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Edizione Italiana — I - 2006
FOCUS: Investire in Messico Andino Dossier: SPG Andino Il nuovo tesoro del Perù
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COPRIRE PER POSSEDERE E CONOSCERE PER COSTRUIRE. Due opzioni di fronte ad una differente cultura. La seconda è quella che crea lo sviluppo. Il conoscere porta ad investire: si dà e si riceve. In Europa vi sono istituti che lavorano con l’America latina in Francia, Germania, Olanda e Spagna. Vi si insegna la lingua, la cultura, l’economia, i processi d’integrazione, i rapporti tra l’Ue e l’America latina, dove gli esperti ed i docenti appartengono ad entrambe le aree, si crea un’unione di conoscenze. Esiste un’interrelazione virtuosa e benefica. Soprattutto, se forma una gioventù che parteciperà ad ambedue le economie. Questa riflessione è conseguenza di due situazioni: in un certo periodo l’Università Bocconi ha creato un corso che comprendeva questi temi, partecipavano esperti e diplomatici latinoamericani assieme agli italiani. Molti giovani che seguirono questi corsi lavorano sull’America Latina in diverse istituzioni lombarde e nell’Ue. Altra situazione è il recente accordo d’importanti atenei italiani con la Cina, è vero che l’America latina non è di moda. Ma l’Italia deve arrivare sempre dopo che lo hanno fatto gli altri? Lo stesso vale per il Canton Ticino? La nostra intenzione è che ciò non succeda, desideriamo fornire elementi a quanti intendono partecipare in un processo di trasformazione economica in una regione più vicina alla cultura europea, aperta a tutti i mercati, e che offre prodotti a livello mondiale, lavorare, dall’America latina, con il mondo, inclusa la Cina ed anche con l’India. In questo numero offriamo un’interessante analisi del prof. Sacerdoti; poi lo stato dell’arte nella posizione dei paesi latinoamericani nell’appena concluso Round OMC, spiegato dal Direttore generale aggiunto dell’Omc, l’ambasciatore cileno Alejandro Jara; il messaggio dell’ambasciatore Allan Wagner, in occasione della visita del Direttore dell’Omc Pascal Lamy alla sede della CAN a Lima. Klaus Bodemer dalla Germania ci svela il fantasma che percorre l’America Latina. Il nostro FOCUS è dedicato al Messico. Come aprirvi un’impresa? Come investire? Quali sono i suoi rapporti con l’Ue? Il nostro Dossier si basa sul regolamento comunitario sul sistema generale di preferenze e sulle potenzialità che presenta, dal punto di vista degli investimenti e del commercio, nei casi di Colombia e Perù. Analizziamo poi i progetti d’investimenti che sono in corso in Perù e Fiorina Mugione che dall’UNCTAD presenta il nuovo tesoro del Perù. La visione di una politica italiana-europea dell’On. Muscardini sui negoziati tra le due aree. Desideriamo far conoscere un passo importante che l’Italia ha realizzato mediante l’accordo tra il MAE e la CAF. Iniziamo poi la nostra rubrica Turismo culturale, con il Messico e la realizzazione di un progetto comune di una poetessa italiana e un pittore argentino. Non siamo di Moda, però quasi sempre facciamo la Moda… speriamo che gli italiani e gli svizzeri ci accompagnino. Facciamo la Moda. Sono benvenuti. Cordialmente,
Isabel Recavarren Distribuzione Contattare il CEFIAL scrivendo a: richieste@cefial-rivista.org oppure visitando il sito www.cefial.org
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DALL’ITALIA I distretti industriali Italiani come strumento di cooperazione internazionale ATTUALITÀ L’America Latina e il Doha round Cooperazione rafforzata tra OMC e CAN Un fantasma percorre l’America Latina MICRO-MACRO FOCUS Come avviare un’impresa in Messico Un’opportunità di sviluppo economico politico e di cooperazione Investire in Messico DOSSIER Il Sistema di preferenze generalizzato e i paesi Andini Benefici per chi esporta dalla Colombia Opportunità commerciale d’investimento con il Perù INVESTIMENTI Perù: un paese in crescita accelerata Il nuovo tesoro del Perù La microfinanza: risultati e sfide RAPPORTI UE-AL Negoziato Unione Europea-America Latina Italia-CAF: sottoscritto un accordo di cooperazione
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TURISMO CULTURALE Messico: La via dell’argento
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CULTURA L’addio sarà lunghissimo
Edizione Italiana — N° 2 Bimestrale / settembre-ottobre 2005 Direttore: Isabel Recavarren Malpartida isabel.recavarren@cefial.org Vicedirettore: Luz Stella García Ocampo. Comitato di Redazione: CEFIAL - SEDIF Impostazione Grafica: Nino Petriliggieri & Sedif asbl Fotografie: fornite dagli autori Foto di Copertina: Plaza de las tres culturas - Ciudad de México Oscar Ruiz Regia Pubblicitaria: info@cefial-rivista.org Stampa: Intergrafica Verona s.r.l. Distribuzione: richieste@cefial-rivista.org Registrazione al Tribunale di Milano n. 351 del 9 maggio 2005 Sito web www.cefial-rivista.org Gli articoli pubblicati su PANORAMICA latinoamericana sono sotto la responsabilità degli autori e non impegnano in alcun modo la redazione.
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I DISTRETTI INDUSTRIALI ITALIANI COME STRUMENTO DI COOPERAZIONE INTERNAZIONALE di Giorgio Sacerdoti distretti industriali sono una caratteristica peculiare della realtà produttiva italiana. L’ISTAT li definisce come contesti produttivi omogenei, con presenza di una elevata concentrazione di imprese, prevalentemente di piccole dimensioni, nonché dalla specializzazione produttiva in un determinato settore. L’Italia presenta un numero molto elevato di questi distretti (l’ISTAT ne ha individuati 156); in essi si è sviluppata la tipica tendenza del tessuto produttivo italiano che si concentra sulle piccole e medie imprese, che rappresentano rispettivamente il 55% e 27 % del totale delle imprese del nostro paese, mente sono pochissimi i grandi gruppi nazionali. In termini di occupati diretti e di indotto i distretti hanno una grandissima rilevanza nell’economia italiana e in particolare nel commercio estero. Basti dire che nel 2001 lavoravano nei distretti quasi cinque milioni di persone, cioè un quarto degli occupati dell’intero Paese, addirittura il 40% degli occupati nel settore manifatturiero italiano. Le aziende localizzate in questi distretti erano oltre un milione, circa un quarto del totale italiano. I distretti sono tipici sotto vari punti di vista: sono espressione dello sviluppo quasi spontaneo della industrializzazione italiana, che affonda in reti famigliari e di territorio omogeneo pur raggiungendo punte di eccellenza. Tipica è anche la localizzazione dei distretti in zone lontane dalle grandi città e di provincia da Prato a Biella (tessile), dal Friuli (occhiali) al bresciano e alla bergamasca (meccanica), dall’Emilia ( alimentare ma anche piastrelle) alle Marche (arredo). Sono indice di una forte cooperazione tra aziende affini, complementari ma anche concorrenti, modello questo singolare in un mondo dove la concorrenza si fa invece sempre più accesa. Soprattutto sono espressione tipica del "made in Italy": quasi il 65% degli addetti manifatturieri italiani si concentrano nel abbigliamento-moda, arredo-casa, automazione-meccanica, agro-alimentare. I distretti contribuiscono all’export italiano di prodotti manufatti e trasformati per il 46%, con punte superiori al 65% in settori tipici dei distretti come il tessile-abbigliamento, pelli calzature, gioielli e mobili. Non stupisce quindi che la legislazione più recente, in particolare sul piano promozionale e delle agevolazioni. La legge finanziaria n.266 del 2005 prevede particolari facilitazioni fiscali per le imprese localizzate in singoli distretti
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come gruppo, e leggi di sostegno sono state emanate di recente dalle regioni più interessate. Ma quale è la problematica specifica del commercio estero e in quale senso si può individuare un contributo dei distretti alla cooperazione internazionale? Da un lato la specializzazione produttiva dei distretti nei settori tradizionali del «made in Italy» e le piccole dimensioni di molte imprese li espone direttamente alla concorrenza dei paesi emergenti più dinamici, in particolare della Cina. Dall’altro lato la vocazione esportatrice sembra rendere difficile una espansione produttiva all’estero di queste imprese, considerate anche le loro modeste dimensioni individuali. Recenti analisi sembrano però smentire la prima preoccupazione. I distretti sono leader nei rispettivi settori e comprendono poli di eccellenza, caratterizzati da high-tech. L’export distrettuale dopo il 2000 è rimasto stabile ed alcuni settori sono addirittura cresciuti evidenziando aree di buona competitività. Il nuovo quadro della competizione globale pone peraltro ai distretti delle esigenze di ripensamento delle strategie. Si tratta di rafforzarsi come struttura, cooperativa e consorziale, per superare le piccole dimensioni individuali. Valorizzare il ruolo trainante delle aziende leader, considerare la delocalizzazione e il decentramento produttivo non come una fuga dalla realtà locale dove esse sono radicate, ma quale progresso verso una articolazione più adatta all’attuale contesto internazionale. In questa direzione sono stati fatti molti passi. Un recente insediamento a Minas Gerais in Brasile di un distretto del legno arredamento segnala l’interesse di portare il kow how e la tecnologia italiana in paesi lontani per coltivare il mercato locale, coniugando l’apporto italiano ai fattori produttivi e di lavoro del paese di insediamento. Per quanto riguarda proprio l’America Latina vanno considerati gli sviluppi delle relazioni commerciali e gli scenari dell’economia mondiale. Il punto di partenza è l’esame delle prospettive incerte del Doha Round dopo il vertice di Hong Kong. Il negoziato multilaterale ha come obiettivi da un lato l’apertura all’export agricolo dei paesi in via di sviluppo dei mercati dei paesi industrializzati tramite la riduzione dei sussidi forniti da questi ultimi. Dall’altro lato dovrebbero diminuire le barriere dei maggiori paesi emergenti all’export dei paesi industrializzati, prospettiva quest’ ultima di particolare importanza per i distretti italiani.
Le difficoltà negoziali sul piano multilaterale stanno però mettendo in primo piano scenari alternativi e strategie diverse. Anzitutto permane un interesse all’investimento diretto all’estero per entrare in mercati ancora abbastanza protetti con produzioni in loco, specie quando si tratti di prodotti a non alta tecnologia dove i minori costi locali hanno una importanza decisiva. Per le produzioni italiane di distretto, che incorporano spesso la rinomanza dell’immagine dell’Italia e del made in Italy ormai affermata presso i consumatori di tutto il mondo, questa strategia presenta un interesse particolare. Il secondo profilo è quello del regionalismo e del bilateralismo economico. Anche l’America Latina partecipa in prima linea a questi due sviluppi. Da un lato c’è il Mercosur, che è una realtà nonostante le difficoltà istituzionali e la permanenza di barriere al commercio interno della zona. Dall’altro lato vi è la politica dinamica degli Stati Uniti di concludere accordi bilaterali di libero scambio, così con i paesi del Centro America e con vari paesi andini. Questi accordi favoriscono l’export reciproco, in particolare quello sud- nord, ma a condizioni molto specifiche per quello che concerne le regole d’origine. Se i paesi che concludono questi accordi con gli USA vogliono diversificare le loro produzioni nell’ottica dell’ export verso il mercato americano, l’apporto dei distretti italiani potrebbe essere interessante. Nello stesso tempo a certi distretti e certe loro produzioni potrebbero aprirsi nuove possibilità e nuovi mercati, non solo quelli di insediamento diretto ma addirittura quello americano. In questo modo nuove opportunità industriali e commerciali favorite dall’assetto degli scambi mondiali potrebbero convertirsi in strumento di cooperazione allo sviluppo anche per paesi apparentemente di per se più marginali.
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L’AMERICA LATINA E IL DOHA ROUND di Alejandro Jara all’inizio degli anni ’90 i paesi dell’America latina hanno liberalizzato il commercio sia in modo unilaterale sia come forma negoziata con accordi di libero commercio bilaterali o plurilaterali. La lista di questi accordi è lunga. Dal Messico al Cile non vi un paese che non ne abbia sottoscritto almeno uno. Tale apertura nella regione non ha precedenti nella storia. Inoltre, a differenza del passato i passi indietro sono stati pochi e nella maggior parte transitori. Vi è maggior rispetto per gli obblighi assunti. La qualità e portata delle disposizioni legali in questi trattati è diversa, questi hanno una base negli accordi OMC dell’Uruguay Round. Inoltre e a seguito della tendenza ad ampliare gli accordi commerciali degli ultimi 20 anni, la liberalizzazione ha riguardato anche i servizi e gli investimenti, mentre alcuni paesi della regione hanno incluso capitoli con impegni in tali ambiti nei propri accordi commerciali. In alcuni accordi vi sono importanti capitoli sulla proprietà intellettuale che vanno oltre gli obblighi dell’ ADPIC, come gli acquisti governativi, trasporti aerei, questioni del lavoro e ambientali, ed altre materie. Infine si può sottolineare che vari paesi della regione hanno negoziato o sono in via di negoziare accordi similari con paesi e gruppi di paesi dell’America del Nord (Canada e Usa), Europa (UE e Efta), Asia (Giappone, Corea, Cina, Tailandia, India, Singapore, Brunei) e Oceania (Nuova Zelanda). L’Africa è stata assente da tale processo, ma vi sono iniziative avviate con il Sud Africa e alcuni paesi dell’Africa del nord. Pertanto lo sforzo di integrazione ha agito come un diffusore delle liberalizzazioni in altre regioni del mondo. Questa breve descrizione della realtà regionale dimostra che (i) vi sono interessi per liberalizzare le economie, unilateralmente in forma reciproca o contrattuale, (ii) vi è l’appoggio imprenditoriale, delle associazioni e politico a questi sforzi, (iii) è più accettata la concorrenza estera (o genera meno timore). Vi sono divergenze circa i soci con i quali realizzare accordi o sulla forma degli stessi. Per esempio la formazione di unioni doganali in vari gruppi ha sofferto erosioni perché alcuni membri hanno firmato accordi con paesi terzi. La forma più flessibile, che consiste in aree di libero commercio ha presentato meno problemi, anche se il fatto di aver bisogno di regole d’origine può causare distorsioni e aumentare i costi delle transazioni. Tuttavia tale processo di liberalizzazione e integrazione non è stato del tutto completo. Uno dei principali scogli si trova nel commercio dei prodotti agricoli. Vi è una forte resistenza dei produttori all’apertura dei mercati perché si tratta di settori nei quali vi sono grandi distorsioni nei mercati internazionali, come conseguenza delle politiche di sostegno di vari paesi industriali. Aprire i mercati per importare distorsioni è certamente una proposta rischiosa sia economicamente che politicamente. La soluzione si può trovare solo a livello multilaterale, ossia tramite negoziati commerciali con l’OMC. Lo stesso si sostiene riguardo ad altri aspetti della politica commerciali, ad esempio, come evitare abusi con l’applicazioni di dazi antidumping. Vi è una grande preoccupazione che i sussidi all’attività della pesca possano indurre una sovra-esportazione di risorse, in particolare quelle che si trovano in alto mare. Solo nell’OMC tali problemi potranno essere affrontati in modo globale. Inoltre solo nell’OMC si genera un punto di incontro con altri paesi, indipendentemente dal loro livello di sviluppo, con i quali si possono costituire coalizioni che rafforzano la capacità di negoziazione dei governi quando si tratta di negoziare le regole e accesso ai mercati. Aprire le economie unilateralmente o tramite accordi preferenziali permette di procedere in modo più rapido e profondo di quanto non si possa fare con i negoziati multilaterali dell’OMC. Una via non si contrappone all’altra dal momento che rispondono a imperativi politici ed economici differenti. Nonostante ciò è praticamente impossibile fare in dieci o quindi anni accordi con tutti i paesi. Inoltre nella letteratura vi è evidenza che l’apertura con una scala in-
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feriore porta con sé costi e distorsioni (salvo quando si tratti di un’integrazione profonda come quella dell’UE), per via di un’allocazione sub-ottimale delle risorse e di deviazioni commerciali. Anche se vi sono paesi che non sono membri dell’OMC, la sua composizione è delle più aperte che si possano immaginare. Vi sono 29 paesi i cui negoziati di adesione si trovano in differenti stadi di avanzamento. Se queste si concretassero l’OMC vanterebbe 179 membri. Pertanto ogni progresso nella liberalizzazione dei mercati su scala multilaterale, anche se non è tanto profonda o rapida come quelle bilaterali, è un guadagno netto in termini di maggior efficienza e minori costi di transazione. I negoziati del Doha Round (denominato anche Agenda di Doha per lo sviluppo) hanno avuto degli alti e dei bassi. Gli ambiziosi obiettivi stabiliti nel novembre 2001 sono pienamente congruenti con gli sforzi di liberalizzazione dell’America Latina e con la necessità di risolvere i problemi delle distorsioni agricole e del miglioramento delle regole e della disciplina dell’OMC. Trovare un pacchetto equilibrato che tutti percepiscano come un beneficio è un processo complesso e delicato, che può anche cambiare fisionomia con l’andare del tempo. Tutti i partecipanti hanno riconosciuto che l’agricoltura ha un ruolo centrale in questi negoziati e che i maggiori problemi e sensibilità si trovano in questa sfera. Non è mai facile, dal punto di vista economico e politico, tagliare un flusso di molti soldi, a pochi. Ma deve essere fatto con i tempi e gli strumenti adeguati, altrimenti nulla, delle rimanenti parti dell’agenda andrà avanti, includendovi la liberalizzazione dei mercati dei prodotti non agricoli e i servizi. Nonostante i contrattempi e le difficoltà, l’Agenda di Doha è andata avanti. Sul piano tecnico i governi si stanno familiarizzando con gli strumenti di politica commerciale che possono essere usati per ottenere gli obiettivi. Dal punto di vista del processo si è ottenuto un alto grado di trasparenza e partecipazione. Ora è il momento delle decisioni politiche. Fino a dove e in quali tempi i governi sono disposti ad approfondire la riforma agricola, aprire i mercati per i beni industriali, consolidare l’apertura nei servizi, migliorare le regole e la disciplina antidumping e i sussidi alla pesca? Per limitarsi a menzionare alcuni dei settori più importanti. La riunione ministeriale dell’OMC celebrata ad Hong Kong nel Dicembre scorso è stato un momento importante per fare un piccolo, ma decisivo passo innanzi, con l’obiettivo di concludere i negoziati per la fine del 2006. Ovviamente le decisioni finali, quelle giuridicamente vincolanti, saranno adottate solo alla fine del processo. Sono, infatti, state definite questioni centrali che facilitano l’avanzare in tutte le aree. E’ di gran rilievo l’aver stabilito che, al più tardi nel 2013, saranno eliminati tutti i sussidi all’esportazione dei prodotti agricoli. Alcuni diranno che l’UE li avrebbe, comunque, eliminati come parte della sua riforma della Pac, ma una decisione nell’OMC da sicurezza giuridica. Inoltre bisogna sottolineare che ciò ha influenza sui sussidi ed altri appoggi alle esportazione che altri paesi concedono. I paesi dell’America Latina, così come altre regioni in sviluppo, devono accrescere la propria partecipazione ai negoziati dell’Agenda di Doha. Rimangono pochi mesi per la sua conclusione e non vi è la sicurezza che si possa presentare altra opportunità multilaterale di liberalizzazione e migliorare le regole per vari anni. I benefici possibili sono grandi ed hanno un impatto diretto sulla crescita del settore esterno e la competitività delle economie. Ciò si vincola con l’impegno a sradicare la povertà. I costi dell’aggiustamento possibile possono essere moderati con periodi di transizione più lunghi e altre condizioni che diano ai paesi in sviluppo maggiore flessibilità e margini di manovra.
