tradizionale processo del costruire. Con un mutamento irreversibile

di Marco Imperadori, Politecnico di Milano

L’ architettura contemporanea è ormai inserita in un processo edilizio sempre più complesso e integrato. Di fatto è una questione di Big Data, dove non esiste più un leader, un dominus (di solito l’architetto), ma le intelligenze specialistiche dialogano sin dalle prime fasi attraverso approcci multipli e complessi che ci portano verso scenari phygital. La geometria, la sostanza fisico-materica degli elementi costruttivi e degli impianti, le tempistiche e i costi si sposano, sin dall’inizio, con l’informazione digitale a essi connessa. La sequenzialità gerarchica del passato (architetto-ingegnere strutturista-ingegnere impiantista-impresa e via dicendo) è totalmente annullata in una sorta di Game (come lo chiamerebbe Alessandro Baricco) dove le fasi di creazione del manufatto implicano che le dimensioni di Prodotto e Progetto siano definite virtualmente e riccamente corredate di informazioni. Lo stesso vale per le fasi costruttive, dove il Processo stesso è costantemente assistito virtualmente, è ottimizzabile sino al momento che riguarderà il funzionamento a regime dove il digital twin consentirà di informare anche sulla vita propria dell’edificio che, inviando dati, diventa addirittura cognitivo-predittivo, grazie a sensoristica ormai sempre più disponibile, economica e interfacciata. In questo scenario è evidente che le architetture siano fatte da elementi costruttivi sempre più discretizzati e contabili, stratificati e assemblati a secco.

Una panoramica sul complesso della Copenhagen International School (CIS), progettata da CF Møller, fotografia di Adam Mork, courtesy Active House Alliance

EFFICIENZA ENERGETICA

Le forme e gli spazi sono diversi? In realtà la forma è abbastanza indifferente alle tecnologie utilizzate oggi e ciò è un vantaggio, poiché lascia totale libertà espressiva al progettista, che si spera colto e proteso a tematiche di sostenibilità ed efficienza energetica. L’utente vuole che la tecnologia e l’innovazione siano invisibili e trovo interessante la visione Active House, che per le architetture contemporanee unisce tre aspetti fondamentali con la stessa importanza: comfort, energia, ambiente. Ciò ha generato negli ultimi anni architetture straordinarie ricche di empatia ambientale come la Cis, Copenhagen International School, che può essere presa a esempio di questa visione innovativa. In questo caleidoscopio multi-valoriale di analisi progettuale si evidenzia il Design Optioneering come un utilissimo processo decisionale: nessun «ego» prevale e l’essenza del progetto si definisce attraverso innovazioni condivise. Del resto progettare significa gettarsi in avanti (pro jectare) e innovare è protendersi verso qualcosa che ancora non esiste o che esiste ma è implementabile, migliorabile.

IMPATTO DIGITALE

I nuovi prodotti sono oggi sempre più dotati di informazioni a corredo che ne consentano un utilizzo integrato in nuove architetture e tutte le aziende hanno, in pochissimo tempo, risposto al cambiamento di paradigma, ineluttabile, e definito librerie Bim. Non è un caso che la stessa infografica, per l’immediatezza della

L’IRRESISTIBILE FORZA DELL’INNOVAZIONE

Nell’edilizia è sempre più importante il fattore «I», la lettera della parola innovazione, che cambia il modo di progettare e costuire. Tecnologie, materiali, sistemi costruttivi: tutto cambia, tutto evolve, tutto si adatta alle nuove esigenze dell’abitare. Perché, naturalmente, l’innovazione non è fine a se stessa, ma segue le richieste del mercato, che possono essere semplici mode, cambiamenti dello stile di vita e, con il decisivo input della pandemia, anche del modo di lavorare. Tutti nel bosco verticale. Ma che cosa si intende per innovazione? È un concetto davvero applicabile alla progettazione e, di conseguenza, all’edilizia? Dipende. Non esiste, in effetti, un solo modo di introdurre novità, miglioramenti e semplici upgrade. Nella realtà dell’economia l’innovazione si riproduce in modi molto diversi. Ma per quanto riguarda la progettazione è, forse, elevata ad arte. I grandi architetti, da Callicrate ad Alvar Aalto, da Bernini a Le Corbusier, da Giuseppe Piermarini a Frank Lloyd Wright: di innovatori è piena la storia dell’architettura. E, per fortuna, la creatività non si è esaurita. Anzi, grazie alle nuove tecniche costruttive torna a fiorire in modo inaspettato. Fiorire nel senso pieno del termine, visto il successo di una costruzione come il Bosco Verticale di Stefano Boeri, modello replicato e copiato in tutto il mondo come un’icona del nostro tempo. E che è una specie di manifesto dell’innovazione, del nuovo modo di abitare e delle soluzioni che offre l’edilizia 4.0. Ma non c’è solo quello. L’innovazione assume anche forme meno appariscenti, ma che promettono di rivelarsi di grande impatto. Per esempio, l’accesso a un’efficienza energetica fino a ieri impensabile. La ricerca? Non basta. Intendiamoci, non è facile, perché non bisogna confondere l’attività di ricerca con il processo di innovazione. Come distingue Alfonso Fuggetta, amministratore delegato e direttore scientifico del Cefriel, spin-off misto pubblico-privato nato da una costola del Politecnico di Milano: «I processi di innovazione sono diversi

