Panoramica latinoamericana I - 2005

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latinoamericana

4,00 Euro — Edizione Italiana — N° 1 Bimestrale / maggio – giugno 2005

La comunità Andina: commercio,sviluppo equo, appoggio alle PMI, integrazione regionale, rapporti con l’Unione Europea



SOMMARIO

Editoriale

Editoriale

I

nformare sull’America Latina, le sue relazioni con l’Unione Europea e i Paesi membri e sulle evoluzoni del contesto sociopolitico ed economico della regione latinoamericana è uno degli obiettivi della collaborazione tra il Centro di Formazione ed Informazione dell’America Latina (CEFIAL) in Italia e il Servizio di Fomazione e Informazione dell’America Latna (SEDIF) della Libera Università di Bruxelles in Belgio. Da ora in avanti, PANORAMICA latinoamericana – PanAL – sarà il risultato di questa collaborazione: edizione francese in Belgio e Francia, edizione italiana in Italia e nel Canton Ticino, Svizzera. Perchè informare l’Italia e il Canton Ticino sull’America Latina? Perchè la conoscenza costante è il primo passo per la comprensione e l’avvicinamento. Non vogliamo essere un supplemento informativo, ma una compagnia, che ogni due mesi presenta temi di attualità e di interrelazione micro-macro economica, un dossier di approfondimento, sezioni dedicate all’integrazione regionale, all’evoluzione delle relazioni Unione Europea – America Latina e per finire le pagine culturali. Il nostro primo dossier si occupa della Comunità Andina; senza pretendere di essere esaustivo, ci permette di conoscerla dal punto di vista sociale, commerciale, a livello di commercio intra ed extracomunitario, e di scoprire le sue iniziative per favorire lo sviluppo delle piccole e medie imprese. Dal 1969 la Comunità Andina sostiene l’accelerazione del processo di integrazione subregionale, seguendo l’esempio europeo; è proprio la Commissione Europea che per tutti questi anni l’ha accompagnata ed appoggiata attraverso iniziative di cooperazione volte alla creazione del mercato comune (barriere doganali, norme e regolamenti, regole di concorrenza), alla promozione dei diritti umani, all’assistenza umanitaria e alla lotta al narcotraffico. La Commissione Europea è il principale finanziatore del processo andino di integrazione: ci crede. I Paesi andini posseggono abbondanti risorse naturali, ancora non sfruttate. Tuttavia, è necessario rafforzare la mentalità imprenditoriale nella regione, investire, costruire alleanze tra imprese, trasferire tecnologie, stimolare il commercio, offrire formazione e informazione sui sistemi delle regioni europee quali poli di sviluppo territoriali. Se la base della cooperazione è costruita dalle istituzioni non si deve pensare che queste siano attori esclusivi di questo processo. La società civile è chiamata a dare contenuto pratico alle iniziative politiche, senza questa partecipazione qualsiasi obiettivo politico, per buono che sia, non avrà al cun effetto.Per questo motivo l'intento di offrire un quadro alla cooperazione sulla base degli accordi è lodevole ma è anche importante che si conosca come questi vengono formati nel segno della trasparenza. Ripensando alle evoluzioni degli ultimi anni, a partire dal Vertice di Madrid del 2002, dicembre 2003 è stato sottoscritto l’Accordo di Dialogo Politico e di Cooperazione tra la Comunità Europea e la Comunità Andina e i rispettivi stati membri. Nel Vertice di Guadalajara del 2004 le parti concordarono che un Accordo di Associazione che includesse un’area di libero scambio era un “obiettivo strategico comune”. Per questo si stanno attualmente realizzando riunioni miste UE-CAN per valutare insieme l’integrazione economica regionale. Tra gli ambiti che verranno sottoposti a valutazione ci sono il quadro istituzionale dell’integrazione economica, gli aspetti dell’unione doganale, il quadro dei regolamenti del commercio e le barriere non tariffarie al commercio interregionale. Già quest’anno, il 21 gennaio, si è tenuta una riunione mista UE-CAN nella quale sono state analizzati differenti aspetti. In ambito economico e commerciale si notano il nuovo sistema di preferenze generalizzate (SPG) proposto dalla Commissione, in vigore dal 2006 al 2015, e il funzionamento del SPG+, la cui ammissibilità è vincolata alla ratifica e applicazione di una serie di convenzioni sullo sviluppo sostenibile e il buon governo da parte della CAN. La UE ha dichiarato di disporre di nuove risorse finanziarie per l’assistenza tecnica relativa al commercio e per un nuovo progetto nell’ambito delle droghe di sintesi. Per quanto riguarda la coesione sociale, il Piano Integrato di Sviluppo Sociale (PIDS) è stato accolto favorevolmente dalla UE; viceversa la CAN ha mostrato grande interesse per il programma “Eurosocial” della UE approvato di recente. Tutto questo dimostra l’intensità del dialogo e la necessità di scambiare proposte e punti di vista, al fine di costruire un cammino di cooperazione e sviluppo economico costruttivo. A tal proposito, questo 13 Maggio si tiene a Bruxelles la “2005 Conference on the future of EU-Andean Community Relations”, organizzata, tra gli altri, dalla Commissione Europea (RELEX), dal BID e dall’Università delle Nazioni Unite. Cordialmente, Isabel Recavarren

PANORAMICA Latinoamericana est membre d’Union des Editeurs de la Presse Périodique

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DALL’ITALIA Victor Uckmar Piccole e medie imprese la grande risorsa italiana ATTUALITÀ Ecuador - Un paese alla ricerca di stabilità democratica Colombia - L’accesso al sogno della sanità I paradossi del Cile di oggi

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MICRO-MACRO PMI e Reti imprenditoriali

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DOSSIER La Comunità Andina Integrazione per uno sviluppo socialmente equo Integrazione subregionale e necessità di inserirsi nel mondo globalizzato Esportazioni andine 2004 Lo sviluppo competitivo delle PMI andine

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INTEGRAZIONE L’iniziativa IIRSA La sfida dell’integrazione del Sud America

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RAPPORTI UE-AL Aspettando le Nozze di Figaro

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CULTURA La Polverera – Documental Lo Sagrado y lo Mágico de los Andes Bolivianos

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Edizione Italiana — N° 1 Bimestrale / maggio – giugno 2005

Direttore: Isabel Recavarren Malpartida (CEFIAL) Vicedirettore: Luz Stella García Ocampo (SEDIF) Comitato di Redazione: Viviana De Luca, Francesca Prandin, Isabel Recavarren, Francesca Arra Coordinazione della redazione: Isabel Recavarren Malpartida Impostazione Grafica: Nino Petriliggieri & SEDIF asbl Fotografie: Sedif asbl – Rosa Maria Jijón – Corporación Andina de Fomento Dipinto di Copertina: «Hasta agotar existencias» di A. Jurado Regia Pubblicitaria: Viviana De Luca viviana.deluca@cefial.org Stampa: Intergrafica Verona s.r.l. Distribuzione ed Abbonamenti: abbonamenti@cefial-rivista.org Vendita ed Abbonamenti: Prezzo di vendita per copia 4,0 €. Vendita presso le migliori Librerie. Responsabile Editoriale: Isabel Recavarren Malpartida isabel.recavarren@cefial.org Registrazione al Tribunale di Milano n. del 4/5/2005 Sito web www.cefial-rivista.org Gli articoli pubblicati su PANORAMICA latinoamericana sono sotto la responsabilità degli autori e non impegnano in alcun modo la redazione.


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PanAL Dall’Italia LE OPPORTUNITÀ DI SVILUPPO

PICCOLE E MEDIE IMPRESE LA GRANDE RISORSA ITALIANA di Victor Uckmar ispondo ben volentieri all’invito della dottoressa Isabel Recavarren di collaborare con la rivista PanAL Panoramica Latinoamericana – Edizione Italiana, dedicata all’America Latina alla quale sono legato da lunghi anni: anzi lunghissimi se ricordo che mio nonno materno emigrò in Cile nel 1875 e mia madre nacque a Tacna nel 1897!

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A parte questi ascendenti, negli anni 1970, con alcuni illustri colleghi (quali il compianto prof. Ariberto Mignoli, il prof. Mario Casella, il prof. Cesare Pedrazzi, il prof. Guido Rossi e l’avv. Franzo Grande Stevens), minacciati dalle “brigate rosse” trovammo ospitalità e rifugio a San Paolo, come già era avvenuto negli anni ’40 per Tullio Ascarelli e Liebman nella stessa San Paolo, Mario Pugliese e Dino Jarach in Argentina, perseguitati dalle leggi razziali contro gli ebrei. Anche l’Università ci accolse a braccia aperte per iniziativa, in particolare, del prof. Geraldo Ataliba alla PUCS e del prof. Patricio Colombo Murua a Salta. Il collegamento più intenso per me si ebbe negli anni ’90, quando assunsi la carica di presidente della Società Italia Argentina e fui invitato dal prof. Domingo Cavallo, allora Mnistro degli esteri argentino, a sviluppare l’utilizzo delle joint-ventures fra imprese italiane e imprese dell’America latina: grande successo sul piano accademico (ricordo numerosi seminari in Brasile, Argentina e Perù: questi ultimi con l’attiva partecipazione della dott. Recavarren) ma un

ben scarso risultato sul piano operativo. Questo anche per mancanza di un adeguato appoggio da parte del Governo italiano, mancanza di sempre ed in ogni parte del mondo: lo si constata dal fatto che ovunque gli italiani, anzichè mantenere la loro identità, come invece fanno gli inglesi, i francesi, i tedeschi, gli spagnoli, i giappo- l Prof. Victor Uckmar ed il già segretario delle Nazioni Unite nesi, cercano quasi di Ambasciatore peruviano Javier Perez de Cuellar mimetizzarsi e inserirsi nelle comunità locali tanto che la seconda generazione quasi mai siano grosse potenzialità: purtroppo la criparla l’italiano. si degli ultimi anni ha ridotto le multinazionali italiane a poche unità ed abbiamo per il Miglior successo hanno avuto i nostri sfor- 98% solo imprese di medie e piccole dizi sul piano culturale, e ciò grazie anche al- mensioni: peraltro a mio avviso queste pole borse di studio concesse dall’Università trebbero apportare tecnologie e rete di disdi Genova, con il finanziamento della Ban- tribuzione nel mondo alle piccole e medie ca d’Italia (denominate “Alla scoperta del- imprese dell’America latina capaci di produrre l’Italia”), a favore di giovani laureati residendi con salari e prezzi delle materie prime a nell’America latina. Abbiamo così creato in- minor costo che in Italia, e poi esportare i tensi rapporti con molte Università fra cui prodotti finiti. Ma per fare questo occorre Buenos Aires, San Paolo, Bogotà, Lima (que- adottare ed intensificare uno scambio di insta ha recentemente conferito la laurea ho- formazioni e la rivista potrebbe proporsi noris causa alla prof. Giovanna Visintini, come veicolo. E ciò con notevoli vantaggi giù preside della Facoltà di Giurisprudenza per l’economia dell’Italia e dei Paesi deldell’Università di Genova). l’America latina. Ci sono evidenti potenzialità ma occorre Credo che sul piano imprenditoriale non ci adoperarsi per farle emergere.


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ECUADOR:

UN PAESE ALLA RICERCA DI STABILITÀ DEMOCRATICA di Tancredi Tarantino Una instabilità che risale alla crisi del debito degli anni ottanta e che si aggrava negli anni novanta, quando la caduta del prezzo del petrolio, la crisi asiatica ed il fenomeno climatico del Niño spinsero il Paese nel baratro economico e sociale, costringendo l’allora presidente Jamil Mahuad ad introdurre il dollaro come unica moneta avente corso legale, nel tentativo di stabilizzare l’economia ed incentivare gli investimenti esteri privati. e immagini delle proteste di Quito, dei proiettili contro i manifestanti, dei neonati intossicati dai gas lacrimogeni, hanno fatto il giro del mondo nelle ultime settimane, proiettando l’Ecuador tra i Paesi più instabili del continente latinoamericano.

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Lucio Gutierrez, il colonnello che nel 2000 aveva suggellato la storica alleanza con il movimento indigeno, è stato destituito e costretto alla fuga in Brasile, a causa di un ordine d’arresto per attentato contro la sicurezza dello Stato. Al suo posto, un Parlamento a ranghi ridotti e convocato in seduta straordinaria poneva alla guida del Paese l’ex vice premier Alfredo Palacio che, rivolgendosi al “glorioso ed eroico popolo di Quito”, dava per “terminata la dittatura in Ecuador”. Una defenestrazione, quella del Coronel, che, pur lasciando dubbi di legittimità costituzionale, è riuscita a placare le violenze e a ridurre il livello di tensione che, da diversi mesi, mina la stabilità sociale e politica del Paese andino.

carico dell’ex Presidente e principale alleato di Gutierrez, Abdalà Bucaram, in asilo a Panama dal 1997 per sfuggire ad una accusa di peculato e malversazione di fondi pubblici. Ad emettere la sentenza è il nuovo presidente della Corte Suprema, Guillermo Castro, amico e compagno di partito del “loco”, del pazzo Bucaram. La decisione, oltre ad essere criticata dall’Avvocato di Stato, Josè Maria Borja, che accusa Castro di prevaricato, infiamma un’opinione pubblica ecuadoriana già in fermento. La rabbia per un Paese in decadenza istituzionale si materializza in uno sciopero generale che blocca Quito e le principali città della Sierra.

Lo scorso dicembre, violando i principi costituzionali di divisione dei poteri dello Stato, una maggioranza parlamentare vicina al Governo destituisce i giudici della Corte Suprema di Giustizia, accusati di attuare una persecuzione politica ai danni del Capo dello Stato. Era l’inizio della deriva autoritaria del governo Gutierrez.

Quando ormai si susseguivano i commenti sulla riuscita o meno della protesta, i cittadini quitegni tornano in strada iniziando a percuotere le pentole (cacerolas, in spagnolo) che avevano portato con sé. È il primo cacerolazo nella storia del piccolo Paese andino. Come nel Cile di Allende e nell’Argentina del corralito bancario, il frastuono incuriosisce gli abitanti della zona che lasciano le loro case e si uniscono al gruppo, accompagnati dal resto della famiglia. Ed, in breve, il cacerolazo si trasforma nella lotta dei “cittadini onesti di tutte le età in difesa della Costituzione e della democrazia”.

Nonostante la ferma opposizione della società civile ecuadoriana, a fine marzo, la nuova Corte Suprema annulla i giudizi a

Nelle notti successive è di nuovo cacerolazo e si registrano i primi scontri tra i manifestanti e le forze dell’ordine. Fin quando il presidente Gutierrez, a reti unificate, dichiara lo stato d’emergenza. Le libertà di espressione e di associazione vengono limitate, l’inviolabilità del domicilio sospesa ed alle forze dell’ordine vengono attribuiti “poteri discrezionali”, che permettono di arrestare e perquisire senza nessun mandato giudi-

ziale. I partecipanti alle manifestazioni notturne vengono chiamati in causa da el Coronel, tacciati di essere “forajidos”, facinorosi, di rappresentare una minaccia per l’ordine pubblico e di aver obbligato l’Esecutivo all’auto-golpe. La sera successiva sono in centocinquantamila a partecipare alle proteste delle pentole. Il Governo adotta la linea dura ed un giornalista cileno, Julio Garcia, rimane ucciso mentre sono più di cento le persone costrette a ricorrere alle cure della Croce Rossa. Le pressioni interne e le preoccupazioni manifestate a livello internazionale obbligano Gutierrez a revocare lo stato d’emergenza. La situazione rimane comunque tesa ed il giorno successivo i primi scontri si registrano fin dall’alba. Gutierrez ordina l’intervento dell’Esercito che utilizza i fucili ed i carri armati per contrastare gli oppositori del “regimen”. Negli stessi istanti, una maggioranza formata da partiti dei due blocchi parlamentari e riunita in un edificio diverso dalla sede ufficiale del Congresso, approva una mozione di sfiducia contro il presidente Gutierrez. Il colonnello viene destituito ed al suo posto il Parlamento nomina il vice presidente Alfredo Palacio. Lucio, ormai solo e perseguito da un ordine d’arresto, trova rifugio in Brasile do-

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Con Gutierrez se ne va il settimo Presidente equadoriano in otto anni, il terzo ad essere cacciato da una rivolta popolare po che il presidente Lula da Silva aveva concesso l’asilo a tutta la famiglia Gutierrez.

tiene lo 0,6% della ricchezza nazionale, mentre al 10% più ricco spetta la metà di tutte le entrate.