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COOPERAZIONE RAFFORZATA TRA L’OMC E LA COMUNITÀ ANDINA di Allan Wagner Tizón Intervento del Segretario Generale della Comunità Andina Allan Wagner Tizón in occasione della visita ufficiale del Direttore Generale dell’Organizzazione Mondiale del Commercio, Dr. Pascal Lamy. ei visita questa casa dell’integrazione Andina in un momento di profonde trasformazioni politiche ed economiche nella regione che sono portatrici di speranze per la nostra popolazione e, allo stesso tempo, rivalorizzano il ruolo del nostro progetto comunitario. Nel mezzo di complesse transizioni nazionali e in un contesto di dibattiti pluralistici sulla miglior forma si sostenere lo sviluppo. L’equità sociale e l’inserimento internazionale dei nostri paesi, che frequentemente risultano di difficile comprensione al di fuori della nostra regione, l’integrazione Andina cerca di arricchire i suoi approcci e azioni per rispondere meglio a queste necessità e sfide dei nostri paesi membri. Il fatto che nel 2005 abbiamo ottenuto una cifra storica nell’interscambio comunitario, vicino ai 9 miliardi di dollari, secondo le nostre stime più recenti, ci rivela la crescente importanza che il mercato ampliato ha per tutti i nostri paesi, come conseguenza della notevole componente di valore aggiunto che questo intercambio possiede ed il suo impatto visibile sull’occupazione e l’espansione delle piccole e medie imprese nella subregione. L’importante crescita delle esportazioni comunitarie al resto del mondo, che ha pure raggiunto una cifra record, superiore a 90 miliardi di dollari, conferma che l’integrazione Andina si comporta come una strategia complementare, non come un’opzione che esclude, che vincola i nostri paesi con altri soci regionali e con i mercati mondiali. Tuttavia è necessario riconoscere che è ancora possibile ampliare la «massa critica» del nostro interscambio andino, incorporando un campo ancora insufficientemente esplorato in materia di servizi e nuovi prodotti manifatturati, così come superando le barriere e le mancanze strutturali, con le quali si misura il nostro modello di specializzazione verso il mercato mondiale, che ancora si incentra sui prodotti di base. Queste tendenze rendono necessario concretizzare una relazione virtuosa, che non ci è risultata possibile, tra il commercio e lo sviluppo, nella quale non solo è in gioco il ruolo del multilateralismo, ma anche la legittimità stessa dell’attuale processo di mondializzazione. La VI Conferenza Ministeriale dell’OMC, che
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si è realizzata a Hong Kong, ha permesso mantenere il ritmo dei negoziati mondiali e preservare l’ottimismo, con l’obiettivo di ottenere i benefici di questa “relazione virtuosa” per i paesi in sviluppo. Di fatto, l’accordo previo, raggiunto sulla proprietà intellettuale, per il fatto di concedere flessibilità nell’uso di medicinali in determinate situazioni, indica quanto si può fare per migliorare le condizioni d’accesso della popolazione alla salute. Al medesimo tempo un risultato significativo della Conferenza Ministeriale di Hong Kong è stato quello di stabilire l’anno 2013 come data limite dell’impegno di eliminare i sussidi all’esportazione dei beni agricoli, con la condizione che si definiscano le “modalità piene” in materia di accesso ai mercati. Non meno importante è l’impegno sui sussidi all’esportazione di cotone nel 2006. Questi sono passi iniziali verso il grande obiettivo dell’“agenda per lo sviluppo”, definita, quando è stata lanciato il Doha Round. Però tutti conveniamo che la via da seguire è ancora complessa e richiede una grande dosi di volontà politica multilaterale per la conclusione dei negoziati, specialmente da parte dei paesi industriali. Come tutti sappiamo gli obiettivi iniziali della Conferenza Ministeriale erano più ambiziosi, tuttavia alcune delle decisioni più delicate sono state rinviate, in alcuni casi per via della complessità politica, in altri per via delle difficoltà tecniche della loro approvazione. Tuttavia è stato mantenuto l’impegno di avanzare nell’immediato futuro, definendo un piano di lavoro per il 2006. Desidero sottolineare in questo contesto lo sforzo, signor Lamy, che Lei ha realizzato alla guida dell’OMC, nel breve periodo della Sua presidenza, per preservare l’impegno dei principali attori del processo di negoziazione e soprattutto il suo contributo per infondere fiducia nella rapida conclusione del Doha Round. I paesi della Comunità Andina sono stati attori importanti nell’elaborazione dei testi preliminari presentati alla Conferenza Ministeriale di Hong Kong e hanno espresso la loro voce durante lo sviluppo della stessa, tramite dichiarazioni che formano parte dell’acervo politico, appoggiando un maggior progresso e profondità degli impegni. La presenza in quella riunione di voci dei nostri paesi, sia
quelli ufficiali sia di altri oggi presenti in questa riunione straordinaria della Commissione, mi esime dall’abbondare sugli argomenti che già sono stati sottoposti alla considerazione di quell’importante Conferenza Ministeriale. Nonostante ciò ci attendono ingenti responsabilità e compiti nei prossimi anni per garantire che 320 milioni di persone escano dalla povertà entro il 2015, secondo le stime dell’OMC, se vogliamo puntare con volontà ed efficacia su questa associazione virtuosa tra commercio e sviluppo. Ciò suppone, di conseguenza, un programma di lavoro di maggior respiro, orientato a smantellare la protezione e i sussidi agricoli da parte dei paesi con alto reddito, e ridurre gli ostacoli al commercio che ancora esistono nel settore manifatturiero (specialmente tessile e abbigliamento) e a liberalizzare i servizi, ma lasciando spazio per le politiche pubbliche. Tuttavia anche orientato alla completa liberalizzazione del commercio dei prodotti tropicali e prodotti di particolare importanza per la sostituzione delle coltivazioni illecite nella lotta mondiale contro la droga; per garantire l’equa distribuzione dei benefici dello sfruttamento sostenibile e della diversità biologica e la corresponsione alle conoscenze tradizionali dei nostri popoli indigeni nell’uso della biodiversità; ad offrire appoggio alla competitività dei paesi in sviluppo su temi tanto diversi come porti, trasporti interni, telecomunicazioni, formazione dei lavoratori, ecc; e convertire le esportazioni delle Pmi nel motore di uno sviluppo con inclusione sociale per i nostri paesi. Il 2006 sarà l’anno in cui il Doha Round arriverà a conclusione, per tale motivo la OMC dovrà consolidarsi come lo spazio multilaterale per eccellenza che ci permetterà l’adozione di un quadro adeguato di medio termine per avanzare in quanto rimane dell’agenda dello sviluppo, nella prospettiva che il commercio si dia la mano con l’equità sociale e la governabilità democratica. Siamo coscienti che queste decisioni esigeranno un capitale politico importante, nel quale i paesi della Comunità Andina sono disposti a investire. Conti, signor Lamy, con il nostro appoggio sincero in quest’audace progetto che Lei ha avviato. TESTO DELLA FOTO: LIBRO DEI VISITANTI ALLA CAN Grazie per quest’opportunità di scambiare punti di vista sui temi multilaterali che, io so, sono centrali per la Comunità Andina. La vostra integrazione regionale e i nostri sforzi per ottenere regole più giuste per il commercio mondiale sono due aspetti con uno stesso obiettivo: collocare lo sviluppo dell’interscambio commerciale al servizio del progresso sociale. Abbiamo molto da fare e cercheremo di farlo insieme. Pascal Lamy
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UN FANTASMA PERCORRE L’AMERICA LATINA: LA SINISTRA di Klaus Bodemer al Cile, passando per Argentina, Cile, Brasile, sino alla Bolivia e Venezuela e (forse tra poco) Nicaragua, Perù e Messico, politici, imprenditori, giornalisti ed analisti sono sempre più preoccupati, sia negli Stati Uniti che in Europa, che in America Latina possano avviarsi avventure, dai rischi non calcolabili, di governi di sinistra. Sono realmente giustificate tante preoccupazioni? Un semplice sguardo alla mappa politica e ai fatti politici degli ultimi anni nei paesi a sud del Rio Grande, ci dice altro e sottolinea, ancora una volta, che le interpretazioni semplicistiche e basate su categorie come «destra» e «sinistra», utilizzate dai politologi per analizzare, in primo luogo, i sistemi dei partiti ed i processi politici nel Nord, servono poco per comprendere quanto succede in America Latina. Ciò per vari motivi. Guardiamo all’aspetto ideologico-politico e al comportamento reale dei governi di sinistra attualmente al potere. Vediamo due personaggi che segnano l’ampiezza di tale spettro: Ricardo Lagos in Cile e Hugo Chavez in Venezuela. Lagos, un socialdemocratico moderato e pragmatico, ha diretto con successo una coalizione di centro-sinistra, la Concertazione, che governa il paese dalla fine della dittatura militare. Il suo successore, la socialista Michelle Bachelet, ha vinto recentemente il ballottaggio con una maggioranza assoluta e dirige una coalizione di quattro partiti, il che l’obbligherà a compromessi con il centro-destra. Come i suoi predecessori alla presidenza, Bachelet si identifica con una linea di politica macroeconomica, focalizzata alla crescita, all’economia di mercato, disciplina fiscale, libero commercio e politica sociale attiva. Vi sono indizi per i quali Bachelet darà a quest’ultima una maggior priorità rispetto al governo anteriore. Il paese vicino l’Argentina è governato da Ernesto Kirchner, anche lui un pragmatico di centro sinistra, per il suo temperamento e i suoi discorsi «a pendolo», un po’ meno prevedibile che non i suoi omologhi cileni. È radicato nel Partido Justicialista, che è più un movimento che non un partito in senso stretto, altamente clientelare, che sfugge a ogni schema destra-sinistra. Nonostante che il suo discorso sia a volte nazional-populista, e i suoi sporadici ammiccamenti a Chavez, Kirchner ha praticato una politica audace (nell’area dei diritti umani e nelle questioni militari) e altamente pragmatica. E’ riuscito a far uscire il paese dal disastro economico, ha conseguito una traiettoria di crescita notevole, (tra il 6% ed il 9%), anche se non ha avuto tanto successo nel campo del debito sociale accumulato, del mercato
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del lavoro e della pubblica sicurezza, che sono poi le aree politiche che occupano i primi posti nelle preoccupazioni e percezioni degli argentini. Lo stesso può dirsi di «Lula» de Silva in Brasile e Tabarez Vasquez in Uruguay. Entrambi politici del partito socialista (Frente Amplio e PTB) si sono spostati negli scorsi anni verso uno stile semi-populista, ma una volta al governo, tuttavia, hanno seguito una linea pragmatica, cercando con successo (anche se modesto) di conciliare una politica macroeconomica ortodossa con una politica sociale attiva e l’inserimento nell’economia mondiale, oscillando, metaforicamente, tra Davos e Porto Alegre. Anche il fatto che entrambi abbiano collocato nei posti chiave del governo (economia e finanze, banca centrale) persone con elevata competenza, esprime la loro politica pragmatica e prevedibile. A questo gruppo di presidenti di tipo «rosa» (al quale appartengono anche i presidenti di Panama e Repubblica Dominicana) possiamo contrapporre un secondo gruppo, ideologicamente più pronunciato, più «rosso», per lo meno nei suoi discorsi. Vi appartengono Fidel Castro, Hugo Chavez e il presidente recentemente eletto della Bolivia Evo Morales. Ma anche alcuni movimenti della società civile, quali i piqueteros in Argentina, il Movimento Sem Terra in Brasile, ed inoltre il FMLN in El Salvador e il FSLN in Nicaragua, per finire con il MAS in Bolivia come rappresentazione della popolazione indigena. Se nella maratone delle elezioni di quest’anno, dieci elezioni presidenziali e sei parlamentari, in Messico il candidato Andrés Manuel López Obrador (PRD) e in Nicaragua Daniel Ortega (FSLN) vinceranno, non meno dell’80% della popolazione latinoamericana sarà governata dalla sinistra. Di fronte a questo fenomeno politico, realmente spettacolare, viene da farsi la domanda del perché tanti votanti decidono, in questi tempi, candidati che preferiscono un discorso nazionalista, anti-imperialista, anti-partitico, populista e anti-nordamericano (è il caso di Chavez), etno-nazionalista (è il caso di Evo Morales) e etno-cacerista (il caso di Ollanda Humala in Perù)? Perché i partiti politici tradizionali di tipo europeo hanno fallito e hanno perso la loro reputazione con l’elettorato? Le cause dell’auge dei governi «rossi», sarebbe a dire del secondo gruppo menzionato, sono molteplici, hanno a vedere molto più con il fallimento delle ricette dei governi anteriori, con le loro pratiche clientelari, con l’endemica corruzione, piuttosto che con il favore verso le ideologie, a volte molto cru-
de, di una sinistra il cui denominatore comune (a lungo termine pericoloso) è il suo affetto anti-istituzionale e anti-partitico. A un disoccupato di un quartiere povero della Gran Buenos Aires, a una donna di servizio dell’interno del Brasile e ad una indigena nell’Altopiano non interessa né il vocabolario dei discorsi del presidente, né le loro (virtuali o reali) alleanze con i protagonisti politici (virtuali o reali) di una frazione anti-Yankee o anti-imperialista, ma l’output concreto dei propri rappresentanti - governo, partiti politici, deputati e senatori – nella propria vita quotidiana. Ciò che conta è, oltre alla legittimità elettorale, (che è un grande progresso dopo anni di dittature) è la legittimità di fatto, nella terminologia dei politologi, la capacità di gestione dei governi e i loro risultati misurabili. Visto da questa prospettiva l’elettorato si è comportato negli anni recenti in forma più matura di quanto alcuni analisti non facciano credere: i votanti hanno imposto sanzioni a quei politici/governi che li hanno defraudati. Il cui «output» è insufficiente, mentre hanno premiato con i propri voti quelli che promettono (o hanno realizzato) miglioramenti. I dati del Latinobarometro sono, al riguardo eloquenti. Durante gli ultimi anni la maggioranza degli intervistati, che oscilla tra il 50 ed il 60%, pensano che la democrazia sia preferibile a qualsiasi altra forma di governo. D’altra parte in media, solo un 31% esprime soddisfazione per il modo in cui la democrazia sta funzionando. Istituzioni chiave della democrazia, come il potere giudiziario, il Congresso, e i partiti politici meritano la fiducia di una parte degli intervistati che oscilla tra il 18% ed il 30%. Il messaggio è chiaro: non è la democrazia come sistema che è messa in discussione, ma le istituzioni e gli attori concreti che attuano a suo nome. Usando le parole dei recenti rapporti del Banco Interamericano de Desarrollo: «Institutions Matters» e «Politics Matters». Vale a dire, sono le regole formali e informali e gli attori politici che contano e non i loro discorsi ideologici. Oggi, vent’anni dopo la fine della dittatura e delle atroci violazioni dei diritti umani, e dopo la «decada perdida» (gli anni ’80) con i suoi programmi duri di aggiustamento e una «decada» (o meglio un lustro, 1998-2003), di «frustrazione», molti latinoamericani sono stanchi dello slogan «prima la crescita, più tardi la distribuzione». Quei governi che promettono molto e fanno poco o nulla saranno castigati nelle urne. Ciò è un comportamento normale in una democrazia. Quanto conta è l’output. Gli elettori latinoamericani sono più maturi della loro fama.
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COME AVVIARE UN’IMPRESA IN MESSICO di José Luis Fernández Santisteban
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l Messico sostiene l’investimento estero, attraverso una serie di garanzie e diritti. La Legge non pone praticamente nessun tipo di limite agli investimenti esteri; c’è un numero ridotto di attività dove il capitale estero non è consentito oppure è soggetto a limite di partecipazione. Quali tipi di impresa? Le leggi del Messico riconoscono diverse forme d’impresa, tra queste le più importanti sono la Società Anonima e quella a Responsabilità Limitata. La Società Anonima può essere costituita con capitale fisso o variabile. In quest’ultimo caso il capitale sociale può essere variato senza modificare l’Atto Costitutivo. La parte fissa di capitale sociale deve ammontare almeno al minimo legale di 5.000 USD, mentre la parte variabile non ha limiti. La Società Anonima
tale. Il quorum statutario è del 50% per le assemblee ordinarie e del 75% per quelle straordinarie. Se nel corso di un’Assemblea generale ordinaria il quorum non viene raggiunto, si ricorre alla convocazione di una seconda assemblea. 2. CONSEJO DE ADMINISTRACIÓN (Consiglio di Amministrazione): è eletto dalla Asamblea General de Accionistas. Non necessariamente le riunioni del Consiglio di Amministrazione devono avvenire in Messico. Al contrario, l’assemblea degli azionisti deve avere luogo nel domicilio della società. 3. AMMINISTRAZIONE: L’Amministratore Delegato è nominato dal Consiglio di Amministrazione e i suoi poteri sono fissati dallo Statuto o al momento in cui viene nominato. La società può essere gestita dal Consiglio di Amministrazione o da un Amministratore Unico.
E’ una delle forme societarie che conferiscono ai soci di limitare le responsabilità alla dimensione del proprio apporto. Il capitale sociale è rappresentato da azioni, che conferiscono al socio la qualità di azionista.
4. REVISORE CONTABILE: è nominato dagli azionisti e il suo ruolo è quello di sovrintendere l’amministrazione della società per conto degli azionisti. Il revisore può essere scelto tra qualsiasi persona che non siano i dirigenti, loro parenti o impiegati.
DENOMINAZIONE La Società Anonima potrà adottare qualunque denominazione, ma dovrà portare l’indicazione di Sociedad Anónima, o la sigla S.A.. Nel caso in cui questa società abbia capitale variabile, l’acronimo SA diventa SA de CV.
5. DIVIDENDI: Possono essere pagati dividendi sulle azioni in ragione degli utili conseguiti e delle riserve, sempre che il patrimonio netto non risulti inferiore al capitale sociale. La distribuzione degli utili e delle perdite agli azionisti si realizza in proporzione alla quota sottoscritta al momento della formazione del capitale sociale.
