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CORPI SANTI IMMAGINE E MEMORIA OLTRE LA MORTE

Un percorso in museo per l’ostensione della Sacra Sindone DAL 4 APRILE AL 23 MAGGIO 2010 ITALIANO

CORPI SANTI IMMAGINE E MEMORIA OLTRE LA MORTE

Un percorso in museo per l’ostensione della Sacra Sindone

DAL 4 APRILE AL 23 MAGGIO 2010 PALAZZO MADAMA MUSEO CIVICO D’ARTE ANTICA

Piazza Castello • 10122 Torino • Tel. +39.011.4433.501 ORARIO da lunedì a sabato 10-18, domenica 10-20 (la biglietteria chiude un’ora prima)

Scalone e Corte Medievale entrata libera da lunedì a sabato 9-19, domenica 9-20 E-MAIL palazzomadama@fondazionetorinomusei.it

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elle collezioni del museo civico sono conservate molte opere d’arte sacra, alcune delle quali legate, per la loro storia o per ciò che rappresentano, alla vita di Cristo e agli episodi della Passione. In occasione dell’ostensione della Sindone, il percorso guida i visitatori all’interno del museo alla scoperta delle immagini e delle opere che rappresentano la Sindone stessa, o episodi importanti della vita e Passione di Gesù. Parallelamente, il percorso suggerisce anche un’altra chiave di lettura: la Sindone, come le reliquie dei Santi, e le stesse immagini sacre, sono frammenti e segni terreni lasciati da coloro che sono vissuti e perpetuano la memoria delle vite sante e degli episodi più significativi della religione cattolica; per i credenti sono oggetto di fede e particolare mezzo di preghiera; sono uno dei tramiti attraverso il quale i fedeli possono raggiungere il raccoglimento e la meditazione. Il tema della memoria, e del legame con le reliquie terrene, è stato nei secoli trasposto anche sulla vita laica: ne sono esempio i monumenti funerari, o la conservazione delle spoglie mortali di personaggi importanti, come nel caso delle ossa del cardinale di Vercelli Guala Bicchieri. Il percorso Corpi Santi segue perciò queste due strade di lettura, una più legata all’iconografia e ai temi religiosi, l’altra più rivolta alla curiosità laica verso il culto delle reliquie e il tema della memoria dei defunti.

PIANO TERRA

1. Ostensione della Sindone, 1642 Giovanni Grattapaglia (?) e Alessandro Casella 1650 L’ affresco, probabilmente opera di Giovanni Grattapaglia, ricorda l’ostensione del 1642 che segnò la fine delle ostilità aperte per la successione al trono tra Madama Cristina di Francia e i suoi cognati. L’opera si può datare al 1650, grazie ai documenti di pagamento in favore di Alessandro Casella, lo stuccatore che realizzò la cornice decorata. Al centro si riconosce la Vergine; alla sua destra il Beato Amedeo di Savoia (Amedeo IX). Il fatto che Cristina di Francia si stesse battendo affinché ne venisse riconosciuta la santità e non solo la beatitudine, spiega anche l’aureola attorno alla testa. La presenza della croce tebea sulla corazza permette di identificare il santo barbuto a sinistra della Madonna con S. Maurizio.

2. Ancona d’altare con l’Incoronazione della Vergine e storie di san Pantaleone Scultore aostano

3. Cristo morto Scultore aostano

1330-1340

Tappe distinte nella cultura religiosa e nella devozione hanno lasciato segni su questa scultura, variamente modificata nel tempo. In origine si trattava di un Cristo morto, forse accompagnato da altre sculture nella composizione del Compianto che ben conosciamo soprattutto grazie a esempi successivi; in questa prima configurazione, la figura aveva le braccia adagiate lungo il tronco. Più tardi, nel Quattrocento, fu trasformata invece nel cosiddetto “uomo dei dolori”: la figura stante, con gli occhi aperti, che nel racconto evangelico coincide con il momento della presentazione al popolo di Gesù flagellato e coronato di spine, l’ “Ecce homo”. Una ripresa della finitura pittorica della scultura (rimossa dal recente intervento di restauro) aveva allora nascosto i segni della ferita sul costato e dei chiodi sulle mani, incompatibili con la narrazione di un momento precendente la Crocifissione.