La misura, criticata duramente dal movimento dei forajidos, viene motivata dall’ambasciatore brasiliano a Quito, Sergio Florencio, come un “atto giuridico e non politico”. Il Brasile, dunque, non ha svolto nessuna valutazione politica sugli avvenimenti degli ultimi mesi ma si è limitato a verificare la sussistenza dei requisiti richiesti.

Un Paese nel quale quattro ecuadoriani su cinque vivono con meno di due dollari al giorno, senza accesso ai servizi sanitari nè al paniere alimentare di base. E la crisi si aggrava nelle zone rurali della Sierra e dell’Amazzonia, dove la povertà soffoca l’87% della popolazione.

In realtà, pur trattandosi di un mero atto giuridico, la concessione dell’asilo a Gutierrez porta con sé aspettative di carattere politico. Il Governo Lula, da sempre proteso verso un’unità politica della regione, spera che la misura possa contribuire ad un ritorno alla normalità istituzionale in Ecuador, ma soprattutto “possa permettere una stabilità democratica nell’intero continente latinoamericano”, come ripete in più occasioni il diplomatico brasiliano. Con Gutierrez se ne va il settimo Presidente ecuadoriano in otto anni, il terzo ad essere cacciato da una rivolta popolare. Riprova che l’instabilità politica e sociale, che ha fatto dell’Ecuador uno dei

centri nevralgici dell’attualità informativa internazionale, ha radici profonde che vanno al di là degli avvenimenti degli ultimi mesi. Una instabilità che risale alla crisi del debito degli anni ottanta e che si aggrava negli anni novanta, quando la caduta del prezzo del petrolio, la crisi asiatica ed il fenomeno climatico del Niño spinsero il Paese nel baratro economico e sociale, costringendo l’allora presidente Jamil Mahuad ad introdurre il dollaro come unica moneta avente corso legale, nel tentativo di stabilizzare l’economia ed incentivare gli investimenti esteri privati. Con la conseguenza che la realtà alla quale dovrà far fronte il neopresidente Palacio è quella di un Paese tra i più ingiusti al mondo, dove il 10% più povero de-

Di fronte ad una situazione sempre più critica, Palacio sembra aver individuato il suo ruolo che sarà quello di “traghettare l’Ecuador verso un sistema democratico più equo, coinvolgendo la società civile e prestando particolare attenzione ai settori della salute, dell’educazione e della sicurezza alimentare”. Obiettivi che potrà tentare di raggiungere soltanto se l’Organizzazione degli Stati Americani, che in questi giorni discute la legittimità costituzionale del passaggio di consegne alla guida del Paese, si esprimerà positivamente. Infatti, nonostante il Governo si ostini a considerare non vincolante il parere dell’OEA, dalla sua decisione dipenderà il riconoscimento internazionale del nuovo Governo ecuadoriano.


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SVILUPPO E POLITICHE SANITARIE

L’ACCESSO AL SOGNO DELLA SANITÀ IN COLOMBIA di Thierry Doornaert econdo il Ministro della Sicurezza sociale (sanità e lavoro) più 12 milioni di colombiani (circa un quarto della popolazione, 44 milioni di abitanti) non hanno una copertura sanitaria adeguata; secondo altre fonti, tra cui il rappresentante dell’Assessorato alla sanità di Bogotà, tale categoria rappresenta circa il 30% della popolazione.

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Da dieci anni a questa parte, in seguito all’adozione della legge 100, la Colombia ha intrapreso un cammino di crescente privatizzazione dell’accesso alle cure sanitarie, diminuendo la copertura offerta dai servizi pubblici e chiudendo numerose strutture pubbliche. La legge in questione, che sembra essere basata su di un principio caritatevole, permette ai più poveri di accedere all’A .R .S (Amministrazione del Sistema Sovvenzionato), usufruendo così di cure gratuite. Tuttavia da una parte le condizioni di partecipazione non sono ben chiare, dall’altra la qualità delle prestazioni e la difficoltà di accedervi hanno contribuito a rendere tale servizio molto lacunoso. A questo si aggiunga che vengono escluse una serie di patologie non comprese nel Programma di copertura sanitaria obbligatorio. Accanto a questo regime sovvenzionato esiste il cosiddetto regime contributivo, a cui aderiscono i datori di lavoro e i dipendenti del settore formale dell’economia. Dato che questo secondo sistema soffre delle medesime carenze del primo, la maggior parte dei lavoratori fa ricorso al " terzo pilastro " dell’assicurazione sanitaria, cioè il sistema prepagato. Quest’ultimo è gestito dalle compagnie d’assicurazione, dalle cooperative e dalle casse di compensazione familiare. Nella maggior parte dei casi sono gli utenti stessi a dover finanziare questa copertura complementare che va a colmare le lacune degli altri due pilastri. Soltanto alcuni privilegiati, circa il 20% della popolazione, sempre secondo il Ministro colombiano, hanno accesso a questo sistema tramite il datore di lavoro. In ogni caso anche alcune delle persone che possono contare su stipendi meno consistenti cercano di partecipare a questo ultimo sistema, per poter beneficiare di una copertura reale delle loro necessità sanitarie.

La privatizzazione della sanità nel mondo. Il quadro sopra presentato è condiviso, sebbene con le naturali peculiarità locali, da tutti quei paesi che hanno deciso di privatizzare l’accesso ai servizi sanitari. Se i paesi dell’Europa occidentale con un sistema sanitario prevalentemente pubblico riservano tra l’8% e il 9% del proprio PIL alla copertura dei rischi connessi alla salute e conseguono un accesso pressoché universale ai servizi sanitari, gli Stati Uniti, parteggiando per il partito della privatizzazione, vi consacrano più del 14%. In quest’ultimo caso però il 30% della popolazione più povera o con gravi handicap è coperta dai sistemi Medicare e Medicaid, che garantiscono una copertura solo leggermente migliore di quella del sistema sovvenzionato colombiano, il 30% è tutelato dalle assicurazioni private dei propri datori di lavoro e il 40% si deve arrangiare come meglio può. Da quanto detto si deduce che la sanità è un campo di azione in cui bisogna procedere con delicatezza, dato che la regolamentazione dell’attività dello stato non è solo necessaria per garantire il benessere dei cittadini, ma potrebbe pure consentire il conseguimento di una maggior efficacia ed efficienza economica. Con la globalizzazione quello che succede in Colombia o in qualsiasi altro paese interessa tutti; è quindi necessario che i rappresentati dei governi e degli organismi sociali collaborino per garantire una risposta forte ed efficiente alle necessità dei cittadini in campo sanitario. La Colombia: un paese con qualche asso da giocare. La Colombia può sicuramente contare su alcuni punti di forza : - Un fitto tessuto d’organizzazioni cooperative e d’imprese costituito da cooperative, casse di compensazione, fondi di categoria, ecc. - Istituzioni ed elezioni autenticamente democratiche che hanno permesso per la prima volta l’elezione di un sindaco di sinistra a Bogota. Questo ultimo ha così potuto promuovere con il suo team un progetto ambizioso di lotta alla povertà (“Bogotà senza indifferenza”),

che si declina in molte azioni concrete di lotta alla fame (“Bogota senza fame”) e di protezione della salute (“Salud a su hogar”) Intervistato, Mario Hernández, Direttore della Pianificazione e dello Sviluppo presso l’Assessorato alla Sanità del distretto di Bogotà, ha dichiarato che l’obiettivo di quest’iniziativa è triplice: 1. Lavorare sulle cause delle malattie, migliorando le condizioni di vita. 2. Rafforzare il diritto alla salute, tramite la partecipazione della cittadinanza e il riconoscimento degli individui come soggetti di diritto. 3. Esercitare un controllo sugli attori del settore per occuparsi in maniera completa delle esigenze sanitarie delle persone. Il piano della sanità del sindaco di Bogotà È proprio questo concetto di cura integrale della persona che deve trasformare l’attuale modello di domanda e offerta di servizi sanitari in un sistema di risposta ai bisogni e alle esigenze della società in tale ambito. L’attenzione nei confronti dei malati deve tradursi in attenzione verso la popolazione, strutturata secondo 4 direttive : 1. Seguire il ciclo di vita degli individui, considerando le specificità dei due sessi, le differenze culturali (indigeni, afro, roms) e la classe sociale di appartenenza. 2. Utilizzare una metodologia adeguata, tramite l’iniziativa Attenzione Primaria

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alla salute (meglio: “Salute in primo piano” ?) (cure di base) basata su una visione comunitaria e la regolamentazione della gestione delle urgenze. 3. Riorganizzare la rete di servizi 4. Sviluppare un sistema di informazione sanitaria che raccolga in maniera sistematica tutti i dati disponibili, soprattutto quelli epidemiologici In tale ottica sono state create delle Squadre d’attenzione familiare e comunitaria composte da un medico, un’infermiera professionale, un ausiliario sanitario e 2 o 3 promotori appartenenti alla comunità stessa. L’insieme di tali squadre costituisce la modalità privilegiata di ingresso al sistema sanitario. Tuttavia continua ad operare in parallelo il sistema composto dagli ambulatori specialistici, dai servizi di ricovero e urgenza e il continuo scambio entro questi due sistemi è indispensabile. Gli utenti possono scegliere a chi rivolgersi, ma la speranza è che prima passino tramite le Squadre di attenzione familiare e comunitaria. Bogotà: una città dai mille volti Il piano sopra descritto ha lo scopo di ridurre le ineguaglianze nell’accesso ai servizi sanitari in una città composta da quartieri ca-

ratterizzati da tenori di vita anche molto diversi (Sud poveri e Nord ricchi). L’offerta di servizi sanitari a Bogotà è in forte crescita, ma rimangono alcune disuguaglianze. Secondo l’Assessore alla Sanità nel 2003 gli erogatori di servizi sanitari erano 12.502, di cui circa 2.200 sono infrastrutture di dimensioni variabili (I.P.S=istituzioni prestatarie di servizi), 30 entità di trasporto e 10.200 professionisti indipendenti. Tuttavia la maggior parte di tali attori si concentra al nord della città, con un rapporto di 38 operatori ogni 10.000 cittadini, mentre tale rapporto a sud diventa 6 a 10.000: in particolare il 78% degli operatori si trova nel quartiere a nord e solo il 5 % in quella sud (il resto si distribuisce nelle zone sud est e centro est). La situazione rispecchia chiaramente la dinamica del mercato dei servizi: vengono privilegiate le preferenze di coloro che offrono servizi piuttosto che i bisogni sanitari della popolazione. Un’offerta di servizi privati importante, un’offerta pubblica in continua diminuzione. Il settore privato chiaramente predomina: delle 2.200 I.P.S l’8,45% sono a carattere pub-

blico, il 76,6 % private, il 14,9% sono fondazioni senza scopo di lucro e lo 0.05% ha carattere misto. Il distretto della capitale può contare su 10.223 camere d’ospedale, di cui 6.304 appartengono al settore privato e la metà, 3919, a quello pubblico. Queste cifre dimostrano che ci sono in media 1.5 camere ogni 10.000 abitanti, rispetto agli standard osservati in altri paesi dell’America Latina. Nel 2004 il Distretto potrà contare su circa 300 nuove camere nell’ambito del circuito ospedaliero, in risposta all’evoluzione dei bisogni sanitari prevista fino al 2010. La rete ospedaliera pubblica, è composta di 22 istituzioni: in totale il settore pubblico può contare su 137 infrastrutture di servizio e 1.932 camere, ripartite tra i 20 quartieri della città. Tutte queste cifre mostrano la grandezza della sfida che attende Luis Eduardo Garzón e il suo team nel tentativo di rispondere alle esigenze di una città con quasi 8 milioni di abitanti. La partita è lungi dall’essere conclusa, le difficoltà sono molte come pure le opposizioni che si riscontrano in seno ad alcuni ambienti economici e politici.


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I PARADOSSI DEL CILE DI OGGI di Pierre Galant e il Cile non è più il punto di riferimento di 35 anni fa, ai tempi di Salvador Allende e dell’Unione Popolare, non è per questo un paese meno sorprendente. Gode di una forte crescita economica e di una stabilità monetaria che fanno invidia a tanti suoi vicini. Il rame, il legname e la pesca offrono al paese notevoli possibilità di esportazione e permettono a una parte della popolazione di vivere in maniera agiata.

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Nel 2004 il Cile ha persino rimborsato una parte del suo debito estero. Per questo viene coccolato dalle istituzioni monetarie internazionali e additato ad esempio. Il Cile di Lagos. Nonostante tutto questo il Presidente Lagos si confronta con un paese che " brucia la candela dalle due estremità ". Il PNUD, che giudica i paesi in base ad indicatori di sviluppo umano, non dimostra molto entusiasmo nei confronti del Cile. E’ opportuno ricordare che il 20 % della popolazione benestante si gode il 50% del reddito nazionale; il 20 % meno fortunato si contende meno del 10% del reddito cileno e il 4% vive in condizioni di estrema povertà. Quanto al rimanente 60% della popolazione che vive con il 40% del reddito nazionale, sembra essere oggi risucchiata nella spirale del sovra consumistico. I Cileni, in particolare a Santiago, trascorrono i loro weekend negli immensi centri commerciali, i " malls ", divenuti per forza di cose i nuovi crocevia sociali. In famiglia o da sole le persone si incontrano e lo sguardo scambiato è quello dell’accesso ai beni di consumo. I prezzi sui cartellini sono quelli della mensilità da pagare ovviamente con le carte di credito rilasciate dal centro commerciale stesso. L’oggetto venduto al cliente e il suo prezzo sono secondari, dato che il vero beneficio è l’interesse pagato sulle 20 o 30 rate dovute. Il commerciante si è in pratica trasformato in banchiere o prestatore (finanziatore) a pegno. Oggi i 6 milioni di lavoratori cileni si contendono, a seconda delle fonti, tra i 9 e i 13 milioni di carte di credito. Gli scarsi rendimenti derivanti dalla commercializzazione dei prodotti sono quindi

compensati dagli elevati interessi corrisposti dai prodotti finanziari. Il numero delle famiglie pesantemente indebitate non fa che accrescere e render fragile sempre più lo stesso modello " sovra consumistico ". Dato che, come altrove, servizi quali l’insegnamento, la sanità, i trasporti pubblici e l’approvvigionamento dell’acqua sono per lo più privatizzati il loro costo è divenuto proibitivo. In particolare l’accesso all’istruzione superiore nelle università private è riservato ai rampolli delle famiglie benestanti: a cui viene insegnato di tutto tranne che la fattibilità di un modello di crescita basato sulla redistribuzione della ricchezza. 2006 : il Cile di Michelle Bachelet E per questo il Cile appare un paese sorprendente e ancor più attraente. Non esiste un modello sociale alternativo e l’ultraliberalismo tenta di dettare legge. Allo stesso tempo si profilano le primarie in vista delle prossime elezioni presidenziali di fine anno. Su tre candidati, due sono donne: accanto al Signor Joaquin Lavin che rappresenta la destra più reazionaria, ci sono la Signora Soledad Alvear per la Democrazia Cristiana e il fenomeno del momento, Michelle Bachelet, candidata per il Patto Socialista (P.P.D). La Bachelet, come è chiamata in tono familiare dai cileni, possiede attualmente una tabaccheria : tuttavia diversi sondaggi ad inizio aprile le accreditano il 75% delle intenzioni di voto. Parla poco, è relativamente poco conosciuta ed è riuscita a catalizzare un sentimento molto diffuso in Cile: la diffidenza della popolazione nei confronti della classe politica. Tuttavia tale sentimento non è generalizzato: Lagos ha il carisma, ma non può assumere due mandati presidenziali continuati e inoltre pensa di poter essere un buon candidato alla carica di Segretario Generale delle Nazioni Unite dopo Kofi Annan. Nel frattempo, il fenomeno Bachelet continua a crescere con grande stupore della stessa candidata. I socialisti e il P.P.D insieme non rappresentano che il 20-25% delle intenzioni di voto. Questa donna è passata

quindi in testa con un sostegno popolare ineguagliato. Le sue convinzioni sono profonde: " Anche se dobbiamo vivere con un modello economico imposto a tutti non è detto che non si possa apprendere di nuovo a vivere insieme, permettendo al popolo di riprendere l’iniziativa ", dice. Passa molto del suo tempo ad incontrare la gente, ad ascoltare. Non vuole fare promesse elettorali e cerca di riattivare la partecipazione popolare. Sa che i Cileni sono molto credenti, ma si rifiuta di sfruttare quest’aspetto dell’indole cilena difendendo i valori laici e la separazione tra Chiesa e Stato. Conosce bene i militari, essendo stata un tempo Ministro della Difesa. Si propone come una donna onesta e sincera, interessata alla sorte delle donne, in un paese ancora molto maschilista. Tutto questo motiva la forte attenzione verso il Cile in questo 2005. Questo paese segmentato, diviso da un passato culturale, politico e sociale devastato dalla dittatura, questo paese in cui trionfa l’ultra liberalismo, si ritrova a correre improvvisamente dietro ad una giovane donna bionda e sorridente, senza alcun preavviso. Muovendosi dal Nord a Sud attualmente si riscontra ovunque la stessa infatuazione : durerà ? Probabilmente si, dato che il Cile è uno di quei paesi latinoamericani caratterizzati dalla capacità di rianimarsi e fare del continente sudamericano uno spazio in continuo movimento. Pensiamo al Brasile di Lula, al Venezuela di Chavez, all’Uruguay del Frente Amplio. A Santiago, alcune settimane fa, in occasione della morte di Gladys Marin, dirigente del partito comunista e figura emblematica della resistenza a Pinochet, si sono riuniti quasi un milione di cileni e il Presidente Lagos ha decretato due giorni di lutto nazionale. Oggi, di nuovo, i cileni vogliono quindi lanciare un messaggio forte alla classe politica e ritrovare il senso dell’unità sociale. E questo legame sociale, malgrado il liberalismo ad oltranza è lungi dall’essere scomparso. Se non esiste in Cile una società forte e organizzata, tuttavia il paese è popolato di gente che continua a credere e operare per il cambiamento sociale.

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PMI E RETI IMPRENDITORIALI

Estratto da: “PEQUEÑAS Y MEDIANAS EMPRESAS Y EFICIENCIA COLECTIVA. ESTUDIOS DE CASOS EN AMERICA LATINA”, a cura di Marco Dini e Giovanni Stampo, Edizioni CEPAL, Settembre 2004 ella seconda metà degli anni novanta un numero crescente di istituzioni pubbliche e private, orientate allo sviluppo della PMI, ha dato l’avvio a iniziative aventi l’obiettivo di stimolare la collaborazione produttiva in questo settore di attività. Dato che molti di questi progetti sono ancora all’inizio e che solo in alcuni casi sono state realizzati bilanci esaustivi dei risultati ottenuti, non è ancora possibile fare una valutazione e formulare giudizi conclusivi. Nonostante ciò, una revisione dell’esperienza, per quanto parziale, permette di formulare delle riflessioni preliminari sui fattori determinanti per il successo o il fallimento di queste iniziative. In una recente ricerca condotta dalla CEPAL (Peres y Stumpo, 2001) per analizzare la problematica dello sviluppo delle PMI in

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14 paesi della regione, si sottolinea che queste svolgono un ruolo rilevante nell’economia dei paesi considerati, dato che contribuiscono in forma significativa alla creazione di posti di lavoro (tra il 40 e il 60% del totale) e alla produzione (tra il 30 e il 40%). A seguito di ciò, negli ultimi anni un crescente numero di attori economici, ricercatori e policy makers le hanno comprese nei loro programmi e agende di lavoro. In particolare, nella seconda metà degli anni novanta, il tema delle PMI sembra aver ricoperto notevole importanza nei programmi di sviluppo posti in essere nei paesi della regione. Per quanto in molti casi le iniziative non abbiamo raggiunto un livello di applicazione massiccia e, in generale, il loro impatto sembra essere stato piuttosto scarso, si osservano risultati positivi relativamente alla traspa-

renza ed efficacia della gestione dei fondi. Allo stesso modo, le valutazioni realizzate dimostrano che, frequentemente, tali azioni conseguirono gli obiettivi proposti e che si sono raggiunte importanti innovazioni nella ideazione e nella progettazione dei programmi di sostegno. Per reti imprenditoriali intendiamo quelle iniziative di tipo economico (orientate agli affari) intraprese in forma comunitaria da un gruppo di imprese indipendenti. In particolare si denomineranno “reti orizzontali” gli schemi di collaborazione stabiliti tra gruppi di imprese piccole e medie; “reti verticali” le iniziative di collaborazioni tra grandi imprese clienti e un insieme di piccoli o medi fornitori, e “reti territoriali” i programmi basati sulla coordinazione di ampi gruppi di attori economici ed istituzionali di una determinata località (comune, associazione, regione o altro) e orientate all’acquisizione di vantaggi competitivi dei quali i membri del raggruppamento possano godere. In tutti i programmi analizzati si considera-


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no tre ipotesi di lavoro, che si analizzano di seguito: a) In primo luogo, si ammette che un sistema efficiente di relazioni tra imprese indipendenti e tra queste ed il loro contesto economico ed istituzionale generi vantaggi competitivi che nessuna impresa potrebbe raggiungere se lavorasse in forma isolata. Attraverso questi vantaggi competitivi, le imprese guadagnano nuove opportunità di inserimento nei mercati ed aumentano le loro capacità di generare posti di lavoro ben remunerati e stabili. Tale “efficienza collettiva” è il prodotto di due fenomeni distinti: da un lato benefici spontanei che conseguono alla semplice concentrazione geografica di imprese specializzate settorialmente, dall’altro benefici derivati dalla realizzazione di azioni collettive, basate sulla fiducia reciproca. Nel caso delle PMI, la collaborazione economica con altre imprese indipendenti permetterà loro di raggiungere i seguenti risultati: riduzione dei costi a seguito degli sconti sull’acquisto di materiali in quantità considerevoli; accesso a grandi volumi di domanda, (come, per esempio, mediante la esportazione o la vendita a grandi catene commerciali); acquisizione di tecnologie di alto costo e grande produttività che, individualmente le imprese non potrebbero finanziare e realizzare in forma adeguata; accelerazione del processo di apprendimento, come risultato dello scambio sistematico di esperienze; ampliamento della rete dei contatti e specializzazione dei processi produttivi e miglioramento nella adozione delle decisioni, grazie allo scambio di informazioni e di interpretazioni delle dinamiche economiche. Dal punto di vista delle grandi imprese i principali benefici si collegano alla flessibilità della produzione (intesa come la capacità di adattare la produzione ai cambiamenti della domanda) e la diminuzione dei costi, attraverso la riduzione del capitale investito della superficie di stabilimento e del tempo di produzione. In alcuni casi, sulla base di contratti con fornitori esterni, anche le grandi imprese clienti possono accedere a conoscenze specializzate. b) In secondo luogo, si riconosce che la dinamica del mercato normalmente non facilita la nascita spontanea di questo sistema di relazioni tra le imprese. La spiegazione principale di ciò è che nello scam-

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Sistemi di sostegno bio di mercato intervengono elementi che ostacolano la creazione di relazioni di que- Esistono quattro differenti tipi di sostegno sto tipo. Di solito tali impedimenti sono alla creazione di reti imprenditoriali: tanto forti da inibire la nascita di schemi di a) Sussidi: fondi non rimborsabili destinaassociazione o cooperazione nonostante i benefici che le imprese poProgrammi e Politiche di articolazione trebbero raggiungere grazie ad essi. produttive nei paesi dell'America Latina nel I principali fattori che ostacolano il decennio del 1990 processo di generazione di reti imprenditoriali sono i seguenti: l’alto Reti Reti Reti Azione costo della transazione, inteso come Orizzontali Verticali Territoriali Indiretta la somma dei costi dell’informazione Argentina ✔ ✔ ✔ e del coordinamento che implica lo Brasile ✔ ✔ ✔ stabilimento di accordi di collaboraCile ✔ ✔ ✔ ✔ zione tra agenti economici indipenColombia ✔ ✔ ✔ denti; la limitata razionalità degli imCosta Rica ✔ prenditori e la imperfezione dell’inEcuador ✔ formazione, che attenuano la capaHonduras ✔ cità degli agenti economici nel valuMessico ✔ ✔ ✔ ✔ tare i potenziali benefici collegati alNicaragua ✔ ✔ ✔ le associazioni e i costi di apprendiPerù ✔ Salvador ✔ ✔ mento che le imprese dovrebbero Uruguay ✔ assumere per adattare il loro metodi di lavoro alle richieste del lavoro Fonte: questionari realizzati dall'autore del libro tra gennaio associativo. e dicembre 2002 e materiale secondario specificato nel libro c) In terzo luogo, le iniziative che Tabella 1 stimolano la creazione di schemi associativi tra imprese presuppongono che sia possibile superare questi ostacoli mediante un adeguato sistema di ti a finanziare le attività intraprese dalle imstimoli e sussidi, che riduca il costo e il ri- prese beneficiarie nel contesto di un piano schio che gli imprenditori assumono nel da- di miglioramento. In generale tali fondi hanre inizio ad una esperienza di collaborazio- no tre caratteristiche che si ripetono in quasi tutti i programmi considerati. Primo, sone produttiva con altre imprese. no parziali, cioè coprono solo una percenProgrammi di sviluppo tuale variabile delle spese effettuate dagli imdell’articolazione produttiva prenditori; secondo, sono limitati solo a Come si mostra nel quadro 1, durante il de- certi items (generalmente si escludono macennio del 1990, in un numero molto signi- nodopera e materie prime) e terzo, si asseficativo di paesi della regione latinoamerica- gnano per un tempo specifico e per un nuna, si realizzarono programmi o politiche di mero limitato di volte. promozione di integrazione produttiva. b) Sostegno tecnico alla articolazione: l’inIn questo quadro, si identificano 4 tipi di pro- sieme di attività realizzate da professionisti ingetto, a seconda degli obiettivi che si pre- dipendenti e orientate a sostenere la creazione figgono. Esistono così tipi di promozione (a) e il consolidamento di un progetto collettivo. a reti orizzontali; (b) a relazioni verticali, (c) c) Credito: misure per accedere a risorse fia reti territoriali; (d) azioni indirette. Que- nanziarie generalmente destinate all’acquiste ultime sono attività che si realizzano nel sizione di nuove attrezzature o beni durevoli quadro di programmi la cui finalità princi- d) Sostegno fiscale: condizioni fiscali di fapale non è la costituzione di reti ma che tut- vore, associate con lo sviluppo di progetti tavia prevedono stimoli speciali per le im- collettivi. prese che richiedano in forma collettiva i so- Come si osserva nella Tabella 1, la maggior stegni economici del programma. parte dei programmi combina più di uno Si tratta di circa 40 iniziative estremamente strumento e il più comune è il collegameneterogenee1. to tra il sussidio e l’assistenza tecnica

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Risultati ottenuti Nella Tabella 2 i quattro programmi che sono stati valutati approfonditamente da parte di gruppi di consulenti esterni. Conclusioni Nonostante la diversità delle esperienze, una visione di insieme permette di formulare una serie di considerazioni comuni. In primo luogo, si constata che verso la fine degli anni 90 l’attenzione e l’impegno degli organismi di sviluppo e delle istituzioni politiche ha mostrato un significativo incremento dello stimolo alla competitività sistemica e della promozione di schemi associativi. In quanto agli strumenti utilizzati predominano i sussidi e l’appoggio tecnico alla creazione di schemi associativi, quest’ultima funzione è senza dubbio uno degli aspetti più significativi delle iniziative condotte durante lo scorso decennio. Il suo nucleo sono le azioni che promuovono la creazione di relazioni di collaborazione tra imprese indipendenti (sensibilizzazione, stimoli del dialogo, arbitraggio dei conflitti e ideazione di progetti comunitari, tra l’altro). Non in tutte le iniziative considerate si attribuisce la stessa rilevanza a questi processi e, sebbene in alcune siano stati centrali (PROFO, Progetti ONUDI) in altre sono stati lasciati all’iniziativa degli imprenditori. A seconda dell’importanza data dai progetti alla creazione di relazioni di fiducia, si sono configurate differenti modalità di intervento con diversi livelli di complessità istituzionale e di costo. Un’altra variabile importante è risultata essere la durata dei progetti: specialmente nel caso di quelli che cercano di consolidare relazioni di collaborazione tra le imprese ed intraprendere processi di trasformazione delle loro modalità di organizzazione, schemi e tecnologie produttive, si sono registrate durate di 5, 6 anni per ciascun progetto realizzato. Alla fine, si è constatato che un fattore critico era la capacità delle istituzioni promotrici di tali iniziative di operare in modo decentralizzato, poiché questo permette di stabilire una interazione diretta con le imprese e contare su una conoscenza approfondita delle distinte realtà territoriali. Gli elementi menzionati hanno inciso anche nella struttura istituzionale e influenzato l’evoluzione delle relazioni tra i diversi attori. In particolare si osserva che lo sviluppo di vantaggi competitivi basati su un sistema efficiente di relazioni richiede un processo di apprendimento tanto più com-

plesso quanto minore è il livello di fiducia tra le imprese partecipanti e quanto più profonda è la trasformazione che si desidera raggiungere. Tale processo, a sua volta, deve contare su una serie di sostegni integrati da entità tanto pubbliche che private che possiedano PROFO, Cile

competenze ed abilità specifiche e, in un certo grado, complementari per lo sviluppo di reti. In gran misura, queste capacità professionali si ottengono attraverso l’esperienza e l’apprendimento pratico, per il quale è necessario esista un adeguato sistema di cooperazione tra le diverse isti-

Le imprese beneficiarie del programma hanno dimostrato migliori risultati (rispetto ad un gruppo di controllo) nella commercializzazione, formazione delle risorse umane e accesso al sistema di sostegno. Nel complesso i programmi hanno registrato risultati positivi che si riflettono in un 3.2% di redditività fiscale e 2.4% di redditività sociale. Il tasso medio di crescita delle vendite è stato dell’11%. In quindici dei gruppi analizzati, l’aumento di vendite è stato superiore a quello del rispettivo settore.

Programma ONUDI, Nicaragua

Il tasso di variazione delle vendite delle imprese valutate* è stato positivo nei primi due anni: 18 e 34%, rispettivamente. Il risultato negativo del terzo anno (-27%) è il risultato della crisi del sottosettore del cuoio e della calzatura. Secondo il gruppo di valutazione, il risultato generale ha superato quello dei rispettivi sottosettori su scala nazionale In termini di mobilizzazione di risorse, con l’aiuto di consulenti, le imprese sono riuscite ad accedere ad altri programmi di sostegno. Si calcola che ogni peso investito abbia prodotto un beneficio addizionale di approssimativamente 0.4 pesos. In termini qualitativi si sono raggiunti miglioramenti nelle tecnologie di processo e prodotto, mediante la standardizzazione di pezzi e la incorporazione di materiali di migliore qualità; l’introduzione di nuovi macchinari ad uso collettivo; l’accesso a nuovi mercati di esportazione.

Programma di Integrazione Si sono costituiti quattro progetti di integrazione. Industriale (PII), Messico Il finanziamento è misto: un terzo apportato dagli imprenditori beneficiari, un terzo dai governanti locali e un terzo dal Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo / Confederazione delle Camere Industriali. Da metà del 1998 a metà del 2000, CADELEC ha promosso investimenti diretti da parte di imprese fornitrici della catena elettronica mediante le quali si è ottenuta una sostituzione totale delle importazioni per un ammontare di 112 milioni di dollari circa; CEDEP ha potuto stabilire nuovi vincoli di lavoro tra 49 piccole imprese fornitrici locali e grandi imprese clienti partners della Associazione di Maquiladoras. Centri di Sviluppo Imprenditoriale (CDE), Argentina

Tabella 2

I risultati dei CDE, in relazione alle altre esperienze analizzate, risultano positivi secondo la maggior parte dei criteri di buenas practicas utilizzati nella valutazione. In particolare risaltano i risultati in materia di credibilità, definita come immagine e presenza / leadership locale, e vocazione alla autosostenibilità, intesa come percentuale in cui le imprese clienti finanziano i servizi offerti.


