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Le parole chiave di Fieravicola 2021

All’edizione di Fieravicola di quest’anno, che si è tenuta in presenza a Rimini dal 7 al 9 settembre, si sono susseguiti numerosi incontri, tra i quali quelli organizzati dalla Società Italiana di Patologia Aviare, dall’Associazione Scientifica di Avicoltura, da Assoavi e da Unaitalia.

I temi trattati quest’anno sono stati numerosi: li abbiamo analizzati attraverso alcune parole chiave che hanno fatto da filo conduttore nei vari incontri.

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Benessere

Spesso il consumatore non conosce le metodiche moderne di allevamento, anche perché oramai la popolazione agricola si è ridotta al 2-3% e quindi la gran parte dei giovani non ha mai allevato animali destinati alla produzione di alimenti (carne, latte, miele, uova, ecc.). La conoscenza dei consumatori, purtroppo, spesso si limita a video o spot pubblicitari di grande impatto e diffusione, che tendono a sottolineare alcune problematiche, spesso rare, ma che influenzano negativamente il consumatore, fornendogli una realtà distorta dei fatti. L’aspettativa circa il rispetto del benessere in allevamento da cui derivano i prodotti alimentari acquistati resta comunque molto alta.

Il benessere animale, è ormai cosa nota, si basa sulle libertà (da fame, sete, malattie, paura, ecc.) di cui gli animali devono godere, allevati in un ambiente che li protegga e consenta loro l’espressione del comportamento tipico di ogni singola specie. Pur rispettando la maggior parte di questi requisiti, un moderno allevamento non sempre riesce a conciliare le esigenze di cui sopra con quelle produttive: se soggetti ammalati, poco curati o mal nutriti e abbeverati non sono in grado di produrre normalmente è certamente compito dell’allevatore porre rimedio, ma talvolta potrebbe accadere che lo spazio sia limitato per esigenze produttive, influenzando la corretta espressione comportamentale, oppure che vi siano difficoltà ad adottare tutti i materiali di arricchimento ambientale, consoni alle esigenze di specie.

Questi argomenti sono di estrema attualità: anche l’ONU, insieme a FAO e OCSE, li ha ribaditi in un rapporto del 5 luglio 2021 e anche l’Unione europea si è dichiarata pienamente in linea con questi suggerimenti.

Il settore delle ovaiole è senza dubbio quello soggetto alle maggiori modifiche: le uova provenienti da allevamento in gabbia, anche se arricchita, vengono richieste sempre meno e gli allevatori modificano la tipologia di allevamento, investendo su quello a terra e free range.

Dieci anni fa le galline erano allevate quasi al 100% in gabbia, oggi il 54% è allevato a terra, il 37% in gabbie arricchite (con nidi, trespoli, ecc.), il 4% all’aperto e il 4-5% con metodo biologico, spesso con l’adozione di razze a lenta crescita. La genetica, infatti, sta studiando e sviluppando delle linee alternative che meglio si adattano a vari ambienti di allevamento, mantenendo una buona produzione e conversione alimentare: in questo campo l’Italia è tra i Paesi che più sta andando incontro alle richieste del consumatore.

Sostenibilità

Per sistema sostenibile si intende un sistema produttivo sensibile agli aspetti sociali, ambientali ed economici, quindi equo, visibile ed economicamente realizzabile. Per ciò che riguarda l’impatto ambientale, tra gli allevamenti industriali quello avicolo ha emissioni ridotte (circa il 3,3% rispetto alla media di oltre il 5% del resto del settore agrozootecnico). In Italia la cosiddetta carbon footprint arriva all’1,8% delle emissioni totali, con un impatto limitato sull’ambiente.

Come accade in tema di benessere, però, il consumatore (nel cui immaginario persistono immagini bucoliche) desidera acquistare prodotti con un minore impatto ambientale, mentre l’allevatore ricerca grandi produzioni a basso costo, in strutture sempre più evolute e specializzate, ben lontane da quelle delle pubblicità. Anche in questo caso, un’opera di educazione sarebbe utile per aprire un confronto che possa mediare tra le due necessità, pur tenendo sempre al centro l’animale e i suoi bisogni.

