In uscita il (1 , 0 euro) Versione ebook in uscita tra fine VHWWHPEUH H LQL]LR RWWREUH ( ,99 euro)
AVVISO Questa è un’anteprima che propone la prima parte dell’opera (circa il 20% del totale) in lettura gratuita. La conversione automatica di ISUU a volte altera l’impaginazione originale del testo, quindi vi preghiamo di considerare eventuali irregolarità come standard in relazione alla pubblicazione dell’anteprima su questo portale. La versione ufficiale sarà priva di queste anomalie.
FRANCO PORCHETTI
WINDY CITY
ZeroUnoUndici Edizioni
ZeroUnoUndici Edizioni WWW.0111edizioni.com www.quellidized.it www.facebook.com/groups/quellidized/
WINDY CITY Copyright © 2021 Zerounoundici Edizioni ISBN: 978-88-9370-489-2 Copertina: immagine Shutterstock.com Prima edizione Settembre 2021
3
1
ANTEFATTO L'uomo era ubriaco e seguitava a parlare a voce alta: impossibile non udirlo. Farfugliava di una donna di nome Anna: «Diceva che non l'amavo più, che la tradivo, ma non era vero... Io l'amavo e la amerò sempre, anche se adesso è morta.», andava piagnucolando interrotto, di tanto in tanto, da violenti singulti etilici. Era straziante e molesto. Decisi, comunque, di dargli spago, incuriosito da quella morte prematura. «Come è morta, la poveretta, amico?» gli chiesi. «Me l'hanno ammazzata!» rispose lui. «Ammazzata? E chi te l'ha ammazzata?» «Non lo so, nessuno lo sa, neanche la polizia.» «Quando è successo?» «Un mese fa.» «Racconta.» «C'è poco da raccontare: è scomparsa, svanita.» «Quindi, potrebbe non essere morta?» «Dopo un mese, ho perso la speranza.» «Direi che è presto per farlo. Perché domani, a mente lucida, non
4
vieni a trovarmi?» gli dissi infilandogli la mia carta da visita nel taschino della giacca. Uscii da quel bar fumoso e lasciai che il vento freddo di Chicago mi sferzasse il viso per un po' prima di raggiungere il portone del mio palazzo. Proprio mentre stavo infilando la chiave per aprirlo, vidi con la coda dell'occhio un'ombra che si appiattiva contro il muro. La mia tana mi accolse con il consueto tanfo di fumo stagnante e aria viziata. Spalancai la finestra e lasciai entrare il freddo polare di quella notte, come se avessi bisogno proprio di quello per prendere sonno. Qualcosa che gelasse i miei pensieri, il mio cervello, i miei incubi. Da quando mi hanno ammazzato Paula sotto gli occhi, sono perseguitato da orribili incubi. Non rivedo la scena, no: sogno situazioni tremende, senza via d'uscita, le più disparate e disperate. Solo il risveglio mi salva. Dopo qualche giorno, quell'uomo ubriaco conosciuto in quel bar, bussò alla mia porta a vetri su cui campeggia la scritta arcuata: Frank Modigliani Investigatore Privato. Era sobrio, ma pallido come la morte bianca. Notai che era più giovane di quanto avessi immaginato quella sera, e ben vestito. Lo feci accomodare sulla poltrona davanti alla mia scrivania. Lui si presentò: «Sono William Orloff, ho trovato il suo biglietto da visita nella giacca, ma non ricordo di averla incontrata. È successo durante una delle mie monumentali sbornie, giusto?» «Esatto, ci siamo conosciuti in un bar; abbiamo parlato del suo
5
amore perduto.» «Anna! Parlo sempre di lei, anche da sobrio.» «Mi ha detto che è sparita.» «Sì, un giorno non è tornata a casa per pranzo. Ho fatto di tutto per rintracciarla, ma senza risultati. Tutte la sue cose sono al loro posto, non è fuggita...» «Ha un suo ritratto?» «Sì, l'ho presa apposta: è una foto di quest'estate.», mi rispose lui, porgendomi l'istantanea. La foto mostrava una dea bionda in costume da bagno. «Bellissima donna, complimenti!» «Grazie, ma l'ho persa. Non so vivere senza di lei!» «E io sono qui per aiutarla, mi racconti tutto dall'inizio: quando vi siete conosciuti e dove?» «Tre anni fa, era estate ed ero in vacanza in California, a Long Beach. Lei lavorava come cameriera nell'albergo dove ero sceso. Mi ha fulminato al primo sguardo, era così bella e dolce.» «Poi che è successo?» «L'ho sposata dopo tre mesi idilliaci e ci siamo stabiliti qui.» «Figli?» «No, volevamo prima godere a pieno del nostro amore travolgente.» «Età?» «Abbiamo entrambi trent'anni, siamo nati nel 1918 a pochi giorni di distanza l'uno dall'altra. Spesso, scherzando, affermavamo di essere gemelli.» «Cosa ha rotto l'incantesimo?»
