In uscita il 26/2/2021 (14,50 euro) Versione ebook in uscita tra fine febbraio e inizio marzo 2021 (3,99 euro)
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NICOLÒ MANISCALCO
LA STRANA MORTE DI LUCA
ZeroUnoUndici Edizioni
ZeroUnoUndici Edizioni WWW.0111edizioni.com www.quellidized.it www.facebook.com/groups/quellidized/ LA STRANA MORTE DI LUCA Copyright © 2021 Zerounoundici Edizioni ISBN: 978-88-9370-444-1 Copertina: immagine Shutterstock.com Prima edizione Febbraio 2021
Nonostante i luoghi e gli enti istituzionali descritti nel romanzo siano reali, personaggi e avvenimenti sono frutto della fantasia dell’autore. Nel romanzo si fa riferimento a vecchie indagini del maresciallo Santini presenti nei romanzi: “Il Labirinto della memoria – 0111 Edizioni” e “I segreti di Adelita – 0111 Edizioni”.
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PROLOGO
Era poco più di un bambino e il suo volto paffuto, con i capelli mossi e il viso imberbe, lo rendeva ancora più giovane. Aveva viaggiato per un paio d’ore fino a raggiungere i padiglioni della Fiera di Genova e ora il suo sguardo era diretto verso i giardini antistanti al piazzale. Il viaggio l’aveva iniziato in autobus, con l’ultima corsa del quindici, la linea che da Nervi, nell’estremo levante cittadino, porta in centro città e l’aveva terminato a piedi lungo via Brigate Partigiane con l’andatura di chi è un bel po’ in sovrappeso. Fece quest’ultimo tratto a passo svelto come se avesse una gran fretta di raggiungere una meta agognata… La fretta non faceva parte del suo piano ma raggiungere una meta sì! Doveva arrivare al mare e doveva farlo in un posto preciso. Si fermò per qualche secondo, si levò lo zaino dalle spalle e prese il cellulare, cercò un nominativo tra i suoi contatti WhatsApp, poi digitò un breve messaggio che rilesse e inviò con un sorriso triste, infine, si guardò intorno e riprese il cammino. Ignorò l’ingresso della fiera e deviò per via Dei Pescatori, superò la vecchia trattoria omonima incuneandosi in quel budello di strada che serpeggia sotto la sopraelevata Aldo Moro. Percorse vicoli mai affrontati prima finché il suo cammino fu interrotto da una rete metallica e, senza indugi, pensò di scavalcarla. Lo decise non intravedendo altra via per raggiungere il mare che si spalancava alla sua vista, al di là dalla rete. A causa della sua mole quell’operazione non fu semplice, ma la determinazione nell’attuare il suo piano gli fece superare l’ostacolo. Continuò il cammino fino a raggiungere un posto isolato di là dai moli turistici, ormai deserti a quella tarda ora. Così, dopo aver sorpassato gli attracchi delle barche a vela, il ragazzo raggiunse il mare. Ora il suo sguardo puntava verso la diga foranea, in direzione di una nave container che appariva sempre più grande man mano che si avvicinava
4 al porto. Forse era l’ultima in entrata perché ormai il sole era tramontato da ore. Si rannicchiò sul muraglione e riprese lo zaino per recuperare il cellulare e digitare un secondo messaggio. Nonostante la precaria posizione, le Hogan ai piedi lo tenevano saldo al cemento del muraglione a picco su quel tratto di mare profondo e chiuso tra i moli turistici e la diga. Dopo avere inviato il secondo messaggio, guardò in basso, verso quell’acqua dall’aspetto così scuro, appena rischiarata dalle lontane luci dei padiglioni della fiera, poi rialzò la testa e riguardò la nave di fronte a sé che, così vicina, gli apparve enorme. Distolse lo sguardo dalla porta-container ormai prossima al porto e lo puntò nuovamente verso quell’acqua sporca di sostanze oleose per il passaggio di decine d’imbarcazioni al giorno. Nemmeno l’assordante colpo di sirena, con il quale quell’ultimo cargo salutò Genova, lo distolse dal guardarla. Sapeva aspettare e non aveva né paura, né rimorso. Rimase immobile nell’attesa di ricevere il freddo abbraccio della morte.
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CAPITOLO 1
Lo squillare della campanella segnò la fine delle lezioni e l’inizio dell’intervallo che fu accolto dalla solita esplosione d’ilarità, ma per Luca non era previsto alcun divertimento. Prese dallo zaino il suo panino imbottito e cercò di precipitarsi fuori dall’aula, prima dell’arrivo di quei due, ma alla vista di Veronica si bloccò. Lei gli rivolse il solito sorriso misto di malizia e sarcasmo. Quella ragazza era il suo calvario. Era la sua croce e la sua delizia… per la verità, la quantità di quest’ultima era piuttosto scarsa, ma lui l’amava come solo gli adolescenti sanno amare, questo nonostante avesse qualche anno più di lui e fosse la ragazza di Rossano (il primo dei due che voleva evitare) e avrebbe dovuto farsene una ragione ma non ne era capace, così lei si divertiva a prenderlo in giro e lui, stupido, la lasciava fare. Ovviamente, la lasciava fare per paura del rivale, che era grosso e palestrato. Il secondo che voleva evitare era Antonello che, a differenza del primo, non era particolarmente cattivo, ma era irretito dall’amico e si mostrava perfido solo in sua presenza. «Ciao Ciccio» lo salutò Veronica «dove vai con quel panino?» Lui non rispose… «Non dovresti mangiare tutta quella roba, altrimenti aumenterai quella montagna di ciccia.» Lui non rispose… «Su, belinone, dammi il panino, così fai dieta.» gli intimò allungando il braccio con il palmo della mano aperto. Lui non rispose e cercò di andarsene, ma Veronica lo afferrò per un braccio tenendolo fermo a pochi centimetri da lei… dal suo viso, dal suo seno. Luca rimase inebriato da quella vicinanza. Era eccitato per i loro corpi così vicini che quasi si toccavano. Sentiva il calore dell’alito della ragazza sulla guancia, sul collo, e percepiva l’afrore del suo profumo nelle narici.
6 Avrebbe potuto fantasticare per ore su quel calore e su quell’afrore, però riuscì solo a chiudere gli occhi per tornare alla cruda realtà e, prima di fuggire, le consegnò il panino. Non avrebbe mai smesso di amarla, neanche se lei fosse morta o solo sparita dalla circolazione e dalla sua vita. Certo, non aveva alcuna speranza e lo sapeva bene, era la ragazza di quel grosso bastardo e con lui non conveniva scontrarsi. Ora si era chiuso nel cesso e da cinque minuti stava seduto sulla tazza del water, e lì sarebbe rimasto fino alla fine della ricreazione. Era l’unico modo per non avere a che fare con quei due stronzi di quinta. Per fortuna aveva un piano, e quella sera l’avrebbe realizzato, sarebbe stata l’ultima ratio, ma non aveva paura, ormai solo quel gesto gli avrebbe donato la pace. *** Nonostante l’autunno fosse già iniziato, la giornata che stava volgendo al termine era stata soleggiata e calda. Ora il sole era basso e il mare ondeggiava calmo sotto il cielo arancione, accarezzando con la sua spuma, gli scogli della passeggiata di Nervi, nell’estremo levante genovese. La passeggiata percorre buona parte della vecchia delegazione e si estende tra il Parco di Nervi e il mare, e qua e là, in mezzo a panchine e giardinetti, spuntano alcuni negozietti caratteristici e qualche bar con i tavolini sotto i paraventi dei dehors. Nel tardo pomeriggio di quella bella giornata, man mano che il sole tramontava, i lampioni lungo la passeggiata, cominciarono ad accendersi. Così, tra le luci e le ombre della sera, verso la parte interna del Parco adiacente alla passeggiata, si poteva notare una porta: era l’ingresso di una palestra. Al suo interno, un uomo sulla quarantina, con la stazza di un metro e novanta per novantacinque chili di peso, stava uscendo dagli spogliatoi per entrare in un open space pieno di macchinari e attrezzi ginnici. Claudio – così si chiamava l’uomo – salutò i presenti alzando il braccio e, senza dire una parola, si collocò di fronte all’hand-cyclette impostando l’esercizio al massimo dello sforzo. Poi afferrò le manopole
7 per muovere il volano che, in breve tempo, accelerò fino a raggiungere la velocità desiderata, che rimase costante durante l’intero tempo della prova. Continuò con quell’attività per una ventina di minuti, poi cambiò attrezzo. Caricò al massimo anche quest’ultimo, si sdraiò sulla panca posta sotto il macchinario e iniziò a spingere un corto manubrio. I movimenti erano ritmici e i bicipedi si allungavano, mentre dalla bocca faceva fuoriuscire una gran quantità d’aria che riaspirava dalle narici, durante la contrazione dei muscoli delle braccia. Come molti palestrati, amava scolpire il suo corpo, ma non aveva il tipico obiettivo dei culturisti, certo amava essere ammirato per la sua prestanza fisica, ma soprattutto gli piaceva mostrare la sua forza. Peccato che sopra la mandibola squadrata e la mascella muscolosa ci fosse un cervello adibito principalmente all’attività motoria e poco avvezzo al pensiero. Quei muscoli gli erano stati utili da giovane, nel suo vecchio lavoro di magazziniere, quando sollevava casse per le quali qualunque altro operatore avrebbe usato le forche di un muletto, ma già allora, in tutto questo manifestarsi, l’intelligenza era altrove. Ora non si occupava più di magazzini e merci perchè, unendo l’hobby al business, aveva comprato la palestra dal suo vecchio maestro. L’aveva acquistata lui, ma l’aveva finanziata la moglie, quando posò il cappello – come si suole dire – sposando per interesse, una donna della Genova bene, conquistata in spiaggia con l’esibizione dei muscoli addominali. Una ventina di minuti dopo, Claudio smise di fare ginnastica per dedicarsi al ruolo di personal trainer e va da sé, che per quel ruolo prediligesse più le frequentatrici della palestra che i frequentatori. Iniziò a spiegare alcuni esercizi a una tizia non più giovane ma con il corpo ben scolpito che, durante la spiegazione, pendeva dalle sue labbra. Poco dopo, per sfortuna della donna, interruppe quell’attività notando l’ingresso nella palestra di un ragazzo dal fisico atletico che, nonostante il pesante borsone a tracolla, manteneva un’andatura sicura e un passo svelto. Il giovane, nei tratti del viso, gli somigliava moltissimo, inoltre aveva i suoi stessi occhi scuri, lo stesso colorito e gli stessi folti capelli castani.
8 Dopo aver fatto un cenno di scuse nei confronti dell’allieva, l’uomo gli andò incontro, ma il ragazzo lo evitò con un semplice gesto di saluto, deviando verso lo spogliatoio. Claudio storse la bocca, scrollò il capo e riprese subito la sua attività sforzandosi di sorridere a una seconda signora, questa alle prese con un tapis roulant. Nonostante la delusione non poteva lamentarsi più di tanto della freddezza del figlio Rossano, poiché apparire un duro, faceva parte dei suoi insegnamenti, ma l’indifferenza del giovane e soprattutto quell’astio nei suoi confronti, lo amareggiava. Soffriva, soprattutto, la consapevolezza che nonostante avesse i suoi stessi modi e il suo stesso carattere, rimanesse un estraneo. Aveva provato a ricondurre il rapporto genitoriale nei canoni tradizionali e, inizialmente, l’aveva fatto con le cattive, com’era solito comportarsi, poi di fronte all’insuccesso, anzi all’acuirsi del problema, provò con le buone ma in quella maniera non ne fu capace. *** «Commissariato di Nervi…» disse la voce dell’agente di turno al centralino. «Buonasera, sono l’avvocata Maria Bagnasco…» «Buonasera signora. Che cosa posso fare per lei?» «Vorrei parlare con l’ispettrice Poggi. È in ufficio?» «Sì, signora, attenda…» La donna udì il tono d’attesa nell’auricolare del cellulare per un paio di minuti, poi finalmente l’ispettrice rispose. «Ciao Maria, che succede?» «Manuela, sono preoccupata per Luca. Questa sera, quando sono rientrata in casa, non c’era e non si è ancora fatto vedere. Non so cosa pensare, non so…» «Fai un bel respiro» la interruppe la poliziotta «e dammi qualche elemento in più.» «Purtroppo, non ho molto da dirti. Questa mattina, come il solito, è uscito un po’ prima di me per andare a scuola, poi, verso l’una, l’ho sentito al telefono, era appena rientrato a casa per il pranzo che gli avevo lasciato già pronto e solo da scaldare. Io sono stata via tutto il giorno – prima in tribunale e poi nello studio – ora sono tornata a casa e
9 non l’ho trovato. L’ho chiamato ma non risponde al cellulare…» disse senza prendere fiato. «Maria, ora calmati. Sentirò i colleghi dei posti di Polizia ospedalieri e le pattuglie in città. Ti richiamerò non appena avrò notizie, intanto fai un po’ di telefonate agli amici e ai compagni di scuola, se avrai delle novità, allora mi chiamerai tu, d’accordo?» «Sì, ma ho già telefonato a tutti quelli che mi son venuti in mente senza successo... va bene, proverò a cercarne altri. Sono le dieci di sera e io non so più cosa fare.» «Non disperare, vedrai che non gli è successo nulla» disse poco convinta l’ispettrice. «Va bene e… Manu…» «Sì?» «Grazie.» Manuela Poggi sorrise e si mise subito al lavoro.
