ABITARE SOSTENIBILE: TERRITORIO, AMBIENTE, HABITAT La Cité Manifeste a Mulhouse Zeila Tesoriere Dipartimento di Storia e Progetto – Università degli Studi di Palermo LIAT Laboratoire Infrastructure Architecture Territoire – Ecole Nationale Supérieure d’Architecture Paris- Malaquais zeilatesoriere@unipa.it
SOMMARIO Mentre con frequenza crescente in Europa corrono paralleli fenomeni di concentrazione e dispersione dell’habitat urbano, si rafforza il ruolo di alcuni piccoli centri dall’identità consolidata per raggiungere nuovi equilibri relativi ai temi dello sviluppo sostenibile, nell’ottica di un innervamento strategico del territorio. Facendo riferimento alle operazioni che dal 2001 sono in atto per il rinnovamento del profilo di Mulhouse, l’intervento proposto guarda all’indispensabile intreccio di pratiche, strumenti e politiche di intervento, nella designazione di piccoli centri a vocazione unica e a forte memoria storica come nuove figure di rilievo. Mulhouse è oggi una città transfrontaliera di circa 140 000 abitanti in cui l’impresa tessile, fenomeno determinante dalla metà dell’Ottocento, è quasi del tutto scomparsa, e che punta a divenire centro di una regione più vasta, lungo i confini con la Svizzera e la Germania e legata a nuovi interessi economici. Nella Mulhouse del XIX secolo l’inurbamento legato all’industrializzazione ha dato luogo alla prima esperienza europea di alloggi operai unifamiliari e con giardino concessi in proprietà, che hanno reso la città un riferimento per le pratiche e la storia dell’architettura domestica. Tali alloggi sono ora un emblema identitario cui la municipalità si riferisce per lanciare nuove operazioni di richiamo. La principale in tal senso è stata la Cité Manifeste (2002), molto mediatizzata, rafforzando l’identità di Mulhouse come riferimento per l’innovazione nell’habitat. Per giungere a tale obiettivo si 141
142
Zeila Tesoriere
correlano a cascata una coralità di figure operative e attuative. La Cité Manifeste è infatti il più pubblicizzato dei progetti del Grand Projet de Ville, a sua volta inserito nel Contrat de Ville, contenuto negli obiettivi dell’Agenda 21Mulhouse sud- Alsace, patto fra diverse municipalità sui temi dello sviluppo sostenibile enunciati a Rio nel 1992. Tale quadro è a sua volta sostenuto da nuove leggi nazionali, come la legge Borloo del 2003, che mira al rinnovamento urbano tramite la riqualificazione del parco alloggi esistente e la costruzione di architetture eco-compatibili, in un disegno che si misura con nuovi scenari, legati alla sostenibilità dello sviluppo urbano e al disegno delle infrastrutture della mobilità come puntello inevitabile alla figura della dispersione. 1. INTRODUZIONE Le procedure complesse che interessano in Europa la riconversione di territori segnati dall’obsolescenza di loro precedenti e caratterizzanti attività sono oggi sempre più numerose e si svolgono in modo sempre più diversificato per la localizzazione e l’estensione degli interventi. Alcuni denominatori comuni fra operazioni per il resto molto diverse si trovano nel riferimento alla sostenibilità e in particolare alle indicazioni sottoscritte a Rio de Janeiro nel 1992 da 178 nazioni che si sono impegnate a favorire lo sviluppo sostenibile del loro territorio nell’affrontare il XXI secolo, attraverso l’elaborazione di azioni correlate fra loro da un’agenda generale. Si presentano qui i risultati di una più vasta ricerca in corso, centrata su alcune operazioni francesi federate dalla redazione di Agenda 21, e relativi al complesso di interventi realizzati nell’arco di una decina d’anni a Mulhouse, sullo sfondo dell’elaborazione di un’Agenda 21 relativa ad una agglomerazione di comuni costituitasi per l’occasione. Ciò permette una riflessione sull’intreccio di pratiche, strumenti e politiche di intervento che oggi indicano sempre più spesso piccoli centri a vocazione unica e di forte memoria storica come figure di rilievo per i nuovi equilibri relativi ai rapporti fra densità, figure urbane e fenomeni di dispersione e concentrazione dell’habitat in Europa.
