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A Rimini il 56° incontro annuale dell’Associazione Scientifica di Avicoltura
Si è svolto al Palancongressi di Rimini il 22 aprile scorso l'incontro annuale dell’Associazione Scientifica di Avicoltura. Nell’occasione, a interrogarsi sul futuro del broiler moderno, sono intervenuti importanti nomi della ricerca scientifica in avicoltura.
“Stiamo spingendo il broiler oltre il proprio limite biologico?”: è stato questo il tema del convegno svoltosi il 22 aprile al Palacongressi di Rimini in occasione del 56° incontro annuale dell’Associazione Scientifica di Avicoltura. Ad aprire i lavori è stato Martino Cassandro, Presidente della sezione italiana della World Poultry Science Association (WPSA), di cui l’Associazione Scientifica di Avicoltura fa parte.
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Il primo degli interventi (Applying energy balance modelling to assess the limits of efficiency of broiler chicken) su questo tema, che riveste un grande interesse per l’avicoltura moderna, è stato quello del prof. Ilkka Leinonen del Natural Resources Institute di Helsinki, che ha parlato dell’applicazione di modelli matematici per valutare i limiti di efficienza del pollo. Negli allevamenti, come ha spiegato il professore finlandese, si lavora sempre su unità funzionali, valutando tutti gli aspetti della produzione, emissioni comprese. Nei modelli si tengono in considerazione sia le materie prime che la filiera (riproduttori, incubatoio, accrescimento, trasporti, lettiere, ecc.). Una volta stabilita una base, si tiene conto dell’evoluzione genetica e del relativo miglioramento delle performance. Negli ultimi anni abbiamo osservato polli che pesavano sempre di più e con conversioni sempre migliori. Secondo Leinonen i limiti che possiamo immaginarci vanno tradotti in energia, che, nell’allevamento, può essere rilasciata come calore animale, come energia ancora presente nelle feci, ma soprattutto come energia metabolizzabile, che esprime la trasformazione dell’alimento in proteine ed energia (quest’ultima con un valore energetico quasi doppio rispetto alle proteine). Ciò che si è finora evidenziato è che la produzione di calore metabolico, nonostante le crescita più veloce dei polli moderni, non è aumentata, a dimostrazione della crescente efficienza della produzione.
“Is gut functionality a limitation for maximizing growth?” è stato il tema dell’intervento sulla funzionalità intestinale di Birger Svihus, professore alla Norwegian University of Life Sciences. Lo sviluppo in crescita e la conversione del pollo sono ormai noti: ormai abbiamo raggiunto conversioni di 1,6, senza aumentare la lunghezza del tratto gastrointestinale, il che denota una grande efficienza nella digestione. Non sempre, però, una migliore conversione equivale a un’utilizzazione ottimale del mangime, la cui formulazione è cambiata enormemente negli ultimi anni, senza però poter superare un problema, rappresentato dal fatto che l’enorme quantità di cibo ingerita trova un limite sia nel volume dell’intestino, che nell’appetito dei singoli soggetti. Il pollo odierno – ha spiegato il prof. Svihus – mangia più di quanto riesca ad assimilare, ma esistono differenze da soggetto a soggetto: in allevamento alcuni polli risultano sempre col tratto gastrointestinale pieno, mentre altri hanno geneticamente una minore tendenza ad ingozzarsi. Inoltre, tra le differenti linee ne esistono alcune più pigre, che tendono a riposare di più, soprattutto quando maturano, rimanendo per l’80% del proprio tempo sedute e dedicando all’attività solamente 4 ore al giorno, di cui solamente 1 è utilizzata per cibarsi. Alcuni studi condotti su broiler a crescita veloce nutriti con mangime pellettato e zavorrato con crusca (15, 30 o 45%) hanno evidenziato che fino al 30% di crusca il peso dei polli rimane uguale. Mentre nelle linee a crescita lenta si nota un ulteriore cambiamento con mangime pellettato o sfarinato: lo sfarinato richiede infatti un tempo assai maggiore di alimentazione (fino a 3 volte di più), ma il risultato è un peso minore, mentre un buon pellet permette di raggiungere risultati zootecnici migliori.
Anche la permanenza del cibo nel tratto gastrointestinale varia in base alla linea genetica del pollo: nelle razze a crescita veloce sembra che ci sia una maggiore difficoltà a digerire l’amido in modo completo, mentre il pollo a crescita lenta sembra che abbia migliori capacità di digestione. Parimenti esistono differenze nel metabolismo dell’energia tra linee a crescita lenta o veloce: le seconde hanno un metabolismo accelerato, come dimostra la migliore assunzione di mangime e il peso, anche con diete zavorrate, rispetto a quelle a crescita lenta.
