Panoramica Latinoamericana I - 2006

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AttualitĂ : Risultati Vienna 2006 Dossier: Investire nel Cusco FOCUS: Argentina paese in movimento


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SOMMARIO

Editoriale

Editoriale n questo nuovo numero della rivista ci occuperemo di argomenti che secondo il nostro parere sono di fondamentale importanza, segnaliamo in particolare tre di questi. Il primo è il Business Forum di Vienna, della dichiarazione, del bilancio e delle prospettive deduciamo che l'incontro ha lasciato aperti alcuni interrogativi, frutto di opinioni e sensibilità diverse e di divergenti interessi europei e latinoamericani. Ci sono alcuni mesi per “lavorare” proprio su questi punti e cercare posizioni comuni di fronte alle differenze. È notizia di questi giorni la decisione dei Ministri dell'Economia e delle Finanze dei 25 paesi dell'UE di destinare €2.800 milioni di prestito a favore dell'AL per il periodo 07-13 tramite la BEI. Questa decisione fa seguito alla richiesta del Presidente García Pérez, nella sua carica di Presidente dell'ALC per il dialogo con l'UE, e alla proposta del Commissario Ferrero-Waldner. Un altro obiettivo di Vienna è divenuto realtà a Bruxelles, dove si è costituita l'Assemblea Parlamentare EUROLAT, uno spazio di dialogo e di scambio di idee che permetterà a queste due regioni di potenziare i processi di negoziato con il Centro America, il MERCOSUR, la Comunità Andina e di costituire un programma basato sulle loro realtà e sulle loro possibilità. Il secondo argomento d'interesse rientra nell'ambito del commercio e degli investimenti. Nel nostro Focus Argentina offriamo una guida utile per un settore di notevole interesse. Poiché il Perú sarà la sede del prossimo Vertice e del Business Forum, contribuiamo alla “scoperta” dell'ancestrale Regione di Cusco, con le sue potenzialità, le sue problematiche e i suoi prodotti. Presentiamo alcuni investimenti come quello di Camisea (gas) e di Tintaya (rame), che ci ricordano come negli anni '50 gli investimenti in questi settori fossero prerogativa delle multinazionali nordamericane. Nel caso del petrolio (le 7 sorelle) si erano aggiunte imprese europee, fino alla creazione dell'OPEP. Il settore minerario ha subito cambiamenti dovuti ai processi di nazionalizzazione. Le multinazionali sono passate da una quota di produzione mondiale del 70%, nel 1948, ad una del 23% nel 1981 (Unctad). Sono trascorsi anni di allontanamento reciproco ed esperienza per ambedue le parti. Dagli anni '90, i paesi in via di sviluppo hanno modificato le loro legislazioni a favore degli IDE e gli investitori sono diventati più meticolosi nel curare il proprio contesto. Su un altro versante, la domanda costante di prodotti di base e l'aumento dei prezzi producono introiti inattesi per molti paesi che si trovano ad affrontare, per la prima volta, la capacità di generare sviluppo in aree da sempre abbandonate. Che effetto produce questo repentino benessere nella regione di Cusco? Abbiamo incontrato i protagonisti di questo boom, tra cui anche le comunità indigene: la legislazione nazionale si trova spesso di fronte ad un muro umano. Alcune istruite dalle ONG, altre no, queste comunità esigono di poter partecipare a questo benessere, e ci stanno riuscendo. Il contratto di stabilità giuridica, i contributi volontari, la responsabilità sociale sono elementi complementari in realtà dove è necessario attrarre gli IDE e gli investitori vogliono mantenere alti i margini di profitto condividendoli con le comunità in nome del business. Il terzo argomento è l'immigrazione, che sta alla base della costruzione da parte degli USA di un muro per impedire l'immigrazione messicana lungo la sua frontiera meridionale. Condividiamo l'opinione della Commissaria Ferrero-Waldner: “nessun muro ha mai risolto i problemi, la soluzione va cercata nel dialogo”. Dai dati del Sole 24 Ore, gli immigranti costituiscono una risorsa per l'Erario italiano: hanno presentato 2.259.000 dichiarazioni di redditi nel 2003 con guadagni superiore a 21,3 miliardi. Di queste dichiarazioni, 459.758 sono state fatte in Lombardia, 260.994 in Veneto, 224.113 nel Lazio e 220.558 in Emilia Romagna. L'AL conta più di 120 milioni di emigranti (pari al 2,5% della popolazione globale), che sono responsabili del 36,9% delle rimesse a livello mondiale. Come vengono inviate queste rimesse? I peruviani inviano le loro rimesse dagli USA (50,6%), dall'Argentina (7,8%), dal Venezuela (6,3%), dalla Spagna (6,1%) e dall'Italia (5,7%). Ogni rimessa aiuta in media 4,5 famigliari. Le rimesse influiscono positivamente sulla qualità di vita, arrivano direttamente alle famiglie beneficiarie anche in aree molto lontane e l'80% - 85% di esse viene utilizzato per far fronte alle necessità di base. Sono utilizzate per finanziare l'istruzione e degli attrezzi per le microimprese, e, considerato il ridotto accesso ai crediti, possono costituire l'unica fonte di finanziamento per l'acquisto di immobili. Grazie alle rimesse si è contenuto il fenomeno della povertà e molte famiglie sono diventate soggetto di credito e hanno avuto accesso ai programmi del governo come “Mi Vivienda” (Comex). Gli immigranti hanno fatto incrementare la domanda di voli aerei ed il consumo di prodotti nazionali a causa del cosiddetto “commercio nostalgico”. È anche questa una forma di sviluppo?

I

Cordialmente,

Isabel Recavarren Malpartida Con il patrocinio di:

Ministero Commercio Internazionale Italiano

Rappresentanza a Milano della Commissione Europea

Ministero Affari Esteri Peruviano

PANORAMICA Latinoamericana est membre d’Union des Editeurs de la Presse Périodique

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DALL’ITALIA Saluto del ministro Emma Bonino

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ATTUALITÀ il vertice di Vienna Bilancio del Business forum ‘Vienna 2006’ Risultati e prospettive del Business Forum Dichiarazione del Foro Economico “Vienna-2006 Ferrari Panamerican 20,0000

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RAPPORTI UE-AL Panoramica sui rapporti UE America Latina i cittadini, veri protagonisti dell'Europa Europa globale: competere nel mondo Le politiche migratorie nell’Unione Europea Costituita l'Assemblea Parlamentare Euro-Latinoamericana (EUROLAT) Piccole e medie imprese alla base dello sviluppo sociale

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FOCUS ARGENTINA Come investire in Argentina Chi Investe in Argentina Perchè produrre manifatture di cuoio in Argentina Una considerazione a partire dal sistema Mercosur Argentina: paese in movimento

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DOSSIER CUSCO Sierra exportadora in Perù Intervista a Fausto Salinas Lovón Il Consorzio: un’opportunità per Cusco i prodotti della Regione Cusco L’Arte ceramica di Cusco Mais bianco gigante Caparbietà e tenacia per far fiorire la Kiwicha investimento e responsabilità sociale investimenti esteri per lo sviluppo territoriale Il Perù da un estremo all’altro Prospettive del Cusco riguardo al gas di Camisea

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ASIA - AL Il Forum di Cooperazione Economica Asia Pacifico

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CULTURA Cosmovisione andina La cultura Italiana nel mondo Edizione Italiana — N° III-IV 2006

Direttore: Isabel Recavarren Malpartida isabel.recavarren@cefial.org Vicedirettore: Luz Stella García Ocampo. Comitato di Redazione: CEFIAL - SEDIF Rappresentante in Argentina e Chile: Luis Fernando Morales Barria Rappresentante nel Nordest Italia. Giancarlo Salvatore Impostazione Grafica: Nino Petriliggieri & Sedif asbl Fotografie: Media Ferrari, gli autori e CEFIAL Foto di Copertina: Bandiera del Cusco Autoritratto di Martin Chambi a Wayna Picchu (cortesia Archivo Fotográfico Martín Chambi, Cusco -Perù) Regia Pubblicitaria e contatti: revista@cefial.org Stampa: Intergrafica Verona s.r.l. Traduzioni: Giancarlo Salvatore e Annalisa Allegranza Registrazione al Tribunale di Milano n. 351 del 9 maggio 2005 Gli articoli pubblicati su PanAL PANORAMICA latinoamericana è sotto la responsabilità degli autori e non impegnano in alcun modo la redazione né ai Patrocinatori, in particolare al Ministerio de Relaciones Exteriores del Perú.


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SALUTO DEL MINISTRO EMMA BONINO di Emma Bonino Ministro del Commercio Internazionale

con vero piacere che offro il patrocinio del Ministero del Commercio Internazionale all’edizione italiana di questa interessante Rivista, che ho avuto modo di apprezzare per l’attualità ed il rigore dei suoi contenuti. Gli intenti della Rivista, che si pone come obiettivo l’incentivazione del commercio e degli investimenti verso i Paesi dell’America Latina, si sposano perfettamente con le direttive del Ministero da me guidato e la diffusione presso il pubblico dei lettori dell’attività svolta in quell’Area e mai abbastanza pubblicizzata. Tale aspetto, in particolare, costituisce un valore aggiunto in grado di innescare un circolo virtuoso di conoscenze e di idee. Tra le attività centrali del Ministero del Commercio Internazionale figura la promozione ed il sostegno dell’internazionalizzazione delle imprese italiane, specie le Piccole e Medie. Non solo; particolare attenzione viene posta al trasferimento delle esperienze maturate in questo campo verso quei paesi che mostrano un tessuto di PMI recettivo e predisposto alla crescita, al consolidamento e, quindi, all’attivazione di processi di internazionalizzazione in grado di contribuire, nell’insieme, ai cicli di crescita sociale ed economica di un Paese. In tale quadro è mia intenzione avviare alcune azioni innovative, ispirate da orientamenti di promozione e di cooperazione finanziaria, emersi nel corso di due recenti eventi di carattere internazionale. Dall’Assemblea Annuale del Gruppo Banca Interamericana di Sviluppo di Belo Horizonte è emersa la volontà di privilegiare un più stretto connubio tra pubblico e privato e di utilizzare l’intera gamma degli strumenti della Banca a sostegno delle PMI. Nel vertice di Vienna UE-LAC è stato auspicato lo sviluppo di sinergie tra la Commissione UE ed il BID, al fine di ottimizzare la funzione catalizzatrice degli Organismi Internazionali per la stabilità democratica, il progresso economico e la coesione sociale in America Latina. Sono pertanto allo studio presso il Ministero iniziative per l’America Latina che, coniugando cooperazione e commercio, mirano ad utilizzare sinergicamente i finanziamenti della cooperazione allo sviluppo, i fondi fiduciari erogati al BID dall’Italia nonché gli stanziamenti destinati al BID dalla Commissione UE. Guardando al futuro, il subcontinente latinoamericano, cui ci legano antichi legami culturali e di sangue, è avviato verso livelli sempre più certi di stabilità economica e di credibilità; la nostra strategia, pertanto, sarà sempre più rivolta a strutturare sul lungo periodo la presenza delle nostre imprese su quei mercati e, proprio con questo obiettivo agiranno gli strumenti individuati dal Ministero e dalle strutture che lo affiancano nell’attività di internazionalizzazione. Nell’auspicare una fattiva collaborazione in favore dell’America Latina, auguro alla Rivista ed alla sua dinamica curatrice, Prof.ssa Isabel Recavarren Malpartida, sempre maggiori successi.

È

Es con gran placer que ofrezco el patrocinio del Ministerio de Comercio Internacional a la edición italiana de esta interesante Revista, que he tenido la oportunidad de apreciar por la actualidad y el rigor de su contenido. Las intenciones de la Revista, que se prefije como objetivo la promoción del comercio y de las inversiones hacia los Países de América Latina, se conjugan perfectamente con las directivas del Ministerio que dirijo, favoreciendo la difusión ante el público de lectores de la actividad desarrollada en aquella área y nunca suficientemente publicitada. En particular, dicho aspecto constituye un valor agregado capaz de poner en marcha un círculo virtuoso de conocimientos y de ideas. Entre las actividades centrales del Ministerio de Comercio Internacional figura la promoción y el apoyo a la internacionalización de las empresas italianas, en especial las Pequeñas y Medianas. Y no sólo. Una atención particular viene dada a la transferencia de las experiencias maduradas en este campo hacia aquellos países que muestran un tejido de PyME receptivo y predispuesto al crecimiento, a la consolidación y, por lo tanto, a la activación de procesos de internacionalización capaces de contribuir, en el conjunto, a ciclos de crecimiento social y económico de un País. En dicho marco es mi intención dar inicio a algunas acciones innovadoras, inspiradas por orientaciones de promoción y de cooperación financiera, surgidas en el transcurso de dos recientes eventos de carácter internacional. De la Asamblea Anual del Banco Interamericano de Desarrollo de Belo Horizonte ha surgido la voluntad de privilegiar una más estrecha cooperación entre público y privado, así como utilizar la completa gama de instrumentos del Banco como sostén de las PyME. En la cumbre de Viena UE-ALC ha sido auspiciado el desarrollo de sinergias entre la Comisión UE y el BID, con el objetivo de optimizar la función catalizadora de los Organismos Internacionales para la estabilización democrática, el progreso económico y la cohesión social en América Latina. Por lo tanto están bajo estudio en el Ministerio iniciativas para América Latina que, conjugando cooperación y comercio, apunten a utilizar en sinergia la financiación de la cooperación al desarrollo, los fondos fiduciarios erogados al BID por Italia así como las asignaciones presupuestarias destinadas al BID por la Comisión UE. Mirando al futuro, el subcontinente latinoamericano, al cual nos ligan antiguos vínculos culturales y de sangre, está dirigido hacia niveles siempre más certeros de estabilidad económica y de credibilidad; nuestra estrategia, por lo tanto, siempre estará cada vez mas dirigida a estructurar a largo plazo la presencia de nuestras empresas en aquellos mercados y, precisamente con este objetivo actuarán los instrumentos individualizados por el Ministerio y por las estructuras que lo acompañan en la actividad de internacionalización. Al esperar que sea posible realizar una factible colaboración a favor de América latina, deseo a la Revista y a su dinámica directora, Prof.ra Isabel Recavarren Malpartida, siempre mayor éxito.


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BILANCIO DEL BUSINESS FORUM ‘VIENNA 2006’ Intervista con Martin Bartenstein Ministro Austriaco El Ministro Martín Bartenstein considera que el Vértice de Viena ha sido un paso importante en las relaciones Unión europea – América Latina y Caribe por el impulso dado a las negociaciones con América Central así como con la Comunidad Andina. Resalta el Foro Económico que ha permitido el encuentro de la Comunidad empresarial de ambas áreas así como las propuestas presentadas por los mismos. Analiza sin embargo las dificultades en las negociaciones con el MERCOSUR y el estancamiento de la Ronda de Doha. Por otro lado señala algunas perspectivas de interés para las empresas las cuales estarían contenidas en los futuros acuerdos por suscribirse. Finalmente vislumbra un espectro de interesante colaboración en el campo de la energía. Signor Ministro, la più grande manifestazione sotto la Presidenza Austriaca dell’UE è stato il vertice UE-America Latina-Caraibi che si è svolto in maggio a Vienna. Come giudica Lei dal Suo punto di vista di Ministro dell’Economia i risultati di questo vertice? Completamente positivi! Io credo che il vertice viennese sia stato in grado di dare ottimi impulsi al rafforzamento delle relazioni economiche dell’UE con l’America Latina ed i Caraibi, così come per quanto riguarda il miglioramento delle condizioni di contorno ed anche l’intensificazione dei contatti fra le business communities. Si è riusciti a porre il segnale di partenza per la stesura di negoziati per un patto di libero scambio con l’America Centrale ed a dare impulso ai preparativi per i relativi passi con la Comunità Andina. Nel settore B2B, Business to Business, si è tenuto per la prima volta sotto la Presidenza Austriaca anche un Business Forum che ha ottenuto il massimo successo. Attualmente le relazioni economiche fra l’UE e la Regione dell’America Latina e dei Caraibi si muovono ad un livello piuttosto basso, che può essere potenziato. Secondo il punto di vista del precedente Presidente UE: quale contributo possono dare sul piano politico i detentori del potere decisionale per migliorare questa situazione? Lei ha ragione – con una quota di poco inferiore al 6% rispetto al commercio globale dell’UE le relazioni economiche fra l’UE e l’America Latina ed i Caraibi sono sicuramente ampliabili. Il contributo della politica al miglioramento della situazione attuale punta come priorità al potenziamento di condizioni interregionali di contorno per offrire alle imprese di entrambi le regioni migliori basi per la loro attività commerciale. In primo luogo in questo contesto va citata la stipula dell’Accordo di Associazione con regole di libero scambio. Due accordi esistenti – l’accordo dell’UE con il Messico e il Cile – hanno evidenziato che questa via è destinata ad avere un promettente successo: in questo modo ad esempio da quanto sono state applicate le parti specifiche relative al commercio contenute nell’accordo, il volume commerciale con il Cile dal 2003 è aumentato di quasi il 50%.

Agli sforzi della politica per un accordo di libero scambio in pratica sono poste però spesso delle barriere. Ciò evidenzia il fatto che dopo sette anni di trattative l’accordo dell’UE con il Mercosur non ha potuto ancora essere concluso. Realtà e sviluppi economici globali ed anche diversi interessi dei partner che siedono al tavolo delle trattative hanno posto dei limiti anche ai negoziati regionali. Nelle trattative con il Mercosur ha prevalso in particolare la priorità di entrambi i partner a favore delle trattative multilaterali nel quadro del WTO. Dietro vi è il concetto che accordi bilaterali e regionali devono crescere ad un livello multilaterale di liberalizzazione il più possibile alto per raggiungere un significativo vantaggio aggiuntivo per imprese e consumatori. Le trattative del WTO sono state sospese da poco. Questa sospensione accelererà ora il processo di negoziazione fra l’UE e il Mercosur o lo ritarderà ulteriormente? Temo che i progressi nei negoziati WTO non fossero sufficienti per evitare la sospensione delle trattative. Attualmente i membri del WTO si fermano per una “pausa di riflessione”. Fra poche settimane vedremo più chiaramente quali effetti concreti questa “pausa di riflessione” avrà portato ai negoziati regionali e bilaterali in generale e sui negoziati Mercosur in particolare. Tendenzialmente c’è da tenere conto che i membri WTO si impegneranno attivamente a portare avanti l’agenda di sviluppo DOHA, oltre a ciò, però daranno maggiore attenzione alle possibilità biregionali e bilaterali. Il fattore tempo e le aspettative giocano un ruolo importante nelle delibere relative all’ingresso sul mercato ed al relativo ampliamento. Quali prospettive può dare alle imprese in merito al contenuto ed alla data di stipula dell’Accordo UE-America Latina /Caraibi? Innanzitutto sul contenuto: gli accordi conterranno obblighi di riduzione di dazi doganali per i prodotti industriali ed agricoli. Fin qui per quanto attiene alla parte tradizionale dell’accordo di libero scambio. Ugualmente importante e molto più orientati verso il futuro sono però ad esempio gli accordi per semplificare il commercio di servizi e

gli investimenti, per l’abbattimento di ostacoli al commercio non tariffari, per la protezione della proprietà intellettuale. Obiettivo è concludere accordi il più possibile vasti che coprano l’ampio spettro degli aspetti commercialmente più rilevanti. Nella riformulazione dei contenuti degli accordi alle imprese spetta un ruolo particolare in quanto sono loro che danno l’input. In occasione del vertice di Vienna i partecipanti al business summit hanno consegnato al mondo politico per la prima volta un catalogo di raccomandazioni, che rappresenta un contributo in termine di contenuti di estremo valore anche per i futuri negoziati. Questo input in termine di contenuti dato dal mondo economico dovrebbe essere a mio avviso sviluppato ed intensificato su una base il più possibile ampia. Ora per quanto riguarda l’orizzonte temporale: io conto che al più tardi in occasione dell’incontro di routine UE-Mercosur alla fine di quest’anno sarà chiaro con quale intensità possano essere proseguiti i negoziati. Per quanto riguarda l’America Centrale bisogna partire dal fatto che i negoziati concreti verranno iniziati all’inizio del prossimo anno dopo che saranno stati fissati i mandati alle trattative. I negoziati con la Comunità Andina potrebbero seguire questo esempio, dato che dal vertice viennese si è avuto un consolidamento interno della comunità stessa. E io sono cauto in merito al fatto che in occasione del vertice che si terrà dopo quello di Vienna in Perù ci possano essere stipule o per lo meno risultati presentabili e concreti. I negoziati in corso per un accordo fra partner economici con i Paesi Caraibici verranno conclusi probabilmente nel corso dell’anno prossimo. Signor Ministro, Lei non è solo Ministro dell’Economia ma anche Ministro dell’Energia e del Lavoro. Ci sono aspetti nei settori energia e lavoro che sono rilevanti nelle relazioni fra l’UE ed i Paesi dell’America Latina? In occasione del vertice di Vienna è stato avviato un dialogo ed una collaborazione fra l’UE e l’America Latina per questioni attinenti il settore dell’energia. In considerazione dell’importanza della sicurezza dell’approvvigionamento e delle energie alternative per le nostre economie politiche e per le imprese era mio desiderio assegnare a questo settore un valore più alto nelle relazioni UE/America Latina/Caraibi. Come Paese pioniere nel settore delle energie alternative vedo in particolare anche per le imprese austriache un potenziale ancora inesaurito per un rafforzamento della collaborazione. La politica dell’occupazione è per i politici detentori del potere decisionale una sfida centrale intorno al globo. Indiscusso è l’effetto positivo di sane e ampie relazioni di politica estera per la creazione e la sicurezza dei posti di lavoro duraturi nel tempo e da qui si evince che un’intensificazione delle relazioni economiche fra UE e America Latina avrà anche positivi effetti sui mercati del lavoro e sulla competitività delle nostre due regioni.

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RISULTATI E PROSPETTIVE DEL BUSINESS FORUM intervista a Christoph Leitl Presidente della Camera Austriaca per l’Economia En esta entrevista el Presidente de las Cámaras Federales de Comercio Christoph Leitl hace relevante, dentro del Vértice UE-ALC, el papel del Foro Económico con el fin de reforzar las relaciones económicas entre las dos áreas regionales antes las potencialidades comerciales aun sin explotar. Señala las dos principales propuestas de las Conclusiones: duplicación de las inversiones y del volumen comercial para el 2012 así como la suscripción de un acuerdo de libre comercio UE-ALC. No mira solamente a la participación de las multinacionales sino también de las PYMES en dos importantes sectores: energético–medio ambiental y el turístico–cultural. Para lograr los mencionados objetivos nos revela su programa de creación de una plataforma institucionalizada de dialogo y trabajo Austria – México.e vislumbra un espectro de interesante colaboración en el campo de la energía. stimento e le specificità del mercato in entrambi i Quali sono stati i risultati più imporcontinenti. All’apice Valentín Diéz Morodo, Presitanti del vertice UE-America Latina ? dente dell’Unione Messicana del Commercio EsteAl vertice UE-America Latina non c’erano solo i Caro COMCE, ed io abbiamo consegnato ai Capi di pi di Stato e di Governo dell’Europa e dell’AmeriStato e di Governo un memorandum dei partecica Latina a dibattere sull’integrazione; anche gli panti al Summit. La richiesta più importante contestessi protagonisti dell’economia hanno colto l’opnuta nel memorandum è il raddoppiamento del portunità di riunirsi qui. Il “ Business Summit UEvolume commerciale e degli investimenti diretti America Latina” con i massimi rappresentanti delentro il 2012. Inoltre nel documento di chiusura l’economia è stato un elemento del programma ufdella conferenza economica si trova anche la rificiale. Oltre a ciò noi della Camera Austriaca per chiesta per la conclusione di un accordo di libero l’Economia abbiamo organizzato un meeting fra scambio fra l’UE e l’America Latina per intensificapartner di rete per le piccole e medie imprese di re sensibilmente l’interscambio fra entrambi i conentrambi le regioni ed un forum speciale per Mestinenti. Oltre alla maggior concorrenzialità che sico e Brasile. Il “Business Summit” è stata la più può essere raggiunta sostenendo in modo sempre importante conferenza bi-regionale in materia più forte coloro che costituiscono società, deregoeconomica tenutasi nel corso della presidenza del lamentando il settore dei servizi e modernizzando Consiglio UE. La promozione del commercio bilail mercato del lavoro, sono soprattutto due settori terale e degli investimenti diretti erano in cima alda evidenziare che dispongono di un enorme pol’agenda. I massimi esponenti dell’economia eurotenziale di possibilità di affari comuni e sono conlatinoamericana hanno potuto avere uno scambio tenuti nel memorandum. Questi sono il settore di idee, mentre si teneva la riunione dei Capi di energetico-ambientale da un lato e quello turistiStato e di Governo. Fra gli obiettivi del vertice il co-culturale dall’altra. Questi settori offrono innurafforzamento di durature relazioni economiche merevoli chance sia alle piccole e medie industrie fra gli Stati dell’Unione Europa, dell’America Cenche alle multinazionali da entrambi i lati dell’Attrale e dell’America Latina. Per l’Austria l’America lantico. La globalizzazione e il commercio interLatina e l’America Centrale rappresentano un mercontinentale sono riservati non solo alle grandi imcato lontano particolarmente ambito al quale è riprese, ma aprono anche alle piccole e medie involta grande attenzione. L’anno scorso le esportadustrie nuove possibilità e campi d’affari. zioni austriache in questa regione sono salite a 881 Mio Euro con una crescita del 16%. Il volume d’afIl documento di chiusura dei Capi di fari Austria-America Latina ha potuto così superaStato riflette anche i contenuti della re la soglia dei 2 Mrd Euro, poiché sono cresciute conferenza UE-America Latina? anche le importazioni a due cifre. Il potenziale delle possibilità bilaterali può essere pienamente utilizzato solo se noi riceviamo dalla È soddisfatto del documento di politica anche il sostegno mirato. Oltre alle coopeconclusione? razioni economiche e scientifiche da rafforzare è Il Business Summit UE-America Latina, che ha anche il dialogo sociale fra l’UE e l’America Latina. avuto luogo in maggio a Vienna ed è stato il primo E così il memorandum non è costituito solo da invertice economico eurolatinoamericano, entrerà teressanti teorie, bensì queste vengono anche apnella storia delle relazioni transatlantiche di queste plicate; abbiamo dato vita ad una piattaforma d’afdue regioni. Erano attesi 350 partecipanti – sono fari comune UE-America Latina, che verifica contivenuti circa 500 esperti economici e manager dalnuamente i passi fatti. La Camera per l’Economia l’UE, America Latina e Caraibi! Nel contesto del appoggia la stipula di una convenzione per il libevertice dei Capi di Stato e di Governo la Conferenro scambio fra l’UE e l’America Latina per l’intensiza Economica UE-America Latina ha costituito un ficazione dell’interscambio fra questi due contieccellente forum per la discussione di temi di rilenenti. Importanti presupposti per questo sono un vanza economica per entrambi le regioni. Al censistema commerciale multilaterale secondo le retro c’era lo scambio di nuove idee e conoscenze gole del WTO ed il positivo completamento del sulle relazioni commerciali, le possibilità di inveDahar Round. Ugualmente necessaria è anche la

stipula nel più breve tempo possibile dell’accordo per il libero scambio dell’UE con il Mercosur, la Comunità Andina e l’America Centrale. Se ciò non fosse possibile a breve dovranno essere per lo meno conclusi fra l’UE e i singoli Stati dell’America Latina accordi di libero scambio come Messico e Cile hanno mostrato con successo. In questo modo otteniamo di eliminare gli ostacoli bilaterali al commercio e verrà fatto una grande passo verso il raddoppiamento del commercio fra l’UE e l’America Latina entro il 2012 – cosa che ci siamo posti oggi come obiettivo.

Quanto importanti sono le relazioni con l’America Latina per l’UE? Malgrado le relazioni commerciali fra l’UE e i Paesi dell’America Latina e dei Caraibi abbiano raggiunto nel 2005 il loro massimo livello (aumento a 126 Mrd Euro, vale a dire il 13% in più rispetto al 2004) il potenziale delle relazioni economiche fra Europa e America Latina non si è ancora esaurito. La nostra offensiva di globalizzazione dovrebbe perciò essere sfruttata attivamente non soltanto dalle grandi multinazionali, ma anche dalle piccole e medie imprese. L’UE è però già ora il secondo partner commerciale in ordine di importanza dell’America Latina. L’interscambio commerciale bilateriale dal 1990 è raddoppiato. Con 71 Mrd Euro di importazioni dall’America Latina e 62 Mrd Euro di Esportazioni UE esiste ancora un enorme potenziale – in particolare grazie all’ampliamento che ha portato dieci nuovi membri UE che dispongono tutti di mercati dinamici. Per continuare ad accelerare l’obiettivo formulato nel memorandum del vertice UE-America Latina di un raddoppiamento del volume d’affari fra l’UE ed i Paesi dell’America Latina entro il 2012, il Presidente Morodo ed io abbiamo in programma di realizzare una piattaforma istituzionalizzata di dialogo e di lavoro su questo tema fra Austria e Messico. Rappresentanti dei nostri Paesi lavoreranno intensamente in qualità di rappresentanti per entrambi i continenti al perseguimento di questo obiettivo.


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VERTICE COMMERCIALE UE-ALC 2006

UN PONTE TRA I DUE MONDI GRAZIE AL COMMERCIO E ALLA CULTURA Messaggio ai Capi di Stato e di Governo riuniti nel IV Vertice UE – ALC l primo Vertice Commerciale UE-ALC, convocato in concomitanza del IV Vertice dei Capi di Stato e di Governo, ha riunito più di 350 esponenti di spicco della comunità imprenditoriale dell’Unione europea e dell’America Latina/Caraibi nel Palazzo Belvedere di Vienna, il 12 maggio 2006. Nel corso di numerose sessioni plenarie e di diversi dibattiti, gli illustri ospiti hanno analizzato e studiato i seguenti temi: Investimenti e Scambi Commerciali, Impresa e Industria, Tecnologia e Innovazione, Natura ed Energia, Turismo e Cultura. Tutti i partecipanti hanno tratto enorme beneficio dallo scambio di idee e di prospettive innovative relative alle relazioni commerciali, alle opportunità di investimento e allo stato dei mercati in entrambi i continenti. Il Vertice Commerciale UE-ALC si è anche rivelato un eccellente forum per la creazione di network e di gruppi di pressione di alto livello sotto il motto comune: “Un ponte tra i due mondi grazie al Commercio e alla Cultura”. Benché le relazioni commerciali UE-ALC abbiano raggiunto un massimo storico nel 2005 e l’Unione Europea sia diventata il più importante partner estero della regione America Latina/Caraibi per quanto riguarda gli investimenti diretti, gli imprenditori presenti al Vertice Commerciale si sono trovati concordi sul fatto che non è ancora stato sviluppato tutto il potenziale delle relazioni economiche UE-ALC. Perciò i partecipanti al Vertice Commerciale UEALC 2006 sollecitano i Capi di Stato e di Governo a concentrarsi sulle seguenti priorità politiche fino al prossimo Vertice dei Capi di Stato e di Governo, nel 2008.

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1. INTENSIFICARE GLI SCAMBI COMMERCIALI UE-ALC I flussi commerciali tra l’Unione Europea e l’America Latina/Caraibi hanno raggiunto un livello record di 125 mila miliardi di euro nel 2005. Tuttavia, nello stesso periodo, l’UE rappresentava solo il 12% degli scambi commerciali complessivi dell’ALC, mentre l’ALC rappresentava solo il 5,6% degli scambi UE. Le quote di mercato delle imprese di entrambe le regioni si trovano sotto la pressione costante dei concorrenti dell’America Settentrionale e dell’Asia. I leader economici riconoscono l’importanza di un sistema commerciale basato su norme multilaterali, concordate in seno all’Organizzazione Mondiale del Commercio, e la conclusione del Round di Doha come la via più efficace per ampliare le relazioni commerciali tra i partner dell’UE e dell’ALC. Allo stesso tempo gli esempi po-

sitivi di Accordi di Libero Scambio tra l’UE e il Messico, o tra l’UE e il Cile, sono prova dei grandi vantaggi derivanti da un approccio regionale volto alla liberalizzazione degli scambi, purché si mantengano compatibili con le norme dell’OMC. Al fine di garantire a lungo termine un incremento annuo dei flussi commerciali, all’attuale livello di oltre il 10%, e raggiungere l’obiettivo degli imprenditori di raddoppiare il volume degli scambi biregionali entro il 2012, i leader politici devono adottare le conclusioni del Round di Doha e negoziare Accordi di Libero Scambio tra l’UE e il MERCOSUR, la Comunità Andina e l’America Centrale. Anche gli Accordi di Associazione tra l’UE e i Caraibi possono essere strumenti efficaci per consentire al settore privato di prosperare e promuovere la crescita sostenibile. Infine, una maggiore cooperazione per quanto riguarda le misure volte ad agevolare le transazioni commerciali nell’ambito delle pratiche tariffarie, come l’adozione in tutta la regione del sistema del Carnet ATA o l’armonizzazione di norme e regolamenti, dovrebbe migliorare da subito le condizioni commerciali da entrambe le parti. 2. PROMUOVERE GLI INVESTIMENTI DIRETTI ESTERI Gli Investimenti Diretti Esteri in America latina hanno conosciuto una consistente ripresa a partire dal 2003 e hanno raggiunto una cifra vicina ai 50 mila miliardi di euro nel 2005, anche se sono ancora lontani dai livelli record del 1999/2000. Le aziende europee hanno contribuito in maniera significativa a questi sviluppi positivi e l’UE è oggi diventata la più importante fonte di investimenti nella regione UE-ALC. Gli investimenti, che portano frutti a tutti i cittadini di entrambi i continenti, continueranno a prosperare solo se i leader politici saranno in grado di mantenere un clima propizio per l’investimento. Questo richiederà il rispetto delle norme di trasparenza e di un principio di non discriminazione nei confronti degli investitori stranieri da parte dei governi locali e nazionali, ordinamenti giuridici efficaci e la tutela dei diritti di proprietà intellettuale, oltre che istituzioni democratiche stabili e giustizia sociale. Una maggiore integrazione economica, specialmente nell’ambito del MERCOSUR e della Comunità Andina, è considerata fondamentale per il futuro incremento degli Investimenti Diretti Esteri. Per raddoppiare l’attuale livello di IDE dell’UEALC entro il 2012 e per potenziare la futura competitività rispetto ad altri mercati mondiali, sollecitiamo i leader politici a sostenere questi requisiti preliminari con l’obiettivo di attrarre flus-

si di investimenti diretti esteri. Li invitiamo altresì ad astenersi da retoriche populiste e nazionaliste che non farebbero che incrinare gli effetti positivi della mondializzazione. 3. PROMUOVERE LA CREAZIONE E L’INCREMENTO DEI POSTI DI LAVORO ATTRAVERSO UNA MAGGIORE CONCORRENZA Alcuni studi presentati al Vertice Commerciale UEALC indicano che l’unico modo per creare nuovi posti di lavoro e promuovere la crescita economica è sviluppare politiche volte a migliorare la concorrenza interna nei mercati e nei settori economici di entrambi i continenti. Per creare condizioni più competitive sarà necessario adottare misure che consentano di avviare il motore dell’economia e producano i benefici tipici di un’economia di scala, ridurre la regolamentazione del mercato dei prodotti ove essa si sia resa superflua e rimuovere le inutili restrizioni sull’uso della terra. Per potenziare la competitività al fine di creare nuovi posti di lavoro e realizzare un ulteriore incremento del PIL, sarà anche necessario liberalizzare il settore dei servizi e incentivare una maggiore flessibilità nel mercato del lavoro. Gli imprenditori, che sottoscrivono le idee di responsabilità sociale corporativa e di sviluppo sostenibile, non sono fautori di un’assenza totale di norme e regolamenti. Essi non vedono nessuna contraddizione tra mercati altamente competitivi, aperti e dinamici, da un lato, e sistemi sociali solidi, tutela dell’ambiente e del consumatore, dall’altro. Per tutti questi motivi ci appelliamo ai leader politici affinché mettano in atto, il più presto possibile, le riforme giuridiche necessarie a ridurre l’economia sommersa e a migliorare i servizi pubblici. Per conseguire questo obiettivo nel più breve tempo possibile, i leader economici auspicano un maggiore dialogo sociale tra le associazioni degli imprenditori, i sindacati e i rispettivi governi sia in Europa sia in Al. 4. PROMUOVERE L’ISTRUZIONE, LA RICERCA E LA TECNOLOGIA In un contesto competitivo, la spesa pubblica e privata nell’istruzione, la ricerca e la tecnologia contribuisce notevolmente all’incremento della produttività e all’aumento delle opportunità di lavoro, portando beneficio non solo all’economia, ma anche alla società in genere. I leader economici sono dell’opinione che la spesa pubblica nell’istruzione, la ricerca e lo sviluppo debba essere aumentata attraverso una più stretta cooperazione con il settore privato, affinché le scoper-