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tuzioni partecipanti. L’analisi indica con precisione che lo sviluppo di una adeguata istituzionalità di stimolo costituisce una delle principali sfide che hanno dovuto affrontare gli enti che promuovono i programmi di promozione di reti imprenditoriali. Tali programmi sono stati disegnati e realizzati nel contesto di un nuova prospettiva politica, i cui principi chiave sono l’orientamento alla domanda imprenditoriale,

la separazione delle funzioni tra il settore pubblico e le istituzioni private, la delega dei compiti operativi del pubblico al privato e la creazione di rapporti di mercato tra i distinti attori. In termini generali, si osserva una crescente partecipazione del settore privato, fatto che ha facilitato l’ampliamento della copertura e il miglioramento dell’efficienza delle politiche di sostegno (ugual livello di servizi a un minor costo). Nonostante ciò,

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le funzioni che richiedono maggiori competenze ed abilità professionali (specialmente quella di sostegno tecnico all’articolazione) si realizzano attraverso un’intensa collaborazione tra enti privati e pubblici. Per il momento non si è riusciti a stabilire sistemi di incentivi che permettano di delegare tutte le funzioni agli agenti privati e, allo stesso tempo, garantire un adeguato sviluppo di competenza negli attori privati e un orientamento chiaro verso la realizzazione di progetti di qualità. Tanto meno si sono osservati segnali significativi del fatto che stia nascendo un eventuale mercato di servizi di articolazione. D’altra parte, un’analisi dettagliata per funzioni mostra che le modalità operative adottate nei diversi casi sono piuttosto eterogenee ed esiste un nucleo di attività, imprescindibili per garantire il funzionamento del sistema, nelle quali il ruolo del settore pubblico resta ancora centrale. Ancor di più, quanto più complesso è il processo di sviluppo delle capacità istituzionali necessarie per stimolare la creazione e il consolidamento di schemi associativi, tanto meno utile risulta la metafora del mercato per orientare l’ideazione di incentivi che stimolino la configurazione di un sistema istituzionale capace di generare sinergie tra le parti e di imparare dalle proprie esperienze, e tanto più necessario sembra essere investire nello sviluppo di nuove capacità. Infine, tutti i casi analizzati dimostrano che i processi di creazione di reti imprenditoriali sono lenti e complessi e che ugualmente complesso e lento è il cammino per arrivare ad un sistema istituzionale adeguato che lo sostenga. Per tanto sembrerebbe conveniente considerare dal principio che, indipendentemente dal sistema di incentivi che si progetti, questo dovrà adattarsi in corsa e che, su questa base, è imprescindibile sviluppare le capacità delle istituzioni partecipanti (specialmente di quella responsabile del programma) di valutare i risultati parziali del processo e correggere costantemente il sistema. Si ringraziano gli autori e Wilson Peres - Cepal per l’autorizzazione all’utilizzo, traduzione e pubblicazione dell’estratto del capitolo sesto di Marco Dini. Programas de fomento de la articulación en América Latina en los años noventa

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Dal punto di vista dei paesi, si osservano casi (per esempio, Cile e Messico) nei quali sono stati attuati gruppi articolati di programmi e altri (come l’Honduras) in cui il numero delle iniziative è estremamente ridotto. In termini di durata alcune di queste attività sono relativamente recenti (per esempio il programma della Commissione di Promozione della Piccola e Micro Impresa in Perù – PROMPYME) mentre altre hanno accumulato fino a 18 anni di esperienza (come i Progetti di Sviluppo (PROFO) della Corporazione di Sviluppo della Produzione (CORFO) in Cile. In quanto a copertura finanziaria, si registrano esperienza molto significative (come il programma di Qualità Integrale e Modernizzazione- CIMO in Messico) e altre minori tanto in termini di numero di imprese coinvolte che di fondi disponibili (per esempio, i consorzi di esportazione in Uruguay). Rispetto al merito delle iniziative, le attività

finanziate da questi programmi sono collegate principalmente con lo sviluppo delle esportazioni (il Programma di Ristrutturazione Imprenditoriale per la Esportazione-PRECS in Argentina, il Comitato di Esportazione di Pro-Cile) la modernizzazione tecnologica (Programma di Sostegno a Progetti di Ricerca e Sviluppo congiunti – PAIDEC e PCT, entrambi del Consiglio Nazionale di Scienza e Tecnologia – CONACYT in Messico e il Fondo Nazionale di Sviluppo Tecnologico e Produttivo – FONTEC in Cile) il miglioramento della gestione imprenditoriale (il Fondo di Assistenza Tecnica – FAT e i PROFO in Cile, il Programma di Integrazione Industriale e quello di Imprese Integrate in Messico e i Programmi della Organizzazione delle Nazioni Unite per lo Sviluppo Industriale – ONUDI in Centro America).

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PanAL Dossier LA COMUNITÀ ANDINA:

INTEGRAZIONE PER UNO SVILUPPO SOCIALMENTE EQUO di Francisco Pareja Cucalón

er un cittadino europeo di oggi l’integrazione fa parte della quotidianità: utilizza la stessa moneta, oppure viaggia da un capo all’altro del continente senza altre formalità o fastidi che il cambio di un treno, un poco di nebbia in autostrada o l’eventuale ritardo del volo. Ma, cosa che è ancora più significativa, sa che l’integrazione ha portato la pace e il benessere ai suoi cittadini. L’Unione Europea è oggi ammirata e rispettata non soltanto per il contributo straordinario dei suoi popoli alla cultura universale, ma anche per la sua vocazione alla pace, alla democrazia e alla costruzione di un ordine internazionale multilaterale più giusto, partecipativo ed equilibrato.

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non dello sviluppo. Nonostante ciò, continua a costituire un sogno da realizzare, sebbene risulti incoraggiante constatare che oggi l’integrazione latinoamericana sta sperimentando un rinnovato dinamismo.

L’integrazione è un vecchio sogno dei latinoamericani. Nasce con l’indipendenza e pone le sue

Se in Europa integrazione è diventato sinonimo di pace e benessere, in America Latina è intimamente associato all’imperativo di uno sviluppo socialmente equo. Così stabilisce, per esempio, l’accordo di Cartagena, trattato costitutivo del processo andino di integrazione, sottoscritto nel 1969; esso definisce come fini dell’integrazione il costante miglioramento del livello di vita degli abitanti della Subregione e la promozione di uno sviluppo equilibrato, armonico e socialmente equo dei suoi paesi membri2.

PAESI ANDINI: POVERTA’ E INDIGENZA (In percentuale sulla popolazione)

Paese Bolivia

Anno 1997 2002 Colombia 1997 2002 Ecuador (a) 1997 2002 Perù 1997 2001 (b) Venezuela 1997 2002

Poveri 62,1 62,4 50,9 50,6 56,2 49,0 47,6 54,8 48,0 48,6

Indigenti 37,2 37,1 23,5 23,7 22,2 19,4 25,1 24,4 20,5 22,2

(a) Area urbana (b) Cifre dell’Istituto Nazionale di Statistica e Informatica (INEI) del Perù. Questi valori non sono comparabili con quelli degli anni precedenti, per il cambio del campione di riferimento dell’inchiesta. Secondo l’INEI, le nuove cifre presentano una sovrastima relativa, rispetto alla metodologia anteriore, del 25% nella povertà e del 10% nell’indigenza. Fonte: CEPAL, Panorama Social de América Latina 2004, Capitolo I, Tabella I.4, p. 9 (versione preliminare), www.eclac.cl

radici in una cultura e storia comune. A ciò si aggiunge la consapevolezza di condividere problemi di povertà e diseguaglianza sociale, così come la marginalizzazione nello scenario mondiale, incompatibile con il contributo alla vita culturale universale e con la ricchezza delle risorse umane e naturali della regione. Lo sviluppo economico e sociale è stato per molti decenni la principale preoccupazione dell’America Latina, come testimoniano i suoi originali e creativi apporti alla teoria dello sviluppo, quali il cosiddetto “pensiero della CEPAL”1 e la “Teoria della Dipendenza”. Sempre, dai latinoamericani, l’integrazione è stata considerata condizione sine qua

Non è questo il luogo per riprendere il racconto delle vicissitudini attraverso le quali è passato il processo di integrazione andina in questi trentasei anni: fratture del sistema democratico, crisi del debito estero e conseguente abbandono delle politiche di sviluppo a favore di un modello di apertura economica e deregolamentazione del mercato, eccetera. A ciò si deve aggiungere la complessità delle negoziazioni commerciali per la creazione, in primo luogo, di un’area andina di libero scambio e, successivamente, di una barriera doganale esterna comune, che in qualche modo ha portato ad una situazione di stallo che è stata chiamata informalmente “ossessione per i dazi”. Per tutti questi motivi, è incoraggiante che, dalla fine dello scorso decennio, il Consiglio Presidenziale Andino, massimo attore politico del processo, abbia esplicitamente definito prioritaria la dimensione sociale dell’integrazione e abbia ridato enfasi allo sviluppo e inclusione sociale come fini dell’integrazione3. È innegabile che la priorità attribuita dai Capi di Stato all’Agenda Sociale dell’integrazione risponda alla critica situazione sociale degli anni ottanta e novanta, ai rischi connessi per la governabilità democratica e alle conseguenti limitazioni all’avanzamento e consolidamento dello stesso processo di integrazione. L’America Latina e la Subregione Andina al suo interno vivono un’acuta crisi sociale, segnata dalla persistenza della povertà e dell’indigenza e da un’accentuata concentrazione della ricchezza e degli introiti personali. A ciò si aggiunge, da una parte, l’interrelazione ancora problematica di po-


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COEFFICIENTE DI GINI DELLA DISTRIBUZIONE DELLA RICCHEZZA (Brasile, paesi andini e Uruguay) Livello di disuguaglianza Molto Alto: 0,58 – 1 Alto: 0,52 – 0,579 Medio:

0,47 – 0,519

Basso:

0 – 0,469

Paese Brasile Colombia (a) Perù Bolivia (a) Venezuela Ecuador /a Ecuador /a Uruguay

1997 0,638 0,577 0,532 0,531 0,507 0,469 0,430

2002 0,639 0,575 0,525 0,554 0,500 0,513 0,455

(a) Area urbana Fonte: CEPAL, Panorama Social de América Latina 2004, Capitolo I, Tabella I.4, p. 9 (versione preliminare), www.eclac.cl

poli con tradizioni etnoculturali diverse e, d’altra parte, la grande disparità regionale in termini di accesso della popolazione ai servizi sociali di base e alle opportunità di partecipazione economica sociale e politica. E’ per questo che in America Latina sono costantemente a rischio non solo la governabilità democratica, ma anche la stessa coesione del corpo sociale e politico.

per molto tempo continueranno ad essere, una responsabilità esclusivamente nazionale. Tuttavia, può intravedersi una graduale convergenza di politiche nazionali verso quello che in futuro potrà diventare una strategia regionale di sviluppo sociale, senza che ciò significhi abbandonare la prioritaria responsabilità nazionale sulla politica sociale.

Alcuni dati obiettivi sono eloquenti indicatori della realtà appena esposta. In media, circa un quarto della popolazione andina si trova al di sotto della soglia di indigenza o povertà assoluta4 , e più della metà sotto la linea di povertà5 .

È quindi incoraggiante che si siano registrati passi importanti nell’Agenda Sociale Andina negli ultimi anni. Alcuni esempi sono la redazione di norme comuni in tema di migrazioni per motivi di lavoro, sicurezza so-

Però, come detto, il problema sociale dell’America Latina non è solo né principalmente la povertà della maggior parte della popolazione, per quanto coinvolga milioni di persone, quanto piuttosto la distribuzione estremamente diseguale della ricchezza e delle entrate, come si vede dalla seguente tabella. In essa si considerano i valori del coefficiente di Gini di distribuzione delle entrate6 per i cinque paesi andini e per il Brasile, il paese dell’America Latina con il più alto indice di concentrazione della ricchezza e l’Uruguay, con indice minore, al fine di facilitare un confronto. Come si vede, tre dei cinque paesi andini mostrano alti livelli di disuguaglianza, sebbene non tanto pronunciati come nel caso brasiliano. Questo è lo scenario del recente impulso alla Agenda Sociale della integrazione andina dato dai massimi livelli della sua direzione politica, nello sforzo di definire e accordare gli elementi di una strategia comune. È indubbio che le politiche sociali sono, e

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passi più significativi della Comunità Andina in tema sociale è la formulazione e adozione del Piano Integrato di Sviluppo Sociale (PIDS), un insieme articolato di progetti e attività concrete di portata comunitaria contro la povertà, la disuguaglianza e l’esclusione sociale che si vanno ad aggiungere alle politiche nazionali. Il PIDS fa riferimento agli obiettivi di sviluppo segnalati dal Summit del Millennio delle Nazioni Unite del 2000 e dal Vertice di Copenaghen nel 1995, rispetto ai quali si propone di avanzare verso mete più ambiziose. In questo modo, gli obiettivi sociali concordati dalla comunità internazionale contribuiscono anche a facilitare alla Comunità Andina il primo passo nella costruzione di una strategia comunitaria con obiettivi sociali condivisi dai cinque paesi. È degna di menzione la modalità partecipativa adottata nella elaborazione del PIDS, processo al quale, durante quasi due anni di lavoro, hanno contribuito circa 240 funzionari ed esperti governativi del settore sociale, dell’ambiente, dell’agricoltura e della statistica dei cinque paesi andini, oltre ad alcune organizzazioni non governative ed istituzioni accademiche. Il processo è cul-

se in Europa integrazione è diventato sinonimo di pace e benessere, in America Latina è intimamente associato all’imperativo di uno sviluppo socialmente equo ciale e sicurezza e salute nel lavoro; il buon esito della negoziazione condotta dai Ministri della Salute della Comunità Andina e del Cile che ha permesso ottenere una riduzione fino al 72% nei prezzi di medicine per il trattamento dell’AIDS/HIV; l’accordo per introdurre contenuti di integrazione nel piano di studi dell’educazione di base; la partecipazione, ogni volta più dinamica, nel processo di integrazione dei Consigli Consultivi Imprenditoriali e del Lavoro, quali la Tavola Indigena e la Tavola per la difesa dei diritti del consumatore; la adozione di una strategia subregionale andina per la conservazione e lo sfruttamento sostenibile delle risorse della biodiversità. Si deve tuttavia sottolineare che uno dei

minato nell’identificazione consensuale di una ventina di bozze di progetti nell’ambito della salute e sicurezza alimentare, educazione e cultura, lavoro minorile e diritti del lavoro, incremento di posti di lavoro e formazione lavorativa, sviluppo rurale, sfruttamento sostenibile della biodiversità, gestione locale di risorse idriche e preservazione delle fonti d’acqua, sviluppo sociale in zone di frontiera e armonizzazione comunitaria degli indicatori sociali. Per l’attuazione dei progetti dei vari ambiti tematici sopra menzionati, il PIDS contempla tre linee di lavoro: la cooperazione tecnica orizzontale tra i paesi andini, destinata ad estendersi all’ambito della Comunità Sudamericana delle Nazioni; un programma

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di convergenza di obiettivi e mete sociali il cui punto di partenza sono, come già si è indicato, gli impegni del Vertice Sociale di Copenaghen e gli Obiettivi del Millennio, per il quale è stato concordato un progetto di armonizzazione delle statistiche e degli indicatori sociali; e infine, senza dubbio la linea di lavoro del PIDS più ambiziosa, un insieme di programmi e progetti da eseguirsi in maniera congiunta o coordinata da almeno tre paesi membri. Il cammino aperto con l’adozione del PIDS può essere di impulso, inoltre, per l’articolazione di una visione propria della Comunità Andina in tema di coesione sociale. Questo obiettivo è sostenuto dall’Unione Europea, come è risultato chiaro nel Vertice dei Capi di Stato UE-America Latina e Caribe, realizzatasi a Guadalajara, Messico, nel 2004. Gli impegni assunti in questa occasione costituiscono ora un quadro di riferimento indispensabile della cooperazione tra Unione Europea e Comunità Andina. Tuttavia, la coesione sociale, come concetto e come obiettivo, ha necessariamente connotazioni diverse per una regione e per l’altra. Nella regione andina, in considerazione non solo dei gravi problemi sociali sopra presentati, ma anche della natura multietnica e pluriculturale delle società andine, la costruzione della coesione sociale dovrà abbracciare almeno tre dimensioni: 1) le grandi diseguaglianze sociali ed economiche all’interno delle società andine 2) la discriminazione socioeconomica e culturale che ampi settori della popolazione ancora soffrono a causa delle proprie origini etnicoculturali 3) i grandi disequilibri e disparità nel livello di sviluppo che si manifestano tra regioni e tra paesi all’interno della Comunità Andina. Il primo punto è già stato commentato e non ha bisogno di ulteriori sviluppi. La seconda dimensione è diventata oggetto di attenzione da parte della Comunità Andina solo recentemente, a partire dall’Atto di Machu Picchu del Consiglio Presidenziale Andino (2001), sebbene in ciascuno dei paesi membri la lotta per la piena vigenza dei diritti collettivi dei popoli indigeni e delle comunità di afrodiscendenti sia di palpitante attualità già da tempo.

pitolo ottavo sancisce i diritti collettivi dei popoli indigeni e delle comunità afrodiscendenti. La terza delle dimensioni enunciate non è ancora stata oggetto di un’analisi sistematica all’interno della Comunità Andina, sebbene il dibattito intorno a questo importante tema e agli strumenti finanziari che dovranno servire per la suo realizzazione sia in fase di avvio, a seguito di una risoluzione recentemente adottata dal Consiglio Andino dei Ministri degli Affari Esteri per la creazione di un fondo sociale comunitario. Per concludere, bisogna considerare la grandezza della sfida che stanno affrontando i paesi andini. Si tratta niente meno che di raggiungere, in forma simultanea e in un tempo relativamente breve, obiettivi che in zone del mondo oggi sviluppate sono stati perseguiti gradualmente durante vari secoli: il superamente della povertà e della diseguaglianza, l’inclusione sociale di tutti e lo sviluppo di una vera cittadinanza, la crescita economica sostenuta in un ambiente di stabilità, la costruzione e il consolidamente di un’indispensabile struttura democratica dello Stato e della società e l’inserimento competitivo delle economie andine nell’economia mondiale, per citare soltanto i più urgenti. È incoraggiante constatare, perciò, che negli ultimi anni l’integrazione latinoamericana sta prendendo slancio e che il suo contributo al superamento delle sfide citate potrà essere, quindi, decisivo. Lima, 5 aprile 2005 *

I punti di vista espressi dall’autore sono personali e non rappresentano necessariamente quelli dell’istituzione in cui lavora.