6
«Non lo so. Due mesi fa, ha cominciato a trattarmi come un lebbroso: non mi sfiorava neanche per sbaglio e mi evitava ogni volta che poteva. Mi accusava anche di tradimenti inesistenti.» «A me lo può dire, l'ha tradita?» «No, perché avrei dovuto? L'amavo, ero felice.» «Cerchi di ricordare cosa è successo prima di allora nelle vostre vite.» «Ma niente di particolare: siamo stati in vacanza a Long Beach come ogni anno, c'erano anche mio fratello gemello Jack e sua moglie Marion.» «Era la prima volta che accadeva o venivano con voi anche nelle vacanze precedenti?» «Era la prima volta, ma tutto è andato liscio. Anna e Marion sono diventate subito amiche, e la vacanza è stata perfetta anche con mio fratello.» «Quando siete rientrati a Chicago, le due cognate hanno seguitato a frequentarsi?» «Sì, si vedevano ogni settimana a un corso di francese al quale si erano iscritte insieme.» «Dove? Ha l'indirizzo?» «Sì, una volta le ho accompagnate in auto: il corso si teneva al Teatro Metropolitan.» «Le ha lasciate davanti all'ingresso o è entrato con loro?» «Le ho fatte scendere davanti all'ingresso... Perché?» «Perché devo sapere tutto. Piuttosto, mi dica, come ha reagito Marion alla scomparsa di Anna?» «Sia lei che mio fratello sono rimasti senza parole, sconvolti.
7
Marion si è occupata personalmente di seguire e sollecitare le ricerche della polizia, è stata l'ultima a rassegnarsi.» «Può chiederle di venire qui da me domani mattina intorno alle undici? Vorrei farle qualche domanda.» «Certo, sarà ben contenta di contribuire alle ricerche.» «Perfetto, mister Orloff, per oggi è tutto. Mi faccia una telefonata domani sera intorno alle otto.» «Ok, a domani sera mister Modigliani.»
8
2
Il Metropolitan è una costruzione imponente, al suo interno ci sono ben tre teatri e altrettanti cinema. Nell’enorme atrio campeggia la monumentale biglietteria a dodici sportelli. Mi avvicino a quello occupato da una graziosa moretta con i capelli alla Louise Brooks. Ha il collo lungo ed esile. Adoro i colli lunghi: è un tratto di famiglia. Mi chiede cosa desidero. Potrei farle un elenco lungo un miglio, ma mi limito a chiederle del corso di francese. Lei mi guarda con aria interrogativa e poi mi risponde: «Mi vuole prendere in giro?» «Lungi da me prenderla in giro, cara, le ho fatto questa domanda perché una mia amica mi ha detto che circa due mesi fa veniva qui per un corso di francese.» «Da quando lavoro qui, non ho mai sentito parlare di un corso di francese.» «Da quando lavora qui, dolcezza?» «Da quindici anni.» «Complimenti, ha cominciato appena uscita dall’asilo?» «Non mi lusinghi, non attacca.» «Cosa non attacca?»