CAPITALE Il capitale sociale è rappresentato da azioni nominative ed è formato da apporti dei soci, che non rispondono personalmente dei debiti sociali. Per costituire una società in Messico è necessario che il capitale sia totalmente sottoscritto e che ogni azione sottoscritta sia pagata, per lo meno nella misura del 20%. Si esige, inoltre, un ammontare minimo di capitale sociale per costituire una società che è di 5.000 USD. AZIONISTI Il numero degli azionisti non può essere inferiore a due persone fisiche o giuridiche, residenti o non residenti, mentre il numero massimo è illimitato. DURATA DELLA SOCIETÀ La durata della società è di 99 anni. Può estendersi nel caso in cui gli azionisti votino per l’ampliazione del periodo prima della scadenza della durata. APPORTO DEGLI AZIONISTI Gli apporti possono essere effettuati in contante, con moneta nazionale e/o straniera, così come in beni fisici o tangibili o in contributi tecnologici intangibili che siano suscettibili di essere valorizzati. ORGANI DELLA SOCIETÀ 1. ASAMBLEA GENERAL DE ACCIONISTAS (Assemblea Generale degli Azionisti): Si tratta della riunione convocata dagli azionisti in via ordinaria o straordinaria, secondo quanto previsto per legge o dallo Statuto costitutivo. E’ l’organo massimo della società a cui competono le decisioni finali che sono prese a maggioranza, tenendo in conto il numero delle azioni nelle quali è diviso il capi-
La Società a Responsabilità Limitata La Sociedad de Responsabilidad Limitada (S.de RL.) è una delle forme societarie di capitale nella quale i soci, come nella Società Anonima, hanno responsabilità limitata. DENOMINAZIONE Anche in questo caso la società può adottare qualunque denominazione, ma dovrà portare l’indicazione di Sociedad de Responsabilidad Limitada, o la sigla “S.de RL.”. Questo tipo di società si basa sulle capacità personali dei soci. Pertanto, per assegnare o trasferire gli interessi societari o per ammettere nuovi soci, è necessaria l’approvazione da parte dei soci che possiedono la quota di maggioranza del capitale necessario, esclusi i casi in cui il documento costitutivo preveda una percentuale maggiore. Se l’assegnazione o il trasferimento degli interessi è per conto terzi, gli altri soci hanno diritto di rifiutare di acquisire l’interesse societario. CAPITALE E’ necessario che il capitale sia totalmente sottoscritto e che ogni azione sottoscritta sia pagata, per lo meno nella misura del 20%. Si esige, inoltre, un ammontare minimo di capitale sociale per costituire una società di 3.000 USD, che è suddiviso per partecipazione e non in azioni. AZIONISTI Il numero degli azionisti non può essere inferiore a due persone fisiche o giuridiche, residenti o non residenti, mentre il numero massimo è limitato a 50. Non ci sono restrizioni nel
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denza Sociale: si procede, quindi, alla registrazione dei dipendenti e dell’azienda. Sono richiesti per questo: la partita IVA e la presentazione dell’Atto Costitutivo legalizzato dal notaio. Quadro legale e incentivi
cambio del numero dei soci, sempre che la maggioranza dei soci sia d’accordo. AMMINISTRAZIONE DELLA S.R.L. L’amministrazione della S.r.L. è a carico di uno o più amministratori che possono o essere soci o essere estranei alla società. Salvo accordi contrari, gli amministratori possono essere revocati in qualsiasi momento. 1. ASSEMBLEA GENERALE: è l’organo decisionale supremo della S.r.L. Le decisioni sono prese a maggioranza dei voti dei soci che rappresentino almeno metà del capitale sociale. 2. ORGANO DI VIGILANZA: può essere costituito, se lo Statuto societario lo prevede. Ne fanno parte o soci o persone estranee alla società. Formalità amministrative per la costituzione di un’impresa Per la costituzione di una qualsiasi Sociedad Mercantíl sussistono alcune formalità che devono essere espletate dalle imprese straniere che desiderino stabilire società o aziende in Messico. Queste sono formalità amministrative imposte per legge a livello nazionale dalla Ley General de Sociedades Mercantiles, applicabili, quindi, su tutto il territorio messicano, a cui le imprese straniere devono aggiungere le eventuali formalità a livello regionale. 1. PER COSTITUIRE UNA SOCIETÀ: ◆ è necessario ottenere un visto (FM3) per la realizzazione di atti legali in Messico che può essere rilasciato dai rispettivi consolati e ambasciate. ◆ Il passo successivo è quello di richiedere l’autorizzazione della ragione sociale da parte del Ministero degli Affari Esteri. ◆ Infine è necessario rivolgersi al notaio per la legalizzazione dell’Atto Costitutivo. In questa fase non è indispensabile la presenza fisica di tutti i soci. E’ sufficiente conferire una procura a un altro socio, un avvocato, o il notaio stesso. Ê inoltre necessaria l’iscrizione nel Registro Pubblico della Proprietà e del Commercio, nella città dove ha il domicilio la società.Dopo circa 15 giorni lavorativi la fase di registrazione può dirsi conclusa. 2. PER COSTITUIRE UN’AZIENDA: ◆ È necessario presentare la documentazione presso il Ministero delle Finanze, per registrare la partita IVA dell’azienda. Per questo sono richiesti: il documento dell’autorizzazione del Ministero degli Affari Esteri debitamente compilato, copia dell’Atto Costitutivo legalizzato dal notaio e la registrazione del sistema contabile adottato. ◆ Successivamente bisogna richiedere al Ministero dell’Economia di inserire la società all’interno del Registro Nazionale degli Investimenti Esteri. La documentazione richiesta è la seguente: la registrazione della Partita IVA, l’Atto costitutivo debitamente legalizzato tramite notaio, il visto FM3. ◆ Infine, è necessario compilare la documentazione della Previ-
LEGISLAZIONE La Legge sugli investimenti ha un carattere più promozionale che restrittivo. Quindi, gli investimenti esteri sono permessi senza restrizioni nella gran parte delle attività economiche e non richiedono alcuna autorizzazione previa. DIRITTI DI BASE DELL’INVESTITORE STRANIERO ◆ Ricevere un trattamento non discriminatorio rispetto all’investitore nazionale; ◆ Libertà di commercio e industria e libertà di importare ed esportare; ◆ Possibilità di rimettere direttamente all’estero i dividendi, previo pagamento delle imposte corrispondenti; ◆ Libera riesportazione del capitale investito, in caso di vendita di azioni, riduzione del capitale o liquidazione totale o parziale degli investimenti; ◆ Liberi trasferimenti di tecnologia e rimesse di regalie; ◆ Libera acquisizione di azioni di proprietà di investitori nazionali. ACCORDI DI INVESTIMENTO NELL’AMBITO BILATERALE Esiste un accordo con l’Italia per proteggere gli investimenti italiani contro l’espropriazione da parte dello Stato messicano. C’è, inoltre, un accordo con questo paese per evitare la doppia imposizione. Questo beneficio riguarda le imposte dirette. IMPOSTE ◆ L’aliquota sul reddito della società ammonta al 30%. A partire dal 2006 la percentuale sarà ridotta al 29%. ◆ L’IVA ordinaria è del 15%. Per i comuni di frontiera con gli Stati Uniti è del 10%. Le aziende esportatrici sono esenti dal pagamento dell’IVA. INCENTIVI ALL’INVESTIMENTO ◆ Contributo a fondo perduto per il pagamento a salario minimo di personale in corso di formazione fino a 3 mesi. ◆ Ammortamento fiscale accelerato: possibilità di dedurre fiscalmente fino al 100% la spesa in attivo immobilizzato nel primo anno di attività della società. ◆ Possibilità di dedurre fiscalmente del 30% gli investimenti in programmi di innovazione tecnologica intrapresi dalle aziende. ◆ Riduzione o esenzione temporanea delle imposte regionali, la cui incidenza è molto bassa rispetto alle imposte nazionali. ◆ Riduzione del 50% sull’imposta sul reddito della società per gli investimenti nel settore agricolo (sia per la coltivazione che per la lavorazione) e dell’allevamento. ◆ A livello territoriale, la contribuzione dei Governi Regionali agli incentivi, è tanto maggiore quanto minore è il livello di sviluppo della regione stessa. Pertanto, nelle regioni meno sviluppate si possono ottenere fabbricati in comodato d’uso per un periodo fino a 5 anni oppure una riduzione del prezzo di mercato dei terreni a uso industriale, di proprietà statale. ◆ Tutela legale delle tecnologie, innovazioni e marchi registrati. ◆ Accordi di libero scambio con 32 paesi. I più significativi sono quelli con Stati Uniti e Canada, Unione Europea e Giappone.
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UN’OPPORTUNITÀ DI SVILUPPO ECONOMICO, POLITICO E DI COOPERAZIONE
di Francisca Méndez Escobar partire dagli anni novanta si sviluppa una ridefinizione delle relazioni internazionali nel cui quadro il Messico concreta una serie di alleanze economiche che modificano le prospettive del paese. Il Messico per ragioni che hanno a vedere con la geografia e con la storia si trova in una posizione che può essere sia il limite estremo del Sud o, al contrario, l’ultimo paese del Nord. Tale situazione ha fatto sì che nel corso del tempo il Paese abbia cercato di diversificare i suoi rapporti politici ed economici. Senza dubbio alcuno i rapporti tra Messico e Unione europea hanno costituito una fonte di diversificazione di gran valore, la cui storia ci permette di verificare com’è andata crescendo questa relazione. Nel 1960 il Messico e la Comunità europea iniziano i loro rapporti diplomatici, che possono essere divisi in tre tappe: 1) Il primo accordo quadro che fu firmato a Bruxelles nel luglio del 1975 ed entrò in vigore il 1° di novembre dello stesso anno, dando inizio alla formalizzazione delle relazioni tra le due parti, 2) La sostituzione dell’accordo precedente con quello che fu firmato a Lussemburgo il 26 Aprile 1991 ed entrò in vigore il 1° Novembre e 3) L’Accordo di Associazione Economica, Concertazione Politica e Cooperazione che è stato firmato l’8 Dicembre del 1997. Di seguito esponiamo le principali motivazioni e caratteristiche degli Accordi del 1975 e 1991, ciò è necessario per poter comprendere nella sua giusta dimensione ed aspettative l’Accordo di Associazione Economica, Concertazione Politica e Cooperazione e le sue prospettive.
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Accordo tra gli Stati Uniti Messicani e la Comunità Economica Europea. Luglio 1975. L’«Accordo di Commercio e Cooperazione tra gli Stati Uniti Messicani e la Comunità Economia Europea» ha costituito un quadro giuridico che per la sua natura ha instaurato le basi di una relazione di cooperazione economica con ampie possibilità di sviluppo tra le due parti. Rappresentava il mezzo idoneo per sviluppare gli investimenti congiunti e i trasferimenti di tecnologia con i quali ci si proponeva di sviluppare nuove linee di produzione per il mercato europeo, dato che il Governo messicano intendeva ampliare e diversificare le esportazio-
ni del Paese. Si trattò di un accordo che favoriva la cooperazione tra imprenditori e che, di fatto, sviluppò l’area di cooperazione tecnico-scientifica ed energetica. Alla fine del 1988 il panorama delle relazioni tra il Messico e la Cee è piuttosto differente da quello che esisteva quando venne firmato l’Accordo del 1975. Tre sono i fattori che determinano una nuova relazione tra le due parti: 1) Dal 1975 al 1978 si sono avuti nella Comunità cambiamenti importanti che modificarono le forze al suo interno e, di conseguenza, aprivano nuove linee di azione nei rapporti esterni. Tra i cambiamenti più importanti vanno segnalati: la prima elezione del Parlamento europeo a suffragio universale diretto da parte dei cittadini degli Stati membri (1979); l’ingresso della Grecia (1981) e quello della Spagna e del Portogallo (1986) e l’entrata in vigore dell’Atto Unico Europeo (1987). 2) Anche in Messico si registrano mutamenti importanti, nella misura in cui si passa da un’economia protetta e statalizzata all’apertura economica del Paese, il cui primo risultato a livello internazionale fu l’ingresso dal Messico al Gatt nel 1986 e l’avvio della privatizzazione delle imprese pubbliche. 3) Nel 1989 vi sono una serie di eventi che cambiano qualitativamente il panorama internazionale sia in termini economici sia politici e obbligano i paesi a ridefinire le reciproche strategie economiche e commerciali. E’ il caso dei rapporti tra il Messico e la Cee. L’Accordo quadro di Cooperazione tra la Comunità Economica Europea e gli Stati Uniti Messicani. Aprile 1991. Firmato dopo quindici mesi di negoziati sostituisce quello del 1975, ed è chiamato accordo di “terza generazione”. Varie sono le differenze tra i due. Nel preambolo si menziona, come elemento importante, la situazione economica del Messico e la sua partecipazione al Gruppo di Rio, mentre si segnalano “le implicazioni favorevoli del processo di riforma e modernizzazione economica del Messico per lo sviluppo delle relazioni tra le due Parti, tenuto conto delle differenze riconosciute nello sviluppo economico”. L’Accordo contempla tanto gli aspetti commerciali che quelli di cooperazione economica, come i trasferimenti di tecnologia, lo sviluppo dell’agricoltura, le te-
lecomunicazioni, per citare solo i settori più importanti. Nell’Accordo del 1991 i settori della cooperazione si ampliano in modo significativo, mentre altra innovazione rispetto al 1975 è un capitolo sulla soluzione delle controversie. Sia l’Accordo del 1991 che i programmi comunitari diretti a paesi come il Messico, formavano un quadro di cooperazione molto completo. Tuttavia tra il 1991 ed il 1995 sia l’UE che il Messico sperimentavano mutamenti qualitativi importanti che, a loro volta, si inquadravano in una realtà economica in movimento nella quale sono state create nuove forme di rapporti di cooperazione e di integrazione economica e politica. Accordo di Associazione Economica, Concertazione Politica e Cooperazione (TLCUE). Dicembre del 1997. Tenendo in conto i nuovi fattori di cambiamento a livello internazionale, ma anche in Messico e nella UE, le due Parti si propongono una nuova relazione. L’interesse dell’UE può essere riassunto nei punti seguenti: 1) L’importanza regionale che il Messico acquista come membro del Nafta, del Gruppo di Rio e dell’Accordo di San José e dei Trattati di Libero Commercio con Bolivia, Cile, Costa Rica, Gruppo dei Tre (Colombia e Venezuela), e Nicaragua nonché le basi di un accordo di “complementación económica” con i paesi Centroamericani, il Messico è un membro fondatore di uno dei mercati più grandi del mondo che, inoltre, è in rapida espansione, 2) La partecipazione del Messico a organizzazioni rilevanti come l’Ocse, del quale è parte dal 1° luglio 1994, dell’Apec, dal novembre 1993, dalla Berd e del Consiglio d’Europa, come os-
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servatore permanente e 3) Il mutamento della politica comunitaria allo sviluppo a partire dal Trattato di Maastricht nel quale la parte “politica” gioca un ruolo importante nella misura in cui si intendono negoziare accordi che rafforzino l’UE come blocco non solo economico, ma anche politici, cosa che è stata affermata successivamente con il Trattato di Amsterdam. L’interesse del Messico nell’Accordo tocca tre aspetti 1) Ottenere una diversificazione delle relazioni economiche e commerciali con un blocco che in quel momento rappresentava più di 370 milioni di consumatori con un reddito pro-capite di 20.000 dollari e con il quale mantiene legami storici e culturali di rilievo, 2) Equilibrare i rapporti economici e diplomatici, principalmente nei fori multilaterali a fronte del crescente rapporto con gli Stati Uniti, 3) Sviluppare programmi di cooperazione che beneficiano il nostro paese in settori di punta, come la tecnologia, l’audiovisivo e l’ambiente. Questo interesse reciproco si formalizza il 2 Maggio 1995, quando il Messico e l’UE firmano la Dichiarazione Congiunta e Solenne nella quale viene stabilito il desiderio di entrambe le parti di negoziare un nuovo accordo. Le caratteristiche dell’Accordo sono inedite nel mondo. L’UE ha accordi con oltre 110 paesi, ma non aveva negoziato nulla di simile sino ad allora. Gli accordi del 1975 e 1991 non erano accordi preferenziali, ma di cooperazione, transitando da una relazione di aiuto assistenziale a una di cooperazione. Anche per il Messico questo accordo è inedito, dato che nessun altro vincola nello stesso strumento giuridico tre aree: commerciale, politica e cooperazione. Il quadro istituzionale attuale dei rapporti Messico-UE. Dall’entrata in vigore del Tlcue il 1° Marzo2001, si è sviluppato un quadro istituzionale che ha permesso dare solidità ai rapporti Messico-UE. Attualmente si conta con il sistema dei Vertici a più alto livello, ossia il Presidente del Messico e il rappresentante della Troika dell’UE. Di questi, due hanno avuto luogo nel quadro del Vertice Unione europea-America Latina e Caraibi (Maggio 2002 a Madrid, e Maggio 2004 a Guadalajara, Messico). D’altro lato vi è il Consiglio Congiunto, che è stato istituito come organo di supervisione dell’Accordo e che permette il dialogo ministeriale.
Sviluppo del Tlcue Con l’entrata in vigore del Tlcue l’UE è divenuta il secondo partner commerciale del Messico. I risultati più positivi si sono manifestati nei flussi di investimenti, dato che in termini commerciali non vi sono stati incrementi sostanziali. La tendenza, comunque, è stata al rialzo, tra il 1995 ed il 2003 il commercio complessivo è cresciuto da 10 a 23,4 miliardi di dollari, con una crescita media annua del 4%. Nel 2004 il commercio totale tra l’UE e il Messico è stato di 27,5 miliardi di dollari che rappresentano il 7,1 % del commercio complessivo del Messico. Di questo ammontare 6,47 miliardi corrispondono a esportazioni e 21,05 a importazioni. Di conseguenza il disavanzo è stato pari a 14,58 miliardi. Tra gennaio 1999 e settembre 2004 l’UE, nel suo complesso, ha realizzato investimenti per 24,6 miliardi di dollari, che rappresentano il 25,5% degli investimenti esteri diretti (Ied), complessivamente pari a 96 miliardi. L’UE si rappresenta, dunque, la seconda fonte per gli investimenti in Messico. I principali investimenti UE provengono da: Spagna (45,2%), Olanda (32,4%), Regno Unito (9,7%) e Germania (8,3%). D’altra parte il Tlcue ha determinato importanti avanzamenti in materia di cooperazione economica. In particolare l’80% della cooperazione è realizzata tramite la partecipazione a programmi orizzontali. In questo campo il Messico è uno dei maggiori beneficiari dei programmi Alfa e Al-Invest. Di rilievo sono le strategie di promozione commerciale del Banco de Comercio Exterior (Bancomext) nei confronti dell’UE: a) Servizio di promozione internazionale (Pmi internazionale, Analisi di mercato, Canali di distribuzione, Promozione dell’offerta esportabile, Agenda di affari all’estero), b) Assistenza tecnica (Programma di sviluppo di nuovi settori, Fori e incontro d’affari Messico-UE). Tuttavia nonostante gli sforzi istituzionali per migliorare i meccanismi di cooperazione tra il Messico e l’UE, è importante sottolineare l’asimmetria rispetto alle istituzioni delle due parti. Per l’UE il Messico continua ad essere un percettore di cooperazione e anche quanto la Commissione europea ha cercato di includere una serie importante di temi di cooperazione, non solo con il Governo messicano, ma anche con altre istituzioni, non vi è un strategia bilaterale perché la cooperazione possa avere risultati più efficienti.
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Da ultimo è necessario segnalare le sfide che per il Tlcue rappresentano l’allargamento dell’UE a dieci nuovi membri. In termini generali vi sono nuove opportunità di mercato per ambedue le parti. Otre gli adattamenti istituzionali che hanno già cominciato a operare la grande sfida continuerà ad essere il promuovere conoscenza maggiori delle realtà economiche, politiche e di cooperazione tra le due parti. Conclusioni I punti di forza del Tlcue risiedono principalmente nella dinamica delle sue tre componenti: politica, commercio e cooperazione. Nella parte commerciale l’asimmetria della relazione è un elemento di base con il quale è necessario convivere sino a quando le cifre non saranno più favorevoli per il Messico. Rimane ancora un lungo cammino per continuare a promuovere la reciproca conoscenza in entrambi mercati, la cui dinamica può essere favorita dagli accordi di cooperazione istituiti con il Tlcue. Se è certo che la struttura istituzionale del Tlcue è andata arricchendosi per favorire un maggior dialogo politico, tuttavia non è ancora sviluppato al massimo il potenziale di questa relazione, che potrebbe avare i suoi risultati più concreti in una maggior ricerca di posizioni comuni nell’ambito multilaterale. Per quanto riguarda la cooperazione il Messico fronteggia una evidente dualità: da un lato ha la necessità di dare impulso ai programmi di cui beneficia dall’UE, e sfruttare quanto l’Accordo stabilisce in materia di cooperazione per negoziare accordi settoriali volti a sviluppare le aree meno avvantaggiate; d’altro canto il Messico deve cogliere la sfida e le opportunità offerte dal fatto di condividere un impegno di cooperazione a livello di uguaglianza, in particolare quella che si può stabilire nell’America Centrale e nei Caraibi, come cooperazione congiunta verso paesi terzi (Articolo 37 del Tlcue sulla cooperazione regionale). Senza alcun dubbio il Tlcue segna nuovi schemi della relazione tra l’UE e le economie emergenti. E, in modo più generale, tra regioni economiche con differente grado di sviluppo, in un mondo che si presenta sempre più interdipendente, il che, nell’ambito internazionale, apporta nuovi equilibri, tanto politici come economici, in un contesto di regionalismo aperto e unilateralismo.
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INVESTIRE IN MESSICO di Benedetta Salazar econdo l’ultimo rapporto della Banca Mondiale il Messico è la dodicesima economia mondiale ed il secondo mercato dell’America Latina, dopo il Brasile.