1

Comisión Económica para América Latina.

2

L’Accordo di Cartagena è stato firmato da Bolivia, Colombia, Cile, Ecuador e Perù nel maggio del 1969. Nel 1973 il Venezuela ha aderito all’Accordo, mentre il Cile si ritiró nel 1976. Dalla sua nascita, l’integrazione dei paesi andini è stata intesa come passo iniziale all’interno del più grande processo di integrazione latinoamericana. Così si capisce, per esempio, la decisione del 6 dicembre 2004 del Consiglio Andino dei Ministri degli Affari Esteri di approvare la richiesta del Cile di partecipare come osservatore nella Comunidad Andina, e la decisione dei presidenti sudamericani dell’8 del medesimo mese ed anno di creare la Comunità Sudamericana delle Nazioni, costituita dai paesi membri della Comunità Andina, del MERCOSUR e da Cile, Suriname e Guyana.

3

Nel dicembre del 2004 i presidenti andini hanno tenuto un vertice straordinario a Cuzco su integrazione, sviluppo e coesione sociale.

4

La Comunità Andina creò nel 2002 la Tavola Indigena Andina per facilitare la partecipazione dei popoli indigeni nel processo di integrazione e contribuire alla piena vigenza dei loro diritti sociali, economici e culturali che, d’altra parte, sono stati sanciti comunitariamente mediante la sottoscrizione nel 2002 da parte del Consiglio Presidenziale Andino della Carta Andina per la Promozione e la Protezione dei Diritti Umani. Il ca-

Con un’entrata inferiore al costo del paniere di alimenti richiesto per coprire necessità nutrizionali di base.

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Con un’entrata inferiore a quella richiesta per coprire il costo del paniere di alimenti e per coprire necessità di base non alimentari.

6

Il rango del coefficiente è da O a 1, da minore a maggior concentrazione della.ricchezza.


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LA COMUNITÀ ANDINA:

INTEGRAZIONE SUBREGIONALE E NECESSITÀ DI INSERIRSI NEL MONDO GLOBALIZZATO di José Ribero

tà, mediante l’integrazione e la cooperazione economica e sociale. Accelerare la crescita e la creazione di nuovi posti di lavoro. Sostenere il processo di integrazione regionale, nella prospettiva della graduale formazione di un mercato comune latinoamericano. Diminuire la vulnerabilità esterna e migliorare la posizione dei paesi membri nel contesto economico internazionale. La sede della Comunità Andina

a Comunità Andina (CAN) è un organismo subregionale con personalità giuridica internazionale costituito attualmente da Bolivia,Colombia, Ecuador, Perù e Venezuela. Situati in America del Sud, i cinque paesi an-

L

dini rappresentano un ampio mercato, composto da 131 milioni di abitanti con un Prodotto Interno Lordo superiore ai 260 mila milioni di dollari, il cui scambio commerciale col mondo nel 2003 salì a 94 mila milioni di dollari1.

Conseguire il miglioramento progressivo del livello di vita dei suoi abitanti. Nata il 26 maggio del 1969, con la sottoscrizione dell’Accordo di Cartagena, anche conosciuto come Patto Andino, la CAN è un attore sempre più rilevante nello scenario economico mondiale, in particolar modo nell’ottica delle potenzialità strategiche e dello sviluppo sostenibile (abbondanza di risorse naturali strategiche che permettono di assicurare e sostenere tale sviluppo). Nel loro insieme, i paesi andini rappresentano il 25% della biodiversità del mondo, il 20% circa delle riserve di acqua dolce del pianeta (includendo il Brasile), e il potenziale energetico equivale a quattro volte le riserve di petrolio degli Stati Uniti e ad otto volte quelle del MERCOSUR (Blocco economico-commerciale inizialmente formato da Argentina, Brasile, Paraguay e Uruguay, che attualmente vede anche altri paesi sudamericani associati); la CAN possiede il 74% delle riserve di gas in America Latina e il 74% della produzione di carbone del continente. I principali obiettivi della CAN sono: Promuovere lo sviluppo equilibrato dei suoi Paesi Membri in condizione di equi-

La CAN è costituita da un insieme di organi ed istituzioni che formano il Sistema Andino di Integrazione (SAI). Il SAI è l’insieme di organi ed istituzioni che lavorano in stretta collaborazione tra loro per il raggiungimento degli stessi obiettivi: approfondire l’integrazione subregionale andina, promuovere la sua proiezione verso l’esterno e rafforzare le azioni relative a tale processo. L’organo superiore del SAI è il Consiglio Presidenziale Andino, Gli organi di direzione e decisione sono il Consiglio Andino dei Ministri degli Affari Esteri e la Commissione della Comunità Andina (composta quest’ultima dai Ministri del Commercio e Integrazione). In seduta allargata la Commissione incorpora anche altri Ministri. La Segreteria Generale della CAN, con sede a Lima, Perù, è l’organo esecutivo che si incarica di amministrare il processo, vigilare per il rispetto degli impegni comunitari e presentare iniziative e proposte di decisioni. L’organo deliberante è il Parlamento Andino, con sede a Bogotà, Colombia, mentre quello giurisdizionale è il Tribunale di Giustizia della CAN, con sede a Quito, Ecuador. Il SAI

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i paesi andini rappresentano il 25% della biodiversità del mondo, il 20% circa delle riserve di acqua dolce del pianeta, possiedono il 74% delle riserve di gas in America Latina e il 74% della produzione di carbone del continente comprende anche solide istituzioni finanziarie: la Corporaciòn Andina de Fomento (CAF), con sede a Caracas, Venezuela, e il Fondo Latinoamericano di Riserva (FLAR) con sede a Bogotà.

mercio intrandino da 1.3 mila milioni di dollari nel 1990 a 7.76 mila milioni nel 2004 (2.8 mila milioni di dollari o 56% in più che nel 2003), ovvero una crescita superiore al 580% negli ultimi 14 anni.

Le istituzioni consultive sono il Consiglio Consultivo Imprenditoriale Andino e il Consiglio Consultivo del Lavoro, mentre i fondamenti sociali del SAI si ritrovano nell’Università Andina Simon Bolivar, con sede a Sucre, Bolivia, e negli accordi “Hipólito Unanue” (sulla salute) e “Simón Rodríguez” (sul lavoro).

Nel 2003 le importazioni totali da parte dei paesi della CAN hanno registrato la cifra di 38.7 mila milioni di dollari, con una crescita del 214% rispetto al 18 mila milioni di dollari registrati nel 1990. Allo stesso modo, le importazioni extracomunitarie si sono assestate in 33.1 mila milioni di dollari (di fronte ai 16.7 mila milioni del 1990) e le intracomunitarie sono arrivate alla somma di 5.5 mila milioni di dollari, rispetto ai 1.2 milioni del 1990 (una crescita di poco più del 440%).

La CAN avanza verso la costituzione di un Mercato Comune; oggi il piano commerciale vede una Zona di Libero Commercio, in vigore dal 1993, un’Unione Doganale in processo di perfezionamento, una Politica Esterna Comune in fase di attuazione con un campo di azione che oltrepassa gli aspetti economici e commerciali. Durante quasi quattro decenni, il processo di integrazione andino è passato per diverse tappe. Da una concezione chiusa di integrazione verso l’interno, secondo il “modello di sostituzione delle importazioni”, si è orientato verso uno schema di regionalismo aperto. Un passo importante nel perfezionamento dell’integrazione andina è stata la precoce approvazione di norme comunitarie su proprietà intellettuale, investimenti, procedimenti doganali, misure fitosanitarie e zoosanitarie, standard tecnici, norme di origini e di concorrenza, alcune delle quali sono in fase di attuazione. Inoltre, con l’intenzione di perfezionare il mercato ampliato, si approvò nel 1997 il Quadro Generale di Principi e Norme per la Liberalizzazione del Commercio dei Servizi nella CAN. Nel 2004, secondo le cifre preliminari consegnate dai paesi della CAN, le esportazioni intra ed extra comunitarie hanno raggiunto il livello massimo dei 36 anni di processo di integrazione. Le esportazioni verso mercati terzi hanno registrato i 66.4 mila milioni di dollari, superiore di 16.3 mila milioni di dollari a quelle registrate nel 2003 (333% di crescita rispetto all’anno precedente), mentre le esportazioni totali verso il mondo sono arrivate a 74.2 mila milioni di dollari, superando di più di 19 mila milioni di dollari le esportazioni del 2003 (35% di crescita rispetto al 2003). Allo stesso modo, l’eliminazione dei dazi ha spinto il com-

Per quanto riguarda le esportazioni intracomunitarie, il Venezuela è stato il paese che ha maggiormente incrementato le sue vendite verso la regione andina, con una crescita del 127% rispetto all’anno precedente, influenzato dalle vendite di prodotti petroliferi e da prodotti non tradizionali, che sono cresciuti del 56%. Le esportazioni della Colombia hanno registrato una crescita del 72% rispetto al 2003, dovuto principalmente al recupero delle vendite sul mercato venezuelano. Le vendite peruviane verso la Comunità Andina sono aumentate del 49%, grazie al forte incremento delle esportazioni al Venezuela. Le vendite delle Bolivia verso la Regione Andina sono aumentate del 13%. L’Ecuador è stato l’unico paese che ha visto diminuire le proprie esportazioni verso la Comunità Andina, a causa della riduzione delle vendite verso la Colombia. Nelle esportazioni andine verso mercati terzi spicca il Perù, poiché ha raggiunto un tasso di crescita del 44% rispetto al 2003, seguito dalla Bolivia con una crescita del 40%, dal Venezuela con il 35%, dall’Ecuador con il 30% e dalla Colombia col 20%. Per quanto riguarda i flussi di investimenti diretti esteri (FDI), la Comunità Andina ha subito una evoluzione positiva nell’ultimo decennio, passando da un’entrata di US$ 1.7 mila milioni nel 1992 a US$ 7.2 mila milioni nel 2002, con un picco di US$ 14.6 mila milioni ricevuti nel 1997. Parallelamente agli sforzi di consolidamento del processo di integrazione, i paesi membri hanno


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COMUNITÀ ANDINA ESPORTAZIONI INTRA-COMUNITARIE ED EXTRA-COMUNITARIE Indice con base 1969 = 1,00

Intra-comunitarie

Variazione percentuale Variazione percento

60 50 40

me gli obiettivi intracomunitari tracciati, il cui interscambio si nutre fondamentalmente di prodotti manifatturieri, ovvero di beni con valore aggiunto medio e alto, che generano qualificato.

30 20

Ext ra-comunitarie

10 0 69

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riconosciuto la necessità di trovare nuovi mercati fuori dalle frontiere, secondo una prospettiva di “regionalismo aperto”. Per questo esplorano in forma congiunta nuove modalità per accrescere i legami commerciali secondo gli schemi di integrazione in particolar modo con i soci regionali. In tale contesto la CAN ha sottoscritto con il MERCOSUR, nel dicembre 2003, un accordo per la creazione di una Zona di Libero Commercio che si è realizzata nel 2004 con la conclusione delle negoziazioni degli Accordi di Complementazione Economica (N° 58 con Perù e N° 59 con Ecuador, Colombia e Venezuela). La CAN aspira nello stesso modo a stringere vincoli con il Centro America e con i paesi dei Carabi e d è diventata un importante agente di coordinamento delle negoziazioni per la creazione dell’Area di Libero Commercio delle Americhe (ALCA)2. La CAN ha inoltre rafforzato i suoi legami con altri paesi, gruppi di nazioni ed organismi internazionali (Messico, Federazione Russa, Cina, Giappone, India, Ucraina, tra gli altri). Con gli Stati Uniti, primo partner commerciale della CAN, si stabilì nel 1998 il Consiglio del Commercio e degli Investimenti e, nell’agosto 2002, si è ottenuto il rinnovamento e l’ampliamento delle preferenze commerciali andine (ATPDEA) fino al dicembre 2006. Circa sei mila partite provenienti da Bolivia, Colombia, Ecuador e Perù beneficiano attualmente di questo trattamento speciale nell’accesso al mercato statunitense. Gli Stati Uniti sono il principale socio com-

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merciale dei paesi membri della CAN. Nel 2000 il 47% delle esportazioni della CAN sono state destinate agli Stati Uniti e il 32% delle sue importazioni proveniva da tale mercato. Attualmente, Colombia, Perù, Ecuador e Bolivia (quest’ultimo per il momento solo in qualità di osservatore) stanno negoziando un trattato di libero commercio con gli Stati Uniti, che permetterà di consolidare ulteriormente le preferenze commerciali di accesso al mercato statunitense. Senza dubbio la grande sfida della negoziazione è la ricerca di un “buon accordo” con gli Stati Uniti che permetta al tempo stesso di mantenere l’acquis della Comunità Andina, così co-

E’ importante sottolineare che la decisione degli Stati Uniti di negoziare in forma congiunta con i paesi andini beneficiari del ATPDEA contribuirà nel medio periodo, se i paesi andini lo vorranno, a generare importanti consensi nella CAN per approfondire il processo di integrazione, dimostrando ancora una volta l’importanza di presentarsi come unico organismo nelle negoziazioni internazionali. Con la Unione Europea (UE), secondo socio commerciale e investitore straniero, la CAN ha sottoscritto un Accordo di Dialogo Politico e Cooperazione, strumento che costituisce la base per la negoziazione di un Accordo di Associazione che include un Area di Libero Commercio. Le esportazioni andine verso la UE-15 mostrano per il periodo 1999 – 2003 una tendenza crescente e una media annua di US$ 6.3 mila milioni di dollari. Tale somma rappresenta il 12.44% delle esportazioni andine verso il mondo. La UE-15 rappresenta il

COMUNITÀ ANDINA IMPORTAZIONI INTRA-COMUNITARIE ED EXTRA-COMUNITARIE Indi ce con base 1969 = 1,00 Intra-comunitarie

Variación percentuale porcentual Variazione

70 60 50 40 30 20

Extra-comunitari e 10 0 69

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secondo mercato più importante per i paesi andini in quanto blocco, dopo gli Stati Uniti (41.66% nel 2002). In senso inverso, le importazioni andine di prodotti dell’UE-15 mostrano una tendenza stabile durante il periodo menzionato e raggiungono una media di US$ 6.4 mila milioni di dollari, che rappresentano il 16.30% delle importazioni andine dal mondo. La bilancia commerciale dei paesi andini rispetto all’UE-15, in seguito ad un incremento del deficit nel decennio degli anni 90, con il saldo negativo maggiore nel 1998, segna una stabilizzazione durante il periodo 1999 – 2001. a partire dal 2002 si registrano saldi positivi, con il picco del surplus commerciale di US$ 1.85 mila milioni di dollari nel 2003.

cesso preferenziale al mercato europeo”, così come la possibilità di garantire flussi di investimento estero in entrambe le direzioni e contemporaneamente permetta di rafforzare i legami politici, economici, sociali e culturali tra le parti. In questo senso, parallelamente alle negoziazioni del Trattato di Libero Commercio che i paesi andini stanno realizzando con gli Stati Uniti, il 4 e 5 aprile del 2005, nella sede della Segreteria Generale della CAN (Lima, Perù) si è iniziato il processo di “valutazione congiunta” con l’Unione Europea dell’integrazione andina, la cui conclusione permetterà di concretizzare una futura associazione tra i due blocchi.

lo spazio sudamericano si convertirà nella quinta potenza mondiale con un mercato di 360 milioni di abitanti, un Prodotto Interno Lordo di 1.2 bilioni di dollari

Allo stesso modo, i paesi andini godono di un regime di preferenze commerciali concesso dalla UE attraverso il Sistema Generalizzato di Preferenze (SGP Andino), inteso come forma di contributo alla lotta contro il problema mondiale della droga, in particolare nella regione andina e secondo il principio di responsabilità condivisa.