9
«La sua corte da boss della mala.» Rido. «Oltre a essere attraente è anche spiritosa; ha qualche impegno per cena? Mi piacerebbe ridere insieme in un ristorante di suo gradimento», le butto lì. «Perché no? Una serata da pupa del boss ci può stare, ogni tanto», raccoglie lei. Vedete com’è buffa la vita? Sono venuto qui per lavoro e ho trovato diletto. Se fossi venuto per diletto, probabilmente, avrei trovato lavoro. Il posticino scelto dalla bella cassiera è molto grazioso e intimo. Si è messa in ghingheri. Indossa l’abito buono, quello delle grandi occasioni, e si è rifatta il trucco. I suoi occhi neri brillano di eccitazione. «La sua amica le ha mentito, quindi», esordisce con una nota di sarcasmo nella voce. «Sembra di sì, ma me l’aspettavo.» «Che tipo è la sua amica?» «È questa, si chiama Anna», le dico, mostrandole la foto. «Ma questa donna la conosco! Certo, Anna, la ricordo benissimo, veniva tutti i giovedì per le prove.» «Le prove di che?» «Di un musical, lei era la protagonista e sua cognata suonava nell’orchestra.» «Hanno debuttato al Metropolitan?» «Mi sembra di sì, ma non potrei giurarci.»
10
«Più o meno, quando?» «Un mese fa, circa.» «Bene, la ringrazio per le informazioni, ma adesso mangiamo e guardiamoci l’iride, siamo qui per questo o sbaglio?» «Non sbaglia, buon appetito boss.» «Altrettanto, pupa.» «Mi chiamo Laura, e tu?» «Frank… Encantado!» Mi ricorda Paula. Tutte le donne da cui sono attratto hanno qualcosa che mi ricorda Paula. Forse nella voce o nell’odore, nel modo di muoversi o nel sorriso. Non lo so. Non appena entriamo nel suo appartamentino da donna che lavora, scatta la voluttà, si accende il desiderio. Prima mi stampa un bacio sulla bocca, poi ci aggiunge la lingua, poi la saliva, poi una mano, e infine, l’altra. Che tecnica! Che vortice! Se non opponessi resistenza mi succhierebbe tutto intero come un’ostrica. Si spoglia alla velocità della luce, la bella Laura, restando completamente nuda prima che la biancheria intima tocchi terra. La sua pelle candida brilla nella penombra per un attimo e poi sparisce. Si è messa in ginocchio. Tocco il cielo con due dita, minimo. Ci accordiamo in cadenza, armonizziamo. Poi lei scappa, la mattacchiona. Corre in ginocchio, il che è già un’impresa. La rincorro nella stessa posizione. Dovreste vederci! Ci liberiamo delle convenzioni, la cassiera e io, polverizziamo qualsiasi morale e record. C’è della poesia nella nostra danza primordiale. Niente ha più valore, se non questa spirale di
11
lussuria e purezza di gesti. Mi prodigo, mi sopravvaluto, mi moltiplico, ma lei ne vuole ancora. Il suo desiderio è inestinguibile. Ma alla fine, dopo aver svegliato l’intero vicinato, dopo aver dato sfogo alle fantasie più inconfessabili, dopo aver trovato magicamente l’orgasmo all’unisono, crolliamo entrambi carponi, l’uno sopra all’altro. Annaspiamo, ci manca l’aria e la forza per muoverci. Rimaniamo così per diversi minuti. Proviamo a parlare, ma quello che esce dalle nostre bocche impastate di piacere e sfinitezza non è comprensibile.