Nel suo intervento il prof. Filip Van Immerseel (Ghent University) si è domandato se il pollo moderno sia più sensibile alle infiammazioni e alle infezioni intestinali (Why classical broiler production yields animals with high sensitivity to intestinal inflammation and infection?). Le recenti migliorie nelle performance del pollo non hanno comportato un aumento della lunghezza del tratto gastrointestinale ma in questo ambito sussistono comunque alcune problematiche. Ad esempio, il divieto di antibiotici auxinici e la limitazione dei chemioterapici hanno reso più difficile prevenire e contrastare le infezioni batteriche, anche se non bisogna dimenticare che la somministrazione indiscriminata (soprattutto nella prima e terza settimana di vita) di antimicrobici era causa di alterazioni della flora intestinale, con sviluppo di patogeni.
La comparsa dell’enterite necrotica (NE) è la conseguenza di questo cambiamento. Si tratta di una clostridiosi che compare anche a livello umano quando la dieta è squilibrata. Non tutti i polli si ammalano di enterite necrotica: a farlo sono di solito i più pesanti, a dimostrazione della maggiore sensibilità del loro tratto gastrointestinale. Infatti pare che il maggior consumo renda disponibile, nel lume, una quota maggiore di proteine e di amminoacidi, che favoriscono lo sviluppo del clostridio.
Le lesioni intestinali, inoltre, causano anche un aumento della permeabilità, con passaggio di batteri in circolo, che spesso si fissano nelle zone più isolate, poco irrorate dal circolo ematico, dove le cellule bianche non riescono a raggiungerli, come ossa, cervello, ecc., originando necrosi della testa del femore, tibia, vertebre, pericarditi e altri disturbi.
Come ha ricordato il prof. Van Immerseel, l’intestino appena dopo la schiusa è assai permeabile sia agli agenti chimici che batterici e quindi l’errata somministrazione di antimicrobici può selezionare i batteri patogeni, spesso più resistenti, che entrano poi in circolo. A livello istologico, si notano evidenze di queste disbiosi anche su polli apparentemente normali. Infatti i germi che aderiscono alle pareti intestinali causano un’infiammazione, alterano la lunghezza di cripte e villi intestinali e rallentano la crescita, con minor peso finale.
La colonizzazione intestinale precoce da parte di batteri favorevoli costituisce quindi un elemento importante di prevenzione, che prende forma già durante la schiusa: è stato notato che schiuse di pulcini tenuti nella massima sterilità possono dare luogo alla colonizzazione di germi patogeni, che non trovano alcun contrasto da parte della microflora materna, che normalmente interagisce con essi. È importante dunque cercare di raggiungere un equilibrio intestinale, soprattutto intorno alle tre settimane di vita, con la microflora più varia possibile, magari anche con batteri capaci di scindere le fibre alimentari. Tale scopo va perseguito precocemente: in caso contrario, l’adesione alle pareti dei patogeni che causano infiammazione si traduce facilmente nella diminuzione di sviluppo dei villi e quindi in un minor assorbimento, con conseguenti pesi inferiori a fine ciclo. In particolare vanno stimolati i batteri che producono butirrato, tramite processi fermentativi aerobici. La regola resta dunque di favorire l’aerobiosi (che ha azione antinfiammatoria, protegge gli epiteli, l’omeostasi cellulare e quindi anche la digestione) a scapito dell’anaerobiosi, legata a infiammazione, maggiore permeabilità epiteliale, calo delle popolazioni microbiche, aumento dei proteobatteri e alterazioni digestive.
Risulta quindi di fondamentale importanza la colonizzazione intestinale precoce, che si può favorire usando enzimi, prebiotici (mono e oligosaccaridi), acidificanti (lattati, ecc.), probiotici, diete appropriate con polisaccaridi come cellulose, emicellulose, pectine, amidi. Sul tema della qualità della carne (“Fast muscle growth and meat quality issues”) è intervenuto il prof. Massi-miliano Petracci (Università di Bologna) che ha analizzato l’enorme crescita della produzione avicola degli ultimi anni: oggi circa ¼ delle proteine animali è di origine aviare, a dimostrazione di una grande efficienza produttiva rispetto alle altre tipologie di carni. La selezione portata avanti negli ultimi 30 anni, che ha ottenuto un’enorme crescita del peso del pollo e della sua resa in petto, ha però anche dato origine a una serie di problemi, legati alla crescita veloce: problemi al muscolo scheletrico, alla carne, alla tenuta della carne in cottura e nel sezionamento.