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CAPITOLO 2
«Centododici, cosa posso fare per lei?» rispose l’addetta di turno al NUE 112, il numero unico per le emergenze, attivato da pochi mesi per la città metropolitana di Genova. Una voce maschile rimbombò nelle cuffiette dell’operatrice. «C’è un tizio che sta annegando…» Dopo un attimo di silenzio, si sentì in lontananza un’esclamazione concitata da parte di un adolescente o forse di una ragazza. «È già annegato!» «Signore, dove si trova?» chiese, tornando alla prima voce. Non ci fu risposta. «Qual è il suo nome?» insistette la donna. Di fronte al perdurare del silenzio non le restò che passare la chiamata al comando dei Carabinieri. Ci furono pochi secondi d’attesa nei quali l’operatrice trasmise sommariamente ai militari che qualcuno stava denunciando un annegamento. «Centrale Operativa dei Carabinieri. Per favore mi dia le sue generalità e mi dica da dove chiama.» Silenzio… «Signore è ancora in linea?» Silenzio… «Le ripeto, mi dica il suo nome e da dove chiama» insistette il carabiniere annotando il numero di telefono comparso sul monitor. «Sono alla Foce… di fronte alla diga foranea… vicino all’entrata del porticciolo… c’è un corpo a testa in giù, per metà sottacqua… sembra bloccato tra gli scogli… Forse è un… ragazzo.» «Rimanga lì, invieremo subito i soccorsi» esortò l’operatore nell’evidenza che l’interlocutore non avrebbe rivelato le sue generalità.
11 Dopo una ventina di minuti, mentre un elicottero Augusta della Guardia Costiera sorvolava la zona della Foce, una motovedetta dei carabinieri raggiungeva il muraglione di contenimento dei Cantieri Navali – il posto indicato nella chiamata al 112 – e, dopo averlo liberato dalla morsa degli scogli, il corpo venne adagiato sul cemento del muraglione. Il tutto avveniva mentre il sole faceva capolino tra i monti alle loro spalle, annunciato da una leggera brezza sotto un cielo sereno e ignaro della tragedia che si stava consumando. *** Presso il comando dei Carabinieri, nell’ufficio del maresciallo Carlo Santini, squillò il telefono. «Sì, pronto…» «Maresciallo… sono Barbera.» «Buongiorno tenente.» Il tenente Guido Barbera era il suo comandante. «Un motoscafo del Nucleo Subacquei di Voltri ha recuperato il corpo di un giovane annegato nella striscia di mare di fronte ai Cantieri Navali. Il Comando Provinciale ha chiesto un nostro intervento. Io mi sto recando sul posto, ma vorrei che se ne occupasse lei.» «Signorsì, tenente, la raggiungerò.» Dopo aver salutato il superiore, Santini chiamò l’appuntato Guerra. «Giorgio, prepara una gazzella. Ci aspettano ai Cantieri Navali.» «Comandi, maresciallo.» Fu così che dopo un quarto d’ora Carlo in compagnia dell’appuntato e del suo vice, il brigadiere Silvio Guasti, raggiunse Barbera che era appena arrivato in compagnia del Sostituto Procuratore, Ettore Miglio. Il gruppetto appena formato si avvicinò al corpo steso sul muraglione, mentre Anna Schiavo, medico legale, lo stava esaminando. I nuovi arrivati attesero che il medico terminasse il sommario esame necroscopico, per poi avvicinarsi. La dottoressa richiuse la borsa e li fissò. «Buongiorno signori. Inutile dirvi che finché non farò l’autopsia non potrò dirvi molto, ma qualcosa posso già anticiparvi…»
12 Il magistrato annuì e, dopo aver gettato un’occhiata agli altri, alzò il palmo della mano affinché la donna terminasse. «Bene» iniziò «c’è la possibilità che sì tratti di un annegamento indiretto, il corpo presenta una ferita lacero-contusa sulla schiena che potrebbe far sospettare una lesione alle vertebre toraciche…» «Provocata o accidentale?» la interruppe il maresciallo. «Non posso ancora dirlo ma… sì, potrebbe essere stata provocata da qualcuno, infatti, potrebbe aver subito il colpo prima dell’immersione in mare. Comunque, dopo l’autopsia e dopo l’esame istologico del tessuto polmonare, potrò appurare se la causa della morte sia da imputare all’annegamento o al colpo ricevuto.» *** Maria Bagnasco passò in piedi l’intera nottata e fu la notte peggiore della sua vita. Perfino peggiore di quella in cui scoprì il tradimento del marito. La sua odissea iniziò percorrendo senza meta le stanze della casa e telefonando a chiunque potesse aver a che fare con Luca, ma nessuno ne sapeva nulla. I compagni di classe l’avevano visto, per l’ultima volta, all’uscita di scuola al termine delle lezioni e i pochi amici del quartiere non l’avevano visto per tutto il pomeriggio. Quando si rese conto che l’ora si faceva tarda, smise di telefonare e riprese nervosamente il cammino lungo i vani dell’appartamento. Verso l’una di notte non ne poté più di stare al chiuso e uscì. Prese l’auto e girovagò per Genova senza un itinerario preciso, percorrendo strade note e meno note fino a veder spuntare l’alba. Continuò imperterrita nella vana ricerca del figlio per un altro paio d’ore, fino a quando ricevette quella maledetta telefonata. Inizialmente non volle crederci e si ancorò alla speranza che il corpo recuperato dai carabinieri non fosse quello del figlio e con lo stomaco chiuso, il cuore che le batteva in gola all’impazzata e i pensieri che si rincorrevano inarrestabili, arrivò all’Istituto di Medicina Legale dell’Università. All’entrata della camera mortuaria, trovò l’ispettrice Poggi che la abbracciò e la strinse, capì così che il ragazzo annegato era suo figlio. Si accasciò su una poltroncina e diede sfogo a tutte le lacrime che non era ancora riuscita a liberare.
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«Dov’è?» chiese «voglio vederlo subito.» «Certo» le rispose Manuela «certo…» Maria si alzò e insicura sulle gambe si ancorò all’amica che la condusse in una stanza attigua alla sala d’aspetto dove trovò ad attenderla due carabinieri. Manuela si avvicinò al più anziano dei due e disse: «Ti presento il maresciallo Santini, si sta occupando del caso.» Carlo rivolse alla donna uno sguardò compassionevole e le presentò l’altro carabiniere. «Il mio vice» disse «il brigadiere Guasti.» Maria Bagnasco annuì senza riuscire a emettere una sola sillaba e, insieme all’ispettrice e ai due carabinieri, si avviò verso una stanzetta della camera mortuaria, dove giaceva il corpo di Luca. Si avvicinò alla salma mentre gli altri rimasero un passo indietro. Non piangeva più, forse aveva finito le lacrime o forse doveva prima guardare bene la salma per accertarsi che fosse quella del figlio. Gli accarezzò i capelli e scrollò il capo, non erano più mossi e avevano perso le mâches chiaro-scure sul fondo biondo che caratterizzavano la sua pettinatura, ora erano di un colore seppia ed erano appiccicati sulla fronte e intorno alle orecchie a contornare un viso livido e contratto, come se, nonostante la pace della morte, fosse ancora sofferente. Gli baciò la fronte e gli si accasciò sopra riprendendo un pianto intervallato da singulti. Manuela le circondò le spalle e, sollevandola, la accompagnò fuori. Nel passare, fece un cenno alla Schiavo che annuì e coprì il cadavere. «Signora» intervenne il maresciallo, una volta usciti dalla stanza, «le porgo le mie condoglianze e, come immaginerà, dovrò farle qualche domanda.» «Certo, ma possiamo rimandare? Ora sono proprio distrutta… non ho dormito…» «Certamente. Mi chiami lei quando si sarà ripresa» le disse porgendole il suo biglietto da visita. Usciti dall’Istituto di Medicina Legale, l’ispettrice e i due carabinieri osservarono per qualche istante l’auto dell’avvocata percorre Viale Benedetto XV e uscire dalla zona universitaria.