12
3
Ogni volta che faccio l’amore con un’altra donna, poi, mi sento in colpa con Paula. È stupido, lo so, ma non posso farci niente. Mi sembra che ogni mio tradimento offuschi un po’ il ricordo che ho di lei, l’immagine che conservo nella mia mente. E allora, per compensare, vado alla ricerca di sue foto, di sue lettere, di qualcosa di suo, come sto facendo adesso. Finalmente, trovo quello che cercavo: un suo quaderno. In mezzo alle pagine a righe scopro una sua foto che avevo dimenticato. La ritrae accosciata, in costume da bagno. Quanto era bella! Con quel suo corpo da atleta ma morbido, invitante; il suo sguardo deciso, i suoi lineamenti perfetti. Il mio orologio a pendolo mi riporta alla realtà intonando undici rintocchi al clavicembalo. Se non ve lo ricordate, vi certifico che sta per arrivare Marion. Deve spiegarmi un sacco di cose, la cognatina. Ieri sera ho parlato con il mio cliente come concordato, e lui mi ha confermato che Marion è una pianista d’orchestra, ma mi ha anche detto che né lui né suo fratello erano al corrente dello spettacolo al Metropolitan. Ha anche aggiunto alcune
13
imprecazioni di stupore risentito verso la cognata. Gli ho raccomandato di non parlarle della cosa se non dopo il nostro incontro. Non voglio che mi bruci il vantaggio che ho acquisito su di lei. Alle undici e un quarto, odo bussare alla porta: è lei, Marion. La faccio accomodare sulla poltrona che ospita da anni glutei di ogni tipo, ma non credo che ne abbia mai ospitati due come i suoi. Che corpo! In particolare, è il suo seno che mi rapisce: sodo, imponente ma refrattario alla gravità. M’ipnotizza. Lei sembra abituata a fare questo effetto sull’intera popolazione maschile. Mi concede qualche istante per riavermi, poi accavalla le gambe per distogliermi dal seno. Io abbocco. Ha le ginocchia piccole e rotonde come piacciono a me, e, per un attimo, mi è balenato sulla retina un reggicalze più nero del peccato. «Allora, mister Modigliani, come posso aiutarla a trovare la mia Anna?» esordisce. «In molti modi, signora, per esempio potrebbe dirmi perché non avete messo al corrente i vostri mariti dello spettacolo al Metropolitan», le rispondo come se parlassi del tempo. Lei rimane a bocca aperta, ma solo per un istante. «Lo immaginavo che l’avrebbe scoperto, ma sono qui proprio per spiegarle tutto», dice infine, con voce melodiosa. «Bene, sono tutto orecchi.» «Volevamo far loro una sorpresa, soprattutto a William che non sapeva di aver sposato una cantante e attrice di grande talento come Anna», attacca lei. «Mi ha preso per un bambino a cui raccontare favole?» le
14
rispondo, risentito. «Perché dice questo? È la verità», esclama lei, ostentando sorpresa. «Non credo proprio, madame. Stando a quello che mi ha raccontato William, Anna era molto scostante con lui negli ultimi mesi; lo trattava a pesci in faccia accusandolo di averla tradita. Le sembra un quadretto familiare da sorpresa romantica? A me, no.» «Che c’entra, quando abbiamo cominciato, andavano d’amore e d’accordo.» «Poi che è successo? Forse Anna si è innamorata di un attore o del regista?» «Ma no, che dice?» «Dico che se veramente vuole sapere che fine ha fatto sua cognata, mi deve dire tutto quello che sa.» «Ma le ho già detto tutto quello che so!» si altera, la signora. «Quando l’ha vista per l’ultima volta?» la incalzo, io. «Un giovedì, circa un mese fa, alle prove.» «Le è sembrata diversa o nervosa?» «No, niente di diverso.» «Lo spettacolo era?» «Paris di Cole Porter.» «Debutto?» «Niente debutto: Anna è sparita una settimana prima della prova generale, era la protagonista.» «Quindi, è andato tutto all’aria?» «Rimandato, ma il regista è demotivato e il produttore è impegnato a leccarsi le ferite finanziarie.»
15
«Ho capito, un vero peccato. Mi dice, per favore, i nomi del regista e del produttore?» «John Mayer, il regista, e Malcom Hobs, il produttore.» «Bene, mi piacerebbe far loro alcune domande, crede sia possibile?» «Le lascio i loro recapiti, ma la avverto: non sarà facile pescarli.» «Grazie, le cose facili non mi hanno mai attratto, madame», le rispondo, sprezzante. «Buon per lei», si limita a dire lei. «A presto, signora, e grazie», concludo, alzandomi per accompagnarla all’uscita. Il suo profumo è inebriante. Accuso il colpo, ma riesco a controllarmi.
4
16
John Mayer ha acconsentito a ricevermi a casa sua. Una splendida villa hollywoodiana con tanto di piscina, colonne romane finte che non sostengono niente e fontanelle ovunque. Un bell’uomo, il Mayer, con una faccia cordiale come il morso di un cobra sulla lingua. Sembra disegnato apposta per essere scostante, antipatico e odioso al massimo delle possibilità umane. «Che può dirmi di Anna che possa essermi utile, mister Mayer?» chiedo, appena terminati i convenevoli di rito. «Che è un’eccellente attrice, molto credibile, vera», mi risponde il regista arrotando la erre per darsi un contegno. «Non lo metto in dubbio», controbatto giocherellando con una sigaretta, «ma ho paura che se non la troviamo al più presto la sua carriera artistica sarà stata la più fulminea della storia.» «E come posso aiutarla, io?» «Può aiutarmi eccome. Per esempio perché non mi racconta qual era il rapporto con la cognata?» «Ottimo, direi.» «E con il resto della compagnia? C’era qualcuno con cui aveva simpatizzato di più?» «Non glielo saprei dire, non faccio caso a queste cose quando lavoro.» «E con il produttore?»