La quasi totalità dei prodotti industriali e una lista di beni agricoli e ittici entrano nel mercato europeo esenti da dazi, grazie a tale regime. In questo modo si sono promosse le esportazioni, la crescita economica e la creazione di posti di lavoro nella Comunità Andina. Tuttavia, il SGP Andino presenta una natura temporanea ed è soggetto ad un rinnovamento periodico, in scadenza il 31 dicembre 2005. Questo strumento ha anche modificato il meccanismo di graduacion in modo favorevole alle esportazioni della Comunità Andina. Con l’obiettivo di raggiungere una nuova fase di apertura commerciale, la Comunità Andina e l’Unione Europea stanno esplorando la possibilità di negoziare “un accordo di Associazione che tenga conto del livello di sviluppo di entrambe le regioni e della preservazione dello schema vigente di ac-

D’altra parte, nel dicembre 2004 a Cuzco, Perù, 12 paesi dell’America del Sud hanno sottoscritto l’impegno e l’”atto di fondazione” della “Comunità Sudamericana delle Nazioni” che avrà tra le sue dimensioni di articolazione la creazione di una zona di libero commercio tra la CAN e il MERCOSUR; in questo modo, lo spazio sudamericano si convertirà nella quinta potenza mondiale con un mercato di 360 milioni di abitanti, un Prodotto Interno Lordo di 1.2 bilioni di dollari, un terzo della biodiversità del pianeta, 9% delle riserve mondiali di petrolio, 4% delle riserve mondiali di gas e una superficie di 17 milioni di Km2, grazie ai quali la nostra migliore scommessa è di entrare nel futuro come un continente unito, così come lo ha sognato e scritto il Gran Liberatore dell’America Don Simón Bolívar nella sua “lettera di Giamaica” (Kingston, settembre 1815), desiderando “(…)mas que otro alguno ver formar en América la más grande nación del mundo, menos por su extensión y riqueza que por su libertad y gloria( …)” 1 Fonte: Segreteria Generale della CAN. Sistema Subregionale di Informazione Statistica. 2 Per il momento queste negoziazioni sono paralizzate e non si conoscono i tempi della ripresa. Tuttavia, gli obiettivi della Comunità Andina sono di “assicurare che le negoziazzioni conducano alla formulazione di un accordo che contempli una partecipazione equa dei paesi andini, rispondendo ai diversi libelli di sviluppo e alla dimensione dell’economia”.


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ESPORTAZIONI ANDINE 2004 Esportazioni intracomunitarie Durante l'anno 2004 le esportazioni intracomunitarie sono cresciute del 59%, rispetto al 2003, raggiungendo un volume di 7.766 milioni di dollari, cifra superiore di 2.866 milioni rispetto a quella registrata l'anno precedente (4.900 milioni di dollari). La Comunità Andina raggiunge così il record storico del commercio interregionale degli ultimi 36 anni del processo di integrazione. Il Venezuela è il paese che ha maggiormente incrementato le sue vendite all'interno della regione andina, con una crescita del 127% comparata con l'annno anteriore, passando da 1.089 milioni di dollari nel 2003 a 2.469 milioni nel 2004. Questa crescita è stata influenzata dalla vendita di prodotti petroliferi (425%); in ogni caso bisogna segnalare che gli altri prodotto sono cresciuti del 56%.

comunitarie del 16%, influenzato in parte dalla riduzione delle sue vendite alla Colombia (- 44%) ed al Perù (-7%). Concludiamo quindi che, a eccezione dell'Ecuador, le esportazioni di ciascuno degli altri quattro Paesi Andini sul mercato interregionale hanno raggiunto il loro massimo livello storico d egli ultimi 36 anni. Esportazioni bilaterali I principali assi bilaterali di scambio, che hanno fortemente contribuito al rialzo del commercio interregionale nel 2004 sono i seguenti. Le esportazioni dal Venezuela al Perù (887 milioni di dollari) sono aumentate del 273% rispetto al 2003, quelle dalla Colombia al Venezuela (1583 milioni di dollari) del 128%, dal Perù al Venezuela (198 milioni di dollari) del 99%, e dalla Colombia alla Bolivia (57 milioni di dollari) del 57%.

ESPORTAZIONI INTRACOMUNITARIE

ESPORTAZIONI BILATERALI

Milioni di Dollari

Milioni di Dollari

Paese

2003

2004(1)

Var. %

Da

A

2003

2004(1)

Var. %

Comunità Andina Bolivia Colombia Ecuador Perù Venezuela Petrolifere Altro

4900,1 422 1839,7 1012,3 537,4 1088,7 207,8 880,9

7765,6 477,8 3162,7 854,1 802,3 2468,7 1091,3 1377,4

58,5% 13,2% 71,9% -15,6% 49,3% 126,8% 425,2% 56,4%

Colombia Venezuela

Venezuela Colombia

693,5 648,5

1582,7 1063,6

128,2% 64,0%

Ecuador Perù

Perù Ecuador

619,2 151,1

577,7 204,3

-6,7% 35,2%

Ecuador Colombia

Colombia Ecuador

335,8 715,5

188,3 992,2

-43,9% 38,7%

Perù Venezuela

Venezuela Perù

99,6 237,6

198,3 886,6

99,1% 273,1%

Bolivia Colombia

Colombia Bolivia

168,3 36,3

117,9 57,1

-29,9% 57,3%

Perù Colombia

Colombia Perù

183,9 394,5

266 530,6

44,6% 34,5%

(1) Previsione

La Colombia ha avuto anch'essa una crescita significativa delle sue vendite andine, registrando un aumento del 72% rispetto all'anno 2003, e passando da 1.840 milioni di dollari nel 2003 a 3.163 milioni nel 2004. Questo andamento è relazionato al recupero delle sue vendite sul mercato venezuelano. Bisogna, infatti, menzionare che le esportazioni colombiane verso il Venezuela avevano avuto nel 2003 una discesa del 38% rispetto al 2002. Le esportazioi peruviane verso la Comunità Andina sono cresciute del 49%, passando da 537 milioni di dollari nel 2003 a 802 milioni nel 2004. Questa crescita è stata influenzata dal forte incremento delle sue esportazioni verso il Venezuela (99%).

(1) Previsione

Hanno contribuito anche le esportazioni dal Perù alla Colombia (266 milioni di dollari) che sono incrementate del 45%, quelle della Colombia all'Ecuador (992 milioni di dollari) con un aumento del 39% e quelle della Colombia al Perù (530 milioni di dollari) con una crescita del 35%.

La Bolivia anche vede incrementate le sue esportazioni verso la regione andina di un 13%, passando da 422 milioni di dollari nel 2003 a 478 milioni nel 2004.

Esportazioni extracomunitarie Durante il 2004 le esportazioni extracomunitarie sono cresciute del 33%, rispetto al 2003. Hanno raggiunto i 66.409 milioni di dollari, cifra superiore di 16.355 milioni rispetto a quella registrata nel 2003 (50.054 milioni di dollari).

In cambio l'Ecuador diminuisce le sue esportazioni intra-

Il buon esercizio delle esportazioni andine verso mercati

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terzi ha permesso inoltre di registrare il massimo livello storico di vendite degli ultimi 36 anni del processo di integrazione. ESPORTAZIONI EXTRACOMUNITARIE Milioni di Dollari Paese

2003

2004(1)

Var. %

Comunità Andina Bolivia Colombia Ecuador Perù Venezuela Petrolifere Altro

50053,5 1211,0 11107,2 4860,7 8011,5 24863,1 20459,2 4403,9

66408,8 1690,6 13272,4 6325,8 11562,5 33557,4 28054,1 5503,2

32,7% 39,6% 19,5% 30,1% 44,3% 35,0% 37,1% 25,0%

(1) Previsione

Il Perù è il paese andino che nel 2004 ha ottenuto il maggior tasso di crescita delle sue esportazioni verso mercati terzi, incrementando di un 44% rispetto al 2003, lo seguono la Bolivia con un aumento del 40%, il Venezuela con un 35%,

l'Ecuador con un 30% e per ultima la Colombia con un 20%. Esportazioni totali nel mondo Durante il 2004 le esportazioni della Comunità Andina nel mondo sono cresciute del 35%, rispetto al 2003. Hanno raggiunto i 74.174 milioni di dollari, record storico degli anni del processo d'integrazione andina, superando le esportazioni del 2003 (54.954 milioni di dollari) di oltre 19 mila milioni. ESPORTAZIONI EXTRACOMUNITARIE Milioni di Dollari Paese

2003

2004(1)

Var. %

Comunità Andina Bolivia Colombia Ecuador Perù Venezuela Petrolifere Altro

54 953,7 1 633,0 12 947,0 5 873,1 8 548,8 25 951,8 20 667,0 5 284,8

74174,4 2 168,4 16 435,1 7 179,9 12 364,8 36 026,1 29 145,5 6 880,6

35,0% 32,8% 26,9% 22,3% 44,6% 38,8% 41,0% 30,2%

(1) Previsione

Le cifre relative al petrolio per il quarto trimestre, sono state stimate a partire dalla bilancia dei pagamenti della Banca Centrale di Venezuela Fonte: Comunità Andina, Segreteria Generale Sistema Subregionale di Informazione Statistica. Decisione 115. Elaborazione a cura della Comunità Andina, Segreteria Generale. Progetto 4.27.63 Statistica

Lavorazione del caffè nella cooperativa La Florida - Perù


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Lo sviluppo competitivo delle PMI andine di Antonio Leone Durante l processo di integrazione andino si presenta come uno schema aperto, destinato ad appoggiare l’inserimento competitivo dei paesi andini nei mercati regionali e soprattutto mondiali. In questo contesto, la Segreteria Generale della Comunità Andina ha proposto ai paesi membri un nuovo Disegno Strategico, che attualizzi la agenda comunitaria in funzione di quelle che oggi costituiscono le grandi sfide dei nostri paesi.

I

Il fine di questa strategia è permettere che il processo di integrazione connetta l’agenda interna dello sviluppo, inteso come superamento della povertà e coesione sociale, con la agenda esterna, della globalizzazione e delle negoziazioni commerciali internazionali. La sinergia tra queste due agende aiuterebbe ad avanzare in maniera decisa nella riduzione del divario sociale e, allo stesso tempo, nell’inserimento internazionale competitivo dei nostri paesi in un mondo sempre più globalizzato. In questo contesto, il nuovo disegno strategico introduce la dimensione dello Sviluppo e della Competitività nella quale si include il tema dello Sviluppo Competitivo della Piccola e Media Impresa. Nello sforzo di tracciare una caratterizzazzione sommaria delle PMI nei paesi andini, possiamo affermare che esse non differiscono molto dal campione di questo settore in altri paesi dell’America Latina; le loro caratteristiche sono infatti simili e inoltre, concentrandosi in attività di commercio, servizi e industria artigianale, presentano elementi particolari comuni, quali il basso livello di investimento, l’alto livello di impiego di risorse umane, l’uso di tecnologia obsoleta a manodopera intensiva, e consumo di input principalmente nazionali. Nello stesso tempo, presentano anche grandi limitazioni che incidono sulla sua produttività, tra le quali le restrizioni nell’accesso al credito a basso costo. Altri aspetti sfavorevoli sono il basso livello di modernità tecnologica e la scarsa propensione ad introdurre innovazioni tecnologiche. Tuttavia, nonostante i limiti segnalati, le PMI mostrano alcune caratteristiche favorevoli che suggeriscono una potenzialità non sufficientemente stimolata, come la grande flessibilità, che permette di adeguare rapidamente la produzione alla domanda del mercato, un completo dominio della struttura in-

terna e quindi maggiore agilità nella presa di decisioni, così come il trattamento diretto di clienti, fornitori e altri, che rende più amichevole la relazione e favorisce la fedeltà del mercato. Al fine di contribuire al rafforzamento delle PMI andine incidendo nelle politiche, nei programmi e negli strumenti di sostegno che vengono sviluppati dai paesi della subregione attraverso una strategia di visione ed applicazione comunitaria, la Segreteria Generale della Comunità Andina ha proposto ai governi e alle associazioni di categoria di intraprendere varie azioni in forma congiunta e in tempi brevi. Tra queste azioni possiamo menzionare le seguenti: 1. L’adozione di uno Statuto Andino della PMI, dove si stabilisca chiaramente a livello comunitario tutto ciò che si riferisce a questo tipo di impresa e si giunga ad una armonizzazione delle legislazioni, che comprenda la chiara identificazione delle politiche attive, dei programmi e degli strumenti di sostegno alle nostre PMI. Rispetto a questo punto è stata molto importante l’esperienza europea in materia e si sta lavorando sulla base di tale cammino. 2. La creazione di un Sistema Andino di Garanzie: come abbiamo già detto, uno dei grandi limiti che pregiudicano la sua realizzazione è costituito dalle restrizioni nell’accesso al credito, opportuno e a basso costo, fondamentalmente a causa della debolezza nelle garanzie di supporto e perchè il costo di transazione e l’indice di rischio delle PMI è percepito sfavorevolevolmente dagli enti finanziari. Su questo punto, è indubbia la necessità di costruire un meccanismo comunitario che tenga conto degli sforzi in materia di garanzie che alcuni paesi stanno facendo 3. Il Disegno di un Programma Andino di Innovazione Tecnologica (PAITEC): una limitazione importante delle PMI andine è costituita dai bassi livelli di innovazione tecnologica, che impediscono loro di migliorare progressivamente i propri processi e prodotti e limita ulteriormente l‘inserimento competitivo nei mercati internazionali; a ciò si unisce la bassa vocazione all’esportazione, sia per mancanza di visione e quindi di strategia, sia per mancanza di conoscenze dei

mercati esteri e per la paura di rischiare. Per tutti questi motivi, si rende necessario sviluppare azioni che aiutino a preparare le PMI in tale prospettiva, insegnando loro tecniche di esportazione e offrendo informazioni sui mercati-obiettivo, sensibilizzandole perchè adottino strategie di associazione e altre forme di cooperazione interimprenditoriali che potenzino le capacità individuali e lo sviluppo delle capacità di gestione imprenditoriale. Tra queste, particolare importanza riveste l’uso della Tecnologia di Informazione e Comunicazione (TICs), come strumento strategico per l’accesso ai mercati. 4. Sviluppo di un Progetto di Rafforzamento Istituzionale: in questo ambito è riconosciuta la necessità di contare su organi camerali capaci di dare ai soci un appoggio effettivo attraverso l’offerta dei servizi di sviluppo imprenditoriale. Nello stesso tempo è fondamentale che sappiamo agire da validi interlocutori non solo dei governi di turno e degli altri attori interni al paese, ma anche di fronte a paesi terzi e in fori internazionali, per essere pronti a presentare proposte innovative di lavoro congiunto o in difesa di interessi collettivi. In base a ciò, si intende intraprendere azioni che portino con sé la modernizzazione dei gruppi imprenditoriali, attraverso la promozione e il miglioramento dell’organizzazione, la formazione di nuovi leaders imprenditoriali e la formazione permanente in diversi aspetti, che includano non solo quelli di carattere tecnico, ma anche gestionale. Le linee di azione segnalate sono contenute nel nostro Piano di Lavoro delle PMI. Gli elementi indicati sono prodotto della nostra percezione ed esperienza, così come delle consulenze e del confronto con altre istituzioni ed esperti e del contributo dei rappresentanti governativi e imprenditoriali che partecipano nei meccanismi istituzionali andini esistenti sul tema. Il nostro interesse, come Segreteria Generale della Comunità Andina, si concentra nel contributo o valore aggiunto che possiamo dare all’integrazione di questi sforzi in ambito comunitario e nell’aiuto che possiamo offrire per creare una normativa andina che contribuisca al rafforzamento delle nostre PMI.

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PanAL Integrazione L’INIZIATIVA IIRSA:

LA SFIDA DELL’INTEGRAZIONE DEL SUD AMERICA di Rosario Santa Gadea ’Iniziativa per l’Integrazione dell’Infrastruttura Regionale Sudamericana (IIRSA) è un progetto di cui sono parte i 12 paesi dell’America del Sud, nato durante la prima riunione dei Presidenti di tali paesi, realizzata nel 2000 a Brasilia, e il cui scopo è la loro integrazione fisica nelle aree dei trasporti, delle comunicazioni e dell’energia. I governi sudamericani si impegnano verso la modernizzazione e l’integrazione dell’infrastruttura regionale, che le tre agenzie multilaterali di sviluppo della regione stanno appoggiando (la Corporación Andina de Fomento-CAF, il Banco Interamericano de Desarrollo-BID e il Fondo Financiero para el Desarrollo de la Cuenca del Plata-FONPLATA).