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È considerato un paese altamente affidabile per la stabilità macroeconomica, la capacità di controllo della inflazione, la solidità del sistema finanziario e le ingenti fonti di valuta estera. Il Messico si presenta, dunque, sulla scena economica internazionale come un paese con notevoli interessi commerciali ed alta capacità di attrarre investimenti esteri. Il Paese è l’unico al mondo ad aver stipulato accordi preferenziali con le tre principali economie mondiali (NAFTA, UE, Giappone) ed oggi vanta 15 trattati di libero scambio, con un totale di 43 paesi, tra cui i 25 membri dell’Unione Europea. Probabilmente è anche per questo che occupa il terzo posto tra i paesi emergenti per afflussi di investimenti esteri, dopo la Cina ed Hong Kong, ma prima del Brasile. L’Italia è stata nel 2004 l’undicesimo partner commerciale del Messico ed il terzo in Europa dopo Germania e Spagna, ma prima di Francia e Gran Bretagna. Le possibilità per un imprenditore straniero di investire in Messico sono regolate da un’apposita legge, la Ley de Inversión Extranjera, emanata il 23 dicembre 1993 e dal suo regolamento pubblicato il 27 agosto del 1998. Si può entrare direttamente nel capitale di società messicane, si possono acquistare beni, si può partecipare a nuovi accordi commerciali o fabbricare nuovi prodotti. Gli stranieri possono anche aprire o gestire imprese, ma vi sono alcuni settori riservati ai soli imprenditori messicani: sono quelli che hanno a che fare con il petrolio e con gli idrocarburi, ma dobbiamo precisare bene la situazione. Oggi il petrolio rappresenta la principale risorsa produttiva ed una delle principali fonti di ricchezza del paese, che, infatti, è il sesto produttore mondiale di greggio, classificandosi dopo Arabia Saudita, Russia, Stati Uniti, Iran e Cina, nonché il primo for-
nitore di greggio agli Stati Uniti, seguito dall’Arabia Saudita. Nonostante questo, il settore energetico in Messico si presenta piuttosto debole, per via degli scarsi investimenti realizzati nei settori dell’esplorazione e della produzione di idrocarburi. Lo sfruttamento delle risorse petrolifere e la vendita di greggio sono di competenza dello Stato attraverso la società energetica nazionale Pemex (Petroleos Mexicanos), di proprietà statale, ciò lascia ridotti margini di manovra all’iniziativa privata. Occorre comunque operare una distinzione all’interno dello stesso settore energetico e quindi delle diverse opportunità di in-
vestimenti stranieri. Il settore energetico in Messico si divide in due aree importanti: idrocarburi ed elettricità. Nell’area degli idrocarburi tutto ciò che riguarda le cosiddette «acque superiori» o «aguas arriba» o anche «rio arriba», cioè la esplorazione e la produzione, è di esclusiva competenza di Pemex, però tutto ciò che ha a che fare con i servizi, le cosiddette «acque basse» o «aguas abajo», cioè tutto ciò che può aggiungere valore al gas, come il trasporto, la distribuzione o il commercio del gas naturale, è aperto agli investimenti privati, anche stranieri. La produzione di propano, butano, pentano, esano, ettano, ottano e dei naftos è riservata a Pemex, mentre la petrolchimica secondaria, vale a dire la produzione di qualsiasi altro derivato del petrolio è permessa
a tutti. Solo Pemex può raffinare il petrolio per produrre benzina. Nell’area dell’elettricità tutti possono impiantare la propria società per la produzione destinata all’autoconsumo, mentre l’elettricità destinata al consumo da parte dei servizi pubblici può essere prodotta solo dallo Stato. Anche il trasporto e la distribuzione dell’elettricità destinata al servizio pubblico non sono aperti ai privati. Il settore delle energie rinnovabili è aperto agli investimenti stranieri, sempre e quando non riguardi la elettricità. Ciò vuol dire che è permesso l’investimento per la produzione di biocombustibili come il metanolo. Il privato può generare elettricità da fonti rinnovabili solo per l’autoconsumo. Questa è la situazione attuale. Il presidente Vicente Fox non ha potuto realizzare nessuna riforma energetica veramente strutturale, perché non disponeva di una maggioranza nel Congresso, problema che con molta probabilità si presenterà anche nel mandato del prossimo presidente. Ci sono Stati però alcuni recenti sviluppi della politica energetica nazionale che potrebbero generare opportunità per le aziende italiane, in particolare quelle appartenenti al gruppo ENI. Il Congresso messicano ha infatti approvato nel luglio del 2005 una riforma del regime fiscale di Pemex, che entrerà in vigore nel corso del 2006. Ciò consentirà alla compagnia energetica statale un risparmio fiscale fino a circa 90 milioni di pesos messicani nel 2010, risorse che saranno destinate per circa l’85% alle attività di esplorazione e di produzione. Secondo i principali analisti del settore, la modifica del regime fiscale di Pemex rappresenta un passo fondamentale sulla strada del suo rafforzamento e su quella di una maggiore apertura del mercato agli investimenti privati, sia nazionali che, soprattutto, esteri. Dal 2006, infatti, Pemex potrà contare su maggiori risorse per finanziare l’esplorazione e la perforazione di giacimenti individuati al largo del Golfo del Messico. Con-
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dall’entrata in vigore dell’Accordo Unione Europea-Messico, il mercato messicano offre nuovi spazi a prodotti tipici italiani come la moda, la gioielleria, arredamento ed articoli da regalo. I settori ambientale e militare rientrano sicuramente fra quelli che offrono le maggiori opportunità alle imprese italiane operanti nel campo dell’hi-tech.
tinuerà, tuttavia, a necessitare dell’expertise delle principali aziende specializzate nel «deep sea drilling», tra le quali figurano anche le imprese italiane. Inoltre, il fatto che Pemex voglia introdurre un nuovo schema di «Contratti di Servizio Multipli» per lo sfruttamento dei giacimenti di gas naturale e i cosiddetti «Contratti Alleanza» per la perforazione dei giacimenti petroliferi nelle acque profonde al largo del Golfo del Messico, sta generando un certo interesse da parte della SAIPEM. Si deve anche considerare che è stata presentata al Congresso una proposta riguardante la emissione di certificati di Pemex che diano diritto ad usufruire di una parte degli utili. Si aprirebbe così la possibilità di comprare alcuni titoli di Pemex con diritto agli utili, il problema è che anche questa proposta non è ancora passata per mancanza di una maggioranza che la voti e la approvi. Ormai tutto dipenderà dall’esito delle nuove elezioni presidenziali che si terranno il 2 luglio 2OO6. Felipe Calderon, il candidato presidenziale del partito attualmente al governo, Partido Accion Nacional, pensa di aprire in
parte il settore dell’energia. Non pensa a privatizzare o vendere, ma vorrebbe rendere possibile la vendita di energia elettrica anche da parte delle società create per la produzione destinata all’autoconsumo, cosa che adesso non è possibile. Lopez Obrador, il candidato del Partido de la Revolucion Democratica, insiste invece sul tema della assoluta sovranità ed esclusività dello stato messicano sulle industrie petrolifere ed elettriche, intendendo sull’utilizzo, la estrazione la trasformazione del petrolio e la generazione e distribuzione dell’energia. Roberto Madrazo, il candidato presidenziale del Partido Revolucionario Institucional, non si è ancora pronunciato chiaramente a riguardo. Ovviamente le possibilità per gli italiani di investire in Messico non si riducono al settore energetico. Tradizionalmente, infatti, il mercato messicano offre concrete opportunità al made in Italy per la meccanica strumentale, meccano-tessile, concerie costruzioni e macchine utensili. Inoltre, grazie ai benefici doganali derivati
Agli imprenditori italiani che desiderano lanciarsi nell’avventura messicana, consigliamo rivolgersi alla Camera di Commercio Italia-Messico di Città del Messico, per le informazioni necessarie a sopravvivere nella giungla della burocrazia messicana.
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IL SISTEMA DI PREFERENZE GENERALIZZATO ANDINO di Gladis Genua e Alberto Lora UE ha costituito sin dagli inizi lo schema di riferimento per il processo di integrazione cui nel 1969 hanno dato vita, Bolivia, Colombia, Ecuador, Perù e Venezuela. Ciò ha permesso un’importante compatibilità tra i due processi e ha consentito all’UE di contribuire in vari ambiti all’approfondimento e perfezionamento del processo di integrazione andino. In tal senso i rapporti tra l’UE e la CAN sono sempre stati basati su principi di cooperazione economica e politica. E’ possibile identificare tre tappe delle relazioni tra le due aree: ◆ La prima tra il 1973 e il 1983 di cooperazione economica bilaterale (tra l’UE e ciascuno dei paesi andini). Durante la quale l’enfasi è stata posta sul sostegno allo sviluppo di settori produttivi strategici, con base nelle priorità identificate da ciascun paese beneficiario a partire dal proprio sviluppo economico relativo. L’accesso commerciale al mercato europeo per i prodotti andini era regolato da preferenze unilaterali concesse dall’UE ai paesi in sviluppo, tra i quali quelli andini.
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◆ La seconda tappa va dal 1983 al 1993, nella quale è sottoscritto l’Accordo di cooperazione tra le due aree, il primo di questo tipo tra l’UE e blocchi di paesi latinoamericani, si creano i meccanismi istituzionali per dar seguito ai rapporti tra le due aree: la Commissione mista CAN-UE e le Sottocommissioni specializzate. Durante quel periodo i paesi andini sono beneficiari di un Sistema generalizzato di preferenze speciale, chiamato Spg-Andino, orientato alla lotta contro la droga (1990). ◆ La terza tappa inizia con il 1993 ed è caratterizzata da eventi importanti nei rapporti tra le due aree. E’ sottoscritto un Accordo di associazione di terza generazione nel quale, oltre alla cooperazione bilaterale si incorpora la cooperazione subregionale tramite la Segreteria generale della CAN, volta a rafforzare il processo di integrazione. E’ sottoscritto il Dialogo specializzato contro la droga (1995) come meccanismo di cooperazione sulla base dei principi di responsabilità condivisa e lotta integrale, incluso il controllo dei precursori chimici. Da ultimo è adottato il Meccanismo del dialogo politico (1996), che non solo amplia l’agenda dei rapporti interregionali, ma stabilisce rapporti istituzionali a tre livelli: Presidenti, Ministri degli affari esteri e Gruppi specializzati. Sulla base del principio di responsabilità condivisa e del carattere integrale della lotta anti-droga fu rinnovato a ampliato l’Spg Droga, concesso ai paesi andini nel primo quinquennio degli anni ’90. ◆ Viviamo ora una quarta tappa che inizia con L’Accordo di dialogo politico, firmato a Roma nel 2003 e che implica il passaggio dal Meccanismo di dialo-
go politico a un Accordo di associazione di quarta generazione, che include, oltre alle aree di cooperazione politica ed economica, la formazione di un’area di libero commercio. Inoltre e di fronte alle lamentele sull’Spg, Regime droga, interposta da paesi membri dell’Omc, l’UE inizia in questo periodo la ristrutturazione del regime droga per sostituirlo con l’Spg Plus, che incentiva lo sviluppo sostenibile e il buongoverno. Il Meccanismo di dialogo politico ha consentito incontri sia a livello di capi di Stato e di governo nel quadro dei vertici UE-America Latina e Caraibi (Rio de Janeiro nel 1999, Madrid nel 2002 e Guadalajara nel 2004) sia di Ministri degli esteri (Villamoura, Santiago del Cile, Nuova York, e Atene, tra gli altri). Nel vertice dei Capi di Stato del 2004 a Guadalajara fu concordato di avanzare verso la firma di un Accordo di associazione che includa la costituzione di una zona di libero scambio tra le due aree. L’UE sollecitò la realizzazione previa di un processo di valutazione congiunta per conoscere il livello di integrazione realizzato nell’area andina e determinare le possibilità di negoziati tra le due aree. L’SPG Droga L’UE concede, dal 1991, preferenze unilaterali ai paesi andini mediante il regime speciale di appoggio alla lotta contro il problema mondiale della droga e dei delitti relativi, l’Spg Droga, come sviluppo del principio di responsabilità condivisa. L’Spg Droga ha costituito, nel corso di più di un decennio, uno strumento importante per promuovere la diversificazione dell’offerta esportabile, sostenere la diffusione dei prodotti andini nel mercato europeo e appoggiare la lotta concertata contro il flagello della droga. Vi è comunque da segnalare un utilizzo decrescente dell’Spg Droga nel periodo 1999-2003. Mediante tale meccanismo i paesi membri della CAN beneficiano di un accesso preferenziale dei propri prodotti all’UE. La quasi totalità dei prodotti industriali e una lista di prodotti agricoli e della pesca possono entrare nel mercato europeo esenti da dazio, generando per i prodotti andini un margine di preferenza importante per competere nel mercato europeo. Tuttavia l’Spg Andino è temporaneo, quindi soggetto ad un rinnovo periodico, il che comporta instabilità giuridica per gli investitori e gli attori economici che non hanno la sicurezza di lungo termine necessaria per sviluppare un’offerta esportabile aggiustata alle necessità del mercato europeo. Nella Riunione tecnica di valutazione congiunta CAN - Commissione europea, tenutasi a Quito (Ecuador) nel novembre 2003, si analizzo congiuntamente lo sfruttamento dell’Spg Droga da parte dei paesi andini poiché la vigenza del meccanismo dipende dal suo livello di utilizzo. La CAN segnalò, in quell’occasione, che esistono diversi fattori che influiscono sullo sfrut-
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tamento efficace di tale regime di preferenze che sono vincolati sia a elementi propri del sistema che alla struttura produttiva e commerciale dei paesi andini. Tuttavia, considerando che esistono limiti nell’informazione necessaria per realizzare un’analisi più profonda del tema, le delegazioni si accordarono di scambiarsi statistiche per facilitare la proroga del regime preferenziale andino (2005-2014) e fare le raccomandazioni necessarie per il suo ampliamento e miglioramento come strumento per promuovere il rafforzarsi delle relazioni tra le due regioni. Inoltre, il 15 gennaio 2003, i Ministri delle relazioni esterne della CAN chiesero all’UE, in virtù dei principi di corresponsabilità, integrità, equilibrio e multilateralità, sui quali si basa l’Spg Droga, di valutare la possibilità di non applicare il meccanismo previsto dall’articolo 12 del regolamento (CE) 2501/2001 mediante il quale un prodotto che supera certi livelli di partecipazione nel mercato europeo può non essere più beneficiario del programma. Il regime di preferenze commerciali andine, che scadeva alla fine del 2004, fu prorogato sino al 31 dicembre 2005 con il regolamento (CE) 2211/2003, approvato il 15 dicembre 2003. Tale strumento ha anche modificato il sistema di graduacion in modo favorevole per gli esportatori della CAN. Nel 2003 l’India, paese beneficiario del regime Spg Generale, ma non dell’Spg Droga ha sollecitato la costituzione un Gruppo speciale, nel quadro dell’Omc, impugnando il Regime. Il 1° dicembre 2003 tale gruppo ha rilasciato un rapporto, lo stesso che fu apelado da parte dell’UE. Il 7 aprile 2004 l’Organo di appello dell’Omc emise il proprio rapporto nel quale si raccomanda che l’Organo di risoluzione delle controversie chieda all’UE che il Regolamento (CE) 2501/2001 sia posto in conformità con gli obblighi che derivano dal Gatt 1994. Il regime europeo di preferenze commerciali non corrisponderebbe, infatti, al principio della nazione più favorita dell’Omc, poiché concede un trattamento di favore a paesi o gruppi di paesi che soddisfano criteri definiti dall’UE. In tale senso l’UE ha dovuto modificare i criteri in base ai quali i paesi possono beneficiare di un trattamento preferenziale in materia commerciale, al posto di parametri che qualificano paesi, stabilì parametri che qualificano condizioni di sviluppo. Occorre segnalare che nel processo
aperto di fronte all’Omc, comparvero come parti interessate i paesi beneficiari dei diversi regimi speciali dell’UE. I paesi andini presentarono una difesa comune. Il 7 luglio 2004 la Commissione europea ha emesso una comunicazione al Consiglio, al Parlamento e al Comitato economico e sociale nella quale ha stabilito i lineamenti sul nuovo Spg che sarà in vigore nei prossimi 10 anni (2006-2015). Tali nuovi benefici sono stati posti in essere con il Regolamento 980 del 28 giugno 2005, tramite il quale l’UE ha lanciato il regime speciale di appoggio ai paesi in sviluppo Spg-Plus, che è entrato in vigore il 1° luglio 2005. Utilizzo commerciale dell’Spg La esportazioni andine all’UE-15 mostrano, nel periodo 1999-2004, una tendenza crescente, raggiungendo una media annua di 6,7 miliardi di dollari. Tale ammontare rappresenta circa il 13% delle esportazioni andine al mondo. La UE-15 costituisce il secondo mercato più importante per i paesi andini, dopo gli Stati Uniti (45% nel 2004). D’altra parte le importazioni andine dall’UE-15 si sono mantenute stabili durante lo stesso periodo, con una media di 7 miliardi di dollari, il che rappresenta il 17% delle importazioni andine dal mondo. La bilancia commerciale dei paesi andini con la UE-15, dopo un incremento sostenuto del deficit negli anni ’90 (il saldo negativo più elevato nel 1998), si stabilizza negli anni 1999-2001. Dal 2002 si registrano saldi positivi, e nel 2003 si ha l’avanzo più elevato di 1,9 miliardi, riducendosi poi a 827 milioni nel 2004. Se consideriamo le esportazioni medie per il periodo 1999-2004, il Perù risulta il principale esportatore andino alla UE-15, il suo export è cresciuto notevolmente, sino a raggiungere i 3 miliardi di dollari nel 2003. Le esportazioni peruviane incidono per il 38% sul totale delle esportazioni andine all’UE-15 nel 2004; seguono Colombia e Venezuela con circa 2,3 e 1,7 miliardi rispettivamente, il che costituisce un tasso di partecipazione del 29% e 21%. L’Ecuador, che manifesta nel periodo 1999-2004 andamenti instabili, con una riduzione all’inizio del periodo ed un aumento verso la fine, ha fornito l’11% delle esportazioni andine all’UE-15 nel 2004, rappresentando l’1% del totale andino. Un’ analisi realizzata dalla Segreteria generale sull’utilizzo dell’Spg Droga, mostra che
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il 20,3% del totale delle esportazioni andine effettuate nell’anno 2003, ne avrebbe beneficiato. Le percentuali di utilizzo indicano un marcata tendenza decrescente sino al 2002. Nel 1999 l’utilizzo è stato del 34,3%, nel 2000 del 22,8%, nel 2001 del 21,7%, nel 2002 del 16,9%. Le esportazioni andine al mercato europeo sono concentrate in 90 voci, vale a dire il 2% nell’ambito di un totale di 4004 voci che sono contenute nel regime Spg Droga, il che in termini di valore costituisce 1,2 miliardi di dollari, mentre le esportazioni totali all’UE hanno raggiunto gli 8,3 miliardi, includendoli petrolio e i suoi derivati. Cause del basso utilizzo. Nel documento sull’utilizzo dell’Spg da parte dei paesi andini, la Segretaria generale identifica tra le altre le seguenti ragioni che potrebbero spiegare le cause per le quali le esportazioni dei paesi andini, sotto il regime Spg Droga costituiscono una quinta parte delle esportazioni totali al mercato europeo. ◆ Basso livello di diversificazione delle esportazioni dei paesi andini e elevata concentrazione nei prodotti primari e a basso valor aggiunto, fondamentalmente agricoli e minerari. In effetti, i 20 principali prodotti di esportazione di ciascun paese costituiscono l’85% delle esportazioni all’UE di ogni paese. Ne deriva che le correnti di commercio di questi prodotti spiegano tutto la relazione commerciale dei paesi andini con i paesi europei. ◆ Le misure non tariffarie applicate dall’UE per l’accesso dei prodotti al mercato. L’esigenza da parte dell’UE del rispetto delle misure sanitarie e fitosanitarie, regolamenti tecnici obbligatori e altre norme di carattere generale, rende difficile in alcuni momenti l’ingresso ai mercato dell’Unione e con questo l’utilizzo del sistema preferenziale. La caratteristica delle esportazioni andine, concentrate sui prodotti primari, facilita il fatto che possano essere oggetto di misure come quelle prima segnalate, considerando inoltre che il settore agricolo nell’UE è molto sensibile in quanto si avvantaggia di un programma di sussidi importanti ed è protetto da restrizioni di vario ordine. ◆ Erosione delle preferenze ricevute do-
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vuta alla messa in atto da parte dell’UE di impegni internazionali assunti in ambito multilaterale. Si stima che circa 2000 voci NC (Nomenclatura comune) sono passati a dazio generale nullo per paesi terzi (NMF=0) nel periodo 1995-2000, il che ha generato una perdita di preferenze a favore degli esportatori andini in prodotti di elevata esportazione, come il caffè. ◆ Concorrenza con altri paesi beneficiari di regimi SPG. I principali prodotti di esportazione dei paesi andini competono in modo diretto con i paesi centroamericani e dei caraibi e altri paesi in sviluppo e meno avanzati che beneficiano di programmi preferenziali similari e esportano nella maggior parte gli stessi prodotti. ◆ I costi di trasporto per le esportazioni dei prodotti andini sono elevati, data l’ubicazione geografica del mercato europeo e la limitata capacità di trasporto della CAN. ◆ Osservanza delle norme di origine. L’utilizzo delle preferenze che derivano dall’Spg Droga, così come quelle di ogni paese beneficiario dell’Spg è soggetto all’osservanza di requisiti di origine e altri di tipo amministrativo, indispensabili per ottenere l’accesso preferenziale. In termini generali si tratta di regimi di origine che impongono un livello di integrazione industriale difficile da conseguire da parte dei produttori di beni andini. Il nuovo Spg La compatibilità dell’Spg Droga con i principi e norme generali del multilateralismo commerciale è stata messa in discussione dall’Omc. Il risultato del processo di risoluzione delle controversie in questa organizzazione ha fatto sì che la Commissione europea disegnasse e ponesse in marcia un sistema di preferenze diverso, entrato in vigore il 1° luglio 2005, applicabile per il periodo 2005-2015. Il nuovo Spg contempla tre regimi differenziati per il grado di preferenze che accordano: Generale, Speciale di incentivi per lo sviluppo sostenibile e il buon governo, Speciale per i paesi meno avanzati. Il Regolamento del Consiglio sarà in vigore, in una prima tappa, dal 1° luglio 2005 sino al 31 dicembre 2008, momento nel quale si realizzerà una sua valutazione. Nel caso dei paesi che desiderino accedere al Regime speciale di incentivi per lo sviluppo sostenibile ed il buon governo varrà la ratifica e applicazione di una serie di trattati internazionali che permettano garantire gli elementi dello sviluppo sostenibile. La determinazione di eleggibilità per tale regime sarà effettuata sulla base dei criteri indicati nel regolamento. Il primo è la ratifica di almeno 23 dei 27 strumenti o accordi internazionali relativi alla protezione dei diritti umani e del lavoro alla protezione dell’ambiente e alla lotta contro la droga e la corruzione. Tali strumenti dovranno essere stati ratificati prima del 1° luglio 2005 e applicati in modo effettivo entro il 31 dicembre 2008. Il secondo criterio stabilisce che il potenziale beneficiario possa essere considerato come un paese vulnerabile.