17
«Era la prediletta di Malcom, la adorava…» «Ah, bene!» lo interrompo, ficcandomi in bocca la sigaretta. «Il suo era amore paterno, non fraintenda», si affretta a precisare lui. «Certo, per differenza d’età, immagino.» «No, è proprio sua figlia!» «In che senso?» «Nel senso che durante il provino, Malcom ha riconosciuto Anna come sua figlia da un piccolo angioma a forma di gabbiano in volo sul collo. Una figlia che credeva morta sotto le bombe naziste in Europa.» Sono sorpreso, ma non lo do a intendere. «Affascinante storia! Ma il resto della compagnia era al corrente del riconoscimento?» «Non tutti. Malcom, temendo ripercussioni sul resto della famiglia, ha deciso di prendere tempo prima di divulgare la notizia.» «La cognata, Marion, lo sapeva?» «Credo di sì, ma non posso metterci la mano sul fuoco. Come le ho già detto non bado molto a queste cose quando creo.» «Naturalmente… Ma mi dica, il resto della famiglia come è composto?» «Di preciso non lo so. So che ha dei figli, ma non so quanti siano e nemmeno chi siano, deve chiederlo a lui, questo.» «Ok, lo farò non appena mi darà udienza, ma intanto mi sa dire se c’è anche una signora Hobs nel suo testamento?» «Certo, madame Louise, è la sua terza moglie. Una donna
18
deliziosa, molto più giovane di lui.» «Un classico», commento, spegnendo la sigaretta su un grazioso fermacarte a forma di conchiglia. «Il posacenere è quello alla sua destra, quello a forma di seppia rovesciata!» «Che sbadato! Mi scusi, con tutti questi molluschi, mi sono confuso.» «Non fa nulla, ma la prossima volta stia più attento!» «Ci può giurare. Un’ultima domanda e poi la lascio in pace.» «Spari.» «Anna ha avuto la parte grazie alla sua neo parentela col produttore?» «No. Si figuri che io non sapevo niente quando l’ho scelta. Malcom ha dimostrato ancora una volta tutta la sua classe: ha tenuto segreto il riconoscimento fino a dopo il provino.» «Notevole, non c’è che dire; ma adesso la lascio alle sue incombenze, grazie per la disponibilità.» «La saluto.» Appena in strada, mi accendo l’ennesima sigaretta con la solita illusione che mi aiuti a pensare. La sigaretta è la moderna panacea di tutti i mali. “Mi calma i nervi”, “Mi fa digerire”, “Mi manda al bagno”, “Mi aiuta a pensare”, appunto. Tutto dannatamente falso! È quella bestiolina morbosa della nostra dipendenza dalla nicotina che ci suggerisce queste giustificazioni pietose. Facciamocene una ragione. Per conciliare la riflessione ancor di più, mi infilo nel primo bar che trovo.
19
Il locale è ordinario, ma la cassiera è notevole. Un donnone di almeno un quintale. La cassa sembra un suo prolungamento naturale, simbiotico. «Cosa desidera?» mi chiede, con voce ardentemente professionale e leggermente maschile. «Un bourbon liscio, per favore», farfuglio. «Due dollari, grazie», mi risponde la Donna Cassa facendo oscillare due orecchini grossi come due ruote di treno. Pago, poi deraglio su di uno sgabello del bancone dove mi attende il primo di un lungo convoglio di bicchieri.