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I progressi del programma IIRSA finora sono stati notevoli. Si possono riassumere in tre punti principali: l’individuazione di 10 Assi di Integrazione e Sviluppo nel territorio sudamericano; l’identificazione e catalogazione di un portafoglio di 335 progetti di infrastruttura che sono necessari per mettere in funzionamento gli Assi e che rappresentano un investimento di 37.000 milioni di dollari nel subcontinente; infine la definizione di una “agenda di attuazione consensuale”, che consiste nel concentrare gli sforzi su 31 progetti, appositamente selezionati per il loro forte impatto sull’integrazione fisica regionale e che richiederebbero un investimento di 4.000 milioni di dollari nel periodo 2005-2010. I Presidenti sudamericani, nella loro terza riunione, realizzata l’8 e il 9 dicembre del 2004, a Cusco e Ayacucho, Perù, hanno riaffermato il loro pieno sostegno all’IIRSA e ai suoi progressi concreti. In quest’occasione, i Presidenti si sono accordati sulla creazione della Comunità Sudamericana delle Nazioni, concepita come uno spazio articolato sui piani della cooperazione politica, dell’integrazione economico-commerciale e di quella fisica. Si prospetta una grande sfida. Il Perù ha condotto i lavori dell’IIRSA durante tutto il 2004, il Paraguay lo sta facendo attualmente e nel 2006 sarà il turno dell’Ecuador. Nell’anno in corso avranno luogo 12 laboratori nazionali sulla Visione Strategica dell’Integrazione Fisica dell’America del Sud. Nello stesso tempo si sta progettando una riunione tra i Ministri incaricati di

seguire i temi dell’IIRSA (Trasporti e Pianificazione soprattutto) e i Ministri dell’Economia e delle Finanze, per esaminare il tema dell’esecuzione dei progetti e le sfide finanziarie da superare. IIRSA, in fase di esecuzione Vari paesi della regione, tra i quali il Perù, stanno portando avanti processi di concessione al settore privato dei progetti IIRSA, con una modalità di associazione pubblicoprivata o public-private partnership (PPP), nella quale lo Stato offre al concessionario una garanzia di entrate minime, che rendono fattibile l'assegnazione dei progetti di infrastruttura tra quelli denominati “assi emergenti”, che hanno un grande potenziale economico, ma i cui flussi attuali di traffico sono insufficienti per assicurarne la redditività finanziaria. È il caso del processo di concessione del Corridoio Stradale Interoceanico Perù-Brasile (IIRSA Sud), rete stradale con un’estensione di 2603 KM (dei quali 1071 km corrispondono a strade da asfaltare) che unisce i porti sull’Oceano Pacifico di San Juan de Marcona, Matarani e Ilo (nel sud del Perù) con gli Stati di Acre e Rondonia in Brasile, per un valore di 892 milioni di dollari. E’ anche in processo di concessione, sotto forma di un PPP, l’Asse del Rio delle Amazzoni di IIRSA (Ramo Nord in Perù), che corrisponde a un’estensione di 960 km (dei quali 114 sono strade da asfaltare) tra il punto marittimo di Paita, nel nord del Perù e il porto fluviale di Yurimagues, nell’Amazzonia peruviana, rappresentando un investimento di 158 milioni di dollari. Da questo punto, attraverso i fiumi Huallaga, Maranon e Amazonas, si renderebbe agibile la connessione fluviale con lo Stato di Amazonas in Brasile, dove si trova l’importante Polo Industriale di Manaus. Nel medio termine, l’aspirazione è realizzare anche il ponte aereo con Manaus per poter entrare nel commercio tra il Polo Industriale e i paesi asiatici. Si trova in processo di concessione al settore privato anche la terza via “trasversale” tra Perù e Brasile che forma parte dello schema IIRSA, l’Asse del Rio delle Amazzoni (Ramo Centrale). Questa rete stradale ha un’estensione di 867 km da

Lima, dove si trova il porto marittimo di Callao (nonostante siano ancora da risolvere le difficoltà di accesso al porto, in quanto attraversano la zona urbana) fino a Pucallpa, nell’Amazzonia peruviana e si tratta di un investimento che va dai 62 agli 86 milioni di dollari. L’articolazione con il Brasile si può completare attraverso i fiumi Ucayal e Amazonas. La connessione stradale diretta Pucallpa-Cruzero do Sul, nello Stato di Acre nel Brasile, è infatti molto più complicata per i costi elevati e le implicazioni ambientali. Oggi ci troviamo, quindi, nella fase di costruzione delle opere di infrastruttura che gli Assi prevedono e gran parte degli investimenti iniziali si concentrano sulle reti stradali. Più avanti ci si occuperà dei porti marittimi e quindi di quelli fluviali e delle idrovie. Questo sforzo dovrà necessariamente essere condiviso tra lo Stato e il settore privato. Perché integrare le infrastrutture? Il Sudamerica può crescere in maniera sostenuta solo se incrementa la sua competitività. Si tratta di una regione emergente, che possiede un grande potenziale di sviluppo e di attrazione degli investimenti internazionali, grazie alla sua ricchezza di risorse, ai processi di integrazione regionale in corso e ai suoi sistemi democratici. Affinché questo potenziale trovi una realizzazione concreta, per poter conquistare un inserimento competitivo nel mondo, per sfruttare appieno le possibilità della complementarietà regionale, perché tutto questo avvenga, le infrastrutture giocano un ruolo centrale. Bisogna invertire i deficit presenti nell’estensione e nella qualità delle infrastrutture. L'osservazione geografica del Sudamerica non mostra un territorio continuo, bensì frammentato, a causa delle barriere naturali rappresentate dalla Cordigliera delle Ande, dalla Foresta Amazzonica, e dal Pantanal, tra le altre. Gli “Assi di Integrazione e Sviluppo” definiti dall’Iniziativa IIRSA sono concepiti come i “ponti” più efficienti per unire questo spazio sudamericano discontinuo che, a sua volta, è fonte di ricchezza in risorse naturali, biodiversità e a livello ecologici. Gli Assi costituiscono le grandi regioni dell’America del Sud, sono pensati come fran-


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ge multinazionali che concentrano flussi di commercio attualmente attivi (come nel caso degli assi “consolidati”), oppure spazi di interrelazione il cui potenziale si spera di liberare grazie alla costruzione delle infrastrutture di connessione (assi “emergenti”). Questi però non sarebbero spazi di riferimento solo per il commercio. L’idea di generare sviluppo “attorno agli assi” è una sfida molto più ampia. L’Iniziativa IIRSA è la base di un programma qualitativamente più avanzato, che incarna una visione geoeconomica dello sviluppo. Per questo non si parla solo di trasporti, ma anche di energia e comunicazioni. Bisogna, quindi, correlare alla creazione delle infrastrutture altre iniziative che sono parte del processo di sviluppo (promozione di investimenti produttivi, progetti per l’ambiente, promozione e competenze commerciali, creazione di capacità tecnologiche, ecc.). Interessi e sviluppo decentralizzato L'integrazione delle infrastrutture dell'America del Sud implica un importante proiezione verso l'interno del continente e, in questa misura, si lega ad una strategia di sviluppo delle nostre regioni, comprese quelle finora più trascurate, strategia di sviluppo che è connessa all'internazionalizzazione. Da

qui il concetto di integrazione regionale decentralizzata. Allo stesso tempo, l'integrazione fisica sudamericana deve essere vista in un contesto di inserimento internazionale. Per paesi di medie dimensioni come il Perù, si tratta di stabilire la "dimensione critica" necessaria per proiettarsi competitivamente verso la conca del Pacifico e verso il mondo. Se si riesce a ridurre i costi logistici, gli Assi di IIRSA che attraversano il subcontinente sudamericano potranno diventare alternative di connessione tra i paesi dell'altro lato del Pacifico e l'interno del continente. Per il Perù questo significa la possibilità di maggiori esportazioni, non solo di beni, ma anche di servizi, e l'opportunità di dare valore, come fattore di competitività internazionale, alla sua ubicazione geografica in Sudamerica, cercando di convertirsi in un centro di interconnessione bi-oceanica. Nell'Iniziativa IIRSA sono stati identificati i due Assi consolidati, attualmente esistenti in Sudamerica, che sono alla base dei mercati subregionali nel contesto degli schemi di integrazione: l'Asse Andino (tra i cinque paesi della Comunità Andina-CAN) e l'Asse Mercosur-Cile.

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Insieme agli Assi consolidati ci sono poi gli Assi "transversali" che collegano paesi sia della Comunità Andina sia del Mercosur. La maggioranza di questi Assi sono spazi emergenti, ancora da costruire. Questi ultimi sono: al nord, l'Asse Scudo Guyanese (Venezuela, Brasile, Guyana e Suriname); nel centro, l’Asse del Rio delle Amazzoni (Colombia, Ecuador, Perù e Brasile) e l'Asse PerùBrasile-Bolivia; nel centro sud l'Asse Interoceanico Centrale (Paraguay, Brasile), l'Asse del Capricorno (Bolivia, Argentina, Paraguay, Brasile), e l'Asse dell’Idrovia Paraguay-Paranà (Bolivia, Paraguay, Argentina, Brasile); al sud l'Asse del Sud (Argentina Brasile). Inoltre sono stati definiti anche un Asse Andino del Sud tra Argentina e Cile. IIRSA si è consolidata come un'istanza centrale per la costruzione di un'agenda comune di azioni e progetti di integrazione fisica e regionale sudamericana. La composizione di un portafoglio di progetti che parte da visioni strettamente nazionali per passare a una visione regionale consensuale è un grande passo in avanti. La sfida attuale è giungere alla realizzazione degli investimenti, ma le basi per questo sono già state poste.

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PanAL UE-AL L’UNIONE EUROPEA E L’AMERICA LATINA :

ASPETTANDO LE NOZZE DI FIGARO di Renato G. Flôres Jr enza dubbio, nei giorni a venire, il progetto europeo sarà giudicato una delle meraviglie del Ventesimo secolo. I numerosi successi conseguiti in tale ambito, in meno di mezzo secolo, dopo due guerre sanguinarie, che hanno dato continuazione ad una tradizione di conflitti pressochè incessanti a partire dalla suddivisione del sacro Romano Impero di Carlo Magno, suscitano ancor oggi ammirazione, sorpresa e stupore.

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Nondimeno, se la costruzione dell’Unione Europea offre una molteplicità di lezioni, di belle opere e di esempi, allo stesso tempo presenta, in quanto prodotto umano, problemi e aspetti ancora irrisolti (mal risolti). Le relazioni con l’estero, e in tale ambito quelle con l’America Latina, rappresentano uno di questi lati oscuri. Di seguito ho cercato di spiegare in breve perchè condivido questa opinione. Naturalmente adotterò un’ottica latinoamericana: per questioni di giustizia, il dibattito richiederebbe un punto di vista opposto, ma ho deciso di lasciare a qualcun altro il compito di ribattere. Il desiderio di cooperazione : una nota positiva. L’Unione Europea, non solo nei suoi rapporti con l’America Latina, ha sempre posto l’accento su una relazione di tipo multidimensionale, in cui la cooperazione e il rafforzamento delle strutture politiche in un contesto democratico, occupano delle posizioni privilegiate. In effetti c’è uno spazio considerabile per lo sviluppo di questi elementi, sia per le affinità culturali o tecniche esistenti, sia per mancanza di competenze o fondi. Sono esempi che fanno ben sperare l’attenzione dell’UE nei confronti del Mercosur, dove l’Unione sostiene quasi tutte le iniziative per il consolidamento istituzionale, il suo ruolo nell’America Centrale, gli sforzi fatti – e tutto ciò che c’è in più da fare e che potrebbe già essere stato fatto- nei settori strategici come le telecomunicazioni, le infrastrutture, l’istruzione e l’agricoltura. Nonostante questo aspetto positivo, i risultati ottenuti finora sono insufficienti per cancellare altre posizioni meno attrattive. Un tema di primo piano : il protezionismo agricolo. E’ fastidioso essere costretti a sollevare,

per l’ennesima volta, la questione del protezionismo agricolo europeo. Sebbene sia giustificabile da un punto di vista storico, culturale e anche economico (in certi casi e periodi) il protezionismo rappresenta una limitazione insuperabile per qualsiasi tentativo più serio di approfondimento delle relazioni tra le due aree. Non è questa la sede per discutere né le possibili soluzioni, né le giustificazioni- o l’aspetto giusto delle varie argomentazioni. Il mio intento è quello di sottolineare come ciò rappresenti un ostacolo. Sarebbe illusorio considerare che l’Europa non ne sia cosciente, la questione agricola è una scelta interna razionale sebbene lontana dall’essere unanime. L’Unione sa dunque che senza l’evoluzione o l’eliminazione della politiche agricole il margine di negoziazione nei suoi rapporti con l’America Latina continuerà ad essere sempre ridotto.

cordi ACP e la sua continuazione nel quadro Cotonou sono delle iniziative per lo meno discutibili. Concedere aiuti, talvolta in maniera paternalista, ad alcuni produttori di questi paesi, trascurando la triste e terribile realtà di altri che, legati ai medesimi prodotti, risiedono in paesi latinoamericani vicini al di fuori del gruppo Acp, è un’azione che non fa fare la bella figura sperata, né in termini di cooperazione con il continente, né nel quadro dell’aiuto allo sviluppo. Anche l’approccio multidimensionale, con i suoi bei discorsi sul rafforzamento delle condizioni democratiche, è talora utilizzato per introdurre i temi di Singapore, come quello della concorrenza, così cari all’Unione Europea. Non esiste dunque una politica dell’unione nei confronti dell’America Latina, se non una serie di iniziative puntuali e spesso causa di asimmetrie politiche ed economiche.

Timidezza e frammenti del passato Un altro aspetto, comprensibile, ma infelice, è la ritrosia europea nei confronti di un impegno più profondo con l’America Latina. Numerosi fattori concorrono a spiegare la situazione, inoltre non bisogna dimenticare che lo spazio occupato il nostro continente del sud nell’agenda delle preoccupazioni europee non è certo quello in cima alla pagina. In ogni caso il problema non sta sicuramente nell’alta o bassa priorità: è legato soprattutto al comportamento ambiguo dell’Unione Europea in tale ambito, che si accompagna a sua volta alle oscillazioni negli interessi statunitensi.

Il regionalismo, una soluzione ? Forse bisognerebbe abbandonare Bruxelles e guardare all’immensa diversità e ricchezza delle regioni europee. A livello regionale, si possono stabilire delle identità più radicate, perché più limitate e dirette, in cui gli obiettivi comuni non compaiono solo nei discorsi, ma fanno parte anche della vita delle aziende, della gente, delle famiglie. In quanto locali le iniziative saranno naturalmente più ristrette, ma meno soggette alle critiche e ai giudizi più complessi che si potrebbero muovere nei confronti di iniziative nel quadro istituzionale ufficiale dell’Unione.

Se è vero che anche l’America Latina gioca essa stessa questo gioco- forse a ragione- è vero che la mancanza di continuità, l’evidenza costituita ad una politica statunitense più aggressiva (vedi l’accordo con il Messico dopo la chiusura dell’ALENA) trasmettono, con il passare dei giorni, un’impressione negativa. Altri atteggiamenti più presenti e positivi sono purtroppo contaminati dai sotterfugi di un passato coloniale che ne diminuisce la rilevanza. Tutto il melodramma degli ac-

Una regione italiana, un département francese, un länder tedesco possono concludere un accordo commerciale, organizzare uno scambio di personale tecnico o di studenti, avviare una politica comune di investimento o di instaurare una catena di produzione creatrice di valore aggiunto con qualsiasi regione latinoamericana in una maniera più flessibile, veloce e semplice :probabilmente anche più efficace. Il potere centrale dell’Unione dovrebbe intervenire solo per eliminare gli ostacoli al-

Forse bisognerebbe abbandonare Bruxelles e guardare all’immensa diversità e ricchezza delle regioni europee.


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l’instaurazione di questo genere di iniziative, creando piuttosto delle facilitazioni. Conclusioni: aspettandola nozze di Figaro Secondo i critici, Caron de Beaumarchais sarebbe passato alla storia come uno scrittore mediocre- ed un uomo con valori morali quantomeno discutibili –se non avesse composto due piccoli capolavori: Il barbiere di Siviglia e le Nozze di Figaro. Vietato dalla censura per sei anni “Le Nozze”, criticano i privilegi e la gerarchia sociale instaurati dall’Ancien Regime. Quattro personaggi, di cui tre già compaiono nel “Barbiere”, il Conte e la Contessa D’Almaviva e i due rispettivi servitori, Figaro e la bella Susanna, sono al centro dell’intrigo. Figaro ama e vuole sposare Susanna, che è desiderata al tempo stesso dal Conte. Solamente con l’aiuto della Contessa il trio riuscirà a imbrogliare il Conte in maniera tale da permettere la celebrazione delle nozze. Un quinto personaggio , il giovane paggio Cherubino- a cui Figaro nell’opera di Mozart indirizza la famosissima e melodiosa cava-

tina Non più andrai farfallone amoroso – innamorato della Contessa, è responsabile di ulteriori sconvolgimenti, per lo più divertenti. Si potrebbe dire che la coppia Almaviva rappresenta le due facce dell’Unione. Da un alto la vecchia Europa – il Conte – con tutti i suoi pregiudizi che costringono la sua buona volontà in azioni come quella dell’ACP, in cui è persino convinta di fare del bene. E’ questa un’Europa che auspica dei legami con l’America Latina per sfruttare, sebbene in maniera più degna (?) degli Stati Uniti, le ricchezze di cui un tempo ha goduto e che ora, di tempo in tempo, corrono il rischio di cadere definitivamente nella mani dei barbari del nord. La Contessa rappresenta l’aspetto più saggio e umano dell’Unione Europea, quello che cerca – malgrado tutti i problemi e gli interessi commerciali evidenti – di legare il commercio alla cooperazione, che si preoccupa per le questioni culturali comuni e vede l’America Latina come un partner in un mondo democratico e liberale, sotto il primato del diritto internazionale e della pace; inaugurando forse una

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forma di capitalismo alternativo al modello nord americano. Il birbo Figaro, sempre spaccone e convinto di essere più intelligente di quello che è in realtà, sarebbe l’America Latina, legata, per molteplici ragioni che hanno radici nel passato coloniale, alla “coppia europea”. L’unico problema è che manca una figura fondamentale, Susanna, l’oggetto comune del desiderio del Conte e di Figaro, motore dell’azione, colei che permette alla Contessa di mostrare le sue migliori intenzioni e…condizione necessaria per la celebrazione del matrimonio! Dove è questa donna? In Europa, in America Latina? Altrove? Fino ad oggi i nostri due eroi l’hanno cercata sia con impazienza che trascuratezza, a seconda di dove li trascina la corrente della congiuntura mondiale. Bisogna trovarla presto, prima che l’ultimo personaggio, Cherubino, la Giovane America Latina ancora innamorata della Contessa, stanco d’attendere, parta alla vittoria, alla gloria militar!, in altre direzioni, forse senza ritorno.

FONDA ZIONE Dal 2000 la Fondazione Casa America svolge la propria attività con l’obiettivo di incrementare lo scambio culturale tra Italia e America latina attraverso l’organizzazione di iniziative volte alla promozione del dialogo politico, dei rapporti culturali, umani ed economico-commerciali. Casa America organizza conferenze, incontri e tavole rotonde con importanti personalità, mostre, presentazioni di libri, proiezioni, récital musicali, settimane culturali dedicate a singoli Paesi del Centro e Sud America, alternando momenti di approfondimento storico-sociale-scientifico-artistico ad altri divulgativi, coinvolgendo un pubblico di specialisti e ricercatori, ma anche di appassionati del mondo latinoamericano e della cultura in senso più ampio. Nel 2004, quando Genova è stata Capitale Europea della Cultura, la Fondazione Casa America ha consolidato l’attività tradizionale e ampliato il proprio ambito culturale attraverso l’istituzione di borse di ricerca internazionali, la pubblicazione di una collana di libri, la formazione di gruppi di lavoro, ecc. potendo contare sulla pluralità di competenze e professionalità riunite nel proprio Comitato Scientifico. Tra le attività previste per il 2005 il presidente di Casa America, on. Roberto Speciale sottolinea la realizzazione di un Dizionario storico biografico dei Liguri in America Latina, che raccoglierà le biografie dei Liguri che hanno lasciato in America Latina significativa memoria di sé distinguendosi nei campi artistico, politico, sociale, imprenditoriale, scientifico, ecc. e la ricerca (in occasione del secondo centenario della nascita di Giuseppe Mazzini) che porterà all’individuazione e alla presentazione in una prestigiosa mostra (nov. 2005) delle numerosissime Tracce del Risorgimento Italiano in America Latina celebrando l’azione degli esuli italiani, dei loro ideali e dei valori provenienti dall’Italia che circolarono radicandosi nel tessuto sociale del Latinoamerica attraverso, ad esempio, giornali e pubblicazioni, associazioni e società di mutuo soccorso, circoli culturali, celebrazioni, opere d’arte, monumenti, cimeli, ecc. FONDAZIONE Fondazione Casa America Villa Rosazza - piazza Dinegro, 3 16126 Genova (Italia) tel. +390102518368 fax. +390102544101 www.casamerica.it info@casamerica.it CASA AMERICA

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LA POLVERERA Rosa María Jijón

La cancha de tierra se anima desde las primeras horas del domingo. La Polverera es el nombre que los jugadores del parque de Colle Oppio han adoptado para llamara a su cancha de fútbol, que no tiene hierba sino que es rico de polvaredas que se alzan en cada partido. La Polvera es la Bombonera de Buenos Aires y Colle Oppio es el parque de La Carolina de Quito. La novedad del documental “La Polverera” es que bajo los reflectores esta vez no están los aguerridos jugadores del torneo masculino sino las jugadoras de los equipos femeninos .Las representantes del fútbol estuvieron presentes la noche del 2 de mayo, en el Teatro Palladium en la première del video realizado por Maria Rosa Jijon, artista ecuatoriana residente en Roma, Manuela Borgetti y Sonia Maccari, directoras italianas. Este es el cuarto documental de la reseña Roma e el sue Città, ideada y coordinada por Luca Bellino de la Universidad Roma 3. uando fui la primera vez a Colle Oppio me quedé mirando el espectáculo en el que yo veia el Coliseo como paisaje urbano pero lo que sucedía en este en este lugar era una reproducción exacta del Parque La Carolina de Quito, o de cualquier parque de nuestras ciudades latinoamericanas. El torneo de fútbol organizado en el barrio de Colle Oppio por la comunidad latinoamericana de Roma es algo mas que un simple momento deportivo. Ecuatorianos, peruanos, colombianos, guatemaltecos, por citar solo algunos, se dan cita cada domingo en esta colina verde que se cobija directamente bajo el Coliseo, para saborear sus orígenes.

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Frente a la trans-migración de una cultura con todos sus ingredientes no es fácil no preguntarse que mas se puede hacer. Mas allá de tomarse una cerveza Pilsener, comer un ceviche de pescado y chupar un bolo de maracuyá todo con el fondo musical del Gran Combo de Puerto Rico , tenia que hacer algo que no fuese solo estar ahí como una turista traspapelada o una inmigrante nostálgica. Después de ir varios domingos a ver los partidos de los hombres, descubrí el campeonato de fútbol femenino. Encontrar una lógica al documental no fue fácil, con tantas cosas que suceden en un espacio tan reducido y con tantos temas por explorar tuvimos que tomar decisiones difíciles y dejar afuera muchas cosas que nos hubiera gustado contar. El documentario “La Polverera” propone una panorámica de Colle Oppio, de sus dinámicas y de las cosas mas interesantes: la comida que se prepara de la misma forma que en Ecuador, Perú o Colombia, la música que se escucha desde las primeras horas de la mañana, las familias que llegan para pasar un momento de distracción, los turistas que se convierten en el público de los partidos, y los personajes más atractivos de este lugar que es América Latina una vez a la semana. Para darle un sentido a la narración hemos escogido varios personajes que son las jugadoras de algunos de los equipos y algunos de los partidos

jugados por estas mujeres. La idea era concentrarse en el fútbol y a través de éste narrar los personajes, hicimos un trabajo paciente de acercamiento a los equipos y a las jugadoras. Durante meses sin la video cámara estuvimos conversando y adquiriendo confianza para entender a las personas y para no invadir un espacio íntimo o de distracción y luego ya con todos los equipos y operadores hicimos las cosas con mas planificación y estructura narrativa. Nos propusimos un método de trabajo que consistía en el acercamiento paulatino a las personas, sin robar imágenes ni situaciones. En el Ecuador, como en muchos países de la región andina, el fútbol ya no es una exclusividad de los hombres, las mujeres han pasado de ser las hinchas a ser las protagonistas de este deporte. Solo en la ciudad de Quito hay 25 equipos de mujeres que participan en campeonatos locales e y nacionales durante todo el ano. Las protagonistas de esta historia son las integrantes de los equipos en contienda: las Latin Girls, las chicas de Perú Unidas, las Familiar, las ZB, las de la Lazio. La mayoría de estas jugadoras se encuentran en Italia como trabajadoras inmigrantes y por lo general realizan tareas de cuidado a personas, niños o ancianos o de limpieza y asistencia domestica. A las mujeres les ha costado mucho abrirse un espacio en el campeonato de Colle Oppio. Durante las primeras fechas del campeonato de inverno jugaban a las nueve de la mañana o a las seis de la tarde, o sea en horarios terribles debito al frió y a la oscuridad. Ahora las cosas han cambiado y juegan a las 10 y a las 12 cuando hay mas publico y las condiciones climáticas son buenas. Los partidos rara vez se suspenden y con frió o calor, con un sol que quema o bajo la peor de las lluvias, todos los equipos se presentan rigurosamente uniformados y con el carné reglamentario en las manos. Además de ser un documental, este trabajo se plantea el objetivo de servir como puente de entendimiento y como un mecanismo de empowerment para las comunidades involucradas.


Cultura

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ROBERTO MAMANI

LO SAGRADO Y LO MÁGICO DE LOS ANDES BOLIVIANOS En la Sede de la CAF en Caracas, desde el miércoles 9 de marzo, se exhibe una muestra de pinturas que reflejan geografía, creencias, costumbres, mitos y ritos originarios de las alturas del altiplano. a Corporación Andina de Fomento (CAF) y la Embajada de Bolivia en Venezuela han inaugurado en la sede del ente financiero multilateral, en Caracas, la exposición Lo Sagrado y lo Mágico de los Andes Bolivianos, con muestras de la obra de Roberto Mamani Mamani, importante artista boliviano, de ascendencia aymara y quechua, quien inicia un estilo particular de colorear paisajes, personajes y motivos de la naturaleza que lo rodea. “La CAF se siente complacida de iniciar la conmemoración de su trigésimo quinto aniversario con una fiesta multicolor, expresando la fuerza que fluye a través de la cordillera andina y

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que une a sus pueblos como una cadena donde existe -en un sincretismo de imágenes y matices- una profunda integración cultural” declaró Enrique García, presidente ejecutivo de la CAF, agregando que “acciones como esta forman parte de las actividades de la Institución en torno a la contribución por una agenda de desarrollo humano en los países miembros de la CAF, basada en la valorización de la cultura”. Por su parte, el embajador de Bolivia en Venezuela, Rene Recacochea Salinas, indicó “es un grato honor para la Embajada que represento exponer al publico venezolano a uno de los representantes más destacados de la pintura boliviana contemporánea, el maestro Mamani Mamani”. “Su obra, además de su enorme valor pictórico, constituye una sólida defensa de nuestra cultura ancestral, a través de la colorida imaginación de este aymara-quechua que muestra pueblos, m'hamas, w'awas, caballos, lunas y soles, en colores intensos como los aguayos andinos”,

añadió. Cabe destacar que la muestra estará acompañada en esta ocasión por la presentación de obras de dos artistas que han desarrollado sus propias riquezas creativas dentro de esta tendencia: Judith Campos Ordóñez y Gustavo Ayala López, quienes han sido invitados a participar en esta exposición constituida por imágenes cromáticas, gesto de una generosa ofrenda que la magia boliviana brinda al público caraqueño para enriquecer su itinerario cultural. Inspirado en sus días de infancia Mamani Mamani, que no supo de otra escuela que la suya, tuvo como fuente de inspiración las tradiciones de su pueblo, sus rituales, los intensos colores del altiplano. Nace en Cochabamba, Bolivia, en 1962, pasa su infancia entre Cochabamba, Oruro y La Paz. AI terminar bachillerato, inicia estudios de Agronomía y Derecho en la Universidad Mayor de San Andrés, los cuales abandonó por razones económicas, dedicándose al trabajo y a su pasión por

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el dibujo y la pintura que desarrolla de manera autodidacta. Considera que sus estudios superiores fueron los talleres de su cultura, las tradiciones de su pueblo, sus rituales, sus comidas, sus bailes, la experiencia vital y diaria de poder expresar algo. Desde 1995 inicia su actividad creativa no sólo en Bolivia sino en países como Alemania, Francia, Holanda y Estados Unidos. Ha obtenido numerosos premios y distinciones, entre los que destacan: Primer premio en fotografía; Día Mundial de la Población Naciones Unidas; Primer premio en dibujo, Salón Pedro Domingo Murillo; Elegido entre los ganadores del concurso Los Arcángeles, Galería Arte Único; Finalista en la Bienal de Arte Sacra, Buenos Aires, Argentina; Invitado Especial en la Octava Conferencia de las Primeras Damas de las Américas, Chile e Invitado especial del Festival Présence Autochtone en Canadá. Por otro lado, con respecto a los artistas que acompañan esta representación del arte boliviano: Judith Campos Ordóñez nace en Sucre en 1961, reside en Cochabamba y desde 1998 inicia su

Quién es Quién Marco Dini, Consulente della Comisión Económica Para America Latina (CEPAL) delle Nazioni Unite.

Thierry Doornaert, Mutualitè Saint Michelle, Bruxelles.

Renato G. Flôres Jr, Professore presso l’ EPGE / Fundação Getulio Vargas, Rio de Janeiro, Brasile

Pierre Galant, Senatore belga Consigliere per la cooperazione presso l’Università di Bruxelles Rosa María Jijón,

Artista ecuadoriana e docente universitaria a Roma.

Antonio Leone Durante, Coordinatore del Programma Sviluppo e Competitività della Segreteria generale

actividad artística realizando estudios en el Taller de Pintura. A partir de 1999 comienza a exponer en individuales y colectivas, donde obtienes diversos galardones y Gustavo Ayala López nace en Potosí y reside actualmente en Sucre, realizó estudios en la Escuela de Aplicación de las Artes Plásticas dependiente de la Normal Mariscal de Ayacucho y ha participado en numerosas exposiciones colectivas e individuales en varias ciudades de Bolivia y en Alemania. La Corporación Andina de Fomento (CAF) es una institución financiera multilateral cuya misión es apoyar el desarrollo sostenible de sus países accionistas y la integración regional. Está conformada actualmente por 17 países de América Latina y el Caribe. Sus accionistas son Argentina, Bolivia, Brasil, Costa Rica, Colombia, Chile, Ecuador, España, Jamaica, México, Panamá, Paraguay, Perú,

República Dominicana, Trinidad & Tobago, Uruguay y Venezuela, así como 16 bancos privados de la región andina. Con sede en Caracas, Venezuela, la CAF cuenta con Oficinas de Representación en La Paz, Brasilia, Bogotá, Quito y Lima. Para mayor información visite la página www.caf.com

della Comunità Andina.

Tancredi Tarantino, Giornalista

Roberto Mamani,

Artista autodi-

datta boliviano.

Francisco Pareja Cucalón, Economista ecuadoriano, funzionario della Comunità Andina nel 1991-1993 e a partire dal 2001 Coordinatore della Agenda Sociale Andina e Segretariato Generale della Comunità Andina.

José Ribero,

Responsabile del coordinamento di programmi collegati al settore imprenditoriale presso la Segreteria generale della Comunità Andina.

Rosario Santa Gadea Dottore in Economia Internazionale - Università di Parigi Fellow 95/96 del Centro di Studi Internazionali di Harvard. Già coordinatrice IIRSA per il ministero degli affari esteri peruviano.

italiano, attualmente in Ecuador, ha curato diversi dossier sulla America Latina e sulle politiche neoliberiste della Banca Mondiale.

Victor Uckmar, Avvocato italiano, Emerito professore di Diritto Tributario, Presidente della Sociedad Italia - Argentina, Vice Presidente della sezione italiana della Camera di Commercio Internazionale, e membro del comitato scientifico del Cefial.


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