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Editoriale La strategia contro l’aumento dei prezzi
La strategia contro l’aumento dei prezzi
Inutile nascondersi: dall’euforia si è passati alla doccia fredda. Ne parliamo nell’articolo a pagina 24. Quindi, con la guerra che cosa succederà? È una domanda carica di preoccupazione, che coinvolge tutti i cittadini, ma anche le imprese. Un primo effetto è già sotto gli occhi di tutti: il rincaro delle materie prime. Era un trend partito prima del conflitto in Ucraina, ma che si è acuito dopo l’invasione. Già, come possono uscirne le imprese? E, più in generale, è possibile calmierare i prezzi? Il governo è intervenuto a più riprese e, al momento, la spesa dello Stato per tamponare bollette e raffreddare le pompe di benzina ammonta ormai di diversi miliardi. Non potrà andare avanti in eterno, però. Inoltre, assieme ai prezzi, come era prevedibile, aumentano anche le proteste, le insoddisfazioni, le richieste a fare di più. Quanto di più, e soprattutto come, è però un aspetto che passa in secondo piano. Più facile postare su Instagram un’icona fumante di rabbia e maledire a turno questo o quello. Il mondo, però, è difficile. Per esempio, c’è il fronte che chiede più ristori. E chi non li vorrebbe? Ma è sostenibile, su un medio periodo, un’economia fatta di sovvenzioni? Qualcuno ha, poi, riesumato i prezzi amministrati introdotti durante la crisi energetica degli anni Settanta. Facile a parole, ma non viviamo in Corea del Sud e, probabilmente, nessuno vorrebbe viverci. Negli anni Settanta il blocco dei prezzi dell’energia, frutto odierno del desiderio, non funzionò o quasi. Il calmiere fu applicato solo per beni e servizi a carico delle imprese controllate direttamente dallo Stato (Ferrovie, Eni, imprese di trasporto locali). È già qualcosa, dite? Be’, però nessuno ricorda che quelle sovvenzioni sono state pagate ugualmente da cittadini e imprese, sotto forma di ripianamento dei bilanci. È anche grazie a queste politiche che abbiamo accumulato un debito pubblico mostruoso (su cui si pagano miliardi di interessi l’anno). Le aziende private, negli anni Settanta, di fronte a prezzi amministrati hanno semplicemente cessato o ridotto la loro offerta, come farebbe qualsiasi impresa. Pensate se, di fronte a una ipotetica carenza di pannelli isolanti, lo Stato imponesse alle imprese di venderli sotto costo: sparirebbero dai banconi in un nanosecondo. Vogliamo parlare, poi, dei famosi extraprofitti delle imprese dell’energia? Forse ci sono, ma attenzione che una tassa speciale, un prelievo degli utili di chi produce energia dall’eolico o dal fotovoltaico non si riversi poi sugli utenti. Che fare, dunque? Il mercato libero la sua ricetta ce l’ha: aumentare la concorrenza. Evitare i trust, le concentrazioni, le posizioni dominanti. Agevolare l’informazione, la comparazione dei prezzi. Perché ritoccare la realtà, sperando di eliminare ciò che di negativo riserva la Storia (come la guerra) ha le gambe corte, come le bugie. Non possiamo fare nulla se un autocrate invade e distrugge un altro Paese: siamo chiamati a pagarne un prezzo. Ma possiamo cercare che nessuno si approfitti dei guai, quello sì.