20
5
Perché Marion non mi ha raccontato la storia della figlia ritrovata? Mi sembra improbabile che non lo sapesse. I postumi della sbronza di stanotte non mi impediscono di riflettere sul caso che ho per le mani. La platea di sospettabili si è allargata a dismisura. Quando c’è di mezzo un patrimonio come quello di Malcom Hobs, tutto è possibile. Esco dalla mia minuscola doccia, mi asciugo alla bene e meglio, poi mi vesto e scendo in strada. Fred, il giornalaio, appena mi vede, prepara la solita copia del Chicago Chronicle, ma io aggiungo una richiesta insolita. «Vuoi una rivista mondana? Tu? Che stai cercando?» mi apostrofa l’edicolante, che mi conosce bene. «Cerco notizie sulla famiglia Hobs», rispondo io, ben contento di essere aiutato da un esperto della materia. «Hobs, Hobs… Eccolo! Qui trovi tutto su tutti i ricconi d’America, un dollaro.» «Bene, grazie Fred, eccoti il dollaro.» La rivista si chiama VIP, manco a dirlo. Corro in ufficio (la mia casa dopo le dieci di mattina diventa il mio ufficio) a documentarmi sulla famiglia Hobs.
21
Dunque, le cose stanno così: il nostro Malcom si è dato da fare tra le lenzuola, e ha messo insieme un buon numero di figli e mogli. La prole è composta da sei soggetti escludendo Anna. Quattro su sei sono maggiorenni. I due minorenni sono il frutto dell’attuale matrimonio. Immaginate come avrebbe reagito se fosse sbucata fuori un’altra figlia maggiorenne, madame Louise? No? Male, ve lo dico io, avrebbe reagito molto male. Non sarebbe male, invece, riuscire a parlare con lei, visto che il marito è meno disponibile del presidente federale. Apprendo dalla rivista che madame Hobs si dedica instancabilmente alla beneficenza. Stasera sarà in città per presenziare a un’asta benefica. L’evento ha luogo presso la più importante biblioteca di Chicago: la Newberry Library. Non è la prima volta che vengo qui. Da studente ci ho passato interi pomeriggi. Alcuni indimenticabili. Il legno antico e usurato di questi scaffali ha visto sbocciare il mio primo amore. Tra sguardi, rossori, imbarazzo e libri aperti ma muti ai nostri occhi resi ciechi dall’amore. Lei era una graziosissima rossa. Con delle deliziose lentiggini sul naso e intorno agli occhi color mare. La signora Hobs è al tavolo delle autorità e sta parlando al microfono. È inconfutabilmente bella. Elegantissima. La platea pende dalle sue labbra. La componente maschile, in particolare, è letteralmente ipnotizzata dallo charme che emana l’oratrice. I loro portafogli fremono: non vedono l’ora di aprirsi a cotanta grazia.
22
Mi metto in un angolo e aspetto che l’alleggerimento collettivo giunga a compimento. Quando ciò accade, metto in atto il mio piano. Mi avvicino alla signora con in mano un mio biglietto da visita con dietro scritto: É importante che lei mi raggiunga nel mio ufficio tra un’ora, la prego, voglio solo aiutarla perché ammiro il suo impegno sociale. Mi metto in fila per complimentarmi e stringerle la mano. Quando è il mio turno, nascondo il biglietto nel palmo della mano e glielo passo. È imparabile! Lei non può fare a meno di trattenerlo nella sua stringendola a pugno e di rimanere impassibile. Quando qualcosa ci viene consegnato di nascosto, istintivamente siamo portati a mantenerne la segretezza. È umano, tutto qui.