San Pantaleone, nato a Nicomedia in Bitinia nel IV secolo e vittima delle persecuzioni contro i cristiani da parte dell’imperatore Diocleziano, era particolarmente venerato nel Medioevo in Valle d’Aosta, dove c’erano due parrocchiali dedicate a questo santo, a Valpelline (da cui proviene l’ancona del Museo Civico) e a Courmayeur. Tra Due e Trecento la devozione per i santi in Valle d’Aosta si espresse soprattutto attraverso la realizzazione di dossali e paliotti intagliati, ricchi di riquadri con le storie dei diversi martiri: l’incorniciatura architettonica in legno dorato e la gamma cromatica accesa, trasformavano queste opere, dal linguaggio chiaro ed efficace, in veri e propri manifesti d’arte sacra in grado di esaltare la devozione dei fedeli.

1320-1330 circa

PIANO TERRA

4. Cofano del cardinale Guala Bicchieri Limoges

5. Cassa di san Tiberio e Benedetto Miniatore attivo a Pinerolo 1398-1404

1220-1225 Il cofano nacque come baule e forziere personale, che il cardinale di Vercelli Guala Bicchieri – legato papale di Innocenzo III –, utilizzava durante i suoi viaggi attraverso l’Europa. Secoli dopo la morte di Guala, tra Quattro e Cinquecento, i resti del cardinale vennero depositati dentro il cofano, poi conservato nella chiesa abbaziale di Sant’Andrea di Vercelli. Nel 1823 il cofano, nascosto in un muro durante i disordini postrivoluzionari, venne recuperato e i resti del cardinale trasferiti in una cassa moderna, tuttora a Sant’Andrea. Il cofano, preziosissimo per la serratura e i medaglioni in smalto e rame dorato che lo decorano, è stato quindi oggetto di una trasformazione di significato da parte dei monaci di Sant’Andrea: da opera profana, è divenuto reliquiario, atto a contenere i resti del personaggio più illustre della storia del monastero.

6. Piatto per elemosina con la testa del Battista Orafo fiammingo 1500-1520

San Tiberio, con san Maurizio e san Giorgio, faceva parte della Legione Tebea: i tre santi, vissuti nel III secolo, furono martirizzati dopo aver evangelizzato gli abitanti delle valli di Pinerolo. Le loro reliquie, a lungo custodite nell’abbazia di Santa Maria di Pinerolo, dopo la soppressione del monastero all’inizio dell’Ottocento vennero disperse, così come i reliquiari che le contenevano. Tra questi, la cassa di Palazzo Madama, acquistata dal museo nel 1877, oggi vuota. Qui san Maurizio è ritratto secondo il linguaggio del gotico cortese, che predilige una rappresentazione idealizzata e cavalleresca dei santi, particolarmente idonea per i santi guerrieri: è raffigurato mentre monta un cavallo lanciato al galoppo – bardato con eleganti morsi e gualdrappa sfrangiata rossa –, e veste un’armatura che si ispira a quella dei cavalieri francesi di inizio Quattrocento.

Il soggetto richiama la Decollazione del Battista e la presentazione a Salomè, da parte di Erode, del capo del santo. La reliquia del capo del Battista, trafugata dal Palazzo Imperiale di Costantinopoli durante la IV crociata (1204), venne poi donata alla cattedrale di Amiens. Qui era conservata sopra un piatto d’argento, coperta da una maschera argentea che riproduceva le fattezze del Precursore: una presentazione che è all’origine del proliferare di opere in legno, pietra e metallo prezioso – soprattutto nel XV secolo –, che riproponevano insieme piatto e reliquiario, come nell’oreficeria del Museo Civico. Giovanni Battista è rappresentato nel momento di trapasso dalla vita alla morte e i suoi tratti richiamano intenzionalmente le sembianze del Cristo della Crocifissione. Il piatto proviene dalla Confraternita di san Giovanni Battista a Chieri.


1498

8. Dio Padre che sostiene il corpo di Cristo e colomba dello Spirito Santo Antoine de Lonhy 1470 circa

Maria accoglie in grembo il corpo del Figlio, appena deposto dalla croce. Si tratta di un momento centrale nel percorso terreno della Vergine, segnato da tappe dolorose. In tutta Europa, nel basso Medioevo, si assiste alla diffusione di temi che avvicinano i devoti a una nuova sensibilità, a una partecipazione agli aspetti emozionali della narrazione evangelica. A differenza di altre tipologie, che vedono il corpo di Gesù allungarsi trasversale, qui la fusione dei volumi è totale ed entrambe le figure risultano ricavate da un rigoroso solido geometrico. La figura del Figlio è piuttosto piccola nelle sue proporzioni rispetto a quello della Madre, e questo sembra poter suggerire un richiamo tra la nuova iconografia della Pietà e quella della Madonna col Bambino, che vantava invece una più antica tradizione.

L'Eterno, visto come un vero Padre burbero ma affettuoso, sostiene il corpo morto di Gesù, mentre la colomba che simboleggia lo Spirito Santo si libra nello spazio davanti a loro ed un angelo piangente in secondo piano sottolinea con le sue lacrime la tragedia compiuta. L’intuizione narrativa di trasformare un concetto teorico come la Trinità in una scena dotata di avvolgente tenerezza è ripresa dal pittore a partire da esempi che si erano diffusi all’inizio del Quattrocento soprattutto dalla corte di Borgogna. Proprio da questa regione proviene l’artista, stabilitosi in Piemonte dopo un lungo peregrinare in Francia e in Catalogna.

1504

1480 circa Il gruppo delle otto sculture raffigura il momento successivo alla deposizione dalla croce: la Vergine con la Maddalena e le pie donne, san Giovanni, Giuseppe di Arimatea e Nicodemo sono i protagonisti dell’atto estremo della Passione e sono colti nel momento in cui esprimono potentemente le loro emozioni. La diffusione di questo tema, soprattutto nell’Italia padana, è tra le più importanti manifestazioni di una nuova forma di devozione, in cui la partecipazione emotiva del fedele è l’elemento determinante e viene raggiunta attraverso una vera e propria "messa in scena" di figure che devono sembrare vive e presenti, a contatto con lo spettatore. A questo nuovo atteggiamento si affidò soprattutto la predicazione francescana, attraverso la quale gruppi di sculture simili a questo furono replicati nella seconda metà del Quattrocento a partire dai modelli emiliani e lombardi, raggiungendo anche aree alpine molto importanti in quanto vie di comunicazione, come nel caso della val d’Ossola da cui proviene l’opera del Museo.

Il teologo Cristoforo Bandello, frate francescano, è raffigurato nella veste di oratore. Alla fine della sua vita presiedette a Castelnuovo Scrivia (AL) l’assemblea dell’ordine dei Minori Osservanti, nella quale propugnò e difese la tesi dell’Immacolata Concezione. La lapide fu scolpita in memoria di quell’evento. Il simbolo al centro della lapide è lo “Scutum Fidei” (scudo della Fede), simbolo della Trinità. Nel Medioevo e nel Rinascimento esistono in Europa tre principali tipologie di rappresentazioni tombali: quelle con il defunto assorto nel sonno eterno, a volte accompagnato dai cosiddetti pleurants, i “piangenti”, che compongono il corteo funebre; la tipologia chiamata transi (da “transeo”, passare, trapassare), in cui al di sotto dell’immagine dormiente viene raffigurato il corpo morto, spesso rappresentato in modo realistico, per ricordare che la morte rende tutti uguali; infine, in particolare nel Rinascimento, spesso il defunto è raffigurato in vita, intento nell’attività che lo contraddistingueva: durante un’orazione, come in questo caso, o nelle vesti di vittorioso cavaliere…, allo scopo di perpetrarne in eterno la memoria.