Tale criterio contempla, a sua volta, due possibili scenari. Che il paese non sia classificato, da parte della Banca Mondiale, di reddito elevato per tre anni consecutivi e che le esportazioni delle sue cinque sezioni doganali più significative coperte dal regime dell’UE rappresentino più del 75% delle sue esportazioni con preferenze a tale mercato; o che le sue esportazioni alla UE, coperte dall’Spg rappresentino meno dell’1% del totale delle importazioni dell’UE coperta da tale sistema. I potenziali beneficiari presenteranno alla Commisisone europea una richiesta di eleggibilità nei tre mesi successivi alla pubblicazione del Regolamento sulla GUCE, che dovrà contemplare l’informazione realtiva alla ratifica e implementazione degli strumenti internazionali sopra indicati, inclusa la legislazione e misure interne, così come l’impegno a rispettare i meccanismi di valutazione e monitoraggio. La Commissione potrà verificare l’informazione fornita tramite gli organi responsabili dei meccanismi menzionati. Possiamo constatare, da tale prospettiva la transizione del principio fondamentale di responsabilità condivisa che ha ispirato l’Spg Droga, verso un nuovo Spg legato allo sviluppo e al buon governo. Il Regolamento stabilisce che la soglia di graduación per le sezioni di prodotti è del 15%, con l’eccezione dei tessili per i quali è del 12,5%. Di conseguenza verrebbero ritirate le preferenze per le sezioni i cui prodotti superino in media, per tre anni consecutivi, le soglie menzionate rispetto al totale delle importazioni al mercato europeo da parte di tutti i paesi e territori beneficiari. Non verranno ritirate a una sezione di paesi beneficiari quando le sue esportazioni di quei prodotti all’UE rappresentino più del 50% delle importazioni della UE da qual paese, coperta dall’Spg. Inoltre la Commisisone europea realizzerà valutazioni periodiche di osservanza degli strumenti internazionali e potra iniziare un processo di investigazione per ritirare parzialmente o totalmente le preferenze a un beneficiario per inosservanza sistematica. Sarà competenza del Consiglio adottare la decisione finale a maggioranza qualificata, sulla base delle conclusioni della Commissione. Il Regime speciale di incentivi allo sviluppo sostenibile ed al buon governo. Approfondisce e amplia l’ambito dei prodotti con accesso preferenziale, 4037 voci Sensibili e 2563 sottovoci Non sensibili. Delle 121 sottovoci sensibili incorporate a detto regime, 91 sottovoci godranno di preferenze generali concesse dal regolamento 2501 e le 30 restanti sono nuovi prodotti sensibili. In questo ordine di idee, delle 6600 sottovoci contemplate dal regime, 6372 sottovoci entreranno con dazio zero, mentre le 228 restanti godranno di preferenze parziali, di quest’ultime, a 202 verrà applicato il componente specifico del dazio composto, mentre alle 26 restanti si applicherà il prezzo di entrata. Anche se i risultati delle analisi delle esportazioni andine tra il 1999 ed il 2003, per le 121 sottovoci sensibili incorporate al regime speciale sono poco significative, permettono osservare una tendenza in crescita. L’Accordo di associazione La temporaneità e vulnerabilità di fronte alla disciplina multilaterale dei sistemi unilaterali di preferenze, hanno
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portato i paesi andini a sottoporre alla Commissione europea, nel quadro del Meccanismo di dialogo politico, la sottoscrizione di un Accordo di Associazione di carattere più ampio, che incorpora la formazione di una zona di libero scambio per dare maggior sicurezza di accesso al mercato europeo. Nella riunione UE-CAN, svoltasi a Quito il 28 Aprile 2004, le delegazioni hanno riconosciuto l’importanza di rafforzare le relazioni con un Accordo di Associazione che includa un Trattato di libero commercio (Tlc), il tutto per dare impulso agli obiettivi all’Accordo di Madrid del 2003. La delegazione della Commissione europea ha spiegato che i negoziati si svolgerebbero in due fasi: nella prima si realizzerebbe uno scambio di informazioni e di esperienze dei due processi, il cui risultato determinerebbe l’avvio di una seconda fase di negoziati. Successivamente nel vertice di Guadalajara del Maggio 2004, i governanti della CAN e dell’UE stabilirono che la prime fase consisterà in una “valutazione congiunta del processo di integrazione andino”, per poi continuare con i negoziati. Nella riunione della Commissione mista svoltasi a Bruxelles il 21 Gennaio 2005, fu lanciata ufficialmente la fase della valutazione congiunta, con la creazione di un gruppo di lavoro di alto livello ad hoc, responsabile delle analisi tecniche necessarie e della preparazione di un rapporto da sottomettere alla Commissione mista all’inizio del 2006. Criteri della Commissione europea per iniziare i negoziati. La fase di valutazione congiunta ha l’obiettivo di misurare il grado di integrazione del processo andino e determinare la fattibilità di un Tlc. A tale fine la Commissione europea ha definito alcuni criteri di base:
disfa le regole sanitarie, tecniche o d’altro tipo, potrà circolare negli altri paesi andini senza doversi sottoporre ad altre ispezioni. Allo stesso modo si esige un trattamento uniforme ai servizi, agli investimenti, ai fornitori di acquisti pubblici, e in altri temi come la proprietà intellettuale. ◆ Che esista un quadro istituzionale pienamente operativo che suppone, tra le altre cose, la presenza di istituzioni di sostegno all’integrazione, tanto dal punto di vista della legittimità, che da quelli delle decisioni e della sostenibilità finanziaria. Allo stesso modo si richiedono meccanismi effettivi di garanzia di applicazione e osservazione delle norme andine e di soluzione delle controversie tra gli Stati membri. Il processo di valutazione congiunta ha concluso la prima fase di riunioni tecniche. Il Gruppo Ad Hoc ha tenuto tre riunioni tecniche nel 2005 nelle quali sono state analizzate le aree relative ai tre criteri sopra menzionati, per valutare il livelli di soddisfacimento. Ora sarà presentato un rapporto congiunto da presentarsi alla Commissione Mista all’inizio del 2006. Questa trasmetterà le sue raccomandazioni al Consiglio europeo, in modo che, quando in maggio 2006 si terrà il vertice UE-America latina si possa stabilire se esistono le condizioni per lanciare in modo ufficiale i negoziati per un Accordi di Associazione tra le due aree che includa una zona di libero commercio.
◆ Che sia in essere una unione doganale come la definisce l’articolo XXIV del Gatt e che sia stata notificata all’Omc. Ossia l’esistenza di una tariffa esterna comune e norme doganali comuni, ossia che il prodotto europeo riceva lo stesso trattamento in qualunque dogana andina. Allo stesso modo il prodotto dovrà pagare, all’entrare nel mercato andino, una tariffa, che non tornerà a pagare se desidera passare ad altro paese.
Conclusioni I rapporti tra la CAN e l’UE hanno presentato aspetti diversi rispetto ai rapporti che i suoi membri hanno mantenuto con paesi terzi o paesi non andini. In primo luogo la relazione con l’UE non è puramente commerciale, ma anche politica, è andata avanzando concependo le relazioni commerciali non come un fine, ma come uno strumento per rafforzare e dare più stabilità agli impegni politici. Dal punto di vista commerciale la relazione si è basata sulla cooperazione e nella disponibilità a stabilire meccanismi che tengano in considerazione le differenze di sviluppo tra le due aree.
◆ Che i prodotti europei possano circolare liberamente nel mercato andino. Ciò implica non solo l’eliminazione degli ostacoli al commercio, ma anche l’armonizzazione delle regole commerciali, nel senso che una volta che il prodotto europeo è entrato al mercato andino, e sod-
In secondo luogo, oltre ai rapporti politici ed economici, viene privilegiata una maggior integrazione tra i paesi andini. Le condizioni posta dall’UE nei suoi rapporti con la CAN obbligano inesorabilmente ad approfondire lo schema di integrazione andino. In tal senso la firma di un Accordo di As-
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sociazione UE-CAN deve essere visto in un’ottica diversa da quella tradizionale. Non si tratta di un semplica Tlc che, come tutti, avrà effetti sulla struttura produttiva e commerciale dei paesi membri, ma di un accordo che genererà le basi per un rafforzamento del processo di integrazione andino di creazione di un mercato unico. Il Tlc permetterà ai paesi andini di ottenere un accesso preferenziale e stabile ai mercati dell’UE-25. in cambio l’UE chiede un accesso al mercato dei 5 paesi della CAN, concepito come un mercato unico, per ottenere i vantaggi del mercato ampliato. Solo considerando nel suo insieme il mercato andino può essre attraente per gli esportatori europei, al contrario dovranno realizzare sforzi di rilievo per rifornire cinque mercati che, per il livello di transazioni commerciali degli esportatori europei, risultano piccoli e economicamente non vantaggiosi. Dal punto di vista della CAN, se la condizionalità del’UE può costituire un obiettivo difficile da raggiungere, rappresenta l’opportunità per avanzare nel programma di armonizzazione delle norme commerciali e costituire il tanto desiderato mercato comune andino. La sua costituzione permetterà rafforzare la presenza della CAN sullo scenario internazionale, renderla attrattiva per gli investitori e esportatori dei paesi terzi e potenziare le sua capacità per inserirsi in mercati terzi in modo congiunto, oltre ad aumentare la sua capacità di negoziazione internazionale. D’altra parte, trattandosi di un Accordo di Associazione che va al di là del Tlc, perchè concepisce la relaziona tra le parti come un partenariato, includerà meccanismi complementari di cooperazione politica ed economica. Quanto alla prima si stanno stabilendo le basi per rafforzare il Dialogo Specializzato contro le Droghe per ritrovare il principio di responsabilità condivisa nella lotta contro il flagello della droga che si è perduto con il nuovo Spg. Inoltre vengono rafforzate le aree della cooperazione tecnica non rimborsabile per rafforzare il processo di integrazione commerciale andino, contribuire alla coesione sociale e appoggiare la partecipazione della società civile nel processo di integrazione. La possibilità di negoziati con l’UE, soggetta alla valutazione dello stato dell’integrazione andina, è un elemento di trascendente importanza nel futuro delle relazioni tra la CAN e l’UE e per lo sviluppo del medesimo processo di integrazione.
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BENEFICI PER CHI ESPORTA DALLA COLOMBIA di Juan Guillermo Castro
allargamento dell’UE a dieci nuovi paesi membri dal 1° maggio del 2004 ha determinato una situazione con opportunità che gli imprenditori devono conoscere e valutare. L’UE è passata da 10 a 25 membri, mentre la sua popolazione è cresciuta di un 20%, il che ne fa il più grande mercato unico del mondo in quanto a numero di consumatori. Questo allargamento è il maggiore che l’UE abbia realizzato nella sua storia. Negli ultimi cinquanta anni, ed in modo speciale dagli anni ’80, molto è stato fatto per eliminare le barriere tra le economie nazionali dell’UE e per creare un mercato unico nel quale i beni, le persone, i capitali e i servizi possano circolare liberamente. Il commercio intra-comunitario è cresciuto in modo straordinario e allo stesso tempo l’UE è divenuta una potenza commerciale di scala mondiale.
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L’UE, secondo partner commerciale della Colombia. L’UE è in questo periodo il nostro secondo partner commerciale, dopo gli Stati Uniti. Seguita dai paesi della Comunità Andina. Nel 2004 il commercio complessivo della Colombia con l’UE è stato di 4.418,3 milioni di dollari, con un incremento del 13,8% rispetto all’anno precedente. Nello stesso anno 2004 le esportazioni colombiane alla UE sono salite del 23,7%, su base annua, raggiungendo i 2.320 milioni di dollari. D’altra parte le importazioni colombiane hanno presentato un incremento del 5,3%, raggiungendo i 2.298,3 milioni di dollari. Nell’ambito dello schema SPG Droga, si manifesta un chiaro aumento delle esportazioni preferenziali della Colombia, che nel 2003 hanno raggiunto i 306,7 milioni, superando l’ammontare accumulato dei precedenti quattro anni. Inoltre è aumentato il grado di partecipazione nelle esportazioni colombiane. Ecuador e Colombia sono i paesi che più si beneficiano dell’SPG Droga in termini di occupazione diretta e indiretta, con 69 mila e 49 mila posti di lavoro rispettivamente. Per quanto precede possiamo concludere che l’effetto del passaggio della Colombia dall’SPG “Regime Droga” all’SPG Plus è positivo, tenendo conto che sono mantenuti ed approfonditi i benefici. Il nuovo schema dell’SPG e l’SPG Plus. L’analisi del Regolamento (CE) 980/2005 approvato dal Consiglio il 23 giugno di quest’ anno indica che il nuovo regime dell’SPG è molto simile a quanto era stato annunciato. Consta di tre schemi preferenziali: l’SPG generale, l’SPG Plus, e il regime a favore dei paesi meno avanzati (PMA). In questa nuova versione la lotta contro la droga assume Utilizzo dell’ SPG “Regime droga” un ruolo secondario e dimiEsportazioni colombiane all’UE (migliaia di dollari) nuisce la visibilità della corre1999 2000 2001 2002 2003 Media. 99-03 sponsabilità. Bisogna sottoli850.652 280.555 268.819 258.245 306.689 392.992 neare che la lotta anti-droga è Grado di partecipazione delle esportazioni colombiane (percentuali) un requisito da osservare, ma 1999 2000 2001 2002 2003 non è riconosciuto alcun be44.6% 16.2% 15.7% 15.9% 16.4% neficio ai paesi che frontegFonte: Comunidad Andina. giano problemi legati allo svolgersi nel proprio territorio di produzioni di sostanze illecite, sarebbe a dire che nel nuovo regolamento non si riflette in termini concreti una responsabilità condivisa. In materia di convenzioni vi è sufficiente flessibilità per rispettarle. In ogni caso
è necessario che ogni paese faccia un bilancio sulla ratifica delle differenti convenzioni che sono richieste come requisito per accedere alle preferenze. Bisogna considerare, egualmente, i condizionamenti contenuti nel regolamento per mantenere le preferenze, che sono in relazione al soddisfacimento delle misure di conservazione delle risorse di tonno, alla preservazione dei delfini, vale a dire quanto ha relazione con il CIAT e con l’ADPIC. Per quanto riguarda la gradualità, misura che era contemplata, assieme ad altri parametri nel regolamento anteriore e che ha creato problemi nel settore dei fiori, frutta, piante verdi e ortaggi, nel nuovo schema la Colombia e i paesi andini sono adeguatamente coperti dai parametri inclusi nel regolamento, senza rischio, molto di sicuro nei prossimi dieci anni. L’ SPG generale ha avuto maggiori benefici che non l’SPG Plus, dato che nel primo sono inclusi prodotti che avevano benefici solo nel regime droga; in tal modo si è uguagliato il numero di prodotti contenuti nei due regimi. La principale differenza sta nella liberalizzazione tariffaria totale per i prodotti sensibili nel regime speciale di stimolo, di fronte ad un ribasso parziale, per gli stessi prodotti, nel regime generale. Rispetto ai prodotti non sensibili in entrambi i regimi, la liberalizzazione è totale. Principali prodotti colombiani beneficiati con l’SPG Plus. La Colombia ha tratto vantaggio passando dall’SPG “Regime Droga” all’SPG Plus. In tal modo 7.200 prodotti potranno entrare nell’UE senza pagare alcun dazio. Il maggior beneficio riguarderà i prodotti agricoli ed agro industriali che da un livello di tariffe alto otterranno una tariffa pari a zero. Per esempio il tonno dal 24%, le banane dal 16%, gli ortaggi, la frutta e i fiori dal 12%, i tessili dal 12% passano a un dazio nullo. In particolare: ◆ Fiori, frutta tropicale, banane, ortaggi, mandarini (che erano gravati nel regime droga), cipolle, cavoli, cavolfiori, e insalate e verdure; ◆ Gamberi (3,6%); ◆ Tonno e in generale prodotti della pesca; ◆ Estratti di caffé, caffé decaffeinato, tostato, macinato e liofilizzato, olio di palma, tabacco, cacao e succhi di frutta; ◆ Cuoio e pelli (liberalizzati), borse, scarpe; ◆ Tessili, abbigliamento, biancheria, velluto, calze, pantaloni. ◆ Polimeri, polipropilene, vetro temperato, erbicidi, pesci ornamentali, alimenti per cani e gatti. Dobbiamo sottolineare che l’accesso dei prodotti colombiani al mercato europeo è determinato dalle seguenti condizioni: a. Il 63% circa delle esportazioni è totalmente liberalizzato dall’NMF o SPG Generale, tra questi: carbone, caffé e nichel (esportazioni tradizionali); b. Circa il 17% delle esportazioni sono beneficiate dall’SPG Plus, quasi tutte a dazio zero; c. Il restante 20% è gravato da dazi, ma il 18% di questa percentuale corrisponde alle banane; d. Di conseguenza, l’80% del totale delle nostre esportazioni è liberalizzato. Commercio Globale L’UE è stata tradizionalmente una dei partner commerciali più
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importanti della Colombia. All’inizio degli anni ’90 occupava il secondo posto come destinazione delle nostre esportazioni, dopo gli Stati Uniti. Tuttavia dal 1997 è stata superata dalla Comunità Andina, Can. Mentre nel 1991 il 27,5% delle esportazioni sono state vendute nel mercato dell’UE, nel 2004 questa percentuale è stata del solo 13,7%. Un risultato che è stato influenzato solo in misura marginale dall’Allargamento. Con riguardo alle importazioni l’UE è il secondo fornitore della Colombia, anche se in questi ultimi anni la sua quota si è leggermente ridotta. Nel 2004 il commercio globale tra la Colombia e l’UE ha raggiunto i 4.565 milioni di dollari, con un incremento del 12,8% rispetto all’anno precedente. Esportazioni Le esportazioni verso l’UE hanno registrato un massimo di 2.600 milioni nel 1997, ma da questa data si è registrata una tendenza decrescente. Tuttavia, durante il 2003 ed il 2004 il livello delle esportazioni ha manifestato un recupero, tornando al di sopra dei 2.000 milioni esportati nel 1991. Sette prodotti rappresentano circa l’85% del totale esportato dall’UE. Il cambiamento più importante lo piazzamento del caffé dal primo al secondo posto e il fatto che il carbone è al primo. Altro aspetto di rilievo è l’aumento dell’incidenza di prodotti come la banana, il nichel, i fiori e la chimica di base. Le esportazioni verso i dieci nuovi paesi membri si concentrano, praticamente, nei sette prodotti dell’UE-15, ma il loro peso relativo è maggiore. Carbone e caffé, i prodotti più importanti, rappresentano il 71% del totale esportato nel 2003. I sette primi prodotti rappresentano il 92% delle esportazioni nel medesimo anno. Nel 2004 le esportazioni colombiane all’UE presentano un incremento del 22,1% rispetto all’anno precedente, raggiungendo i 2.290,5 milioni. I maggiori prodotti esportati in quest’anno 2004 sono stati il carbone (38,2%), caffé (15,0%), nichel (13,4%). Banane (11,1%), fiori (2,7%), abbigliamento (1,8%), prodotti del caffé (1,3%) e gamberi (0,8%). Sempre nel 2004 i maggiori acquirenti di prodotti colombiani nell’UE sono stati l’Olanda (16,6%), Italia (15,6%), Belgio (12,6%), Regno Unito (12,1%), Germania (11,5%) e Spagna (9,2%). Lo sfruttamento delle preferenze unilaterali concesse dall’UE (Spg e regime droga) mostra una tendenza decrescente, il livello di utilizzo si è ridotto, in media, del 60% tra il 1992 ed il 1999 sino a livelli inferiori al 20% a partire dal 2000. La principale spiegazione deriva dall’esclusione del caffé dai benefici dell’Spg, per il fatto di essere passato ai prodotti con dazio zero. Importazioni L’UE è il secondo fornitore della Colombia, dopo gli Stati Uniti. La sua partecipazione nel totale importato tende a ridursi, mentre nel periodo 19931999 aveva rappresentato il 18,1% delle importazioni, nel periodo 2000-2004 è scesa al 14,8%. La contrazione delle importazioni a partire dal 1999 è da porsi in relazione con la crisi dell’economia colombiana che ha influito negativamente sugli ac-