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te fondamentali della ricerca possano essere applicate più rapidamente al mercato. I sussidi ai settori inefficienti dovrebbero essere tagliati gradualmente e destinati ai settori più dinamici dell’economia. Per potenziare il livello generale di innovazione e tecnologia, gli imprenditori della regione UE-ALC consigliano di migliorare le misure educative relative alle scienze e alla tecnologia, sostenendo progetti congiunti di ricerca e sviluppo dell’UE-ALC e l’armonizzazione delle norme tecniche. Deve essere posto l’accento su una più intensa cooperazione tra piccole e media imprese e multinazionali e sulla creazione di gruppi industriali transregionali. 5. AUMENTARE I FINANZIAMENTI PER LE INFRASTRUTTURE Le aziende, sia le piccole e medie imprese che le multinazionali, possono prosperare solo se il settore pubblico mette a disposizione un’infrastruttura solida. Entrambi i continenti hanno bisogno di enormi investimenti per la costruzione, l’ammodernamento e l’integrazione di sistemi di trasporto, generazione e distribuzione di energia, sistemi di gestione delle acque, misure di tutela ambientale e reti di telecomunicazione. Il livello di investimenti richiesto dovrebbe essere raggiunto tramite una migliore collaborazione con le istituzioni finanziarie, tra cui la Corporazione Andina di Sviluppo, la Banca Centroamericana di Integrazione economica, la Banca Europea degli Investimenti, la Banca Interamericana di Sviluppo e la Banca Mondiale. È di fondamentale importanza, nella ricerca di una maggiore integrazione fisica dei due continenti, che il settore privato svolga un ruolo più incisivo, ciò che porterà infine a mercati e settori economici più competitivi e a maggiore prosperità per tutti. Sollecitiamo perciò i leader politici a dare un sostegno più deciso e propositivo a nuovi progetti di infrastrutture continentali e intercontinentali. 6. ELABORARE SCHEMI DI COOPERAZIONE IN SETTORI CHIAVE I leader economici hanno individuato settori chiave dell’economia che presentano, non solo un potenziale di crescita al di sopra della media, ma anche sfide socioeconomiche enormi da affrontare nel corso dei prossimi 10 anni. Tra questi settori vi sono l’elettronica, le tecnologie dell’informazione, le infrastrutture, i trasporti e la logistica, i servizi finanziari, l’assistenza sanitaria e il commercio all’ingrosso e al dettaglio. In molti di questi settori economici, gli imprenditori dell’America Latina/Caraibi e l’Europa prevedono un incremento delle sinergie e della co-

operazione, sempre che ci sia un adeguato numero di piattaforme formali e informali che consentano il trasferimento di know-how, l’abbattimento di barriere culturali e lo scambio di informazioni e contatti personali. La recente riunione CONNECT a Vienna è stata un ottimo esempio che si colloca nella giusta direzione. Ai leader politici viene chiesto di elaborare nuove iniziative per questi settori economico-commerciali e di ampliare e potenziare programmi già esistenti come Al-Invest e @lis. A questo proposito chiediamo ai responsabili politici un piano d’azione specifico per la prosecuzione della cooperazione economica UE-ALC in ambito istituzionale per il periodo 2007-2013. 7. ATTUARE POLITICHE ENERGETICHE E AMBIENTALI A LUNGO TERMINE Le ripercussioni negative del mutamento climatico e l’attuale crisi energetica ci lanciano un chiaro segnale sul carattere finito delle risorse di cui il nostro pianeta dispone. Molti degli imprenditori presenti al Vertice hanno svolto il ruolo di fautori del cambiamento e di leader energici nel tentativo di trasformare le nostre economie in un processo più bilanciato tra sviluppo economico, tutela ambientale e giustizia sociale. I leader economici considerano la crisi energetica e il mutamento climatico una grande responsabilità ma anche un’opportunità economica dinamica. I mercati emergenti delle tecnologie per l’ambiente, degli alimenti biologici, delle fonti rinnovabili di energia e delle biotecnologie aprono grandi prospettive per un dialogo economico, scientifico e sociale più stretto tra l’UE e l’ALC. Perciò i Capi di Stato e di Governo sono sollecitati ad attuare politiche energetiche e ambientali che riflettano un approccio più lungimirante e di lungo termine per preservare il pianeta per le generazioni future. Fanno parte di questo approccio un maggiore impegno sull’uso delle fonti rinnovabili di energia, l’attenzione all’efficienza e al risparmio energetico e un reindirizzamento dei sussidi ai combustibili fossili e all’energia nucleare verso le tecnologie verdi. I leader politici dell’UE-ALC dovrebbero anche coordinare i loro sforzi, come gruppo di pressione, affinché tutti i paesi aderiscano al protocollo di Kyoto. 8. CONSIDERARE IL TURISMO E LA CULTURA DEI CATALIZZATORI ECONOMICI L’America Latina/Caraibi e l’Europa condividono una storia lunga e complessa. L’immenso patrimonio culturale e la straordinaria bellezza naturale dei due continenti mettono in collegamento i nostri popoli e costituiscono un unico terreno

comune I leader economici sono convinti del fatto che sia il turismo che la cultura potrebbero diventare pietre angolari, essenziali per lo sviluppo e la cooperazione economica in futuro. Il turismo e la cultura aiutano a stimolare la comprensione interculturale e la creatività. Le reti e idee personali renderanno le nostre aziende più competitive. Non è un caso che il turismo e altri settori innovativi come il design, il multimediale, la musica e la moda rivelino tassi di crescita al di sopra della media, se confrontati con i settori più tradizionali della nostra economia. Chiediamo perciò ai leader politici di mettere in atto programmi specifici che approfondiscano il dialogo intercontinentale in materia di turismo e di cultura. Questi dovrebbero prevedere l’aumento della spesa pubblica per la produzione e la promozione culturale, nuove cornici per il trasferimento di know-how e formazione professionale, e incentivi agli investimenti nell’ecoturismo. 9. MIGLIORARE IL DIALOGO CON LA COMUNITÀ IMPRENDITORIALE I leader economici apprezzano il sostegno che i leader politici hanno espresso nei confronti del primo Vertice Commerciale UE-ALC, convocato in concomitanza del IV Vertice dei Capi di Stato e di Governo UE-ALC. Per migliorare il dialogo tra i leader politici ed economici, proponiamo la creazione di un Ufficio permanente del Vertice Commerciale UE-ALC, cui partecipino imprenditori di spicco dell’UE e dell’ALC e le loro organizzazioni di rappresentanza, affinché possa fungere da piattaforma continua per lo scambio di informazioni, l’incentivazione di contesti politici compatibili con l’iniziativa imprenditoriale e la creazione di reti di contatto tra i leader economici e i leader politici di entrambi i continenti. L’Ufficio del Vertice Commerciale UE-ALC dovrebbe anche preparare il secondo Vertice Commerciale UE-ALC che si svolgerà in concomitanza del V Vertice dei Capi di Stato e di Governo a Lima, in Perù, nel 2008. Siamo convinti del fatto che il 12 maggio 2006 rappresenterà un evento storico e avrà effetti durevoli e molto positivi sulle interazioni tra i leader politici e la comunità imprenditoriale, con l’obiettivo di creare insieme un’associazione strategica più efficace e reciprocamente vantaggiosa tra l’America Latina/Caraibi e l’Unione Europea. Infine, tutti i leader economici presenti al primo Vertice Commerciale UE-ALC augurano ai Capi di Stato e di Governo un Vertice dei Capi di Stato e di Governo UE-ALC molto proficuo, a vantaggio del benessere di tutti i cittadini di entrambi i continenti. Vienna, 12 maggio 2006.


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PANORAMICA SUI RAPPORTI UE AMERICA LATINA Intervista a Tomás Duplá del Moral Direttore per l’America Latina della Commissione Europea Che opinione si sono fatti la Sua Direzione, la Commissione e il Consiglio a Vienna, durante il Vertice UE-ALC, preparato con tanto impegno e dedizione, all’incontrare un’America Latina così divisa? Quando si ha un partner commerciale, lo si accetta così com’è con tutte le vicissitudini che si trova ad affrontare e l’America Latina sta attraversando una fase di trasformazione democratica. La Trasformazione democratica presuppone, in alcuni casi, un cambio di paradigma e tale cambio di paradigma dà luogo ad adeguamenti: questo è ciò abbiamo trovato a Vienna. Noi abbiamo trattato con l’America Latina così com’è, ma non possiamo dimenticare che questo riflette processi che noi stessi abbiamo sostenuto per l’America Latina, come per esempio la democrazia. L’Europa è uno dei grandi gruppi che hanno appoggiato la democrazia e il ritorno alla democrazia in AL, oltre che la coesione sociale come espressione di un desiderio di uguaglianza, di minore emarginazione e di minore povertà. Dal momento in cui diversi Paesi dell’AL hanno cominciato ad affrontare seriamente questi problemi si è evidentemente avuto un cambiamento. A Vienna ne siamo stati testimoni privilegiati. Perchè dopo tanti anni l’Unione Europea e la Commissione, di cui seguo i lavori da più di venti anni, sono riuscite, grazie alla loro cooperazione tecnica, a imprimere una svolta in senso democratico? Com’è che non sono riuscite a trasmettere il modello di sviluppo che chiamerei “capitalista europeo”? Ritengo che il capitalismo sia presente in AL. La domanda è se si tratti di un capitalismo di tipo renano, cioè di quel modello socialdemocratico che è il più diffuso in Europa, non necessariamente nel senso che l’Europa è governata da socialdemocratici, ma nel senso che abbiamo un capitalismo di mercato dotato di una forte componente sociale. Come mai non siamo riusciti a esportarlo? Le spiegazioni sono molteplici e anche la loro profondità storica varia. C’è chi dice che questa situazione derivi dall’età coloniale e che quindi stiamo cercando di risolvere un problema per il quale siamo in certo modo responsabili. E come mai non ci siamo riusciti?… forse per un motivo molto semplice: perché ogni popolo è padrone del suo destino e l’unica cosa che noi possiamo fare è mostrarci disponibili da una parte e, dall’altra, cercare di convincere gli altri non solo del fatto che il nostro modello funziona anche per le cose per cui si dice che non funziona, come la competitività, l’innovazione e la crescita, ma anche che altri modelli, come quello della disuguaglianza, non funzionano. Tutto ciò lo diciamo perché crediamo che questo genere di cose vada detto quando si è partner. Come è possibile che tra gli Stati Uniti e l’Unio-

ne Europea vi siano ottime relazioni nel campo commerciale malgrado tutte le divergenze in materia di politica e diritto internazionale e nel modo in cui risolvono i problemi, mentre con l’AL vi sia grande sintonia e affinità di idee in ambito internazionale ma non si riesca a trovare un punto d’incontro in ambito commerciale? In termini di valori e di cultura, per usare espressioni che non si usano tanto, non solo l’Unione Europea e l’America Latina, ma anche gli Stati Uniti, condividono moltissimo. In altri ambiti non è così, per esempio nel multilateralismo. Qui ci troviamo più vicini all’AL che non agli Stati Uniti. Ma ci sono molte cose in comune, molti aspetti della politica internazionale in cui vediamo le cose da una prospettiva simile. Per quanto concerne il commercio, cosa vuole dire? Che le nostre relazioni commerciali non sono estese? No, ma, piuttosto, che talvolta non si arriva a una completa definizione degli accordi. Abbiamo il caso del Mercosur… Si, l’accordo con il MERCOSUR non è ancora stato definito, ma con il Messico è già stato definito e anche l’accordo con il Cile è stato concluso. Abbiamo appena deciso di avviare i negoziati per un accordo d’associazione con l’America Centrale e abbiamo deciso di provare a intavolare negoziati con la Comunità Andina nonostante le difficoltà che questa si trova attualmente ad affrontare. Inoltre, con il nostro Sistema di Preferenze Generalizzate (SPG) diamo accesso al mercato europeo, praticamente esente da dazi, alla maggior parte delle esportazioni provenienti dai paesi dell’America Centrale e dall’America Andina. Ricordo inoltre che deteniamo la più ampia quota di mercato del MERCOSUR, poiché siamo la principale meta delle sue esportazioni, incluse quelle agricole, e siamo più che disposti a concludere l’accordo anche loro. Direi piuttosto che ci sono delle evidenti divergenze, ma non bisogna sopravvalutarle perchè c’è anche una grande collaborazione. Come procede l’accordo con il MERCOSUR? Secondo lei sarà possibile arrivare presto a concludere un accordo di associazione come lo si vuole? Credo che ci siano gli elementi necessari per arrivare a un accordo di associazione e per velocizzare questo processo. Durante la sua recente visita in Brasile, il Presidente Barroso ha ribadito questo concetto. Benché esista un legame tra i negoziati del MERCOSUR e i negoziati del Round dello sviluppo di Doha in seno all’OMC, non vuol dire che ci sia un’interdipendenza meccanica tra i due, né che gli uni escludano gli altri. Possiamo portare avanti entrambi e abbiamo addirittura sentito dai nostri interlocutori brasiliani il desiderio di conclu-

dere il negoziato entro la fine di quest’anno. Speriamo che questo si realizzi! Cosa si intende per accordo di associazione? É un accordo tra due parti, delle quali una, in questo caso, è l’Unione europea, attraverso cui le due parti decidono di lanciare un processo sostenuto da tre assi portanti: un dialogo politico rafforzato, la cooperazione per portare avanti gli obiettivi dell’associazione e, la terza asse, il pilastro commerciale. La differenza è che queste tre assi costituiscono un tutto unico. Quali sono i progetti che intendete attuare con la Comunità Andina dopo la “Dichiarazione di Quito”, realizzatasenza il Venezuela? Con la Comunità Andina abbiamo siglato un accordo di dialogo politico e cooperazione, intratteniamo un dialogo politico, abbiamo intensi legami di cooperazione, collaboriamo sul terreno delle droghe, sosteniamo il programma integrato di sviluppo sociale della Comunità Andina. Inoltre abbiamo deciso che, una volta completate le fasi preliminari, come nel caso dell’America Centrale, negozieremo con loro un accordo di associazione. Questo è stato deciso a Vienna e poco dopo c’è stato il Vertice Andino, durante il quale i quattro paesi che sono rimasti nella Comunità Andina hanno riconfermato la loro volontà a concludere effettivamente questo accordo di associazione, è su questo che stiamo lavorando ora. Domani e dopodomani (martedì 20 e mercoledì 21giugno 2006) si riuniranno per decidere quale risposta dare all’Europa riguardo alla relazione di valutazione sul processo di integrazione economica regionale, che è il prerequisito stabilito al Vertice di Guadalajara per i negoziati tra i due blocchi, ma si sta lavorando anche su questo.

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Nel quadro dell’atteso accordo di associazione con la CAN, che grado di flessibilità può dimostrare l’Unione Europea nel dare alla Bolivia una collocazione adeguata nell’accordo, in virtù delle sue peculiarità economiche e politiche rispetto agli altri tre paesi? Per quanto concerne la flessibilità che riusciremo a dimostrare nell’inserire adeguatamente la Bolivia, per ora ciò che stiamo cercando di ottenere è che la CAN agisca come un gruppo, quindi, si tratta di un tema su cui non si è ancora riflettuto molto. Che genere di cooperazione si può stabilire a sostegno della Bolivia affinché essa possa sviluppare maggiori capacità, che le permettano, da un lato, di partecipare effettivamente all’accordo e, dall’altro, di trarne benefici? Per quanto riguarda la cooperazione, sia nel nostro programma bilaterale con la Bolivia, che in quello regionale con la CAN, disponiamo delle risorse necessarie per venire incontro agli interessi dei boliviani in materia di potenziamento della loro capacità di negoziazione, di integrazione, di lotta contro la povertà, la disuguaglianza e l’emarginazione, o in altre materie di notevole importanza. Parleremo con il governo boliviano per dare maggiore concretezza a tutto questo, visto che la pianificazione per il periodo 2007-2013 è ancora in corso. Con l’America Centrale il dialogo è più fluido, parrebbe che la regione centroamericana abbia già imboccato il cammino dell’integrazione, nonostante la recente adesione del Panama. Attualmente c’è in America Centrale una forte spinta verso l’integrazione e questo è emerso con chiarezza durante gli incontri che abbiamo avuto. Loro non solo manifestano la volontà di negoziare con noi, ma si danno anche molto da fare affinché possano essere avviati i negoziati, tanto che il Panama ha notato che c’è effettivamente un progetto serio di cui vuole far parte. Ovviamente si tratta di un processo con una dinamica che è ancora in progresso. Noi dobbiamo ora rispondere a questa dinamica e faremo tutto il possibile per riuscirci, adottando tutte le misure pratiche necessarie perché ciò avvenga. Vorrei comunque ricordare che non è che noi abbiamo un approccio diverso con l’America Centrale, ma che è l’America Centrale ad avere un approccio diverso con il proprio processo d’integrazione. Che opinione merita il Forum Economico? É importante ricordare che l’Europa detiene ancora una porzione molto importante degli investimenti diretti in America Latina e che nell’accumulazione di investimenti è, sicuramente, il primo investitore in AL; senza dubbio, lo è in alcuni singoli paesi. Negli ultimi tempi si è tuttavia osservato, in alcuni casi, un minore dinamismo degli investimenti e, dall’altra parte, l’apprensione degli investitori per quanto riguarda la loro tutela giuridica e il quadro regolatore in cui avvengono gli investimenti. Perciò riteniamo che se vogliamo ricuperare il dinamismo che ci caratterizzava in precedenza, dovremmo cercare di discutere, per quanto possibile, tutte le questioni che possono costituire degli ostacoli agli investimen-

ti, con l’obiettivo di rilanciargli. Questo Forum Economico si è prefisso di lavorare fino al 2008 per mettere in moto il settore economico, Cosa si intende realizzare? Abbiamo molti progetti in corso d’opera: ci sono programmi che favoriscono gli investimenti in tutta l’America Latina, come il programma AL-Invest, ci sono programmi che promuovono gli investimenti delle piccole e medie imprese, c’è un programma in Messico, ci sono altri programmi che promuovono le capacità di aziende che vogliono esportare prodotti verso varie destinazioni e possiamo continuare a incrementare il numero di questi programmi. Ma ciò che più ci interessa è instaurare un dialogo con i diversi paesi con l’obiettivo di rendere più sicuro il contesto in cui si verificano gli investimenti, si tratta di questioni concrete cui ci dedicheremo da qui al 2008. Vedremo se nel 2008 sarà possibile arrivare a constatare che ci sono stati dei frutti e che tali frutti sono rappresentati da una ripresa di vitalità degli investimenti europei in AL. Che tipo di influenza potete esercitare affinché in AL sia dato più spazio all’istruzione e alla formazione, soprattutto dei giovani, ed evitare che l’AL continui a essere vista comeun deposito di risorse naturali e si pensi solo al loro possesso? Condivido totalmente questo apprezzamento. Un’AL che non fa più che esportare risorse del settore primario è un’AL con un limitato potenziale di crescita, oltre ad essere molto vulnerabile alle variabili di prezzo, di cambio e di qualunque cosa possa inficiare il controllo da parte di quei paesi. Di conseguenza, sarebbe necessario che si ponesse maggiormente l’accento su fattori veramente connessi con l’innovazione, sarebbe indispensabile valorizzare l’istruzione. Non solo la formazione professionale o l’istruzione scientifica, ma anche l’educazione di base e un’istruzione primaria di qualità, che garantiscano ai cittadini l’accesso a posti di lavoro più qualificati e che formino una manodopera maggiormente qualificata che permetta che gli investimenti siano diretti verso determinati paesi, ciò che può contribuire non solo a una maggiore innovazione e competitività delle economie latinoamericane, ma anche a un’espansione dei loro mercati interni e all’aumento della domanda aggregata interna a quei paesi. Molti di loro hanno dimensioni che poco si adeguano a una crescita sostenibile. É possibile che la Comunità Sudamericana assicuri maggiore equilibrio all’America Meridionale o è meglio un MERCOSUR con il Venezuela e una Comunità Andina con quattro paesi? Ciò che mi piacerebbe è che i processi d’integrazione in AL, di qualunque tipo essi siano, vadano avanti, progrediscano e presentino delle dinamiche positive. Se il progetto è la Comunità Andina, che allora prosperi e progredisca la CA, se è il MERCOSUR che allora sia il MERCOSUR a prosperare, e se entrambi riescono a formare una Comunità Sudamericana, che allora sia. Ciò che in certa misura mi preoccupa è l’eventualità di trovarci in una situazione in cui, vedendo che alcuni processi d’integrazione zoppicano, cominciamo a pensare a progetti molto più ambiziosi che,

per loro stessa natura, sono molto più difficili da realizzare. Non mi sembra questa una metodologia con grandi possibilità di successo. In che modo può l’esperienza comunitaria contribuire a rafforzare i processi latinoamericani, aiutandoli a evitare che si creino delle fratture tra loro? Forse facendo conoscere meglio il processo comunitario europeo e le sue difficoltà? Ritengo che ogni regione parta dalle proprie esperienze e l’esperienza europea, che ha dato origine al nostro processo d’integrazione, è un’esperienza che nessuno potrebbe augurare nemmeno al suo peggior nemico. Per fortuna, l’AL non è dovuta partire da un’esperienza di questo tipo. Direi piuttosto che il processo europeo, che ha le sue radici, le sue cause e le sue dinamiche, ha qualche lezione da insegnare. Primo, la lezione su tutti quegli aspetti nei quali si produce l’integrazione: l’integrazione non è un’idea, ma un insieme di molte idee che si vanno aggregando tra loro. Secondo, l’integrazione è una questione che coinvolge le istituzioni e la creazione di nuove istituzioni. Terzo, si tratta di guardare in modo nuovo al concetto di sovranità e di avere un’idea molto chiara sul ruolo indispensabile della solidarietà in qualunque processo di crescita. In Europa abbiamo accumulato vasta esperienza in tutti questi ambiti, ciò che possiamo fare, nella misura in cui ai nostri partner queste esperienze possono sembrare interessanti, è condividerle con loro. In quali ambiti? In tutti gli ambiti nei quali cooperiamo: l’istruzione, il mercato interno, la concorrenza, la ricerca scientifica e tecnica, la competitività e l’innovazione, la solidarietà sociale, la solidarietà regionale. Vi sono molti settori nei quali possiamo condividere esperienze positive e negative, poiché non tutte le esperienze sono state positive. Di fatto, possiamo condividere queste esperienze, lo stiamo già facendo e continueremo a farlo. Il Brasile aveva proposto la partecipazione diretta della Commissione ai progetti IIRSA con l’obiettivo di migliorare la rete di comunicazione sudamericana. Che ne pensa di questa proposta? Ci sarà una partecipazione finanziaria più dinamica per agevolarne la realizzazione? Abbiamo già preso parte ad alcuni progetti IIRSA. Per esempio, la costruzione della strada tra Santa Cruz e Puerto Suárez ha ricevuto finanziamenti dalla Commissione Europea, ma questi progetti si prestano di più al finanziamento tramite prestiti e questa non è la “provincia” sotto l’autorità della Commissione, né è il suo principale settore di attività. Comunque, dal punto di vista delle istituzioni europee, l’organo più competente sarebbe la Banca Europea degli Investimenti. La BEI ha espresso il desiderio di ottenere un mandato che incrementi in misura considerevole le risorse che destina all’AL e che inserisca tra i suoi obiettivi, quello dell’integrazione fisica delle infrastrutture dell’AL. In questo modo, parte dei suoi obiettivi coinciderebbecon quelli dell’IIRSA, ma al momento non posso fornire ulteriori precisazioni.


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Per il “Perù 2008” avete già fissato gli obiettivi da conseguire durante questo Vertice? É quanto ci proponiamo di fare per tutti i Vertici. Ma occorre precisare che i Vertici sono incontri dove si riunisce una gran moltitudine di delegati di Governo, con un’attenzione esclusiva nei confronti della regione con cui si incontrano, cosa non frequente nelle relazioni internazionali, poiché si è sempre distratti da altre cose. In un Vertice ci si concentra sugli elementi che si hanno in comune. Essi sono l’occasione di una lunga serie di incontri bilaterali in ambiti molto più ampli, forniscono l’occasione di ribadire in forma chiara quali sono i punti che accomunano le regioni e per i quali si è disposti a lottare nel contesto dell’agenda politica internazionale, inoltre, danno l’opportunità di realizzare risultati concreti. Vorrei ricordare che tutti i Vertici hanno prodotto risultati concreti: al Vertice di Vienna, non solo sono stati avviati i negoziati con l’America Centrale, ma credo anche che sia stato dato un importante contributo alla Comunità Andina per aiutarla a far rientrare in maniera positiva la crisi che sta affrontando. Sono state fatte molte dichiarazioni sui punti di incontro tra l’UE e l’AL, ma qual è il posto che l’America Latina veramente occupa nella politica estera dell’UE rispetto a nuove realtà come la Cina o l’India? É sconcertante vedere tutti i paesi europei che hanno intrapreso la corsa agli investimenti in questi due paesi, senza avere legami di comunanza con loro, mentre in AL, dove avrebbero potuto creare produttività, non si sono decisi a partecipare. Qual è l’attrattiva dell’India e della Cina? Stiamo parlando di un’area del mondo con più di due miliardi di abitanti, che sta vivendo una crescita economica molto rapida. Questo non affascina solo l’UE, ma tutto il mondo. Vuol questo dire, forse, che l’AL non ci interessa? Non c’è altra regione al mondo alla quale sia stata offerta una rete di accordi di associazione, che copre tutta la regione, come quella che è stata offerta all’AL. In secondo luogo, nonostante la dinamica di crescita in AL sia molto più lenta che in India e in Cina, il valore complessivo degli Investimenti Diretti Esteri europei non ha nulla da invidiare a quello degli investimenti in questi due paesi. Se è questa la mancanza d’attenzione, direi che ci sono moltissime regioni al mondo che accetterebbero con gioia la mancanza d’attenzione che riserviamo all’AL. Con questa dichiarazione di attenzione La lasciamo. Arrivederci alla prossima occasione.

I CITTADINI, VERI PROTAGONISTI DELL’EUROPA di Maria Grazia Cavenaghi-Smith

“U

n nucleo federale per costruire l’unità politica dell’Europa” é il titolo, volutamente provocatorio, del Forum dei cittadini organizzato dall´Ufficio a Milano del Parlamento Europeo e dall´Associazione Ex Parlamentari della Repubblica, svoltosi sabato 7 Ottobre al Palazzo delle Stelline, sede dell’Ufficio del PE. Si é discusso della possibilità di ripartire da ITALIA, FRANCIA E GERMANIA, Paesi fondatori, per giungere ad una vera unità politica europea e costruire un primo nucleo degli “Stati Uniti d’Europa”. Nell’introduzione al Forum dell’On. Maria Luisa

Cassanmagnago, presidente del Comitato lombardo d’iniziativa per lo Stato federale europeo si legge: “Siamo fermamente convinti che l’obiettivo dell’unità politica europea possa essere raggiunto solo cominciando da un nucleo di Paesi che si uniscano rapidamente in Stato federale, restando poi aperto all’adesione degli altri”. “Questo non ha nulla a che fare con quelle riforme dell’Unione europea di cui si parla attualmente - ha peró specificato - riforme opportune, ma ben diverse dall’obiettivo assai più alto della costruzione di uno Stato europeo”. Economia, ma anche e soprattutto un cuore politico per l´Europa che guarda oltre l´Euro, un cuore che sia federale. Questo l’altro tema centrale del dibattito che ha visto la partecipazione di esperti e addetti ai lavori ma anche di cittadini desiderosi di dare il proprio contributo oggettivo e concreto alla costruzione Europea. Tra gli addetti ai lavori ricordiamo Antonio Duva,

già Senatore e Vice Presidente dell’associazione ex parlamentari della Repubblica; le Senatrici Emanuela Baio e Cecilia Chiovini; Jacques Mallet già europarlamentare; l’ex parlamentare Vittorio Dotti; il consigliere comunale Giancarlo Pagliarini e il Direttore della rappresentanza CE a Milano Roberto Santaniello. Il politologo e ambasciatore francese Jean-Marie Le Breton ha chiesto al pubblico: “credete che i popoli europei siano così ciechi da immaginare di ritrovare il loro ruolo e la loro indipendenza senza pagare lo scotto di un trasferimento di sovranità? Se non losi fa a favore dell’Europa, lo si farà, di fatto, a favore dei grandi Stati che domani costituiranno la comunità internazionale”. Karl Lamers, principale autore del progetto del ‘94 di un nucleo iniziale di Stati per la moneta unica durante il governo Kohl ha ripreso le forti idee che da qualche anno popolano i suoi scritti. In sintesi: ripartire da una difesa europea autonoma e unitaria intesa come veicolo e strumento di una politica estera unificata per avviarsi verso l’obiettivo federale. Dal dibattito che è seguito, moderato da Maria Grazia Cavenaghi Smith - Direttore dell´Ufficio a Milano del PE sono scaturite proposte concrete: l’On. Antonio Panzeri (PSE, Ds) ha proposto che “il Trattato costituzionale venga sottoposto a Referendum Europeo da svolgersi in contemporanea in tutti i paesi membri in concomitanza con le prossime elezioni Europee del 2009”. L’On. Pia Locatelli ( PSE, Rosa nel Pugno) ha suggerito di valutare la possibilità di un’adozione del Trattato costituzionale con voto a maggioranza qualificata (62% popolazione) e vincolante solo per la maggioranza. “Una sorta di cooperazione rafforzata ma fatta tra i paesi della maggioranza e non tra una minoranza di stati”. Tra il pubblico, sono intervenuti: il Sig. A. Perrone, insegnante, che ha parlato di “Costituzione: efficacia erga omnes quale formazione di base possibile per promuovere una maggiore coesione tra Italia e UE”; il Sig A. Longo, MFE, che ha ribadito la necessità di un Referendum europeo nel 2009 e la Sig. Delia Borrelli, giornalista e preside, che ha chiesto “più Europa nelle scuole affinché i nostri giovani possano sentirsi veramente cittadini europei” e “una maggiore attenzione da parte dei Media alle questioni europee poiché ci riguardano da vicino”

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EUROPA GLOBALE: COMPETERE NEL MONDO diRoberto Santaniello a crescita e la creazione di posti di lavoro in Europa sono al centro dell’agenda della Commissione europea. Nel 2005 è stata rilanciata la strategia per la crescita e l’occupazione che ha individuato nella creazione di un mercato aperto conregole interne valide e fatte rispettare in modo efficace nei settori della concorrenza, l’innovazione, l’istruzione, la ricerca e lo sviluppo, l’occupazione, la politica sociale e di coesione, l’obiettivo da raggiungere per rendere l’Europa più competitiva. A questa ambiziosa agenda interna, è stata recentemente associata anche un’azione esterna. Con la Comunicazione Europa globale: competere nel mondo. Un contributo alla strategia per la crescita e l’occupazione dell’UE pubblicata lo scorso 4 ottobre 2006, infatti, la Commissione ha inteso delineare come, in un’economia globale in rapido mutamento, si possa porre in atto una politica commerciale esterna più integrata e lungimirante che rechi un forte contributo alla competitività dell’Europa. In particolare, la Commissione propone una serie di misure che, sintetizzando, riguardano l’elaborazione di regole europee di qualità e l’eliminazione di ostacoli agli scambi. Sul piano interno, quindi, la priorità diventa

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la coerenza delle regole e delle pratiche con i nostri principali partner: nel formulare le nostre regole si dovrebbe tener conto dell’esterno ed evitare futuri attriti commerciali. Sul piano esterno, invece, l’argomento centrale è il rifiuto del protezionismo all’interno dell’UE accompagnato, però, dall’attivismo nella creazione di mercati aperti e di condizioni eque per il commercio all’estero. Pur mantenendo fede all’impegno nei confronti di un approccio multilaterale, la Commissione, con questa comunicazione, conferma la validità degli Accordi di libero scambio che, si legge, “possono prendere le mosse dalle regole dell’OMC e altre regole internazionali per andare oltre e procedere più celermente al fine di promuovere l’apertura e l’integrazione, affrontando tematiche che non sono pronte per una discussione multilaterale e preparando il terreno per il successivo livello di liberalizzazione multilaterale”. In quest’ottica, ASEAN, Corea e Mercosur (con cui sono in corso negoziati) acquistano un aspetto prioritario per l’Unione: essi combinano un elevato livello di protezione con grandi potenzialità di mercato e sono attivi nello stipulare Accordi di libero scambio con i concorrenti dell’UE. L’India, la Russia e il Consiglio di co-

operazione del Golfo (anche in questo caso i negoziati sono attualmente attivi) presentano anch’essi una combinazione di potenzialità di mercato e di livelli di protezione che ne mette in evidenza l’interesse diretto dell’UE. Anche la Cina risponde a diversi di questi criteri, ma richiede un’attenzione specifica a causa delle opportunità e dei rischi che presenta. Inoltre, la comunicazione della Commissione pone l’accento sulla necessità di un’adeguata protezione della libertà intellettuale e sull’apertura del settore degli appalti pubblici: regole più severe sono diventate indispensabili per evitare che le violazioni della proprietà intellettuale mettano a rischio la sopravvivenza delle imprese più innovative e creative così come l’apertura da parte dei nostri partner commerciali nel settore degli appalti pubblici rappresenterebbe per le imprese europee un’opportunità unica. Si tratta di un programma ambizioso, ma che, in un mondo globale che vanifica la distinzione tra politiche interne ed estere, sostiene con decisione il forte contributo che la politica commerciale può recare alla crescita e all’occupazione in Europa.


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LE POLITICHE MIGRATORIE NELL’UNIONE EUROPEA di Tito Boeri www.lavoce.info lla fine chiuderanno anche loro le frontiere ai lavoratori bulgari e rumeni. Italia e Spagna, gli ultimi due paesi chiamati a decidere il regime migratorio da tenere nei confronti dei due nuovi stati membri si allineeranno al resto dell’Unione Europea a 15, imponendo restrizioni “transitorie” all’ingresso per motivi di lavoro. Questo avviene, paradossalmente, proprio mentre si stanno in molti paesi (compresa Italia e Spagna) togliendo le restrizioni all’ingresso di lavoratori dal primo gruppo di paesi dell’ex blocco sovietico (Paesi Baltici, Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Slovenia e Ungheria). Perchè allora questa schizofrenia, per cui da una parte si chiude e dall’altra si apre? Proviamo a spiegarlo cercando al contempo di trarre lezioni utili per il nostro paese, impegnato in questi mesi a rivedere le politiche dell’immigrazione.

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Perchè allora le restrizioni? Lo scopo delle politiche dell’immigrazione non è quello di bloccare i flussi. Sarebbe impossibile farlo, come testimoniato dal ritardo con cui i governi riescono a monitorare l’arrivo degli immigrati. La Spagna, ad esempio, con l’ultimo censimento ha scoperto di avere due milioni di cittadini in più. Le politiche dell’immigrazione servono solo ad imporre gradualità ai flussi e a modificarne la composizione, in modo tale da migliorarne l’impatto distributivo e da ridurne i costi sociali. Se, infatti, l’immigrazione comporta sempre un incremento nel prodotto interno lordo del paese di destinazione, flussi consistenti e concentrati in un arco di tempo ristretto possono deteriorare il capitale sociale di un paese, pregiudicandone il tasso di crescita in futuro. E ad esempio, é stato documentato come il grado di fiducia negli altri e la coesione sociale siano fondamentali nella performance economica di un paese. Gli immigrati, soprattutto quelli di prima generazione, faticano ad integrarsi e finiscono spesso per essere coinvolti in attività illegali. La forte sovrarappresentazione dei rumeni nella popolazione carceraria italiana, assieme al fatto che gli altri paesi UE chiuderanno le frontiere ai rumeni, contribuisce a spiegare perchè il Governo italiano finirà per chiudere le frontiere ai lavoratori in provenienza da Bulgaria e Romania.

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In occasione del primo allargamento ad Est, come si ricordava, quasi tutti i 15 paesi dell’Unione Europea hanno introdotto un “Periodo Transitorio” per limitare l’accesso ai loro mercati del lavoro da parte dei lavoratori dei nuovi stati membri. In particolare, dal primo maggio 2004, la libera circolazione di lavoratori nell’ambito dell’Unione prevista dal (primo) Trattato di Roma è stata concessa dalla sola Svezia, restrizioni all’accesso alle prestazioni sociali sono state introdotte da Regno Unito, Irlanda e Danimarca mentre gli altri paesi dell’Unione a 15 ha scelto di restringere gli accessi parzialmente o totalmente. Queste asimmetrie hanno alterato profondamente la distribuzione territoriale dei flussi migratori spostandola verso i paesi che avevano aperto di più le frontiere: la quota degli emigrati dai Nuovi Stati Membri arrivati nel Regno Unito è così salita dall’8% di prima dell’allargamento al 35%; quella della Germania (che aveva chiuso le frontiere) è diminuita dal 60% al 43%. Al tempo stesso si è ridotto fortemente il contributo che l’immigrazione può dare alla crescita economica in un’Europa stagnante. Se si paragonano i flussi riscontrati dopo il maggio 2004 con quelli previsti in caso di assenza di restrizioni, ci si rende conto che i flussi dai nuovi stati membri sono stati di circa un terzo inferiori rispetto a quelli che sarebbero presumibilmente avvenuti senza le restrizioni. Questo significa meno crescita economica per l’Europa. Per capire l’impatto che l’immigrazione ha sulla crescita, basti pensare che, secondo uno studio presentato a un convegno della Fondazione Rodolfo Debenedetti (www.frdb.org), l’immigrazione conterebbe fino al 50% della crescita del PIL in Spagna negli ultimi 5 anni, dove ha contribuito a ridurre di due punti la disoccupazione strutturale.