Abitare sostenibile: territorio, ambiente, habitat
143
Due temi principali innervano l’insieme delle operazioni: il ridisegno del sistema infrastrutturale, orientato al trasporto pubblico su rotaie, capace di sostenere la costruzione di una nuova rete di relazioni territoriali sovranazionali; il riferimento all’esperienza costruita tardo ottocentesca degli alloggi operai, considerata emblematica per il settore a livello europeo, reinterpretata oggi per l’avvio di un piano di recupero dell’esistente e di costruzione di nuovi edifici ecosostenbili. 2. IL CARRÉ MULHOUSIEN: MEMORIA STORICA E IDENTITÀ LOCALE Mulhouse, nell’Alto Reno, in Alsazia, è oggi una città transfrontaliera di circa 110.000 abitanti che ha avviato dal 2001 un vasto insieme di operazioni per il rinnovamento del proprio profilo in relazione al suo territorio. Lo sviluppo e la fortuna di Mulhouse sono stati orientati in modo determinante nel corso del XIX secolo dall’emergenza dei principali fra i temi della modernità. Negli anni centrali dell’Ottocento un rapido e fecondo processo di industrializzazione ne fece uno dei maggiori poli tessili francesi, mentre le dinamiche conseguenti all’attrazione di nutrite fasce di popolazione interessate al lavoro nelle fabbriche marcarono definitivamente la struttura e il carattere di questo piccolo centro. Fra i temi capitali di quegli anni si impose quello delle terribili condizioni di vita degli operai nelle grandi città industriali europee, insieme all’intenso dibattito che si imbastì per porvi rimedio. Per decenni una ricerca costante condusse gli imprenditori, e fra di loro i filantropi – nuove figure emblematiche di quest’epoca e di questi temi – gli ingegneri, gli architetti del nord Europa a valutare i mezzi più efficaci per governare l’inserimento del nuovo ceto operaio nelle città. Fra gli obiettivi principali vi era quello di educare questi gruppi sociali alla vita cittadina, inducendo nuove pratiche che tenessero i lavoratori lontani tanto dall’alcolismo che dalle rivendicazioni sindacali e dalla diffusione degli ideali socialisti, pratiche che intervenissero inoltre per correggere la mancanza di igiene personale e domestica, limitando la diffusione di epidemie. L’alloggio si affermerà pre-
144
Zeila Tesoriere
sto e in maniera condivisa come strumento decisivo per la realizzazione di tali strategie. Sul suo carattere, sull’opportunità e l’efficacia della sua localizzazione urbana, della modalità di associazione fra unità abitative, dell’impianto, della distribuzione interna, è stato prodotto nell’arco dell’ultimo cinquantennio dell’Ottocento un imponente insieme di strumenti operativi, cui è corrisposta l’intensa sperimentazione costruita di numerose ipotesi. Le realizzazioni possono ricondursi a due filoni principali: l’alloggio operaio per la grande metropoli e quello per il piccolo centro a vocazione industriale esclusiva. Il tipo più diffuso è quello realizzato nei grandi centri, e consiste in un edificio a corte chiusa o aperta su più livelli fuori terra, costituito da alloggi associati e servizi comuni interni al fabbricato. Gli edifici venivano costruiti da società filantropiche riconducibili ai capitani d’impresa o dagli stessi industriali, che ne avrebbero conservato la proprietà, permettendo ai lavoratori una locazione temporanea rinnovabile previa verifica dello stato d’uso dell’abitazione e del rispetto di alcune condizioni di utilizzo e condotta personale. La cristallizzazione, diffusione, ripresa e aggiornamento progressivo di questa materia architettonica e urbana hanno dato luogo in Francia un panorama sostanzialmente unitario, in cui l’unica eccezione fu quella sperimentata a Mulhouse, ove fu praticato il primo esempio europeo di alloggi operai unifamiliari e con giardino concessi in proprietà. A partire dal 1853, la Socièté Mulhousienne des Cités Ouvrières (SOMCO), fondata a tale scopo, diede incarico all’ingegnere Emile Muller di elaborare e costruire un progetto per una Cité operaia che avrebbe alloggiato i dipendenti delle fabbriche tessili della cittadina. Incaricato di occupare un’area di circa 60 ha., Muller realizzò un nuovo sistema, che raggruppa su uno schema cruciforme quattro alloggi unifamiliari sotto un’unica copertura, ottenendo un modulo quadrangolare di due elevazioni fuori terra – detto carré mulhousien che, ripetuto, forma lunghe bande prospicienti su giardini privati sul fronte e sul retro, in riferimento al modello delle garden-cities inglesi studiate da E. Muller nel corso dell’approfondita ricerca preparatoria. L’accesso in proprietà raggiungibile nel volgere di alcuni anni, la dimensione unifamiliare dello spazio domestico, la disponibilità dei due piccoli giardini, l’accortezza della distribuzione interna e altre qualità intrinseche degli alloggi, fra cui la relativa ampiezza, che fa dei