Antibiotico-resistenza

Il settore avicolo, anticipando le severe normative europee e nazionali, ha provveduto negli anni a diminuire l’utilizzo di antibiotici (sia a uso profilattico che terapeutico), limitando inoltre il numero delle molecole a quelle considerate meno pericolose. Un utilizzo indiscriminato di antibiotici, nel passato, sia in campo zootecnico che umano, ha infatti portato allo sviluppo di ceppi di batteri resistenti, che dagli animali, anche tramite l’alimento, possono trasferirsi all’uomo. Il fenomeno crea enormi problemi a livello ospedaliero, quando i pazienti infettati da questi batteri multi-resistenti non rispondono ad alcuna terapia, lasciando i medici senza alcuno strumento di cura. Le statistiche contano migliaia di morti conseguenti a questo fenomeno e il numero cresce di anno in anno. Dai dati disponibili, l’avicoltura italiana, negli ultimi 10 anni ha diminuito dell’80% il consumo di queste molecole antimicrobiche, sia in senso qualitativo che quantitativo, e si pone all’avanguardia rispetto a tutta la zootecnia nazionale.

Biosicurezza

Si tratta dell’applicazione di una normativa in cui gli allevamenti avicoli hanno anticipato tutto il settore zootecnico, che deriva dal regolamento CE 429/2016, che ha lo scopo di limitare l’ingresso di patogeni in allevamento (o di evitarne la fuoriuscita, nel caso siano già presenti) per impedirne il passaggio all’uomo. Sostanzialmente, nella fase di costruzione o di ristrutturazione di un allevamento bisogna considerare due aspetti, uno strutturale e uno manageriale.

Dal punto di vista strutturale, si comincia dal parcheggio auto, che deve essere esterno e ben definito. La cella di raccolta delle carcasse va posta vicino all’area esterna, in modo da limitare al massimo l’accesso ai mezzi, che costituiscono un pericolo. Anche i silos sarebbe meglio che fossero posizionati esternamente o comunque che fossero riempibili dall’esterno, per diminuire le possibilità di contaminazione da parte di camion che frequentano diversi allevamenti. Per il personale va prevista una zona filtro, con lavandino, cambio abiti (sia a perdere che di stoffa, per permanenze lunghe nei capannoni). L’ingresso all’allevamento prevede cancello o sbarra, mai invece strutture fittizie come catene o nastri, facilmente rimovibili. Oggi gli allevatori adottano soluzioni che prevedono cellule fotoelettriche, sensori, sistemi magnetici che riconoscono l’avvicinarsi dei mezzi. Non è comunque mai consentito un accesso senza controllo. Si attua poi una disinfezione, che deve sempre avvenire su mezzi già disinfettati in partenza (mangimificio, macello, impianto SOA), e questa costituisce una novità, con relativa evidenza documentale.

L’accesso agli animali prevede, per ciascun capannone, l’adozione di una cosiddetta dogana danese, ovvero una struttura che consenta di sedersi e cambiare i calzari, che quindi saranno dedicati a ogni singola unità (oppure a perdere). Tutte le aperture verso l’esterno, come finestre e prese d’aria, devono essere munite di reti antipassero.

Davanti agli ingressi di ogni capannone va costruita una platea lavabile e disinfettabile, con un buon fondo, per consentire il lavaggio dopo ogni carico o scarico. Anche i depositi dei materiali vanno protetti con reti o cancelli. A fine ciclo ogni capannone verrà lavato e disinfettato completamente (pavimenti, pareti, soffitti, silos, linee idriche ecc.). La fine ciclo prevede il vuoto, sia biologico (ovvero un periodo stabilito, che varia da 2 a 3 settimane senza animali, a seconda della tipologia di produzione), nel quale si svuota e si lava la struttura, e un periodo di vuoto sanitario, di minimo 3 giorni, in cui il capannone, già lavato e disinfettato e pronto per il nuovo accasamento, resta fermo, per lasciare agire il disinfettante e ridurre ulteriormente il numero di patogeni.

Garantire un buon livello di biosicurezza dal punto di vista gestionale rappresenta la parte più difficile, perché dipende soprattutto dalla formazione e dalla relativa presa di coscienza dei rischi che si corrono in caso di biosicurezza fallace. Tutte le zone filtro devono essere rigorosamente rispettate non solo dal personale aziendale, ma anche dai visitatori, che saranno tracciati tramite l’apposizione di una firma su un apposito registro.