23
6
Sono nel mio ufficio. Sto aspettando che il cerchio si chiuda. Se conosco, come conosco, la natura femminile, la signora Hobs dovrebbe bussare alla mia porta nei prossimi quindici minuti. Allarmata, ma soprattutto curiosa. Nel frattempo, vado riordinando la scatola di cartone che contiene tutti i ricordi che conservo di Paula. Uno scatolone ormai logoro che sono sempre sul punto di sostituire con qualcosa di più duraturo, ma non lo faccio mai. Mi sembra che ormai anche lo scatolone faccia parte dei ricordi che contiene. Odo bussare discretamente alla porta. Vado ad aprire con il cuore in aritmia. Incontrare la signora Hobs, lo ammetto, mi procura un qualche turbamento. Fuori dal suo ambiente dorato, la signora è ancora più affascinante. Indossa un trench di taglio maschile e un cappello a larghe tese. Si è travestita da uomo per non dare nell’occhio. I nostri sguardi si incrociano, loquaci. In pochi istanti le nostre anime fanno conoscenza. Questa donna è una forza della natura, guai a sottovalutarla. Questa donna si è fatta da sola. Questa donna fa tremare le vene nei polsi e gonfiare la giugulare; ve lo certifico anche davanti a
24
un notaio. I suoi occhi danno le vertigini, la sua bocca scombussola il sistema nervoso centrale e il suo collo, lungo ed esile, fa il resto. Ho voglia di toccarla, inspiegabilmente. Una specie di smania da malato di mente. «Di che si tratta? Non ho molto tempo», esordisce, dopo aver depositato buona parte del suo corpo divino sulla mia fortunata poltrona. La sua voce è melodiosa, ma ferma, decisa. «Si tratta della misteriosa sparizione di Anna Orloff. Ne avrà sentito parlare, immagino?» le rispondo con voce stomacale. Lo ammetto: voglio far colpo su di lei. «Vagamente», dice lei, alzando leggermente le spalle. «Suo marito non le ha detto niente?» «Mi ha accennato qualcosa del genere, ma io che c’entro in tutto questo?» Devo dedurne che Malcom non ha ancora reso ufficiale la notizia. Questo mi spiazza non poco. Mi affido all’istinto. «Lei c’entra, eccome, mia cara signora», controbatto ostentando sicurezza. «In che modo?» domanda lei con una lieve nota di risentimento nella voce. «Anna poteva essere una sua rivale in amore: suo marito passava molto tempo con lei durante le prove dello spettacolo, sbaglio?» «Su questo non sbaglia, ma su tutto il resto sì. Mi fido ciecamente di Malcom.» «Me ne rallegro, ma io non potevo saperlo. Per questo le ho
25
chiesto di venire.» «Ha fatto un buco nell’acqua.» «Me ne rendo conto, e mi scuso per il disturbo», concludo, per poi accompagnarla alla porta. La guardo allontanarsi con passo deciso seppur leggiadro. Il corridoio del pianerottolo la inghiotte restituendo solo una delicata scia del suo profumo. Già mi manca.
26
7
Sono al volante della mia Mercury convertibile del ‘42. È notte, e ci sono due fari che mi seguono da quando sono partito. Sto dirigendomi verso il teatro Odeon dove spero d’intercettare Malcom Hobs. Dovrebbe essere lì per ricevere un premio; era in prima pagina sul Chicago Chronicle. Ma prima voglio proprio vedere in faccia il mio pedinatore misterioso. Scorgo un bar che conosco, rallento e mi ci fermo davanti. Entro, saluto il barista e mi dirigo verso i cessi. C’è una porta di servizio che dà sulla viuzza parallela. Faccio il giro di mezzo isolato e arrivo sulla strada principale. Parcheggiata a due auto dalla mia, c’è una Ford scura dal cui finestrino sinistro escono nuvolette di fumo. Mi avvicino cercando di sfruttare il punto cieco dei suoi specchietti retrovisori. Mi chino e raggiungo il cofano del portabagagli. Estraggo il mio revolver e con un balzo glielo punto sulla tempia sinistra. Lui alza le mani imprecando: «Mi hai fregato come un bambino, porca puttana! Che stupido!» «Non farti il sangue amaro, capita a tutti prima o poi. Per chi lavori, amico?» «Non posso dirtelo, segreto professionale, lo sai bene, collega.» «Io lo so, ma la mia amica a tamburo, qui, non lo sa. Lei conosce
27
un solo linguaggio, ma sa essere molto persuasiva.» «Vuoi spararmi per un fatto di corna?» «Mi seguivi per un fatto di corna? Vallo a raccontare a tua zia, quella sordomuta!» «Te lo giuro, mi ha ingaggiato una signora per controllare il marito!» «E perché seguivi me?» «Perché quando ho riferito alla cliente che il marito aveva ingaggiato un detective, lei mi ha chiesto di pedinarlo.» «Chi è la tua cliente?» «Una bellissima donna. Bionda.» «Come ti ha pagato?» «In contanti.» «E come ha detto di chiamarsi?» «Anna Orloff.» Estraggo dalla tasca la foto di Anna e gliela mostro. «È questa?» «Sì, proprio lei, allora la conosci!» «Non di persona. Quando ti ha dato l’incarico?» «Due mesi fa.» «Quando l’hai vista l’ultima volta?» «Quando mi ha dato l’incarico; poi ci siamo sentiti per telefono. Mi ha sempre chiamato lei, non mi ha mai lasciato un suo recapito telefonico.» «Sai che è scomparsa?» «Come scomparsa? Ci ho parlato al telefono due giorni fa e ho ricevuto anche un pagamento una settimana fa.»