Abitare sostenibile: territorio, ambiente, habitat
145
47 m2. abitabili del carré mulhosien uno standard superiore non solo agli altri alloggi operai del tempo, ma anche alle norme di cui la Francia si dotò quarant’anni più tardi, hanno posto l’esempio di Mulhouse come modello che ha attraversato il tempo. 3. IL DISEGNO DELLE TRASFORMAZIONI: VISIONE UNITARIA, MOLTEPLICE QUADRO LEGISLATIVO In un primo, lungo momento, l’esperienza degli alloggi operai di Mulhouse è stata emblematica solo all’interno delle comunità di specialisti interessate ai temi della residenza operaia. Questo patrimonio si riafferma oggi al centro degli interessi dell’amministrazione, che investe nel considerare il tessuto operaio ottocentesco come emblema identitario, in cui l’intera cittadina riconosce uno dei suoi caratteri, sottolineandone il ruolo esemplare nella storia dell’architettura domestica, e ricorrendovi come traino cui agganciare nuove operazioni di richiamo. Oggi la condizione dei fattori determinanti per Mulhouse è molto mutata. Gli alloggi ottocenteschi mostrano le modifiche eseguite dagli abitanti nel corso di questi 150 anni, mentre l’assunzione di nuove pratiche (fra cui il subaffitto e il conseguente incremento della popolazione residente nella Cité, oggi multietnica) rende ancora più urgenti nuovi interventi sul parco immobiliare. Intanto, l’impresa tessile è quasi del tutto scomparsa, e le altre grandi industrie chimiche e meccaniche si sono trasferite lontano, ultima la Peugeot. Mulhouse, stretta fra i confini con la Svizzera e la Germania, punta ora a divenire centro di riferimento di una regione più vasta, transfrontaliera e gravitante intorno a nuovi interessi economici. Le recenti politiche adottate si possono leggere sullo sfondo di un quadro europeo che con frequenza crescente attribuisce un ruolo cerniera a piccoli centri dall’identità consolidata per raggiungere nuovi equilibri nell’ottica di un innervamento decisivo per il territorio circostante e in relazione ai temi della medio-bassa densità, della mobilità e dello sviluppo sostenibile. Mulhouse persegue tali obiettivi con il sostegno di un quadro legislativo nazionale che elabora da decenni una pluralità di figure inter-
146
Zeila Tesoriere
pretative, di progetto e attuative e mostra la necessità di correlare a cascata una coralità di strumenti, a cavallo di scale di intervento che siano al contempo locali, sovracomunali, internazionali, coinvolgendo attori e soggetti decisori pubblici e privati. In questo caso specifico, una prima linea di riferimento è stata l’Agenda 21 Mulhouse sud- Alsace, patto federatore per la Communauté d’Agglomération Mulhouse – sud Alsace (soggetto composto da diverse municipalità che riconoscono a Mulhouse un ruolo centrale) sui temi dello sviluppo sostenibile enunciati a Rio de Janeiro nel 19921. La municipalità di Mulhouse ha dunque redatto un’Agenda 21 dotandosi di un programma intercomunale con 35 partenairs pubblici e privati. Fra gli obiettivi di maggiore rilievo ricondotti alle azioni di Agenda 21 è la realizzazione dei punti sottoscritti nel Contrat de Ville, elaborato a sua volta all’interno del Grand Projet de Ville (GPV), preventivamente redatto2. Estendendo la qualifica di patrimonio agli alloggi operai tardoottocenteschi, per i quali si prevede una serie di operazioni manutentive, il GPV lega a questa manovra la disposizione di numerosi altri interventi di riqualificazione anche su alloggi privati, che nel caso insistano soprattutto sui fronti degli edifici saranno connessi a azioni complementari sullo spazio pubblico.