quisti dall’UE. Germania e Francia sono i maggiori fornitori delle importazioni della Colombia dall’UE, anche se sono diminuite dal 52% del 1991 al 47% del 2003. Il regno Unito è il paese la cui partecipazione si è maggiormente ridotta. Italia e Spagna sono quelli che l’hanno maggiormente aumentata. A differenza di quanto succede con le esportazioni, le importazioni sono molto differenziate. I principali 20 prodotti importati nel periodo 2001-2003 rappresentano solo il 23% del totale degli acquisti nell’UE. Tra questi prodotti sono di rilievo gli aerei, i medicinali e i vaccini per uso umano, apparecchi telefonici e alcuni prodotti chimici (come il cloruro di potassio e il nitrato di ammonio). Il solo prodotto primario che appare tra i primi 20 è l’orzo, con importazioni per 21 milioni di dollari all’anno nel periodo 2001-2003. D’altro canto le importazioni che la Colombia ha realizzato nell’UE nel 2004 presentano un incremento del 4,2% rispetto all’anno anteriore. Raggiungendo i 2.274,5 milioni. Gli acquisti realizzati dalla Colombia nell’UE in questo anno sono stati costituiti fondamentalmente da: macchine e impianti (38,1%), prodotti della chimica di base (29,4%), prodotti della metallurgia (5,8%), carta (4,1%), autoveicoli (3,6%). I principali partner di vendita sono stati: Germania (29,2%), Francia (12,9%), Italia (12,9%), e Spagna (10,0%). Bilancia commerciale E’ stata prevalentemente negativa dal 1991. In quell’anno è stato registrato l’ avanzo più alto del paese nel periodo analizzato. (1.091 milioni). Negli anni successivi solo nel 1994, 1995 e 1999 vi è stato un saldo positivo. Infine vi è da notare che la Colombia ha avuto una bilanci commerciale deficitaria con la UE negli ultimi anni, per ammontari che hanno oscillato dai 193 milioni (2002) sino a 410 milioni (2001). Nel 2004 si è avuto un saldo positivo di 15 milioni. Le relazioni commerciali Colombia-Italia. Le relazioni commerciali bilaterali tra la Colombia e l’Italia stanno attraversando uno dei migliori momenti. Sono particolarmente dinamiche le esportazioni colombiane di prodotti che godono del trattamento preferenziale dell’SPG, quali il cuoio e le pelli, preparazioni e conserve di tonno, pantaloni lunghi e corti, tabacco e vari tipi di dolciumi. Nel 2004 l’Italia è diventata il secondo partner commerciale dopo l’Olanda ed è seguita dal Belgio, Regno Unito e Germania. Quest’ultimo paese tradizionalmente è stato il maggior partner commerciale della Colombia. Nel 2004 il commercio globale colombo-italiano è
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stato di 652,5 milioni, con un incremento del 16,5% rispetto all’anno anteriore. Il commercio globale con l’Italia rappresenta circa il 2,1% dell’interscambio mondiale della Colombia. Nello stesso anno le esportazioni colombiane verso l’Italia sono state pari a 358,4 milioni, superiori del 25,7% all’anno anteriore. Le importazioni colombiane dall’Italia assommano a 294,2 milioni, con un incremento del 13,3% su base annua. Si sono concentrate in gasolio (3,4%), medicamenti per uso umano, (2,3%), tessili (2,1%), parti di turbine a gas, (2,1%), e apparecchi per la telefonia (2,0%). Quale conseguenze del buon andamento delle esportazioni, la bilancia commerciale sta favorevole per la Colombia per 64,2 milioni, nel 2004, confermando la tendenza registrata nel 2003. Prodotti colombiani potenzialmente esportabili verso l’Italia. Tenendo conto delle importazioni italiana dai paesi con Pil pro-capite simile a quello della Colombia nell’ultimo anno e l’offerta esportabile della Colombia, sono 234 i prodotti potenzialmente esportabili, tra questi: ◆ Fiori ◆ Estratti, essenza e concentrati di caffé ◆ Tessili e abbigliamento ◆ Cuoio e suoi prodotti ◆ Prodotti della pesca ◆ Frutta tropicale ◆ Marmellate ◆ Cemento (Clinker) ◆ Prodotti in carta ◆ Farmaceutici ◆ Prodotti in plastica ◆ Artigianato ◆ Gioielleria
Dopo l’ SPG Plus Con gli attuali requisiti per accedere all’SPG Plus, i paesi beneficiari devono, comunque, soddisfare criteri ambientali, sociali e di lavoro. Per quanto detto sinora la nostra posizione non è delle migliori sin tanto che non avremo firmato accordo di libero scambio con l’UE. Tale eventuale Accordo di Associazione potrebbe includere temi quali: il dialogo politico, beni e servizi, norme tecniche e sanitarie, difesa commerciale, soluzione delle controversie, investimenti, concorrenza, ecc.., inoltre settori di specifico interesse per l’’una o l’altra parte. Inoltre un Accordo di Associazione di quarta generazione ci permetterebbe riequilibrare i nostri Interscambio commerciale Colombia - Italia (Milioni di $) rapporti con l’UE, e consolidare il nostro accesso ANNO EXPORTAZIONI IMPORTAZIONI BILANCIA COMMERCIO preferenziale al suo merFOB CIF COMMERCIALE GLOBALE cato, nella piena sicurezza 2002 221.610.000 205.987.000 15.623.000 427.597.000 giuridica per gli imprendi2003 285.174.000 259.647.000 25.527.000 544.821.000 2004 358.425.000 294.211.000 64.214.000 652.636.000 tori e investitori internaFonte: DANE, DIAN, MINCOMEX zionali e andini.
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PanAL Dossier IL SISTEMA DI PREFERENZE GENERALIZZATE
OPPORTUNITÀ COMMERCIALI E D’INVESTIMENTO CON IL PERÙ di Juan Carlos Mathews a quando il Perù, nel 2002, ha creato il Ministero del Commercio estero e turismo, la Commissione per la promozione delle esportazioni (Prompex) vi aderisce e formula il Piano strategico nazionale per le esportazioni (Penx) che rende pubblico l’impegno allo sviluppo nazionale tramite la partecipazione competitiva ai mercati internazionali dei nostri migliori prodotti e servizi. Allo stesso modo viene stabilito che l’integrazione dell’economia peruviana all’economia internazionale si baserà sull’uso dei distinti meccanismi promossi dall’Omc. In tal senso oggi il Perù sta negoziando accordi di libero commercio con StatiUniti, Tailandia, Singapore, Messico, Cile, che si sommano al Mercosur e alla Comunità andina (Can).
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Nel caso dell’UE è previsto, per la seconda metà del 2006, l’avvio di negoziati con la Can per un Trattato di libero commercio (Tlc). Questa apertura raccoglie favori per il fatto di coordinarsi con le azioni che il Penx contiene in materia di sviluppo dell’offerta esportabile, facilitazioni commerciali, apertura e consolidamento dei mercati e sostegno di una cultura delle esportazioni.
Perciò gli sviluppi dal 2001 ad oggi sono di rilievo: ◆ Le esportazioni rispetto al Pil sono cresciute dal 12% del 2001 al 22% del 2005; ◆ Le imprese esportatrici sono aumentate da 4.120 nel 2001 a più di 5.400 nel 2005; ◆ I prodotti esportati sono cresciuti da 2.868 nel 2001 a oltre 4.000 nel 2005; ◆ Dai 153 mercati del 2001 siamo passati a oltre 170 nel 2005. I rapporti commerciali Perù - UE. I 25 paesi membri dell’UE rappresentano il secondo socio commerciale del Perù, dopo gli Stati Uniti. Nel 2004 il Perù ha esportato all’UE per 3.007 milioni di dollari, ossia il 24% delle esportazioni mondiali. Di que-
A tutt’oggi sono stati preparati e sono in esecuzione 10 piani operativi settoriali di esportazione di prodotti agricoli, pesca, abbigliamento, gioielleria, artigianato, prodotti in legno, cuoio e calzature, chimica, metalmeccanica, servizi. Per assicurare lo sviluppo di questi prodotti è stato necessario preparare ogni regione del paese. Oggi, 16 regioni su 24 dispongono di un Piano regionale di esportazioni (Perx) ai quali si aggiungono 45 piani operativi per prodotti. In materia di competitività e facilitazione del commercio stiamo implementando il Piano generale di facilitazione del commercio, che prevede 152 misure a favore delle esportazioni in materia di competitvità fiscale, dogane, accesso ai finanziamenti, infrastrutture e servizi di trasporto marittimo aereo e terrestre. In meno di tre ani di esecuzione del Piano il 25% è gia stato realizzato. Infine stiamo realizzando Piani operativi di mercato, con l’obiettivo di sfruttare intensamente i mercati nei quali siamo presenti, attraverso schemi bilaterali o unilaterali di preferenze tariffarie. Tale sforzo esportatore, sostenuto fortemente dal settore privato, ha prodotto una crescita notevole delle esportazioni peruviane negli ultimi anni. Possiamo indicare che sono cresciute del 10% nel 2002, 17% nel 2003 e 38% nel 2004, mentre per il 2005 ci attendiamo un 30%. Tale crescita si spiega con gli alti prezzi dei minerali, con l’iniziativa privata pura e con l’implementazione del Penx che ha dato un contributo ad aumentare il volume dei prodotti di esportazione non tradizionali.
sti 2.987 milioni vanno all’UE-15 e 20 milioni ai 10 nuovi paesi membri. Quanto alle importazioni l’UE-25 è il maggior mercato di acquisti, dal momento che vi si concentra il 13,3% delle importazioni del Perù nel 2004. Le esportazioni peruviane vero l’UE mettono in evidenza una tendenza positiva del 1998 ad oggi, il che spiega l’avanzo commerciale. Nel 2004 questo è stato di 1.762 milioni. A livello di paesi il Regno Unito rappresenta il principale mercato, dal momento che assorbe il 37% delle nostre esportazioni all’UE. L’oro in barre è il maggior prodotto esportato. Tra i 10 nuovi membri, la Lituania è il maggior acquirente, coprendo circa il 60% delle nostre vendite su quei mercati. Il maggior prodotto esportato è la farina di pesce. Prodotti bandiera del Perù e l’Spg. Il Perù ha lanciato nel Settembre 2005 i primi prodotti emblematici, chiamati “Prodotti bandiera”. Ciò al fine
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Conclusioni. Nel 2003 l’UE ha firmato nuovi accordi di dialogo politico e di cooperazione con i paesi dell’America Centrale e della Can, che stanno preparando il terreno per un Accordo di Associazione. E’ nostro interesse avanzare nel processo di valutazione congiunta dell’integrazione andina e che questo avvicinamento porti, effettivamente, nel 2006 all’avvio di negoziati per un Accordi di Associazione UE-Can, che promuova la crescita economica e lo sviluppo in entrambe le regioni.
di promuovere gli stessi nei mercati esteri, proteggerne l’origine, sostenerne le esportazioni. Il lancio dei “Prodotti bandiera” è parte del Penx. I sette “Prodotti bandiera” sono. Camelidi sudamericani Il Perù possiede più dell’80% dei camelidi sudamericani. Alpaca, vicuña, lama e guanaco offrono fibre di qualità che godono di una significativa domanda nei mercati internazionali. L’industria tessile di questi prodotti offre una vasta gamma di abbigliamento come cappotti, scialli, pull-over, gonne e accessori, che fanno bellamostra di sé nelle passerelle internazionali. Ceramiche Chulucane. La ceramica chulucana è una degli articoli che più stanno avendo successo nel mondo. Per via della bellezza delle forme e la raffinatezza delle finiture. Ogni pezzo è elaborato in differenti disegni, utilizzando tecniche di cottura e pittura che danno enfasi alla qualità dell’argilla, principale ingrediente che imprime purezza e
perfezione al prodotto. L’uso di tecniche che combinano conoscenze antiche con quelle attuali, danno come risultato un prodotto utile e moderno. Gastromia La ricchezza culturale della storia del Perù si riflette in una gastronomia saporita, varia e nutriente. La diversità ecologica e climatica del nostro paese offre prodotti come pesce, gamberetti, asparagi, avocado, mango, carciofi, tra gli altri, che permettono di preparare piatti antichi, con una perfetta combinazone di tradizione e modernità. Cotone, Pisco, Lucuma e Maca Non si tratta di una lista restrittiva, ma prossimamente si lavorerà con altri prodotti come la gioielleria e oreficeria, carciofi, asparagi, grani andini, e altri che saranno proposti come prodotti bandiera. Abbiamo posto in evidenza i prodotti bandiera perché acuni di questi sono nella lista di quelli favoriti dall’Spg+. L’Spg dell’UE ha permesso il rafforzarsi del settore esterno dell’economia peruviana, per via del fatto che sono aumentate le esportazioni verso quest’area. Grazia a ciò si sono originate domande dirette ed indirette che stimolano la produzione del paese e che generano nuovi posti di lavoro e maggior efficienza nella produzione, in tutto il paese.
L’Spg Plus, e speriamo nel medio termine il Tlc con l’UE, costituiscono una immensa opportunità per il Perù. Le esportazioni di beni e servizi sono, infatti, il detonante degli investimenti e, nel caso del Perù, sosterrà gli investimenti a lungo termine. Investimenti dei quali abbiamo bisogno per diminuire la povertà e creare maggior opportunità per i peruviani e, vice versa, per gli europei. Questi investimenti di lungo periodo generati dal maggior commercio permetteranno un sano interscambio di prodotti e renderanno più complementari i sistemi industriali delle due arre economiche. I prodotti manifatturati della nostra industria agroalimentare sarano complementari con i beni capitale e intermedi che l’Europa produce in modo competitivo. Allo stesso modo saranno promosse le joint venture e l’interscambio di franchising, non bisogna poi dimenticare che stiamo vivendo un boom della gastronomia peruviana, che ha più elevate possibilità, dal momento che i nostri chef hanno studiato in Europa. Infine vi sono i grandi investimenti dei progetti minerari ed energetici, così come la infrastruttura dei trasporti. L’accesso preferenziale del Perù al mercato europeo, attraverso l’Spg ha avuto un impatto significativo sulle esportazioni e sulla generazioni di posti di lavoro. L’Spg è stato un elemento fondamentale per duplicare le esportazioni con un anno di anticipi rispetto agli impegni assunti da questo Governo. Tuttavia la firma di un Accordo di Associazione con l’UE assicurerà permanentemente questo accesso preferenziale e potenzierà i suoi benefici per le nostre popolazioni.
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PanAL Investimenti BUONE OPPORTUNITÀ DI INVESTIMENTI IN PERÙ
UN PAESE IN CRESCITA ACCELERATA
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uesti ultimi sono stati anni eccellenti per l’economia peruviana. Le esportazioni, misurate in dollari, si sono raddoppiate nel passato quinquennio, mentre il Pil, dopo essere cresciuto in modo sostenuto nel corso del medesimo periodo, aumenterà a un tasso superiore al 6% nel 2005. Ciò ha fatto sì che il Paese abbia uno degli indici di rischio più bassi della regione. Nello stesso tempo sono in realizzazione importanti progetti di investimento nella regione tra i quali quelli relativi all’estrazione, distribuzione interna ed esportazione del gas naturale (Progetto Camisea); importanti assi viari di interconnessione con il Brasile e sviluppi minerari che fanno del Perù un leader mondiale nella produzione di metalli come oro, argento, rame, molibdeno, zinco, piombo, stagno, ecc. Per quanto riguarda i settori di esportazione, oltre a quello minerario e gli idrocarburi, vi è la pesca con circa 1.500 milioni di dollari, l’agricoltura con 1.400 e il tessile-abbigliamento con 1.300, inoltre sono da segnalare altre esportazioni di prodotti manifatturati per 2.000 milioni. Sono molto buone le prospettive per le esportazioni agricole, principalmente ortaggi, frutta e alcuni gra-
ni, come il caffè, poi ancora asparagi, paprika, carciofi, mango, uva e avocado. Anche il settore tessile e dell’abbigliamento ha un potenziale interessante dato che il Perù è il maggiore produttore della lana di alpaca e vicuña nel mondo. I produttori tessili del paese hanno una grande esperienza nella fornitura “full package” di tessuti in cotone, specialmente esportati negli Usa, e partecipano in modo crescente nel disegno dei modelli richiesti dai vari clienti. Altri settori che senza dubbio attraggono importanti investimenti sono l’acquicoltura, l’attività forestale sostenibile, la gioielleria e il turismo. Il paese è caratterizzato da una grande diversità di climi e da una notevole biodiversità il che sostiene lo sviluppo del turismo ecologico, oltre a quello diretto verso i numerosi siti archeologici delle culture Inca e pre-Inca. I flussi turistici crescono a ritmi che oltrepassano il 20% annuo, il che si giustifica con gli attestati che, tanto la città di Cuzco, come il santuario archeologico di Machu Picchu hanno ricevuto come migliori destinazioni turistiche da varie riviste internazionali specializzate. In tal modo il Perù offre una gamma di opportunità di investimento basate sulla possibilità di sfruttare le sue vaste risorse naturali
e sulla necessità di sviluppare una infrastruttura che permette l’inclusione economico-produttiva delle differenti regioni dell’interno del paese. E’ un obiettivo nazionale che il Perù si trasformi in una piattaforma esportatrice ed in un hub per l’interconnessione con i paesi della Conca del pacifico e con gli Stati Uniti. ProInversión, la Agenzia di Promozione dell’Investimento Privato, ha un portafoglio di progetti che fluttuano tra i 4.000 e i 5.000 milioni di dollari, che vanno dai grandi progetti minerari a quelli turistici, alle opere per infrastrutture. Allo stesso tempo ProInversión offre servizi di informazione e orientamento sulle possibilità di sviluppare investimenti nel paese, svolge consulenze e organizza l’agenda di visite da parte di investitori potenziali, assiste e consiglia gli investitori nelle pratiche per la realizzazione di investimenti e promuove anche iniziative d’affari di promotori locali tra i possibili investitori stranieri interessati o altre fonti di finanziamento. Maggiori informazioni si possono ottenere inviando una mail a info@cefial-servizi.org o visitando il sito: www.proinversion.gob.pe.
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IL NUOVO TESORO DEL PERU
IL CONTRIBUTO DELL’UNCTAD ALLO SVILUPPO DECENTRATO DEGLI INVESTIMENTI di Fiorina Mugione ra gli Stati dell'America Meridionale in forte crescita, il Perú presenta un mix complesso di potenzialità economiche, valori storici e una biodiversità molto varia. E’ un paese proiettato nel futuro con risorse naturali abbondanti e diversificate. Nonostante gli ostacoli frapposti dalle barriere naturali, investimenti pubblici e privati ne stanno sviluppando l’infrastruttura necessaria a superarli. Ambiziosi progetti viari che lo collegheranno al Brazile finalmente allacceranno i due oceani Pacifico e Atlantico. Nuovi porti e aeroporti lungo la costa del Pacifico stanno creando differenti opportunità di sviluppo economicocommerciale con l’area asiatica. La nuova rete faciliterà gli scambi regionali con il Nord ed il Sudamerica, ed anche il commercio con l’Europa.
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Il Perù è tuttavia alla ricerca di modelli organizzativi propri e nel mondo globale, tenta di ripercorrere cammini già sperimentati nel passato. Gli Inca tra il XII e in XV secolo riuscirono a creare su una superfice più estesa dello Stato attuale una tecnica urbanistica e una capacità di organizzazione trasversale del territorio che, oggi, è possibile riproporre, adattandola. Gli anni Novanta hanno segnato la forte ripresa dell'economia peruviana e l’esplosione degli investimenti esteri - attirati soprattutto dalle privatizzazioni. La crescita fu tuttavia arrestata dalla crisi finanziaria del 1997 e dallo stallo degli investimenti. Uno studio dell’UNCTAD realizzato nel 2000 tracciava le linee delle riforme istituzionali e di politiche per un rilancio degli investimenti. Le riforme istituzionali suggerivano la creazione di un’agenzia nazioLa Divisione sugli Investimenti, la Tecnologia e lo Sviluppo delle Imprese dell'UNCTAD analizza le tendenze degli investimenti diretti esteri (IDE) ed il loro impatto sullo sviluppo; aiuta i paesi nella promozione degli investimenti internazionali e nella comprensione delle tematiche relative agli accordi internazionali sugli investimenti; formula strategie per lo sviluppo delle piccole e medie imprese; identifica opzioni e strumenti per una politica di sostegno all'uso delle nuove tecnologie e mette in atto programmi per lo sviluppo di capacità locali. Investment Policy Reviews (IPRs), in particolar modo, offrono assistenza tecnica e sostegno istuzionale ai Paesi in Via di Sviluppo nella defini-
nale di promozione degli investimenti Proinversión - ed un riorientamento degli investimenti in tre settori chiave - le infrastrutture - con schemi di partneriato pubblico - privato, l’agroindustria ed il turismo. Nei settori giá consolidati – come pesca, tessile e confezioni, e minerario – gli investimenti esteri – suggeriva lo studio - potranno consolidare i vincoli con l’economia locale, e puntare su innovazione e competitività. Lima e la sua agglomerazione metropolitana - ormai estesa fino alla costa - ha finora concentrato l’ottanta per cento dell’afflusso degli investimenti esteri. Il processo di decentralizzazione che coinvolge il paese e le sue istituzioni sin dal 2001, si sta ora consolidando. Sulla base di dati preliminari nel 2005, gli investimenti esteri nel Perú hanno raggiunto US$ 2.5 miliardi - in aumento del 38 per cento rispetto all'anno precedente. Molti progetti sono in nuovi centri di sviluppo come Ica, Lambayeque, Arequipa, Ancash.
zione di politiche nazionali per l'attrazione dell'IDE, al fine di migliorarne l'impatto sull'economia locale.
IPRs mirano ad: ◗ Assistere i singoli paesi nell'adozione di politiche di attrazione degli investimenti che rispondano ai migliori standard internazionali ◗ Identificare strumenti specifici che aiutino i governi a beneficiare dall'IDE, impegnandosi per la creazione di un clima positivo per la crescita degli investimenti e per lo sviluppo sostenibile.
L’UNCTAD ha proposto – dopo un’analisi in tre regioni pilota, Arequipa, Cusco e Lambayeque un partenariato con le regioni e le amministrazioni provinciali per creare una rete di promozione decentralizzata che ne favorisca lo sviluppo locale. Nel territorio si stanno formando le “agenzie di sviluppo degli investimenti”, che collaborando con Proinversión e con la rete diplomatica peruviana all’estero potranno formare un’alleanza strategica. L’UNCTAD – con un progetto finanziato dal Governo Spagnolo – collabora con queste istituzioni nazionali e regionali per la promozione in Perú degli investimenti esteri nei settori con alto potenziale che favoriscano la creazione di occupazione e lo sviluppo delle esportazioni. Tra i nuovi tesori del Perú – tre prodotti faro raggiungono il mercato mondiale ma non ne sfruttano tutte le potenzialità. Paprika, carciofo, e peperoncino sono i tre prodotti selezionati. L’obiettivo è trasformare queste esportazioni di prodotti naturali in prodotti industriali per i mercati esteri con più alto valore aggiunto – per esempio come conserve, o ingredienti per l’industria farmaceutica. Il processo consiste in: ◗ Uno studio diagnostico condotto dallo staff dell'UNCTAD e da esperti internazionali. ◗ Un' analisi comparativa sulla base delle esperienze di altre agenzie di promozione degli investimenti. ◗ Lo sviluppo di capacità locali in seno alle agenzie di promozione degli investimenti, in un approccio integrato con altre agenzie governative. Negli ultimi 10 anni, il programma IPR ha fornito assistenza ai seguenti paesi: Algeria, Benin, Botswana, Colombia Lesoto, Marocco, Mauritius, Nepal, Nigeria, Peru, Rwanda, Sri Lanka, Tanzania, Uganda, Uzbekistan e Zambia.
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LA MICROFINANZA: RISULTATI E SFIDE di Alejandro Soriano a microfinanza nasce circa 30 anni fa, come effetto delle migrazioni rurali verso le città. Un fatto che ha generato importanti focolai di povertà e obbligato all’auto-occupazione informale, con attività di sopravvivenza. Il settore della micro impresa genera uno ogni tre posti di lavoro nella Comunità andina (Can), in alcune città più popolate occupa più della metà della popolazione attiva. La percezione del ruolo della micro impresa è molto cambiata negli ultimi anni, oggi non è più considerata come un segmento improduttivo delle nostre economie, ma è passato ad essere considerato come un motore. Il settore esegue un lavoro di rilievo nelle creazione di posti di lavoro e redditi per le fasce meno abbienti della Regione. Anche se i micro imprenditori partecipano in modo significativo alla produzione di beni e servizi essenziali per l’economia, meno del 2,5% ha accesso a finanziamenti da fonti che non siano l’usura. Una deficienza che deve essere sanata con urgenza, tramite servizi finanziari efficienti, opportuni e sostenibili. L’esperienza indica che i servizi finanziari per essere efficienti devono essere prodotti da istituzioni finanziarie. Le istituzioni di micro finanza con maggior successi sono quelle che si sono concentrate nella micro finanza, lasciando la fornitura di servizi, come la formazione e l’assistenza tecnica, nelle mani di altre entità. La microfinanza in America latina si è sviluppata intensamente nei passati 10 anni, rafforzando gli stessi sistemi finanziari di alcuni paesi. La sostenibilità comincia con la capacità del prestatario di operare a un livello di redditività che gli permetta di offrire un servizio eccellente, senza dipendere da sussidi. La sostenibilità deve considerare i rapporti dell’ambiente sociale, culturale ed economico, che le consenta funzionare come un tutto e di ottenere risultati integrali. La microfinanza precorre la futura evoluzione dei sistemi finanziari di questi paesi, per il fatto di aver sviluppato nuove tecnologie finanziarie e aver imparato a gestire portafogli di credito in modo non tradizionale, che non si basano su ipoteche e altre garanzie su beni immobili o in avalli su altre forme di ricchezza tangibile, che perderanno d’importanza con l’evoluzione delle economie moderne. Se le future economia dipenderanno essenzialmente dal capitale umano,
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conoscenze, informazione, capacità di innovare, posizionamento nei mercati globali (per via delle facilità delle comunicazioni) e dal valore della reputazione, indispensabile per partecipare in transazioni ripetute con diverse controparti. Di conseguenza la ricchezza e la generazione di reddito saranno sempre più importanti in questi attivi intangibili. Le microfinanza hanno un vantaggio nello sviluppo di tecnologie finanziarie che si basano sulla valutazione e accumulazione di attivi intangibili. CAF E MICROFINANZA: UN’ALLEANZA CHE CRESCE. In America latina, durante gli ultimi 10 anni, nonostante la crisi di alcuni paesi, la microfinanza ha mostrato una crescita sorprendente. Se ciò che si cerca è conservare e moltiplicare i frutti di questa espansione, la trasformazione del settore deve essere accentuata. A sua volta il settore deve imparare a far fronte alle nuove sfide e ampliare la gamma dei servizi che offre, sia ai segmenti della popolazione che ora serve, sia a nuovi segmenti che in futuro potrebbero essere interessati ai suoi servizi La Corporación Andina de Fomento (CAF) ha accompagnato tale processo appoggiando il consolidarsi di una gamma di intermediari finanziari specializzati, che dispongono di tecnologie di successo nella gestione dei portafogli di credito, per captare depositi e per offrire altri servizi finanziari. La CAF ha anche appoggiato tale processo con iniziative per rafforzare il quadro regolamentare e supervisione del settore, che promuovono la concorrenza e l’entrata di intermediari finanziari in questo settore. La CAF appoggia le istituzioni della microfinanza (Imf) tramite: a) rafforzamento patrimoniale mediante partecipazioni azionarie e prestiti subordinati, b) prestiti per ampliare il portafoglio crediti, c) garanzia parziali per l‘emissione di buoni che consentano di diversificare le fonti di finanziamento, d) consulenze per il rafforzamento istituzionale. Le operazioni di appoggio a istituzioni di micro finanza sono cominciate nel 1995. Da allora la CAF è divenuta uno dei maggiori attori nel sostegno alla microfinanza della regione, con la copertura di 36 istituzioni dis-
tribuiti in 11 paesi dell’America latina, che in totale hanno approvato crediti per 329 milioni di dollari. Inoltre la CAF sostiene le autorità di vigilanza bancaria, governi e altre istituzioni nel disegno e implementazione di norme e regolamenti prudenziali che stimolano un sano mercato competitivo delle istituzioni per la microfinanza. Considerando i risultati che la microfinanza ha avuto e analizzando le sfide del futuro, la CAF considera che lo sviluppo rurale sarà una delle basi per generare nuovi mercati, innovazioni nei finanziatori e per promuovere lo spirito imprenditoriale. Tale settore dell’economia è tanto poco considerato nella maggior parte dei paesi latinoamericani, ma può convertirsi rapidamente nella valvola dello sviluppo economico e sociale dei nostri paesi. D’altra parte le istituzioni finanziarie devono essere molto più creative che nel passato. I prodotti del credito e i servizi alternativi non devono essere la sola priorità, ma deve anche essere considerata la struttura del passivo di queste istituzioni. In tal senso la CAF considera importante sviluppare i mercati dei valori latinoamericani tramite la partecipazione di IMF. Ciò per diversificare le fonti di finanziamento delle istituzioni. Per ottenere ciò è necessaria la partecipazione attiva delle società di rating che in alcuni paesi giungono alla conclusione che le entità di microfinanza amministrano meglio i rischi che non la banca tradizionale, il che ha due spiegazioni: primo, le istituzioni hanno sviluppato buoni sistemi di valutazione, monitoraggio amministrazione e recupero dei crediti; secondo, i clienti hanno sviluppato una cultura finanziaria adeguata. Gli accordi quadro di regolazione saranno la base perché i partecipanti a questa industria possano agire positivamente, dove non prevalgano le ideologie e non vi siano ingerenze politiche. TENDENZE In generale, in paesi con redditi bassi, e infrastrutture istituzionali incomplete, le microfinanze sono state e dovrebbero essere una maniera importante di completare lo sviluppo finanziario del paese, dato che contribuiscono ad aumentare l’ampiezza e la profondità della copertura dell’offerta di servizi verso strati della popolazione tradizionalmente esclusi dall’accesso ai servizi fi-
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nanziari istituzionali. Per sostenere l’accesso al credito dei micro imprenditori si devono rafforzare gli intermediari della microfinanza che hanno la capacità di offrire in forma permanente e sostenibile servizi di deposito e di credito. Le microfinanze sono entrate in una nuova dimensione nei sistemi finanziari dei propri paesi, principalmente per il fatto di essere innovatrici di prodotti e servizi. La domanda di credito è divenuta più complicata, così come quella di servizi complementari come quelli del risparmio delle rimesse e delle assicurazioni. In questa tendenza sia le istituzioni finanziarie sia le agenzie di cooperazione locali ed internazionali devono ricercare l’eccellenza, facendo dell’innovazione e dell’efficienza una bandiera di azione. D’altra parte non si deve perdere di vista il fatto che le microfinanze, per essere sostenibili, non devono attuare politiche che sussidino le iniziative imprenditoriali più piccole. Come succede in alcuni paesi dalle politiche protezionistiche e poco moderne. Al contrario si deve contare con quadri regolamentari prudenti e che ricerchino l’efficienza, redditività e autosostenibilità delle istituzioni finanziarie intermediarie. Fare leggi chiare ed adeguate permette generare nuovi e maggiori sfide di sviluppo. Per moltiplicare i risultati delle IMF, promuovendo una concorrenza sana e appoggiando nuove IMF, capaci di entrare nel mercato con tecnologie finanziarie appropriate e con strutture organizzative robuste, e necessario un quadro regolamentare e di vigilanza prudenziale adeguato e una universalizzazione dell’accesso al credito. La microfinanza deve anche tornare alle sue origini. I settore rurale può essere una valvola di sicurezza per una maggiore e migliore attenzione alla microimpresa.
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La dispersione geografica aumenta l’incidenza dei costi fissi di ogni transazione. Le insufficienze delle infrastrutture fisiche incrementano i costi di comunicazione. L’analfabetismo e la mancanza di documenti di identità incrementano i costi di mobilitazione del risparmio, nonostante che la domanda di facilità di deposito sia elevata. In effetti, organizzazioni innovatrici con presenza rurale trovano un maggior numero di depositanti che di debitori. Queste organizzazioni hanno superato gli ostacoli con diverse innovazioni, aumentando la capillarità del sistema finanziario verso le aree rurali. E’ importante, inoltre, completare lo sviluppo del quadro giuridico, in particolare per quanto riguarda le garanzie sui beni mobili e altre garanzie non tradizionali. Inoltre è importante adeguare il quadro regolamentare e di vigilanza prudenziale alle caratteristiche delle transazioni finanziarie rurali. Altro tema da sviluppare nel futuro è lo sviluppo di nuovi meccanismi di finanziamento per le IMF. Il mercato dei valori ha aperto una porta fondamentale per lo sviluppo dell’industria delle microfinanze. La possibilità di diversificare le fonti di finanziamento, di poter amministrare meglio la liquidità dell’istituzione, di poter finanziare importi maggiori a scadenze più convenienti e avere possibili benefici tributari, sono alcuni degli elementi che devono essere presi in considerazione. Definitivamente nel medio termine la tendenza sarà che i mercati di borsa abbiano nuovi attori di gran qualità, come le istituzioni finanziarie dedicate alla microimpresa. Per concludere, la microfinanza ha avuto sviluppi come pochi altri settori negli ultimi 20 anni. La microfinanza ha cercato l’innovazione in prodotti e servizi. Lo sforzo dovrà essere la ricerca di un continuo miglioramento, per migliorare il benessere dei clienti. Dal 2005 abbiamo cominciato a scrivere una nuova storia della microfinanza.