14 «Povera donna!» esclamò Manuela. «La conosci bene?» le chiese Carlo. «Sì», rispose, «sì e so che Luca era l’unico vero amore della sua vita.» «Non è sposata?» «Divorziata! Una brutta storia. Devi sapere che la Bagnasco è una penalista e capita che, per lavoro, ci venga a far visita in Commissariato, e lì è nata la nostra amicizia. «Una sera, intorno a mezzanotte, rientrando anticipatamente da una trasferta per una causa fuori Genova, ha trovato il marito a letto con una sconosciuta. Così, dopo aver buttato fuori di casa l’intrusa e il coniuge, la mattina successiva è piombata nel mio ufficio stravolta.» Santini annuì riflettendo sulle problematiche del matrimonio. Da quelle problematiche cercava di starne lontano, nonostante avesse promesso alla sua fidanzata che presto l’avrebbe sposata. Certo finora era riuscito abilmente a posticipare quell’evento, incrementando non poco gli anni di fidanzamento. Il suo leitmotiv era di non sentirsi ancora pronto per fare quel passo a causa del lavoro pericoloso che svolgeva. ),1( $17(35,0$ &RQWLQXD
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CAPITOLO 3
Lasciata Manuela, i due uomini si portarono sul luogo del ritrovamento del cadavere di Luca, appena abbandonato dai tecnici del RIS. Raggiunto il muraglione con il porto turistico alle spalle e la diga foranea di fronte, cominciarono a guardarsi intorno. Controllarono l’ambiente circostante, camminando lungo il muraglione, poi Santini, osservando la cresta delle onde, notò la direzione che queste prendevano. «La corrente porta verso l’interno.» «Già» confermò Guasti «però il corpo è rimasto all’esterno del porticciolo.» «Sì, il corpo non ha percorso molta strada e si è subito arenato tra gli scogli.» «Dobbiamo superare quest’ansa, il punto da dove è caduto dev’essere più su, lungo il muraglione.» Carlo annuì. «Sì», disse «percorriamolo tenendo gli occhi aperti e vediamo se troviamo qualcosa sfuggita ai colleghi, che ci possa aiutare.» Così si misero a scrutare la zona controllando soprattutto il muro e gli scogli sottostanti, fino a quando il maresciallo notò due strisce scure sul cemento chiaro, che partivano dalla sommità in direzione degli scogli e, di tanto in tanto s’interrompevano. Erano due righe di circa due o tre centimetri di larghezza e correvano perpendicolarmente al muraglione nella sua parte in discesa a quarantacinque gradi. Seguì quelle due tracce, che ricordavano la stria di uno pneumatico, ma che distavano tra loro non più di trenta centimetri, fino notare qualcosa di colorato e seminascosto nella parte di scogliera appena lambita dal mare. Gli ci volle un bel po’per metterlo a fuoco a causa di uno spuntone di roccia che lo celava quasi per intero e non si stupì più di tanto che fosse sfuggito ai tecnici del RIS che, evidentemente, non ebbero la sua
16 fortuna nel vederlo. Si avvicinò più che poté fino a individuare l’oggetto. Annuì e lanciò un fischio di soddisfazione che fece girare il suo vice. «Tombola!» esclamò, indicandogli un oggetto di colore giallo incastrato tra gli scogli e visibile a mala pena. *** I due carabinieri sul muraglione non sapevano di essere osservati in lontananza da due adolescenti sportisi dal muretto lungo il marciapiede di Corso Aurelio Saffi. Il corso si affaccia dall’alto sul mare e si allontana dal centro verso ponente, perciò i due ragazzi si erano alquanto allontanati dalla scuola che avevano marinato. «Cosa ne hai fatto del messaggio? L’hai cancellato?» le chiese Rossano. «Sì. Ros. L’ho fatto subito. Quel messaggio mi ha angosciato.» «Esagerata! Ma dai, io non l’ho ancora cancellato… lo faccio ora così ti calmi» disse prendendo in mano il cellulare. «Ros, ho paura» gli confessò, con un piccolo tremito. Rossano Novelli rise nervosamente, scrollando il capo. Nonostante la scoperta del morto annegato, che aveva comunque scosso i suoi nervi, non era disposto a farsi vedere insicuro di fronte a lei, inoltre, mal accettava che nonostante la sua presenza, lei si dimostrasse sempre così debole. Veronica lo strinse ripensando all’accaduto. Rivide il corpo a testa in giù con la faccia in acqua. Non potevano essere certi, ma pensarono subito che si trattasse di Luca. La sera precedente avevano ricevuto entrambi un messaggio tramite WhatsApp e ora, con la probabile morte di Luca, quelle parole bruciavano. Il primo messaggio era destinato a lei, poi una ventina di minuti dopo, un secondo messaggio fu inviato al cellulare del ragazzo. Quest’ultimo recitava: Vieni a vedere cosa c’è vicino alla barca di tuo padre…
17 Fu così che quella mattina, i due giovani attesero invano l’arrivo a scuola di Luca Basso. La sua assenza li convinse che il testo del messaggio fosse da prendere in seria considerazione e, per controllare se l’enigma fosse realmente presso la barca del padre, Rossano e la ragazza raggiunsero il porticciolo turistico della Fiera di Genova, dov’era ancorata, ma non trovarono nulla di particolare. Nelle loro menti frullavano domande alle quali non sapevano dare una risposta. “Perché aveva inviato quei messaggi? Che significato avevano?” E poi: “Che cosa voleva da loro, quello sfigato?” Ma, con la scoperta del corpo immerso tra gli scogli, di risposte non ce n’erano più e proprio per questo non aveva più importanza capire quali, Luca, avrebbe potuto dar loro. *** Tra le undici e mezzogiorno, la palestra della passeggiata a mare di Nervi si svuotava perché quell’ora era riservata agli istruttori. Prima della pausa, dalle otto alle undici, molte casalinghe la frequentavano prima o dopo aver fatto la spesa, per le loro sedute di Pilates e di ginnastica aerobica. Quelle lezioni erano gestite da Sonia, una giovane istruttrice molto amata dalle clienti. La ragazza terminava, appunto, il suo lavoro alle undici e lo riprendeva dopo l’intervallo, a mezzogiorno, giusto per il turno di tutti quelli che alla pausa pranzo, preferivano la… pausa palestra, mentre nel pomeriggio e durante la sera il locale era frequentato da body builders di tutte le categorie. Ogni mattina, poco dopo le undici, Sonia attendeva l’uscita dallo spogliatoio di tutte le signore che avevano sudato, saltato e ballato. Nell’attesa, mangiucchiava barrette energetiche e frutta, poi, appena gli spogliatoi si liberavano, vi entrava per la sua doccia ristoratrice. Anche quella volta, com’era solita fare prima di andare sotto la doccia, si ammirò nuda allo specchio: aveva il corpo scolpito nel marmo e un viso dai lineamenti piacevoli, circondato da un caschetto di capelli nero
18 corvino che a molti ricordava il personaggio di Valentina di Guido Crepax. Il rumore del getto d’acqua calda e tonificante non le permise di udire la porta della palestra aprirsi, né di sentire i passi di un tizio intrufolatosi all’interno. L’uomo si avvicinò agli spogliatoi ed entrò in quello riservato ai maschi. Qui si denudò e uscì per entrare nello spogliatoio femminile. Fu così che Sonia scorse la sagoma, attraverso il vetro appannato dal vapore acqueo. «Questo è lo spogliatoio delle donne!» esclamò a voce alta per superare il rumore dell’acqua. «Lo so. L’ho fatto costruire io» rispose Claudio, completamente nudo, aprendo la porta della doccia e afferrandola per i fianchi da dietro. Era eccitato e in piena erezione. Lei, prima, si divincolò poi, girandosi, lo guardò negli occhi e lo abbracciò accostando la bocca alla sua, poi gli cinse i glutei con una gamba, lasciandosi penetrare sotto lo scrosciare della doccia. *** Mentre Novelli dava sfogo alla sua bramosia sessuale, in un negozio di abbigliamento di via Roma, una delle strade più ricercate del centro cittadino, sua moglie Bianca stava provando un capo facente parte di una collezione esclusiva appena arrivata. «Una mise che le dona moltissimo…» stava dicendo la commessa profondendo le dovute lusinghe a una delle loro clienti più abbienti. «Trova?» domandò la donna, con tono civettuolo. «Senz’altro, signora Silvino.» Era il suo cognome da nubile. Aveva sposato Claudio contro il parere dei genitori che vedevano in quell’unione, il più grosso errore della loro viziata rampolla e figlia unica. I due si conobbero giovanissimi in uno stabilimento balneare di Corso Italia, dove lui faceva il factotum e lei la cliente piena di soldi. Così era ovvio che per la commessa e per tutti quelli che la conobbero da ragazza, Bianca Silvino-Novelli fosse rimasta la… signora Silvino.
19 Annuì soddisfatta per quell’acquisto e s’infilò nel camerino per spogliarsi del costoso capo d’abbigliamento e rindossare i panni che l’avevano portata lì. Prese un taxi per tornare a casa, una villetta sulle alture di Sant’Ilario, sopra Nervi nel municipio del Levante, dove ad attenderla trovò una gazzella dei carabinieri. La guardò incuriosita e, nonostante fosse proprio sulla soglia del cancello della villa, si autoconvinse che l’auto non fosse lì per lei. Pagò il taxi e si diresse in prossimità del cancello cercando di non guardare in volto i due militari che nel frattempo erano scesi. La speranza che non cercassero proprio lei svanì quando il carabiniere più anziano si avvicinò al cancello della villa, salutandola con la mano tesa al cappello. «La signora Novelli?» chiese poi, abbassando il braccio. «Sì…» «Buongiorno. Sono il maresciallo Santini e questo è il mio vice, il brigadiere Guasti.» «Buongiorno, ma… cercate me?» chiese pleonasticamente. «Sì, signora. Dovremmo porgerle qualche domanda.» «Ma… non capisco…» «Non si preoccupi» la rassicurò Carlo «è solo una richiesta di chiarimenti. Possiamo entrare?» «Certo» confermò la donna schiacciando un tasto di un telecomando preso dalla borsetta. Il grosso cancello della villa si aprì e i tre poterono entrare attraversando un breve vialetto che portava al portoncino d’ingresso. Qui ad attenderli, trovarono una cameriera che premurosamente prese i pacchetti dello shopping di Bianca e invitò i due carabinieri a entrare in un salottino attiguo all’ingresso. Dopo essersi accomodati, i due uomini su un divano e la padrona di casa su una poltrona di fronte a loro, il maresciallo le porse un biglietto con un numero. «Possiede un cellulare con questo numero?» le chiese. Era il numero annotato dall’operatore del 112, durante la richiesta di soccorso alla diga foranea. «No, cioè sì, ma non lo uso io. È di mio figlio. È intestato a me perché l’abbiamo acquistato quando lui era ancora minorenne. Il mese scorso ha compiuto diciott’anni.»
20 Santini annuì e continuò: «Immagino che suo figlio studi. Che scuola frequenta?» «Frequenta l’ultimo anno del liceo scientifico, all’istituto Champagnat. Perché siete così interessati a mio figlio, gli è forse successo qualcosa?» «No signora, non si preoccupi» la rassicurò nuovamente Santini che poi aggiunse «si tratta semplicemente di un controllo. Possiamo parlare con suo figlio?» «Beh, sì ma ora è a scuola… però così mi fate preoccupare, se…» «Signora, come le ho detto prima, si tratta solo di un controllo. Dobbiamo vedere suo figlio. Nel pomeriggio deve venire al Comando» disse consegnandole il suo biglietto da visita con l’indirizzo. La preoccupazione della donna aumentò e a voce bassa chiese: «È necessario la presenza del nostro avvocato?» «Come ritiene lei, signora. Noi non possiamo impedirlo ma sappia che suo figlio non è accusato di nulla.» “Per ora” pensò Guasti. *** Prima di rientrare al comando, Santini e il suo vice decisero di far visita all’avvocata Bagnasco. La donna si era un po’ ripresa, così il maresciallo le propose, telefonicamente, un incontro presso il suo studio. Al loro arrivo, furono accolti da una segretaria che li fece accomodare in una sala d’aspetto ben arredata con divanetti e poltrone, c’erano alcuni tavolini e un’ampia libreria ricca di testi giuridici, faldoni e qualche rivista. Sotto le mensole di una parte della libreria fatta a ponte, si aprivano delle porte che avevano a lato delle targhette con i nomi dei diversi legali. I due carabinieri si sedettero su un divano a lato dell’etichetta con il nome dell’avvocata. Dopo una decina di minuti d’attesa la porta dello studio si aprì e ne uscirono due persone, una delle due era Maria. «Buongiorno maresciallo, mi scusi se l’ho fatta attendere.» L’atteggiamento della donna era meno accorato, anche se un’abbondante dose di fondotinta e di fard nascondeva i lineamenti tirati del volto.
21 Fece accomodare i due carabinieri su delle poltrone dello studio, dove si accomodò lei stessa, evitando di sedersi di là dalla scrivania. «Come si sente?» «Sa maresciallo, non credo che ci si possa mai riprendere dalla perdita di un figlio. Lei ne ha?» «Di figli?» La legale annuì. «No, signora, non sono neanche sposato.» «Se è per quello, neanch’io. Da quando ho divorziato, sono rimasta single» rivelò con tristezza la donna. La conversazione si stava incanalando verso una direzione inaspettata e Santini, dopo aver dato un’occhiata al suo vice, decise di riportarla sui giusti binari. «Avvocato, sa se suo figlio, nonostante la sua giovane età, avesse dei nemici? Magari qualche coetaneo con il quale si è scontrato in passato…» «No, maresciallo, ma perché me lo chiede? Sospettate che sia stato… ucciso?» Non riusciva neanche a pensare a una cosa così terribile. «No, signora. Per ora non abbiamo ancora formulato alcuna ipotesi ma non possiamo scartare nulla, neppure la possibilità di un incidente.» «Che sia caduto accidentalmente. Sì, ci ho pensato fin dal primo momento e più passa il tempo e più ne sono certa.» «Perché ne è così sicura?» «Perché non vedo un’altra possibile causa» rispose dando l’impressione che lo dicesse convinta ma con una buona dose di speranza. «Sì, potrebbe essere andata così, è un’ipotesi come un’altra.» «Ma che ci faceva in quel posto e a quell’ora?» chiese Maria, a voce alta, più a se stessa che ai due uomini. «Questo non lo sappiamo» intervenne Guasti aggiungendo «speravamo di saperlo da lei.» «Io non lo so. È come un incubo per me.» Scrollò il capo e fissò prima gli occhi del brigadiere poi quelli di Santini fino a emettere un sussurro, un sibilo. «È da quella notte che ho capito quanto fosse importante Luca nella mia vita.» Gli occhi di Maria divennero rossi e umidi e, quando li chiuse, ne uscirono lacrime che le rigarono il viso sciogliendo un po’ del trucco,
22 poi tirò su con il naso, si tamponò gli occhi con un fazzolettino e parlò a bassa voce. «Scusate… mi accorgo solo ora, di quanto poco conoscessi mio figlio.» I due uomini percepirono la sensazione di fallimento che pervadeva la donna, e fecero l’unica cosa che potevano fare: si congedarono.
23
CAPITOLO 4
Nel pomeriggio, Rossano Novelli entrò nel comando dei Carabinieri accompagnato dall’avvocato e dai genitori, e qui ebbe la sorpresa di trovare la sua ragazza. «Veronica!» esclamò più preoccupato che stupito da quella presenza. Lei non fece tempo a dire nulla perché l’appuntato Guerra, uscito dall’ufficio di Santini, li invitò a entrare. «Prego, signor Dosso può accompagnare sua figlia.» Entrarono nell’ufficio, lasciando Rossano ancora a bocca aperta per la sorpresa. L’espressione del ragazzo non sfuggì al padre che scrollò il capo. «Hai combinato qualcosa… o meglio, voi due, tu e quell’altra, avete combinato qualcosa che è meglio che io sappia?» gli chiese. «Lascia che sia io a chiederglielo» disse l’avvocato appartandosi con il suo assistito. Claudio annuì contrariato. Intanto, nel suo ufficio, il maresciallo stava chiedendo spiegazioni a Veronica sul messaggio che aveva ricevuto da Luca. «Allora, sappiamo che ti ha inviato questo messaggio: se ami davvero quello stronzo, lo devi accompagnare. Vuoi spiegarci il significato?» «Maresciallo, non capisco tutto questo interesse per un messaggio tra ragazzi…» intervenne il signor Dosso, forse con il puerile tentativo di interrompere il filo della conduzione dell’interrogatorio, ma ci voleva altro per interrompere Santini, che lo fissò minaccioso. «Lasci rispondere sua figlia poi vedrà che la motivazione per tutto questo interesse, ce la dirà lei.» Attese di capire se il padre della ragazza avesse ancora qualcosa da ribadire e poi continuò. «Ieri sera Luca ti ha inviato questo messaggio…» rilesse quelle parole scritte su un foglio che teneva sulla scrivania.
24 «Ora, te lo ripeto: secondo te come va interpretato?» «Non lo so» rispose la ragazza scuotendo il capo. Carlo si limitò a fissarla. «Sappiamo che Luca, quando ha inviato il messaggio, era nei pressi del luogo dove è avvenuta la disgrazia.» «Io non ho ricevuto alcun messaggio» affermò con il viso pallido. «No? Non l’hai ricevuto? Possiamo verificarlo facilmente: hai con te il cellulare?» «No… cioè sì.» Santini allungo il braccio, e prese il cellulare che pose sulla scrivania senza guardarlo. Schiacciò, invece, un tasto del suo computer cambiando completamente discorso, così delle voci uscirono dall’altoparlante inondando la stanza. “C’è un tizio che sta annegando” e poi si udì un’altra voce. “È già annegato!” «Riconosci questa seconda voce? Secondo me è la tua, giusto?» La ragazza sbiancò e si mise a piangere, allora il padre intervenne pretendendo la presenza del loro legale, che avrebbe subito avvisato e messo al corrente della situazione. «Sua figlia è stata convocata come persona a conoscenza dei fatti e, come tale la presenza di un legale non è necessaria, tuttavia, interromperemo il nostro colloquio e aspetteremo il vostro avvocato» concesse Santini che poi ordinò a Guerra di accompagnare fuori i due, evitando qualunque contatto con il gruppetto della famiglia Novelli. Così, in attesa dell’arrivo del legale della famiglia Dosso, fece entrare Rossano e il suo seguito illustrando subito quale fosse la posizione del ragazzo in quel frangente. «Il ragazzo è qui per chiarire il motivo per il quale, dopo aver telefonato e denunciato al 112 il ritrovamento di un presunto cadavere, si sia rifiutato di rilasciare le proprie generalità e, in seguito, di aver abbandonato il posto dell’incidente, nonostante gli fosse stato intimato di non farlo.» L’avvocato dei Novelli chiese se, per gli inquirenti, ci fossero ulteriori e più seri addebiti nei confronti del suo assistito.
25 «Non abbiamo ancora un quadro completo della situazione ma credo che per iniziare, dovrà chiarire il suo comportamento. Al momento non è accusato di alcun grave reato ed è qui come persona informata dei fatti.» Esposte le precisazioni richieste, il maresciallo si rivolse direttamente al ragazzo. «Confermi di essere stato tu a chiamare i soccorsi, ieri mattina?» «No… non l’ho fatto.» «Rossano… ti chiami così, giusto?» gli chiese per cercar di spezzare sul nascere, il tono smodato del giovane. Il ragazzo annuì con un sorriso irrisorio, Santini ignorò quell’atteggiamento e continuò con voce ferma. «Bene Rossano. Così non va perché un testimone è tenuto ad affermare la verità e, inoltre, siamo certi che la chiamata sia partita dal tuo telefonino.» Come se fosse stato mosso da moto proprio, l’altoparlante del computer sulla scrivania del maresciallo, diffuse prima la voce del ragazzo, poi quella di Veronica e infine, nuovamente la voce del giovane, riportando le varie conversazioni con gli operatori. A quel punto nel sentire la sua voce e oramai messo alle strette, sbiancò. Forse per inesperienza, o forse per superficialità, aveva sottovalutato che la chiamata venisse registrata e che la sua voce fosse facilmente riconoscibile. «Ma… Rossano! Eri a scuola. Dillo al maresciallo…» tentò d’intervenire Bianca, bloccata da Claudio che attendeva di ascoltare quanto avesse da dire il figlio. Santini fece scorrere lo sguardo prima sulla signora Novelli, poi sul marito e infine sull’avvocato. Lei era tesa, lui furibondo e il legale preoccupato, tutti comunque in attesa di una giustificazione da parte del ragazzo che, il maresciallo sapeva, non sarebbe potuta arrivare. «Ti ripeto la domanda: hai chiamato tu il 112? E se fosse così – “come per altro già sappiamo” pensò – perché sei scappato?» Rimase in attesa della risposta, poi alzò lo sguardo e gli fece un gesto per invogliarlo a collaborare. «Sì», rispose gettando un’occhiata all’avvocato «l’ho chiamato io».
26 «Ma…» tentò di intervenire la madre, zittita da un gesto di Carlo che poi tornò a rivolgersi all’interrogato. «Bene. Poi spiegherai ai tuoi genitori perché quella mattina non eri a scuola, ma ora dimmi perché non hai voluto rilasciare le tue generalità e perché sei scappato.» «Per paura» fu la lapidaria e scontata risposta. Il maresciallo annuì e con un sorrisetto gli fece la domanda clou. «Che cosa ci facevi, il mattino presto, dalle parti dei Cantieri Navali, a più di quattro chilometri dalla scuola e a più di dieci da casa tua?» La risposta era ovvia ed era legata al messaggio ricevuto, ma, per poterla dare, Rossano avrebbe dovuto ammettere di averlo ricevuto. «Avevo marinato la scuola…» rispose guardando di sbieco i genitori. «Rossano!» esclamò la madre. «Signora, ci sono comportamenti di suo figlio ben più importanti per le indagini che l’aver marinato la scuola, inoltre, la presenza sua e di suo marito è tollerata e non necessaria perché suo figlio è maggiorenne» disse gravemente, per poi rivolgersi nuovamente al ragazzo. «Che tu avessi marinato la scuola l’avevamo capito ma non hai ancora risposto alla mia domanda…» Lasciò aleggiare quella considerazione aprendo un cassetto per prendere una busta di plastica con dentro l’oggetto giallo rinvenuto sul luogo della presunta caduta in acqua di Luca. Era un iPhone 5C, appunto di quel colore. Senza estrarlo dalla busta, glielo mostrò. «Questo è il cellulare di Luca. Fa parte dei reperti per i tecnici del RIS. Abbiamo trovato nella messaggeria un paio di cose interessanti.» Rossano capì subito che non poteva più mentire, così ammise di aver ricevuto il messaggio. «Me lo ha inviato la sera prima.» «Con… la sera prima, intendi quella precedente al ritrovamento del corpo tra gli scogli?» chiese nell’ovvietà della risposta. «Sì, lo trovammo la mattina dopo.» Santini annuì, soddisfatto. «Ecco perché quella telefonata ieri a tarda sera!» esclamò Bianca. «A cosa si riferisce, signora?» chiese il maresciallo incuriosito da quell’esclamazione.
27 «Ieri sera… mi ha chiamato la mamma di Luca» iniziò titubante la donna, per poi rivelare di getto il motivo della chiamata. «Era agitatissima e mi ha detto che il figlio non era ancora tornato a casa e mi ha chiesto se Rossano ne sapesse qualcosa.» Allora Santini si girò in direzione del giovane per avere una risposta a quella richiesta. Lui lo fissò e scrollò il capo negando. «Che Luca fosse alla Foce l’ho saputo solo quando l’abbiamo…» Non terminò interrotto da Santini. «Hai usato nuovamente il plurale, con chi eri quando hai trovato il corpo di Luca?» «Con Veronica ma questo lei lo sapeva già. L’ho vista qui fuori.» Santini sorrise sornione e arrivò all’ultima domanda. «La sera prima, Luca ti ha inviato questo messaggio …» prese il solito foglio e continuò «… vieni a vedere cosa c’è vicino alla barca di tuo padre.» Rossano abbassò il capo e il maresciallo continuò. «E tu, la mattina successiva, incuriosito dall’invito del tuo amico, ti sei recato nei pressi della barca di tuo padre…» Claudio, nel sentirsi tirato in causa, cercò d’intervenire ma fu bloccato dall’avvocato, permettendo a Carlo di terminare. «Cosa c’era, di così importante, vicino alla barca?» «Nulla. Ho guardato tutto intorno, dappertutto, e non ho trovato nulla…» Il maresciallo osservò i presenti e in particolar modo l’avvocato, poi tornò a rivolgersi al ragazzo esortandolo a continuare, certo che non avesse terminato. «Continua» gli disse. Ormai Rossano vedeva fuggire tutti i tentativi per sottrarsi alle sue responsabilità: quel carabiniere aveva capito tutto, così divenne un fiume in piena. «Mentre giravo nei dintorni della barca, improvvisamente, sentii un urlo… era Veronica che aveva visto il corpo. Mi corse incontro e mi cinse con le braccia. Era terrorizzata, mi pregò di scappare, di andare via. Ma io, più guardavo il corpo, più mi convincevo che quello fosse Luca. Volevo raggiungerlo per averne conferma, ma gli scogli erano troppo impervi e, inoltre, lei si era aggrappata al mio giubbotto e non si schiodava. A quel punto presi il cellulare e chiamai il 112…»
28 Il maresciallo annuì ma non era ancora convinto della completezza della versione resa dal ragazzo, allora lo fissò dritto negli occhi e gli parlò con voce calma, scandendo bene le parole. «C’è una reale possibilità che Luca Basso non sia annegato, ma sia stato ucciso. Il medico legale ha riscontrato una lesione alla schiena che, in questo momento, è sede d’indagine necroscopica…» «Maresciallo, con questa sua affermazione, intende accusare il mio assistito di qualche reato?» chiese l’avvocato. «Per ora non ho motivo di andare oltre con le accuse, ma essendo stato l’ultimo sul luogo del possibile delitto, potrei essere tentato di valutare un fermo giudiziario.» I genitori protestarono vivacemente ma le loro grida furono sovrastate dalla voce dell’avvocato. «Maresciallo, le consiglio di procedere con molta cautela e precisare bene gli addebiti al mio assistito che, evidentemente, ora non è più un testimone ma un indagato.» «Avvocato, come ho detto… potrei essere tentato di valutare il fermo ma, è mia intenzione avvertire immediatamente la Procura, sarà il Sostituto Procuratore a decidere i termini di un eventuale fermo.» Il legale annuì e, in attesa dell’arrivo del magistrato, rimase in compagnia del suo assistito in una stanza del comando dei Carabinieri, consigliando ai genitori di rientrare a casa, certo che il ragazzo potesse raggiungerli, senza alcun addebito. *** Aspettando il dottor Miglio che avrebbe deciso se fosse necessario, o meno, il fermo del giovane, Guasti accompagnò Veronica, suo padre e il loro avvocato, informato sulla situazione, nell’ufficio del maresciallo. Quando tutti entrarono, per l’interrogatorio, Carlo ebbe la sorpresa di riconoscere il legale della famiglia Dosso, tale Mario Trimboli, con il quale si era scontrato più volte, ma del quale aveva una grande stima. «Buongiorno avvocato. È un piacere vederla.» «Anche per me e spero che rimanga tale nonostante la motivazione che ci riunisce.» Santini sorrise, scrollando il capo. «Avvocato, siamo su sponde opposte dello stesso fiume.»
29 Dopo questa pillola allegorica, il maresciallo fece accomodare i nuovi arrivati e così poté cominciare l’interrogatorio. «Veronica, ora che il tuo avvocato è arrivato, puoi rispondere alla mia domanda: che significato dai al messaggio che ti ha inviato Luca?» In attesa della risposta da parte della ragazza, prese il cellulare della stessa, quello rimasto sulla scrivania dal primo interrogatorio, e glielo porse affinché lei lo sbloccasse, poi cercò tra i contatti sulla chat di WhatsApp fino ad arrivare a Luca, qui come si aspettava, costatò che l’ultimo messaggio era stato cancellato. Girò lo schermo del cellulare verso Veronica senza aggiungere nulla. La ragazza guardò prima il padre e poi l’avvocato Trimboli che annuì, infine volse lo sguardo in direzione di Carlo. «Luca era geloso di Rossano…» sussurrò. «Tu e lui siete stati insieme?» «Intende io e… Luca?» chiese sorpresa della domanda, facendo un sorrisino più simile a un ghigno che a un sorriso vero e proprio. «Sì. Te lo chiedo per capire il motivo della sua gelosia nei confronti del tuo ragazzo e, nel caso, quella del secondo nei confronti del primo.» «No. Non sono mai uscita con Luca. Era più piccolo di me e non nutrivo alcun sentimento nei suoi confronti, non posso neanche dire che fossimo molto amici. Che fosse innamorato di me lo sanno tutti, ma a me non è mai interessato.» «Che rapporto c’era tra i due ragazzi?» Non rispose e abbassò il capo. Il maresciallo attese qualche secondo poi, alzando un po’ la voce la incitò. «Veronica…» «Rossano lo trattava male» disse iniziando a piangere. «Puoi essere più chiara?» le chiese con voce paterna. «Lui e altri ragazzi prendevano in giro Luca per la sua... corporatura… sì, insomma, perché era grasso.» «Questo avveniva a scuola?» «Sì, ma anche fuori, abitiamo quasi tutti a Nervi e a Sant’Ilario, ci vediamo spesso nella zona del porticciolo. Per la verità, a prenderlo in giro erano soprattutto gli amici della compagnia del quartiere. A scuola Rossano era spalleggiato solo da Antonello.» «Antonello?»
30 «Sì, Antonello Barbieri. È un nostro compagno di classe ed è succube di Rossano. Farebbe qualunque cosa gli chiedesse. Noi frequentiamo la quinta e per prendere in giro Luca andavamo al piano delle seconde.» «E tu che ruolo hai in tutto questo?» Non rispose subito ma osservò Trimboli che le sorrise e la invitò a rispondere. «Io sono la ragazza di Rossano…» «Mi stai dicendo che lui ti obbligava a partecipare a questi episodi di bullismo?» Per la prima volta la parola bullismo venne fuori e lei, nel sentirla nascose il viso tra le mani, poi lo rialzò mostrando gli occhi velati e le lacrime percorrerle le guance. «No, non era lui a obbligarmi, sono io che sono sempre stata una… una cretina.» La ragazza, dopo un pianto sommesso, sembrò rilassarsi ma non si poteva dire la stessa cosa per Trimboli che si aspettava la domanda che arrivò subito dopo. «C’è ancora una cosa che devi chiarire. Per quale motivo, quella mattina, eri con Rossano sul molo turistico della Fiera? E ti ripeto la domanda fatta prima: che legame c’è tra il messaggio inviatoti da Luca, la sua morte e il bullismo della compagnia?» Veronica rimase immobile come una statua, poi sembrò scuotersi come se finalmente avesse deciso di dare una svolta a quella brutta situazione e dichiarare tutta la sua estraneità per la morte di Luca. «Quando ho ricevuto il messaggio, ero a casa, in camera mia, era tardissimo, ma ho chiamato ugualmente Rossano. Lui mi ha detto di lasciar stare quell’abelinato di Luca e di non pensarci più, ma quando anche lui ha ricevuto il messaggio, mi ha inviato un SMS. Ci siamo messi d’accordo per chiedergli spiegazioni l’indomani a scuola ma Luca non si è fatto vedere, allora abbiamo seguito le sue indicazioni e siamo andati nei pressi della barca.» «E lì cosa avete trovato?» «Nulla, mi deve credere. Abbiamo cercato per un po’, poi ho visto il corpo in acqua tra gli scogli e mi son messa a urlare dalla paura…» «Va bene, per ora può bastare ma resta a disposizione del Sostituto Procuratore, ti vorrà senz’altro sentire.» La ragazza annuì e Trimboli chiese: «Chi si occupa del caso in Procura?»
31 «Il dottor Miglio» rispose Santini. «Bene» commentò lapidariamente l’avvocato. Il maresciallo sapeva che i due, oltre a nutrire una stima professionale reciproca, da giovani erano stati molto amici e compagni d’Università.
INDICE
Prologo .......................................................................................... 3 Capitolo 1 ...................................................................................... 5 Capitolo 2 .................................................................................... 10 Capitolo 3 .................................................................................... 15 Capitolo 4 .................................................................................... 23 Capitolo 5 .................................................................................... 32 Capitolo 6 .................................................................................... 39 Capitolo 7 .................................................................................... 45 Capitolo 8 .................................................................................... 52 Capitolo 9 .................................................................................... 62 Capitolo 10 .................................................................................. 68 Capitolo 11 .................................................................................. 76 Capitolo 12 .................................................................................. 83 Capitolo 13 .................................................................................. 90 Capitolo 14 .................................................................................. 96 Capitolo 15 ................................................................................ 103 Capitolo 16 ................................................................................ 109 Capitolo 17 ................................................................................ 115 Capitolo 18 ................................................................................ 123 Capitolo 19 ................................................................................ 130 Capitolo 20 ................................................................................ 135 Epilogo ...................................................................................... 141 Ringraziamenti .......................................................................... 145
AVVISO NUOVI PREMI LETTERARI La 0111edizioni organizza la Quarta edizione del Premio ”1 Giallo x 1.000” per gialli e thriller, a partecipazione gratuita e con premio finale in denaro (scadenza 31/12/2021) www.0111edizioni.com
Al vincitore verrà assegnato un premio in denaro pari a 1.000,00 euro. Tutti i romanzi finalisti verranno pubblicati dalla ZeroUnoUndici Edizioni senza alcuna richiesta di contributo, come consuetudine della Casa Editrice.
AVVISO NUOVI PREMI LETTERARI La 0111edizioni organizza la Prima edizione del Premio ”1 Romanzo x 500”” per romanzi di narrativa (tutti i generi di narrativa non contemplati dal concorso per gialli), a partecipazione gratuita e con premio finale in denaro (scadenza 30/6/2021) www.0111edizioni.com
Al vincitore verrà assegnato un premio in denaro pari a 500,00 euro. Tutti i romanzi finalisti verranno pubblicati dalla ZeroUnoUndici Edizioni senza alcuna richiesta di contributo, come consuetudine della Casa Editrice.