8 minute read

Iconografie Siciliane

Next Article
Catania project

Catania project

Texture Siciliane Sviluppo di texture sicliane su maioliche Arance Nata come la terra degli agricoltori, una volta sviluppatosi l’epoca del barocco, la costruzione modulare delle texture siciliane hanno invaso tutta la regione. La grafica fu una conseguenza, motivo per cui il percorso dell’impatto visivo ha investito tutti i settori, dall’architettura all’arredamento. La Sicilia si è creata in modo autonomo un fortissimo richiamo visivo. L’avanguardia artistica o l’elaborazione visiva è stata come una sorta di conseguenza del potenziale e della varietà che la regione offre, nel capitolo precedente infatti sono stati illustrati quali elementi raffiguravano «territorialmente» la Sicilia, e sono stati usati per la costruzione di un linguaggio, non si parla di grafica o di avanguardia, ma di un vero è proprio linguaggio che oltre ad essere usato in modo architettonico è stato anche usato per narrare storie. Molte geometrie solide derivano dalle ceramiche di Caltagirone.

Le conoscenze storiche, e moderne, sono al pari di quelle su gli altri centri isolani, ci si basa sulle ricerche recenti fatte nell’ambito della creazione del Museo della Ceramica, prima in seno alla locale Scuola di Ceramica e poi in sede propria sotto l’egida dello stato e della Regione Siciliana. Ciò costituisce un’ulteriore esempio di come la grafica sia stata una conseguenza di architettura e urbanistica, dall’epoca classica a quella moderna. La loro modularità aveva lo stesso richiamo degli elementi rappresentativi della Sicilia.

Advertisement

Parallelamente allo sviluppo delle ceramiche vi era anche la nascita degli incarti. Originariamente l’arancia non era il frutto che troviamo oggi sulle nostre tavole: dalla buccia compatta e che si stacca facilmente, quasi priva di semi, dagli spicchi ben delineati che non lasciano colare il succo. Era, invece, un frutto raro, caro e fragile. Pochi giorni dopo la raccolta iniziava un processo di degradazione rapida che accelerava nel caso la buccia fosse stata danneggiata. Questa fragilità, fino agli inizi del XIX° secolo,

Primi incarti d’arancie Storie giustificò il suo prezzo, proibitivo per gran parte delle persone, e le più grandi corti d’Europa si dotarono di proprie arance, proprio per evitare i problemi di trasporto ed i rischi ad esso connessi. I produttori, allora, giunsero alla conclusione che solo un’adeguata protezione durante il trasporto avrebbe potuto svilupparne la diffusione ed il consumo. È così che l’incarto dell’arancia appare verso la metà del XIX° secolo. Un incarto di carta grossolana, spesso rosa o azzurra e senza stampe. Questa invenzione, però, ebbe un tal successo presso i consumatori che, qualche anno dopo, si cominciarono ad incartare anche i limoni, benché la loro scorza spessa fornisse un’adeguata protezione durante il trasporto. I primi incarti appariscenti appaiono verso la fine del XIX° secolo e non fanno che confermare il carattere di «eccezionalità» legato al consumo di arance, almeno presso le classi medie e popolari che spesso riservavano il consumo di arance al solo Natale.

Così le arance venivano incartate con carte dorate o ritagliate (i pizzini siciliani), divenendo un «regalo», un simbolo dorato della «luce» del Natale. La continua ricerca di ibridi, che ha portato ad un miglioramento del frutto, tale da renderlo decisamente resistente al trasporto, non ha però determinato la fine dell’utilizzo degli incarti che al contrario sono diventati mezzo di attrattiva per l’acquirente, privi del loro iniziale scopo di protezione, perché le arance, vestite di carta, raccontano anche un’altra storia.