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Un sistema a punti per l’Europa Al di là del caso dei due allargamenti a Est dell’Unione, i paesi europei hanno negli ultimi 15 anni fortemente ristretto le politiche dell’immigrazione chiudendo molte strade d’ingresso legale. L’Europa potrebbe permettersi politiche dell’immigrazione meno restrittive se riuscisse a coordinare le politiche nazionali, in modo tale da evitare i fenomeni di deviazione dei flussi riscontrati in occasione del primo allargamento. Coordinarsi vuol dire però anche definire una politica comune e oggi i diversi stati dell’Unione regolamentano in modo molto diverso fra di loro il fenomeno. C’è un modello, comunque che si va affermando nel vecchio Continente. Dopo la Svizzera anche Danimarca e Regno Unito (a partire dal 2009) stanno introducendo un sistema a punti. Questo serve a ottenere tre risultati al tempo stesso: i) incoraggiare i flussi di lavoratori qualifi-

cati, ii) colmare buchi nell’offerta di alcuni tipi di prestazioni (come ad esempio l’assistenza agli anziani) e iii) razionalizzare e rendere più trasparenti i criteri di ingresso, inserendoli in un quadro coerente, in cui a ciascun elemento viene assegnato un peso. Ad esempio, in Canada, le domande di ammissione inviate dagli immigrati prima di entrare nel paese vengono accolte in base al loro punteggio in una graduatoria che tiene conto delle loro conoscenze linguistiche, del livello di istruzione, dell’età e della precedente esperienza lavorativa. In Italia, invece, le quote degli immigrati vengono riempite in base alla data di presentazione, senza alcuna considerazione per quelle caratteristiche che incidono sul processo di integrazione degli immigrati e sul loro costo fiscale. I cittadini europei sono sempre più preoccupati per gli effetti dell’immigrazione sull’accesso al welfare. Un modo per rispondere a queste preoccupazioni senza cedere alle anacronistiche pressioni per chiudere del tutto le frontiere agli immigrati risiede nel favorire gli ingressi di coloro che hanno minori probabilità di dover ricorrere a prestazioni assistenziali e maggiori probabilità di contribuire fin da subito, trovando facilmente un lavoro, al finanziamento dei servizi pubblici.

Sponsorizzazione ma non autosponsorizzazione Un sistema a punti è più facile da amministrare di una normativa complessa come la legge Bossi-Fini. Permette anche di responsabilizzare i datori di lavoro, così come prevede la normativa che sta per essere introdotta nel Regno Unito, che prevede non solo la valutazione delle domande presentate (dall’estero) dagli immigrati, ma anche la sponsorizzazione di un immigrato da parte di un datore di lavoro. Può essere un canale soprattutto per facilitare l’ingresso di lavoratori poco qualificati che hanno più difficoltà ad integrarsi e nei cui confronti il datore di lavoro sarebbe invece maggiormente responsabilizzato. Ogni impresa riceverebbe, infatti, un rating che tiene conto del modo con cui ha “seguito” in passato casi analoghi. L’idea dell’autosponsorizzazione, invece, sembra largamente manipolabile da chi organizza i flussi dei clandestini e, quindi, rischia di essere antitetica a qualsiasi controllo dei flussi.

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COSTITUITA L’ASSEMBLEA PARLAMENTARE EURO-LATINOAMERICANA (EUROLAT) di Isabel Recavarren Malpartida l 8-9 novembre si è costituita l’Assemblea Parlamentare Euro-Latinoamericana nella sede del Parlamento europeo a Bruxelles. La sua creazione era stata proposta nel 2001 dall’eurodeputato Ignacio Salafranca, era poi stata rafforzata a Lima nell’ambito della XVII Conferenza Interparlamentare, celebratasi nel giugno del 2005 e successivamente era stata raccolta in una comunicazione della Commissione europea per poi essere finalmente inclusa tra le conclusioni del Vertice di Vienna 2006. Durante la sessione, sono stati eletti due copresidenti, l’eurodeputato spagnolo José Ignacio Salafranca e il deputato brasiliano Ney Lopes, attuale presidente del Parlamento Latinoamericano, e dodici vicepresidenti. Oltre alle nomine, l’Assemblea alla sua prima seduta ha votato un regolamento provvisorio. Il secondo vicepresidente del Perù, Lourdes Mendoza, ha letto il messaggio del Presidente Alan Garcia Perez che ospiterà il prossimo vertice UEAL nel 2008 ed è l’attuale Presidente dell’America latina e Caraibi per il dialogo con l’Unione Europea. Nel suo messaggio, il Presidente Garcia Perez ha chiesto all’UE, in nome dell’intera regione, di dare inizio al più presto alla negoziazione degli Accordi di Associazione CAN-UE e CAN-Centroamerica e di includere i negoziati sul libero commercio. Nel messaggio si chiedeva inoltre un maggiore stanziamento di risorse per la cooperazione bilaterale e regionale e un aumento dei fondi della Banca Europea per gli Investimenti a favore dell’America Latina. Il Commissario europeo alle Relazioni Esterne, Benita Ferrero-Waldner, presente alla sessione di chiusura, ha ricordato che “la Commissione Europea ha appoggiato la creazione di questo nuovo organismo sin dal primo momento”. “Questa è una giornata storica”, ha affermato, aggiungendo che “l’Assemblea sarà uno strumento chiave nell’assicurare una fruttifera collaborazione tra le due regioni”. Sono state costituite tre commissioni in seno all’EUROLAT. LA COMMISSIONE AFFARI POLITICI, SICUREZZA E DIRITTI UMANI: i copresidenti sono l’eurodeputato Fernando Fernández e Armida de López. I vicepresidenti, Achille Ochetto, Daniel Varel, Nora Castro, ed Amilcar Figueroa. In materia di democrazia e diritti umani, questa Commissione lavorerà per una governabilità efficiente tramite il rafforzamento dei partiti politici ed intensificando la cooperazione fra i partiti politici d’Europa e dell’America Latina; per la promozione di un multilateralismo forte e capace, basato sul diritto internazionale e sul sistema delle Nazioni Unite. I suoi membri si impegnano inoltre a ottenere un consenso euro-latinoamericano presso le diverse organizzazioni e presso le Conferenze internazionali e sostegno per la creazione di una Carta Euro-Latinoamericana per la pace e la sicurezza. In materia di lotta contro il terrorismo, prevarrà il

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multilateralismo. Riguardo alla lotta contro le droghe e la criminalità organizzata si riafferma il principio della responsabilità condivisa. Infine, sulla questione della costruzione del muro tra gli Stati Uniti ed il Messico la Commissione ha affermato che questa decisione unilaterale non rappresenta la soluzione più idonea al problema dei flussi migratori, ribadendo che il dialogo e la cooperazione sono la migliore via per la soluzione delle controversie. LA COMMISSIONE PER GLI AFFARI SOCIALI, IMMIGRAZIONE, AMBIENTE, EDUCAZIONE E CULTURA: ha nominato copresidenti Raimon Obiols i Germà e Laura Carneiro. I vicepresidenti sono Monica Frassoni, Amalia Sartori, José Murat e Rosa León. Per la Commissione, il rispetto per la democrazia, lo stato di diritto ed il pieno rispetto dei diritti umani è alla base dell’Associazione Strategica Biregionale. Attualmente, circa il 45% della popolazione dell’America latina vive in condizioni di povertà e disuguaglianza sociale, discriminazione e abbandono. Ciò debilita la democrazia, altera la crescita economica e alimenta il conflitto sociale e l’instabilità giuridica. La Commissione si impegna di conseguenza a contribuire alla creazione di società meno emarginanti, più giuste e coese e a stabilire un Fondo di solidarietà biregionale UEAL che funga da organismo fiduciario per la gestione e il finanziamento dei programmi settoriali. Altri impegni assunti sono: un corretto ed efficiente utilizzo dell’Agevolazione America Latina annunciata dalla Commissione Europea sulla base degli apporti della BEI in occasione del vertice di Vienna ; l’integrazione delle popolazioni indigene nella vita politica, economica e sociale; il coinvolgimento dei governi locali e regionali nel programma Euro-sociale; lo sviluppo del commercio interregionale e la solidarietà regionale. Relativamente alle risorse energetiche, quest’Assemblea lavorerà per una maggiore cooperazione internazionale e regionale, per promuovere la pianificazione concertata degli “anelli energetici” basandosi sull’esperienza europea delle reti transeuropee. In politica d’immigrazione, lavoreranno per la definizione di politiche migratorie temporanee e per la creazione di un visto di circolazione specifico per imprenditori, universitari, ricercatori, giornalisti e sindacalisti che partecipano all’Associazione; per la mobilizzazione dell’immi-

grazione; per lo sviluppo del paese di origine e per contenere gli eccessivi costi di trasferimento delle rimesse degli immigrati. Infine si contribuirà alla creazione di un vero “spazio comune di insegnamento superiore UE-AL”, per l’apertura dei programmi dell’UE relativi alla formazione professionale, all’istruzione, alla cultura, alla salute e all’immigrazione. Si promuoverà la creazione di una Fondazione Euro-Latinoamericana, di carattere pubblico-privato, per sostenere il dialogo interculturale e la mutua conoscenza ed anche per migliorare la visibilità dell’Associazione Strategica. LA COMMISSIONE PER GLI AFFARI ECONOMICI, FINANZIARI E COMMERCIALI: copresidenti: Erika Mann e Ivonne de Baki. I vicepresidenti sono Gianluca Susta, Gerardo Galeote, Jacinto Suárez. Riguardo alla creazione di un’area latinoamericana di libero scambio si sottolinea che l’UE e l’AL devono concludere e sviluppare accordi di associazione completi, ambiziosi ed equilibrati, sulla base di tre pilastri: un capitolo politico e istituzionale che rafforzi il dialogo democratico e la concertazione politica; un capitolo di cooperazione che promuova lo sviluppo economico e sociale sostenibile e un capitolo commerciale che istituisca un’ALS avanzata e dotata di un’ampia agenda che comprenda, oltre alla liberalizzazione progressiva e reciproca degli scambi di beni e servizi, anche aspetti concernenti gli investimenti, gli appalti pubblici, la tutela dei diritti di proprietà intellettuale, la cooperazione in materia di concorrenza nonché gli strumenti di difesa commerciale, l’agevolazione degli scambi commerciali ed un meccanismo efficace di soluzione dei contenziosi. Per quanto concerne il rafforzamento dei processi di integrazione regionale; si ritiene indispensabile che l’UE dia un netto impulso ai processi di integrazione regionale in America Latina. Un processo che non si limiti a sostenere impegni commerciali, ma ponga l’accento anche su aspetti non commerciali, quali la sicurezza regionale e la governabilità democratica; la circolazione delle persone e dei lavoratori; la gestione comune di ecosistemi e bacini idrografici e l’appoggio all’integrazione fisica in AL e all’interconnessione delle sue diverse reti di infrastrutture, in particolare nei settori dell’energia, dell’acqua, dei trasporti, delle telecomunicazioni e della ricerca.


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PICCOLE E MEDIE IMPRESE ALLA BASE DELLO SVILUPPO SOCIALE Intervista a Gianfranco Caprioli Direttore Generale Promozione degli Scambi Negli ultimi anni il governo italiano e Regioni importanti come la Lombardia hanno manifestato la chiara volontà politica di avvicinarsi al continente latinoamericano, sia ospitando l’Assemblea delBanco Interamericano a Milano, sia con la realizzazione della Conferenza sull’America Latina. Un avvicinamento che oltre ad essere conosciuto deve essere accompagnato dalle realtà economiche italiane. Per comprenderela visione italiana e le linee dell’attuale Governo abbiamo intervistato il Dott. Gianfranco Caprioli, alto funzionario del Ministero del Commercio Internazionale. Lo sviluppo dei rapporti tra l’Italia e l’America Latina è favorito da una vasta comunanza di valori, fatti di tradizioni, costumi, religione, concetto di famiglia. Sono questi i concetti da cui parte Gianfranco Caprioli nell’intervista che ci ha concesso, nella quale fa il punto sullo stato dei rapporti tra l’Italia e l’AL, sulle recenti iniziative del Ministero e sugli immediati programmi. In questi rapporti, sottolinea il dott. Caprioli, gioca un ruolo importante la piccola e media impresa. Una collaborazione durevole, non è fatta solo di grandi infrastrutture o investimenti delle multinazionali, ma anche da una capillare presenza di imprese piccole, di joint-venture, che stabiliscono relazioni durevoli, che fanno conoscere veramente i popoli, le tradizioni, la lingua, che incidono sul tessuto sociale e sono poi le vere basi di rapporti pacifici tra i paesi. Quali sono i programmi immediati del Ministero riguardo all’AL? Per l’anno 2006, continua il dott. Caprioli, il Ministero ha inserito il Brasile fra i paesi Focus dell’attività promozionale, a dimostrazione dell’importanza che l’Italia attribuisce ai rapporti con l’AL. Nei contatti avuti con il neo Ministro On. Ema Bonino ho avuto modo di ascoltare il suo personale interessamento all’ALed il suo proposito di pretendere di rilanciare i rapporti con tutti i paesi che compongono quest’area. Sono ottimista anche della capacità dell’On Ministro di influire in sede comunitaria per un’accelerazione del negoziato UE-Mercosur, che è una base importante per il lancio della cooperazione bilaterale tra l’Italia ed i singoli paesi. Questa DG come responsabile dell’attività promozionale intende per il 2007 programmare iniziative di follow-up in Brasile, così come nuove manifestazioni e progetti per il rilancio di rapporti con l’Argentina. Ciò a seguito del Seminario – Foro Imprenditoriale, tenuto in Cile due anni or sono. Sono propositi che personalmente mi impegno a mantenere che rientrano tra le scelte prioritarie del Ministero del Commercio Internazionale. Come vede o colloca l’America Latina rispetto

alle altre aree emergenti quali Cina, India, Russia etc. In altri termini in che misura si possono dare indicazioni agli imprenditori per operare con l’A.L. piuttosto chenellesuddette economie? Non si tratta tanto di convincere gli imprenditori che, almeno dai contatti personali avuti, sono naturalmente attratti verso i paesi dell’America latina, per la familiarità dei costumi, per le tradizioni e per la lingua. Credo che l’opera che il Ministero deve svolgere unitamente all’Istituto del commercio con l’estero, é di informare in maniera puntuale e precisa sulla realtà economica di ciascun paese di ciascuna regione. Le informazioni che si hanno sono spesso generica, qualche volta traviate, fuorviate dai titoli della stampa, che dovendo fare notizia esalta spesso soltanto gli aspetti negativi. Quali politiche ha adottato il Ministero del Commercio Internazionale nell’ambito della strategia di Lisbona, in particolare per quanto riguarda l’innovazione? Questa è la strategia per competere, viene spesso rimproverato all’Italia di perdere competitività a causa sostanzialmente di due fattori. Primo la specializzazione produttiva nei settori manifatturieri tradizionali dove più lenta e meno dinamica è la domanda mondiale. Secondo la dimensione delle imprese, in quanto hanno difficoltà di acceso al credito e investono meno nell’innovazione. Un esame più approfondito di queste due realtà dimostrano elementi favorevoli a queste due affermazionianche elementi contrari. Per quanto riguarda la specializzazione l’Italia, tra tutti i paesi industriali, è quella che ha la più alta incidenza del settore manifatturiero siamo attorno al 21%, rispetto al 17% della Germania, 15% della Fran-

cia, ecc. Se esaminiamo i dati della bilancia commerciale dei singoli settori vediamo che l’Italia, in termini di valore, ha perso meno quote di quanto ne hanno perse gli altri paesi. Questo perché l’Italia ha spostato le proprie esportazioni, i propri prodotti nella fascia più alta del mercato, riuscendo a mantenere alti i prezzi, perché si tratta di prodotti di elevata qualità, nicchie di mercato. La seconda spiegazione di questa performance, è che le imprese fanno innovazione incrementale, è un’innovazione di processo, altrimenti sarebbe molto difficile spiegare la posizione di leardeship di molti settori della componentistica meccanica. Fanno pezzi per la Boeing, la Bmw, componenti elettronici, per Jaguar, Mercedes; ma anche lavorano per la Vouitton, questo spiega perché si vendono ancora tessuti a fronte della concorrenza cinese, indiana, brasiliana, turca che ha eroso la quota di mercato dei paesi industrializzati. La quota del paesi emergenti è passata da un 27% ad un 31%, era anche inevitabile e giustificato che l’entrata nel ciclo di sviluppo mondiale di paesi come India, Cina e lo stesso Brasile determinasse una spinta verso esportazioni con bassi costi di lavoro. Non bisogna dimenticare la grande accelerazione delle importazioni, perché vi sono paesi che hanno grande necessità di prodotti finiti, prodotti di consumo. È importante questa iniezione continua di tecnologia, per esempio la scheda “cam” per produrre tessuti finissimi, questo sta implicitamente a dimostrare la qualità del prodotto e l’innovazione. Il made in Italy è sempre una parte rilevante delle nostre esportazioni, quali iniziative il MdCI sta adottando per la sua promozione? Abbiamo una serie di strumenti di sostegno all’innovazione tecnologica in Italia, devo citare

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uno strumento specifico a sostegno dell’immateriale, dell’innovazione. L’anno scorso abbiamo introdotto uno strumento che si rivolge all’università, i parchi scientifici. Le università hanno relazioni con l’estero, però sono isolate l’una con l’altra in Italia. Se vengono coinvolte imprese italiane neirapporti con l’estero, per implementare i brevetti, fare joint-ventures, fare strat-up, allorail Ministero finanzia fino il 75% delle spese relative a questo tipo di investimento. L’obiettivo strategico è favorire il trasferimento di know-how, di conoscenza dal mondo accademico al mondo imprenditoriale, ma non limitato all’ambito nazionale ma con forme di knowledge city a livello mondiale. Una rete di relazioni di scambi e conoscenza la dove questa viene prodotta. Questa iniziativa favorirà l’internazionalizzazione dell’impresa? Questo favorirà l’internazionalizzazione delle imprese al traino del mondo accademico. Sinora ciò marciava in modo isolato. Ora le imprese sono incentivate ad attaccare il vagone delle università alle loro relazioni con l’estero. Anche alle piccole e medie imprese? Si rivolge alle aggregazioni di piccole imprese, la riflessione è banale. La PI di fronte al mercato globale, di fronte ad una concorrenza che arriva sotto casa con una sproporzione dei prezzi, ha difficoltà a sopravvivere. Per la prima volta l’internazionalizzazione sta facendo capire l’inadeguatezza della PI, i limiti di azioni isolate. Se almeno 5 imprese si mettono assieme sotto forma anche di associazione temporanea su un progetto di investimento all’estero congiunto, collettivo, riescono a fare cose come show room, centro di assistenza, fidelizzazione del cliente, ampliamento della platea produttiva. Realizzare investimenti congiunti all’estero diventa sempre più imperativo, perché è l’unico modo per ampliare, crescere e inserirsi in nuovi mercati. A volte questo processo di ampliamento della base produttiva e anche dei mercati di sbocco fa capire l’importanza della politica del marchio, in un contesto dove è la politica di marchio che fa vincere i cosiddetti imprenditori senza fabbrica, quelli che trovano un marchio ritenuto affidabile dai consumatori, non importa dove sia stato realizzato il prodotto. Come si collocano in queste iniziative i distretti industriali? L’esperienza dei distretti è stata molto studiata, molto enfatizzata, nascono per una serie di spontanee coincidenze, non sono il frutto di interventi dall’alto “top-down”. Nascono dal contemporaneo verificarsi di una serie di situazioni di trasmigrazione dell’agricoltura verso l’industria, verso l’artigianato. Persone che si conoscevano, dove la fiducia personale faceva premio sul bilancio dell’impresa, riuscivano ad ottenere economie esterne, economie del luogo, perché serviva la banca e magari c’era lo zio che conosceva tutti, serve il

trasporto? c’è il nipote, serve l’assicurazione e via dicendo. Se io faccio le scarpe, c’è chi fa i lacci, le fibbie, le borchie, si crea una fabbrica distribuita in un luogo dove c’è una rete di relazioni che rendono competitive le singole imprese, come se fosse un bilancio consolidato di gruppo. Il credito del distretto è passato sul concetto di bilancio consolidato, come se fosse un gruppo in modo che debolezze e punti di forza si compensino e quindi la banca che concede il prestito, che cartolarizza in qualche modo il credito delle singole imprese, tiene conto della forza progettuale che deriva dal operare insieme. Come distretto, il rating non è più della singola impresa senno dell’insieme del distretto. Èuna linea di intervento che potrà avere ancora maggiore sviluppo quando sarà abbinata in concreto alla fiscalità e alla contribuzione del distretto potendo prevedere una mobilità anche della mano d’opera all’interno delle imprese che compongono il distretto. Quale è la fattibilità dei “bond di distretto”? Si collega al “bond di distretto” in qualche modo anche l’operato nel quale dobbiamo inserire l’attività dei consorzi fidi, sono imprese che si mettono insieme per avere un finanziamento agevolato nell’ambito di un fondo costituito tra loro stessi. Vi sono azioni e programmi specifici a sostegno degli scambi con l’America Latina? Come paese membro dell’Ue sono vietate azioni di sostegno diretto allo scambio, sono ritenuti aiuti di stato illegittimi. Svolgiamo un’intensa attività di relazione che auspico e mi auguro venga ora rilanciata in maniera efficace, più continua, per creare una cornice favorevole agli scambi. Noi dobbiamo creare le condizioni di familiarità e di relazioni che determinino fiducia nelle imprese a scambiare ed a investire. Il Brasile, anche per le dimensioni della sua economia, è il paese con il più elevato livello di intercambio sia con l’Ue che con l’Italia, quali sono i settori più rilevanti per le medie imprese che intendono investirvi? Quali specifici strumenti ha adottato il MdCI? I settori principali sono macchinari, lavorazione legno, macchinari per imballaggio, macchinari per la lavorazione del marmo, ciò richiama anche il settore delle costruzioni e delle infrastrutture. Su questi settori il turismo e l’agro-alimentare hanno sviluppato un’attività di croceristica di porto. Ciò che chiede il Brasile é know-how, assistenza tecnica e macchinari. Vale a dire l’espressione più avanzata del Made in Italy, perché è frutto di un paese che primo ha dovuto imparare a trasformare le materie prime che doveva importare. Quindi a fare dei prodotti utili, poi anche belli e ben fatti, quindi con il design che contraddistingue l’Italia, in terzo luogo ha dovuto inventarsi anche le macchine per produrre tali prodotti, solo cosi si poteva rimanere competitivi. Ciò spiega perché insisto su fatto che l’innovazione che c’è

è maggiore di quella che non appare. Si sostiene che la competizione si fa con le competenze, che creano valore aggiunto, il MdCI ha in programma la formazione come ponte di comunicazione con i paesi dell’America latina? Italia per la natura stessa dell’economia, basata sulla PI che vuol dire centralità dell’uomo, della natura umana. Parliamo, quindi, di un imprenditore che s’inventa qualcosa da portare sul mercato ed è convinto che quello che riesce a produrre possa affermarsi sul mercato. Riteniamo tuttavia che l’investimento più importante, quello di lungo periodo, sia la formazione: formazione internazionale, e noi ci rivolgiamo a giovani, a export manager, a funzionari pubblici. Abbiamo avuto esperienze di responsabili di consorzi, di PI, con il Brasile e con l’Argentina in passato. Nelle prossime linee direttrici del 2007, la formazione sarà una delle leve sulle quali intendiamo puntare maggiormente. Quale è il suo giudizio sugli orientamenti di politica economica di paesi della Comunità Andina come Venezuela e Bolivia? Come funzionario di Stato non do giudizi sugli orientamenti politici, le relazioni per noi sono prevalentemente tra i popoli ed il nostro sforzo è proteso ad ampliare a rendere durevole la presenza dell’Italia sui mercati esteri, prioritariamente con i paesi amici. Con i paesi con i quali ci sono tradizionali legami e contatti sociali, economici ma anche comunanza di valori e di obiettivi. In un quadro in cui si ricerca uno sviluppo di una crescita armoniosa, perché dell’aumento del benessere possono godere un numero più vasto possibile. Per quanto riguarda il Perù, qual è la sua impressione sul ritorno alla presidenza di Alan Garcia? Io spero, il Presidente non è nuovo è persona ben navigata e conosce bene i sistemi internazionali, abbiamo la speranza, la certezza anzi di poter stabilire i contatti necessari a rilanciare e accrescere contatti culturali, economici di collaborazione tra l’Italia ed il Perù. La ringrazio dott. Caprioli, vorrei farle presente che ci sono due date molto importanti nel 2008 a Lima, Perù: il Foro imprenditoriale Unione Europea - America latina a maggio e la Riunione con i paesi dell’APEC a novembre, speriamo contare con un’importante presenza italiana. Ringrazio lei di quest’opportunità, ringrazio il dirigente dott. Pietro Celi, che é responsabile geografico delle Americhe, che segue con particolare feeling l’America latina, conto sulle sue capacità di programmazione per porre queste date all’attenzione dell’On. Ministro Bonino, che come dicevo all’inizio è estremamente sensibile ed attento alla crescita culturale oltre che economica e sociale dei paesi dell’America Latina.


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COME INVESTIRE IN ARGENTINA di Tomás Lynch FORMALIZZAZIONE DELLE SOCIETÀ COMMERCIALI Una società può essere: ◗ Di fatto: senza formalizzazione e senza un patto societario stabilito tra i soci. ◗ costituita: con atto costitutivo ma senza le formalità di legge. ◗ regolarmente costituita: atto costitutivo con le formalità di legge e iscrizione nella Inspección General de Justicia, IGJ. I tipi di società più utilizzati in Argentina sono: le Società per Azioni, le Società a Responsabilità Limitata e le succursali di imprese straniere. L’uso di joint ventures e contratti di franchigia è diventato sempre di più frequente negli ultimi anni. Le procedure per formalizzare una società commerciale Per formalizzare una società commerciale, sia Società per Azioni, Società a Responsabilità Limitata o Cooperativa, è necessaria l’iscrizione presso l’Inspección General de Justicia, IGJ. La documentazione da presentare varia secondo il tipo di società e viene indicata in dettaglio in questo documento. La società deve essere poi iscritta all’Administración Federal de Ingresos Públicos - AFIP. La procedura per la cancellazione della società dall’Administración Federal de Ingresos Públicos, AFIP, si realizza presso l’Agenzia dell’AFIP competente in base al domicilio legale1. In tutti i casi è obbligatorio per le compagnie estere che operano in Argentina, nominare individui legalmente responsabili e tenere registri contabili separati per le operazioni nel paese. La iscrizione nell’IGJ determina la limitazione di responsabilità dei soci. Società per Azioni Devono avere come minimo 2 (due) azionisti e le azioni possono essere in mani di privati oppure offerte pubblicamente. La responsabilità degli azionisti si limita al capitale apportato. Il Consiglio d’amministrazione è responsabile dell’amministrazione della società. I direttori sono scelti dall’assemblea annuale degli azionisti. I direttori sono personalmente responsabili dei loro atti. Tutte le società sono oggetto di supervisione e controllo da parte degli enti governativi. È l’unico tipo di società nella quale posso1

no essere offerte azioni al pubblico. L’iscrizione presso l’Inspección General de Justicia. La procedura comincia con la Solicitud de Reserva de Denominación2. Questa richiesta ha una validità di 30 giorni. Nel corso di questo periodo nessuno potrà fare uso del nome riservato. Con tale riserva e presentando la documentazione che viene dettagliata in seguito, dovrà essere presentato il Formulario Nº 13. Passati circa cinque giorni si potrà ritirare lo stesso con le ricevute di iscrizione, le quali rendono conto dell’intervento dell’IGJ. La documentazione che si dovrà presentare è la seguente: ◗ Formulario Nº 1 completato, valore: 84 dollari. ◗ Attestazione della scrittura di costituzione. ◗ Fotocopia autenticata dal notaio di tale attestazione. ◗ Fotocopia di detta attestazione in volume ridotto o margine ampio, 8 cm. ◗ Lettera di accettazione dell’incarico carico da parte dei direttori e sindaci, nel caso in cui ciò non compaia nell’atto costitutivo, con indicazione dei loro dati personali. ◗ Ricevuta di pagamento della tassa di costituzione, Ricevuta Nº 3, valore 70 dollari. ◗ Formulario di riserva del nome della società, in caso in cui tale riserva sia stata sollecitata previamente, Formulario Nº 3, valore: 11 dollari. ◗ Giudizio tecnico di un avvocato, commercialista o notaio, iscritto all’ordine corrispondente. Per la costituzione di una Società per Azioni dovrà essere fatto un versamento in contanti di 12.000 pesos, (3,333 dollari),, come minimo - che potrà essere ritirato dopo l’iscrizione della società. Alla documentazione richiesta dovrà essere allegata, la ricevuta di pubblicazione nel Bollettino Ufficiale della formazione della società, ed eventualmente il certificato del deposito in contanti effettuato presso il Banco de la Nación Art. 10 e 187 della Legge 19.550. Cancellazione dall’Administración Federal de Ingresos Públicos - AFIP. Per cancellare una Società per Azioni dal-

l’Agenzia corrispondente può essere individuata e consultata nel sito: www.afip.gov.ar. 2 Formulario N° 3 “Solicitud de Reservas de Denominación”.

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l’AFIP, si richiedono fotocopie di: ◗ Statuto o atto costitutivo; ◗ Ricevuta di iscrizione davanti all’Inspección General de Justicia; ◗ Scrittura pubblica che certifichi la costituzione; ◗ Firma del presidente o rappresentante legale con la fotocopia di un documento di identità; ◗ Documento che certifichi l’acquisto o un altro documento che dimostri la proprietà o il possesso (certificazione del domicilio dichiarato)4. Iscrizione in Ingresos Públicos La documentazione è la seguente: ◗ Formulario “Solicitud de Inscripción”. Originale e duplicato, sarà restituito una volta eseguito l’atto. ◗ Se la presentazione è realizzata da un terzo, la firma del socio, presidente o rappresentante legale dovrà essere certificata in tutti gli esemplari. ◗ Documento di identità della persona che realizza la presentazione, sia socio, presidente, rappresentante legale o procuratore. ◗ Se la presentazione è realizzata dal procuratore è necessario presentare: procura fatta innanzi a pubblico ufficiale, documento di identità in originale e fotocopia. ◗ Ricevuta della CUIT in originale e fotocopia. ◗ Atto costitutivo o statuto della società in originale e fotocopia. ◗ Certificato di domicilio commerciale emesso dalla Polizia Federale o scrittura o biglietto di compravendita o contratto di affitto o fattura di servizi pubblici. Tutti in originale e fotocopia. ◗ Il domicilio fiscale sarà certificato con lo Statuto, Atto costitutivo o Verbali del Consiglio, in originale e fotocopia. I domicili privati dei membri saranno certificati mediante una ricevuta di pagamento di un servizio a nome degli stessi. Originale e fotocopia. Imposta ed Entrate Lorde Grava sulle entrate nella loro totalità. Quando la persona è responsabile iscritto si deduce l’IVA. Quando è monotributista, si calcola una percentuale o aliquota sul totale delle entrate lorde. L’imposta grava su tutte le attività con fini di lucro, salvo alcune che sono esenti in base al Codice Fiscale.

Formulario N° 1 “Constitución y Modificación” Se la persona fisica o giuridica possiede succursali o altri edifici dedicati all’attività dovrà completare anche il formulario 561.

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le Società per Azioni, eccetto: ◗ Non possono essere quotate in Borsa. ◗ Il numero di soci non può eccedere i 50 (cinquanta). ◗ Una SpA non può essere socia di una Srl. ◗ Il cambiamento dei soci implica modificare l’atto costitutivo della società.

Iscrizione nell’Accordo Multilaterale. L’iscrizione sarà necessaria quando si sviluppino attività conforme a quanto stabilito nell’Accordo Multilaterale e norme complementari. Per iniziare la procedura si richiede di presentare la seguente documentazione: ◗ Documenti di identità in originale e fotocopia. ◗ Se la presentazione è realizzata dal procuratore dovranno essere presentati: procura firmata davanti a ufficiale pubblico e documento di identità. Il tutto in originale e fotocopia. ◗ Atto costitutivo o statuto della società approvato dall’Inspección General de Justicia. In originale e fotocopia. ◗ Verbali e/o Atto costitutivo modificato, approvato dall’Inspección General de Justicia. In originale e fotocopia. ◗ Formulario di richiesta di iscrizione nell’Accordo Multilaterale. ◗ Se la presentazione è realizzata da un terzo, la firma del socio, presidente o rappresentante legale dovrà essere autenticata in tutti gli esemplari. ◗ Ricevuta di pagamento di un servizio a nome del titolare che certifichi il domicilio privato/ reale che si dichiara. In originale e fotocopia. Società a Responsabilità Limitata Possiedono molte delle caratteristiche del5

Iscrizione presso la Inspección General de Justicia La procedura comincia con la “Solicitud de Reserva de Denominación”5. Questa riserva ha una validità di 30 giorni. Durante questo tempo nessuno può fare uso del nome riservato. Con detta riserva e presentando la documentazione che si specifica di seguito, si avvia la procedura utilizzando il Formulario Nº 16. Passati cinque giorni, approssimativamente, si dovrà ritirare il formulario con le ricevute di iscrizione che rendono conto dell’intervento dell’IGJ. Per la Costituzione con Scrittura Pubblica, deve presentarsi: ◗ Formulario Nº 1, valore: 84 dollari. ◗ Prima Attestazione della scrittura di costituzione. ◗ Fotocopia autenticata dal notaio di tale attestazione. ◗ Fotocopia di detta attestazione in volume ridotto. ◗ Lettera di accettazione della carica da parte degli amministratori o direttori non soci se questi non appaiono nell’atto costitutivo, con indicazione dei loro dati personali. ◗ Ricevuta di pagamento della tassa retributiva ◗ Formulario di riserva del nome societario. Nel caso in cui tale riserva sia stata richiesta previamente, dovrà essere utilizzato il Formulario Nº 3, valore: 11 dollari. ◗ Giudizio tecnico di un avvocato, contabile pubblico o notaio; iscritto all’ordine professionale corrispondente. Per la Costituzione con Scrittura Privata, si dovrà presentare: ◗ Formulario Nº 1, valore: 84 dollari. ◗ Originale dell’atto privato di costituzione, con la firma dei soci autenticate da un ufficiale pubblico. ◗ Fotocopia dell’atto. ◗ Fotocopia di detto strumento in volume ridotto, o margine lungo di 8 cm.

Formulario N° 3 “Solicitud de Reservas de Denominación” Formulario N° 1 “Constitución y Modificación”. 7 Se la persona fisica o giuridica possiedono succursali o altri edifici dedicati all’attività dovranno completare anche il Formulario 561 6

◗ Ricevuta del pagamento della tassa retributiva, Scontrino Nº 3, valore: 30 dollari. ◗ Formulario di riserva del nome societario. Nel caso in cui tale riserva sia stata richiesta previamente, dovrà essere utilizzato il Formulario Nº 3, valore: 11 dollari. Cancellazione dall’Administración Federal de Ingresos Públicos. Devono presentarsi fotocopie di: ◗ Statuto o atto costitutivo. ◗ Ricevuta di iscrizione presso l’Inspección General de Justicia. ◗ Firma del socio direttore con la fotocopia del suo documento di identità. ◗ Scrittura di acquisto o un altro documento che dimostri la proprietà o il possesso7. (certificazione dei domicili dichiarati). Iscrizione in Entrate erariali Lo stesso delle Società per Azioni. Cooperativa Esistono distinti tipi di cooperative secondo l’obiettivo per il quale si costituiscono. Ve ne sono di Abitazione, Consumo, Prestito, Servizi, Lavoro, etc. Il minimo di membri per formare una cooperativa è di 10 (dieci) persone, eccetto per quelle di lavoro il cui numero minimo di 6 soci. Iscrizione in Inspección General de Justicia La costituzione di una cooperativa, a differenza di un SpA o una Srl è abbastanza semplice ed il suo costo molto minore dato che deve essere compilato solo un formulario prestampato e non richiede giudizio tecnico. Cessazione nella Administración Federal de Ingresos Públicos Per chiudere una Cooperativa, è necessario presentare le fotocopie di: ◗ Certificazione di personalità giuridica; ◗ Statuto firmato in tutte le pagine dal presidente, rappresentante legale o procuratore; ◗ Verbali indicanti la nomina dalle autorità, con fotocopia dei documenti di identità degli stessi; ◗ Iscrizione presso Instituto Nacional de Acción Cooperativa y Mutual (INACyM). ◗ Scrittura di acquisto o un altro documento che dimostri la proprietà o possesso (certificazione dei domicili dichiarati). Iscrizione presso Ingresos Públicos Lo stesso delle Società per Azioni.


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CHI INVESTE IN ARGENTINA di Andrés Civetta ell’anno 2005 gli investimenti diretti esteri (IDE) in Argentina hanno raggiunto i 6.467 milioni di dollari, con in testa Spagna e Stati Uniti. I dieci principali paesi investitori hanno raggiunto il 93 percento del totale. I settori delle infrastrutture e l’industria manifatturiera hanno ricevuto i maggiori importi di investimento con progetti che hanno raggiunto i 3.208 milioni e i 2.728 milioni di dollari rispettivamente.