Il muscolo aviare ha due fasi di sviluppo; una a livello embrionale, data dallo sviluppo dei mioblasti da cellule indifferenziate a fibrocellule, che formano i fasci di miofibre che dalla nascita in poi restano invariati, senza aumentare come numero ma solo di volume. Segue poi una seconda fase di crescita tardiva da parte di cellule satelliti dormienti, che consentono uno sviluppo delle fibre muscolari non numerico ma dimensionale. Queste cellule sono staminali, dunque capaci di rigenerarsi.
Dagli anni ’80 sono noti problemi legati alla muscolatura del pollo, come la miopatia del pettorale profondo; negli anni ’90 si sono cominciate a notare lesioni istologiche delle fibre, che risultavano disuniformi, poiché necrotiche o in via di rigenerazione. Poi sono emersi casi di PSE (carni pallide, soffici ed essudative), collegate all’eccessiva dimensione delle miofibre, che avevano maggiore attività glicolitica, con acidificazione muscolare e conseguente PSE, soprattutto in climi caldi. Oggi si notano fibre muscolari più piccole, in via di degenerazione, di colore bianco, facilmente individuabili sulla superficie rosa del muscolo. Ulteriori degenerazioni causano il muscolo legnoso o a spaghetti, che perde la struttura originale. Le cause, identificate a livello microscopico, consistono in processi che vanno aggravandosi con l’età e con l’aumento di peso, mentre non vengono rilevate nei polli a crescita lenta, il che sottolinea il rapporto di queste patologie con lo sviluppo muscolare eccessivo.
Tali lesioni originano dunque dalla diminuzione dello spazio tra le miocellule, ridotto dalla loro eccessiva crescita, che impedisce sia la corretta vascolarizzazione che lo sviluppo delle cellule satellite. Ciò causa necrosi delle cellule satelliti, che non riescono a dare luogo alla prevista rigenerazione: ne deriva una cicatrizzazione delle miofibre, con successiva deposizione di tessuto connettivo, adiposo e collagene. Quest'ultimo nella spaghetti meat pare riesca a separare le miofibre, dando luogo al tipico aspetto a strisce. La qualità della carne risente notevolmente di queste alterazioni e la sua composizione peggiora, soprattutto in termini di concentrazione di amminoacidi essenziali. Il prof. Petracci si è quindi chiesto se sia stato raggiunto il limite fisiologico di sviluppo biologico del pollo, dovuto a una selezione che ricerca solamente l’aumento delle parti di muscolatura più nobili tramite l’aumento esagerato del volume delle miofibre. Forse in futuro dovremo cambiare le abitudini alimentari: chiedere meno carne di petto, ma usare tutte le parti edibili della carcassa, modificando così anche la selezione genetica a monte della produzione. La soluzione potrebbe essere quindi un consumo più sostenibile, che utilizzi tutto il pollo, evitando di usarne una sola parte, per destinare ingiustamente altre parti a produzioni secondarie, come alimenti per pet o fertilizzanti.
Il convegno è stato chiuso dal professor Avigdor Cahaner (The Hebrew University of Jerusalem), che ha racchiuso i suoi lunghi anni di esperienza in campo avicolo in una presentazione sui diversi problemi sanitari legati allo sviluppo eccessivo del pollo, dal titolo “Consequences of the breeding of broilers for rapid growth and high breast meat yield, and their genetic mitigation”.
Nel corso degli anni si sono presentati diversi problemi sanitari legati allo sviluppo eccessivo, come ascite, problemi muscolari, sensibilità ai climi caldi, spesso causati dalla ricerca di pesi maggiori e conversioni alimentari sempre migliori. Oggi l’approccio prevalente, soprattutto in Europa, è quello di arginare tali patologie tramite una crescita lenta, che però comporta anche minore efficienza e maggiori costi di produzione. Va ricordato però che il raggiungimento di pesi crescenti con un minor consumo di mangime ha una conseguenza importante dal punto di vista ecologico, perché un minor consumo di mangime si traduce in minori emissioni. In questi anni la genetica ha sempre corretto i problemi sopra citati, individuando soggetti portatori di geni capaci di resistere a queste malattie o di risolverle, pur mantenendo alta la crescita e bassa la conversione. Pertanto è possibile che, finché si riuscirà a individuare dei soggetti con un patrimonio genetico adeguato, in grado di passarlo alla prole, la selezione vada ancora migliorando e correggendo i nuovi difetti. Naturalmente – ha concluso il professore israeliano – anche un cambio di abitudini alimentari del consumatore, come espresso dal prof. Petracci, sarebbe utile in questo ambito, perché porrebbe minore stress sulla filiera produttiva.