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MILENA REGA
VALERY ROSSA
ZeroUnoUndici Edizioni
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VALERY ROSSA Copyright © 2021 Zerounoundici Edizioni ISBN: 978-88-9370-475-5 Copertina: immagine Shutterstock.com Prima edizione Giugno 2021
Questa è un’opera di finzione. I nomi, i personaggi, e gli avvenimenti sono frutto della fantasia dell’autrice e sono usati in modo fittizio.
Dedico questo romanzo a tutte le vittime della malagiustizia in Italia
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PROLOGO
Il mese di agosto fu sicuramente il più caldo di quell’estate 2020 e, nonostante l’emergenza Covid non fosse ancora cessata, la riviera romagnola si era risvegliata dopo il lockdown e rimessa in piedi, con non poca fatica. In un susseguirsi di giornate nitide ma molto afose, i turisti erano finiti con l’ammassarsi sulle spiagge riminesi, in barba ad alcuni divieti e alle regole anti-contagio. L’avvocato Cesare Sorgia però non andava mai in spiaggia, neppure nelle sue giornate libere. Vi si recava qualche volta solamente di domenica e solo su insistenza della moglie, poiché lui preferiva lavorare isolato nel suo studio anche durante i festivi, immerso nella quiete, fra le mura domestiche. Tuttavia, quel pomeriggio d’agosto uscì dal tribunale pensando che prima di rientrare avrebbe fatto una passeggiata sul porto, approfittando del fatto che dopo le diciotto c’era meno afa anche se un po’ più di confusione, visto che a quell’ora i vacanzieri tornavano dal mare quasi tutti assieme. Si incamminò per raggiungere il bar adiacente il foro di Rimini, un locale ampio e moderno dove si fermava sempre a prendere il caffè. Quel giorno, la sua valigetta pesava un po’ più del solito. Era piena di scartoffie che avrebbe dovuto leggere attentamente in serata e che riguardavano l’arresto di un suo cliente accusato di maltrattamenti in famiglia. Certe donne... prima ti sposano per i soldi, dopo ti tradiscono, ti portano via la casa, i figli e pretendono perfino il mantenimento. Se poi però perdi la testa e gliele dai, il cattivo sei tu. Mentre pensava più o meno a questo e alla strategia difensiva che avrebbe dovuto adottare per fare assolvere l’imputato, l’avvocato Sorgia oltrepassò la porta del bar e l’aria condizionata gli diede immediatamente sollievo. Dalla radio provenivano le note di una
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musica estiva del momento in cui una grintosa Alessandra Amoroso cantava la sua voglia di ballare un “ reggae” in spiaggia. L’avvocato si tolse un fazzoletto dalla tasca della giacca e si tamponò la fronte umida, mentre la camicia ormai intrisa di sudore gli si era appiccicata al corpo, provocandogli disagio e fastidio. Avanzò in direzione del bancone dietro il quale una giovane barista armata di spugna e flacone di disinfettante in spray strofinava energicamente sul ripiano. «Buonasera, avvocato» lo salutò la ragazza, parlando da dietro la mascherina che le copriva più della metà del viso, ma lasciava ben visibili gli occhi azzurri, valorizzati da eyeliner e mascara. «Ciao, Ivonne» rispose Sorgia, rivolgendole un breve sorriso, «il solito macchiato freddo, per favore». «Subito». L’avvocato ripose il fazzoletto nella tasca, lasciò la valigetta per terra ai suoi piedi e rimase fermo in attesa della sua ordinazione. A qualche passo da lui, sempre di fronte al banco, un cliente con occhiali scuri, cappello a visiera e mascherina aveva appena finito di bere una coca cola zero e adesso era immerso nella lettura di un quotidiano. Seduta invece a uno dei tavoli c’era una ragazza bionda con gli auricolari che scorreva le dita sul suo smartphone, isolata in una realtà ormai fatta di “app” e persa in chissà quali pensieri. La macchina dell’espresso si mise in funzione con un ronzio e poco dopo Ivonne servì il caffè all’avvocato assieme al solito bicchiere d’acqua fresca. Sorgia versò il contenuto di una bustina di zucchero nella tazzina e lo mescolò, poi si girò verso l’entrata del bar, poiché erano appena arrivate due signore di mezza età piuttosto abbronzate dentro dei copri costumi bianchi sotto i quali si intravedevano forme abbondanti e un po’ cadenti. Guadagnarono il bancone ridendo e con voce gracchiante si misero a parlare di una cena che dovevano organizzare un non ben definito venerdì. Sorgia riuscì ad avvertire il profumo della loro pelle ambrata che sapeva di crema solare. «La mascherina, per cortesia» le ammonì la barista, vedendo che entrambe le donne la indossavano ma abbassata sotto il mento. Quelle dapprima ammutolirono, poi se la sistemarono correttamente fin sopra
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il naso e, dopo aver ordinato due spritz, si appartarono sedendosi a un tavolo vicino alla vetrata. L’avvocato tornò al suo caffè. Si abbassò la mascherina e lo consumò in due sorsi, mentre il cliente accanto a lui che aveva appena richiuso il giornale, si avvicinava alla cassa per pagare. Sorgia afferrò anche il bicchiere d’acqua e bevve. Un istante dopo urlò contorcendosi su se stesso. Il bicchiere gli scivolò dalle mani e ricadde frantumandosi sul pavimento. Tutti i presenti restarono impietriti. La ragazza bionda lasciò cadere il telefono sul tavolo, si tolse gli auricolari e tornò subito al presente. Le due donne scattarono in piedi e raggiunsero a passo svelto il bancone, così come la barista Ivonne che gridò che bisognava allertare il centodiciotto. L’uomo col berretto e gli occhiali rimase invece impassibile e guadagnò l’uscita indisturbato. L’avvocato si accasciò a terra, con le mani premute sul ventre e continuò a urlare, dilaniato da fitte laceranti allo stomaco.
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CAPITOLO 1
L’Intercity arrivò in stazione con diversi minuti di ritardo, ma a Nicole quasi seccò di dover scendere dal treno. Aveva viaggiato piacevolmente, avvolta nel fresco dell’aria condizionata, e sapeva che a Rimini, in quel periodo, le temperature erano infernali. Quando mise piede sulla banchina, il sole cocente iniziò a picchiare forte sulla sua testa illuminandole i lunghi capelli color cenere freschi di piega e boccoli. Attraversò il sottopassaggio trascinando il trolley, finché risalì le scale verso l’uscita della stazione che brulicava di individui di ogni genere: vacanzieri, pendolari e stranieri ubriachi che borbottarono subito apprezzamenti pesanti al suo passaggio. Nicole proseguì ignorandoli, finché raggiunse la biglietteria. «Per arrivare a Riccione devi prendere la linea 11, oppure il metromare» le disse un’impiegata alta e bruna seduta al di là di un vetro. «I biglietti del bus li vendete voi?» s’informò Nicole. «Per quelli devi andare in edicola» le suggerì l’altra, frettolosamente. Nicole afferrò il suo trolley, uscì dalla stazione e vide che la fermata degli autobus si trovava proprio di fronte, in piazzale Cesare Battisti. Dall’altro lato della strada c’era un’edicola. Era l’ora di punta e il traffico nel viale era intenso. Nonostante il caldo e l’umidità che si mischiava all’aria intrisa di gas di scarico, e la recente costruzione di nuove piste ciclabili, i riminesi non rinunciavano mai alla loro abitudine di usare costantemente l’automobile, anche nel periodo estivo. Nicole raggiunse le strisce pedonali e attraversò assieme a cinque giovani turisti tedeschi che parlavano fra loro a voce alta, mentre uno del gruppo avanzava con gli occhi fissi su un dépliant che aveva fra le mani. La ragazza si fermò di fronte al tabacchi-edicola e per prima cosa il suo occhio ricadde sulla locandina esposta all’esterno.