1
La Dichiarazione di Rio sull’ambiente e lo sviluppo (Rio de Janeiro, giugno 1992), al capitolo 28 incita a elaborare delle ipotesi trasformative legate a scadenze precise e volte a rispondere alle sfide del 21° secolo (da qui il nome di Agenda 21) per realizzare obiettivi generali in cui le politiche urbane si leghino allo sviluppo sostenibile con il più ampio coinvolgimento possibile di abitanti, attori e imprese locali. 2 Il Contrat de ville è stato istituito in Francia con la legge del 10.06.1989 come sistema che permette di realizzare progetti urbani sotto forma contrattuale fra lo Stato, le collettività locali e i loro partenaires. L’obiettivo principale di tale figura è la determinazione di un quadro legislativo in cui concertare politiche territoriali di sviluppo solidale e di rinnovamento e riqualificazione urbana. Avviati dal 1999, i Grands projets de ville sono figure del tutto integrate al Contrat de Ville, che deve quindi precederli e prevederli, con l’obiettivo specifico di realizzare operazioni mirate di rinnovamento urbano su 50 siti degradati individuati sul teritorio nazionale.
Abitare sostenibile: territorio, ambiente, habitat
147
Tale pratica ricorre con frequenza crescente in Francia, e riposa sulla Legge Borloo, che dal 1° agosto 2003 introduce l’orchestrazione di interventi di rinnovamento urbano, volti in particolare ai quartieri in difficoltà, attraverso la riqualificazione del parco alloggi esistente e la costruzione di nuovi esempi sperimentali3. Contestualmente, la Communauté d’Agglomération Mulhouse Sud Alsace si è dotata di un progetto infrastrutturale capace di intercettare in più punti il GPV. La realizzazione di una linea tramviaria nel 2001, che dal 2006 si è ibridata in linea ferroviaria a percorrenza regionale (le tram-train de Mulhouse) ha consentito di riqualificare tutto lo spazio pubblico urbano interessato dal passaggio dei binari, mentre l’arrivo, fra 2008 e 2011, del TGV Est Européen e Rhin-Rhône è stato il motore degli interventi sull’edificio stazione preesistente e sul suo immediato intorno urbano. Potenziando a più scale il trasporto pubblico su rotaie, Mulhouse progetta le dinamiche urbane di nuovi potenziali residenti, da attrarre per la facilità, rapidità e comodità degli spostamenti dalla scala di quartiere sino a quella internazionale, permettendo collegamenti agevoli e con mezzi della stessa natura dal proprio quartiere sino alla Svizzera o alla Germania. 4. LA CITÉ MANIFESTE Il lancio di questo insieme di interventi è stato trainato da un’operazione di grande richiamo. Grazie alla legge Borloo, la riqualificazione del tessuto residenziale esistente, in primo luogo quello ottocentesco, è stata realizzata in convergenza con la costruzione di nuovi quartieri. Iniziativa di rilievo internazionale è stata in tal senso la Cité Manifeste, realizzazione di 61 nuovi alloggi sociali su un lotto che fronteggia i più esterni fra gli isolati di Muller, avente come promotore la stessa SOMCO, e come occasione il festeggiamento del 150° an3
Loi d’orientation et de programmation pour la ville et la rénovation urbaine, detta anche legge Borloo, dal nome dell’estensore J.L. Borloo, allora Ministre delegué à la ville et à la renovation urbaine, emanata il 1.08.2003.