28
«Come ti ha pagato?» «Ho trovato una busta con i contanti infilata sotto la porta del mio ufficio. C’era anche un biglietto che mi avvertiva che mi avrebbe chiamato stasera intorno alle otto.» Guardo il mio orologio da polso: sono le sette e quaranta. «Mio caro amico, forse io e te possiamo intenderci», gli dico, togliendogli il ferro dalla tempia. «In che senso?» chiede lui. «Nel senso che io devo ritrovare una donna che, guarda caso, è una tua cliente, e tu devi pedinare me. Adesso mi fai salire in auto e andiamo nel tuo ufficio. Tu mi stai pedinando che più non si può e io sto indagando alla grande.» «Ok, cos’hai in mente?» «Te lo dico appena siamo là.» L’ufficio del collega sembra una riproduzione del mio. Chi fa questo mestiere del cazzo appartiene a un gruppo sanguigno preciso. Siamo una sorta di razza in via d’estinzione. Scopro che si chiama Robert Ongher. Ci sediamo. «Adesso, mio caro Bob, aspettiamo che la tua misteriosa cliente chiami. Le dirai che devi consegnarle personalmente delle foto che inchiodano il marito. Devi strapparle un appuntamento.» «Quindi, devo dirle che il lavoro è concluso?» «Esatto.» «Ma non è vero! Che cosa le dico quando l’incontro?» si agita lui. «Non avrai bisogno di dirle niente, perché ci andrò io all’appuntamento.»
29
«E io che figura ci faccio? Dovrei anche pedinarti, tra l’altro.» «E lo farai, mi coprirai le spalle. Non credo che la signora verrà sola.» )LQH DQWHSULPD &RQWLQXD
INDICE
1 .................................................................................................... 3 2 .................................................................................................... 8 3 .................................................................................................. 12 4 .................................................................................................. 15 5 .................................................................................................. 20 6 .................................................................................................. 23 7 .................................................................................................. 26 8 .................................................................................................. 30 9 .................................................................................................. 34 10 ................................................................................................ 40 11................................................................................................. 44 12 ................................................................................................ 52 13 ................................................................................................ 57 14 ................................................................................................ 66 15 ................................................................................................ 73 16 ................................................................................................ 81 17 ................................................................................................ 87 18 ................................................................................................ 91 19 ................................................................................................ 95 20 .............................................................................................. 100 21 .............................................................................................. 103 22 .............................................................................................. 108 23 .............................................................................................. 112
24 .............................................................................................. 117 25 .............................................................................................. 123 26 .............................................................................................. 129
AVVISO NUOVI PREMI LETTERARI La 0111edizioni organizza la Quarta edizione del Premio ”1 Giallo x 1.000” per gialli e thriller, a partecipazione gratuita e con premio finale in denaro (scadenza 31/12/2021) www.0111edizioni.com
Al vincitore verrà assegnato un premio in denaro pari a 1.000,00 euro. Tutti i romanzi finalisti verranno pubblicati dalla ZeroUnoUndici Edizioni senza alcuna richiesta di contributo, come consuetudine della Casa Editrice.
AVVISO NUOVI PREMI LETTERARI La 0111edizioni organizza la Prima edizione del Premio ”1 Romanzo x 500”” per romanzi di narrativa (tutti i generi di narrativa non contemplati dal concorso per gialli), a partecipazione gratuita e con premio finale in denaro (scadenza 30/6/2022) www.0111edizioni.com
Al vincitore verrà assegnato un premio in denaro pari a 500,00 euro. Tutti i romanzi finalisti verranno pubblicati dalla ZeroUnoUndici Edizioni senza alcuna richiesta di contributo, come consuetudine della Casa Editrice.