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Beve acido al bar, famoso avvocato penalista ricoverato in gravi condizioni. Nicole entrò nell’esercizio e acquistò un paio di biglietti per il tram. Montò sull’11 che era in procinto di partire e, se anche erano stati vietati gli assembramenti, riuscì a trovare un posto a sedere in mezzo alla calca di gente. Nicole non vedeva Rimini da circa un decennio. L’ultima volta era stata quando aveva partecipato a una gita con un gruppo di amici ed era appena maggiorenne. Ora che di anni ne aveva ventotto, era tornata nella città romagnola capitale del divertimento, anche se per un motivo diverso. “Gentile signorina Fretti, ho letto la sua email e la nostra redazione è interessata a conoscerla. Se ne ha la possibilità, la preghiamo di raggiungerci presso la nostra sede di Riccione. Cordialmente, Danilo De Angelis”. Nicole aveva subito intuito che quest’ultimo fosse il caporedattore di Romagna Futura, una nuova rivista nata da qualche anno a Riccione e che lei aveva trovato navigando in Internet. Aveva da poco terminato un master in giornalismo e comunicazione presso l’università degli studi di Bergamo e sperava di fare tirocinio iniziando da qualche redazione. Nella sua provincia però non era riuscita a trovare nulla di interessante e nemmeno i direttori dei principali quotidiani locali avevano mai risposto alle sue email. L’unica ad averla contattata era stata proprio Romagna Futura che aveva anche una pagina su Facebook e Instagram. La redazione cercava in quel periodo una giovane figura volenterosa che lavorasse presso la sede riccionese. Nicole aveva colto al volo l’occasione e non appena aveva potuto, era partita alla volta della riviera romagnola. A Riccione viveva una sua zia di Seriate che si era sposata con un uomo del posto circa venticinque anni prima e adesso gestivano insieme una merceria. Sua zia Mirella abitava col marito e il figlio in una casa di proprietà, una bifamiliare di cui occupavano il piano terra, mentre affittavano stagionalmente quello superiore ai turisti.
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«Dato che vieni a Riccione ad agosto, l’appartamento lo tengo volentieri libero per te» le aveva detto con un certo entusiasmo la donna per telefono. «Quest’anno, a causa del Covid, ho già avuto due disdette e non me lo ha più chiesto nessuno… E poi, ormai è una vita che non ti vedo di persona... » Mirella non tornava a Bergamo da molti anni e l’ultima volta che era andata a trovare Monica, sua sorella, Nicole era poco più che una ragazzina. «Se mi assumeranno , ho intenzione di restare per un bel po’, altrimenti, credo che tornerò a casa subito...o quasi». «E va beh, ma almeno una settimana starai, no?» aveva ribattuto sua zia. «Al massimo ti farai una vacanza». L’autobus impiegò quasi trenta minuti per arrivare in Piazzale Azzarita a Riccione e quando vi giunse, Nicole scese pensando che avrebbe mangiato velocemente qualcosa e poi si sarebbe recata alla sede di Romagna Futura, in Corso Fratelli Cervi. S’incamminò lungo Viale Ceccarini in direzione monte ammirando le vetrine delle boutique più rinomate. Si fermò in una pizzeria al taglio dove comprò un quadretto di pizza margherita e una bottiglietta di acqua fresca che si mise a consumare in un tavolo all’ombra. «Mi sapresti indicare Corso Fratelli Cervi?» chiese al ragazzo con gli occhiali da vista e la mascherina che l’aveva servita quando lo vide uscire per sparecchiare un tavolo. Questo alzò la testa e le indicò il sottopasso. «Devi prendere il sottopassaggio e risalire per Viale Ceccarini alta» le spiegò gesticolando. «Una volta che ti ritrovi di fronte all’ospedale, giri a sinistra e sei in Corso Fratelli Cervi, è facile» Sorrise. «Grazie». Nicole riprese il suo trolley e di nuovo si incamminò. Pensò che forse avrebbe dovuto prima andare da sua zia a rinfrescarsi e cambiarsi, ma Mirella abitava nella zona sud di Riccione e per non fare due viaggi, decise di passare prima alla sede del giornale. Aveva già inviato un messaggio su Whatsapp a suo cugino Luca di ventiquattro anni. Di’ a tua mamma che sono arrivata ed è tutto ok. Ci vediamo più tardi. Luca le aveva risposto brevemente usando il pollice alzato. La ragazza guadagnò Corso Fratelli Cervi, nel cuore di Riccione paese, e un
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passante le indicò subito la sede di Romagna Futura che si trovava in un vicolo cieco. L’ufficio era stato ricavato all’interno di un vecchio caseggiato che però risultava ancora abitato al piano superiore: infatti c’erano due finestre aperte protette da zanzariere e una fila di gerani rossi appesi al balcone. La porta dell’ufficio era spalancata, e Nicole osservò subito la locandina esposta all’esterno: era raffigurato il logo della rivista: tre mani che si intrecciavano, due di donna e una di uomo attorniate dalla scritta a colori Romagnafutura. Più in basso, in piccolo, erano menzionati i contatti social e Whatsapp. Accanto all’entrata l’espositore del gel ricordava ai nuovi arrivati di disinfettare le mani mentre una dicitura che ormai si vedeva ovunque riportava quanto segue: Prego, entrare con indosso la mascherina. Nicole si aggiustò la sua fin sopra il naso, prese una goccia di gel dal dosatore e si strofinò le mani. Esitò un istante, mentre il cuore cominciava a martellarle nel petto. Era lì per un colloquio di lavoro , quindi era tesa e sudava da ogni poro. Si fece forza e varcò la soglia. L’ufficio non era molto grande e c’erano solo tre scrivanie separate. Due erano vuote, in una terza invece stava seduta una ragazza dai capelli rosa fucsia e la carnagione lattea. Notò lungo il suo braccio sinistro un vistoso tatuaggio che era un intreccio di fiori, scritte e farfalle ma restava parzialmente coperto sulla spalla dalla T-shirt bianca a mezze maniche che aveva indosso. «È permesso?» La ragazza alzò a testa dal suo pc e le rivolse un breve sorriso. Aveva attorno agli occhi un trucco scuro molto vistoso e il piercing al naso. Si sistemò sul viso la sua mascherina dall’eccentrica stampa maculata e si alzò in piedi. «Ciao...vieni pure avanti…». «Sono Nicole Fretti» si presentò l’altra e avanzò col trolley al seguito. «Arrivo da Bergamo».
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CAPITOLO 2
La ragazza coi capelli rosa avanzò verso di lei. «Io sono Valentina Brigliadori» disse. «Piacere. Avevi un appuntamento con Danilo, vero?» «Esatto. Con Danilo De Angelis.» «Torna subito. È andato a prendere sua figlia al centro estivo. Non tarderà molto, accomodati pure» e le indicò una delle scrivanie libere ingombra di vecchie riviste e quotidiani. Sopra di quella c’era un pc spento e impolverato e sullo schermo era attaccata con lo scotch una foto che ritraeva una donna dai capelli rosso fuoco e gli occhi marrone chiaro. Sorrideva leggermente, mentre il suo sguardo, anziché essere rivolto all’obiettivo, era concentrato verso qualcosa alla sua destra. Nicole prese posto e si diede un’occhiata intorno. L’ambiente era umido e caldo, nonostante fosse in funzione un piccolo ventilatore a torretta e nell’aria aleggiava odore di carta e inchiostro. «Vuoi un caffè?» chiese Valentina raggiungendo la macchinetta dell’espresso in un angolo. «Volentieri, grazie.» Lo sguardo di Nicole tornò a concentrarsi sulla fotografia della donna rossa. Più la fissava e più si accorgeva di quanto fosse carina. Aveva un naso piccolo e proporzionato e le labbra leggermente carnose e lucide. Sembrava una di quelle modelle che si vedono sulle confezioni di tinte per capelli. «Ecco a te.» Valentina le allungò un bicchierino di plastica col caffè, una spatolina di legno e due bustine di zucchero. «Tu... lavori qui, vero?» chiese a Valentina, nel tentativo di fare un po’ di conversazione. «Sì, da quando Danilo ha fondato la rivista. Conosci già la nostra storia?».