148
Zeila Tesoriere
niversario della più antica Cité operaia. Il direttore della SOMCO, Pierre Zemp, è stato fra i principali attori coinvolti in tal senso dal GPV, e l’istruzione delle tappe per la realizzazione delle nuove case ha consentito un radicale rafforzamento dell’identità di Mulhouse come città di riferimento per l’innovazione nell’habitat a livello internazionale. D’accordo con gli architectes – conseil della municipalità, Zemp ha incaricato direttamente Jean Nouvel della regia complessiva dell’operazione. Già autore, fra il 1987 e il 1994, a Nîmes, di Nemausus, progetto centrato sull’innovazione dell’alloggio sociale, Jean Nouvel ha accettato di misurarsi nuovamente con la difficile sperimentazione in quest’ambito, condividendo il progetto dei 61 alloggi con quattro gruppi scelti fra i protagonisti della sperimentazione sullo spazio domestico, le cui proposte hanno segnato l’elaborazione contemporanea di questo tema. L’équipe completa ha previsto dunque che l’Atelier Jean Nouvel; Shigeru Ban con Jean de Gastines; Anne Lacaton & Jean-Philippe Vassal; Duncan Lewis – Scape architecture associato al gruppo Block; ART’M architecture - Matthieu Poitevin e Pascal Reynaud lavorassero assumendo i limiti ordinari di un’operazione del genere nel budget, nelle modalità di appalto e di affidamento degli incarichi, nei tempi di realizzazione.
FOTO 1 – Sulla destra, il lotto trapezoidale della Cité Manifeste, circondato dal tessuto ottocentesco costituito dagli isolati di alloggi operai.
Abitare sostenibile: territorio, ambiente, habitat
149
A questa condizione si aggiungevano inoltre gli obiettivi di Agenda 21, concentrati in particolare sull’innovazione dello spazio domestico, sulla sostenibilità e ecocompatibilità dell’intervento. Realizzati su un lotto trapezoidale ai margini dell’antica Cité, bordato dalla rue Lavoisier, che conduce alla vicina autostrada, e imperniato sulla maglia ottocentesca di vie principali e secondarie ordito da Muller, i 61 alloggi sono stati consegnati nel 2005. A quasi due secoli dall’esperienza della cité operaia, i nuovi alloggi hanno poco in comune con i contenuti di fondo espressi dall’esempio ottocentesco e rispondono in primo luogo al consenso crescente dei cittadini francesi per l’alloggio unifamiliare con giardino privato, in un disegno di bassa densità che concentra le innovazioni sulla difficilissima equazione fra l’ampiezza degli spazi abitabili, la loro flessibilità, e la sostenibilità da ottenere pur convertendo all’habitat materiali industriali e in genere non impiegati per l’architettura domestica. L’ampliamento della superficie interna degli alloggi rispetto alla media della realizzazione corrente, insieme agli altri obiettivi dell’operazione, avrebbe dovuto essere raggiunta senza incremento dei costi di costruzione, e senza contare su contributi integrativi (che pur sarebbero stati accessibili attraverso il riferimento al quadro molto articolato di figure legislative nazionali e comunitarie che hanno reso possibile l’operazione).
FOTO 1 – Da sinistra, modelli virtuali degli edifici di S. Ban con J. de Gastines e di quelli dui A. Lacaton & J.-P. Vassal
150
Zeila Tesoriere
Traendo spunto dalle rispettive esperienze precedenti, le 6 équipes coinvolte hanno fatto diffusamente ricorso a elementi o volumi interamente prefabbricati fuori opera. I moduli impilabili di Shigeru Ban; quelli dai grandi aggetti liberi di Duncan Lewis; le strutture da serra orticola di Lacaton e Vassal issate su uno zoccolo di cemento; il grande piano in metallo ondulato che costituisce un’unica copertura per l’intero complesso di Jean Nouvel; così come le partizioni interne, in genere costituite da elementi industriali scorrevoli e a scomparsa, contribuiscono al contenimento delle spese e permettono il disegno di un habitat non convenzionale, in cui gli spazi domestici appaiono modulabili in estensione e orientabili nelle relazioni con gli altri luoghi interni e con quelli esterni: terrazze, giardini in piena terra o sospesi. Molto mediatizzata, l’operazione ha suscitato grande interesse e ha attirato, come auspicato, nuovi osservatori sull’intero disegno generale. E’ solo infatti nel quadro complesso qui evocato che si comprendono fini, contenuti e reale praticabilità di un’operazione come la Cité Manifeste, in cui la memoria storica e l’identità urbana sono fra i motori trainanti per una profonda revisione di ruoli e configurazioni dell’intera Mulhouse. Il prestigio internazionale degli architetti coinvolti ha consentito di radicare l’idea che la cittadina sia luogo di un habitat di qualità, e le consente di riscrivere il suo ruolo e misurarsi con nuovi scenari, relativi all’ampliamento su scala regionale del raggio di interazioni di abitanti, interessi e servizi in un disegno di sostenibilità dello sviluppo urbano a bassa densità che fa delle infrastrutture della mobilità un puntello inevitabile. 