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Edilizia sostenibile Edifici più salubri, occupanti più felici
Parlare di salute, benessere e felicità come concetti legati agli edifici nei quali viviamo, studiamo, lavoriamo, occupiamo ormai il 90% della nostra giornata, non è più qualcosa di insolito. Quando si parla di sistemi di rating sulla sostenibilità ambientale degli edifici, dobbiamo all’International Living Future Institute l’intuizione di aver identificato questa correlazione e averla posta all’attenzione di progettisti, committenti e immobiliaristi fin dalla versione 2.0 del protocollo Living Building Challenge lanciata a Greenbuild nel 2009. Nello schema di allora, che già dichiarava «ora è il momento giusto per un mondo di edifici, siti e comunità viventi», uno dei sette Petali (numero poi rimasto invariato) era dedicato alla Salute (Health), con l’intento di massimizzare la salute e il benessere fisico e psicologico. E si strutturava secondo tre imperativi: l’ambiente (interno) civilizzato (a misura d’uomo, potremmo tradurre meglio), l’aria salubre e la biofilia, altro concetto fondamentale, poi trasferito con la versione 4.0 (2019) all’interno del Petalo Bellezza (Beauty).
NUOVO LESSICO
Quattordici anni (e una pandemia, verrebbe da dire) dopo, molte cose sono cambiate e il concetto di benessere fisico e psicologico degli occupanti come conseguenza diretta del modo in cui gli edifici sono progettati, realizzati e gestiti, è entrato nel lessico dei progettisti e degli operatori dell’industria delle costruzioni. Grazie all’accento posto sugli aspetti di well-being da parte di altri protocolli internazionali, abbiamo assistito ad una nuova rivoluzione copernicana (dopo la scoperta della sostenibilità) dove improvvisamente aziende e realizzatori immobiliari si sono accorti che il benessere (e la felicità) degli occupanti l’edificio incideva direttamente su aspetti determinanti anche dal punto di vista finanziario (produttività dei lavoratori, in primis). Con le migrazioni di interesse tipiche delle mode, abbiamo assistito allo spostamento del focus dalle considerazioni prettamente ambientali (l’ambiente al centro) a quelle incentrate quasi esclusivamente sul benessere (le persone al centro). È giunto il momento di riequilibrare il baricentro della conversazione, e l’auspicio visionario del protocollo Lbc (ideato nel lontano 2006) si manifesta ancora molto attuale. Come si determina il benessere, come si garantiscono le adeguate condizioni di salubrità all’interno degli edifici? L’approccio multidisciplinare a una progettazione che accresca la qualità ambientale interna (Indoor Environmental Quality, Ieq) si basa su una serie di concetti ed evidenze oggettive che derivano da una robusta letteratura scientifica. Ecco alcune riferite agli ambiti luce naturale, ventilazione meccanica, acustica:
• in uno studio condotto in tre sistemi scolastici negli stati Washington, Colorado e California, gli studenti nelle aule con luce diurna più diffusa e priva di abbagliamento hanno migliorato le loro prestazioni in test standardizzati del 26% (su una popolazione analizzata di 21 mila studenti)
• in un’altra analisi condotta nelle scuole svedesi, si è riscontrata una riduzione del 69% di asma quando le scuole sono passate alla ventilazione a dislocamento per aumentare l’apporto di aria fresca
• la produttività negli uffici (da uno studio inglese) è migliorata del 27-38% quando il rumore di fondo dell’ufficio è stato mascherato con un rumore bianco di 59 dB(A), cioè un tipo di rumore che include tutti i toni possibili nello spettro sonoro, con lo stesso livello di ampiezza, ma senza la periodicità nel tempo.
Nella versione 4.0 il protocollo Living Building Challenge definisce appunto all’interno del Petalo Salute e Felicità (Health & Happiness) i requisiti prestazionali necessari per garantire un’eccellente qualità ambientale interna e consentire al progetto di perseguire la certificazione di sostenibilità più prestigiosa al mondo. L’intento è quello di creare spazi salubri che consentano a tutte le specie (precisazione necessaria) di prosperare, collegando le persone alla natura e garantendo che i nostri spazi interni abbiano il giusto apporto di aria sana e luce naturale. Il Petalo è suddiviso in tre imperativi (i venti imperativi di LBC 4.0 sono tutti ugualmente obbligatori per i progetti che concorrono alla certificazione Living).