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Nicole scosse il capo. Su quel particolare non si era ancora informata. «Danilo è nato e cresciuto a Roma, ma quando aveva quattordici anni si è trasferito a Riccione coi suoi genitori a causa del lavoro di suo padre» spiegò Valentina. «Io l’ho conosciuto alle scuole superiori e, alla fine, si è trovato così bene qui che è rimasto e poi si è sposato con una riminese... Anche se il suo matrimonio non è durato molto a lungo...». Alzò gli occhi al cielo. «L’idea di Romagna Futura è stata sua comunque, e quando mi ha chiesto di fare parte del suo progetto, io ho subito accettato». Fece una pausa e Nicole si accorse che il suo sguardo adesso era vacuo. «Beh, veramente... eravamo in tre, fino a qualche anno fa, ma poi…» Un’ombra apparve sulla porta della redazione. «Ah, ecco... è tornato Danilo» s’interruppe Valentina guizzando l’occhio verso l’entrata. Nicole guardò in quella direzione e vide entrare un uomo piuttosto alto, magro e bruno coi capelli corti, in parte rasati sulla nuca. Portava una mascherina nera davanti al viso e una maglietta blu e aderente. «Ciao Valentì» salutò la sua collega con inconfondibile accento romano. «Dove hai lasciato la Chiara?» «Ora è da mia mamma... ma stasera volevo portarla un po’ al Luna Park.» Si accorse di Nicole e aggrottò leggermente le sopracciglia. «Buonasera» disse, dopo un attimo di smarrimento. Nicole arrossì all’improvviso, inspiegabilmente imbarazzata. «Salve...» «È la Fretti, la ragazza che ci aveva contattati per l’offerta di lavoro» intervenne Valentina. «Ah, sì, ora ricordo. Bene. Ti aspettavamo... Piacere, sono Danilo De Angelis» Le fece cenno di andare a sedersi di fronte la sua scrivania. «Accomodati pure.» Nicole tentò di assumere un atteggiamento più consono e il colorito sul suo volto svanì. Danilo aveva una voce pacata e gentile e quel particolare la mise subito a suo agio. L’uomo prese posto dietro il pc e aprì un documento.
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«Ho visto che hai fatto un master a Bergamo, di recente» disse leggendo qualcosa sul computer. «Sì, mi piace molto scrivere, soprattutto articoli di cronaca e attualità. Voi vi occupate maggiormente di questo, vero?». «Infatti... A proposito» Danilo alzò la testa verso Valentina che nel frattempo era tornata alla sua scrivania. «Hai terminato quell’articolo sull’ “avvocato del diavolo”?» «L’avvocato del diavolo?» ripeté Nicole senza capire. «Era ironico» precisò Valentina. «Mica tanto» ribatté Danilo. Il volto dell’uomo divenne cupo e Nicole ebbe la sensazione che la guardasse fissamente coi suoi occhi scuri, ma in realtà questi erano persi nel vuoto. «Comunque sì, e ho già provveduto a pubblicarlo in rete» rispose Valentina. «Tra qualche giorno arriverà anche la sentenza del Tribunale di Sorveglianza e spero non sia come purtroppo mi aspetto…». «Già... sospirò Danilo.» Nicole non ci stava ancora capendo molto, ma comunque intervenne. «Quando sono arrivata a Rimini, oggi, ho letto nella locandina di un’edicola che un noto avvocato penalista ha bevuto dell’acido al bar. Era forse a lui che facevi riferimento?» indovinò. «Esatto. Cesare Sorgia» rispose Valentina, anticipando Danilo. «Ma tutti nella zona lo hanno sempre definito “l’avvocato del diavolo” per il fatto che la sua specialità è quella di difendere i peggiori criminali della provincia e ci è sempre riuscito bene...» «Ma poi ha incontrato l’acido» intervenne Danilo, mal celando uno strano sarcasmo. «Ha sessantadue anni, è ricoverato in condizioni serie e non si sa se ce la farà…» Calò un silenzio che fu interrotto qualche istante dopo dallo squillo del cellulare di Danilo. Questi rispose subito e, alzandosi dalla scrivania, raggiunse la porta della redazione e uscì fuori nel vicolo. Valentina e Nicole restarono sole e quest’ultima scosse la testa più volte. «Io non riesco a capire. Un uomo entra in un bar e beve dell’acido al posto dell’acqua, com’è possibile?»
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«Non è la prima volta che una barista distratta fa una cazzata del genere, è già accaduto, purtroppo. Lei era convinta di avergli versato semplicemente dell’acqua naturale e aveva appena tirato fuori la bottiglia dal frigorifero che fra l’altro era ancora sigillata» disse Valentina. «Questa storia è davvero pazzesca…» «Sì, assurda. Come fanno a credere che sia stato un incidente?» ribatté Nicole. «Io ci credo poco... » «Anche io ci credo poco, invece Danilo dice che è stato il karma.» Nicole inarcò le sopracciglia. «Il karma? Ma cosa intendi?» «Sorgia ha sempre difeso personaggi torbidi ed è stato anche l’avvocato di Denis Fabbri, ricordi chi è?» Nicole ebbe un momento di smarrimento. «Denis Fabbri... Non ho idea di chi sia» dichiarò. «Devi per forza aver sentito parlare della vicenda di Valeria Montini, in arte Valery Rossa». Nicole si portò una mano sul mento e rifletté un istante. «Oh, certo. Certo che sì! Come ho fatto a non pensarci prima?! Ecco dove l’avevo già vista!» esclamò lanciando un’altra occhiata verso la foto della ragazza coi capelli rossi che era attaccata al pc sopra la scrivania. L’omicidio di Valery Rossa. Era stato un fatto di cronaca nera accaduto tre anni prima e lei aveva seguito la vicenda tramite i media, ma alcuni particolari le erano sfuggiti. Per esempio, non ricordava che la scrittrice emergente Valeria Montini lavorasse nella redazione di Romagna Futura. Tre anni prima, Nicole aveva passato un periodo di depressione dopo la rottura con il suo ultimo ragazzo e così aveva anche seguito distrattamente le principali vicende di cronaca di quel periodo. Valery, che all’epoca dei fatti aveva trentotto anni, era stata ritrovata senza vita riversa sul pavimento del soggiorno della sua abitazione. Per quel delitto era stato arrestato il suo compagno, il quarantenne Loris Tonelli. «In seguito però, si è scoperto che Tonelli non c’entrava nulla con l’omicidio e per questo hanno fermato un altro uomo, vero?» proseguì Nicole, cercando di rimettere insieme i pezzi della vicenda.