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Ilo stock degli investimenti ha superato i 14.000 milioni di dollari nel 2005. Tele cifra comprende gli investimenti esteri per la formazione di capitale e il totale delle fusioni ed acquisizioni (M&A). Tra gli IDE, i progetti delle imprese spagnole sono i maggiori pagamenti, superando i 2.200 milioni di dollari, seguono gli Stati Uniti con 1.242 milioni di dollari. I rimanenti paesi, ordinati secondo l’importo degli investimenti sono: Francia, Gran Bretagna, Brasile, Messico, Cile, Canada, Italia e Germania. Va chiarito che gli importi degli investimenti sopra menzionati non costituiscono la totalità di quelli eseguiti o in via di esecuzione in Argentina in questo periodo, bensì solo quelli che, per la loro dimensione e importanza sono stati resi pubblici. Nella tabella a fianco le principali compagnie a capitale straniero che hanno investito in Argentina nell’anno 2005. La distribuzione settoriale degli investimenti indica che i maggiori importi furono destinati alle’infrastrutture e all’industria manifatturiera con progetti che hanno raggiunto, nel primo caso, i 3.208 milioni di dollari, 34 percento, e nel secondo posto i 2.728 milioni di dollari, 29 percento. Anche gli investimenti minerari sono stati rilevanti, raggiungendo 2.393 milioni di dollari, 25 percento. Da parte sua, il settore del commercio e servizi ha investito nel

2005 Principali Investitori esteri in Argentina

2005, 987 milioni di dollari, 10 percento. Per ultimo, si trovano le attività primarie ed il settore finanziario che in complesso hanno raggiunto 88 milioni di dollari. Analizzando gli importi dal punto di vista del grado di commerciabilità della produzione del settore investitore, si osserva che una gran parte degli IDE si sono orientati verso rami i cui beni o servizi si commercializzano internazionalmente. In effetti, nel caso dei beni e servizi commerciabili, gli IDE hanno raggiunto i 6.200 milioni di dollari. Mentre i non commerciabili sono pari a 3.100 milioni di dollari. Gli IDE nell’esplorazione e sfruttamento di nuovi pozzi di petrolio e gas hanno raggiunto i 2.000 milioni di dollari, mentre le imprese nel settore delle comunicazioni hanno continuato il processo di ampliamento delle reti, principalmente nella telefonia mobile. Un processo iniziato due anni fa, con progetti che hanno raggiunto i 1.200 milioni di dollari. E’ da sottolineare il gran impulso che ha mostrato la telefonia cellulare durante il 2005, terminando l’anno con più di 21 milioni di telefoni, un incremento - secondo dati dell’INDEC - superiore al 75 percento rispetto all’anno 2004. I progetti nelle costruzioni - che includono essenzialmente abitazioni, strade urbane e extra-urbane e terminali di trasporto - continuano ad essere molto rilevanti, raggiungendo quest’ anno i 1.119 milioni di dollari.

Paese

Impresa

Spagna

Repsol YPF Telefónica de España Movistar

Stati Uniti

Ford General Motors Hilton Motorola Chevron Texaco Cargill Daimler Chrysler

Francia

Sanofi Pasteur (Farmaceutica) Aguas Danone Total Austral (Petrolio) PSA Peugeot Citróen Pernod Ricard (Bevande)

Gran Bretagna

Alexander Gold (Minerali)

Brasile

AmBev (Bevande) Gerdau (Acciaio) Petrobras (Petrolio) Camargo Correa (Cemento) Vale do Rio Doce (Minerali)

Messico

Telmex Grupo Posadas (Alberghiero)

Cile

Enap-Sipetrol (Petrolio) Ceconsud (Materiali da Construzione) Falabella

Canada

Barrick Gold (Minerali) Minera Triton (Minerali) Mc Cain (Alimentari) Saputo (Alimentari)

Italia

FIAT

Germania

Boehringer Ingelheim (Farmaceutica) Wintershall-BASF (Petrolio) Volkswagen Isenbeck Edding

Fonte: Centro de Estudios para la Producción de Argentina (CEP

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PERCHÉ PRODURRE MANIFATTURE DI CUOIO IN ARGENTINA di Jorge Cannataro

L’

Argentina occupa una posizione rilevante nel mercato mondiale del cuoio, tanto nella produzione come nel commercio. È il 5° produttore mondiale di pelli bovine, nel segmento delle pelli finite e semilavorate, occupa la terza posizione del commercio internazionale e copre l’11% delle esportazioni mondiali. L’industria è composta di circa 450 imprese ed occupa approssimativamente 9.000 persone. Per la maggior parte le imprese sono Pmi familiari, ubicate principalmente nella Regione Centro del Paese. Caratteristiche dell’offerta di pelli. Attualmente, esistono circa 150 concerie in Argentina. Le maggiori imprese operano con una scala che raggiunge le 5.000/6.000 pelli giornaliere. Nel mercato sono anche presenti imprese straniere che, successivamente, integrano in avanti la lavorazione e la commercializzazione del cuoio nei loro paesi di origine. Tra le concerie si distinguono due gruppi: un formato da grandi imprese orientate al commercio esterno e l’altro da imprese più piccole che conciano principalmente per il mercato interno. L’Argentina possiede uno dei maggiori livelli di produzione (scorte / bestiame) a livello mondiale, è superata solo dalla Cina e dagli USA. Il bestiame supera i 12 milioni di bovini, ai quali devono aggiungersi altre specie che sono sfruttate commercialmente nel paese. Forti investimenti in macchinario e impianti di ultima generazione per la fase della conciatura garantiscono la fornitura di materia di prima qualità. Per più dell’ 80% le concerie sono localizzate nella Regione Centro: Provincia di Buenos Aires, in particolare, Gran Buenos Aires, Città di Buenos Aires, Provincia di Cordova e di Santa Fé. Esistono stabilimenti in altre province, come La Rioja o San Luis.

Le esportazioni. Superano i 150 milioni di dollari. L’Argentina partecipa alle più importanti fiere internazionali dove ha ricevuto premi per design e qualità. La principale destinazione delle esportazioni di pelli sono gli Stati Uniti, rappresentano circa il 40% delle vendite esterne. Germania, Messico, Giappone e Cina sono altri mercati di sbocco rilevanti. Nei mercati più competitivi sono esportati prodotti di gamma media e elevata, che non competono per il prezzo, ma per qualità e design. Il periodo successivo alla svalutazione del 2001, ha segnato l’entrata di un maggiore numero di imprese nel commercio di esportazione. Pelletteria in cuoio e capi d’abbigliamento sono le categorie nelle quali sono entrate la maggior parte delle imprese. Prestigio in America latina della moda e del design argentini. In un settore nel quale l’incidenza relativa della manodopera tra i fattori di produzione è alta, l’Argen-

tina presenta vantaggi nelle gamme più sofisticate, nelle produzioni dove i fattori moda e design sono elementi forti di differenziazione e di conseguente valorizzazione della produzione. L’Argentina dispone del potenziale per essere, nello schema globale, un centro di design e prodotti di alta qualità. I piani di sostegno al design lo indicano come fattore chiave della competitività industriale, sensibilizzando gli impresari rispetto al vantaggio di introdurre la gestione del design nella politica di qualità delle imprese. Disponibilità di capitale umano qualifi-

cato. Le imprese che si stabiliscono in Argentina potranno contare su un’ampia offerta di lavoratori qualificati e con un elevato potenziale di apprendimento. L’Argentina ha i migliori indicatori di istruzione dell’America latina. La presenza di un’importante rete di istituzioni dedicate alla formazione professionale consolida quest’ aspetto caratteristico della forza lavoro argentina. Allo stesso tempo le imprese possono fare uso di strumenti che sostengono la formazione del personale, come il Programma di Credito Fiscale per la Formazione, mediante il quale sono rimborsati i costi della formazione. Da parte sua lo Stato, in funzione della domanda del settore produttivo, ha messo in moto piani di formazione in oficios y tecnicaturas, per assicurare un’adeguata offerta di capitale umano. …RIASSUMENDO: Vantaggi Competitivi ◗ Manodopera qualificata con alto contenuto artigianale; ◗ Forti investimenti in macchinario e impianti importati di ultima generazione nella fase di conciatura, assicurano la fornitura di materia prima di qualità; ◗ Alta capacità creativa per lo sviluppo di design, con prestigio in America latina come paese di moda e design; ◗ Facile accesso al consumatore, attraverso locali multimodali; ◗ Possibilità di contare su un prodotto di alta qualità, che recepisce l’innovazione e ha un prezzo che lo posiziona in modo competitivo nei mercati internazionali. Nuovi Commerci ◗ Sostituzione di importazioni, i prodotti importati si sono fatti più cari, per via del nuovo tasso di cambio; ◗ Specializzazione nei segmenti medio-alti, con prodotti differenziati; ◗ Accordi di produzione tra produttori nazionali e grandi imprese internazionali; ◗ Sviluppo di un nuovi prodotti con componenti importanti di design; ◗ Nuove produzioni di cuoi non bovini (potenziale per cuoio di pesce, ovini e caprini, di particolare interesse per le Pmi).


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RELAZIONI ARGENTINA-UNIONE EUROPEA

UNA CONSIDERAZIONE A PARTIRE DAL SISTEMA MERCOSUR di Amalia Stuhldreher I legami tra l’Europa e l’Argentina risalgono all’epoca della conquista e della colonizzazione. Per certi aspetti, l’Argentina rappresenta un caso a sé dato il forte apporto migratorio (specialmente di origine italiana e spagnola) della fine del XIX secolo e degli inizi del XX secolo, che ne ha permeato la società e la cultura. Dopo il ripristino della democrazia negli anni ‘80, all’inizio dei ‘90 il paese concepì insieme al Brasile il progetto del MERCOSUR, che l’Unione Europea (UE) appoggiò sin dall’inizio attraverso un accordo di cooperazione istituzionale (1992). Nel 1995 fu firmato un accordo quadro che delineava la prospettiva di un’associazione interregionale di carattere politico ed economico da realizzarsi entro il 2005. Da allora, e parallelamente alle sue relazioni bilaterali con i singoli paesi europei, l’Argentina conduce gran parte dei suoi rapporti con l’Europa attraverso il canale del MERCOSUR, e quindi attraverso il processo dei Vertici biregionali UE-America Latina/Carabi. Il seguente articolo si soffermerà su questi aspetti. 1. I Vertici biregionali UE-America Latina/Caraibi Il primo Vertice biregionale è stato organizzato nel 1999 a Rio de Janeiro con l’obiettivo di rafforzare l’intesa interregionale a livello politico, economico e culturale in vista di un possibile partenariato strategico. Allo stesso Vertice è stata anche stabilita una serie di priorità per l’azione congiunta intorno a tre pilastri: il dialogo politico, le relazioni economiche e la cooperazione. Nel 2002 si è tenuto il secondo Vertice a Madrid, dove sono stati presentati programmi come AlBan (borse di studio di alto livello per latinoamericani) e @lis (tecnologie dell’informazione e della comunicazione). Già allora erano emersi alcuni fattori che ponevano limiti all’iniziativa biregionale: in Europa pesavano le considerazioni elettorali in Francia (attore principale nella questione dell’abolizione dei sussidi agricoli reclamata dai latinoamericani) e le sfide legate all’allargamento dell’Unione. Sul versante latinoamericano fu la crisi argentina a segnare l’evento: la controparte spagnola, allora presidente di turno dell’UE, vedeva i suoi interessi notevolmente colpiti da una situazione che alterava radicalmente i piani d’investimento e di commercio degli europei in tutta la regione, poiché si temevano gli effet-

ti di traino nei paesi vicini. In tale contesto, un tema centrale è stato il progresso delle iniziative globali nell’ambito del commercio, lo sviluppo sostenibile, l’ambiente e il finanziamento allo sviluppo. Allo stesso tempo è stata espressa una velata critica nei confronti degli Stati Uniti attraverso il rifiuto di misure di carattere unilaterale ad effetto extraterritoriale, contrarie al diritto internazionale e alle vigenti regole di libero scambio. Infine è stato manifestato sostegno alla Corte Penale Internazionale e al Protocollo di Kyoto. Al terzo Vertice biregionale, nel 2004 a Guadalajara, una delle tematiche centrali è stata la coesione sociale, rispetto alla quale si è riconosciuta la necessità di scambiare esperienze nel quadro del programma EUROsociAL. Inoltre e come parte della sua strategia di cooperazione regionale 2002-2006, la Commissione Europea ha lanciato il progetto OBREAL/EULARO1. L’altro grande tema è stato il multilateralismo su cui è stata rilevata una serie di analogie, a livello di politica estera, tra l’UE e i suoi partner latinoamericani: elementi che potrebbero essere fondanti sul cammino verso l’ambita associazione interregionale. Infine è stata sottolineata l’importanza delle Nazioni Unite e

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L’obiettivo di questo „osservatorio” è creare un centro di riflessione sulle relazioni Europa-America Latina per dare ad esse un orientamento nel futuro. Il progetto mira a coordinare le attività di diffusione e di ricerca in entrambe le regioni. Contemporaneamente, mira a instaurare una sinergia tra responsabili politici, ricercatori e attori della società civile.

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È opportuno segnalare qui aspetti come la crisi del progetto di ratifica della Costituzione e le difficoltà legate all’attuazione dell’ultima fase di allargamento del blocco.

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Da un lato, l’attuale situazione di conflitto interna al MERCOSUR, dovuta ai disaccordi tra l’Uruguay e l’Argentina sull’eventuale creazione di fabbriche di cellulosa sul fiume Uruguay, si è fatta sentire anche all’incontro biregionale e ha reso chiaro che la lacerazione ha raggiunto profondità notevoli, ciò che in

del Consiglio di Sicurezza in quanto organi decisionali centrali in temi di politica internazionale ed è stato dato esplicito sostegno alla difesa dei diritti umani; tutto ciò ha indirettamente rappresentato una presa di distanza rispetto alle posizioni del governo statunitense. Nel corso del quarto Vertice biregionale, nel maggio 2006, a Vienna, sono emerse con evidenza le difficoltà interne che attualmente devono affrontare sia l’UE2 che alcuni meccanismi regionali latinoamericani3. Ciononostante è stata sottolineata la necessità di rafforzare l’associazione strategica con l’obiettivo di aumentare l’influenza congiunta delle due regioni sulla scena internazionale. A questo proposito il presidente della Commissione Europea, José Manuel Durão Barroso, ha posto l’accento su tre pilastri essenziali per conseguire questa cooperazione: la promozione della coesio-

futuro potrebbe avere serie ripercussioni sulla forza e la credibilità esterne del blocco. Dall’altro, la Comunità Andina sta attraversando una fase di riassestamento dopo il ritiro del Venezuela e l’elezione di Evo Morales a presidente della Bolivia, che si riserva ancora la facoltà di decidere sulla sua futura appartenenza al Blocco Andino. Solo i paesi dell’America Centrale sono riusciti a raggiungere con i partner europei il consenso necessario per annunciare l’avvio di negoziati su un accordo di libero scambio come parte dell’associazione strategica cui si ambisce. 4

Di tali fondi, sono stati assegnati 48 milioni di euro al MERCOSUR in quanto tale, 65,7 milioni all’Argentina, 64 milioni al Brasile, 51,7 milioni al Paraguay e 18,6 milioni all’Uruguay. Cfr: Commissione Europea 2004: 37.

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ne sociale, la costruzione del “multilateralismo efficace”, basato sul diritto internazionale, e l’integrazione regionale. Un altro elemento centrale dell’incontro è stato il tema dell’energia, analizzato sia per il suo potenziale di conflitto che per il suo potenziale d’integrazione. È risultato palese che l’energia rappresenta una delle questioni fondamentali per lo sviluppo di entrambe le regioni e delle loro relazioni reciproche (Peña 2006). 2. Il dialogo specializzato UEMERCOSUR Sul terreno della cooperazione l’UE è il primo donatore di aiuti al MERCOSUR: per il periodo 2000-2006 i finanziamenti comunitari per la cooperazione regionale e bilaterale col blocco sudamericano ammontano a circa 250 milioni di euro4. L’Argentina, in particolare, è stato il primo paese latinoamericano a formalizzare le sue relazioni di cooperazione con l’UE nel quadro di un accordo di terza generazione nel 1990, cui si sono aggiunti altri accordi relativi alla pesca marittima, all’utilizzo a fini pacifici dell’energia nucleare, alla scienza e alla tecnologia5. A seguito della crisi argentina, nel maggio 2004 la Commissione Europea ha adottato un nuovo documento di strategia per il paese che copriva il periodo 2004-2006 e teneva conto della nuova situazione6. Per il periodo 2007-2013 è in corso di preparazione un nuovo documento. Per quanto riguarda la negoziazione del capitolo sul dialogo politico dell’accordo UEMERCOSUR, vi è stata intesa immediata vista la grande affinità di valori condivisi. È il piano commerciale, però, a suscitare maggiori aspettative nel MERCOSUR dato che l’UE è il suo primo partner commerciale7. Nel 2005 il valore delle esportazioni argentine verso il blocco dei 25 si è attestato sui 6.368 milioni di euro mentre le importazioni provenienti dall’UE ammontavano a 4.043 milio-

ni di euro: è stato quindi registrato un saldo attivo di 2.325 milioni di euro a favore dell’Argentina (STAT/06/58). Eppure i negoziati commerciali sono stati molto più complessi, impedendo il rispetto della scadenza inizialmente prevista per la chiusura (ottobre 2004) malgrado tutte le aspettative nutrite: nonostante tutto entrambe le regioni avevano riconosciuto il carattere politico -e non esclusivamente commercialedell’associazione interregionale poiché, nel quadro geoeconomico mondiale, gli europei considerano il MERCOSUR un contrappeso rispetto all’egemonia nordamericana sia nel continente americano sia a livello globale (Grisanti 2004: 59). In quanto alle ragioni del fallimento possono essere enumerati diversi fattori. Certo è che l’analisi della struttura dei rispettivi regimi di protezione è cruciale per comprendere dove risiedano i principali problemi e le opportunità: di fatto esiste una correlazione tra i settori in cui il MERCOSUR gode di vantaggi comparativi e quei settori relativamente più protetti dall’UE, e viceversa. Di conseguenza un ostacolo centrale è stato posto dal protezionismo agricolo dell’UE e dal rifiuto del MERCOSUR di liberalizzare in misura maggiore il commercio dei beni industriali e dei servizi. Comunque, gli esiti degli incontri di Bruxelles e Montevideo di settembre e novembre 2005 consentono di affermare che esiste la volontà reale da parte dell’UE di concludere l’accordo. Il commissario per le relazioni esterne, Benita Ferrero-Waldner, aveva perfino indicato la possibilità di conseguire tale obiettivo entro maggio 2006, in concomitanza con il IV Vertice biregionale a Vienna. All’interno del MERCOSUR, il Brasile ha cercato negli ultimi tempi di imprimere slancio ai negoziati. In concreto, a Bruxelles è stata concordata una tabella di marcia per proseguire i negoziati poiché, oltre all’esperienza accumulata, esistevano anche incentivi rea-

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Per quanto riguarda le relazioni tra l’Argentina e l’Europa durante gli anni 90’, inclusa l’area della cooperazione, vedere: Russell 1999.

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In tal senso, è stata ristrutturata la proporzione tra cooperazione economica e quella socio-istituzionale. La Commissione Europea ha destinato gran parte dei fondi esistenti al settore sociale (sanità, istruzione e diritti umani). La restante parte è stata destinata all’assistenza tecnica al commercio e alla costruzione di capacità in aree come l’integrazione, entro la cornice del MERCOSUR e dell’accordo UE-MERCOSUR. Altri strumenti hanno cercato un impatto diretto: nel 2003 l’Ufficio per gli Aiuti Umanitari della Commissione Europea (ECHO) ha lanciato due progetti d’emergenza in province argentine particolarmente colpite dalla povertà e dalle catastrofi naturali. Parte dei fondi di cooperazione bilaterale è stata diretta a progetti comunitari di alimentazione. Altri strumenti sono stati vincolati alla flessibilizzazione di alcune clausole del Sistema di Preferenze Generalizzate (SPG) dell’UE, col fine di facilitare le esportazioni

li. Senza alcun dubbio, la mancata conclusione dei negoziati avrebbe un costo economico concreto, che uno studio realizzato dalla Cattedra MERCOSUR di Sciences Po stima almeno intorno ai 3 miliardi di dollari che rappresenterebbero il valore totale delle opportunità perse da tutti gli attori commerciali, competitivi a livello internazionale, in entrambe le regioni8. Tuttavia al Vertice di Vienna non è stato possibile catalizzare il consenso necessario per concludere l’accordo UE-MERCOSUR, ma le parti hanno dichiarato ancora una volta il loro interesse a proseguire le discussioni relative all’accordo. 3. Discussione Come già menzionato, una parte essenziale dei legami dell’Argentina con l’UE scorre attraverso il MERCOSUR, con enfasi particolare nella ricerca di un accordo biregionale. A questo riguardo, si potrebbe supporre che in certe occasioni i problemi di coordinamento interno e gli interessi divergenti in seno al MERCOSUR abbiano reso difficile i negoziati. Questo tipo di ostacoli non costituiscono, tuttavia, caratteristica esclusiva del blocco sudamericano ma sono proprie dell’intera area latinoamericana e degli altri suoi schemi d’integrazione: nonostante la regione disponga di una serie di meccanismi di concertazione, non dispone di un minimo di organizzazione che le permetta di esprimersi con una sola voce o con un ragionevole grado di coordinamento a livello di politica commerciale comune (Peña 2005: 8). Dal canto suo, l’UE si adopera per appoggiare i processi d’integrazione subregionale e ne da prova durante i suoi dialoghi con i vari blocchi. Tuttavia alcuni critici sostengono che questa “geometria variabile” esprima semplicemente, e a ragione, diversi livelli d’interesse e non faccia che confermare la crescente frammentazione del subcontinente.

argentine di carne e vino. 7

Nel 2005 gli scambi tra il MERCOSUR e l’UE rappresentavano il 23% del valore complessivo degli scambi commerciali del blocco sudamericano. Il volume totale degli scambi tra le due regioni ammontava nello stesso anno a 51,1 miliardi di euro, con un saldo attivo a favore del MERCOSUR pari a 9,8 miliardi di euro. Gli scambi nel settore dei servizi ammontavano nel 2004 a 10 miliardi di euro. Cfr. Homepage della Commissione Europea.

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Tale somma corrisponde al minimo, tecnicamente quantificabile, di profitti annui che sarebbero realizzati attraverso transazioni d’esportazione, se si verificasse il processo di liberalizzazione commerciale (escluse le quote addizionali). Il costo sarebbe di gran lunga superiore se si prendessero in considerazione le opportunità perse per quanto riguarda gli investimenti nel settore dei servizi (Vallado 2004: 10)


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Al di là di questo, per gli europei il rischio insito nelle relazioni economico-finanziarie con i cosiddetti mercati emergenti, entro le condizioni di un’economia globalizzata, si è reso evidente durante la crisi asiatica. A suo tempo, anche la crisi argentina e gli eventuali effetti a cascata nella sottoregione hanno suscitato inquietudine negli europei; una situazione che è ora in fase di graduale superamento se si considerano gli incipienti investimenti nel Rio de la Plata. Risulta chiaro che, a lungo termine un progressivo, divincolamento dell’Europa dal subcontinente, in particolare dal MERCOSUR, non equivarrebbe solo a zoppicare dinnanzi agli interessi egemonici degli Stati Uniti nella regione e a rinunciare alle sue aspirazioni di attore internazionale di rilievo nel campo economico-commerciale. Costituirebbe ancor più un segnale profondamente negativo rispetto alle aspettative associate dai suoi partner latinoamericani alle capacità dell’Europa di impegnarsi sulla scena internazionale come un “potere civile”, che ricerca il consolidamento di un ordine multilaterale basato sui principi di cooperazione economica e di non intervento. Tuttavia, i negoziati economico-commerciali dipendono in larga misura dai progressi conseguiti a livello multilaterale preso l’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC). La proibizione dei sussidi alle esportazioni agricole a decorrere dal 2013, concordata alla recente riunione di Hong Kong, è un passo avanti che potrebbe influire favorevolmente sui negoziati biregionali9, benché non sia ancora stata definita l’entità delle riduzioni dei sussidi alla produzione agricola e dei dazi di ogni tipo. Si ha la sensazione che l’UE potrebbe migliorare la sua offerta di riduzione dei dazi agricoli portandola dal 39 al 47 per cento e che i paesi in via di sviluppo potrebbero accettare, in cambio, dazi industriali per un valore massimo del 30-40 per cento. Tuttavia la discussione di fondo è rinviata alla riunione dell’OMC prevista per il prossimo luglio. Guardando al processo dei Vertici biregionali e osservata l’evidenza empirica, è opportuno chiedersi quali siano il senso e la 9

reale portata dell’associazione strategica cui si aspira. A dire il vero, l’impegno europeo nei confronti della regione non fornisce chiari indicatori di una volontà univoca di privilegiare le relazioni dinnanzi a un ampio spettro di partner diversi sulla scena internazionale. Al contrario si ha l’impressione che, al di là degli abituali esercizi di diplomazia e di alcuni equilibrismi retorici, la politica dell’UE rispetto all’America Latina – incluso il MERCOSUR – continui a caratterizzarsi per la mancanza di reali visioni strategiche a lungo termine, nonostante dal 1992 esistano direttive per la cooperazione allo sviluppo che fornisco alle iniziative un inquadramento temporale di cinque anni. Neanche da parte latinoamericana è facile individuare un filo conduttore di fronte all’UE. Di conseguenza, nemmeno dalla lettura delle Dichiarazioni prodotte dai Vertici, traspare con evidente chiarezza quale sia la road map del processo biregionale. Essenzialmente, l’associazione biregionale esprime la volontà di entrambe le parti di promuovere un sistema internazionale fondato sui principi del multilateralismo, il che non deve essere inteso come un esercizio di solidarietà idealistica, ma come un approccio per difendere i propri interessi e contrapporsi alle considerazioni egemoniche degli Stati Uniti. Per quanto concerne il coordinamento biregionale (ad esempio nell’ambito del dibattito su una nuova “Bretton Woods”), l’UE avrebbe in principio grande interesse nell’imporre le sue concezioni di un’economia di mercato che tenga presente questioni di ordine sociale ed ecologico, motivo per cui avrebbe bisogno di partner. A tale riguardo, si è postulato che l’America Latina e i suoi meccanismi subregionali possano diventare partner interessanti. Lo stesso varrebbe per questioni come il mutamento climatico, la biodiversità, le migrazioni internazionali, il terrorismo internazionale e il narcotraffico. Tuttavia, è nella prassi della politica internazionale che si chiariscono queste equazioni: un approfondimento della concertazione richiederebbe che entrambi i partner consolidassero la loro identità di attori internazionali. La debolezza dell’America La-

Il MERCOSUR, e in particolare il Brasile, ha guidato a Hong Kong la disputa con l’Europa, capeggiando tra le altre cose un gruppo di 110 paesi in via di sviluppo che reclamava il divieto dei sussidi alle esportazioni entro il 2010. L’UE

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tina e dei suoi blocchi in questo senso è evidente. Ma anche l’UE ha dimostrato debolezze in momenti cruciali come l’intervento americano in Iraq, in occasione del quale è stata messa in dubbio la sua capacità d’agire congiuntamente. Nell’attuale dibattito interno all’UE, l’idea di dare all’Europa una voce articolata è ora più presente che mai. Tuttavia, né il Trattato Costituzionale, né la nuova Strategia di Sicurezza producono un salto qualitativo della Politica Estera e di Sicurezza Comune (PESC). In ultima analisi, le iniziative di riforma presentate restano fedeli al principio secondo cui la politica estera e di sicurezza è affare degli Stati membri e non delle istituzioni comunitarie, e le decisioni vanno prese solo attraverso voto unanime. Questo non implica necessariamente che l’UE, come attore globale, sia condannata all’irrilevanza; significa però che, per il momento, il consenso degli Stati membri continuerà ad essere una condizione preliminare della PESC (Fletchner 2004: 12). Infine, come segnala Mario Carranza, un partenariato strategico tra l’UE e l’America Latina non è qualcosa di necessariamente “inevitabile” o “ineludibile”: nonostante i vincoli esistenti e il loro effettivo potenziale, non esiste niente di simile a un “destino manifesto” che conduca immancabilmente all’associazione proposta (Carranza 2004). È sul piano politico che finora è stato registrato il maggior numero di punti d’incontro, anche se sarebbe necessaria una più chiara traduzione del consenso raggiunto in un concreto corso d’azioni politiche. Comunque un tipo d’associazione interregionale, affidata esclusivamente a speculazioni tattiche sull’equilibrio di potere di fronte alla forza egemone mondiale, sarebbe estremamente labile e avrebbe scarse possibilità di influire, in qualche modo, sulla scena globale. Per meritare l’intestazione di strategica, l’associazione cui si aspira dovrebbe essere messa in condizione di superare tale istanza e di produrre risultati politici che, per loro natura, meritino tale qualifica. Per il momento, e per concludere con una nota di ottimismo, diciamo che il cammino da percorrere in tale direzione è ancora lungo.

ha accettato tale misura solo a partire dal 2013, anno in cui prevede di riformare la sua politica agricola comune (PAC).

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ARGENTINA: PAESE IN MOVIMENTO Carlo Spagnoli intervista Pietro Baccarini Presidente Associazione per il Commercio Italo-Argentino Presidente Baccarini, perché un Associazione per il Commercio Italo Argentino? Perché l’Argentina rappresenta un paese “in movimento”, una terra di opportunità immense per i nostri imprenditori. E queste opportunità non sono ancora state completamente esplorate e forse nemmeno ancora conosciute nel loro complesso Un paese che sta registrando ritmi di crescita “asiatici”. È vero. C’è una crescita record per l’economia argentina. Il Pil del Paese e’ aumentato del 9,1% in luglio di quest’anno rispetto allo stesso periodo del 2005, accumulando cosi’ un incremento dell’8,5% nei primi sette mesi del 2006. Il dato ha sorpreso anche gli analisti più ottimisti, come recentemente rilevato dal quotidiano argentino ‘Clarin’. I motori della crescita, secondo quanto citato dallo stesso quotidiano, sono gli stessi degli ultimi mesi e cioè edilizia, consumi privati, autoveicoli ed alcuni servizi, tra i quali il turismo. Ma quali sono i settori maggiormente appetibili per le imprese italiane? Senza dubbio quelli citati. Ma anche, a solo titolo di esempio, i settori agro alimentare e agroindustria, nuove tecnologie, conciario, lapideo, meccanotessile, turismo, chimica e prodotti biomedicali e nautica, il settore energetico, le produzioni di alta qualità del “Made in Italy”. E sono soltanto alcune delle opportunità. Certo occorre cambiare strategia di approccio al mercato. Occorre non guardare all’Argentina, come a tutto il mercato estero, solo come un’opportunità per vendere i propri prodotti. E’ una logica vecchia e perdente. Nell’era della globalizzazione, infatti, non esiste più un mercato in senso geografico del termine. Esistono “reti di internazionalizzazione”, fatte di soggetti e strutture di natura pubblica e privata, dove le imprese trovano nuove opportunità ed occasioni di business. Occorre trovare il “ponte” giusto per entrare in queste reti di internazionalizzazione verso il mercato Argentino. Tutto questo è sicuramente importante e strategico, ma pensare all’Argentina, oggi, vuol dire anche considerare quanto è successo dopo il default del 2001, con un notevole danno anche per gli investitori italiani? Si, il tema del default del 2001 è ancora bruciante per molti nostri investitori. Per questo l’Associazione ha soltanto da circa due anni cominciato a rilanciare le sue attività, frenando gli entusiasmi in prossimità di quegli eventi. Ma la situazione economica attuale, come detto, lascia ben sperare per il futuro. La rinnovata fase politica delle relazioni e la nuova “fiducia” che si sta instaurando tra i due paesi, in campo economico, inoltre potrà aiutare anche la risoluzione di quelle, pur importanti, questioni legate a temi di natura finanziaria. Cosa si propone l’ACIA? L’ACIA si propone di promuovere ed intensifica-

re le relazioni commerciali, finanziarie, culturali ed i rapporti di collaborazione economica tra operatori italiani ed argentini nei settori dell’industria, del commercio, dell’artigianato, dell’agricoltura, delle attività ausiliarie e del terziario. Chi può diventare socio? I soci dell’ACIA si suddividono in soci “ordinari”, soci “sostenitori” e soci “benemeriti”, a seconda della loro quota di contribuzione. Possono essere soci dell’ACIA le persone fisiche o giuridiche e le Associazioni professionali, residenti od aventi la loro sede sociale in Italia o nella Repubblica Argentina esercenti un’impresa, o un’ arte od una libera professione. E poi i cittadini, Enti, Istituti ed Associazioni italiani, argentini o di diversa nazionalità, ovunque residenti od aventi la loro sede sociale, purché svolgano un’attività favorevole agli scopi perseguiti dall’ACIA. Chi sono i soci attuali dell’Associazione? Principalmente le imprese. Imprese piccole e medie interessate a creare e sviluppare il loro business con l’Argentina . I settori sono i più svariati: agroalimentare, legno e arredo, energia, servizi. E poi organismi di rete (penso alla rete Distretti Italiani od a quella dei Business Innovation Centers). Sono poi nostri soci le Camere di commercio, a cominicare dalle quattro Camere italiane in Argentina a Buenos Aires, Rosario, Cordoba e Mendoza. Il nostro Presidente onorario è l’Ambasciatore della Repubblica Argentina in Italia, S.E. Victorio Taccetti. Naturalmente il Comune di Faenza è un socio di rilievo. Abbiamo poi dei soggetti di riferimento in Argentina, quali l’Ambasciata italiana, l’ICE, l’Istituto Italiano di cultura e soggetti imprenditoriali, camerali e istituzionali del mondo argentino. Quali sono state le attività ACIA nel 2006? Le attività 2006, come negli anni precedenti si sono realizzate lungo quattro direttrici di lavoro: commerciali e di promozione dell’export, promozionali, formative seminariali ed infine istituzionali e di comunicazione. Scopo precipuo dell’intervento è stato quello di incrementare le opportunità delle imprese italiane di internazionalizzarsi verso il mercato argentino. Abbiamo l’orgoglio di dire che sono stati firmati anche degli accordi concreti di collaborazione imprenditoriale. Sono state realizzate ben sei missioni imprenditoriali in Argentina; abbiamo realizzato seminari di presentazione dell’Associazione in collaborazione con Istituzioni e Camere di Commercio; abbiamo realizzato incontri con i vertici istituzionali e governativi sia in Italia che in Argentina. I temi forti sono stati quelli della valorizzazione delle produzioni locali tipiche italiane, della tutela della proprietà intellettuale e dello sviluppo delle opportunità di business. Ma per essere un vero “ponte” per entrare nelle “reti dell’internazionalizzazione” occorre anche una politica delle alleanze efficace?

Questo è certo. Come detto un punto di riferimento strategico è l’ambasciata Argentina in Italia ed in particolare l’Ufficio commerciale con cui abbiamo una proficua collaborazione quotidiana. Sotto il profilo delle alleanze sono stati firmati accordi strategici con enti e istituzioni nazionali italiani ed argentini. Mi piace ricordare il Protocollo di cooperazione tecnica con la rete dei Distretti Italiani e Università di Bologna, che ha un’importante sede a Buenos Aires. L’accordo prevede la promozione delle Pmi e dei Distretti italiani e la collaborazione nell’ambito delle attività del master in relazioni internazionali. Quest’ultimo accordo ha già portato alla realizzazione di attività congiunte a Buenos Aires ed alla partecipazione di ACIA alle attività del Master in relazioni internazionali dell’Universtità stessa. Sono poi stati siglati accordi con le Camere di commercio italiane in Argentina, con le province argentine di rilievo strategico, come Santa Fè. Con l’Unione delle Camere di commercio della Toscana abbiamo siglato un’intesa ed abbiamo realizzato a Firenze nel mese di maggio forse l’evento più importante quest’anno, a livello nazionale, di promozione delle opportunità verso l’Argentina. Si tratta del seminario “Argentina 2006 Le opportunità di business e di investimento in Argentina”. Mi piace poi ricordare che le missioni commerciali si sono svolte in sinergia operativa con i principali attori dell’internazionalizzazione in Italia ed in Argentina. Basti pensare, per il mondo camerale, a Promos, della Camera di commercio di Milano. E per il mondo camerale italiano all’estero, alla Camera di commercio italiana in Argentina, presieduta dal Senatore Luigi Pallaro. Insomma quest’anno tanta “semina” di opportunità per le imprese italiane? Si, il termine “semina” forse è il più adatto, trattandosi l’Argentina di uno dei primi fornitori mondiali di materie prime anche il profilo alimentare. Ma anche il termine “raccolto” trova spazio, perché sono state centinaia le imprese contattate quest’anno. L’anno della “svolta” dell’Associazione In che senso, anno della svolta? Nel senso che ora possiamo guardare oltre verso obiettivi più ambiziosi e pensare ad un riconoscimento dell’ACIA, da parte del Governo Italiano, come ente istituzionalmente dedicato alla promozione dell’interscambio commerciale ed economico tra i due paesi. E’, infatti, in fase di valutazione, da parte del Ministero del Commercio Internazionale, in particolare da parte della apposita Conferenza dei Servizi istituita appunto presso il Ministero, la nostra candidatura a diventare la “Camera di commercio Italo Argentina”. Una nuova sfida dunque, Presidente Baccarini ? Si, certo. Ma una sfida che, se vinta, potrà continuare a portare frutti e risultati concreti. Per il bene delle imprese e della economia italiana ed argentina in generale.


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FERRARI PANAMERICAN 20,000 iovedì 24 agosto ha preso il via dalla città brasiliana di Belo Horizonte, nello stato del Minas Gerais, la nuova sfida della Ferrari: il Panamerican 20,000. La spedizione, che ha visto protagoniste due Ferrari 599 GTB Fiorano guidate per oltre 32.000 km (20,000 miglia) da giornalisti di vari paesi del mondo, ha avuto un significativo ritorno d’immagine per l’Italia: la Ferrari è uno dei simboli più conosciuti del Belpaese. La spedizione ha fatto sosta presso l’Ambasciata d’Italia in ognuna delle 16 nazioni attraversate, per un incontro con la comunità italiana e i media locali. Il viaggio è iniziato in Brasile, da dove ha proseguito attraverso Argentina, Cile, Bolivia, Perù, Ecuador, Colombia, Panama, Costa Rica, Nicaragua, Honduras, El Salvador, Guatemala, Messico, Usa e Canada, fino a concludersi a New York il 17 novembre. Il Panamerican 20,000 ha svolto inoltre un significativo ruolo di valorizzazione del made in Italy e delle partnership internazionali della Ferrari. In Brasile è stato posto al centro dell’attenzione l’attività locale di Fiat Auto (30 anni di presenza nel paese e 9 milioni di veicoli prodotti da Fiat Automòveis) con una cerimonia di partenza che ha avuto luogo proprio presso gli stabilimenti Fiat di Betim, nelle vicinanze di Belo Horizonte, alla presenza di 4.000 dipendenti. A seguire, un evento dedicato a Iveco che, oltre a fornire i tre veicoli di assistenza e ricambi (due Daily e un minibus City Class) sta sviluppando in modo significativo la propria presenza in Sudamerica con un continuo rinnovamento della gamma. Non meno importante il ruolo svolto durante il viaggio dagli altri partner italiani, come Pirelli, che ha fornito tre tipi di coperture adatte a tutte le condizioni ambientali, tra cui un pneumatico del tutto nuovo sviluppato ad hoc per la Ferrari, e Saima Avandero, che ha coordinato la spedizione e si è occupata delle complesse procedure doganali per un viaggio che ha valicato ben 17 frontiere. Infine Buonitalia, che promuove l’eccellenza enogastronomica italiana nel mondo. Tra i partner internazionali: Shell che per tutto il percorso ha fornito il carburante Shell V-Power, i lubrificanti Shell Helix e Q, e una squadra di tecnici che ha seguito costantemente la spedizione.