AMBIENTE INTERNO SALUBRE (HEALTHY INTERIOR ENVIRONMENT)
Questo imperativo punta a promuovere una buona qualità interna tramite una serie di buone pratiche che includono:
• Idonei livelli di ventilazione
• Divieto di fumo in tutto l’edificio
• Un piano per la qualità ambientale interna che in particolare impedisca l’ingresso di inquinanti dall’entrata principale dell’edificio, e un adeguato protocollo per le pulizie con prodotti e tecnologie salubri
• Condotti di esalazione diretti per cucine, bagni e depositi per le pulizie
PRESTAZIONI INTERNE SALUBRI (HEALTHY INTERIOR PERFORMANCE)
L’intento di questo imperativo è dimostrare che all’interno dell’edificio l’aria è sempre di ottima qualità e l’ambiente è sano. In particolare i progetti devono:
• Condurre dei test sulla qualità dell’aria interna, con valori accettabili, una volta che l’edificio è occupato
• Rispettare i migliori standard internazionali di riferimento per le soglie massime di emissioni dei composti organici volatili (Voc)
• Garantire agli occupanti l’accesso a vedute di qualità e alla luce naturale
• Avere finestre apribili, la possibilità per gli occupanti di regolare localmente aria e temperatura, e opzioni flessibili ad esempio per la posizione seduti o in piedi durante il lavoro
Accesso Alla Natura
L’obiettivo di questo imperativo è offrire agli occupanti la possibilità di connettersi direttamente alla natura, così come poter valutare se le condizioni ambientali interne sono effettivamente eccellenti. In particolare:
• Tutti i progetti devono creare oppor- tunità continue per frequenti e sufficienti interazioni tra uomo e natura, sia all’interno che all’esterno dell’edificio
• Inoltre, una volta che l’edificio è occupato, è richiesto agli abitanti di rispondere a un questionario che affronti i vantaggi del progetto per quanto riguarda la salute, i benefici della luce diurna, dell’aria fresca e pulita, dell’accesso alla natura Nella logica di valutazione e certificazione che Lbc basa su prestazioni reali (monitorate per almeno 12 mesi dopo l’inizio dell’occupazione dell’edificio) anche quest’ultimo requisito è particolarmente importante, perché un attivo coinvolgimento degli utenti e il riscontro sul loro grado di soddisfazione può davvero determinare se le strategie progettuali si siano rivelate efficaci, o per contro se siano necessarie azioni correttive. Un approccio alla soddisfazione del cliente purtroppo ancora largamente assente nel panorama immobiliare italiano. Per maggiori informazioni: info@living-future.eu di Carlo Battisti Laurea in Ingegneria Civile al Politecnico di Milano ed esperienza di circa vent’anni in imprese di costruzioni. Master di secondo livello in Gestione aziendale e sviluppo organizzativo presso Mip, Business School del Politecnico di Milano. Professionista accreditato Leed e Well, Project manager certificato Ipma. Professionista accreditato Living Future, Reset e Gbc Italia. Usgbc Faculty e Well Faculty. Dal 2019 è presidente di Living Future Europe. www. living-future.eu
AUTOMAZIONE VANTAGGIOSA (SE NON È CATASTROFE)
La via alla house automation non è soltanto quella domestica. Il digitale applicato a un edificio non un’esclusiva delle singole unità abitative e neppure dei condomini. Al contrario, l’automazione degli edifici ha una alta incidenza nelle aree commerciali o pubbliche. A cominciare dalla regolazione della temperatura e delle luci: una razionalizzazione, per esempio illuminazione che si spegne in automatico quando non c’è nessuno, consente di far risparmiare migliaia di euro e di ammortizzare l’investimento in rete e lampadine smart in poco tempo. A patto di non sbagliare. Perché, è giusto dirlo, domotica e home automation, così come il digitale applicato a spazi pubblici, funzionano bene a patto di fare le cose giuste che, in questo caso, si traduce nel coordinare software e hardware. È quanto avvenuto, per esempio, qualche mese fa a diversi utenti di Google Home, che non sono stati in grado di controllare le loro luci smart utilizzando i comandi dell’assistente vocale del colosso di Mountain View. Ed è la spesso complicata gestione del software, con le sue incompatibilità, uno dei motivi che ha indotto le maggiori aziende a mettersi d’accordo sullo standard Matter (vedi YouTrade di marzo 2022). Un esempio di quello che non bisogna fare e dei pericoli di una cattiva implementazione della automation lo offre la Minnechaug Regional High School, un istituto scolastico del Massachusetts. Da oltre un anno la scuola ha le luci accese giorno e notte. Ed è un problema, perché si tratta di un grande edificio, che è illuminato con 7 mila lampadine. Anche se negli Stati Uniti (vedi aria condizionata) lo spreco di energia è un’abitudine, migliaia di lampadine accese 24 ore si traducono in un consumo che incide parecchio sui costi, senza contare che si riduce in modo drastico la durata di vita delle lampadine. Tutta colpa di un software per la gestione dei consumi (ironia della sorte) installato il 24 agosto 2021. Il danno è quantificato in migliaia di dollari al mese. E si tratta, secondo i dirigenti scolastici, di una spesa contenuta grazie all’adozione di lampadine fluorescenti e Led ad alta efficienza. In ogni caso, dove è stato possibile, le lampadine accese sono state svitate e tolte dall’alloggiamento. Il software di gestione, in compenso, continua ostinatamente a non far spegnere nessuna luce. Tranne quella dell’intelligenza.