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NEGOZIATO UNIONE EUROPEA AMERICA LATINA di Cristiana Muscardini e Comunità europee prima e l’Unione europea, poi, hanno sempre stabilito relazioni importanti con i Paesi dell’America latina. Negli anni ’70 e ’80 le relazioni erano essenzialmente commerciali, con un atteggiamento critico da parte dei governi latino-americani, soprattutto per la politica protezionistica degli europei nel settore dell’agricoltura che, se non vietava formalmente l’importazione di prodotti agricoli e di carne, di fatto la limitava fortemente, a causa delle barriere doganali e delle sovvenzioni ai produttori europei. Un passo avanti fu compiuto negli anni ’90 quando l’Unione europea definì una strategia di cooperazione (1995) che, superando i limiti del semplice seppur importante commercio internazionale, voleva rafforzare i legami con questa regione del mondo, nel quadro di interessi condivisi e di una uguale visione del contesto internazionale. Obiettivi dell’UE sono un partenariato strategico per aumentare il potere di negoziato sul piano internazionale, una cooperazione economica e commerciale per inserirsi armoniosamente nel sistema economico mondiale e un accresciuto aiuto per la cooperazione. Si trattava di far fronte in modo coordinato alle nuove sfide, impegnando in questo compito anche la società civile. Il partenariato con l’America latina è iniziato a Rio nel 1992 ed è stato impostato sulla condivisione di valori e di priorità comuni, quali la ricerca della pace e la sicurezza, così come il rafforzamento della democrazia e la promozione dei diritti umani. L’esperienza europea – secondo la Commissione di Bruxelles – poteva servire come riferimento nei settori della democrazia partecipativa, dell’integrazione economica, della cultura e della formazione dei dirigenti, in un ambiente di pluralismo culturale e linguistico. Il dialogo con l’America latina viene proposto e fondato sui principi del multilateralismo, dell’integrazione regionale e della coesione sociale. Concepita per il periodo 1996-2000, la Commissione europea ha creduto necessario rafforzare la strategia del 1995 per fronteggiare in modo più efficace il fenomeno della mondializzazione, puntando sempre sui tre grandi assi della politica, dell’economia e della cooperazione. Ma indicando nello stesso tempo nuove prospettive e nuove sfide quali: il consolidamento dei sistemi demo-
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cratici, un inserimento armonioso nell’economia mondiale, il rafforzamento dei processi regionali d’integrazione, una più equa distribuzione della ricchezza, un’industrializzazione rispettosa dei principi di sviluppo durevole, un’attenzione costante all’investimento in capitale umano. Abbiamo affermato che uno dei fini del partenariato strategico è quello di rafforzare il potere di negoziato sulla scena internazionale, fondato su una visione condivisa del mondo. Il principio del multilateralismo diventa perciò essenziale per il buon funzionamento del sistema internazionale, che deve essere guidato da regole consensuali d’applicazione universale e da meccanismi multilaterali di sorveglianza. È nell’interesse comune dell’Europa e dell’America latina lavorare insieme su queste questioni. Gli ambiti prioritari riguardano l’organizzazione internazionale, la legislazione e la sua applicazione e la promozione di valori comuni. Per quanto riguarda il primo settore, prioritarie diventano la riforma delle Nazioni Unite e la creazione di meccanismi di prevenzione e di soluzione dei conflitti. Per il secondo settore: la non proliferazione di armi di distruzione di massa, il controllo dei flussi migratori, la lotta ai traffici illeciti. Per il terzo: i diritti dell’uomo, la democratizzazione, lo sviluppo durevole, la stabilità finanziaria e la giustizia sociale. Per giungere a questa alleanza strategica, il dialogo dovrebbe intensificarsi a tre livelli: quello dell’America latina nel suo insieme, quello dei raggruppamenti regionali e quello della società civile, che diventerebbe un’importante interlocutrice per democratizzare e burocratizzare la cooperazione politica. Il rafforzamento della cooperazione economica e commerciale deve tendere a inserire armoniosamente le economie rispettive nel sistema economico mondiale, attraverso strutture produttive rispettose dell’ambiente e delle regole di protezione sociale. Anche la cooperazione finanziaria deve essere rafforzata. L’Europa è il principale finanziatore dell’America latina, in particolare sotto forma di aiuti non rimborsabili. Si tratta quindi di garantire la qualità delle azioni finanziate e di assicurare una gestione irreprensibile. Nei settori d’intervento la priorità dovrà essere data alle misure d’accompagnamento ed alla azioni complementari delle politiche perseguite, che do-
vranno essere riunite in un numero limitato di settori d’attività, tenendo conto della loro coerenza. Nella comunicazione della Commissione europea sul nuovo partenariato all’alba del XXI secolo, vengono segnalati tra i temi fondamentali della cooperazione la promozione dei diritti umani, il sostegno istituzionale ed il consolidamento della democrazia e dello Stato di diritto, la lotta contro la povertà e l’esclusione sociale, l’educazione e la formazione, il sostegno all’integrazione regionale e alla cooperazione economica e industriale, la cooperazione decentralizzata nel settore della cultura e dei valori comuni. I rapporti tra l’UE e l’America latina comportano, nel loro insieme, due capitoli: il dialogo politico nel quadro del gruppo di Rio e la cooperazione imperniata sull’impostazione strategica del 1995, che si è dimostrata positiva. L’UE è il primo finanziatore (più del 60% del totale d’aiuti - circa 2,2 miliardi di euro) e è il secondo partner commerciale e investitore in questa regione Con l’America centrale la cooperazione è stabilita dall’accordo quadro del 1993, valido fino alla ratifica e all’entrata in vigore del nuovo accordo firmato nel dicembre del 2003. Il rinnovamento nel 1996 del dialogo politico di San José e la dichiarazione di Firenze dello stesso anno hanno contribuito a dare un nuovo slancio alla partecipazione dell’UE allo sviluppo della regione. Il consolidamento dello Stato di diritto, la modernizzazione delle amministrazioni pubbliche, le politiche sociali, lo sviluppo degli scambi e l’integrazione regionale sono stati gli interventi prioritari. Nel 1996, per altro, l’UE, con la dichiarazione di Roma che prevede incontri presidenziali e ministeriali, ha proceduto alla definizione di un quadro per il dialogo politico con la Comunità Andina. Questo dialogo ha permesso di giungere nel dicembre del 2003 alla firma di un accordo che sostituisce quello del 1996, che prevede la lotta alla droga e al traffico di stupefacenti e consente alla Comunità Andina di approfittare del sistema di preferenze generalizzate nelle sue
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UE-AL relazioni commerciali con l’UE. Le relazioni con il Cile sono rette dall’accordo quadro di cooperazione del 1996, che ha sostituito quello del 1990. Nel novembre del 2002 è stato firmato un accordo di associazione e alcune disposizioni (commercio, quadro istituzionale..) sono state applicate a titolo provvisorio dopo il febbraio 2003. Per quanto riguarda il Mercosur l’accordo quadro interregionale di cooperazione, firmato nel dicembre del 1995 ed è entrato in vigore il 1° luglio 1999, rafforza il dialogo politico, continua lo stabilimento progressivo di una zona di libero scambio ed approfondisce la cooperazione. Con il Messico è stato firmato nel 1997 un accordo d’associazione economica, di concertazione politica e di cooperazione, entrato in vigore nell’ottobre del 2000. E’ anche in vigore un accordo provvisorio sul commercio. E’ rafforzato il dialogo politico. È operativa la liberalizzazione degli scambi commerciali e la realizzazione di strumenti di cooperazione. A questa sintesi descrittiva, forzatamente non esauriente per motivi di spazio, sui principi e sull’attuazione del partenariato con l’America Latina va aggiunta, per informazione del lettore, la menzione del Regolamento che fissa i grandi orientamenti e le modalità di fornitura degli aiuti finanziari e tecnici alla cooperazione economica tra la Comunità europea e i paesi in via di sviluppo dell’America latina e dell’Asia, avente lo scopo di promuovere lo sviluppo di tali Paesi e lottare contro la povertà. Si deve dedurre, da tutti questi elementi, che le relazioni con l’America latina hanno raggiunto il massimo livello di cooperazione? Una risposta affermativa sarebbe troppo sbrigativa e generica, anche se sarebbe del tutto scorretta una risposta negativa. Si può invece affermare che queste relazioni hanno progredito nella giusta direzione, tra le difficoltà politiche degli Stati di quel continente, tra la crisi che ha investito le Nazioni Unite, tra le enormi complicazioni ed i grandi ostacoli che si presentano sulla via dell’affermazione della democrazia, tra le molteplici tensioni causate dai conflitti sociali. L’obiettivo dello sviluppo durevole deve rimanere la priorità delle priorità. Ma senza l’instaurazione di sistemi democratici anche lo sviluppo subirà ritardi e rinvii pericolosi per la pace sociale e gli equilibri regionali. La sosta attuale dell’Europa nel suo potenziamento costituzionale e nella sua crescita economica non deve distogliere l’attenzione delle istituzioni e dei governi europei dai legami storici e culturali con l’America latina. E’ tenendo conto di questi collegamenti vitali e dei reciproci interessi, che l’Europa e l’America latina, insieme in un partenariato efficace, potranno meglio affrontare le sfide della mondializzazione e rispondere con politiche mirate alle tensioni sociali scatenate da questo fenomeno.
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TRA IL MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI D’ITALIA E LA CAF
SOTTOSCRITTO UN ACCORDO DI COOPERAZIONE di Roberto Lippi o scorso 2 febbraio il Sottosegretario agli Esteri Giampaolo Bettamio ed il Presidente della Corporación Andina de Fomento (CAF), Enrique Garcìa, hanno sottoscritto un Accordo Quadro di Cooperazione di nuova concezione, destinato a sviluppare un’alleanza strategica tra l’Italia e l’importante Banca di Sviluppo latinoamericana, volta a favorire iniziative e programmi di cooperazione con i Paesi della Regione.
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La CAF figura infatti tra le maggiori Istituzioni Finanziarie Multilaterali in America Latina. Nata dall’accordo tra i 5 paesi andini, ha poi esteso le proprie attività a tutti i principali Paesi della Regione, costituendosi in uno dei principali volani monetari nel rilancio delle economie dell’area, canale di finanziamento strategico per importanti programmi di sviluppo infrastrutturale, sociale ed ambientale, con oltre 7 miliardi dollari di investimenti nel 2005. L’Accordo renderà operativo un Fondo di Cooperazione di nuova concezione, per il quale la Cooperazione italiana stanzierà, per il solo 2006, 5 milioni di Euro a titolo di dono. Il fondo è diretto ad incrementare il volume e l’efficacia del contributo italiano allo sviluppo dei Paesi latinoamericani ed insieme a favorire l’inserimento del nostro “Sistema-Paese” nelle operazioni che la CAF finanzia nella regione, mettendo a disposizione le migliori pratiche italiane nei programmi di cooperazione congiunti. Il Fondo permetterà di avviare diversi programmi di lavoro Italia-CAF. Un primo programma di Cooperazione Tecnica, permet-
terà di finanziare assistenza tecnica e studi di fattibilità propedeutici alle operazioni della CAF e sarà concentrato sui temi di infrastruttura, PMI, valorizzazione del patrimonio culturale ed ambiente. Un secondo programma metterà invece a disposizione della CAF esperti Italiani in settori dove l’expertise italiano è considerato di qualità. Infine un terzo Programma, permetterà di cofinanziare attraverso Crediti d’Aiuto italiani progetti integrati CAF/ Italia. Quest’ultimo programma è considerato il più innovativo. Permette infatti di abbattere il costo dei crediti ai Paesi beneficiari, visto che il componente italiano di credito è a tassi di interessi così bassi, da diminuire il costo dell’intera operazione. Stimolerà inoltre la partecipazione di imprese italiane e perfino della Banche commerciali nelle operazioni di sviluppo in America Latina. Il rafforzamento della cooperazione tra Italia e CAF sancito dalla firma dell’Accordo riveste quindi un particolare interesse non solo come indicatore dell’importanza prioritaria che il Governo annette al rilancio della presenza italiana in America Latina, ma anche come modello d’intervento innovativo, in grado di coniugare promozione dell’impresa italiana e solidarietà internazionale, risolvendo il nodo della scarsità delle risorse pubbliche in chiave di complementarità, invece che di competizione tra tali obiettivi.
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MESSICO: LA VIA DELL'ARGENTO di Diana Viale i spingeva fino all'estremo nord la ruta de la plata che da Taxco saliva a Città del Messico, per proseguire per Guanajuato, Guadalajara, passare per Aguascalientes, San Luis Potosí fino ad arrivare a Zacatecas. Città coloniali di gran bellezza e di tradizioni illustri, al centro di vastissimi Stati, i cui paesaggi si fanno man mano più scabri e aridi. Da Guadalajara a Aguascalientes, 270 km, fra terre fertili, ben coltivate, dove si producono fagioli, mais, peperoncini, frutta, viti e si allevano i più valenti tori da combattimento.
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Aguascalientes, «ciudad perforada» Città che sta vivendo uno sviluppo accelerato e che ha superato i 500.000 abitanti. Posta a 1800 m di altitudine, è celebrata per le sue acque termali, i suoi edifici coloniali e per la rete di cunicoli sotterranei, preispanici, che l'attraversano. Fondata nel 1575, col nome di Villa di Nostra Signora dell'Acqua calda, per tutelare i mercanti che risalivano la via dell'argento, si sviluppò nel XVIII sec. grazie al commercio aurifero e argentifero. È capitale dell'omonimo Stato. Sul lato sud ovest della Plaza Principal si erge la Catedral, dalla facciata barocca stretta fra due torri campanarie. Edificata tra il 1704 e il 1730. Dall'altro lato della piazza, ad est, si allineano uno dietro l'altro palazzi coloniali: il Teatro Morelos, sede della convenzione rivoluzionaria del 1914 promossa da Pancho Villa; il Palacio del Gobierno (1665), con all'interno un affresco del cileno Osvaldo Barra (1961); il Palacio Municipal, in arenaria rossa. Un tuffo nell'acqua calda Le sorgente termali più note sono quelle di Ojo Caliente, nell'estrema periferia nord della città. Altre si trovano a 20 km a nord, Balneario Valladolid. Sempre a nord, verso Zacatecas, un tuffo lo si fa nel vino e nel brandy da San Marco Winery, al km 543. Altri 10 km e si può visitare l'Hacienda Las Bóvedas, uno dei più conosciuti ranch dove si allevano i tori da combattimento. San Luis Potosí, essere potosinos Montagne e cascate, allevamenti di bestiame in sterminati ranchos, lungo i 161 km che separano Aguascalientes da San Luis Potosí. Furono le miniere d'oro e d'argento ad attrarre fin qui i conquistadores e a determinare ancora una volta la sottomissione delle tribù in-
digene locali dei Guachichiles. I passeri, come li chiamavano gli Aztechi, in quanto portavano perizomi e copricapi a punta che li facevano assomigliare agli uccelli. Scoperte le miniere intorno al 1592, nel Cerro de San Pedro a 20 km ad est dell'attuale città, arrivarono in massa gli Spagnoli e con loro Francescani e Gesuiti. Una sorta di corsa all'oro e all'argento che provocò migliaia di morti. Gli indios furono costretti a lavorare nelle miniere, dove morivano per gli stenti e la fatica. Fondata nel 1592, Real Minas de San Luis Potosí presero il nome dal re di Francia San Louis, canonizzato, e da quello di Potosí, come la ricca omonima boliviana. La città, centro della lotta per l'indipendenza, divenne capitale provvisoria del Messico nel 1863. Oggi è la capitale dell'omonimo Stato. Posta a 1860 m di altitudine, ha una popolazione di circa 500.000 abitanti. Anche in essa il segno dell'arte coloniale ha lasciato una traccia profonda. Il barocco predomina nella Plaza de Armas, posta al centro di San Luis Potosí. Vi si af-
faccia la Catedral, terminata nel 1710, in stile barocco. Accanto si erge il Palacio Municipal, dell'Ottocento, con una fontana di pietra, con le teste di tre leoni, nel patio. Sul lato occidentale della piazza vi è il Palacio de Gobierno, del 1770, neoclassico, che ospita una galleria di ritratti degli eroi nazionali. Fu dimora dei conti di Monterrey e rifugio di Juárez nel 1863. Real de Catorce, la città fantasma Bisogna affrontare un lungo viaggio? Certo. Forse per carretera. Sicuramente nell'anima. Quasi a 260 km a nord di San Luis Potosí, seguendo il tracciato della nazionale n. 57 fino a Matehuala (191 km). Girare a sinistra e salire fra scabre montagne della Sierra Madre Oriental per altri 60 km. Ci si ferma dinanzi ad una buia galleria stretta, ci passa un solo veicolo alla volta. Il traffico è regolato, da addetti, per mezzo di telefoni. Dall'altra parte l'ignoto e i fantasmi di una città che fu splendente all'epoca della corsa all'argento. Si entra nel Túnel Ogarrio, scavato nel XIX sec., lungo 3 km. Buio totale. Improvvisa la luce disegna i contorni di case e palazzi quasi totalmente abbandonati. Gli Spagnoli tentarono fin dal XVII sec. di insediarsi fra queste montagne senza successo; Furono sempre respinti dagli indios che vi vivevano da secoli. Solo nel Seicento riuscirono a controllare la regione e fondarono la cittadina chiamata Real di 14, in memoria di altrettanti soldati morti. Intorno agli ultimi decenni del Secolo scorso lo sfruttamento delle miniere d'argento diede prosperità e ricchezze alla cittadina. Il denaro correva a fiumi e tutte le novità della lontana Europa erano di casa, compreso un teatro dell'opera. Con gli anni della rivoluzione Real de Catorce fu abbandonata. Colpa del crollo del prezzo dell'argento o delle imprese delittuose di gruppi di banditi? Sta di fatto che oggi in città vivono solo 800 persone che sopravvivono con i pochi turisti che si spingono fin quassù e con i molti pellegrini, più di 150.000, che arrivano il 4 di ottobre per la festa di San Francesco da ogni parte del Messico in devoto pellegrinaggio.
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Alejandro Jara – Embajador de Chile, Deputy Director General, World Trade Organization
Roberto Lippi,
Senior Expert, General Directorate Office for External Aid, Ministry of Foreign Affairs - Italy
Alberto Lora, Gerente de Negociaciones Comerciales Internacionales y Comercio de Servicios – Secretaría General de la Comunidad Andina.
Juan Carlos Mathews Director Ejecutivo – PROMPEX del Peru
Francisca Méndez – Maestría en Estudios Latinoamericanos por la Universidad Nacional Autónoma de México y Posgrado en Derecho y Economí-a de las Comunidades Europeas por la Universidad de Milán y miembro del Servicio Exterior Mexicano.
Fiorina Mugione, Office-incharge, Policy Reviews. Division on investment, Technology and Enterprise Development. UNCTAD – United Nations Conference on Trade and Development.
Cristiana Muscardini Zacatecas, il delirio del churrigueresco Poco meno di 170 km separano Zacatecas da San Luis Potosì. Capitale dello Stato omonimo, Zacatecas, il cui nome deriva dalle parole azteche zacatl, erba, e tlan, luogo, sorse nel 1548 dagli agglomerati di capanne dei ricercatori di giacimenti d'argento che contendevano il metallo prezioso agli indios Zacatecos, i primi abitanti della regione. L'affluire degli Spagnoli, attratti dalla ricchezza della zona mineraria, contribuì alla prosperità del luogo: la ricchezza e la magnificenza degli abitanti fu tale da far erigere palazzi e chiese sontuosi. Ubicata in una stretta gola, a 2445 m di altezza, una funivia porta i visitatori 85 m più su al Cerro del Grillo e al Cerro de la Bufa. Sono ancora attive alcune miniere, le più importanti sono quelle di El Bote e di El Eden. Bellissima la Catedral, fra le più grandiose del Paese. Presenta un meraviglioso churrigueresco coniugato con lo stile regionale tapatío. Affascinante il quartiere storico della città vecchia che si snoda attorno alla Catedral. A nord, sulla plaza Hidalgo, si ammira il Palacio de Gobierno, del 1727, con all'interno un murale di Antonio Rodríguez (1970). Mentre a sud della Catedral si incontra il mercado Gonzáles Ortega, ottimi i suoi ristorantini e affollatissimo sempre di venditori e compratori.
Quién es Quién Klaus Bodemer, Dr. in Scienze Politiche, Direttore dell’Istituto di Studi Iberoamericani di Amburgo e Professore dell’Università di Amburgo.
Juan Guillermo Castro Benetti - Director de Relaciones
Parlamentario Europeo - Presidente del gruppo UEN al Parlamento europeo.
Julio Paz – Pittore argentino Sergej Roic, Critico d’arte Benedetta Salazar – Dra en Ciencia Politica y Politica Internacional por la Universidad de Roma "La Sapienza". Docente y Ex Directora de la carrera de Relaciones Internacionales en el Tec de Monterrey, Campus Ciudad de Mexico
Comerciales - Ministerio de Comercio, Industria y Turismo - República de Colombia
Alejandro Soriano Salinas -
Giusi Drago, Poeta italiana
Ejecutivo Principal - Corporación Andina de Fomento - CAF
José Luis Fernández Santisteban - Consejeria Comercial de Mexico para Italia, Grecia y Yugoslavia - Ufficio Commerciale del Messico.
Gladis Genua – Coordinador de los Programas de Integración Comercial y de Negociaciones Comerciales Internacionales – Secretaría General de la Comunidad Andina - Secretaria de la Comisión de la Comunidad Andina.
Diana Viale, Directora del Consejo de Promoción Turística de México (CPTM) en Roma Allan Wagner Tizón – Embajador de la República del Perú Secretario general de la Comunidad Andina
Proinversion, Agencia de Promoción de la Inversión Privada de Perú
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PanAL Cultura INCONTRO NELL’ARTE
L’ADDIO SARÀ LUNGHISSIMO di Sergej Roic e poesie di Giusi Drago, vissute attraverso le incisioni di Julio Paz che con sapienza sa tratteggiarne e al contempo dilatarne i confini, appartengono a un mondo della parola dove abbiamo già abitato, felici, in un’epoca di cui non ricordiamo quasi nulla se non – se non proprio! – questo: una parola, un ritmo, una sentenza che riposa tuttora nel nostro orecchio.
L
Cito a conferma di queste mie affermazioni gli incipit di tre poesie: L'addio sarà lunghissimo Tu non temerlo: è un nome * Una storia simile alle altre dentro la vita di ognuno * Una prova ti aspetta nel mattino
Ecco, riassunta in questi pochi versi densi e imperiosi al pari di sentenze, la forza della poesia di Giusi Drago. In ognuna di queste frasi c'è un invito o, meglio (e di più), una storia, una narrazione all'apparenza scarna e invece ricchissima; perché la parola poetica apre la porta al non detto, a ciò che rimane da dire, a quanto immaginiamo che sarà detto e vissuto: ci accompagna nel dire e nel vivere conducendoci là dove vigono quesiti che non osiamo porci. Ciò che la poesia non dice (ancora) è, allora, disegnato, interpretato e rievocato dalle incisioni di Julio Paz: promontori, limiti, lettere (in limine). Le parole (le lettere) disegnano istmi in bilico sul mare? I libri (gli scritti) sono gigantesche T o A dis-
tese su superfici burrascose, mentre le nuvole volanti significano in cielo una loro misteriosa e onirica cifra? Ma certo! Non a caso Paz ha fatto sua la prova che aspetta nel mattino, e le sue meravigliose nuvole in forma d’alfabeto procedono (sempre e sempre) verso un addio, che sarà lunghissimo, infinito, perciò non va temuto perché è un nome e un segno con il proprio specifico addio, una sentenza forse troppo severa ma – sembrano dire concordi il poeta e il pittore – pronunciata altrove, in un'altra vita. Più l’addio sarà lungo e più in esso si potranno ritrovare i segni del ritorno, e non solo perché ogni opera ne vuole un’altra e si traduce in altro, ma soprattutto perché esso è l'avanzare, coraggioso, sempre e sempre verso il compimento.
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