5. CONCLUSIONI Gli alloggi della Cité Manifeste andranno incontro nel tempo alle verifiche che solo l’uso dell’architettura consente di effettuare. Valutare la relazione fra lo spazio domestico progettato e quello vissuto è una questione cruciale per l’architettura dell’abitare dopo il Movimento Moderno. Le modalità di appropriazione praticate dai locatari permetteranno di definire i termini del rapporto fra la valenza teorica,
Abitare sostenibile: territorio, ambiente, habitat
151
emblematica, dell’operazione, il rispetto dei parametri di costi e prestazioni stabiliti nel programma e la vivibilità di queste case. Se per avere un panorama relativo a questi punti sarà necessario che passino gli anni e mentre alcune delle operazioni previste dal quadro complessivo degli interventi sono ancora in corso, possono essere svolte però alcune riflessioni conclusive rispetto al significato e al carattere complessivo dell’esperienza. L’eco mediatica della Cité Manifeste conferma l’attualità dei temi legati alla sperimentazione sull’alloggio sociale. Uno sguardo più attento mostra inoltre che ciò avviene in una prospettiva che non vede l’alloggio sovvenzionato come un prodotto costruito in associazione univoca e automatica ai ceti più deboli. La Francia ha una lunga tradizione di ricerca e costruzione di una varietà di alloggi sociali destinati a ceti di reddito differenziato, sostenuta dall’elaborazione di politiche volte a rendere vantaggiosa la produzione e la manutenzione di questo articolato parco locativo. Così si comprende il senso di un’operazione realizzata a partire dall’ipotesi che l’alloggio sociale possa essere un elemento di eccellenza dal punto di vista progettuale, e una risorsa per il contesto in cui interviene come elemento di riqualificazione del tessuto e dello spazio pubblico. E’ ancora il riferimento al quadro nazionale che conduce a sottolineare che il caso di Mulhouse non è isolato, ma rappresenta una delle numerosissime possibilità di declinare il ricorso alla congerie di strumenti e figure qui rapidamente evocate che oggi in Francia è predisposta a immaginare e realizzare nuovi scenari per città in trasformazione. La natura di tali leggi consente l’intreccio di un vasto insieme di procedure a diverse scale di azione, e permette che le diverse operazioni programmate si svolgano entro i tempi previsti, senza confliggere, e intersecando a loro volta panorami ulteriormente strutturati dalle disposizioni europee o dagli intendimenti volti alla salvaguardia dell’ambiente. Questo complesso meccanismo funziona, infine, lungo una duplice direzione: quella che procede in avanti, verso il futuro, ed è propria della dimensione propositiva, fondata sui progetti e sull’individuazione degli strumenti per attuarli, e quella inversa, in cui altri soggetti percorrono la stessa via sul sentiero del ritorno esami-
152
Zeila Tesoriere
nando le azioni compiute, valutandole e premiandole – ove opportuno -attraverso il riferimento a un campo vasto, in cui confluiscono gli esiti di numerosissime operazioni analoghe condotte sull’intero territorio nazionale da tutti quei soggetti che avranno avuto le capacità di attuarli. RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI PUCA, Cité de l’architecture et du patrimoine, Arc en reve centre d’architecture, Voisins – Voisines nouvelles formes de l’habitat individuel en France, (2006) Editions Le Moniteur, Parigi. Prefecture du Haut-Rhin, Ville de Mulhouse, Contrat de ville intercommunale de l’agglomération mulhousienne, 2001. Délégation Interministérielle à la Ville, Répertoire des Grands Projets de Ville, 2002. Trelcat, Sophie, “Droit de cité à Mulhouse”, in L’Architecture d’aujourd’hui, n. 340, Editions Jean-Michel Place, Parigi, maggiogiugno 2002, p. 22-26, Séron-Pierre, Catherine, “La cité manifeste - Mulhouse”, in Le Moniteur architecture - AMC, n.151, Le Moniteur, Parigi, 2005, p. 5459.