Anzi, tante storie. Storie di animali, donne, bambini, maghi, santi, fiori… O terre lontane. In un’iconografia di castelli e velieri, leoni e giraffe, capanne e «neri» con la lancia negli incarti delle arance «moro». Raccontano di personaggi famosi, avvenimenti storici, sport, fatti di cultura o di cronaca, trasmissioni televisive, fumetti, pubblicità… Perché dentro gli incarti d’arancia c’è proprio tutto un mondo. Ingenuo o raffinato, ma sempre colorato e sorprendente. Quelle veline variopinte sono il primo esempio di packaging industriale. In principio anche il limone è stato uno

Limone

Età dell’oro dei primi agrumi ad essere vestito con l’oro giallo di Sicilia. Solo in seguito, le arance. Le prime veline, risalgono agli inizi dell’800. Semplici, bianche o color pastello, in carta oleata. Servivano, per lo più a proteggere i frutti. Ad essere già allora decoratissimi erano i carretti che trasportavano al porto arance e limoni. Da lì il contagio, iconico naturalmente.

Alla fine dell’800 compaiono per le arance i primi abiti da sera, che trasformano le cenerentole del mercato in bellissime principesse. Grafie possenti, abbelliscono i fazzoletti di carta seta, detti anche scacchetti. I disegni sono sempre ovali e posti al centro del fazzoletto in modo che, anche accartocciato, esso rimanga visibile. Vengono commissionati ad anonimi disegnatori. A volte anche agli stessi coltivatori. I temi sono estremamente vitali: fiori, frutta , donne, bambini, animali. Più o meno quello che ancor oggi attira lo sguardo dei target pubblicitari. Ma le più preziose vignette per la frutta, riproducono addirittura fatti di cronaca.

Oltre le veline, mille accessori corredano gli outfit degli agrumi. Le grinze, ovvero le balze di carta colorata per bordare le cassette. I cromi, le locandine poste all’interno delle casse, usate come poster nelle sale d’asta. E per finire, come in ogni look prezioso, i merletti addobbi per gli angoli dei contenitori in legno. Le arance come un gadget da regalo.

Cosa spingeva i produttori a fare questo sforzo economico per griffare la frutta? Il mercato. L’emigrazione dal sud Italia verso l’ America, porta grosso scompiglio. Gli immigrati, giunti oltreoceano, a cercar fortuna, vogliono continuare a mangiare i frutti della loro terra. L’età dell’oro delle veline degli agrumi è tra il 1920 e il 1930. È in quegli anni che gli americani si fanno furbi e cominciano a produrre, da soli, il loro oro rosso. I produttori italiani, di contro allargano le esportazioni all’Europa, mentre avanza la concorrenza di Spagna e Portogallo. Il marketing si fa più aggressivo e le veline cominciano a differenziare i loro disegni a seconda del paese di esporta-

Il confronto zione. Dopo il boom, il declino. In alcuni paesi come la Francia, le massaie cominciano a guardare con sospetto gli abitini della frutta: vogliono toccare con mano quello che comprano. In Italia l’uso della carta seta, resisterà ancora qualche anno. La bellezza dei colori attira davvero le casalinghe, ma soprattutto nel nord Italia, proteggere la frutta, diventa sinonimo di pulizia, in un settentrione insofferente ai meridionali, che affollano le sue città. Poi arrivano bollini adesivi. Ed oggi solo una piccola parte degli agrumi ha il suo abitino di seta. Dal 2013 l’UE ha approvato l’uso del tatuaggio laser, che consentirà la tracciabilità in maniera più asettica.

Una delle più conosciute trasposizioni visive è sicuramente il carretto Siciliano, in cui la prima decorazione risale dal 1833 al resoconto del viaggio fatto in Sicilia dal letterato francese Jean Baptiste Gonzalve de Nervo (1840-1897) che ci rimase un mese per raccogliere materiale per il suo libro di viaggio. I dipinti raffigurati diventano opere d’arti in movimento, le scene raffiguranti venivano inserite in un contesto d’uso quotidiano favorendo anche una diffusione artistica. Infatti talmente è potente il suo richiamo visivo che pure Dolce e Gabbana ha scelto di sfruttare le texture Siciliana per promuovere il suo brand.