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«Sì, Denis Fabbri, un quarantatreenne riccionese, insospettabile e incensurato. Nessuno aveva minimamente pensato a lui per il fatto che era un personaggio tranquillo, affetto da un lieve ritardo mentale. Celibe, riservato, viveva solo con la madre. Valery non lo conosceva, seppur lui facesse parte dei suoi contatti su Facebook... » «E perché lo aveva come amico su Facebook?» «Non lo so, ma spesso capita anche a me di aggiungere agli amici personaggi che vivono nella mia stessa città, ma che non ho mai visto prima. Lei aveva accettato la sua richiesta ma sembra che non gli avesse mai parlato» precisò Valentina. Nicole pensò subito a quelli che lei definiva contatti “ fantasma”, personaggi ambigui che seguono tutto quello che fai sui social ma non interagiscono mai con te e lei ogni tanto “ripuliva” il suo account da molti “spioni”. «È una storia agghiacciante» mormorò. «E mi dispiace… mi spiace molto per quello che è successo e per la vostra collega...» «Quando Fabbri ha confessato il delitto alla polizia, ha dichiarato di essersi più o meno invaghito di Valery tramite i social. Lui la seguiva anche su Instagram e così, un giorno, si è recato a casa sua per farsi rilasciare un autografo su una copia del libro che lui stesso aveva acquistato in rete… Non so perché lei gli abbia aperto la porta. Non dava tanta confidenza agli estranei e in casa sua non faceva mai entrare nessuno, se non lo conosceva almeno un po’. È stato lì che Denis ha tentato un approccio e sicuramente ha cercato perfino di violentarla come ha sostenuto il pubblico ministero... » «Oh, Santo Cielo...» «Valeria però lo ha respinto e gli ha spruzzato sul viso uno spray al peperoncino. Fabbri ha reagito male e, a sua volta, l’ha colpita facendole battere violentemente la testa. Subito dopo, Denis è fuggito indisturbato e quando Loris, al rientro dal lavoro, ha trovato Valeria distesa sul pavimento senza vita, ha chiamato la polizia, ma in seguito è stato accusato di averla uccisa, dopo un litigio.» Valentina riprese fiato e si appoggiò coi gomiti alla scrivania. Nicole vide che i suoi occhi si erano inumiditi. «Erano ai ferri corti e litigavano in continuazione. Lei pensava che pian piano lo avrebbe lasciato e me ne aveva anche parlato, sai? I vicini li
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sentivano discutere e gridare quasi ogni giorno, e ormai non ci facevano più caso e così nessuno ha mai avuto dubbi sul fatto che Tonelli l’avesse uccisa in preda a un raptus. Inoltre, lui non aveva un alibi. Nessuno sapeva dove fosse o cosa avesse fatto fra le diciotto e le diciannove del giorno dell’omicidio e aveva un ottimo movente: la gelosia» Danilo era ancora fuori che parlava al telefono, tenendo il capo chino e una mano sul fianco. «Perchè, lei aveva un altro?» intuì Nicole. «No, che io sappia aveva solo instaurato una particolare amicizia sul social» spiegò Valentina e si mise in cerca di un fazzoletto per asciugarsi il viso. «Per quel poco che ne so, aveva conosciuto un uomo di quasi dieci anni più giovane su Facebook, un autore come lei che faceva anche l’editor presso la casa editrice romana con cui Valeria stava pubblicando e in quel periodo lui stava correggendo le bozze del suo romanzo. È successo più di cinque anni fa. Si sono incontrati tempo dopo a Roma, quando Valery si è recata nella capitale per ritirare un premio letterario che aveva vinto proprio con quel libro… Tonelli ha visto le foto su Facebook e forse ha sospettato qualcosa.» Valentina si interruppe per soffiarsi il naso. «Eppure, fin dall’inizio, Danilo è sempre stato convinto che Loris non c’entrasse nulla con l’omicidio, che nonostante fosse rude e un po’ aggressivo, non l’aveva mai toccata con un dito. Più che altro le usava violenza verbale, ma non alzava mai le mani. Danilo era sicuro che sotto ci fosse qualcos’altro, ma nessuno gli ha mai creduto quando lo hanno chiamato a testimoniare. Finché, poco prima del processo contro Loris, non è saltato fuori Fabbri…» «E Fabbri come mai ha deciso di costituirsi e poi confessare tutto? Gli erano venuti i sensi di colpa?» le chiese Nicole che non conosceva ulteriori particolari sulla vicenda. Valentina lasciò cadere il fazzoletto sulla scrivania e la guardò stupita e anche un po’ contrariata. «Forse qualcosa ti sfugge… Non si è mai costituito…» «Ah, no?» «É stato visto uscire in fretta e furia dall’appartamento di Valery poco dopo il delitto. E sai da chi? Da un immigrato clandestino che quella sera si trovava per caso nel condominio perché doveva fare una
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consegna per conto di una pizzeria della zona. Ha tenuto la bocca chiusa per diversi mesi con la paura che, essendo appunto un irregolare, lo avrebbero rispedito in Senegal; poi però, pensando che la situazione gli sarebbe tornata favorevole, ha deciso di parlare con la polizia e da quel momento è divenuto un super testimone. Come premio ha ottenuto un lavoretto sicuro più il permesso di soggiorno. Hai capito?» terminò quasi indignata. «Beh, dai, collaborando, se li è anche guadagnati…» «Sì, ma poteva parlare prima. Loris, che intanto si dichiarava innocente, è rimasto dentro circa sei mesi a causa sua...» Nicole incrociò le braccia e Valentina guardò fuori dalla vetrata. Danilo stava per chiudere la sua lunga conversazione telefonica. «Shhh, sta per tornare» bisbigliò, subito dopo. «Sai, a lui dà fastidio che si parli troppo della vicenda… È uscito devastato da tutta questa storia…» «Lo capisco.» Danilo rientrò ma ormai l’aveva sentita e la guardò con cipiglio. «Di che parlavi, Valentì?» ribatté con tono brusco. La ragazza tacque di colpo e tornò al suo posto. Danilo la fissò qualche istante in silenzio, poi tornò a guardare Nicole che era rimasta immobile, sulla sedia. «Va bene. Da domani inizierai a collaborare con noi» decise ammorbidendo il tono di voce. «Mi dovresti lasciare la tua carta d’identità assieme al codice fiscale che così intanto faccio le fotocopie…» «Certamente.» In quel momento, ogni ombra di tristezza sparì dal viso di Nicole che sorrise e frugò nella borsa in cerca dei documenti richiesti.
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CAPITOLO 3
Mirella accolse la nipote di fronte al cancello dell’abitazione e finalmente la strinse in un affettuoso abbraccio. «Ma guarda che bella ragazza che sei diventata!» esclamò e le stampò un bacio in fronte. Sua zia aveva cinquantacinque anni e quel giorno vestiva con dei leggings blu e attillati e una maglietta grigia. Il suo fisico, anche se non più tonico come un tempo, era ancora asciutto e piacente , molto simile a quello della sorella maggiore Monica, la madre di Nicole. Portava un caschetto cinerino con alcune ciocche viola che le donavano un’aria giovanile e sbarazzina al tempo stesso. Era sempre stata una donna energica, solare e logorroica e anche il suo aspetto esteriore ne era la conferma. Nicole rise arrossendo. «Oh, zia, grazie... anche se teoricamente non potremmo neppure abbracciarci, sai?» scherzò. «Oh, beh... chi se ne frega» minimizzò Mirella con un gesto della mano. «A proposito, tu stai bene? E i tuoi?» Nicole esalò un sospiro, mentre la donna l’aiutava a sollevare il trolley per introdurlo dentro casa. «Stiamo tutti bene adesso, ma abbiamo vissuto una fine inverno da dimenticare. La nonna e il nonno sono stati i primi a contrarre il virus, poi è venuto a me, alla mamma e papà come sai è rimasto asintomatico. Ma ce la siamo cavata… Dopo circa tre mesi ho rimesso piede fuori casa, non appena ho avuto il risultato del doppio tampone negativo.» «Lo so» disse Mirella facendosi seria. «Chiamavo tua madre tutti i giorni per tenermi informata... » La donna si accese in fretta una sigaretta e la guidò in soggiorno dove Lillo, il pinscher di Luca andò loro incontro scodinzolando.
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«Riposati un po’» le suggerì sua zia. Nicole guadagnò il divano in pelle bianca e si sedette. Il ventilatore accanto spargeva silenziosamente aria fresca. «Ormai è ora di cena, ma oggi ho fatto una crostata con la marmellata, ne vuoi una fetta?» le chiese parlandole dalla cucina. «Sì, grazie, lo sai che sono golosa» rispose la ragazza e accarezzò fra le orecchie il piccolo Lillo che intanto si era accucciato vicino al divano. «Lo zio dov’è?» «In merceria» rispose Mirella rientrando con un piatto e dei tovaglioli. «Oggi spetta a lui fare la chiusura, mentre Luca è uscito un’ora fa per andare al lavoro. Ha trovato come cameriere di sala in un albergo sul lungomare.» Le lasciò la torta sul tavolo. Nicole prese il suo smartphone dalla borsa e vide che su Facebook aveva diverse notifiche non lette. Le aprì e si accorse che le erano già arrivate le richieste di amicizia di Danilo e Valentina. Le accettò entrambe con un click e si mise un momento a curiosare sui loro profili ma non prima di aver addentato un pezzetto di dolce. Valentina Tina, era il nome fittizio che usava su Facebook e aveva impostato una foto panoramica della spiaggia di Riccione come immagine di copertina, mentre la sua foto profilo la ritraeva in un buffo selfie con un gatto di peluche. Diede una rapida occhiata alle sue informazioni: single, di Ravenna, vive a Riccione. Mi piacciono uomini e donne. Lavoro presso Romagna Futura, data di nascita 13 ottobre 1991. Ha studiato all’Università di Bologna. Passò al profilo di Danilo. Questi usava invece il suo nome per esteso, Danilo De Angelis, e aveva in copertina il logo ingrandito di Romagna Futura con le tre mani intrecciate: la sua assieme a quelle di Valentina e Valery. Come foto profilo aveva postato l’immagine di una bimbetta dai capelli castani raccolti in due codini che però si vedeva solo di spalle: era Chiara, la figlia di quattro anni avuta dalla sua ex moglie. Nicole guardò le informazioni: separato, di Roma, vive a Riccione. Mi piacciono donne. Direttore presso Romagna Futura, data di nascita 25 febbraio 1989. Ha studiato giornalismo a Urbino. L’abbaiare improvviso di Lillo la distrasse dal telefono. Era tornato suo zio Franco e il cagnolino gli corse incontro per fargli le feste. L’uomo
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entrò in soggiorno e si chinò davanti all’animale accarezzandolo, poi alzò subito la testa verso Nicole che scattò in piedi dal divano. «Ciao zio» gli andò incontro e si baciarono sulla guancia. Erano passati davvero tanti anni anche per lui. Franco era sempre il solito uomo tarchiato, e anche se aveva molti meno capelli di un tempo, aveva conservato il suo sorriso gentile. «Sei arrivata oggi, Nicole?» «Sì.» Cenarono tutti e tre assieme con piadina romagnola accompagnata da affettati misti e insalata e, a tavola, sua zia non smise un secondo di parlare della merceria e del fatto che i turisti, nonostante l’emergenza Covid, erano arrivati in riviera addirittura più numerosi degli scorsi anni. «Più numerosi e anche più rompipalle» aveva ribattuto ironicamente, depositando i piatti nella lavastoviglie. Franco si era stretto nelle spalle, abbozzando un lieve sorriso. Lui era sempre stato un tipo tranquillo e di poche parole. Nicole si alzò e diede una mano alla zia sciacquando una pentola e due padelle. Mirella si mise in cerca del suo pacchetto di sigarette, mentre suo marito, che dopo cena aveva l’abitudine di uscire con Lillo, prese il guinzaglio del cane e lo portò fuori. Mentre ripuliva il lavello, Nicole ascoltava un servizio del telegiornale in cui parlavano degli assembramenti nelle discoteche. «Se le cose andranno avanti così, a ottobre ci chiuderanno di nuovo in casa» brontolò Mirella tenendo la sigaretta stretta fra le labbra. «Tanto, cosa credi che farà quel rincoglionito?» aggiunse indicando col mento la TV mentre scorrevano le immagini del Presidente del Consiglio. «Speriamo di no» sospirò la ragazza. «Altrimenti stavolta subiremo danni devastanti all’economia…» «Già.» Mirella divenne cupa e soffiò fuori un rivolo di fumo. «Di sopra è già tutto a posto» le disse poi. «Ti ho rifatto il letto, sistemato il salottino e pulito il bagno.»
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CAPITOLO 4
Una chat di Messenger si aprì sulla pagina Facebook di un notebook appoggiato sul tavolo, in una stanza semibuia. Serpente: Ciao Drago, ci sei? Drago: Ciao, allora come stai, tutto ok? Serpente: Vado avanti...come sempre… Drago inviò un like. Una nuvoletta con tre puntini indicava che Serpente stava scrivendo. Ci penso ancora tutti i giorni, sai? E mi manca, mi manca moltissimo… Serpente inviò l’ adesivo di un cane col muso triste. Drago: anche a me manca tanto, e non potrò mai dimenticare le sensazioni vissute quel giorno, ma dobbiamo farci forza e tirare avanti. La vita continua Serpente: Lo so…Ma io voglio che lei abbia giustizia. Invece ho paura che quel verme uscirà presto dal carcere. Drago: Speriamo di no. Hai scoperto qualcosa di interessante ultimamente? Serpente: No, purtroppo nulla, ma non ho intenzione di arrendermi Nicole svuotò la sua valigia e cercò una maglia rossa con i cuori che di solito utilizzava d’estate per dormire e la indossò dopo essersi tolta il reggiseno. Afferrò il notebook che aveva lasciato sul tavolo e lo portò con sé sul letto. Si mise seduta incrociando le gambe e aprì la sua casella di posta per controllare le email. Trovò solo dei messaggi pubblicitari che spostò nel cestino, quindi si collegò a Facebook. Aprì le notifiche e si accorse che un’ora prima Danilo aveva messo il like ad alcune sue foto e la cosa le fece stranamente piacere. Una chat si aprì alla destra dello schermo.
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Ciao, Nicole. Era Valentina Tina che di seguito le inviò un’emoticon sorridente. Ciao, a che ora ci vediamo domani in redazione? Mi sono dimenticata di chiedervelo. Noi apriamo per le nove. Nicole inviò un like. Valentina stava scrivendo… Oggi siamo finite su un argomento triste e non era mia intenzione… Figurati Beh, a Danilo non ha fatto piacere riparlarne. Quando sei andata via, non mi ha più rivolto la parola fino a che non abbiamo chiuso l’ufficio… Mi dispiace Nicole inviò una faccina avvilita. Non preoccuparti, domani gli sarà già passata... È che lui teneva molto a Valery… Nicole esitò, poi scrisse: Avevano forse una… Relazione? Valentina finì la frase al posto suo. No, certo che no, erano solo amici. Danilo usciva nella compagnia di suo fratello minore Samuele, ed è così che ha conosciuto anche lei e... la sua morte improvvisa lo ha terribilmente scioccato. Soprattutto per come è avvenuta. Nicole, se puoi, cerca di non parlare con lui di Valery. Va bene? Nicole inviò un altro like. Tranquilla. Buona notte, a domani Valentina Tina si scollegò e anche il pallino verde sulla sua chat sparì dopo pochi secondi. Nicole scese dal letto e andò in bagno a lavarsi i denti. Erano le ventitré e trenta, ma ancora non aveva sonno. Nell’appartamento di sua zia per fortuna c’era l’aria condizionata e lei l’aveva tenuta accesa per oltre un’ora, rinfrescando la camera e il salottino. Rientrando nella sua stanza, la ragazza udì ancora il suono della chat di Messenger. Tornò davanti al notebook e vide che si trattava di Danilo. Ciao, Nicole, buona serata la salutò inviando una manina.
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Nicole avvertì una sorta di tuffo al cuore. Tornò sul profilo di Danilo e prese a scorrere alcune delle ultime foto che lui aveva pubblicato. Buona serata anche a te gli rispose. Nicole ingrandì alcune immagini in cui l’uomo appariva in primo piano solo o assieme a sua figlia e gli lasciò a sua volta qualche like. Aveva un volto carino e un sorriso dolce e comunicativo che l’attirava in modo particolare. Tutto bene? le chiese ancora Danilo in chat. Sì, adesso sono da mia zia Dov’è che abita già? Zona terme Capito. Ti aspetto domattina, allora. Notte Buona notte. Danilo lasciò la chat e Nicole decise di disconnettersi da Facebook. Spense il pc e si abbandonò fra le lenzuola profumate di bucato. Danilo... ripeté il suo nome mentalmente e pensò solo a lui, finché non riuscì ad addormentarsi.
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CAPITOLO 5
Nicole si svegliò l’indomani mattina molto prima delle otto e avvertì subito una sorta di entusiasmo che raramente provava. Era appena arrivata a Riccione, aveva conosciuto i suoi due nuovi colleghi da meno di un giorno, eppure non vedeva l’ora di recarsi in redazione. Si infilò degli shorts in jeans e una maglietta rosa con le maniche a sbuffo. Raccolse i capelli e indossò le sue comode scarpe da tennis. Scese al pian terreno e sistemò alcune cose nella borsa, davanti alla porta di casa. Mirella la chiamò dalla cucina. «Non lo prendi il caffè?» «No, grazie, zia. Faccio colazione al bar, ci vediamo più tardi.» Nicole uscì di casa e attraversò il cortiletto poco curato dove in alcuni tratti l’erba si era tutta seccata. Non pioveva più da giorni e pure quella mattina era caldo e umido. La ragazza inforcò la bicicletta rossa che sua zia le aveva detto di usare per andare al lavoro e la spinse fuori dal cancello. Da lì era piuttosto facile raggiungere il paese, pedalando sulle varie ciclabili. Quando vi arrivò, entrò in un bar che si affacciava sulla piazzetta con la fontana e ordinò una brioche vuota e un cappuccino. Sedette a un tavolo in veranda e poco dopo giunse la cameriera per portarle la sua ordinazione. Assieme al cappuccino le lasciò sul tavolo anche un bicchiere pieno d’acqua che però Nicole guardò subito di sbieco. Addentò la brioche e si collegò a internet dal telefono. Facebook le segnalava i ricordi di un anno prima e lei scorse subito una foto che aveva scattato a Bergamo alta con un’amica. La condivise sulla sua bacheca, poi proseguì scorrendo l’ homepage. Adocchiò un articolo de Il Resto Del Carlino che riportava questo titolo: Denis Fabbri esce dal carcere. Il Tribunale gli ha concesso gli arresti domiciliari. Sotto il post si notavano già numerose reazioni degli utenti, quasi tutte con la faccina arrabbiata.
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Nicole ebbe un brivido e sentì la sua colazione rimescolarsi nello stomaco procurandole un senso di acidità. Si alzò, pagò alla cassa e uscì per dirigersi in fretta presso la sede di Romagna Futura. Giunse all’entrata del vicolo spingendo a piedi la bicicletta e notò Danilo che questionava di fronte alla porta della redazione assieme ad altri due uomini. Si avvicinò e percepì subito che l’aria che tirava era tesa. L’uomo la seguì avanzare leggermente accigliato e lei arrossì. Era logico che avesse già saputo della scarcerazione di Fabbri e l’avesse presa male. I due ragazzi che erano fuori con lui, un tipo vestito in maniera sportiva con le lenti degli occhiali blu polarizzate e uno con la camicia e i jeans al ginocchio, la seguirono passare. «Scusami, sono in ritardo» gli disse la ragazza, chinando il capo. «Non importa, vai dentro, intanto» le rispose Danilo senza guardarla e in un tono che stentò a mantenere cordiale. Nicole, sempre più paonazza in viso, appoggiò la bici nella rastrelliera ed entrò nell’ufficio. Valentina la vide arrivare e si alzò dalla scrivania. «Ciao.» «Ciao, ho appena letto la notizia…» mormorò Nicole, avvicinandosi. Valentina aveva sul volto la stessa espressione tesa e amareggiata di Danilo. «Lo sapevamo che sarebbe andata a finire in questo modo. Da quando la magistratura sta dalla parte delle vittime?» bofonchiò. «Oggi uccidi una donna, domani ti mostri pentito e un giudice “buonista” che fa? Spalanca le porte del carcere dicendoti: “Prego, esca pure, è stato dentro fin troppo» aggiunse con sarcasmo. «Anzi, se non ci fosse stata l’emergenza Covid, sarebbe già stato libero mesi fa.» Nicole si passò una mano fra i capelli. «È davvero vergognoso...» «A quanto pare, finirà di scontare quel poco che gli resta della pena a casa sua» proseguì Valentina. «Gli avevano dato talmente pochi anni che il giudice non si è sbilanciato... Certo che anche la madre, che si riprende in casa un essere del genere, qualche problema mentale deve sicuramente averlo.» «Ha ucciso una donna, Santo Dio!» imprecò Nicole.
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«Ma è lo stesso riuscito a farla franca» intervenne a quel punto Danilo rientrando da fuori. «D’altronde era logico che la difesa giocasse sulla sua buona condotta in carcere...» Seguì qualche istante di silenzio. «Danilo, quelli erano i colleghi del Carlino, vero?» gli chiese poi Valentina. «Sì, volevano una mia dichiarazione a caldo, oltre a quella di Samuele e di sua madre» rispose lui. «E temo che a questo punto quei due non vedranno neppure un centesimo di risarcimento» soggiunse con amarezza. I familiari della donna si erano costituiti parte civile durante il processo, ma Fabbri era nullatenente e la casa in cui viveva era intestata alla madre. «Io credo che comunque Laura e Samuele tenteranno di fare ricorso contro questa ingiustizia» aggiunse Valentina. Danilo non le rispose. Era così deluso dal sistema che ormai non aveva più alcuna fiducia nella giustizia. Tornò a guardare Nicole che di nuovo abbassò la testa intimidita. «Ti ho acceso e sbloccato il computer» le disse indicandole la scrivania che era stata di Valery. «Puoi metterti lì.» Nicole annuì e raggiunse la nuova postazione. Notò che la foto di Valeria che aveva visto il giorno prima attaccata al monitor del pc era stata tolta e ora si trovava sopra la scrivania del suo capo. Sedette e Danilo le si avvicinò mostrandole i file e i programmi scaricati su cui avrebbe dovuto lavorare e la rese infine amministratrice della pagina Facebook di Romagna Futura. La ragazza avvertì subito che Danilo usava un profumo dolciastro ma gradevole e per tutto il tempo che le parlò lei rimase rigida, nascondendo a stento il suo imbarazzo. Poco dopo l’uomo si allontanò e uscì di nuovo dalla sede dicendo che doveva passare dal commercialista. «Credevo l’avrebbe presa peggio» commentò Valentina, in riferimento al comportamento molto tranquillo del suo capo. Nicole non la udì perché stava scorrendo sul monitor alcuni articoli di giornale e leggeva i vari commenti di indignazione sotto i post che riguardavano la scarcerazione di Fabbri. Era riportata anche una foto dell’uomo, un tizio tutt’altro che piacente. Denis aveva un volto ovale,
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stempiato e due occhi neri incavati e piccoli che mettevano inquietudine solo a guardarli. All’inizio, Sorgia aveva chiesto il patteggiamento e le attenuanti generiche con la sospensione della pena, ma il giudice non aveva a creduto a Denis quando egli aveva dichiarato di essersi solamente difeso durante l’aggressione con lo spray compiuta ai suoi danni dalla vittima. Secondo la sentenza di primo grado, infatti, Fabbri era colpevole di tentato stupro e omicidio preterintenzionale e per questo era stato condannato a sei anni di reclusione, finché il suo avvocato non aveva fatto ricorso. Nicole lesse una dichiarazione che proprio Sorgia aveva rilasciato tempo prima. “Il mio cliente non si è mai contraddetto e quel giorno ha soltanto reagito all’aggressione con lo spray. Sulla vittima non c’era alcun segno di violenza sessuale. “...Denis è un uomo tranquillo, incensurato , non è mai stato un pericolo per la società , ed è dispiaciuto per ciò che è successo. In carcere ha sempre tenuto un comportamento corretto e pertanto chiederò la detenzione domiciliare” Nicole lesse altri articoli riguardanti il caso di Valery e trovò un titolo che la battezzava: La sexy scrittrice dai capelli rossi e un trafiletto parlava di alcuni suoi presunti amanti. Erano saltati fuori anche dei video sexy e l’autore di quell’articolo descriveva Valery come un’ignobile sgualdrina. Le salì un senso di disgusto. Cliccò su un video che la indirizzò su un canale Youtube. Si trattava di un audio della telefonata che Loris Tonelli aveva fatto al numero di emergenza il giorno stesso dell’omicidio. «Pronto,112?» «Pronto?» la voce di Loris era sommessa «Sono... sono appena rientrato dal lavoro e... Ho trovato la mia compagna stesa sul pavimento di casa…» Loris aveva fatto una pausa e aveva tirato su col naso, come se stesse piangendo. «Credevo fosse svenuta... ma l’ho scossa più volte... e ho visto che è morta...ha una ferita alla testa... Deve aver in qualche modo battuto contro il tavolo...»
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«Da dove chiama?!»chiese concitato l’operatore del 112. «Da Riccione... il mio nome è Loris Tonelli.» Seguirono due o tre singhiozzi. «E qual è il nome della sua compagna?!» «Valeria Montini…» «Anni?» «Trentotto…» «Mandiamo subito una pattuglia…» Il video terminava così. Nicole alzò la testa dal pc, esitò qualche minuto, poi chiese rivolta a Valentina: «Che cosa pensa esattamente Danilo di tutta la vicenda?» Valentina alzò la testa dal suo lavoro e appoggiò i gomiti sulla scrivania, sospirando. «Lui crede che Denis si sia recato a casa di Valeria quel giorno per motivi molto diversi da quelli che ha raccontato e con ben altre intenzioni. Denis Fabbri non è mai stato un lettore e, secondo Danilo, non è andato lì per chiederle un banale autografo. Quella sera era vestito con la divisa della Cleaner, l’impresa di pulizie per cui lavorava ma aveva con sé anche un carrello che di solito gli inservienti usano negli alberghi per raccogliere la biancheria sporca. Erano più o meno le diciannove e a quell’ora le imprese di pulizia hanno chiuso da un pezzo. Inoltre, la Cleaner, non era la stessa che di solito operava nel condominio di Valery e non aveva quindi nessun motivo per mandare lì un suo collaboratore. Dane Kebè, il senegalese clandestino, ha sostenuto di aver visto chiaramente Fabbri uscire svelto dalla porta dell’appartamento di Valery con addosso la divisa dell’impresa e allontanarsi spingendo un grosso carrello. Che senso ha andare a chiedere un autografo portandosi dietro un ingombrante cesto della biancheria? Uno può trovare tutte le scuse che vuole per giustificare la presenza di quello, e Denis, col suo ritardo mentale, poteva assumere comportamenti ambigui o inspiegabili in qualsiasi momento. Danilo però ha sospettato che Fabbri in realtà volesse tramortire e rapire Valeria per portarla via nascondendola proprio lì dentro. Altrimenti, per quale ragione lei avrebbe usato lo spray al peperoncino? È stato
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sicuramente lui ad aggredirla per primo. Infatti, il giudice alla fine ha creduto alla tentata violenza sessuale, sfociata in omicidio. Danilo invece ha sospettato fin da subito a un tentativo di rapimento.» Nicole restò di pietra. «Scusa se te lo dico, ma quella del tentato sequestro mi pare un’ipotesi troppo fantasiosa» commentò. «In parte anche a me» convenne Valentina. «Ma ci sono tante stranezze.» «Perché avrebbe dovuto rapirla? Lei faceva forse parte di una famiglia ricca?» «Macché ricca» ribatté l’altra. «Casomai aveva una famiglia piuttosto povera e sgangherata, con due genitori divorziati. Il padre era alcolizzato e pieno di debiti, e li ha abbandonati quando lei e suo fratello erano piccoli. Sua madre era precaria, non è mai riuscita a trovare un lavoro che le permettesse di tirare avanti dignitosamente e per un periodo, secondo indiscrezioni, ha fatto perfino la prostituta per mantenere i figli e saldare i debiti di gioco dell’ex marito. In seguito, Valery è andata a convivere con Loris che, nonostante i difetti, aveva il suo lavoro fisso, portava a casa lo stipendio tutti i mesi e la manteneva. Soltanto che non l’ha mai trattata bene.» Nicole l’aveva ascoltata senza nascondere la sua amarezza. «Valeria era una bella donna» proseguì Valentina, con la voce sommessa. «Ed era dolce, gentile, generosa e brava a scrivere… anche se forse era un po’troppo sognatrice. Ma non si meritava certo la fine che ha fatto.» Restarono a lungo in silenzio. «Sai qual è stata la cosa che ci ha dato maggiormente fastidio?» riprese Valentina. «Il modo in cui Valeria è stata dipinta dalla difesa di Fabbri e anche da alcuni media: una donna di facili costumi e troppo disinibita che pubblicava foto osé sui social e su Facebook aveva un lungo elenco di ammiratori. Insomma una troia» terminò sprezzante. «Ma lei non lo era, non lo era affatto. Te lo dico io. Aveva pochi amici reali, una famiglia abbastanza disgraziata e un compagno irascibile. Sui social non cercava altro che un po’ di compagnia, di apprezzamenti o consensi, e se a un certo punto ha cercato attenzioni da parte di un altro uomo, io la capisco.»
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«Parli di quel ragazzo? L’editor?» chiese Nicole. «Ivano Greco» lo nominò Valentina. «Ha rilasciato una sua testimonianza e ha dovuto ammettere di aver avuto un flirt con lei quando è andata a Roma per ritirare il premio. Tutti ormai avevano visto le foto pubblicate sui social e non ha certo potuto smentire. A ogni modo, non è mai finito sul registro degli indagati. Lui il giorno dell’omicidio si trovava come sempre nella capitale e non è mai venuto qui in Romagna, né prima né dopo il delitto.»
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CAPITOLO 6
Denis Fabbri uscì dall’auto accompagnato dall’assistente del suo avvocato. L’uomo aveva indosso una maglietta gialla a mezze maniche, dei pantaloncini beige e stringeva in mano una borsa in cui erano contenuti i suoi pochi effetti personali. Si ritrovò di fronte al cancello della sua abitazione, una casa indipendente costruita alla fine degli anni ottanta, e per un istante gli sembrò di non essere mai andato via. Era tutto come sempre, anche il giardino in cui cresceva la rigogliosa pianta di albicocco aveva l’erba curata come l’ultima volta che l’aveva visto. Una donna bassa e tarchiata con una chioma di riccioli ingrigiti e il naso sormontato da occhiali in stile Nonna Papera, uscì dalla porta di casa e corse verso il cancello. «Denis!» esclamò entusiasta e cercò le chiavi nella tasca dei pantaloni, per aprire «Non sai con quanta ansia attendevo questo momento!» «Ciao, mamma» la salutò lui in maniera più composta. Denis si volse un istante alla sua sinistra e notò altre due donne che lo osservavano dal cortile di una casa adiacente. Erano Marisa e Tamara Sanchi, due sorelle ultra quarantenni e per nulla avvenenti che abitavano sole da diverso tempo dopo che i genitori erano morti a pochi anni di distanza l’uno dall’altra per malattia. Erano pettegole e anche un po’ ficcanaso e per quella ragione la madre di Denis le aveva soprannominate ironicamente le sorelle Materassi. Marisa ci aveva provato con lui in più di occasione, ma Denis l’aveva sempre respinta con un certo disprezzo. Mi fai vomitare, le aveva detto l’ultima volta che l’aveva vista, rifiutando il suo ennesimo invito a cena. Stavolta però, l’uomo, che si sentiva di buon umore per il fatto di essere finalmente tornato a casa, alzò una mano verso di lei in segno di saluto, ma entrambe le donne lo ignorarono, e mentre Tamara girava le spalle per rientrare in casa,
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Marisa abbassò la testa e spostò lo sguardo altrove. Marisa era alta e corpulenta e portava sempre abiti larghi e poco femminili che la facevano sembrare ancora più grassa. Aveva un doppio mento molto pronunciato e un’antiestetica peluria sotto il naso. Adesso non mi saluti più? Una volta però mi volevi scopare, ti ricordi, brutta stronza? Flora, sua madre, era uscita dal cancello e gli si era gettata tra le braccia. «Ora sei di nuovo a casa. Sei contento, tesoro?» Il figlio si limitò a risponderle con un breve sorriso, poi la donna si rivolse a Michele Bianchi, il giovane accompagnatore vestito con un elegante completo a giacca grigio. «Grazie di tutto, avvocato» gli disse con un sorriso. «Dovere, signora» rispose l’uomo, cordialmente. Michele Bianchi lavorava per Cesare Sorgia in uno dei suoi studi legali associati e, dopo quello che era accaduto, era stato costretto a sostituire l’anziano avvocato. Sui trentacinque anni aveva un viso accuratamente rasato e gioviale. «Mi auguro che l’avvocato Sorgia si riprenda in fretta» gli disse Flora. «È quello che speriamo tutti, signora.» Flora tornò a concentrarsi sul figlio e gli accarezzò il viso dove cresceva un accenno di barba. «Ora andiamo in casa, Denis. Stasera ti preparerò il tuo piatto preferito, sei contento?» Denis fece cenno di sì col capo. Bianchi si rivolse al suo cliente. «Mi raccomando, Denis, comportati bene.» L’uomo fece di nuovo cenno di sì. L’avvocato si rimise in auto e partì, mentre madre e figlio rincasarono. Nell’ingresso, Denis avvertì il solito profumo di mughetto che da quarant’anni Flora usava come deodorante, e non appena entrò in soggiorno appoggiò la borsa sul divano. Dentro aveva solo qualche abito, lo spazzolino da denti, i rasoi e la schiuma da barba assieme ad altri prodotti per l’igiene personale che aveva utilizzato in carcere.
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«Vai pure a farti una doccia, intanto che io preparo la cena» gli suggerì sua madre. «Il bagno di casa nostra è senz’altro più accogliente e pulito di quello del carcere, no?» Denis ripensò ai suoi giorni di detenzione e anche al suo compagno di cella: un ragazzo giovane e muscoloso, che tutti i giorni si allenava facendo i pesi. Era un albanese di trent’anni finito dentro per rapina aggravata, ma erano sempre andati d’accordo e lo aveva trovato subito simpatico. Denis, nonostante il suo capo di accusa, non aveva mai avuto particolari problemi con gli altri detenuti e aveva passato quei tre anni tranquillo e spesso taciturno. Udì all’improvviso la voce di sua madre che proveniva dal giardino e si affacciò alla porta finestra per vedere cosa stava succedendo. Un flash gli illuminò il volto. Fuori sulla strada c’erano due uomini. Denis strinse un pugno e rientrò dentro infastidito. Maledetti giornalisti! «Non ho niente da dichiarare! Andate via!» sbraitava Flora inviperita. «Mio figlio non è uno stupratore, né un assassino, si è solo difeso da una pazza! Perciò, lasciatelo stare!» Denis prese la borsa e salì in fretta nella sua camera dove sua madre gli aveva preparato il letto e spolverato mensole e scaffali. Flora era sempre stata maniaca dell’ordine e delle pulizie. In casa non c’era mai nulla fuori posto: vetri e mobili splendevano e i pavimenti erano lucidi come specchi. Si svestì e prima di entrare nel bagno e infilarsi nella doccia, scrutò attentamente il suo corpo per la prima volta dopo mesi. Era bianco come un cadavere, con la pancia flaccida e pelosa che incombeva sul pube. I capelli castani con qualche filo grigio gli erano cresciuti sulla nuca, anche se si stavano diradando sempre più a partire dalle tempie. Per avere quarantasei anni ho un fisico ancora apprezzabile, disse sorridendo a se stesso nello specchio. Entrò nella doccia e fece scorrere l’acqua. Finalmente era di nuovo a casa, nel suo bagno pulito e accogliente dove aleggiava un costante profumo alla vaniglia. Altra cosa rispetto alla puzza di feci e urina che per lungo tempo si era abituato a sentire nei gabinetti del carcere. Quel ricordo gli fece salire un senso di nausea che subito però sparì pensando che non avrebbe più rimesso neppure un mignolo in galera.
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Si piazzò sotto il getto caldo del soffione e la sua mente andò a ritroso , riportandolo al giorno in cui per colpa di una donna troppo aggressiva e ribelle, era finito dietro le sbarre... )LQH DQWHSULPD &RQWLQXD
INDICE
PROLOGO .................................................................................... 5 Capitolo 1 ...................................................................................... 9 Capitolo 2 .................................................................................... 13 Capitolo 3 .................................................................................... 20 Capitolo 4 .................................................................................... 23 Capitolo 5 .................................................................................... 26 Capitolo 6 .................................................................................... 33 Capitolo 7 .................................................................................... 41 Capitolo 8 .................................................................................... 47 Capitolo 9 .................................................................................... 53 Capitolo 10 .................................................................................. 57 Capitolo 11 .................................................................................. 62 Capitolo 12 .................................................................................. 67 Capitolo 13 .................................................................................. 74 Capitolo 14 .................................................................................. 79 Capitolo 15 .................................................................................. 84 Capitolo 16 .................................................................................. 87 Capitolo 17 .................................................................................. 90 Capitolo 18 .................................................................................. 94 Capitolo 19 .................................................................................. 99 Capitolo 20 ................................................................................ 112 Capitolo 21 ................................................................................ 116 Capitolo 22 ................................................................................ 120 Capitolo 23 ................................................................................ 128 Capitolo 24 ................................................................................ 132 Capitolo 25 ................................................................................ 138
Capitolo 26 ................................................................................ 143 Capitolo 27 ................................................................................ 146 Capitolo 28 ................................................................................ 151 Capitolo 29 ................................................................................ 160 Capitolo 30 ................................................................................ 164 EPILOGO ................................................................................. 171
AVVISO NUOVI PREMI LETTERARI La 0111edizioni organizza la Quarta edizione del Premio ”1 Giallo x 1.000” per gialli e thriller, a partecipazione gratuita e con premio finale in denaro (scadenza 31/12/2021) www.0111edizioni.com
Al vincitore verrà assegnato un premio in denaro pari a 1.000,00 euro. Tutti i romanzi finalisti verranno pubblicati dalla ZeroUnoUndici Edizioni senza alcuna richiesta di contributo, come consuetudine della Casa Editrice.
AVVISO NUOVI PREMI LETTERARI La 0111edizioni organizza la Prima edizione del Premio ”1 Romanzo x 500”” per romanzi di narrativa (tutti i generi di narrativa non contemplati dal concorso per gialli), a partecipazione gratuita e con premio finale in denaro (scadenza 30/6/2021) www.0111edizioni.com
Al vincitore verrà assegnato un premio in denaro pari a 500,00 euro. Tutti i romanzi finalisti verranno pubblicati dalla ZeroUnoUndici Edizioni senza alcuna richiesta di contributo, come consuetudine della Casa Editrice.