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Lungo i 32.000 km del percorso sono state numerose le tappe legate ad attività relative alle partnership Ferrari, come le due soste in Texas e in Ohio presso le fonderie e gli stabilimenti per la lavorazione dell’alluminio dell’Alcoa - costruttore dei telai delle 599 GTB Fiorano - e negli stabilimenti produttivi di Iveco, a Sete Lagoas (Brasile), e di Case IH, il marchio leader mondiale nel settore delle macchine per l’agricoltura del Gruppo Fiat, a Curitiba (Brasile), Racine (USA) e New Holland (USA). Il viaggio ha avuto anche un risvolto turisticocommerciale, grazie alla serie di variopinte t-shirt prodotte da Puma, sponsor della Scuderia Ferrari Marlboro e licenziatario Ferrari, che ha fornito l’abbigliamento dell’equipaggio. Le t-shirt, dedicate a ognuno dei paesi attraversati dalla “carovana” del tour, raffigurano lo stesso simbolo applicato, di volta in volta, sul cofano delle due Ferrari. Il percorso e le principali tappe Il percorso, che si snodato lungo oltre 32.000 km, era diviso in 15 tappe che hanno corrisposto anche ai punti di cambio degli equipaggi composti dai vari giornalisti partecipanti. La prima tappa, iniziata il 24 Agosto a Belo Horizonte, è giunta a Foz do Iguazu dopo 6 giorni di viaggio e 2000 km. Da qui il percorso è proseguito verso ovest, in Argentina, ed è arrivato a San Pedro de Atacama, in Cile, dopo 5 giorni di viaggio e 1800 km percorsi attraverso le pampas e i primi deserti di sale. Da questo momento è iniziata la parte più impegnativa del viaggio che ha portato il tour a quote spesso superiori a 4000 m sulle Ande; la carovana è arrivata in Bolivia, a La Paz, il 7 Settembre, dopo 4 giorni di viaggio e 1100 km percorsi attraverso strade sterrate nei deserti di sale. Lima è stata meta della tappa successiva, lungo cui si sono potute ammirare le vestigia dell’antica civiltà Inca per 1700 km percorsi in 6 giorni. Le successive quattro tappe, fino all’arrivo in Messico, sono passate per Quito, Pasto, Cartagena, Panama, Managua per un totale di circa 8000 km in 18 giorni attraverso spettacolari paesaggi. Le due tappe messicane con partenza da Palenque, il 13 Ottobre, attraverso il territorio delle civiltà

Azteca e Maya, e quella della Baja California sono state coperte in 10 giorni per un totale di circa 4500 km. Da Las Vegas il tour ha continuato verso est per raggiungere prima Houston, attraverso la Monument Valley e Dallas, per poi procedere verso Miami dove è arrivata il 3 Novembre: 6000 km in 9 giorni di viaggio. A questo punto il tour ha preso la strada di Washington per concludersi a New York il 17 Novembre, dopo essere passato per Chicago e Toronto. Totale: 11 giorni per 5000 km.

La Ferrari nelle Americhe Il Nord America, con circa 1550 vetture l’anno, rappresenta il maggiore mercato per la Ferrari con un 30% di quota. Il principale mercato del Nord America è la California, con il 27% delle vendite, seguito dal Nord Est (16%), dalla Florida (11%), dal Texas (7%) e da Chicago (6%). Per rafforzare e consolidare la presenza di Ferrari in America Centrale e Meridionale, da gennaio 2006 Ferrari North America ha acquisito la responsabilità dei paesi situati in quest’area geografica. I mercati principali sono Argentina, Brasile, Cile, Messico e Venezuela per un totale di 12 punti vendita. Questo consolidamento potenzierà la rete di distribuzione, incrementando il grado di soddisfazione dei clienti.

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UN’OPPORTUNITÀ PER COMBATTERE LA POVERTÀ GENERANDO RICCHEZZA di Carlos Ricardo Cuaresma Sánchez a Cusco, capitale di una delle otto culture più importanti dell’antichità, al Tawantinsuyo, la cui capitale è da sempre Cusco, ho il piacere di scrivere alcune righe su un tema che ci sembra di estrema importanza nelle regioni cosiddette Alto Andine o della Sierra, che sono i luoghi del Perù situati a più di 2800 metri sopra il livello del mare. Si tratta della creazione dell’Organismo Pubblico Decentralizzato (OPD) Sierra Exportadora, un programma statale che ha dichiarato questioni di interesse nazionale la promozione, l’incentivazione e lo sviluppo di attività economiche, non solo nel settore agricolo, ma anche nell’ambito delle attività zootecniche, dell’acquicoltura, dell’artigianato e della tessitura. Esso si occupa anche delle attività di trasformazione e di industrializzazione dei prodotti che consentono di aprire mercati nazionali e di favorire le esportazioni, potenziandone le possibilità e convertendoli in una “opportunità per tutti”. Per questo motivo, noi del Governo Regionale di Cusco auspichiamo che il programma porti alla creazione di 18 mila posti di lavoro nel primo anno. Inoltre, auspichiamo che integri 150 mila ettari di terra nel circuito delle esportazioni agricole nell’arco di cinque anni, essendo stata prevista, entro la fine dell’anno, una spesa di circa 20 milioni di US$ per i primi 45 progetti produttivi in dodici dipartimenti della sierra del paese, tra cui Cusco, Puno, Apurimac, Pasco, Huanuco, Cajamarca, Ayacucho e Huancavelica. Nella regione di Cusco e nelle sue province montane si concentrano importanti zone in cui la povertà estrema si abbatte su uomini, donne, bambini e anziani ormai da molti secoli. Il progetto Sierra Exportadora mira a creare nuove fonti di lavoro e portare al superamento di condizioni di ingiustizia, arretratezza e abbandono che perdurano da secoli, dagli inizi della Repubblica, quando il modello esportatore costiero si impose nel nostro paese con l’obiettivo di promuovere lo sviluppo delle regioni settentrionali e costiere. Sulla stessa linea, il Governo Regionale di Cusco, ha dato avvio, di concerto con la Direzione Regionale per l’Agricoltura e un’equipe tecnica del medesimo organismo, al “PROGRAMA REGIONAL DE SIERRA EXPORTADORA DE LA REGION CUSCO” (Programma Regionale Sierra Exportadora Regione Cusco), basato sulla disponibilità di terre adatte alle colture da destinare alle esportazioni, dotate di sistemi irrigui più efficienti, site in prossimità di strade asfaltate e/o massicciate e in determinate zone, abitate da produttori con le capacità, il potenziale tecnico e la volontà di raggiungere i mercati internazionali che si aprono con la nuova politica agricola statale. Nel dipartimento di Cusco ci sono aree con risorse naturali e climi che consentono di diversificare le coltu-

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re per l’esportazione: nelle valli andine ci sono il mais, la kiwicha, la cipolla, l’aglio e, a seguito di riconversione produttiva, il carciofo e l’allevamento dei porcellini d’india. Nelle aree ecologiche più alte, si darà la priorità alle habas de grano seco (una fava tipica della regione), alla varietà autoctona della patata e alla maca, che saranno trasformate in loco per il beneficio diretto delle comunità contadine maggiormente colpite dalla povertà. Nelle valli andine e dell’alto Urubamba, de La Convención e di Yanatile, sarà necessario dare maggiore impulso alla produzione e all’industrializzazione del caffè organico, del cacao e del the, oltre che delle coltivazioni di frutta competitiva: pesche, pere, fragole, agrumi, maracuja, plátano (una varietà di banana molto diffusa in Centro e Sud America), papaie e altri tipi di frutta di qualità ecologica per l’industrializzazione e la commercializzazione sui mercati esteri nel medio periodo. Per poter parlare di qualità dei prodotti agricoli e zootecnici d’esportazione, è necessario poter contare su infrastrutture indispensabili, quali dighe e sistemi irrigui. Da questo punta di vista, il Governo Regionale ha avviato la costruzione di opere importanti, come la Diga di Sutunta, a Espinar, dal valore di 4 milioni di euro, che raccoglie 40 milioni di metri cubi d’acqua e irrigherà più di 8000 ettari di terra; o la tomba a sifone di Maras, la più alta del Perù meridionale, con un costo superiore ai 3 milioni di euro, e altre ancora. Il Progetto irriguo Sambor - Huaypo, nella provincia di Anta, diventerà realtà grazie alla sensibilità del Presidente peruviano Alan García, che ha disposto un taglio delle spese del Palazzo di Governo pari a 6 milioni di euro, per destinarli a quest’opera. Ringrazio la dottoressa Isabel Recavarren Malpartida e la Rivista “Panoramica Latina” che si occupano di Cusco e ci offrono l’opportunità di parlare di un tema importante: la possibilità di esportare prodotti andini da Cusco verso l’Europa e il mondo, come è avvenuto secoli fa con la patata e il mais, e in questo modo “combattere la povertà, creando ricchezza”.


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INTERVISTA A FAUSTO SALINAS LOVÓN, PRESIDENTE DELLA CAMERA DI COMMERCIO DI CUSCO Quando nasce la Camera di Commercio di Cusco e qual è la sua storia? La nostra Camera ha 103 anni. È un’istituzione sorta agli inizi del ventesimo secolo, quando Cusco era il soggetto di un boom economico che gli permise, ad esempio, di trasformare le manifatture tessili dei secoli XVI, XVII e XVIII nelle prime fabbriche tessili del Perù. Queste fabbriche hanno rifornito l’esercito statunitense di equipaggiamenti, coperte e prodotti tessili durante la Guerra Mondiale e la Guerra in Corea. In questo modo, fu innescato il boom della città di Cusco e si sviluppò una borghesia, dotata di forte capacità di accumulazione, che iniziò ad avere un peso anche nelle questioni pubbliche e a livello nazionale. Cosa siete riusciti a fare per Cusco? Siamo riusciti a far arrivare la linea ferroviaria a Cusco verso il secondo decennio del ventesimo secolo, mentre, intorno agli anni cinquanta, si è riusciti a far costruire il principale impianto produttore d’energia della nostra città, la Centrale Idroelettrica di Machu Picchu. La Camera è un ente privato, sorto nel momento di apogeo economico della città, che è riuscito a sopravvivere alle crisi attraversate dai suoi fondatori e dalle sue dirigenze imprenditoriali e che riesce oggi, dopo 103 anni, a lavorare lungo tre grandi direttrici. Quali sono queste direttrici? La prima è la difesa corporativa, la seconda, la promozione della competitività di tutta la nostra attività economica, specialmente del turismo e, la terza, l’apertura commerciale. Il Perù, e Cusco in particolare, si trovano al centro di un processo d’integrazione mondiale molto dinamico, che muove i primi passi con l’Accordo di Preferenze Andine, passa per il Trattato di Libero Scambio con gli Stati Uniti e la Strada Interoceanica (in cui saremo integrati e che ci aprirà all’economia più grande del Sudamerica) e arriva, negli ultimi giorni, all’Accordo di Complementarietà con il Cile, che spiana la strada agli investimenti cileni in Perù e viceversa e favorisce l’incremento delle transazioni commerciali. Qual è la visione della Camera di Commercio? La nostra scommessa riguarda soprattutto la necessità di un cambio di paradigma. Cusco rappresenta una società millenaria, molto antica e con un passato molto forte ed importante. È quindi naturale che vi si verifichi il complesso da “ombelico del mondo”, in base al quale la società crede di essere il centro del mondo, com’è successo anche ad altre latitudini e presso altre civiltà, ma il mondo ormai non ha un centro e, soprattutto, non ha un solo centro. Cusco ha vissuto per molti anni sotto una classe politica che ha cercato di inculcare l’idea che siamo il centro del “Mondo Andino”, ma tutto ciò è ormai privo di significato nel contesto globale. Noi ci siamo impegnati per la rottura coi vecchi schemi e per l’apertura di Cusco all’economia mondiale, sulla base di nuove premesse, attraverso gli investimenti in settori strategici per la no-

stra città o attraverso il nostro inserimento nei circuiti commerciali globali. Sono queste le sfide che si profilano per la Camera di Commercio in questo nuovo secolo. Il nostro dossier s’intitola: “Cusco, non solo Machu Picchu”, c’è del vero in questo? Ha ragione. Machu Picchu è, senza dubbio, il motore della nostra economia visto che genera il passaggio per Cusco di più di 900.000 turisti l’anno, ma Cusco è molto di più. È un importante polo estrattivo di idrocarburi, abbiamo la principale riserva di gas del paese e, attualmente, altri terreni sono sotto esplorazione da parte di società spagnole, brasiliane sudafricane e coreane. La nostra è anche una zona con un enorme potenziale minerario: siamo situati su un’asse lungo cui, a nord, al confine con l’Apurimac, c’è il progetto “Las Bambas”, e a sud c’è la “Xstrata Tintaya” con una risorsa importante, in continua e costante espansione. Abbiamo anche giacimenti auriferi. Ma il Cusco è anche un’importante fonte di energie: abbiamo le capacità per produrre ed esportare energia idroelettrica; stiamo ampliando la centrale idroelettrica, che rappresenta un’immensa possibilità d’investimenti, infatti, disponiamo delle risorse idriche per generare maggiori quantità d’energia e collegare la rete con zone del Brasile, che risultano carenti in questo settore. Nel ramo dell’agricoltura biologica e organica, abbiamo dei prodotti che stanno già entrando nel mercato europeo, come il mais bianco con denominazione d’origine, riconosciuta a livello mondiale, e altri prodotti esportati verso il mercato nordamericano. È in questo ambito che si rendono necessarie molte risorse e investimenti. Dove sono richiesti gli investimenti più consistenti? Sono necessari maggiori investimenti per coprire il deficit di infrastrutture della regione di Cusco. Il Perù ha un deficit d’infrastrutture quantificato in 23 miliardi, dei quali 16 miliardi riguardano le infrastrutture interne: aeroporti, strade, allacciamenti alla rete fognaria e a quella elettrica, impianti di depurazione delle acque, telefonia, tra le altre cose. Il Cusco deve affrontare enormi sfide: il gasdotto rappresenta 157 milioni di dollari d’investimento in 30/40 anni, la strada interoceanica è in realizzazione, ma occorre fare una serie d’investimenti complementari per creare le condizioni favorevoli alle esportazioni. Anche la carenza di strutture idrico-fognarie costituisce un’importante opportunità di affari e l’aeroporto internazionale potrebbe, a sua volta, stimolare ulteriori investimenti esteri. Nell’insieme globale dello sviluppo di questa zona del Perù, ritengo che la cosa più importante sia la sua domanda di nuove risorse, di investimenti stranieri di ampio respiro e a lungo termine, per coprire i deficit che abbiamo riscontrato. È qui che si apre un ampio ventaglio di opportunità legate a quest’area del paese. Com’è la convivenza con le multinazionali che stanno investendo negli idrocarburi e nei servizi,

tra le altre cose, e qual è il loro atteggiamento nell’ambito del concetto della responsabilità sociale? Noi vediamo in maniera molto positiva gli investimenti stranieri nella nostra città, sia nel settore minerario che in quello degli idrocarburi, sia nel settore alberghiero che in quello ferroviario. Purtroppo, però, in Perù i meccanismi di trasferimento delle risorse prodotte, dalle imprese private alle comunità coinvolte, non sono adeguati. Le imprese private contribuiscono attraverso imposte, canoni, royalties, ma il Governo centrale non dispone di meccanismi di trasferimento adeguati affinché tali risorse arrivino alle comunità ed esse avvertano che il loro patrimonio naturale sta generando benessere intorno a loro. Questa situazione ha fatto sì che imprese come la Peru Rail, la Plus Petrol (che gestisce Camisea), la Bhp Billinton (che gestiva Tintaya), e ora la Xstrata debbano sviluppare autonomamente politiche complementari di sostegno alle loro aree di riferimento, in una logica di coscienza sociale che va ben al di là del mero versamento dei tributi e delle royalties e degli adempimenti imposti dal quadro tributario vigente. Facendo riferimento al tema dell’artigianato, abbiamo avuto modo di riscontrare che Cusco conta una nutrita comunità di artisti e commercianti, ma si tratta di un settore che non si modernizza. Lo stile di vita nel “primo” mondo è sempre più sofisticato ed esigente. I gusti culturali, artigianali e pittorici sono sempre più elaborati e raffinati, non sono appagati dall’arte tradizionale, c’è un costante cambiamento. Ritengo che il migliore punto di contatto tra gli acquirenti e i nostri artigiani e mercati di produzione potrebbero essere quei settori e imprenditori che operano nell’ambito della qualità, dell’imballaggio, del colore, del design, in modo che possiamo iniziare a produrre ciò che il mercato vuole comprare. Spesso succede che in questo “mondo” produciamo ciò che il mondo non vuole e che solo i più abili, quelli con maggiori contatti con il mercato, quelli che capiscono i segnali che il mercato lancia, riescono a raggiungerlo. Un modo per avvicinare l’Europa all’America latina è cominciare a creare, attraverso scuole, corsi di formazione, stage, fiere ed esposizioni, legami concreti, affinché i nostri artigiani comincino a produrre oggetti che abbia-

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no delle possibilità di smercio nel “primo”mondo. Un esempio di questo è l’artigianato utile. Quali potenzialità presenta il settore agro-industriale? Speriamo ancora di crescere nell’ambito del programma “Sierra Exportadora”, che ci auguriamo il Governo concretizzi. Vi sono comunque alcuni comparti dell’agroindustria che stanno passando dalla produzione tradizionale di patate, mais e alcuni tipi di frumento andino a determinati prodotti, commercializzabili a livello internazionale. È necessario incrementare la redditività dei terreni coltivati e passare dalle colture tradizionali a prodotti che godano di una certa domanda sul mercato internazionale. Ma anche questo richiede notevoli investimenti, perché i prodotti devono rispettare determinati standard internazionali e precisi requisiti di qualità e quantità. Sono necessari investimenti che consentano di realizzare i processi di raccolta, immagazzinamento, imballaggio, trasformazione primaria. In questo modo si potrebbero iniziare a creare delle opportunità in questa regione. Cosa manca a Cusco nel settore alberghiero? Mancano delle buone scuole alberghiere; mancano le opportunità di formazione e le capacità. Manca che l’industria dei servizi, quella “senza ciminiere”, così sperimentata in Francia, Italia e Spagna, che ricevono decine di milioni di turisti l’anno e che hanno molta esperienza nel campo, possa contribuire alla tecnicizzazione e al miglio-

ramento della qualità dei nostri servizi turistici. L’attività turistica in Perù non ha più di trenta anni, e lavora con grandi cifre da non più di dieci anni. Esiste un importante potenziale d’investimento: formazione delle risorse umane nell’ambito dell’arredamento e dei servizi offerti all’interno degli alberghi; miglioramento della qualità delle strutture ricettive di tutte le categorie, non solo il cinque stelle. Quali sono i progetti della Camera di Commercio? Attualmente stiamo lavorando in Brasile con la Camera di Commercio di Acre e Rondonia, in Argentina con l’obiettivo di stringere altri legami concreti nell’ambito di tavoli di lavoro, e anche in Cile. Speriamo di arrivare presto anche all’Unione Europea. Nel Suo discorso in occasione del 103° anniversario della Camera, Lei ha parlato dell’apertura di un Centro di Arbitrato e Conciliazione. A Cusco non abbiamo esperienza nella risoluzione privata di controversie. Abbiamo proposto la creazione di un Centro di Arbitrato perché riteniamo che il tipo di controversie, che sta emergendo, meriti un’alternativa al Potere Giudiziario. In precedenza questa via non era praticabile perché gli arbitrati erano molto cari, ma i tempi ora sono cambiati in virtù della portata e della quantità numerica delle dispute. Abbiamo anche avanzato l’idea di creare una Scuola di Business congiuntamente con l’Università privata di Cusco.

IL CONSORZIO: UN’OPPORTUNITÀ PER CUSCO di Clelia Pia Signorelli i sono appena conclusi gli eventi organizzati dall’Istituto Italiano per il Commercio Estero attraverso ICE Lima, Federexport ed ONUDI, nonché con la collaborazione del Ministero della Produzione, Prompex e la Camera di Commercio di Lima. Il Seminario di Formazione sui Consorzi Export con esperti italiani e dell’UNIDO ha interessato 187 partecipanti a Lima ed 87 a Cusco riscuo-

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tendo notevoli consensi da parte delle imprese ed entitá locali. La volontá di continuare nella direzione dell’associativismo, ampliando le varie iniziative sui consorzi in Perú giá intraprese dalle Entitá indicate, costituisce un aspetto di positivo rilievo nel senso di meglio contribuire allo sviluppo tecnologico ed alla piú elevata qualificazione delle locali imprese consorziate. Il ciclo di Formazione ICE sui Consorzi, iniziato in Italia negli scorsi anni, ha raggiunto ora l’obiettivo di pervenire all’implementazione dei consorzi in Perú sul modello italiano grazie al progetto UNIDO finanziato dal governo italiano. Detto progetto ha dato vita al corso di una settimana realizzato presso la Camera di Commercio di Lima, sulla costituzione dei consorzi e loro problematiche ed a cui ha partecipato un’ampia rappresentanza di operatori appartenenti alle varie provin-

ce peruviane oltre ad operatori di Lima. Il Corso UNIDO inaugurato l’11 maggio 2006 dal Ministro della Produzione Ing. David Lemor con il Presidente della Camera Ing. Samuel Gleiser ed il Direttore di ICE Lima Dr.ssa Signorelli, si é concluso anche se non definitivamente, in quanto verrá continuata e sviluppata l’assistenza degli esperti ONUDI alle ditte peruviane per le varie problematiche che si presenteranno nella implementazione dei consorzi. Inoltre é previsto un corso UNIDO al pari di Lima, nel prossimo novembre 2006 nella cittá di Cusco per rispondere alla forte domanda della Provincia peruviana. Un vivo ringraziamento da parte dell’Istituto Italiano per il Commercio Estero –ICE-, a tutte le entitá che hannno reso possibile la realizzazione degli eventi sui consorzi italiani.


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I PRODOTTI DELLA REGIONE CUSCO

OPPORTUNITÀ D’INVESTIMENTO E COMMERCIALIZZAZIONE a cura di Marco Santos e Hipolito Suico Prodotti con trattamento preferenziale agli investimenti Gli investimento nelle zone Alto Andine (3.200 mslm) sono in esonero di imposte.

Caratteristiche, proprietà

Sistema di produzione e mercati

L’habitat naturale della trota sono i fiumi, laghi e lagune di acque fredde, limpide e cristalline; tipiche dei fiumi di alta montagna.

Lagune nelle zone Alto Andine. USA, EUROPA

La carne di alpaca é molto proteica, poco calorica; la poca quantità di grasso colore bianco sotto la pelle, è facile di togliere, gli scarsi livelli di colesterolo sono uno in più dei suoi attributi e vantaggi riguardo ad altre carni.

La carne di Alpaca si presenta come le altre carni, la differenza è che ha migliori proprietà per il copro umano.. Ancora non si esporta

Il vello dell’alpaca é uno dei prodotti dell’animale più pregiati nel mercato, è costituito da fibre fine e grosse. La fibra fina si trova nella parte dei lombi e dei fianchi dell’animale; mentre le fibre grosse si concentrano maggiormente sul petto, estremità e faccia. Il diametro della fibra di alpaca oscilla tra 18 e 33 micron, dipendendo dalla parte del corpo alla quale appartengono ed dall’età dell’animale tosato. La finezza in media è dell’ordine di 26.8 a 27.7 micron (Villarroel J., 1983). La resistenza della fibra é importante per i processi tessili, è 3 volte più resistente della lana di ovino.

Le fibre dei camelidi, come altri animali (caprinos), sono denominate “fibre speciali” e si caratterizzano per avere un vello di tipo misto, nel quale si trovano due strati di fibre. Quelle dello strato inferiore, fini, brevi ed abbondanti e quelle dello strato superiore, composte da fibre grosse, relativamente piane e di maggiore lunghezza. Non si esporta come materia prima. Si esporta lana processata come tessuti di punto verso USA, Germania, Regno Unito

La carne di “cuy” o porcellino d’India é molto nutritiva, dirigibile, zero colesterolo e gustosa; contiene sostanze essenziali per l’organismo umano come AA (ARAQUIDONICO) e DHA (DOCOSAHEXAENOICO) che non si trovano nelle altre carni e sono molto importanti per lo sviluppo delle NEURONAS (specialmente cerebrali), Membrane cellulari (protezione contro agenti esterni) e formano il corpo degli spermatozoi

L’allevamento del porcellino d’India si realizza in gabbie. USA

La Maca ha i seguenti attributi: Nutre, rinvigorisce, fertilizza e guarisce. Presenta anche qualità afrodisiache e stimolanti, proprietà terapeutiche in malattie respiratorie dovute agli aminoacidi esenziali, è molto importante il suo apporto nei problemi reumatici della ipertensione. Per via della conservazione degli aminoacidi esenziali, migliora i problemi derivati dalla sterilità, frigidità e impotenza sessuale.

Si semina in forma tradizionale ed ecologica. Giappone, USA, Germania, Belgio, Canada, Francia

Il contenuto di proteine nei suoi grani oscilla tra il 13 ed il 18%, con alti livelli di lisina. Possiede calcio, fosforo, ferro, potassio, zinco, vitamina E, e complesso di vitamine B.

Si semina in forma tradizionale ed ecologica. Germania, USA, Paesi Bassi

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Caratteristiche, proprietà Valore nutritivo del mais. L’importanza dei cereali nel nutrimento di milioni di persone nel mondo è conosciuta. Forniscono energia ed una notevole quantità di proteine. I grani di cereale hanno una bassa concentrazione di proteine e la qualità di queste è limitata dalla insufficienza di alcuni aminoacidi essenziali, soprattutto lisina. Un fatto molto meno conosciuto è che alcuni cereali trattengono un eccesso di certi aminoacidi essenziali che influiscono sull’efficienza dell’assimilazione delle proteine Raccolti ed asciugate serve per ottenere il carminio, usato per tinture, e coloranti non cancerogeni per alimenti (marmellate) succhi, gazzose, bibite, insaccati, ecc.

Si ottiene un colorante naturale apprezzato industrialmente per colorare prodotti alimentari (formaggio) burro, olii, cera, vernici, prodotti cosmetici e fibre tessili, di seta e cottone. L’olio che se estrae dai semi è la fonte principale dei pigmenti Bixina e Norbixina classificati come cerotenoidi.

Le frutta andine contano un mercato di esportazione ai paesi dell’America latina, Asia, Europa. Tali frutti sono molto richiesti per la loro alta qualità nutritiva, ed il valore netraceutico. Possono essere consumati in stato fresco o in conserve. Pesche, lucma, tuna, chirimoya, cocona, granadilla, adatte a differenti piani ecologici. Esistono biotipi per differenti condizioni climatiche. La Tara possiede un immenso potenziale medico, alimentare ed industriale, essendo di gran utilità per la produzione di idrocoloridi o gomme, tannino ed acido gallico, tra altri. Inoltre, è utilizzata nella protezione dei suoli, specialmente, quando non si dispone di acqua per l’irrigazione, al fine di dare buona protezione a molte terre che oggi sono in processo di erosione e con fini commerciali. Si usa frequentemente in associazione con coltivazioni come il mais, habas, fave, erba medica, saggina o foraggi. Non fa molta concorrenza a queste coltivazioni, per via della sua radice a perno e profonda e per essere una specie che fissa il nitrogeno; così come per via della sua copa che non è molto densa e lascia passare la luce. Freschi, in conserva o congelati. Hanno virtù curative per i malati del fegato e diabetici. Curano le malattie del sistema osseo, reumatismi, rachitismo, osteoporosi.

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IL SETTORE ARTIGIANALE

L’ARTE CERAMICA DI CUSCO RECUPERATA GRAZIE A RICERCA E INNOVAZIONE Intervista al ceramista Julio Antonio Gutíerrez Samanez usco, l’enigmatica città degli Inca e centro della cultura andina, ci schiude il suo cuore come un fiore millenario. È una città ricca di bellezza e incanto, posta tra le cime di alte montagne che circondano una fertile valle, su cui svetta orgogliosa della sua stirpe imperiale, a 3.300 metri di altezza sul livello del mare, al centro della cordigliera delle Ande. Migliaia di turisti vengono ad ammirare i suoi splendidi paesaggi, le sue città perdute e rinate come Machu Picchu e Choquequirao. In questo magico scenario, costellato di miti e leggende, incontriamo il ceramista Julio Antonio Gutiérrez Samanez, meticcio cresciuto nel culto delle sue tradizioni, discendente di una famiglia di artisti plastici e professori di storia dell’arte cuschegna e, perciò, anima poetica e piena di passione per la sua storia. Lo incontriamo nel suo laboratorio, circondato da ceramiche smaltate che egli accarezza, mostrandone la bellezza delle forme e delle lucentezze vitree, e che sembrano prendere vita in questa mattina azzurra, dal cielo limpido e profondo. Lo incalziamo con le domande, tentando di cogliere l’essenza della sua conoscenza e della sua verità, sulle origini dell’arte cuschegna, su chi furono i suoi cultori e i suoi artefici, cercando di capire quali siano i suoi sogni e le sue speranze. Gutiérrez ci racconta che nel 1937, in un momento in cui, per mancanza di sostegno statale, l’arte popolare stava scomparendo, un gruppo di artisti e intellettuali fondarono l’Instituto Americano del Arte (Istituto Americano d’Arte) per incoraggiare le attività culturali, recuperare l’arte popolare e dare il via alla tutela del patrimonio culturale. Organizzarono concorsi, come quello della fiera natalizia “Santuranticuy” (termine quechua che significa “comprare santi”), per montare presepi di tradizione coloniale. Premiarono artigiani come i Mendivil, i Mérida, gli Olave e i Sierra, famiglie attualmente conosciute a livello mondiale, le cui opere sono esposte in numerosi musei e in numerose collezioni d’arte. Julio ci racconta che suo padre, lo scrittore Julio G. Gutiérrez Loayza, fu critico d’arte e membro di questo istituto. Aveva l’incarico di selezionare le opere in concorso e fu per sua iniziativa che si decise di creare il Museo del Arte Popular dell’Istituto, che raccoglie più di 4.000 oggetti di arte popolare, la maggior parte dei quali hanno vinto il “Santuranticuy”. Questo museo ha sede nelle Gallerie Turistiche del centralissimo viale El Sol in uno spazio messo a disposizione dal Banco de la Nación.

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Come nacque la Scuola di Cusco e per quale motivo la Scuola Coloniale invece non progredì? La presenza spagnola e occidentale a Cusco fu piuttosto forte e costituì uno shock culturale terribile, rimasto ancora insuperato. Anche in campo artistico l’imposizione culturale, soprattutto religiosa, fu davvero significativa. Fino all’epoca del viceré Toledo (1570) gli artisti inca continuarono la propria produzione seguendo lo stesso stile e

la stessa qualità, ma con l’emanazione delle nuove ordinanze e delle nuove leggi dovettero cambiare la loro produzione, perché vennero bandite la lingua quecha e ogni tipo di manifestazione culturale. Gli Inca furono ridotti a sparute comunità e divennero vittime di una sorta di schiavitù all’interno delle encomienda e delle mitas (lavoro imposto dagli spagnoli agli indios nell’America coloniale); furono sottoposti ai lavori forzati o impiegati nelle miniere di mercurio (Huancavelica) e di argento (Potosí), dove la popolazione fu decimata e ridotta a un 10% rispetto al periodo precedente l’invasione spagnola. Solo la nobiltà inca si salvò. Ai suoi membri era stata data la possibilità di divenire artisti: poterono diventare pittori, scultori, orafi, ceramisti, ma potevano rappresentare esclusivamente immagini legate alla religione cattolica. Fu così che emersero personaggi quali Tomás Tuyru Túpac, uno degli scultori più importanti della colonia e Diego Quispe Tito il pittore indigeno più rappresentativo del suo tempo. Nel 1650 Cusco fu distrutta da un violento terremoto e l’allora vescovo spagnolo, Don Manuel Mollinedo y Angulo, finanziò la rinascita artistica e diede vita a una corrente “cuschegna”, seppur ancora al servizio della religiona cattolica. Questo movimento artistico acquistò rilevanza internazionale, i quadri della Scuola cuschegna vennero riconosciuti in tutto il mondo insieme alle sculture lignee, agli ori, all’architettura in stile plateresco e barocco. Questa tradizione proseguì fino alla rivoluzione di Túpac Amaru che ebbe luogo nella regione di Cusco nel 1780. Cosa voleva Túpac Amaru? Questo leader indigeno voleva far rinascere il regime Inca, non pensava alla costruzione di uno stato moderno e democratico, voleva invece tornare indietro, verso una monarchia indigena, motivo per cui non poté contare sull’aiuto della popolazione creola e meticcia. Cusco in due occasioni si fece baluardo del movimento separatista, armando un ingente numero di persone: nel 1780 con Túpac Amaru e nel 1814 con la rivoluzione dei fratelli Angulo. Entrambe le ribellioni furono sedate dal colonialismo spagnolo e sfociarono nel sangue. Per questo Cusco rimase l’ultima capitale vicereale di tutto il Sud America. Per sconfiggere gli spagnoli fu necessario che riunire le forze di tutta l’America Latina, Venezuela, Colombia, Argentina e Cile, che combatterono nella battaglia di Ayacucho (9 dicembre 1824) contro gli spagnoli, i creoli, i meticci ed eserciti costituiti dagli indigeni fedeli al Viceré spagnolo. In questo contesto l’arte continuò a subire l’influenza coloniale cattolica e questo fenomeno continuò anche dopo la conquista dell’indipendenza, fino alla fine del XIX secolo Quali ripercussioni ebbe sull’arte la sconfitta di Túpac Amaru? Successivamente alla sconfitta di questo discendente degli Inca, vennero bandite tutte le mani-

festazioni della cultura inca, come l’uso dell’”unku” (capo d’abbigliamento inca) e venne imposto l’uso del “chullo”, del “poncho” e della “montera”, indumenti non inca. Vennero bruciate le opere dell’Inca Garcilaso perché considerate opere ispiratrici dell’orgoglio inca. Furono proibite la pittura e la decorazione delle case, ma continuò la produzione dei “Qeros”, i vasi cerimoniali inca. Con il tempo, i discendenti dell’incrocio tre le due culture, i meticci, svilupparono una propria identità, conservando un forte carattere di contestazione nei confronti degli abusi del potere spagnolo. Nemmeno i creoli, nati da genitori spagnoli sul suolo sudamericano, avevano accesso alle cariche pubbliche e amministrative. Fu così che presto si sviluppò un movimento peruviano, filoamericano, quando ancora il Perù non era concepito come repubblica autonoma, ciò che iniziò a verificarsi dopo Túpac Amaru, con la celebre “Carta agli spagnoli d’America”, pubblicata nel 1799, opera del sacerdote gesuita Juan Pablo Vizcardo y Guzmán, espulso dal Perù nel 1766. Quali furono gli effetti dell’indipendenza a Cusco? Con la fine del colonialismo, Cusco diventò una città di secondo ordine a causa della sua collocazione geografica nell’entroterra, della scarsità di mezzi di comunicazione e di una profonda crisi politica che diede origine all’anarchia militarista del XIX secolo. La politica era manovrata da Lima. Cusco rimase nell’abbandono. I viaggiatori che passavano da questa città, come Raimondi, Mindendorff e Squier, affermavano che si era fermata al Medio Evo. Vi erano grandi conventi, imponenti cattedrali vuote, visitate da pochissime persone. Nel 1895 un’epidemia di peste decimò la popolazione, l’arte entrò in decadimento e si sviluppò l’arte artigiana. Al posto dei dipinti di tre o quattro metri, o addirittura più grandi, si iniziò a produrre opere dalle dimensioni più ridotte, lo stesso si verificò con i simulacri da portare in processione, che divennero articoli di scarso valore, dal prezzo significativamente ridotto. Per gli artisti era un modo di sopravvivere, continuando a produrre articoli artigianali popolari di poco valore, ma di eccellente pregio artistico, appartenenti ad un’identità culturale autoctona. Questo è ciò che è stato recuperato dall’Istituto Americano d’Arte nel XX secolo. Quali sono gli effetti del turismo? Con l’avvento del turismo le opere sono diventate addirittura più piccole, sono conosciute come “souvenir”. Sono pezzi leggeri e di scarso valore, acquistati per essere regalati. Adesso i disegni dipendono dal mercato: è molto più semplice vendere 1000 pezzi, poiché si vende in grandi quantità, piuttosto che vendere un solo pezzo. Gli artisti che producono opere di grandi dimensioni, se non partecipano alle esposizioni o se non hanno mercato all’estero, non vendono. A Cusco è difficile vendere un’opera di grandi dimensioni.