reciproca comprensione, sia sempre più alla base del ragionamento che avviene su un progetto vivo e attivo (che sta su una piattaforma Bim, appunto, sul cloud), dove anche processi di gaming e deep learning si innestano e incontrano linguaggi ed espressioni sintetiche in grado di «vertebrare» la configurazione e l’architettura auspicata. Il mondo delle costruzioni, tradizionalmente letargico rispetto ad altre filiere industriali, sta vivendo oggi una straordinaria primavera di trasformazione e ottimizzazione e non a caso si parla di edilizia 4.0.

«P» MAIUSCOLA

Infine, la vera e potente innovazione che ci aspetta, spinta da idee come il New European Bauhaus, da Next Generation Eu promossi dalla Commissione Europea e dall’obbligatorio riferimento a progettazioni sostenibili e filo ambientali, riguarda un’altra P maiuscola: Palinsesto. È infatti proprio sul Palinsesto costruito (tecnologico e architettonico), in Europa e soprattutto in Italia, che si gioca una partita fondamentale di Innovazione architettonica e urbana e che nasce da Prodotti, Progetti e Processi innovativi. Del resto è nel Dna delle nostre città essere evolute ed essersi innovate-rinnovate su sé stesse. I progettisti in grado di cogliere subito questo nuovo vento, soprattutto i più giovani, troveranno nuove vie e nuovi stimoli, anche etici, in grado di soddisfare la propria sete di conoscenza, i propri sogni e di andare sempre oltre lo sterile approccio formalista che, purtroppo, riguarda ancora (soprattutto in Italia) molta formazione e molta professione corrente.

da quelli di ricerca. Hanno tempi, dinamiche e soprattutto obiettivi, fattori e criteri di successo differenti. Se la ricerca mira principalmente a creare conoscenza, l’innovazione ha come primo parametro di successo l’impatto sulla società e l’economia. È dannoso e controproducente confondere i due temi, perché porta a definire politiche e strumenti di intervento inefficaci. Né ha senso immaginare che si possano creare velocemente e per decreto centri di eccellenza e campioni nazionali. Il problema che abbiamo nel nostro Paese non è quello di creare nuove strutture (offerta) che, partendo da zero, si pongano l’obiettivo confuso e generico di fare innovazione o di essere centri di ricerca per le imprese». Un’idea elettrica. Detto, questo, esempi di innovazione nel contesto della progettazione e dell’edilizia ci sono già. Secondo le previsioni dell’Enel, per esempio, la batteria sarà presto un nuovo indispensabile elettrodomestico. E tra poco tempo: entro una decina di anni, prevedono gli esperti, in cantina si troveranno già 1 milione di accumulatori, per una potenza totale di 4 mila megawatt. Ma a che cosa serve una batteria in casa, visto che la corrente elettrica, fino a prova contraria, non manca? Semplice: le batterie serviranno per immagazzinare l’energia elettrica autoprodotta con l’impianto fotovoltaico sul tetto, che sarà sempre più diffuso. Un sistema che è già utilizzato, ma al momento in proporzione omeopatica. Le piattaforme, gestite da operatori come EnelX o Eni gas e luce (per citare i due player più grandi) sono già pronte ad assorbire l’energia prodotta per reimmetterla nella rete nazionale. Ma, prevedono sempre gli esperti, chi possiede un’abitazione o, più propriamente, gestisce un edificio, potrà entrare nel mercato dei servizi di dispacciamento, cioè l’attività che impartisce disposizioni per l’esercizio coordinato tra gli impianti di produzione e la rete di trasmissione dell’energia elettrica. Insomma, gli edifici potranno diventare «macchine che producono energia». Un grande condominio, per esempio, può equivalere a una piccola centrale. La produzione. Tra l’altro, oltre a essere un’opportunità, la produzione di energia da parte delle abitazioni potrebbe diventare una necessità. Secondo le previsioni, entro il 2040 i consumi elettrici saliranno di altri 60-70 terawattora, a fronte di un’ulteriore riduzione del fabbisogno complessivo di energia a 1.100 terawattora. E gli edifici sono responsabili del 40% dei consumi di energia nella Ue, oltre che del 36% delle emissioni di CO2. Ovvio, quindi, che edifici che producono energia o diventano autosufficienti possono essere una chiave necessaria per aprire la porta della transizione a energia più pulita. Gli scenari previsti dagli operatori, infatti, indicano entro il 2030 una riduzione dei consumi grazie alle nuove tecnologie. E la sostituzione tra combustibili fossili ed energia elettrica farà calare il fabbisogno generale da 1.330 a 1.206 terawattora. Di questi circa il 25% sono consumi di corrente, pari a circa 300 terawattora, la cui percentuale resterà invariata in una prima fase. Un orizzonte lontano? No, Terna, l’azienda che provvede alla distribuzione di corrente, sta già lavorando con un operatore esperto di domotica per far partecipare anche aggregati di scaldabagni alle aste sulla bassa tensione per i servizi di dispacciamento. Insomma, scaldabagni che distribuiscono elettricità, una delle facce più sorprendenti dell’innovazione. Metodi costruttivi. C’è, poi, tutto il capitolo innovazione legato ai materiali. La necessità di risparmiare energia, per esempio, ha scatenato imprese grandi e piccole alla ricerca (e alla proposta) di soluzioni per isolare in modo efficiente gli edifici, complici anche i vari bonus fiscali. Ne sono un esempio le tante piccole aziende che hanno partecipato al recente Klimahouse. Materiali e metodi costruttivi che oggi sono in