PRIMO PIANO

12. Progetto per l’altare della Sindone nel Duomo di Torino Filippo Juvarra (Messina 1678-Madrid 1736) 1714

11. Ostensione della Sindone il 4 maggio nella piazza del Castello a Torino Antonio Tempesta (Firenze 1555-Roma 1630) 1613

Il disegno raffigura uno dei due altari progettati da Filippo Juvarra, mai realizzati, per la cappella della Sindone in Duomo. Il foglio è datato 10 ottobre 1714, anno dell’arrivo di Juvarra a Torino. Si tratta quindi di uno dei primi progetti voluti da Vittorio Amedeo II di Savoia, da poco incoronato Re di Sicilia, per la città divenuta capitale del regno. L’altare è isolato e porta al centro l’urna mistilinea contenente la cassa reliquiario in argento, visibile dai fedeli attraverso le grate.

Nel Seicento la Sindone veniva esposta alla venerazione dei fedeli ogni anno il 4 maggio, nel giorno della festa della reliquia. L’evento si svolgeva nella piazza del Castello alla presenza dei duchi di Savoia e offriva il segno della magnificenza della corte. La cerimonia si svolgeva secondo la tradizionale “maniera di Chambéry”, cioè con una parata di vescovi ostensori che andava da un minimo di tre a un numero più alto di prelati, sempre dispari, per consentire di collocare al centro quello gerarchicamente più alto. Altre ostensioni accompagnavano battesimi, matrimoni, funerali della casa regnante e avvenimenti particolari: l’incisione documenta l’ostensione del 1613 e la visita del vescovo savoiardo Francesco di Sales.

PIANO TERRA

10. Sigillo tombale di fra’ Cristoforo Bandello Scultore piemontese

9. Compianto sul Cristo morto Maestro di Santa Maria Maggiore

PIANO TERRA

7. Pietà Scultore del Piemonte meridionale

13. Cristo nell’orto di Getsemani con i simboli della Passione Francesco Cairo (Milano 1607-1665) Secondo quarto del XVII secolo Francesco Cairo dipinge Cristo in orazione nell’orto degli ulivi con la partecipazione e l’enfasi teatrale che caratterizzano tutta la pittura sacra della Controriforma. La scena è inserita in una ghirlanda composta da angioletti che reggono in volo i simboli della Passione e scandiscono attraverso il racconto degli oggetti gli ultimi momenti di vita di Gesù: dal tradimento di Pietro alla crocifissione. Questo schema compositivo riprende il modello fiammingo seicentesco che presentava la Madonna col Bambino in cornici ovali di fiori e di frutti.

PRIMO PIANO

14. Mercato in piazza San Carlo a Torino Giovanni Michele Graneri (Torino 1708-1762)

15. Il miracolo del SS. Sacramento a Torino: La caduta dell’asina e La discesa dell’ostia Pietro Domenico Olivero

1752

(Torino 1679-1755)

1740 circa La veduta di piazza San Carlo offre uno spaccato di vita quotidiana torinese alla metà del Settecento, quando il mercato animava con i suoi banchetti il centro cittadino. L’interesse dell’opera risiede anche negli aspetti architettonici: è compiuta la facciata juvarriana della chiesa di Santa Cristina, mentre San Carlo si presenta ancora con la facciata antica, e in fondo all’attuale via Roma si intravede la Porta Nuova, poi distrutta. Sulle facciate dei palazzi che incorniciano la piazza, si scorgono in lontananza i due affreschi con la Sindone che richiamavano la particolare devozione della città per la reliquia, portata da Chambéry a Torino da Emanuele Filiberto nel 1578.

Il miracolo del Corpus Domini avvenne il 6 giugno 1453, quando un’ostia fu trafugata a Exilles da un soldato dell’esercito di Renato d’Angiò in viaggio verso la Lombardia, e ricomparve a Torino, nascosta nel basto di un’asina. Fu allora che la particola si levò in cielo, dopo qualche istante ridiscese e fu riposta in un calice dal vescovo Ludovico di Romagnano. L’episodio si svolse nella piazza del Grano, oggi piazza Corpus Domini, e sul luogo del miracolo fu edificata a partire dal 1607 l’attuale basilica.

16. Modellino reliquiario del Santo Sepolcro a Gerusalemme Gerusalemme Seconda metà del XVII secolo Il reliquiario è realizzato ad intaglio usando il legno d’olivo del Getsemani (l’uliveto poco fuori Gerusalemme) e riproduce la basilica del Santo Sepolcro a Gerusalemme. Modelli di questo genere venivano prodotti dagli artigiani gerosolimitani per la vendita ai pellegrini che visitavano i Luoghi santi. Come succedeva per le croci di Terra Santa e i reliquiari a forma di chiesa della Natività, spesso questi oggetti circolavano in Europa e venivano offerti come doni preziosi per il loro profondo valore simbolico.

1683

17. Cristo crocifisso Pietro Piffetti (Torino 1700-1777)

1745-1750

Impresa di alto prestigio simbolico per l’immagine della dinastia sabauda, la cappella della Sindone vide dal primo decennio del Seicento l’alternarsi dei migliori architetti di corte. Dal 1667 il cantiere fu affidato a Guarino Guarini, arrivato a Torino da pochi mesi. Il nuovo progetto definì la cupola straordinaria grazie alla quale la cappella assunse la sua immagine di ascesa vertiginosa. La stampa fa parte del volume Dissegni d’Architettura Civile, et Ecclesiastica Inventati, et Delineati dal Padre D. Guarino Guarini Modenese… dato alle stampe dai padri Teatini di San Lorenzo di Torino nel 1686, tre anni dopo la morte del celebre architetto loro confratello.

19. Busto reliquiario di santo vescovo Valle d’Aosta Fine XV-inizio XVI secolo Al secondo piano si può vedere una raccolta di reliquiari del XIV e XV secolo di produzione toscana, veneta e francese. Particolarmente importante il busto-reliquiario di santo vescovo, probabilmente san Biagio, proveniente dalla Valle d’Aosta. Si tratta di una tipologia assai diffusa nel Medioevo, che prevedeva l’inserimento della reliquia del capo del santo in un ricettacolo ricavato dietro la testa, sempre a grandezza naturale, realizzata in legno intagliato o metallo sbalzato. Il forte realismo di quest’opera si deve alla minuzia descrittiva del pittore, che ha certamente guardato alla serie di teste-reliquiario prodotte in Valle d’Aosta nel XV secolo (Aosta, Cattedrale, Ospizio del Gran San Bernardo), tutte in metallo dipinto in modo da riprodurre esattamente l’incarnato dei volti e l’iride degli occhi. La riproposizione al naturale del santo ne fa un personaggio più accostante e vicino al fedele.

SECONDO PIANO

Cristo crocifisso, scolpito in avorio, è raffigurato nel momento del trapasso, con il capo reclinato sulla spalla destra e gli occhi socchiusi. Il corpo è ben proporzionato, modulato secondo canoni classicisti, ed esprime l’umanità dolente, ma composta del Figlio di Dio morente. La base della croce è impreziosita dagli intarsi in avorio che raffigurano, tra volute vegetali e fiori, i simboli della Passione e la Sindone retta da tre angioletti. Appartenuto in origine ai Savoia, il crocifisso di Piffetti è concesso in deposito al Museo dall’Ospedale Maggiore San Giovanni Battista di Torino.

PRIMO PIANO

18. Pianta e sezione della cappella della Sindone a Torino Jean Fayneau (attivo a Torino nell’ultimo quarto del XVII secolo) su disegno di Guarino Guarini (Modena 1624-Milano 1683)


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