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Produrre opere piccole è l’imperativo imposto dagli esportatori e dagli importatori, a volte la produzione avviene sulla base dei loro disegni o secondo il gusto del cliente, a discapito della nostra identità culturale e della nostra autostima. Tuttavia è proprio questo che ci permette di continuare a mantenere attivi i nostri laboratori. La nostra preoccupazione è che la vera arte tradizionale divenga mediocre, che perda le sue caratteristiche e che muoiano le tradizioni. Cosa fa l’Istituto Americano d’Arte per diffonderla? Benché porti avanti un’attività culturale continua e infaticabile, non sembra influire sull’economia né vincolare la produzione artistica ai grandi mercati, in quanto non è questo lo scopo che si prefigge. Forse manca un po’ la visione adatta per organizzare, ad esempio, mostre nelle capitali europee, dove si potrebbero esporre le opere dell’arte inca, coloniale e meticcia di alta qualità, in modo che risulti chiaro che ciò che attualmente è riconosciuto, a livello internazionale, come arte cuschegna, è rappresentato, con nostro grande rammarico, solo da opere mediocri, puramente commerciali e a buon mercato: l’artigianato “spazzatura”. Per noi, artisti pregni dello spirito delle nostre tradizioni, è frustrante vendere opere di poco conto e tenere per noi quelle che sono creazioni artistiche: è come avere la casa colma di opere artistiche, come fosse un museo, e non avere nemmeno la possibilità, volendo, di mostrarle al proprio vicino. Esistono altri fattori? Manca una politica culturale da parte del Governo, dotata dell’esatta percezione di quelle che sono le nostre capacità e i nostri punti di forza. La burocrazia ministeriale concepisce l’arte popolare come un’attività in cui si rifugiano le classi più povere per la sopravvivenza. Non credo sinceramente che tutti i poveri siano artisti, ma credo che ci siano persone dalle enormi potenzialità artistiche che non hanno l’opportunità di compiere un percorso adeguato, né tanto meno sono sostenute dallo stato: è per questo che l’arte perde la sua dignità. È necessaria un’opera di promozione per evitare che le attività artistiche vadano scomparendo, è necessario dare più spazio a coloro che creano, rinnovano e riscattano l’arte, sottraendolo invece a coloro che puntano esclusivamente al commercio e al lucro attraverso il lavoro d’artigianato. Esiste una Scuola d’Arte? A Cusco abbiamo una Scuola di belle Arti, ma purtroppo è basata sul modello occidentale. Si copiano Picasso, Dalì, l’astrattismo e alti pittori moderni. Ma visto che nessuno compra questo genere di opere, si dipingono soggetti indigeni artigianali, di mediocre qualità, a basso prezzo e in grandi quantità, per sopravvivere. Di questi ultimi sono piene le gallerie e i negozi di souvenir di Cusco. Che tipo di produzione caratterizza l’arte funzionale? C’è un continuo rinnovamento. Abbiamo una fiera chiamata “Peru Decor”, che si tiene a Lima, dove vengono esposte le opere e le creazioni più innovative. Attualmente è di moda lo stile africano, il bianco e nero, lo stile minimalista. C’è il problema dei commercianti che esportano e si arricchiscono, e lo fanno a scapito degli anelli più deboli della catena produttiva: gli artigiani, le cui condizioni restano immutate, continuano a lottare per la sopravvivenza. È necessario rafforzare la capacità organizzativa e associativa degli artigiani mediante la creazione di consorzi, joint ventures, etc. L’artigianato utile peruviano si sta posizionando bene nei mercati e questo, grazie agli sforzi dei produttori, degli esportatori e di alcune ONG e malgrado il livello d’inefficienza e di corruzione statale che ostacola e distrugge ogni genere di iniziativa. Cosa può dirci a proposito del recupero dell’Arte Coloniale? Nel 1934, in occasione del quattrocentenario della fondazione spagnola di Cusco, venne organizzata una grande esposizione. Lì alcuni ceramisti, come la famiglia Ruiz Caro, presentarono alcune copie di “aríbalos”, piatti e vasellame decorati in stile inca.

Fu a partire da quegli anni, con l’organizzazione del “Giorno di Cusco”, e della festa del sole o “Inti Raymi”, che iniziò l’attività turistica, che prese poi piede progressivamente negli anni a seguire. Nel 1992, il sindaco Daniel estrada, decise che Cusco non doveva celebrare la conquista spagnola, bensì commemorare e ripudiare l’”invasione europea”. Io stesso partecipai a questo movimento, che rifiutava tutto ciò che avesse un legame con la cultura spagnola. Più tardi, e con animo già più tranquillo, grazie ai miei studi di storia, cultura, arte e tradizione, e in virtù della mia formazione di ingegnere chimico, scrissi una tesi di dottorato sulla ceramica cuschegna, che mi permise di apprezzare e valorizzare l’arte coloniale. Decisi quindi di recuperarla, per quanto fosse difficile farlo in un ambiente contrario e ostile. Come condusse la sua ricerca? Fu una ricerca svolta insieme ad altre persone, non ero solo. Il professor Miguel Coila, ad esempio, mi indicò colori e materiali naturali con cui svolgere la ricerca. Iniziai lavorando a opere di piccole dimensioni e constatai che era, ad esempio, molto difficoltoso ottenere il colore verde che derivava dal rame, perché evaporava molto prima che il cristallo fosse completamente fuso, invece nelle opere originarie veniva utilizzato un cristallo di piombo, che è inquinante. Non si trovavano colori naturali, ma solo colori commerciali, quindi dovevo ottenerli e prepararli solo seguendo il procedimento degli antichi: macinando le pietre provenienti dalle miniere della regione. Fu una ricerca che durò anni, costellata di insuccessi e fallimenti. Si unirono a me alcuni amici, come Tater CamiloVera, che aveva vissuto a Puno ed è un antiquario con un’importante collezione di arte coloniale, da cui prendemmo i disegni e i modelli. Poi presi contatto con altri collezionisti. Riuscimmo a recuperare una serie di disegni che iniziai a riprodurre insieme al personale del mio laboratorio: l’ingegnere chimico Celso Suma, i miei studenti dei corsi al Senati, alla Scuola di Belle Arti, alla Scuola di Restauro e studenti dell’Università. Potei contare sulla consulenza di amici ceramisti come l’ingegner Carlos Ruiz Caro e suo figlio, il mio collega Fernando Ruiz Caro, ecc. Molti aspetti della tecnica antica ancora in uso, li ho, però, appresi a Pucará e a Raqchi, con gli artigiani del luogo tra cui i Tacca, i Rodríguez, gli Arósquipa, ecc. Quali sono le sue caratteristiche? È una ceramica smaltata o maiolica, con reminiscenze arabe e moresche, che fu portata dalla Spagna, in cui primeggiano il verde del rame, il marrone violaceo del manganese, il giallo ambrato del ferro, a volte le tonalità dell’azzurro e del nero, sempre applicate su una pasta grezza e rugosa. I motivi iconografici sono caratteristici: flora, fauna, stemmi nobiliari, monogrammi di ordini religiosi, scene di caccia. Sulla base di questo, abbiamo sviluppato una linea di vasellame, in cui gli stessi motivi sono stati semplificati. Stiamo lavorando alla creazione di uno stile “Casa coloniale”, in cui primeggiano i colori naturali. Con Tater Vera abbiamo recuperato molte tecniche coloniali andate ormai perdute e i motivi degli affreschi presenti nelle chiese. Abbiamo introdotto nel nostro lavoro la ricerca e l’innovazione. Quale sarà il mercato di sbocco? Il mercato principale è quello statunitense, alcune opere sono state acquistate dai mercati europei, altre, appartenenti alla linea moderna, hanno partecipato all’Esposizione Sources, tenutasi a New York nel 2005. Questi sono i problemi e i timori degli artisti popolari di Cusco, che continuano a creare e a recuperare il loro prezioso patrimonio per farlo conoscere a livello mondiale. Lasciamo il laboratorio, Cusco, i suoi tetti di tegole rosse, i suoi muri di pietra levigata, le sue imponenti cattedrali, i suoi mercati indigeni e la cordialità provinciale dei suoi artigiani. Un moto di nostalgia riempie i nostri animi, nel momento in cui il nostro aereo si leva sopra le cime innevate della cordigliera andina.


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MAIS BIANCO GIGANTE olando Velasco Spitia, Direttore della Central de las Empresas Campesinas Valle Sagrado de los Incas. Un’antica famiglia del Valle Sagrado (Valle Sacra) dedita all’agricoltura e alla produzione di mais. Ragioniere, ha compiuto gli studi superiori grazie alla coltivazione di questo prodotto. In una Valle Sacra costellata di aziende, nascono a partire del 1976, sotto il governo del Generale Velasco, cooperative agricole unite dal motto “la tierra es para quienes la trabajan” (la terra è di chi la lavora). Queste cooperative sono costituite dagli stessi agricoltori delle varie aziende.

R

Cos’è la Valle Sacra degli Inca e qual è la relazione tra questo nome e il popolo stesso? La Valle Sacra è stata la culla della civiltà inca, qui si è sviluppata l’agricoltura e ha avuto luogo la fioritura architettonica degli inca, che nella stessa valle hanno trovato riparo per migliaia di anni. Qual era il sistema di produzione in vigore presso gli Inca? Secondo le ricerche condotte da Human Poma de Ayala, gli Inca utilizzavano la Valle Sacra per le attività agricole, in particolare per la coltivazione del mais, ciò dimostra che questo era un alimento primordiale, di prima necessità. Quella inca era una cultura sostenibile. Oggi ci dedichiamo a mantenere la pratica della coltivazione del mais, che rappresenta un ottimo alimento ed è il pilastro dell’economia della Valle Sacra. Come nasce questa tradizione e da quando siete organizzati in cooperative? Il Coordinamento Centrale delle Imprese Agricole Valle Sagrado de los Incas è un’istituzione che nasce a partire dalle Cooperative. In questo modo riusciamo a lavorare in maniera coordinata e a ottenere una produzione migliore e una commercializzazione più efficace. Quante persone sono attive in questo ramo? 1500 famiglie, cioè circa 5000 persone residenti tra Calca e Urubamba. Come si arriva al marchio di Denominazione di Origine del Mais Bianco Gigante? Il mais bianco gigante è un prodotto di lunga tradizione, con origini nell’età degli Inca, quindi si è pensato di proteggerlo. È un prodotto unico al mondo, non ne esistono di simili né di paragonabili per consistenza e morbidezza. Volevamo evitare che fosse imitato, com’è già successo con altri prodotti, tra cui la Maca e la Chirimoya. Che procedura avete seguito? Abbiamo lavorato su tre livelli: il primo è stato lo studio storico, il secondo lo studio genetico e il terzo lo studio del microclima. Hanno partecipato storici, biologi e naturalisti. Si tratta dell’unico prodotto peruviano che abbia ottenuto la Denominazione di Origine - DO, ed è stato possibile grazie ad adeguati studi tecnici. Abbiamo stretto delle alleanze strategiche con PYNAGROS della cooperazione svizzera, il Progetto Corredor Cu-

sco - Puno (progetto per il corridoio Cusco - Puno), INDECOPI e APROMAIZ in rappresentanza dei produttori di mais. Tutta la procedura è durata due anni. Qual è l’obiettivo della Cooperativa? La nostra missione è proteggere i piccoli produttori. Grazie al Coordinamento Centrale, un produttore con coltivazioni di dimensioni ridotte può integrarsi nella rete dei produttori, centralizzare e canalizzare la sua produzione riuscendo a piazzare i suoi prodotti sui mercati a prezzi più competitivi. Qual’è la percentuale di consumo a livello nazionale? Il 70% della produzione di mais è destinata esclusivamente alle esportazioni, il restante 30% è consumato internamente, a Lima, Puno e in altre città. Quali sono i mercati esteri? In primo luogo la Spagna, che acquista il 71% del prodotto esportato, seguono il Giappone, con il 21%, poi gli Stati Uniti, con il 12%, e gli altri paesi, con il 5-6%. Come si consuma il mais nella regione d’origine? Si mangia in forma di pane, il mais viene essiccato e poi cucinato. È un prodotto secco da conservare in un luogo asciutto. Si mangia anche come cancha (mais tostato). Inoltre è un accompagnamento del Chairo, piatto tipico della regione di Cusco. Come è consumato in Spagna, in Giappone e negli altri paesi? In Spagna lo friggono e lo mangiano come snack. Negli altri paesi non saprei. Quanto mais siete in grado di esportare? Il ciclo di crescita del mais dura otto mesi, questo vuol dire 500 o 600 tonnellate prodotte dai nostri soci e già vendute. Tuttavia potremmo produrre anche più di 1500 tonnellate se avessimo più mercato, se i prezzi fossero migliori e se si evitassero le costruzioni (di nuovi alberghi ndr.) nella Valle Sacra. Il contadino non considera redditizio questo tipo di produzione. Qual è il prezzo del mais sul mercato internazionale? Il mais costa 0,95 centesimi di dollaro il chilo, prezzo CIF. Con la Denominazione di Origine DO stiamo tentando di migliorare i prezzi e di entrare in un circuito vantaggioso che incentivi la produzione. Per esempio, la Spagna trasforma il mais e lo vende a 12 euro il chilo. Nella Valle si

producono 20 mila tonnellate e noi, come Mais con Denominazione di origine, rappresentiamo solo una piccola porzione. Ogni agricoltore possiede solitamente un ettaro di terra, che rende tra i 4000 e i 5000 chili di prodotto, facendogli guadagnare circa 8000 sol annui (circa 2000 ).

Qual è il vostro obiettivo? Vogliamo costituire un Consiglio di Regolamentazione, con tre settori: Produzione, ricerca e vendita. Il settore produzione dovrà occuparsi di formare i soci e gli agricoltori, dotandoli della tecnologia necessaria a produrre meglio il mais, la ricerca si occuperà di mantenere elevata la qualità del prodotto, mentre il settore vendite dovrà cercare mercati più redditizi. Avete mai pensato di trasformare il mais e venderlo come prodotto finale? È proprio uno dei nostri obiettivi nell’ambito del Piano Strategico 2008. Stiamo lavorando con il Governo Regionale per creare uno stabilimento di trasformazione per produrre snack al mais e mote (una specie di pappa di mais). L’obiettivo ultimo è piazzare il prodotto sul mercato internazionale. Chi fissa il prezzo a livello internazionale? C’è un mercato di grossisti che commerciano mais. A marzo, con l’anno scolastico in corso, quando gli agricoltori devono mandare i figli a scuola, i grossisti concedono a questi dei prestiti sotto forma di acconto per la produzione di mais. Più tardi, a giugno, in periodo di raccolta, impongono un prezzo basso per cui diventa poco redditizio produrre mais. Approfittano della mancanza di fonti di reddito dell’agricoltore. Non potete integrare questi agricoltori nella cooperativa? Il Coordinamento Centrale raggruppa il 30% degli agricoltori, ne resta fuori il 70%. È questo il nostro punto debole. Il nostro obiettivo è di integrarli e di rafforzarci. Non disponiamo di sufficienti risorse economiche, ma speriamo nella costituzione del Consiglio di Regolamentazione che raggruppi i 5000 agricoltori e possa stabilire dei prezzi competitivi.

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CAPARBIETÀ E TENACIA PER FAR FIORIRE LA KIWICHA

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co, la qualità delle proteine e un’equilibrata componente di amminoacidi essenziali, in particolare la lisina, che è stata usata dalla Nasa per produrre alimenti per gli astronauti.

Come ha inizio questa avventura? Inizia con un’esperienza a Trujillo. Lì mi resi conto che quello non era il mio posto, non c’era spazio per ingegneri donne e non vi era possibilità di sviluppare la creatività, almeno nell’azienda in cui lavoravo. Decisi quindi di tornare a Cusco e fondare un’impresa insieme ad alcuni colleghi: mi ero innamorata della kiwicha o amaranto. Dopo una serie di vicissitudini, ho fondato l’impresa individuale “Cusco Mara”. Ho incontrato molte difficoltà, ma ho avuto anche molte soddisfazioni: vedendo la gente che alle sagre mangiava golosamente la kiwicha, mi sentivo spronata ad andare avanti.

Quante sono le famiglie che si dedicano a questa coltura? Lavoriamo con 60 - 80 famiglie del bacino del Huasacmayo. Tuttavia, stimo ci siano più di 200 famiglie che si occupano della coltivazione della kiwicha, visto che si tratta di piccole coltivazioni, non imponenti e questo fa sì che siano colture biologiche. Abbiamo lavorato per cinque anni per ottenere la certificazione biologica internazionale anche delle unità agricole poiché abbiamo un centro sperimentale ecologico a un’ora da Cusco, chiamato “Fundo Retiro”. In questo centro facciamo tutte le prove necessarie e lavoriamo con una serie di famiglie produttrici che ci vendono i loro raccolti, coltivati a 3600 - 4100 m. di altitudine.

driana Valcárcel ha creduto con tenacia nei processi di trasformazione dei prodotti andini e ha creato l’azienda “Cusco Mara”. Nata a Cusco, di discendenza quechua e aymara, ha studiato ingegneria chimica all’Università “San Antonio Abad del Cusco”. Ci spiega che, in entrambe le lingue, Mara vuol dire “perdurare nel tempo” e che, secondo la semiotica andina, ci sono la costellazione della Croce del Sud e il Serpente bicefalo a donarci la sapienza e la conoscenza. Sostiene che i prodotti della biodiversità di Cusco devono essere venduti al mondo all’insegna del motto “Cusco per il Mondo”.

Quali sono le vostre linee di produzione? Abbiamo cinque linee di produzione: la “Multi K”, ottenuta dalla kiwicha, dalla quinoa e dalla kañiwa; la “Multi H”, composta da farine crude tostate, estruse da cereali, legumi e tuberi andini; la terza è la “Multi 7”, dedicata esclusivamente a equilibrate miscele a base di cereali e legumi, rivolte a diversi target: bambini, gestanti, puerpere e anziani; la quarta è la “Multi B”, che comprende una varietà di prodotti, tra cui l’emolliente andino; e la quinta e ultima, la “Multi P”, in cui troviamo i prodotti da forno e di pasticceria: ci sono le gallette arricchite di kiwicha, di kañiwa e di quinoa, vari tipi di pane, un’intera linea di pasticceria. In totale ci sono oltre 30 prodotti a base di alimenti provenienti dalle colture andine, soprattutto la kiwicha o amaranto. Cos’è la kiwicha e cosa la kañiwa? Sono entrambi cereali andini. La kiwicha è uno dei cereali fondamentali, un “piccolo gigante”, date le particolari caratteristiche del suo centro di origine, Cusco - Perù. Tra le caratteristiche intrinseche del suo grano ci sono l’elevato valore protei-

Qual è il suo valore proteico e nutritivo? È compreso tra il 14 e il 16%; questa caratteristica rende la sua integrazione nella nostra dieta un elemento prezioso. Di questo cereale vi è grande disponibilità in questa valle andina. Quest’area ecologica si trova oltre i 3000 metri sul livello del mare e rende molto bene nella zona rappresentativa di San Salvador, che fa parte della Valle Sacra degli Incas.

Che capacità produttiva avete? Generalmente la resa è di 3 tonnellate per ettaro, nel migliore dei casi le tonnellate sono 5. Qual è il consumo a livello nazionale? Da una decina d’anni a questa parte il consumo è aumentato, tanto che siamo riusciti a entrare nel mercato di Lima e oggi abbiamo più di 25 punti vendita che fanno capo alla catena di supermercati della nostra linea. I nostri prodotti sono già parte integrante della dieta di molte persone. E il mercato internazionale? Il mercato internazionale è abbastanza grande, esportiamo in Germania. Il Messico ci ha richiesti per la sua catena “Bimbo”, piazzando un ordine di 30 tonnellate mensili. Nel 1996 abbiamo esportato più di 29 prodotti andini verso gli Stati Uniti, il Giappone e l’Italia. Cusco non può vendere prodotti di massa, ma solo generi esclusivi e distinti. La nostra strategia di esportazione consiste nel vendere prodotti della biodiversità di Cusco con un elevato valore aggiunto. Come lo vendete, in grani o confezionato? Noi vogliamo vendere un prodotto con valore aggiunto, ma se è necessario esportiamo il prodotto in forma di grano scelto. Abbiamo avuto modo di constatare che i macchinari utilizzati sono molto particolari. Li avete creati voi? Si, quando abbiamo iniziato non avevamo macchine, ma solo cucine, successivamente, e insieme a un’azienda di Cusco, abbiamo potuto realizzare prototipi esclusivamente pensati per la kiwicha. Sappiamo che ci sono ottime tecnologie a livello internazionale, ma dobbiamo adattarle alle nostre dimensioni. Avete ricevuto qualche riconoscimento internazionale? Si, un riconoscimento alla cultura andina nel 2001 e il premio SlowFood per la difesa della biodiversità, assegnato da un’istituzione italiana che lavora proprio per salvaguardare la biodiversità nel mondo.


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XSTRATA - TINTAYA

INVESTIMENTO E RESPONSABILITÀ SOCIALE a storia di Tintaya risale al secondo decennio del secolo scorso. Le attività d’estrazione sono iniziate nel 1917, quando la società statunitense Andes Exploitation of Mine rilevò la presenza di riserve nella Comunità di Anta Cama. I lavori procedettero nel corso degli anni quaranta e nel 1952 la società Cerro de Pasco Corporation acquistò i diritti per la prosecuzione delle attività estrattive. Nel settembre del 1971, sotto l’impulso fornito dalla partecipazione statale nel settore minerario, il Governo concesse i diritti di estrazione all’azienda pubblica Minero Perú, che affidò alla H.A. Simona International Ltda. l’incarico di elaborare uno studio di fattibilità. Il 2 maggio 1980, fu fondata l’azienda statale Minera Asociada Tintaya S.A. (EMATINSA), in cui la partecipazione azionaria era così distribuita: Minero Perú (45%), Centromin Perú (45%) e Corporación Financiera de Desarrollo (10%). Nel settembre 1981, la società cambiò denominazione sociale diventando la Empresa Minera Espinal Tintaya S.A., che diede avvio alla fase operativa nell’aprile 1985. Lo Stato, in conformità con il Decreto Ministeriale N. 41/81/EM/DGM del 26 giugno 1981, decretò l’esproprio di 2.368 ettari di terra di proprietà della Comunità di Anta Cama, che interessò l’area Tintaya Marquiri. Gli abitanti della Comunità contestarono la decisione a causa dell’esiguità del risarcimento e della mancata considerazione dei danni. Negli anni novanta, sotto l’influsso di un pacchetto di riforme strutturali, venne avviato il processo di privatizzazione delle aziende pubbliche. Nel 1994 la Magma Cooper Company/Global Magma Ltda. vinse l’appalto. Nel 1996 la Magma fu acquisita dal gruppo australiano Broken Hill Proprietary (BHP), che nel 2000 si fuse con l’inglese Billiton PLC., dando vita al secondo gruppo mondiale nella produzione di metalli. Nel giugno 2006, l’attività estrattiva è passata alla Xstrata Copper, una società svizzera già presente in “las Bambas” nel dipartimento di Apurimac-Peru.

vernarsi in maniera sostenibile.

L

Come sono le relazioni con le Comunità locali? Com’è noto, il fattore umano e sociale è fondamentale in qualsiasi affare economico e in questo caso lo è ancora di più, visto che la miniera è situata in un’enclave dove tutto è circondato da povertà e questo rende effettivamente più intenso il nostro lavoro. Anche se noi, come azienda, rispettiamo tutti i requisiti imposti dallo Stato, la situazione è complicata dal fatto che quest’ultimo spesso non mantiene gli impegni nella misura in cui le popolazioni locali si aspettano. Tutto questo ci obbliga a dedicare maggiore attenzione al fattore sociale. Tutte le aziende, specialmente quelle grandi come la Xstrata Tintaya o la Xstrata Copper, hanno una politica sociale ben definita riguardo ai temi sociali. Quali sono gli standard seguiti dalla Xstrata nella sua attività estrattiva?

Le istituzioni locali partecipano? Non ancora, ma è quello che ci prefiggiamo.

La Xstrata è una società multinazionale che opera in diverse parti del mondo e deve rispettare standard internazionali. Siamo ubicati nella provincia di Espinar, nel Dipartimento di Cusco. Ci troviamo alla stessa distanza da Arequipa e da Cusco (250 Km.). Il nostro prodotto, sotto forma di concentrati, e il rame elettrolitico partono per mare da Arequipa, dal porto di Matarani. La provincia di Espinar conta 8 distretti, 70.000 abitanti e 68 Comunità contadine. Grazie al nostro processo di dialogo, lavoriamo insieme a tutte. Sono cinque le Comunità stanziate attorno a Tintaya (Tintaya Marquiri, Alto Huancané, Bajo Huancané, Alto Huano, Alto Huarca e Huano Huano) con le quali abbiamo avviato questo tavolo di dialogo e sono 9.000 le persone che traggono beneficio da questo processo. Qual è il vostro modello gestionale? Lavoriamo attraverso due “bracci operativi”. Uno è il braccio che opera nel settore dello sviluppo sociale e si occupa di gestione nel breve periodo: formalizziamo i processi, portiamo avanti il dialogo, agiamo di concerto con i portatori d’interesse. Una volta che i processi formali sono stati avviati, interviene la Fondazione Tintaya, con cui si fanno investimenti di ordine sociale attraverso progetti partecipativi. Questo tipo di gestione riguarda il medio periodo. La Fondazione opera da cinque anni e gode di grande prestigio nel territorio. Con la somma di questi due bracci, si mira ad innestare, nel lungo periodo, lo sviluppo sostenibile delle Comunità circostanti che sostengono la nostra attività mineraria. Come operano questi due “bracci”? La Direzione Sviluppo Sociale è parte della Xstrata, mentre la Fondazione Tintaya è un’organizzazione indipendente senza fini di lucro, finanziata dalla Xstrata. Tuttavia speriamo che, col tempo, si riescano ad ottenere finanziamenti anche da altre istituzioni finanziarie nazionali e internazionali per garantirne la sostenibilità nel tempo. Quando la miniera concluderà il suo lavoro, la Fondazione Tintaya resterà. Il direttivo della Fondazione comprende, oltre ai rappresentanti dell’azienda, membri della società civile, personalità come l’ambasciatore del Regno Unito, il console d’Australia e altri. È nostro desiderio che ogni anno aumenti la partecipazione della popolazione di Cusco e di Espinar e che la fondazione sia in grado di autogo-

Quali sono gli obiettivi perseguiti nelle relazioni con le Comunità? Sono tre: a breve, a medio e a lungo termine. Attualmente, la miniera contiene riserve per altri 10 o 12 anni. Sostanzialmente se ne ricava rame e un po’ d’oro e d’argento. Ci è voluto un grande lavoro per quantificare le riserve e ci auspichiamo di mettere in moto le operazioni il più presto possibile. Entro il 2009 vorremmo ottenere il riconoscimento da parte dei nostri interlocutori come organizzazione socialmente consapevole: è una sfida. Non è facile ottenere il riconoscimento da parte della popolazione, ma credo che qualche successo sia già stato assicurato. A sua volta, entro il 2012, vogliamo generare sviluppo sostenibile presso le Comunità della nostra area d’influenza. Cosa vuol dire per Xstrata sviluppo sostenibile? La nostra idea è di considerare gli indicatori di crescita, di speranza di vita della popolazione, di incremento del reddito pro capite in termini reali e di aumento del livello d’istruzione, in termini di qualità e di accesso. Grazie a questi indicatori, terremo sotto costante monitoraggio l’evoluzione reale della situazione e la nostra capacità o meno di raggiungere gli obiettivi che ci proponiamo. Qual è il piano strategico? Il piano strategico racchiude molti elementi su cui lavorare, ma riteniamo che siano tre gli indicatori fondamentali: quello sociale, quello economico e quello ambientale. Ovviamente ogni azienda privata ha un obiettivo prevalentemente economico, ma questo non può più essere estraneo al contesto che lo circonda, alla componente sociale o alla tutela dell’ambiente. Dobbiamo lavorare in questa triplice dimensione; ogni azione intrapresa deve essere pensata nell’intreccio e nell’interazione della Direzione Sviluppo Sociale e della Fondazione Tintaya. In questo momento stiamo cercando di favorire la nascita di imprese municipalizzate di fornitura di servizi in modo che anche la popolazione possa trarre beneficio da queste attività economiche, vi partecipi e inizi ad apprezzarle. Come si concretizza il Processo di dialogo? Esiste, da quattro anni e mezzo, il “Tavolo di Dialogo” con le Comunità. Vi partecipano un’ONG locale Cooperacción, una internazionale la Oxfam, l’ONG locale Concami, che coordina a livello nazionale le Comunità toccate dall’attività mineraria, le 5 Comunità circostanti e noi, la Xstrata. È un processo maturo e lavoriamo attraverso quattro commissioni che abbiamo nominato congiuntamente. Quali sono queste commissioni? Abbiamo la Commissione delle Terre in virtù del fatto che lo Stato, quando era impresa, ha espropriato terreni, senza consultare le popolazioni locali e all’insegna della formula dell’”interesse di

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Stato”, per rendere operativa la Tintaya. Venti anni più tardi, quando la Tintaya era ormai diventata privata, le parti lese hanno avanzato un reclamo formale, cosa che non avevano fatto nei confronti dello Stato perché questo è irremovibile in questo genere di decisioni e non presta ascolto. Nel giugno 2001 i problemi si sono ulteriormente acuiti. La BHP decide allora di creare la Direzione Sviluppo Sociale e l’affida alla mia guida. Lavoravo a Tintaya dal 1984 e me l’affidarono a causa delle mie buone relazioni con le Comunità, nonostante la mia specialità non fosse il sociale, poiché sono un ingegnere metallurgico. Mi sono specializzato in queste tematiche per poter condurre il lavoro della Direzione. Quali sono le altre Commissioni? C’è la Commissione Ambiente, la Commissione Diritti Umani e la Commissione per lo Sviluppo Sostenibile. Quattro Commissioni permanenti, affiancate ad una quinta: la Commissione di Coordinamento e Follow-Up. Quest’ultima costituisce il Direttorio del Tavolo ed è dove vengono prese le decisioni più importanti e dove esiste un contrappeso, dato proprio dalla presenza di Oxfam, Cooperacción e Concami, che contano professionisti di livello con cui si può dialogare in modo equo ed equilibrato. Molte volte si dice che le imprese hanno gente preparata e che, quindi, le Comunità perdono sempre, non credo che abbiano torto nel dire così. Queste Commissioni sono totalmente autonome. Però c’è una grande carenza di presenza statale. Quando abbiamo avviato questo processo, le Comunità hanno chiesto che il Governo non fosse presente perché, secondo loro, la prima cosa che lo Stato domanderebbe è se si sta agendo in ottemperanza della legge o meno. E siccome la risposta a questa domanda sarebbe positiva, non verrebbero affrontati altri problemi. Invece, questo tema sta andando oltre le formalità. Se le terre sono state espropriate nel 1982, il processo si è già concluso e se si sporge denuncia all’Autorità giudiziaria, non si troverebbe una soluzione in tempi rapidi o, semplicemente, non la si troverebbe affatto. In questo caso il conflitto lo erediteremmo noi e le Comunità sarebbero in perenne stato d’agitazione. Si tratta di un’iniziativa dell’azienda? È un’iniziativa congiunta, basata sul dialogo e la concertazione. Cos’è il processo di Cañipia? Il processo di Cañipia è stato creato perché abbiamo iniziato un nuovo bacino per le operazioni di lavaggio nella Comunità di Cañipia. Quando volevamo iniziare i lavori, i membri della Comunità ci hanno detto: “Passerete sui nostri cadaveri, ma non inizierete questo bacino”, nonostante avessimo ottenuto tutte le autorizzazioni a norma di legge e avessimo rispettato tutti gli adempimenti legislativi. Avevamo commesso un errore, saremmo dovuti andare più in là della legge. Nonostante fosse la legge a dettarci i passi da seguire, avremmo dovuto avviare un processo di partecipazione e consultazione, ottenendo il consenso su tutto ciò che avevamo intenzione di fare. Però avete agito secondo le regole del libero mercato… Si, ma per noi è impossibile agire secondo queste regole. Ci sono state pressioni molto forti e ci hanno obbligati a lavorare con loro in maniera intensa e continuata. Abbiamo cercato di farlo passando per i Ministeri, il Governo nazionale e i governi locali e regionali. Abbiamo preso in considerazione tutte le possibilità, incluse le ONG, ma sono tutte fallite. Abbiamo dovuto avviare un processo di lavoro diretto con le Comunità. Il vantaggio è che nelle Comunità c’è gente preparata, ci sono professionisti, professori e questo ha reso possibile un lavoro equilibrato. Qual è il terzo processo?

È il processo del Comitato di Concertazione della provincia di Espinar, è l’Accordo Quadro. Coinvolge tutta la provincia. Con questo Accordo ci siamo impegnati a dare un contributo volontario pari al 3% del nostro utile netto per lo sviluppo della provincia, quando ancora non si parlava di royalties. Alla firma dell’Accordo, il 3 settembre, non avevamo avuto utili in nessuno dei tre anni precedenti, ma solo perdite e il 3% di zero è zero. Ciononostante, la società prese la decisione di versare, nei primi cinque anni di validità dell’Accordo, una somma minima pari a un milione e mezzo di dollari, nel caso il nostro utile fosse stato inferiore a tale cifra, e pari al 3% degli utili nel caso contrario. Fatti salvi il 1994 e il 1997, negli anni seguenti si sono registrate solo perdite. Abbiamo iniziato a registrare utili a partire dal 2004 e abbiamo dato un contributo pari a un milione novecentomila dollari. Quali sono stati i risultati del Tavolo di Dialogo? Per quanto riguarda le terre, ci siamo impegnati, pur non essendo nostra responsabilità, a restituire alle Comunità la stessa quantità di terra che era stata sottratta a suo tempo. Anche noi, come azienda privata, abbiamo comprato altre terre per la nostra attività. È così che è stata presa la decisione di restituire la stessa quantità di terra e un’aggiunta ulteriore, tra il 25 e il 50%, perché le Comunità nel frattempo sono cresciute e hanno bisogno di più terra. Siamo a un 98% del processo. Abbiamo acquisito 6302 ettari dei programmati 6645, comprando a privati a favore delle Comunità. Queste ultime le lottizzano e intendono darle in uso. Qual è il valore della Commissione Diritti Umani? Lavoriamo in cooperazione con l’Instituto de Defensa Legal (l’Istituto di Difesa legale), loro hanno indagato sui processi dell’epoca del terrorismo. Si tratta, quindi, di un istituto di prestigio e abbiamo stabilito che i casi, che erano stati sollevati dalle Comunità contro presunte violazioni dei diritti umani, fossero vagliati da un’istituzione indipendente. Questa ha studiato 38 casi concludendo che solo 4 meritassero attenzione, poiché si trattava di incidenti che dovevano essere risarciti. Noi, Xstrata, ci siamo fatti carico di questi risarcimenti. Questa Commissione ha carattere permanente, se c’è un problema, la gente sa dove rivolgersi per protestare. E la commissione Ambiente? È composta dalle ONG che forniscono sostegno tecnico a questo processo. Finora sono stati realizzati due monitoraggi ambientali congiunti. Ci sono due linee di riferimento: una linea sulla salute umana e una sulla salute degli animali intorno alla miniera. Al momento stiamo mettendo a punto una valutazione ambientale che interessa tutta la provincia. Com’è composta la Commissione per lo Sviluppo sostenibile? Con questa Commissione abbiamo lavorato al piano strategico delle Comunità, ciascuna delle quali dispone di un piano quinquennale o decennale. Esse sanno già in che direzione vogliono muoversi. Essendoci un piano è più facile appoggiarle nei loro progetti. Abbiamo creato un fondo di 330.000 dollari annui per le cinque Comunità che, in funzione di questo, hanno predisposto i loro progetti. Grazie al primo contributo abbiamo messo a punto e attuato 11 progetti. Lavoriamo insieme alla Fondazione Tintaya, che mette a disposizione i suoi tecnici e il coordinamento, e le Comunità, che mettono la manodopera e altre risorse. I progetti avanzano. Quali sono i risultati? Il Comitato di gestione dell’Accordo Quadro ha erogato il primo contributo dal 3 settembre 2003 all’agosto 2004. L’importo è stato pari a 1.930.000 dollari. In quest’occasione sono stati scelti 39 progetti: agricoltura e zootecnia, sanità, istruzione, ecc. Ai fini dell’anno fiscale, abbiamo stabilito un anno atipico, lungo sedici mesi, che è iniziato a settembre 2004 e si è


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chiuso a dicembre 2005. Grazie al secondo contributo, pari a 6.800.000 dollari, sono stati approvati 85 progetti. Come sono amministrati? È stato elaborato un processo e i fondi sono stati ripartiti in base al numero di abitanti di ogni distretto. Ogni distretto ha avuto autonomia nella scelta dei progetti. Noi, come Comitato di gestione, abbiamo preteso che avessero priorità quei progetti che prevedevano la partecipazione di tutte le Comunità e degli enti del distretto in questione. Questo era l’impegno che si assumeva il Sindaco. Noi li abbiamo aiutati a preparare il dossier tecnico;i progetti riguardavano, per esempio, problemi idrici, in cui il costo era superiore all’ammontare previsto dal nostro contributo. In questo caso, il nostro contributo è diventato capitale di partenza e sono stati trovati finanziamenti provenienti da altre fonti statali e municipali. È stato creato un fondo ed è stato realizzato il progetto. Quindi agite come promotori dello sviluppo territoriale? Si, è difficile perché ci sono 70.000 abitanti e dobbiamo impedire che questo lavoro sia interrotto. Nel 1984, la città di Yauri aveva quattromila abitanti, oggi ne ha 28.000; non aveva energia elettrica nè rete telefonica, oggi ha persino una rete telefonica mobile. Noi abbiamo dato un importante contributo in questo processo. Il viaggio da Espinar ad Arequipa durava una settimana, oggi dura circa 5 ore. Si è verificato un cambiamento notevole. I temi legati alla responsabilità sociale delle imprese in Perù sono stati introdotti cinque anni fa. Prima, quando le società venivano a lavorare utilizzavano la mano dura, e questo ha fatto sì che, col tempo, la gente si sia ribellata. La situazione è resa ancora più grave dall’assenza dello Stato. Se le Comunità indigene hanno un processo comune di sviluppo e voi siete i promotori dello sviluppo territoriale, come può essere incentivata l’iniziativa imprenditoriale autonoma del singolo individuo? In effetti, si tratta di una sfida difficile. Stiamo facendo un grande lavoro col capitale sociale, ciò significa formare le persone, far sì che queste persone acquisiscano conoscenze, incluse le loro conoscenze ancestrali. Lo sviluppo sostenibile deve entrare prima di tutto nella testa degli individui, altrimenti non funzionerà. Puoi regalare loro qualunque cosa, ma non la apprezzeranno finché questo processo di sviluppo non si sarà radicato nelle loro menti. Quindi voi, dopo esservi occupati delle infrastrutture, vi occupate delle persone? È proprio così, ciò che si vede ha un impatto maggiore; se non avessimo collaborato ai progetti infrastrutturali, non saremmo riusciti a fare niente. Adesso che hanno visto i risultati si sono convinti che possiamo generare sviluppo attraverso la collaborazione. Come si caratterizza la popolazione della regione

di Cusco a livello di mentalità? La percentuale di popolazione infantile è piuttosto alto. È maschilista, c’è un alto indice di analfabetismo, al di sopra del 18%, ci sono anche gravi problemi di salute e un elevato indice di mortalità. Abbiamo potuto registrare un cambiamento nella popolazione: un anno fa il dialogo era difficile, poi abbiamo cambiato la nostra attitudine, abbiamo avviato molti progetti a breve termine, al di fuori dell’Accordo Quadro, migliorando le scuole, formando i professori. La gente ha cominciato ad avvertire in modo tangibile i risultati e nel frattempo facevamo progressi anche nell’ambito dell’Accordo Quadro. Può illustrarci un caso rappresentativo? C’è stato un caso di elettrificazione nel distretto di Suicutambo, era l’unico distretto senza energia e lo abbiamo dotato di elettricità. Ora i bambini sono più felici. Grazie all’energia elettrica, il mondo per loro è cambiato nel 2005. È stata un’esperienza molto gratificante. I bambini ci ringraziano e apprezzano il nostro operato. Per quanto concerne l’identità? Loro si sentono identificati con la nazione Kana. Abbiamo condotto degli studi ed è emerso che probabilmente si tratta della popolazione più antica e quella che ha quindi dato origine alla cultura Inca. Sono stati guerrieri più che popolazioni agricole sedentarie. Da quando la regione è popolata anche da gente di Puno, che è più produttiva, si è cominciato a verificare anche un cambio di mentalità. E dal punto di vista politico? Sono sostenitori di Humala, ma il sindaco è del partito aprista. Al momento per le elezioni sono state presentate 13 liste, i partiti si dissolvono in tutte. Questo popolo ha votato per Humala, soprattutto, a causa dello scontento nei confronti del Governo centrale e questo si ripercuote sulle imprese: noi ci siamo sostituiti al Governo Paternalista e ci chiedono cose che sono al di fuori della nostra portata. Con riferimento ai progetti, quali sono i più importanti? Il Comitato ha deciso di approvare tre megaprogetti: un ospedale con 4 reparti specializzati. Questo progetto richiede l’approvazione da parte del Ministero, ma ci siamo impegnati a costruirlo e di consegnarlo “chiavi in mano” al Ministero della Salute perché si occupi della sua gestione. L’appalto è già stato assegnato e fra sei mesi sarà pronto. Cosa prevede il secondo progetto? È un incentivo per l’attività agricola e zootecnica. E per prevenire il problema di avere una produzione senza sbocchi, cioè senza gente disposta a comprare i prodotti, abbiamo pensato di creare uno stabilimento di lavorazione di prodotti caseari, che assorba tutta la produzione. Sarà anche dotato di Centri di raccolta in diversi microdistretti caseari collocati in prossimità del produttore, in mo-

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do che questo possa vendere i suoi prodotti. Al momento vengono prodotti 7000 litri giornalieri. Lo stabilimento sarà modulare, all’inizio avrà una capacità di 4000 litri giornalieri che poi aumenterà, quando sarà appurato che i suoi prodotti vendono. Al momento il progetto è amministrato dalla Fondazione Tintaya, ma stiamo formando i diretti interessati affinché possano gestire da soli l’attività. E il terzo megaprogetto? Riguarda la fibra di alpaca. Abbiamo in progetto di costruire diversi stabilimenti. Attueremo un processo a stadi intermedi. Si insegna alla gente a lavare, cardare e infine a filare. Abbiamo un centro di formazione professionale dove insegniamo l’arte della tessitura, speriamo che il prodotto possa divenire un bene da esportazione. Ci piacerebbe che anche imprese europee e italiane partecipassero a questo processo. Questi tre progetti hanno un costo pari a 3 milioni di dollari. Cosa è stato realizzato con gli altri finanziamenti? Il resto, 3.800.0000 dollari, li abbiamo distribuiti in 85 progetti diversi. C’è il CREE Centro di Risorse educative di Espinar. Qui vi sono 17 scuole statali di istruzione secondaria, ognuna delle quali dovrebbe essere dotata del proprio laboratorio e del proprio centro d’informatica. Costruiremo un solo -laboratorio e un centro d’informatica, completamente attrezzato, di cui tutte le scuole potranno servirsi a turno. Il Ministero dell’istruzione ha accettato il progetto e siamo certi che così sarà-migliorato il livello d’istruzione. Abbiamo anche in progetto di costruire un ponte con Apurimac e di rifornire d’acqua Pallpata. Inoltre abbiamo consegnato 18 trattori alle Comunità affinché ottimizzino la loro produzione. Qual è il livello d’inquinamento causato dall’estrazione di rame? Quali sono le contromisure adottate? La nostra attività estrattiva è piuttosto all’avanguardia, noi non inquiniamo. Noi produciamo degli effetti. Inquinare vuol dire oltrepassare continuamente i limiti concessi. Vuol dire che stai distruggendo. La politica seguita da questa azienda è la seguente: se ti trovi in questa posizione è meglio chiudere, altrimenti ti troverai ad affrontare, in futuro, una tale quantità di guai che tutto ciò che guadagni sarà invano. Invece, se ti limiti a produrre degli effetti, cioè il tuo operato avviene entro i limiti concessi, stai lavorando in maniera sana, ed è questo ciò che noi facciamo. Ho sentito un funzionario Xstrata dire che esportate la terra, è così? Noi ricaviamo due prodotti: uno è a base di concentrati di rame e all’occhio appare come una terra color verde, con un contenuto di 30% di rame e 70% di materiale di scarto, ma per essere lavorato deve essere portato in una fonderia. Siccome qui non ci sono fonderie, questo prodotto è portato in altri paesi: Europa, Giappone, Stati Uniti. La terra arriva al porto peruviano e da lì parte via mare verso la fonderia di destinazione. L’altro prodotto è rappresentato dai catodi di rame, un altro tipo di processo: rame elettrolitico al 99,9%. Si tratta di un prodotto finito.

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INVESTIMENTI ESTERI PER LO SVILUPPO TERRITORIALE Cosa rappresenta Espinar per la Regione Cusco e per il Paese? Espinar, essendo situata nella zona Alto Andina della regione, è una riserva mineraria e di risorse naturali ancora poco sfruttate. Inoltre è qui che si trova la sorgente del Rio delle Amazzoni, componente dell’immenso patrimonio idrografico, ancora intatto, della provincia. Contemporaneamente è una riserva turistica molto importante dal punto di vista archeologico ed è caratterizzata da una cultura viva, intrinsecamente legata ad una civiltà nata 7000 anni fa. La popolazione attuale pratica valori interculturali appartenenti sia alla cultura meticcia sia a quella quechua. Che significato ha l’attività mineraria per Espinar? Nonostante le ripercussioni negative sull’ambiente e il suo sfruttamento, che è comunque temporaneo, il settore minerario rappresenta un’alternativa a favore dello sviluppo sostenibile della popolazione, agevolato dalle risorse finanziarie che la provincia riceve dall’Accordo Quadro e dai Diritti di Licenza Mineraria. Queste risorse, essendo state dirottate sul settore agrario e zootecnico, specialmente sull’allevamento dei camelidi andini, consentono uno sviluppo dinamico delle attività economiche della popolazione della provincia e della regione. É stato un processo facile? È stato molto difficile riuscire ad arrivare a un accordo tra le imprese minerarie e le organizzazioni sociali della provincia. Da un lato, era poco capito il concetto di impresa mineraria, ancora meno poi quello di impresa internazionale con un elevato senso di responsabilità sociale e ambientale. Queste caratteristiche hanno permesso di creare un livello di fiducia tale per cui attualmente possiamo convivere col settore minerario e renderlo un nostro alleato strategico per raggiungere standard di vita più elevati per la popolazione della provincia. Come affronta la questione sociale l’impresa privata? È stato appurato che nel management della società privata la protezione dell’ambiente e la responsabilità sociale occupano un posto di rilievo. Lo Stato aveva trascurato queste tematiche e dobbiamo riconoscere che la società BHP Billiton è stata molto seria in relazione alla responsabilità sociale e alla tutela ambientale. Adesso c’è la Xstrata e non crediamo che la BHP abbia venduto le sue operazioni a una società che non considerava affidabile con riferimento alle tematiche che ho menzionato. Crediamo che la Xstrata sia arrivata con la stessa intenzione. Che ruolo ha avuto il Comune? Personalmente ho assunto la mia carica in un momento molto delicato per l’amministrazione locale, il terzo livello di governo del nostro Stato. Il sindaco deve fungere da mediatore e soprattutto deve cercare di facilitare la concertazione tra le parti, perché uno dei nostri principali obiettivi è riuscire a stimolare lo sviluppo economico e sociale delle aree sotto la nostra giurisdizione. E come sarebbe possibile ottenere equilibrio sociale

Intervista a Luis Antonio Álvarez Salcedo Sindaco di Espinar

senza affrontare le tematiche economiche? Per questo abbiamo sottoscritto un Accordo Quadro con la BHP Billiton, a cui é subentrata la Xstrata. Secondo questo accordo, l’impresa contribuisce volontariamente allo sviluppo della provincia di Espinar. Questo contributo si aggiunge ai normali versamenti dovuti dall’impresa per l’esercizio della sua attività: imposte, Diritti di Licenza mineraria, royalties. È stata una vostra richiesta? La BHP Billiton iniziò volontariamente nel periodo del mio mandato 2003-2006. È importante specificare che si trattava principalmente di creare un buon livello di fiducia ed era altrettanto importante essere consapevoli di quali mezzi disponessero le Autorità locali per poter guadagnare la fiducia di entrambe le parti: la società mineraria da un lato e le popolazioni locali dall’altro. Abbiamo quindi sottoscritto questo Accordo Quadro, un contratto volontario con il quale la società si impegna a cedere l’1% dei suoi utili. Tuttavia, grazie alla fiducia riposta nel Governo locale, i successivi negoziati hanno portato a prendere in considerazione un 3% degli utili lordi, versati in quote annue. Cosa rappresenta questo 3%? Per noi rappresenta in termini concreti un miglioramento del bilancio municipale, considerato che i fondi erogati dallo Stato sono minimi. Con queste entrate stiamo sviluppando progetti strategici per il settore produttivo e lo sviluppo sostenibile. L’accordo non prevede solo che la società eroghi i contributi, bensì che si impegni anche a impiegare mano d’opera locale e ad operare attenendosi ai principi della responsabilità sociale e ai termini convenuti nell’Accordo Quadro. Per esempio, deve garantire la sicurezza dell’ambiente e, nel caso si verifichino catastrofi ambientali, è tenuta a pagare indennizzi e a rimborsare i danni. E voi cosa offrite in cambio? Da parte nostra concediamo la licenza sociale che permette all’impresa di lavorare, in cambio, loro si impegnano a rispettare l’ambiente, a pagare indennizzi in caso di danni, a compiere monitoraggi congiunti. Al momento, per esempio, stiamo conducendo una valutazione ambientale. Inoltre, si offrono di acquistare prodotti locali e di migliorare la formazione dei nostri cittadini nel settore minerario, agrario e zootecnico. Si impegnano affinché parte degli utili societari sia destinata a progetti produttivi. Cosa significa per Espinar? Ha significato poter realizzare progetti altrimenti irrealizzabili, ad esempio portare l’energia elettrica in distretti che non l’avevano, portare ad altri distretti l’acqua potabile, costruire un ponte per unire due province e realizzare impianti di irrigazione in alcune comunità. Per noi è un contributo fondamentale ed è importante divulgare questo modello. La provincia di Espinar, essendo distante da Lima e da Cusco, non ha mai goduto di attenzioni, nemmeno da parte della Regione Cusco. Questa è l’area in cui ci sono meno investi-

menti statali, quindi dinnanzi a questo disinteresse, l’esistenza dei contributi dell’impresa mineraria è provvidenziale. Quanti sono gli abitanti di Espinar che lavorano nell’impresa? Non molti. A Espinar la popolazione supera i 68.000 abitanti, quindi il settore minerario non costituisce una fonte cospicua di lavoro. Vogliamo concentrare i nostri sforzi in attività produttive, come l’allevamento. Attualmente c’è un Governo che scommette sulla regione della Sierra. Si sta parlando di una Sierra che esporta i suoi prodotti (Sierra Exportadora). Gli stessi prodotti che vorremmo vendere al mondo, come la “patata ecologica” e la cañihua, i camelidi andini, che hanno carni a basso contenuto di colesterolo e ricche di proteine, e fibre destinate alla produzione tessile. Quali sono le difficoltà di questa area? Le spiego: non è giusto che produciamo la fibra di alpaca e ci diano 1 o 2 dollari il chilo quando, dopo il primo processo di lavorazione, la fibra arriva a costare 20/25 dollari il chilo. Per questo abbiamo pensato di creare un impianto di lavorazione della fibra di alpaca, in cui il prodotto sarà sottoposto al lavaggio e alla cardatura. Questo comporterà, da subito, un valore aggiunto superiore al 100% del prezzo attuale. Un altro prodotto è poi la carne dei camelidi andini con tutte le sue proprietà, tra cui il basso contenuto di colesterolo. È necessario promuovere la vendita di questo prodotto sul mercato regionale e nazionale. È questo quello che ci manca. La gestione del mercato costituisce il nostro punto più debole ed è qui che sono riscontrabili le carenze riguardanti le entrate economiche. Contemporaneamente promuoviamo il nostro bagaglio culturale ancestrale per sviluppare quella grande industria senza ciminiere che è il turismo. Le piacerebbe che si investisse nella costruzione di strutture alberghiere? Crede che la popolazione di Espinar sia pronta per portare avanti questa attività? Sono già stati fatti alcuni investimenti per la costruzione di alberghi, ma dobbiamo migliorare i servizi turistici. Di cosa abbiamo bisogno? Di strade, le strutture viarie sono fondamentali. Tra Suykutambo e Caylloma ci sono solo 27 km che costituiscono il collegamento diretto tra la Valle del Colca de Arequipa e Suykutambo-Cusco. Se costruissimo una strada asfaltata Arequipa-Suykutambo-Espinar-Cusco, avremmo un percorso che farebbe certamente aumentare l’afflusso turistico. Una delle nostre aspirazioni è che la gente non abbia come unica fonte di reddito l’allevamento, ma che ci sia anche il turismo e per questo ringrazieremo le società minerarie per il tempo che sono state con noi, per le risorse che ci hanno dato e, in particolare, per averci aiutato a realizzare alcuni degli obiettivi che ci eravamo prefissati. Quando se ne andranno potremo dire che hanno ridotto l’indice di povertà. In caso contrario punteremo il dito contro lo Stato che ha permesso alle imprese minerarie di eludere i loro obblighi sociali. È superfluo dire al mondo quali sono


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Il Perù da un estremo all’altro Per tre anni sono stati eseguiti i lavori di costruzione dei gasdotti di Camisea, affrontando complesse condizioni geografiche ed enormi sfide climatiche. Dall’agosto del 2004, il gruppo Transportadora de Gas del Perù sta portando il gas a Lima nonostante le grandi difficoltà legate ai movimenti tellurici, specialmente nella foresta pluviale peruviana.

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gosto 2004. Per la prima volta nella storia del Perù, il gas naturale è arrivato alle porte di Lima, la sua capitale, dando inizio a una nuova era energetica nel paese. Nei suoi primi 22 mesi di attività commerciale, Camisea ha fatto risparmiare ai consumatori di energia elettrica più di 2 miliardi di US$, tagliando in media la loro bolletta mensile del 16% e riducendo di oltre il 60% la spesa degli utenti industriali. Inoltre, grazie a questo progetto il deficit di idrocarburi è diminuito da 24 milioni a 14 milioni di barili annui, il che corrisponde, in termini monetari, a un alleggerimento della bilancia commerciale di circa 67 milioni di US$. Questa conquista ha rappresentato una delle maggiori sfide del settore energetico in America Latina: i giacimenti di gas di San Martín e di Cashiriari, in piena foresta amazzonica, hanno riserve certe di gas e di gas liquidi naturali rispettivamente pari a 11 trilioni di piedi cubi (circa 3.400 miliardi di metri cubi) e a 545 milioni di barili. Il progetto Camisea prevede lo sviluppo e l’estrazione di queste riserve, la costruzione e la gestione di due gasdotti, uno per il Gas Naturale (GN) e l’altro per i liquidi da gas naturale (NGL - Natural Gas Liquids), e di tutti gli impianti associati su un tragitto di oltre 730 chilometri e, infine, la distribuzione del gas a Lima e a Callao. I gasdotti consentono al GN e ai NGL di essere disponibili per il consumo interno e per l’esportazione. La costruzione dei gasdotti è iniziata nel 2001 e ha richiesto 41 mesi di duro lavoro condotto dalla Techint Engineering & Construction per il suo cliente Transportadora de Gas del Perú (TgP), che è la società incaricata del trasporto del gas e dei liquidi dalla foresta fino al punto di consegna di Lurín (alla perifieria di Lima). Un progetto con una lunga storia Lo sviluppo delle riserve di Camisea rientra in un progetto avviato qualche tempo addietro. I giacimenti furono scoperti tra il 1983 e il 1987 dalla Shell, che godeva di un contratto di sfruttamento petrolifero. In seguito venne indetta una gara per il pro-

getto, cui parteciparono consorzi formati da diverse società. Successivamente alla presentazione di uno Studio di Fattibilità, e dopo molti anni di negoziato, la società aggiudicataria decise di non proseguire con la seconda fase del contratto. Nel febbraio del 2000, tramite una gara d’appalto internazionale, il Governo peruviano concesse una licenza di 40 anni per l’estrazione nei giacimenti di Camisea (l’Upstream) a un consorzio guidato dalla Pluspetrol Perú Corporation, con la partecipazione di Hunt Oil Company, SK Corporation e Tecpetrol S.A. Con un investimento pari a 800 milioni di US$, questo consorzio ha perforato 5 pozzi direzionali nel bacino di San Martín e ha costruito 70 chilometri di linee di flusso, 2 impianti di turboespansione da 6 milioni di m3/giorno ciascuno, 70.000 cavalli vapore di compressione per l’iniezione di gas nel gasdotto e per la sua ri-iniezione al giacimento dopo l’estrazione dei liquidi, una centrale per il frazionamento dei liquidi, un topping per la produzione di nafta e gasolio, oltre a serbatoi per lo stoccaggio dei prodotti e un molo a 3 chilometri dalla costa per la loro spedizione. Nel dicembre del 2000 un consorzio multinazionale, guidato dalla Tecgas N.V. (Argentina), si è aggiudicato una concessione di 33 anni per il trasporto di gas naturale e di liquidi da gas naturale rispettivamente fino a Lima e a Pisco e per la distribuzione di gas naturale a Lima e a Callao. Transportadora de Gas del Perú S.A. (TgP) è il nome della società costituita quale titolare delle Concessioni per il Trasporto di GN e NGL. Una delle sfide da affrontare nell’ambito del progetto Camisea è stato come strutturare un complesso sistema di finanziamento, tramite cui è stato ottenuto un prestito di 125 milioni di US$ dalla Banca Interamericana di Sviluppo (BID) e dalla Corporación Andina de Fomento (CAF). Inoltre, è stato possibile ottenere, a condizioni eccezionali, 350 milioni di US$ a livello locale (il più grande piazzamento mai effettuato sul mercato peruviano) a tassi d’interesse competitivi.

Le difficoltà geografiche Logistica. Questa è una delle parole chiave nel definire la sfida posta da Camisea. La struttura logistica necessaria per trasportare su strade praticamente inesistenti le 20.000 tonnellate di tubi fabbricati da Tenaris per il progetto; per portare operai e attrezzature in luoghi privi d’accesso; per far avanzare i lavori nel totale rispetto dell’ambiente e delle comunità locali; per avere la meglio su condizioni climatiche e geografiche ostili, inasprite da periodi di siccità che rendevano impossibile l’utilizzo del corso dei fiumi per diversi mesi all’anno. La realizzazione di quest’opera ha rappresentato una sfida molto importante per la Techint Engineering & Construction, viste le difficoltà fisico-geografiche e le condizioni d’isolamento che presenta il settore delle condotte che attraversa la foresta amazzonica. La costruzione dell’opera ha inoltre richiesto un’ingente mole di lavori speciali, poiché essa incrocia la cordigliera delle Ande e diversi fiumi. Oltre alla portata dei lavori e al diametro dei tubi (81 cm per il gas e 25-35 cm per i liquidi), è opportuno sottolineare che sono due le condotte a passare in una stessa servitù di passaggio. Tuttavia, l’esperienza della Techint nel settore delle pipelines, con oltre 70.000 chilometri costruiti (e diverse opere transandine al suo attivo), ha fatto sì che i lavori proseguissero nonostante queste difficoltà. In primo luogo vi erano le difficoltà poste dall’esigenza di trasportare il personale e di assicurare che fosse alloggiato in maniera adeguata e sicura. A questo fine è stata progettata la rete di accampamenti strategicamente distribuiti e sono stati creati macchinari speciali per trasportare le persone. In secondo luogo c’era il trasporto dei materiali e, a questo scopo, è stata messa a punto un’elaborata ingegneria di macchinari, attrezzi e utensili. C’erano 7 elicotteri a constante disposizione per tutta la durata dei lavori. Neanche il settore della Sierra è stato semplice da affrontare: grande diversità geografica, con un tratto di Ceja de Selva, un altro di alte vette sulla sommità della cordigliera delle Ande e poi una brusca di-

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PanAL Dossier I numeri di Camisea

◗ 730 i chilometri di lunghezza del gasdotto. ◗ 14.000 le persone che hanno lavorato durante la fase culminante della costruzione dei gasdotti.

◗ 36 gli accampamenti della Techint lungo il tracciato.

◗ 168 le intersezioni speciali attraversate dai gasdotti.

◗ 500 la media delle ore di volo al mese su 7 elicotteri e un aereo impiegati nella costruzione dell’opera. ◗ 4.860 metri sul livello del mare è il punto più alto attraversato dalle pipelines. ◗ 315 milioni di piedi cubi di gas al giorno è la capacità di trasporto del condotto di GN. ◗ 45 comunità contadine, 22 insediamenti rurali e 9 comunità indigene stanziate lungo il tracciato. ◗ 200.000 le tonnellate di tubi d’acciaio Tenaris, tra gli 81 e i 35 cm di diametro, utilizzate per la costruzione.

scesa verso la costa ( da 4.000 a 1.600 metri sul livello del mare). Qui si è aggiunta un’ulteriore sfida: un importante numero di scoperte archeologiche, che hanno portato alla realizzazione di 17 varianti lungo la traiettoria delle condotte. L’area della costa ha presentato minori difficoltà logistiche e topografiche, ma è stata caratterizzata da una forte componente socio-culturale, trattandosi di un’area a elevata densità economica e abitativa. La rete di trasporto del gas conta inoltre 22 valvole di intercettazione lungo la linea e 3 punti di consegna (a Cuzco, Ayacucho e Pisco). La rete di trasporto dei liquidi da gas include 4 impianti di pompaggio per raggiungere i 4.850 metri sul livello del mare e 3 cabine di riduzione della pressione per arrivare al livello del mare, 19 valvole di intercettazione e 9 valvole di ritegno. A sua volta, la Techint si è incaricata dell’istallazione del sistema SCADA, controllo e comunicazioni, che consentirà di monitorare in maniera costante le variabili relative al corretto funzionamento delle condotte. Tutti gli impianti sono, infatti, operati in modalità remota dal centro di controllo della TgP, situato a Lurín. Per la costruzione della rete di pipelines, sono state utilizzate circa 2.400 apparecchiature (con le verifiche e l’opera di manutenzione di oltre 400 tecnici ed elettricisti), alcune delle quali acquistate da fornitori locali e altre fatte arrivare da diverse parti del mondo. Inoltre, nel Downstream sono state impiegate più di 14.000 persone, delle quali circa il 90% erano operai peruviani (all’apice dei lavori, nell’agosto 2003, lavoravano contemporaneamente 8.400 operai). Le sfide maggiori Durante la fase di costruzione, una delle imprese più ardue è stato l’attraversamento del Comerciato. Si tratta di un profondo precipizio formato dalle falde di due montagne adiacenti che fanno parte delle comunità di Comerciato e Aendoshiari, nella cui parte inferiore scorre un fiume. Nella pri-

ma falda i lavori sono stati condotti a 800 metri sul livello del fiume e i tubi sono stati posati lungo i 1.350 metri di un pendio che registra fino a 48° di inclinazione. Sulla falda dell’Aendoshiari, dove il punto più alto è di 500 metri sul livello del fiume, i tubi sono stati posati lungo 1.250 metri di discesa, con livelli d’inclinazione che raggiungono i 45°. Per superare questi ostacoli, persone e macchine sono dovute restare sospese nel vuoto, sostenute da un sistema di protezione per evitare incidenti, e la saldatura dei tubi è stata effettuata all’interno del fossato scavato. Un altro punto difficile, in questa fase, è stata la scarpata di Huáncano, un tratto di 5 chilometri in cui il tracciato delle condotte scende bruscamente più di 1.600 metri. I lavori sono stati realizzati con attrezzature speciali e il personale permanentemente appeso tramite un sistema di pulegge e ganci. Un altro ostacolo naturale superato durante la costruzione è stato il passaggio delle condotte per il fiume Apurimac: 240 metri d’acqua attraversati a cielo aperto, cioè scavando il fossato nel letto del fiume con retroescavatori e lanciando poi la colonna quando è stata raggiunta la quota di progetto. L’escavazione è stata realizzata in due fasi: la prima con un grande movimento di terra e la seconda con la pulizia e il livellamento del fondo del terreno. Una volta concluso il fossato, le colonne sono state caricate su carrelli con pneumatici e sono state lanciate separatamente verso il fiume. Ma anche la fase di messa in moto della rete di trasporto è stata complessa. Durante i primi 22 mesi di operazione, soprattutto a causa di inattesi movimenti sismici (in particolare nel settore della Ceja de Selva e della foresta), si sono verificate 5 spaccature nel condotto per i liquidi da gas naturale, sebbene il gasdotto non abbia subito nessun incidente. Di conseguenza, si è reso necessario potenziare i controlli sulla rete e moltiplicare il personale addetto alla manutenzione, per risolvere gli inconvenienti sorti e realizzare tutti gli interventi che consenta-

no di prevenire e di evitare nuove falle. A questo scopo, sono state prese misure di protezione presso gli attraversamenti fluviali, è stato avviato un rigoroso controllo dell’avanzamento dell’erosione e del rimboschimento, ed è stato messo in atto un monitoraggio costante del suolo. In queste attività sono state impiegate più di 1.000 persone, delle quali circa 70% sono specializzate in interventi di geotecnica. Inoltre, per scartare la possibilità che ci siano deformazioni geometriche e caratterizzare le condotte, oltre che catalogare e misurare le deformazioni e i restringimenti incontrati lungo il tracciato, si sta sviluppando una serie di strumenti intelligenti di ultima generazione: un pig di pulizia e rilievo delle deformazioni, un calibro geometrico per identificare qualunque riduzione di diametro o altri tipi di anomalia geometrica, un GPS inerziale e un metodo magnetoscopico ad alta definizione (MFL – Magnetic Flux Leakage) per misurare le perdite di materiale dai tubi. Le variabili sociali al centro dell’attenzione Le aree attraversate dai gasdotti presentano una realtà sociale caratterizzata dall’assenza di infrastrutture, di servizi di base e di lavoro e sono popolate da varie comunità indigene e rurali. Per questo motivo la TgP si è assunta l’impegno di potenziare al massimo le assunzioni di manodopera lungo il tracciato e di lavorare a un progetto di sviluppo delle comunità. Inoltre, con la collaborazione di una società internazionale di consulenza, è stata redatta una Valutazione sull’Impatto Ambientale e Sociale, fondata su un processo di consultazioni con le comunità, le istituzioni e le organizzazioni coinvolte. In effetti, l’aspetto socio-culturale ha posto grandi sfide al progetto Camisea: lungo il percorso dei gasdotti si trovano 45 comunità agricole, 22 insediamenti rurali e 9 comunità indigene. Nel tratto della foresta abitano indigeni dell’etnia Machiguenga e coloni, per


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Dossier un totale di 925 famiglie (7.157 persone). Il tratto della Sierra attraversa il territorio di 45 comunità agricole, dove abitano 39.565 persone (7.913 famiglie) e nel settore della Costa risiedono per lo più comunità di agricoltori e di piccoli produttori nella zona delle valli. Il programma di tutela delle comunità è stato realizzato preventivamente un anno prima dell’inizio dei lavori, attraverso l’elaborazione della Valutazione sull’Impatto Ambientale e Sociale e le interazioni con le comunità stanziate nelle prossimità del percorso. Nel corso di questa fase, le popolazioni locali hanno comunicato le loro preoccupazioni circa il possibile impatto ambientale e sociale che la costruzione del gasdotto avrebbe potuto causare nella zona interessata dal progetto. Inoltre, una delle richieste più frequenti riguardava l’impiego di manodopera locale, proveniente dalle comunità direttamente interessate. Per mitigare questi possibili effetti e rispondere alle preoccupazioni delle popolazioni locali, la TgP ha elaborato e applicato una Politica di Accampamenti Confinati, con l’obiettivo di ridurre al minimo i contatti tra il personale del progetto e gli abitanti del luogo e ha stabilito, insieme a una serie di punti importanti, che il contatto tra gli operai e la comunità avvenisse attraverso mediatori specializzati facenti parte delle comunità. Allo stesso tempo, una delle premesse del progetto era che fosse impiegato personale appartenente alle differenti comunità stanziate nelle aree attraversate dal gasdotto. A questo scopo, Transportadora de Gas del Perú e l’appaltatrice Techint hanno dovuto tradurre verso le lingue locali (machiguenga e quechua) il materiale usato per qualificare e formare il personale. Più di 900.000 ore sono state destinate alla formazione su temi specifici relativi ad ogni tipo di mansione, alla prevenzione di incidenti, alle buone pratiche, alla tutela ambientale e alle relazioni con le comunità. L’attività in aree così remote ha anche coinvolto aspetti legati alla salute delle comunità. Perciò la TgP ha deciso di appoggiare lo Stato peruviano nei suoi programmi, firmando convenzioni con la Direzione Regionale per la Sanità, con l’obiettivo di sostenere un piano di Attenzione Integrale per la Sanità, di controllare le emergenze e di mantenere sotto vigilanza entomologica l’area interessata dal progetto. Un progetto che ha fissato nuovi Standard di tutela ambientale La costruzione della rete di trasporto di gas e di liquidi da gas naturale di Camisea si è sviluppata su un’area molto estesa e sensibile, oltre che molto varia in termini di caratteristiche geografiche, di clima, di flora e di fauna. Per tutelare questa diversità, attraverso la Valutazione sull’Impatto Ambientale (realizzato congiuntamente dal personale

della TgP, dalla Techint e da società di consulenza indipendenti, con la partecipazione di organi governativi peruviani), si è cercato di ridurre al minimo tutti gli eventuali effetti potenziali dell’opera sulla natura. In questo senso, viste le proiezioni sulla domanda di gas nel mercato locale e internazionale, la TgP ha deciso di modificare il progetto del gasdotto e di fare un investimento aggiuntivo per aumentare il diametro dei tubi nel settore della foresta, al fine di evitare futuri lavori di ampliamento o di costruzione in questa zona e tutelare, così, l’ambiente circostante. La servitù di passaggio (il percorso in cui sono state installate le condotte) aveva una misura di 25 metri ed è stato stabilito che le apparecchiature e le macchine potessero essere spostate solo all’interno di quest’area, per non aprire nuove vie e ridurre al minimo il rischio di invasioni verso la foresta. Su un altro versante, una volta sotterrati i tubi, è stato messo in atto un programma completo di controllo dell’erosione e del rimboschimento lungo il tracciato, che presenta già terreni nuovamente verdi e piante in crescita, con opere per il controllo delle scarpate e tubature d’acqua. Le specie piantate durante il processo di semina e di ripopolamento di alberi e arbusti provenivano da 13 vivai appositamente creati dalla TgP, nei quali lavoravano persone delle comunità vicine, che hanno potuto contribuire con le loro conoscenze sulla raccolta di semi della flora autoctona. Importanti benefici a livello nazionale Il progetto Camisea ha rappresentato per il Perù l’ingresso nell’era del gas. Trattandosi di una fonte energetica affidabile e a basso costo, Camisea offrirà importanti benefici diretti agli utenti finali della rete di fornitura elettrica e migliorerà la competitività del settore industriale peruviano, ciò che porterà a un aumento del tenore di vita. A questo si aggiunga che la combustione di gas naturale, in sostituzione di altri combustibili fossili come il gasolio, l’olio combustibile e il carbone, produrrà benefici ambientali e porterà a un miglioramento della qualità dell’aria, grazie a una minore emissione di gas serra. Durante la fase di costruzione (dal 2001 all’agosto 2004), Camisea ha contribuito alla crescita dell’economia peruviana con una media annua dello 0,5%, raggiungendo l’apice nel 2002 e nel 2003, rispettivamente con lo 0,6% e lo 0.8%. In questo lasso di tempo sono stati investiti nel paese 1.679 milioni di US$ tra l’Upstream e il Downstream (cifra corrispondente al 40% degli investimenti esteri in Perù). Il volume complessivo di gas naturale trasportato al giugno 2006 è di 1.431.000 Mm3, con una media di 2.300 Mm3/giorno (che attualmente supera già i 4.000 Mm3/giorno). Nel frattempo, il volume complessivo di li-

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quidi da gas naturale trasportato alla stessa data è di 21.218.000 barili, con una media di 31.000 bbl/giorno (che oggi supera già i 37.000 bbl/giorno). Per ora, il progetto ha cominciato a rifornire di gas naturale 7 clienti industriali, una centrale elettrica e la Cálidda, la società distributrice di gas naturale di Lima e Callao. Si stima che per il 2033 (data stabilita nel contratto per il termine della concessione per la distribuzione) ci saranno nella capitale peruviana 258 mila clienti tra residenziali e commerciali, 170 piccole e medie imprese, 49 grandi industrie, 51 distributori di GNC e circa 3.000 MW di generazione di energia elettrica alimentati dal gas naturale di Camisea. E la storia di Camisea non finisce qui: si sta già lavorando su diversi fronti per portare il gas ad altre regioni del Perù. È anche cominciato il progetto di esportazione dei Liquidi da Gas Naturale (NGL) verso la costa occidentale degli Stati Uniti. Questo significa nuovi investimenti e nuove opportunità.

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PROSPETTIVE DELLA REGIONE DEL CUSCO RIGUARDO AL GAS DI CAMISEA di Giraldo Paniagua Pinto l Progetto Gas di Camisea presenta un buon mercato ed assicura molteplici opportunità di sviluppo nelle attività e industrie connesse, dalle medie, fino alle piccole e micro imprese. Affinché sia veramente favorevole, è necessario formare e organizzare la popolazione, soprattutto quella della Regione del Cusco. Non meno importante risulta la possibilità che i giovani universitari accedano alle conoscenze delle tecnologie per l’utilizzo del Gas naturale tramite gli accordi di cooperazione per dare una valore aggiunto alle risorse umane. Gli impegni presi per portare avanti il Progetto Gas di Camisea non costituiscono un sussidio dello stesso, ma gli utenti del servizio pubblico di elettricità offrono una garanzia per il suo sviluppo, con la contropartita che questo permetterà, a medio termine, un ribasso significativo delle tariffe, con un bilancio costo - beneficio favorevole.

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Il principale problema del paese e della Regione Cusco, a sua volta sociale ed economico, é l’alta proporzione di popolazione in situazione di povertà, insieme a una proporzione molto significativa che si trova in povertà estrema. Per eliminare questa povertà c’è bisogno, principalmente, di una crescita sostenuta del PIL, a sua volta, é necessario un livello importante di risparmio interno. Questi obbiettivi possono raggiungersi, tramite i progetti minerari e tramite la promozione e lo sviluppo di esportazioni non tradizionali dove esiste un grande potenziale. Con lo sfruttamento del gas di Camisea e l’istallazione delle condutture verso la Regione del Cu-

sco, questa situazione di povertà e di estrema povertà si invertirà, si potrebbero generare nuovi posti di lavoro permanenti. Inoltre se si eseguono progetti alternativi e fattibili come l’istallazione di un impianto di distillazione frazionata e altri progetti di dimensioni importanti, si permetterebbe l’industrializzazione della Regione del Cusco. É possibile che il progetto di costruzione di un Poliducto da Camisea fino al Cusco non sia economicamente redditizio, a breve termine: Tuttavia per il Governo Regionale, come sostiene il suo Presidente Carlos Cuaresma Sánchez, é molto redditizio dal punto di vista sociale, il che giustifica l’esecuzione del progetto di istallazione dei ramali dei ductos (condutture) verso la Regione de Cusco, si conta con tre studi che rendono fattibile la sua esecuzione fisica, esiste la possibilità di sinergie affinché il gas boliviano possa esser esportato tramite i porti peruviani. Il Governo Regionale conta con un Comitato Esecutivo - Tecnico per lo sviluppo sostenibile del Gas di Camisea, formato da professionisti multidisciplinari i quali lavorano alla preparazione dei progetti per l’utilizzo del gas e condensati del petrolio, rispondendo alla domanda di quest’area regionale.

PROBBLEMATICA REGIONALE Nella regione del Cusco il 75.3% della popolazione si trova in situazione di povertà. La PEA (popolazione economicamente attiva) impiegata nella Regione del Cusco è del 15%, mentre quella sottooccupata si stima in 74%, a ciò si aggiunge un tasso di disoccupazione del 11%. Sono indi-

catori sufficientemente convincenti per cercare di Promuovere lo Sviluppo del Settore Secondario (trasformazione), che genererà posti di lavoro ed un migliore livello di vita regionale. Riguardo alla Regione del Cusco, il settore secondario (industria), rappresenta soltanto il 24% del PIL regionale, a differenza del settore terziario (servizi) che rappresenta il 49% del PIL regionale. L’industria dei manufatti contribuiste con il 10.5% del PIL regionale, percentuale che si riduce, nel 1990 era del 11.1%, dato preoccupante perché questo settore richiede maggior mano d’opera. L’attività industriale della Regione del Cusco è formata in questo modo: 90% agroindustria (alimentare e bibite); 8% beni di consumo (confezioni, calzatura, articoli di falegnameria, prodotti per la casa); 2% Beni capitale. Il sottosviluppo del settore industriale é chiaramente dimostrato, se osserviamo che il 60% sono microimprese, il 39% piccole imprese e soltanto l’1% sono medie imprese, ciò è dovuto al costo delle risorse energetiche che utilizzano e che non permettono di realizzare economie di scala. È necessario che il grande potenziale dei giacimenti di idrocarburi che possiede la Regione siano sfruttati e trasformati e produrre un maggior valore aggiunto. Attualmente queste risorse si importano dai paesi vicini. Per promuovere lo sviluppo del settore secondario si devono prendere importanti misure. Come sostiene il Presidente della Regione si deve dotare di una fonte energetica a basso costo (GLP, produzione di energia elettrica utilizzando il gas) che imprima la spinta necessaria ad un settore depresso, dando inizio ad una strategia di diversificazione e specializzazione produttiva nell’industria regionale, che trasformi le risorse con valore aggiunto per ottenere maggio eguaglianza nelle diverse regioni. La decentralizzazione della produzione, che è l’obiettivo della politica nazionale che si applica oggi, si otterrà fornendo le risorse energetiche necessarie (Gas di Camisea) per sviluppare il settore industriale e ottenere l’integrazione energetica a livello macroregionale (Macro Regione Sud), tramite lo sfruttamento delle risorse energetiche, in modo da ridurre la dipendenza della Regione Lima creando catene produttive con un comune beneficio. L’articolazione Interoceanica, è una gran opportunità che non deve essere persa dalla regione, aspettando soltanto l’offerta straniera di beni, invece si dovranno formulare aggressive politiche che cercano il vantaggioso scambio tra le regioni del sud del Perù, tramite l’offerta di beni come gli idrocarburi.


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NEL 2008 A LIMA - PERÙ

IL FORUM DI COOPERAZIONE ECONOMICA ASIA PACIFICO Intervista all’Ambasciatore Marcela López

Che ruolo riveste la partecipazione del Perù al Forum di Cooperazione Economica Asia Pacifico APEC? Il Forum di Cooperazione Economica Asia Pacifico (APEC) rappresenta un luogo di concertazione per le principali economie della regione, orientato alla promozione degli scambi commerciali, della cooperazione e dello sviluppo economico regionale con l’obiettivo di creare una comunità economica del bacino Asia-Pacifico. L’APEC raggruppa attualmente ventuno economie: Australia, Brunei Darussalam, Canada, Corea, Cile, Stati Uniti, Filippine, Hong Kong, Indonesia, Giappone, Malesia, Messico, Nuova Zelanda, Papua Nuova Guinea, Repubblica Popolare Cinese, Singapore, Tailandia, Cina-Taipei, Perù, Russia e Vietnam. L’importanza dell’appartenenza del Perù all’APEC (dal 1998) risiede nel fatto che siamo partecipi di uno schema di cooperazione economica, nella più ampia accezione del termine, che coinvolge paesi ai quali fa capo oltre il 50% degli scambi commerciali e il 47% della produzione mondiale. Il principale obiettivo dell’APEC è dare alla regione Asia Pacifico la possibilità di realizzare crescita economica e sviluppo sostenibile tramite il commercio e la cooperazione economica. L’APEC promuove il finanziamento di progetti di cooperazione con lo scopo di agevolare il processo di liberalizzazione attraverso la formazione delle risorse umane, lo sviluppo della cornice istituzionale e l’attuazione di politiche finanziarie d’investimento, tra le altre sue attività. Quali paesi dell’America Latina fanno parte dell’APEC? In America Latina fanno parte dell’APEC solo il Cile, il Messico e il Perù. Inoltre il Perù è l’unico paese membro della Comunità Andina che fa anche parte del Forum. Questo offre al nostro paese l’opportunità di agire nel ruolo di interlocutore valido per promuovere e sviluppare un avvicinamento tra le due regioni, che sarebbe di giovamento per entrambe. La nostra partecipazione all’APEC risulta importante perché ha contribuito a potenziare i nostri legami commerciali e d’investimento con una delle aree economiche più dinamiche al mondo in termini di crescita. Inoltre, un ulteriore avvicinamento all’APEC ci consentirà di conoscere da vicino i progressi conseguiti dalla maggior parte dei suoi membri in materia d’innovazione tecnologica e formazione delle risorse umane. Obiettivo dell’APEC è raggiungere la liberalizzazione degli scambi commerciali e degli investimenti entro il 2010, per le economie più avanzate, ed entro il 2020, per le economie in via di sviluppo. Qual è il rapporto costo-beneficio nella partecipazione del Perù all’APEC?

La partecipazione del Perù all’APEC deve essere giudicata alla luce dei benefici che la stessa può offrire nel breve e nel lungo periodo e alla luce del contributo che può dare al conseguimento dei suoi obiettivi nazionali. Possiamo sottolineare quel che comporta in termini di presenza internazionale. Come già menzionato, l’APEC conta ventuno membri che, nel complesso, comprendono 2500 milioni di abitanti e rappresentano il 50% del commercio mondiale. Non è difficile comprendere in che termini l’appartenenza a un “club” di questa categoria conferisca di per sé una condizione privilegiata, associata a una maggiore presenza internazionale. Non è un caso che paesi come l’India, la Mongolia, la Colombia, il Costa Rica, l’Ecuador, il Venezuela e il Panama stiano facendo il possibile per diventare membri del Forum. Cosa implica dal punto di vista della cooperazione? Per quanto riguarda la Cooperazione Economica e Tecnica (ECOTECH), in termini concreti, la partecipazione all’APEC comporta la possibilità di far parte di una serie di meccanismi di cooperazione. Come si sa, le attività principali dell’APEC seguono due linee operative: da un lato, la liberalizzazione e l’agevolazione degli scambi commerciali e degli investimenti nella regione Asia Pacifico; dall’altro, la cooperazione economica e tecnica. È quest’ultima linea a offrire maggiori benefici diretti al Perù. Per quanto riguarda la cooperazione non economica, l’APEC offre anche varie opportunità per la cooperazione in aree non direttamente legate all’economia. Tre esempi recenti e di particolare importanza sono dati dalla cooperazione, fornita a livello APEC, alla lotta contro il terrorismo, alla lotta contro la Sindrome Respiratoria Acuta Severa (SARS) e alla prevenzione contro le catastrofi naturali. E in ambito multilaterale? Nell’ambito dell’APEC, partecipiamo alla costru-

zione di un ordine internazionale e al rafforzamento di un sistema multilaterale che doti di regole lo sviluppo del commercio internazionale, il che è uno degli assi portanti della sua agenda di lavoro. In questo contesto, tutte le decisioni adottate in seno all’APEC dovranno essere coerenti con gli accordi dell’OMC, organizzazione che verifica, appunto, il rispetto delle norme e dei regolamenti che disciplinano il commercio internazionale. Il fatto di essere membri dell’APEC costituisce un elemento fondamentale nella ricerca di maggiore partecipazione alla costruzione di un ordine internazionale, specialmente per quel che riguarda la sua componente commerciale. In breve, la posizione del Perù nella sua relazione con l’Asia Pacifico e con l’APEC, in particolare, mira ad assicurare che le attività del Forum forniscano sostegno allo sforzo per il superamento della povertà e del decentramento regionale, sulla base di un proficuo utilizzo degli spazi e dei meccanismi di cui questo schema dispone. Quanto è importante il fatto che il Perù sia la sede del Vertice APEC nel 2008? La designazione del Perù come sede del XVI Vertice dei Capi di Stato e di Governo dell’Asia Pacifico rappresenta uno dei più importanti impegni nella storia diplomatica del paese, il che comporta un compito che dovrà essere svolto in maniera totale e multidisciplinare dal Governo e dalla società civile attraverso un progetto di portata nazionale, che ponga l’accento sulla formazione delle risorse umane, l’adeguamento delle infrastrutture necessarie e lo stanziamento dei mezzi necessari per l’esecuzione di un progetto di tale portata. La Presidenza del Forum darà al Perù un vantaggio competitivo rispetto ad altre nazioni dell’America del Sud. Le attività che saranno programmate per tutto l’anno catalizzeranno l’attenzione dei governi, degli organi di stampa e delle istituzioni economiche dei paesi del Bacino del Pacifico. Tutto questo rappresenta una straordinaria “vetrina” per la promozione delle opportunità commerciali e delle nostre attrattive nazionali in tutti gli ambiti. Quante persone aspettano l’APEC 2008? Secondo alcune statistiche fornite dalla Segreteria Esecutiva dell’APEC, con sede a Singapore, il numero medio di delegati che partecipano alle diverse riunioni obbligatorie e opzionali che si svolgono durante l’anno di Presidenza (Vertice dei Capi di Stato e di Governo, 4 Vertici Ministeriali, 4 Incontri di Alti Funzionari e Gruppi di Lavoro) è di circa dodici mila persone, numero che varia in base alle convocazioni del paese ospitante. L’organizzazione dell’evento rappresenta una sfida. I preparativi amministrativi e logistici devono essere avviati nel 2006; è per questo che tale tema farà parte dell’agenda politica nel passaggio di consegne al nuovo governo.

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COSMOVISIONE ANDINA di Roberto Romero Arce l Perù, paese ubicato nella zona centrale del Sud America, più conosciuto come il territorio dove si sviluppò una dalle culture più importanti del mondo antico: il Tawantinsuyo, considerato “summa” delle saggezze di altre culture che si stabilirono migliaia di anni fa in quella parte dell’America; al punto che gli antichi peruviani non erano estranei a conoscenze complesse come la matematica, astronomia, geometria, fisica, metallurgia, ecc.; allo stesso modo, conoscevano le proprietà curative, medicinali, di intermediazione del mondo andino, di piante come la Foglia di Coca che era considerata come la Pianta Sacra degli Incas.

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Gli antichi peruviani avevano conoscenze di matematica, medicina, astronomia ed architettura Le culture che si svilupparono in quello che è ora il Perù, dal XIX secolo a.c., cioè 3.800 anni fa, hanno trasmesso agli attuali abitanti una serie di conoscenze che mostrano alti livelli in diverse materie e rami del sapere. Per esempio, il valore della radice quadrata. Lo conoscevano prendendo come base la relazione esistente tra il braccio maggiore e minore della Croce del Sud, trovarono che era la stessa relazione che esiste tra la diagonale di un quadrato ed suoi lati e che si esprimono nel “Candelabro” di Paracas, nei geroglifici delle Saline di Chao; nei resti delle Pampas Colorados di Nasca; nell’allineamento della città di Cusco con l’asse della Croce del Sud, così come nella Valle del Santa, nella Pampa di Santa Elvira, tutte dimostrazioni di quelle conoscenze. La Croce e i suoi misteri furono sviluppati dagli abitanti dell’antico Perù. I cronisti riferiscono che quando gli spagnoli arrivarono in America trovarono sugli “abras” (passi da una valle ad un’altra) che attraversano la cordigliera, alcune “apachetas” (tumuli di pietra sacri), dove si alzavano le “Chakanas”, (croci quadrate), o rappresentazioni dalla Croce del Sud che, a dire di studiosi come l’architetto Carlos Milla Villena, sono prove che gli antichi peruviani conobbero la valore “pi”, che come tutti sappiamo è la relazione esistente tra la lunghezza della circonferenza di un cerchio con la lunghezza del suo diametro. I cinesi 4.500 anni fa conobbero “pi” col valore di 3,0 e gli Amautas, Maestri dell’antichità peruviana, calcolarono il valore di “pi” in 3,16, 4.000 anni fa e questo in base al simbolo iconografico della Croce Quadrata, ottenendo la valore “pi” dal valore della diagonale del rettangolo formato da tre quadrati. Posti dove si trovano evidenze di questa conoscenza sono l’Osservatorio Circolare Stellare di Chavín de Huantar; l’ Osservatorio di Las Haldas Casma ed il Complesso archeologico di Q’enqo, a Cusco. Quasi nella stessa epoca, gli antichi peruviani conobbero mediante gli Amautas (saggi) il fenomeno celestiale del solstizio di inverno, che si produce ogni 21 di giugno, come l’ “allontanamento” del Sole dalla Terra. Per questo motivo in quel giorno si realizza una gran cerimonia per

chiedere al sole di non allontani più e continuare ad offrire il suo calore ed energia vivificante agli esseri umani, animali e piante. Per tutto ciò si teneva la cerimonia più importante di quei tempi: l’Inti Raymi, la Festa del Sole, il cui momento culminante, era lo zenit del 21 di giugno, momento nel quale si “legava” l’astro maggiore ad alcuni tumuli intagliati nella pietra chiamati “intiwatanas”, monumenti che esistono ancor oggi; uno di essi nel Santuario di Machu Picchu ed un altro a Písaq. Ora, si celebra l’Inti Raymi ogni 24 di giugno, perché con l’arrivo degli spagnoli e con la politica del “sradicamento delle culture” che impressero all’Evangelizzazione, “trasportarono” la Festa del Sole dal 21 nel 24 di giugno (facendole coincidere in forma forzata con la celebrazione della Festa di San Giovanni). Gli antichi peruviani conoscevano i movimenti di rotazione, traslazione e precessione della Terra, quest’ultimo è il cambiamento della direzione dell’asse col trascorrere del tempo. Se cerchiamo qualcosa di simile, per fare un esempio comprensibile, è il movimento della trottola che, girando su sé stessa, si sposta descrivendo ellissi e che abbassandosi la velocità angolare continua a inclinarsi, ampliando l’angolo con la verticale. La Terra è come una “trottola gigante” dentro lo spazio siderale, col trascorrere dei secoli continua ad ampliare il suo angolo intersolstiziale, tali movimenti sono rimasti cristallizzati in vari templi come quello delle Salinas di Chao tra gli altri. Secondo studiosi molti degli angoli presenti in monoliti come quello di Sechín, sono angoli intersolstiziali. La misurazione del tempo si faceva basandosi sul Calendario Lunare che è stato studiato dai saggi della Cultura Sechín, rimane come esempio un monolito di pietra che risale al XVII secolo a.c., nel quale dove si mostrano tredici grandi divisioni o “escantillones” con 28 incastri, ognuno intagliato nella roccia. Facendo una piccola operazione matematica, 13 per 28 dà 364 giorni, che sono legati con un “wata” o “ormeggio” con l’anno seguente, cioè col giorno 365 che era consi-

derato il giorno “zero”; qualcosa come una specie di anno nuovo andino. Questa suddivisione del tempo concordava con le fasi della luna, ed è propria di una cultura che viveva in relazione indissolubile con la natura e la vita. Un ricco e vasto patrimonio culturale immateriale Abbiamo parlato delle conoscenze degli antichi peruviani in scienze come l’astronomia, geodesia, medicina, matematica, ecc. I peruviani sono oggi eredi di importanti manifestazioni che costituiscono un patrimonio culturale immateriale, espressi dalle cerimonie ed attività che si sviluppavano nel mondo andino: spazio geografico che abbraccia i territori di paesi come Perù, Bolivia, Ecuador, la parte nord dall’Argentina e la parte sud della Colombia, confini del Tawantinsuyo. ( Tawa, quattro; suyo, regioni), cioè, il territorio delle quattro regioni, che era la denominazione politica della cultura Inca. Quando si parla del Patrimonio Culturale Immateriale nel mondo andino, non si può tralasciare il fatto che gli antichi peruviani coltivavano piante alimentari considerate oggi come mondiali, tra queste il mais e la patata, quest’ ultime è un tubero considerato una delle piante con maggiore diversità genetica e che salvò dalla morte per fame paesi interi, come la Russia durante la seconda guerra mondiale. Un’altra pianta, la Foglia di Coca, è parte della diversità genetica ed è un aspetto fondamentale della cosmovisione del mondo. Non c’ è cerimonia di nascita, battesimo, matrimonio o morte, tragedia o felicità; cioè, avvenimenti sociali, comunali e familiari nei quali non abbia un ruolo importante la Foglia di Coca; in molti posti l’unica forma per stabilire la comunicazione è mediante un K’intu (mazzolino di tre foglie di Coca) disposte in ventaglio; la più grande ed allungata rappresenta gli Apus, (Monti), o divinità maschili, quella intermedia, di forma arrotondata, rappresenta la Pachamama (Terra), o divinità femminile, la più piccola ed allungata rappresenta i Runas (Uomini), cioè l’umanità intera. Le foglie sono disposte una sull’altra, sul medesimo lato, sono sostenute tra l’indice ed il pollice della mano destra mentre la sinistra le protegge. Esiste sufficienza evidenza storica sulla stretta relazione tra l’uomo peruviano e la Pianta della Foglia della Coca. Anthony Herman, precisa che l’origine dell’uso umano della coca, nell’antico Perù, risale al IV secolo a.c. La Foglia di Coca, fu utilizzata per i suoi effetti anestetici in operazioni ad alto rischio che realizzavano i “Hampi Kamayoc”


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(medici) di culture come quella di Paracas, due secoli avanti Cristo, facevano già trapanazioni craniche per estirpare tumori e coaguli, usando ceselli di pietra ossidiana, pinze, bende, piastre d’oro, antisettici ed anestetici come i maceri della Coca. Inoltre la Foglia di Coca, fu conosciuta come la Pianta Sacra degli Incas, aspetto che fu raccolto dai cronisti e storiografi, ancora a metà del secolo XVI. Al Cusco, la zona centrale e capitale del Tawantinsuyo, le coltivazioni nelle valli di La Convención, Yanatile (provincia di Calca), e Kcosñipata (Paucartambo), sono legali sin da quelle epoche. La produzione di Coca oggi è destinata al consumo tradizionale come “chaccheo”, (masticato, anche chiamato Akulliy o Picchay), ad accompagnare il cerimoniale religioso, alla cosmovisione andina, come i “mesas”, i “pagos” (ringraziamenti alla terra, fiumi e montagne) ed all’industrializzazione benefica o medicinale. La Foglia di Coca, ha attratto l’interesse del mondo scientifico mondiale ed in particolare dell’Italia, perché nel 1858, il medico ed antropologo italiano Paolo Mantegazza, in un importante trattato medico a Milano intitolato “Sulle virtù igieniche e medicinali della Coca e sugli alimenti nervosi in generale”, scrisse che la pianta della Foglia della Coca, era un “poderoso alimento vantaggioso al sistema nervoso”. Un altro italiano, Angelo Mariani, chimico della Corsica, in 1863, fabbricò una vino chiamato “Venne Mariani”, fatto in base alla Foglia di Coca, per questo gli fu riconoscente per le sue virtù curative il Papa Leone XIII ed altre personalità di quell’epoca. Nel 1880, il colonnello dell’Esercito degli Stati Uniti, John Pemberton, chimico di Atlanta, dopo vari tentativi, riuscì a produrre la bibita più famosa del paese del Nord America: la Coca Cola, avendo non solo nel suo nome, ma nella formula chimica, un estratto chiamato Fluido di Coca. Il design della prima bottiglia di Coca Coda, affidato a Alexander Samuelson, si basò sulla forma del seme della Pianta della Foglia della Coca. La Pianta della Foglia della Coca, ebbe non solo accoglienza nel mondo scientifico ma anche in quello industriale. Nell’anno 1884 l’industria farmaceutica “Parke Davis & C. Manufacturing Chemist” di Detroit, Stati Uniti, produce cocaina in piccole quantità e più tardi in scala industriale. Ad inizi del secolo XX, nell’anno 1901, la medicina nordamericana riconosce le virtù della Coca nella monumentale opera “History of Coca”. Infine, possiamo citare Enrique Mayer, chi segnalava che la Pianta della Coca, “… ha un ruolo tanto importante che è difficile immaginarsi quella cultura senza la coca”. Quando nel 2005, il Governo Regionale del Cusco, promulgò una Ordinanza (Legge Regionale) riconoscendo le coltivazioni legali della Foglia di Coca che esistono da centinaia di anni, e dichiarandole come Patrimonio Naturale Regionale, il Governo Centrale depositò una denuncia di incostituzionalità contro l’Ordinanza presso il Tribunale Costituzionale, massimo organo di giustizia del Perù. Questo emise una sentenza, precisando che “non può ignorarsi il carattere della coca di elemento biologico, il cui utilizzo con fini terapeutici e medicinali le conferisce una protezione speciale in quanto patrimonio culturale immateriale”. Ugualmente, si aggiunge che “… si evidenzia che da secoli l’uso tradizionale (chaccheo) magico religioso, cerimoniale e medicinale, della pianta della foglia di coca, fa parte del-

l’identità culturale dei popoli originari del Perù”. Lo stato peruviano concentra la sua politica di lotta al narcotraffico sullo sradicamento della foglia di coca e non contro il traffico illecito dei “precursori delle droghe” o input chimici Sosteniamo in modo chiaro e fermo che la Foglia di Coca, è sacra e benefica, se usata per fini religiosi, alimentare, farmaceutico, di “chacchado” (masticato); ma l’ uso criminale, come il narcotraffico e l’uso illecito come parte del cosiddetto “iter criminis”, servendo fini delinquenziali, è maligno e dannoso per l’essere umano e la natura. Tuttavia, bisogna precisare che, la Foglia di Coca, sola, come qualunque materia prima, non si

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ghe, perché senza essi la Foglia di Coca non si trasforma in droga. La Foglia di Coca, a seconda dall’uso che gli sia dato può essere una benedizione per alcuni, come parte della sua cultura o può essere una maledizione e punizione di Dio, per altri che l’utilizzano come droga. Noi, difendiamo l’uso lecito, legale destinato ad usi cerimoniali, medicinali, farmaceutici, alimentari e culturali della Foglia di Coca e che si esprimono in coltivazioni che sono legali da secoli nel Cusco. Non per niente, alla Foglia di Coca è conosciuta come la Pianta Sacra degli Incas ed è parte del Patrimonio Culturale Immateriale dell’America e del Perù.

LA LEGENDA DELLA FOGLIA DI COCA Prima di morire torturato e maltrattato dagli spagnoli Kjanachuyna, il vecchio indovino che stava per ordine dell’Inca al servizio del tempio dell’isola del Sole, riunì i suoi fratelli e disse loro: miei figli muoio, ma prima voglio annunciarvi quello che il nostro Sole, padrone, ha voluto nella sua bontà concederci attraverso di me. Salite sul colle qui vicino, là troverete alcune piante di foglie ovali, curatele con attenzione perché in esse troverete alimento e consolazione nelle dure fatiche che vi saranno imposte dal dispotismo degli uomini bianchi. Masticando quelle foglie avrete nuove forze per il lavoro. Negli interminabili viaggi ai quali sarete obbligati dall’uomo bianco, masticherete quelle foglie e la strada diventerà breve e passeggera. Nel fondo delle miniere dove vi seppellirà l’inumana ambizione per la quale vengono a rubare il tesoro delle nostre montagne, quando vi troverete sotto la minaccia di rocce pronte a crollare, il succo di quelle foglie vi aiuterà a sopportare quella vita di oscurità e terrore. Nei momenti nei quali il vostro spirito malinconico vorrà fingere un po’ di allegria, quelle foglie addormenteranno la vostra pena e vi daranno l’illusione di sentirvi felici. Quando vorrete scrutare qualcosa del vostro destino, alcune di quelle foglie lanciate al vento vi diranno il segreto che anelate conoscere e quando l’uomo bianco vorrà fare la stessa cosa ed oserà usare quelle foglie gli succederà tutto il contrario. Quel succo per voi sarà la forza e la vita, per i bianchi sarà solo un vizio ripugnante e degenerato, mentre per voi sarà alimento spirituale a loro causerà idiozia e pazzia. Figli miei non dimenticate quando vi dico di coltivare quella pianta, è la preziosa eredità che lascio, curate che non si estingua e conservatela e propagatela tra i nostri fratelli con venerazione ed amore. Il Consumo tradizionale della foglia di coca nel Perù - Istituto di Studi peruviani trasforma in droga, cioè in Pasta Basica e poi in Cloridrato di Cocaina, senza la partecipazione di prodotti chimico, chiamati “precursori”. Per questo motivo vediamo con preoccupazione il fatto che in Perù lo Stato concentri la sua politica contro il narcotraffico sullo sradicamento della Foglia di Coca e non nel traffico illecito di input chimici. Esistono le norme e leggi di controllo di input chimici per il narcotraffico, ma si continua a mettere il peso ed enfasi dell’azionare dello Stato nello sradicamento della Foglia di Coca e non nella persecuzione degli input chimici destinati al narcotraffico, che curiosamente e secondo le stesse cifre e dati provengono nella loro maggiore percentuale dagli Stati Uniti dell’America! “. Respingiamo il narcotraffico con tutte le nostre forze e siamo d’accordo che si combatta questo piaga sociale con misure globali che abbraccino azioni di controllo delle coltivazioni illegali; il censimento dei produttori legali; la persecuzione, detenzione ed imposizione di drastiche sanzioni ai membri dei cartelli; l’interdizione opportuna e permanente di merci di contrabbando e carichi di Pasta Basica di Cocaina e Cloridrato di Cocaina; l’intervento sui conti bancari e fondi provenienti dal riciclaggio di denaro sporco e, cosa più importante, il sequestro e divieto di entrata degli input chimici, denominati “Precursori” delle dro-

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LA CULTURA ITALIANA NEL MONDO di Nadir Morosi Direttore Istituto Italiano di Cultura

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el 1950 vennero fondati in tutto il mondo gli Istituti Italiani di Cultura, tra cui quello di Lima che fino a quel tempo era noto come “Instituto Cultural Italo Peruano”. L’Istituto Italiano di Cultura, che dipende direttamente dalla Direzione Generale per la Promozione e la Cooperazione Culturale del Ministero degli Affari Esteri italiano, svolge la sua attività in Perù in stretta collaborazione con l’Ambasciata d’Italia in Lima. Lo scopo principale dell’Istituzione è quello di promuovere la diffusione della cultura e della lingua italiana quale contributo allo sviluppo della reciproca conoscenza e della cooperazione culturale tra i popoli del Perù e d’Italia. Per quanto riguarda la lingua italiana, l’Istituto offre un insegnamento completo, serio, professionale e rilascia certificati riconosciuti nell’ambito della Comunità Europea. I corsi di lingua, che sono divisi in tre livelli di tre cicli ciascuno, vengono organizzati tenendo conto delle esigenze locali e dell’ordinamento del Quadro Comune Europeo di Riferimento per le lingue: Apprendimento, Insegnamento, Valutazione del Consiglio Europeo (Common European Framework). D’altra parte, offre la possibilità di ottenere il “Certificato di Conoscenza della Lingua Italiana” (CELI) rilasciato dall’Università Italiana per Stranieri di Perugia. L’Istituto Italiano di Cultura di Lima ha una Biblioteca con oltre undicimila titoli e un Ufficio che fornisce informazioni su borse di studio e studi in Italia e provvede anche alla legalizzazione di documenti di studio. Non solo a Lima, ma anche all’interno del Paese (Arequipa, Huaraz, Junin, Lambayeque, La Libertad), si verifica un forte interesse per la lingua e la cultura italiana in tutte le loro manifestazioni, sia per il passato “classico” (arte, storia, opera, ecc.) sia per il presente: cinema, design, economia, folclore, gastronomia, letteratura, moda, teatro. In questo panorama stimolante per la presenza italiana in Perù, l’Istituto Italiano di Lima si adopera nello sviluppare una politica culturale che miri a coinvolgere direttamente le diverse istituzioni peruviane e italiane, al fine di stabilirne un rapporto dialettico e organico, che non si limiti a singoli eventi ma che faccia di ogni manifestazione un’occasione per stabilire un rapporto di collaborazione permanente.

Attività Culturale Per quanto riguarda l’attività culturale, in particolare durante il 2006, si sono presentate alcune manifestazioni specialmente scelte per rappresentare l’Italia nel modo più brillante. La programmazione è stata inaugurata con una

manifestazione internazionale di alto livello. È stato un onore per l’Ambasciata d’Italia e l’Istituto Italiano di Cultura presentare al pubblico di Lima la mostra Giorgio Morandi e la natura morta in Italia, con opere degli artisti più rappresentativi del XX secolo: Morandi, De Pisis, Sciltian, Tosi, Usellini, Molotti, Pirandello, Cesetti, Depero, Manzù, Semeghini, Di Cocco e Lazzari. In occasione della Festa della Repubblica Italiana, si sono presentati gli spettacoli musicali Genova, città della canzone d’autore di Anna Maria Castelli & Band, con grande successo di critica e di pubblico, costituito specialmente da connazionali di ascendenza ligure, che hanno manifestato il loro speciale ringraziamento all’Ambasciata e all’Istituto per l’iniziativa. Alla conclusione delle celebrazioni della Repubblica Italiana, Fatima Scialdone ha presentato il suo spettacolo Cantando l’Italia con il quale, attraverso le più belle canzoni della musica leggera italiana, l’artista ha messo in scena l’incantevole seduzione della nostra lingua. L’attività musicale è continuata con i recital dell’Ensemble Antidogma Musica (soprano, violino, piano, percussione) e la chiusura dell’anno è stata segnata dal gran Duo Carlo e Martina Amadesi (piano e violino), con un programma dedicato in gran parte a commemorare W.A. Mozart nel 250º anniversario dalla nascita. Nell’ambito cinematografico, si è ricordata in maniera speciale la figura di Roberto Rossellini, in occasione del Primo Centenario dalla nascita, con una rassegna di 11 film presentata, in collaborazione con enti peruviani, a Lima e in altre città dell’interno del Paese. Al fine di offrire al pubblico locale un accostamento alla produzione cinematografica più recente, è stato presentato il ciclo Arcobaleno Italiano con 6 film di giovani registi italiani. L’anno è finito in bellezza… Tra il 23 e il 29 ottobre, infatti, promossa dal Ministero degli Affari Esteri italiano e l’Accademia della Crusca, a Lima e all’interno del Paese, l’Istituto Italiano di Cultura - con la partecipazione della “Universidad Nacional de Educación Enrique Guzmán y Valle” della Cantuta, l’”Universidad Ricardo Palma” e l’”Instituto Cultural Italo Peruano” di Arequipa aveva organizzato una serie di eventi che hanno illustrato il tema della VI edizione della Settimana della Lingua Italiana nel Mondo: Il cibo e le feste nella lingua e nella cultura italiana. L’evento si è chiuso con lo spettacolo teatrale Napoli Milionaria di Eduardo De Filippo, presentato dalla Scuola Italiana Antonio Raimondi, al quale hanno partecipato con lodevole entusiasmo gli alunni, gli insegnanti, i genitori e il personale della scuola, richiamando un pubblico aggiratesi attorno alle 2500 persone.

Luis Antonio Alvarez Salcedo - Alcalde de Espinar - Cusco Pietro Baccarini - Consiguiere Unioncamere per le Camere di commercio miste Tito Michele Boeri - Professore di Economia del lavoro - Università Luigi Bocconi - Milano Emma Bonino- Ministro per il Commercio Internazionale e per le Politiche Europee nel Governo Prodi II. Martin Barterstein - Ministro de Economía de Austria Gianfranco Caprioli - Direttore Generale Direzione Generale per la promozione degli scambi Andrés Civetta - Investment promotion Agency - Ministry of Economy and Production Republic Argentina Maria Grazia Cavenaghi-Smith Direttore - Ufficio a Milano del Parlamento Europeo Carlos Ricardo Cuaresma Sánchez Presidente de la Región Cusco Tomás Duplá del Moral - Director para América Latina - Comisión Europea Dirección General de Relaciones Exteriores Julio A. Gutiérrez Samanez - Ingeniero Químico. En noviembre 2006, acaba de recibir el Primer premio de Fomento a la Investigación en Artesanía de Tenerife Islas Canarias, España. Christoph Leitl - Presidente della Camera di Commercio d’Austria. Marcela López Bravo - Embajadora Directora Ejecutiva de la oficina de Promoción Económica del Ministerio de Relaciones Exteriores del Perú. Tomas Lynch - Director - Investment promotion Agency - Ministry of Economy and Production Republic Argentina Nadir Morosi - Direttore dell’Istituto Italiano di Cultura - Lima Giraldo Paniagua Pinto - Región del Cusco Roberto Romero - Periodista, Asesor de la Presidencia del Gobierno Regional Cusco Fausto Salinas Lovón - Presidente de la Cámara de Comercio del Cusco Roberto Santaniello - Direttore della Rappresentanza della Commissione Europea a Milano Marco Santos Rivera - Economista, Responsable de proyectos del Cefial Clelia Pia Signorelli - Directora ICE - Lima Istituto per il Commercio Estero d’Italia Carlo Spagnoli - Responsabile di Unioncamere per i progetti per l’America latina. Amalia Stuhldreher - Licenciada en Relaciones Internacionales, Doctora en Ciencias Políticas (Univ. de Mainz, Alemania), investigadora independiente. Hipólito Suico Canchi - Asistente área comercio exterior. Cámara de comercio del Cusco. Adriana Valcárcel - Ingeniere dirige l’impresa “MARA CUSCO” produce Kiwicha Enrique Velarde - Ingeniero Director de Xstrata - Tintaya Rolando Velasco Spitia Gerente de la Central de las Empresas Campesinas Valle Sagrado de los Incas


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ICE LIMA L’ISTITUTO NAZIONALE PER IL COMMERCIO ESTERO PONTE PER L’INTERSCAMBIO ED INVESTIMENTI PERU - ITALIA In Perú l’Ufficio ICE di Lima opera da 24 anni fornendo ogni utile supporto alle imprese e contribuendo allo sviluppo delle migliori relazioni commerciali con l’Italia. L’Ufficio di Lima, con competenza territoriale anche per l’Equador, svolge nei due Paesi attivitá di promozione, informazione, formazione ed assistenza, in stretta collaborazione con gli esponenti locali del settore pubblico e privato responsabili delle politiche nazionali (industriali, settoriali, del lavoro e di commercio estero). La struttura di Lima opera inoltre, in stretta sinergia con l’Ambasciata d’Italia in Perú ed Equador, l’Istituto Italiano di Cultura e le Camere binazionali, le Unitá speciali della Cooperazione – Fondo Controvalore -, nonché le rappresentanze degli Organismi Internazionali a Lima, quali la Delegazione dell’Unione Europea, il BID, CAF, CAN, FMI, UNIDO. Parimenti, l’Ufficio ICE di Lima continua a sperimentare positive sinergie nelle attivitá svolte con le Camere di Commercio Italiane e loro aziende speciali come PromoFirenze, Promos Milano, Promec di Modena, Torino ed altre, con cui sono stati realizzati lavori sul Perú, nonché con alcune Universitá come la Bocconi di Milano e l’UNIFI di Firenze. A maggio 2008, durante il Vertice a Lima “Unione Europea – America Latina”, nel cui contesto si realizzerá un Foro economico commerciale, l’Ufficio ICE di Lima vuole essere il punto di riferimento per tutti gli operatori italiani interessati al Perú, preannunciando fin da ora ogni disponibilitá ed utile supporto alle iniziative comuni su questi mercati. I.C.E. Lima - Istituto Nazionale per il Commercio Estero, Av. Felipe Pardo y Aliaga 640 Of. 1302 – Lima 27 – Perú, Telf. : 00511 2223192 Telefax: 00511 4405510 / 4220488, E-mail: lima.lima@ice.it, www.ice.gov.it/estero2/lima


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Pacchetti turistici • Biglietteria Aerea e Navale Business Travel Locale Ideale per Piccole Convention Servizio Catering Aziendale V.le Cassala, 33 - 20143 Milano MM2 Romolo, Tel. 02.58118885 - Fax. 02.91390755 Bus 2, 47, 71, 74, 76, 90, 91 milanocassala@travelshop.it

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