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grado di aprire nuovi inediti scenari. Un esempio: le superfici vetrate che funzionano anche come pannelli solari non sono una novità. Ma hanno avuto poca fortuna a causa della scarsa efficienza. Ora, però, potrebbero arrivare i concentratori solari luminescenti (Lsc). Sono vetrate colorate e semiatrasparenti, che sulla superficie hanno pigmenti che ricevono la luce solare e la riverberano sulle celle fotovoltaiche distribuite lungo il bordo. Al momento la tecnologia è in fase sperimentale, promossa da Alberto Vomiero, docente all’Università Ca’ Foscari Venezia e dalla svedese Luleå Tekniska Universitet. Le prove hanno ottenuto un record di efficienza usando come pigmenti nanoparticelle di carbonio, i carbon dot, e sviluppando un metodo per produrre in quantità queste particelle di dimensione inferiore al milionesimo di millimetro. L’efficienza e il metodo produttivo dei carbon dot rendono ora queste nanoparticelle luminescenti di grande interesse per l’industria del settore. Legno trasparente. Ancora: il legno che diventa trasparente, simile al vetro, ma più resistente, leggero e isolante.E che può essere utilizzato per superfici che facciano passare la luce. La scoperta è dei ricercatori dell’università del Maryland, che hanno diviso le sostanze-base con cui è composto il legno: la cellulosa e la lignina, una struttura polimerica che in tutti i vegetali ha la funzione di legare e cementare tra loro le fibre per conferire ed esaltare la compattezza e la resistenza della pianta. La lignina contiene anche molecole chiamate cromofori che danno al legno il caratteristico colore marrone e impediscono il passaggio della luce. Dopo vari tentativi, i ricercatori hanno spennellato una soluzione di perossido di idrogeno al 30%, su assi di legno lunghe un metro e spesse 1 millimetro. Lasciato al sole, o sotto una lampada UV per circa un’ora, il perossido ha sbiancato i cromofori marroni mantenendo intatta la lignina, rendendo il legno bianco. A questo punto, le assi sono state immerse per cinque ore in etanolo, poi è stato usato il toluene e, infine, applicata una resina epossidica trasparente e resistente per riempire gli spazi e i pori del legno per poi indurirsi. Risultato: legno trasparente. Cambiamenti interni. Non bisogna dimenticare, infine, che Le nanoparticelle per realizzare vetri fotoelettrici. l’innovazione tocca anche gli interni di un edificio. Compresa tutta quella Sotto, un quadrato infinita serie di soluzione che va sotto il nome di home automation, un di legno trasparente. tempo chiamata semplicemente domotica. Un processo che è sempre più pervasivo ed è passato dai piccoli dispositivi in grado di regolare luci, temperatura e gestione della porta di casa, a sistemi sempre più integrati e complessi. Un esempio di innovazione anche in questo ambito è rappresentato dall’accordo tra Amazon Alexa e Bticino con Scavolini per un sistema d’arredo con elementi colorati che strutturano le finiture delle ante di una cucina molto minimal, studiata dal designer Fabio Novembre. In questo caso il design si unisce con la tecnologia dell’impianto elettrico e con l’assistente vocale dell’industria hi-tech. In fondo, niente di nuovo se presi singolarmente. Perché non occorre sempre inventare qualcosa: è innovazione anche saper combinare in modo inedito tecnologie che sono già disponibili. Insomma, non c’è niente di più sorprendente di quello che credete di conoscere.

Giuseppe Rossi

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