Il controllo dei visitatori e dei mezzi risulta infatti fondamentale, in caso di malattia infettiva diffusiva, perché consente il rintracciamento e la conseguente prevenzione di altri eventuali focolai. Allo stesso modo, la costante rilevazione della mortalità e la comunicazione di dati anomali alla USL devono essere tempestive, per evidenziare problematiche sanitarie.

Salmonelle

Il controllo viene eseguito sotto supervisione pubblica, ma anche in autocontrollo: vengono ricercati i ceppi più pericolosi e diffusibili, principalmente la S. Enteritidis e la S. Tiphymurium, sia per l’uomo che per gli animali. Le salmonelle si trasmettono sia verticalmente che orizzontalmente e sia per contatto diretto che indiretto (tra animali o da strutture: in questo ultimo caso la sopra citata applicazione delle norme di biosicurezza è fondamentale). Gli esiti dei campionamenti vanno inseriti entro 7 giorni nell’apposito sito ministeriale, se si tratta di salmonelle rilevanti, ed entro 30 giorni se sono sierotipi banali. La AUSL dovrà sempre essere resa edotta tramite relativa comunicazione delle positività rilevate in autocontrollo. Ogni tipo di allevamento (tacchino, ovaiola, broiler, riproduttore ecc.) ha una propria modalità di prelievo, sia come numero che come tipologia dei campioni. Le positività rilevate, comunicate alla AUSL, comportano successivamente vincolo sanitario e relativi provvedimenti, come abbattimento e distruzione, sia di uova che di ovaiole e riproduttori, oppure, nel caso di soggetti da carne, macellazione a fine giornata, con successivi lavaggi e disinfezioni straordinarie del macello: le carni andranno poi sottoposte a trattamento termico.

Tali situazioni portano come esito alla sospensione della qualifica sanitaria dell’allevamento, che la riacquisterà dopo la risoluzione favorevole delle non conformità, ovvero il lavaggio e la disinfezione delle strutture contaminate, cui seguono prelievi ufficiali sui gruppi di successivo accasamento, che, se favorevoli, consentiranno di acquisire nuovamente la qualifica sanitaria.

Consumi

Nel campo avicolo osserviamo un aumento di consumi, sia nei Paesi meno sviluppati che in quelli più sviluppati, dove le richieste di prodotti rispettosi per l’ambiente e sani sono elevate. A livello nazionale, dati gli alti standard raggiunti finora e quelli posti nel prossimo futuro, si può prevedere una produzione avicola in grado di continuare a soddisfare la richiesta interna (100% dell’autoconsumo: quindi tutta la carne avicola commerciata è di origine nazionale), con una quota in eccesso che verrà esportata. Parliamo di un settore con oltre 60.000 dipendenti che fattura oltre 5,7 miliardi di euro anno. Il consumo di carne avicola in Italia ha oramai superato quella suina e bovina, arrivando a circa 22 kg/persona per anno. La produzione di carni bianche (in particolare tacchino e pollo, ma anche di uova) continueranno ad aumentare, e, confermando un andamento oramai pluriennale, cresceranno i prodotti già preparati, quindi a maggiore valore.

Il volume produttivo italiano è notevole: in Europa solo Polonia, Germania, Francia e Spagna producono di più. Si tratta di una produzione di filiera, assai concentrata e specializzata, quindi capace di rispondere rapidamente alle richieste mutevoli del mercato, rispetto ad altre produzioni zootecniche.

Investimenti

Grazie all’intervento delle Regioni, l’avicoltura italiana del futuro avrà le risorse per applicare la nuova politica agraria comunitaria, i cui obiettivi sono: reddito, competitività, ambiente e clima, sviluppo socio-economico delle aree rurali, ma anche innovazione. Ogni Regione definirà le proprie necessità, che saranno diverse a seconda del territorio interessato (pianura, collina e montagna); per l’avicoltura, in particolare, si cercherà di ridurre ulteriormente l’uso di antimicrobici, migliorando il benessere animale e puntando molto sulla formazione, in particolare dei giovani.

Occorre però rivedere alcuni aspetti: ad esempio, a fronte di una maggiore richiesta normativa (applicazione delle misure di biosicurezza, utilizzo dei pulcini maschi di ovaiola, calo degli antimicrobici e delle densità di allevamento, in applicazione delle normative sul benessere), i prezzi al consumo restano da tempo immutati, il che ovviamente non premia gli sforzi fatti, rendendo difficili ulteriori investimenti.

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