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SE LE BATTERIE DIVENTANO PIASTRELLE
Non si può vivere senza lo smartphone. Ed è statisticamente provato che gli italiani non se ne privano mai, neppure in bagno o in cucina. Ora ci sarà un motivo in più: Fòrema, ente di formazione di Assindustria Venetocentro di Padova, ha scoperto come riciclare le batterie agli ioni di litio e NiMh (nichel-metallo idruro) arrivate a fine vita, ricavandone ossidi destinati alla raffinazione dei metalli e pigmenti inorganici. Il processo di riciclaggio innovativo è stato brevettato dalla Spirit, azienda di Chiampo (Vicenza) e ha ottenuto le autorizzazioni della Echa, l’agenzia europea per le sostanze chimiche. La Spirit acquista le batterie esauste, che sono aperte e suddivise nei vari componenti. Nel processo le polveri catodiche composte da in media, almeno un acquisto al mese via web. Si tratta di un valore più alto del 5% rispetto a quello registrato nel 2019. L’86,7% degli intervistati ha fatto una o più ricerche online sui prodotti prima di comprarli in un negozio fisico e il prodotto più ricercato sul web è, in assoluto, lo smartphone. Il report ha analizzato le intenzioni di acquisto di circa 72 milioni di visite web mensili (dati SimilarWeb per il periodo compreso tra settembre 2020 e febbraio 2021), registrate sui sei portali nazionali di Idealo (Italia, Germania, Francia, Spagna, Regno Unito e Austria) e i risultati di due sondaggi commissionati da idealo nel giugno 2020 e nel febbraio 2021 a Kantar, uno dei principali fornitori mondiali di soluzioni relative al campionamento e alle ricerche di mercato.
ossidi di metalli (cobalto, nichel e miste) si separano: sono le basi inorganiche da cui vengono ricavati degli smalti, utilizzati nel settore manifatturiero per la colorazione delle piastrelle. L’impresa riesce, attualmente, a trattare 10 tonnellate di batterie agli ioni di litio, in un mese: il
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processo di riciclo permette di recuperare l’80% della massa di ciascuna batteria, ricavandone polveri di metalli come rame e alluminio.
AIUTI ECONOMICI
PER LO SMART WORKING
Lo smart working, al momento, rimane così com’è: le aziende dovranno tenerne conto. Con un emendamento della Camera al Decreto Sostegni, infatti, il lavoro a distanza è stato esteso fino alla fine del 2021: si proroga così lo status quo diffuso durante i mesi della pandemia. Ogni intervento più radicale sul tema home working sarà possibile dunque a partire dal 2022, ma nel frattempo il voto dei deputati ha sottolineato le misure con cui aziende e lavoratori possono affrontare questo periodo di adattamento a una nuova realtà che sta andando via via istituzionalizzandosi. La Camera ha approvato un fringe benefit detassato per lavoratori in smart working, portato a quota 516,46 euro e ora mantenuto fino a fine anno (anche se è stato stato ancora poco sfruttato). Questa misura dovrebbe consentire ai datori di lavoro di elargire bonus ai dipendenti che si organizzano in casa con l’acquisto di beni e servizi utili all’allestimento di una postazione di lavoro domestica.
AUMENTA LA PROPENSIONE ALL’E-COMMERCE
Ennesimo report sull’e-commerce: secondo Idealo, una delle piattaforme di acquisti online, l’85% degli acquirenti digitali italiani effettua,
LO STRESS DI VIDEO CALL COLPISCE GLI ITALIANI
L’altra faccia dello smartworking: troppe riunioni e videocall nella vita di ufficio. Uno studio condotto da Kaspersky (sistemi di sicurezza) per analizzare le abitudini degli utenti rispetto agli aggiornamenti rivela che i dipendenti in smart working soffrono di stress da video conferenze e video call. Per questo in Italia il 16% di chi lavora da casa ha finto di dover installare degli aggiornamenti sul proprio dispositivo pur di non partecipare a una call o ad una riunione. Ed è una scusa credibile. Il 29% dei dipendenti ha dichiarato di essere arrivato in ritardo almeno una volta a un meeting online a causa degli aggiornamenti.