Maffeo Vallaresso, Epistolario (1450-1471) e gli altri documenti trasmessi dal codice vaticano Barbe

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Un arcivescovo umanista tra Zara, Venezia e Roma

I UN ARCIVESCOVO UMANISTA TRA ZARA, VENEZIA E ROMA. MAFFEO VALLARESSO (1415-1494) E IL SUO EPISTOLARIO Matteo Melchiorre 1. Introduzione Vittore Branca osservò come numerose delle prime grandi serie epistolari veneziane presentino un carattere eterogeneo che le assimila, più che ai grandi modelli dell’epistolografia classica o petrarchesca, a raccolte composite di documenti vari.1 Tale caratteristica avvicina le serie epistolari veneziane al multiforme universo delle scritture di memoria storica, incentrate sull’individuo o sulla famiglia, così frequenti nella città lagunare.2 Questa osservazione, in certo modo, può essere riferita al codice Barberiniano Latino 1809 della Biblioteca Apostolica Vaticana.3 Esso consta infatti di tre distinti nuclei che raccolgono materiali diversi. Il primo nucleo, di gran lunga il più consistente (ben 604 carte sulle 689 complessive), comprende 499 lettere scritte o ricevute dall’arcivescovo di Zara (Zadar) Maffeo Vallaresso tra il 1450 e il 1471. Esse sono disposte in un continuum, senza alcun filo conduttore diverso da un rudimentale (e in gran parte non rispettato) impianto cronologico. Il secondo e più esiguo nucleo del codice (appena 15 carte su 689) tiene invece assieme una silloge di 15 documenti cancellereschi riferibili all’azione vescovile di Maffeo Vallaresso e databili al periodo 1450-1479. Il terzo ed ultimo nucleo (68 carte su 689), infine, accorpa materiali eterogenei e più antichi relativi allo zio di Maffeo Vallaresso, l’arcivescovo di Creta Fantino Vallaresso (45 tra lettere inviate e ricevute dal medesimo Fantino) e copie di lettere scambiate invece tra corrispondenti terzi. La vasta raccolta epistolare di Maffeo Vallaresso e gli altri annessi materiali accostano insomma il codice Barberiniano Latino 1809 a un liber recordationum molto sui generis, nel quale la funzione memoriale è svolta dalla singola lettera o dal singolo documento anziché dall’annotazione di cronaca. Essendo il risultato di un’esigenza memorativa, individuale e in subordine familiare, il codice è in primo luogo una densissima traccia di sé lasciata da Maffeo Vallaresso. La fonte, tuttavia, si presta a ricerche e utilizzi che vanno Branca 1998, 133. Sul tema dell’epistolografia veneziana di età umanistica cfr. anche Marx 1983, 118-54. 2 Grubb 2009, XI-XXIX. 3 Per una descrizione fisica del codice cfr. in questo stesso volume la nota codicologica di Marco Cursi. 1

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