Nel tempo non cambia il modo di fare grafica, cambia il modo di pensare e di vedere. Oltre al contesto è importante anche considerare il confronto, come l’esempio di essere un pesce grande in una vasca piccola o un pesce piccolo in una vasca grande, dove in realtà la dimensione del pesce è uguale ma il contesto lo rende di proporzioni diverse. Molti si chiedono se ci sia una differenza di progettazione tra nord e sud, in realtà è impossibile dare una risposta, ma è possibile analizzare alcuni fattori che ci rendono utili la comprensione di determinati meccanismi in grado di offrirci un piano ampio. Il confronto si effettua negli elementi «diversi» e «uguali», non si paragona il meglio o il peggio, poiché è una questione personale di preferenze. La rete e l’internet

Litografie Realizzate per un fine turistico, raccontano le bellezze e le peculirità locali e territoriali hanno annullato la distanza, perdendo di vista le proporzioni di tempo e distanza, possiamo aggiornarci nello stesso modo, ma non nella modalità in cui lo facciamo. Anche se mostriamo le stesse cose il ragionamento che applichiamo sarà sempre diverso, non migliore e non peggiore. Come s’intuisce dalle litografie, in Sicilia molte ideologie vergono sull’isola delle vacanze, l’isola tropicale su cui è possibile esaudire ogni desiderio, e come tale antitesi ritroviamo l’invisibilità lavorativa che ne fa parte. In tale questione si discute sul motivo per cui i i giovani non hanno voglia di lavorare o che i dirigenti non abbiamo voglia di pagare, ma in entrambi le parti vi è una rassegnazione all’abitudine del lavoro. Molto spesso è il territorio a offrire stimoli a chi lo vive, per cui la modalità di pensiero legata ad un territorio non è solamente frutto di una questione campanilistica ma anche al modo in cui noi ci approcciamo ad esso. Per cui il territorio, e ciò che offre, dal lavoro ai luoghi turistici o di culto è pur sempre un insieme di sensazioni che influenzano il nostro stato d’animo.

“Questo progetto nasce dalla volontà di addentrarsi in maniera specifica e approfondita nel guazzabuglio di segni e codici di cui il territorio siciliano costituisce un campo fin troppo proficuo” spiega Edda Bracchi. Il suo progetto Codex Siciliae, presentato come tesi di laurea in design della comunicazione al Politecnico di Milano, è un volume che traccia un interessante racconto per immagini del territorio e del popolo siciliano, attingendo a un ricco patrimonio, dalla Magna Grecia, al Barocco, sino ai giorni nostri.

Ispirandosi agli antichi codex, che diffondevano il sapere attraverso l’uso delle figure, Edda ha raccolto e catalogato la moltitudine di fregi, pattern, icone e pittogrammi che raccontano la sua terra, miscelando sapere antico e tecnica moderna. Codex Siciliæ è suddiviso in schedari e tavole illustrate che raccolgono più di 400 immagini, tra decori, icone, monogrammi e tutti gli altri elementi grafici del mondo siciliano: fregi a tema floreale, geometrie arabeggianti, decori delle ceramiche maioliche, simboli bizantini e icone sacre, decori dei carretti siciliani e del ferro battuto, ricami e merletti e muqarnas (le soluzioni decorative dell’architettura musulmana diffuse durante la dominazione normanna). L’obiettivo è stato quello di catalogare gli elementi visivi che meglio caratterizzano l’identità del territorio siciliano e trasmettere all’osservatore il fascino subìto durante l’incontro con tale ricchezza di immagini, la cui conformazione talvolta è difficilmente rappresentabile in maniera bidimensionale. Per comprenderne il significato, il linguaggio, il valore. Per decifrare questo patrimonio e renderlo nuovamente accessibile e creare una nuova memoria, per acquisire una nuova consapevolezza e una nuova identità storico-culturale della Sicilia.

This article is from: