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Lisa ha appena compiuto diciassette anni, ma non ha molto tempo per festeggiare. Deve partire subito, col suo amato Bartolomeo, alla ricerca di chi le fornirà lo strumento per combattere la "Madre", l'origine di ogni male del Regno Elfico. Da qui inizierà una serie di rocambolesche avventure, che la costringeranno a prendere decisioni difficili e delicate, anche nella sua sfera più intima e sentimentale. Sino alla decisiva battaglia finale, in cui il Bene e il Male si scontreranno ancora una volta e in cui Gianni, il ragazzo della terza Profezia, dovrà abbandonare ogni timore per affrontare con coraggio il suo destino, a fianco dell' adorata Andromeda. Nell' ultimo libro della Trilogia "La Signora degli Elfi", i già conosciuti personaggi si misureranno e si confronteranno con i nuovi, in una serie di momenti a volte drammatici e ad alta tensione emotiva. Lisa dovrà maturare in fretta... un nuovo mondo si sta aprendo per lei e per i suoi amici e nulla sarà più come prima... L'AUTORE: M. P. Black, al secolo Paola De Pizzol, mamma di due splendidi bambini, ha iniziato a scrivere fin da piccola brevi racconti "Fantasy", coltivando negli anni il sogno di diventare scrittrice. Sognatrice ed estroversa, lavora come impiegata comunale e vive nelle dolci colline venete. Adora la sua famiglia, che rappresenta per lei un solido punto di riferimento.
Titolo: Lisa Verdi e il Sole di Aresil Autore: M. P. Black Editore: 0111edizioni Collana: The Best of 0111 Pagine: 244 Prezzo: 15,00 euro
12,75 euro su www.ilclubdeilettori.com
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M.P. Black
LISA VERDI e Il SOLE DI ARESIL Libro ultimo della Trilogia “La Signora degli Elfi”
www.0111edizioni.com
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LISA VERDI E IL SOLE DI ARESIL 2009 Zerounoundici Edizioni Copyright © 2009 Zerounoundici Edizioni Copyright © 2009 M. P. Black ISBN 978-88-6307-218-1 In copertina: immagine di Francesca Resta Finito di stampare nel mese di Ottobre 2009 da Digital Print Segrate - Milano
Avviso ai lettori:
Questo romanzo è un’opera di fantasia. Ogni riferimento all’unico personaggio della Storia Umana realmente esistito è, naturalmente, frutto della fervida immaginazione dell’autrice. Ogni altro riferimento a fatti, luoghi e persone è puramente casuale.
Vi aspetto sul mio blog: http://blog.libero.it/MPBLACK e al mio fan club: http://mpblack.forumfree.net
A mia figlia Anna con profondo amore e a Claudia Lucchin porto sicuro nell’oceano di ansie, dubbi e incertezze!
Sinossi di “Lisa Verdi e il ciondolo elfico” Libro primo della Trilogia “La Signora degli Elfi”
Lisa Verdi è una ragazza di sedici anni che trascorre spensieratamente le sue giornate tra scuola e amici. Rimasta orfana all’età di sei anni, da allora vive con la zia che adora e che considera come una seconda mamma. Si innamora del suo amico di sempre, Paolo, e accetta malvolentieri la relazione che la sua migliore amica Matilde inizia con Gianni, un compagno di classe antipatico e scontroso. La sua esistenza viene stravolta quando apprende che la madre in realtà è ancora viva e altro non è che la Signora degli Elfi. Le viene inoltre rivelata anche l’esistenza di un fratello, Luca, di cui non serba alcun ricordo. La zia le comunica che sia lei che Paolo sono i Prescelti designati da un’antica Profezia per annientare il potere del Nero Signore degli Elfi e riportare finalmente la pace nelle terre della madre. Lisa è così costretta a varcare le porte del Regno Elfico, per consentire l’attivazione del ciondolo reale che la renderà immortale. Viene accompagnata in questo viaggio dal buffo Guardiano Bartolomeo, da Paolo e dagli amici Matilde e Gianni. Nel regno degli Elfi ogni cosa è capovolta. Il cielo è verde e l’erba è blu e il popolo appare colmo di contraddizioni e di misteri. Lisa, commossa, riabbraccia la madre, che le attiva prontamente il ciondolo, e si prepara ad affrontare il Nero Signore degli Elfi con l’aiuto del suo amato Paolo. Nel frattempo Luca, Generale dell’Esercito Reale, sta rientrando con i suoi soldati da un rapido scontro con le armate del Nero Signore. Mentre riposa all’ombra di una quercia, viene attaccato dal perfido Generale Guglielmo che, con un vile ricatto, lo costringe a liberarsi del ciondolo reale. Luca viene così ucciso da Guglielmo, Elfo bionico creato dagli adepti del Nero Signore e pressoché imbattibile.
La Signora degli Elfi, appresa la morte del figlio, dichiara guerra al suo nemico. Nel frattempo, a palazzo, una spia sta tramando alle spalle di Lisa che, ignara di tutto ciò, è disperata per la morte del fratello e odia se stessa per il sentimento sempre più intenso che prova nei confronti del Guardiano Bartolomeo. Durante una giornata di pioggia battente, martoriata dai sensi di colpa, promette a Paolo di amarlo in eterno e, in futuro, di diventare sua moglie. Mentre le armate della Signora degli Elfi stanno marciando verso il Palazzo del Nero Signore, Matilde scompare e Paolo colpisce Bartolomeo alla testa, accusandolo di essere la spia e di aver organizzato il rapimento di Matilde, di fronte ad un’allibita Lisa e a uno sconcertato Gianni. Paolo invita Lisa ad entrare nello Specchio Magico che li condurrà sino al Palazzo del Nero Signore, per porre finalmente in atto la Profezia. Lisa e Gianni non intendono obbedire a Paolo, ma quest’ultimo li rassicura dicendo loro che il Nero Signore è impegnato nella battaglia contro l’esercito reale e che, quindi, hanno via libera per portare a compimento la Profezia. Ancora non del tutto convinti della colpevolezza di Bartolomeo, Gianni e Lisa acconsentono a seguire Paolo nello Specchio Magico ma, una volta messo piede nel Palazzo del Picco Oscuro, si trovano al cospetto del Nero Signore. Gianni viene ferito ad una spalla dal crudele Generale Guglielmo e Paolo preso in ostaggio, sotto lo sguardo terrorizzato di Lisa. Il Nero Signore obbliga quest’ultima a disfarsi del ciondolo e lei, pur di salvare la vita al suo amato, obbedisce e lo appoggia a terra. Paolo si avvicina al ciondolo e lo afferra, sotto lo sguardo stupito di Lisa che lo invita a non toccarlo, dato che solo gli appartenenti alla stirpe reale possono portarlo al collo. Lui le ricorda il giorno in cui si sono scambiati la promessa d’amore eterno e le rivela che nel Regno Elfico tale promessa equivale ad un matrimonio. Paolo è diventato di diritto membro della famiglia reale e può quindi indossare il ciondolo senza temere per la propria incolumità. Solo quando lo vede abbracciare il Nero Signore, Lisa comprende l’amara verità. Paolo è la spia, figlio del Nero Signore e di Lucilla, amica fidata della madre. Mentre Lisa è attonita e sconvolta di fronte a quella terrificante rivelazione, Paolo uccide il padre, per poi riversare tutto il suo odio su di lei.
Nel frattempo la battaglia infuria fuori dalle mura del palazzo. Paolo invita allora il Generale Guglielmo ad allontanarsi, portando con sé la madre Lucilla. Rimasto solo con Lisa e Gianni, il figlio del Nero Signore (il cui vero nome è Elia) è pronto a liberarsi di entrambi, quando il provvidenziale intervento di Bartolomeo consente a Lisa di infrangere la promessa d’amore. Paolo, sconvolto, si vede costretto a disfarsi del ciondolo che nel frattempo si è attivato contro di lui. Cade a terra senza forze e Lisa si riappropria del ciondolo, utilizzando i suoi poteri per guarire Gianni. Lisa comprende che il suo vero amore è Bartolomeo e che lui è il Prescelto col quale dovrà infrangere la Spada del Destino sul trono del Nero Signore, per compiere infine la Profezia. Gianni aiuta un ancora dolorante Bartolomeo a sollevare la spada e, con Lisa, sia a portare a termine il loro compito sia a liberare Matilde, imprigionata nelle segrete del Palazzo. Lisa rientra così tra gli Umani. Ritornerà nelle terre del Regno Elfico solo al compimento della maggiore età. Di fronte ad un Bartolomeo abbattuto e sconsolato, mentre dorme subisce la rimozione dei ricordi da parte degli Elfi. Quando si sveglia, il mattino dopo, abbraccia la zia e si reca a scuola. In classe conosce un nuovo compagno, Bartolomeo, e viene invitata dalla Professoressa Rizzardi ad aiutarlo nei compiti. Lei accetta di buon grado, mentre la Professoressa, girata verso la lavagna, nasconde con un ciuffo di capelli una lunga orecchia a punta.
Sinossi di “Lisa Verdi e l’antico codice” Libro secondo della Trilogia “La Signora degli Elfi”
Lisa Verdi è rientrata tra gli Umani e le è stato rimosso ogni ricordo legato alla sua permanenza tra gli Elfi. Ha dimenticato anche il suo amore per il dolce Generale Bartolomeo. Un giorno, mentre si trova in libreria con i suoi amici Gianni e Matilde, viene riportata bruscamente dal suo Guardiano nel Regno Elfico. Dopo pochi istanti di permanenza nella sua terra d’origine, i ricordi le esplodono nella mente, insieme ad una fastidiosa sensazione. Scoprirà infatti che sua madre Marta, Signora degli Elfi, ha sacrificato se stessa per riportare in vita il figlio Luca, l’unico Elfo in grado di prendere l’ “Antico codice”, custodito nella Biblioteca Segreta, per nasconderlo alle avide mani degli Stregoni, che vogliono riportare in vita la “Madre”, l’origine di ogni male. Lisa è sconvolta e fatica ad accettare il ritorno del fratello, in quanto ha comunque perso la persona che più amava al mondo, insieme alla zia Anna. Ma la morte della madre sarà solo l’inizio di una serie di emozioni e di avvenimenti che segneranno profondamente l’animo di Lisa. Avrà un duro e pericoloso scontro con Lìspoto, principe degli Elfi Vampiro che, incaricato dal nemico di ucciderla, si innamorerà di lei sin dal primo istante, risparmiandole pertanto la vita. Scoprirà poi l’esistenza di altre due Profezie: la seconda avrà come protagonista Matilde, mentre la terza vedrà come personaggio principale e assoluto Gianni. Ma la Bibliotecaria, interrogata da Lisa che vuole avere maggiori dettagli, non le rivelerà nulla, dicendole che solo l’ignoranza delle Profezie consentirà loro di avverarsi. Nel frattempo, Gianni scopre di provare una forte attrazione per Andromeda, mentre Matilde è totalmente rapita dal fascino di Luca, che corrisponde questo nuovo sentimento. Lisa si scontra inoltre con un nuovo potere, quello dello “Spostamento onirico”, per mezzo del quale, mentre dorme, riesce ad avvicinarsi alla
persona che la sta pensando. Scopre quindi che Elia è rinchiuso nelle prigioni del Palazzo Reale e che Lìspoto sta tramando per liberarlo. Ma Lisa non sa che una Spia dai lunghi capelli argentati e dai capelli grigi si aggira per i corridoi del Palazzo Reale, riportando poi ogni informazione utile al perfido Generale Guglielmo. Per impedire il ritorno della Madre, Luca si impossessa dell’ “Antico codice” e lo porta sino al “Bosco delle nebbie eterne”, presso l’abitazione della Strega Meredith, che gli deve consegnare un piccolo sarcofago, ove riporlo. Qui Lisa si imbatte negli “Spettri”, anime erranti che, se fissate negli occhi, si insinuano nella mente dei viaggiatori, conducendoli alla pazzia e, quindi, alla morte. Ma l’intervento inaspettato di Meredith salva Lisa dalla fine imminente. La Strega consegna quindi il piccolo sarcofago a Luca e tutta la compagnia si sposta al “Lago di Smeraldo”. Qui fa la conoscenza del Vecchio Eremita, il Custode dell’ “Energia Verde” che giace nelle profonde e letali acque del lago e che, in unione con l’energia Gialla del “Sole di Aresil”, custodito da Andromeda, lavora per mantenere inalterato l’equilibrio dell’intero Universo. E qui ha luogo la seconda Profezia. Con l’aiuto di Matilde, Luca riesce ad aprire il Sarcofago e sta per riporre l’Antico Codice, quando la compagnia viene attaccata dai soldati del Generale Guglielmo e dagli Elfi Vampiro. Lisa e gli amici vengono immobilizzati, mentre gli Stregoni, con il potere della loro mente, riescono a leggere l’Antica Formula che riporterà in vita la Madre. Dopo un feroce scontro, Gianni e Lisa vengono rapiti e condotti sino al Palazzo del “Regno delle Paludi”, dove assisteranno inermi al ritorno della Madre. Lisa scoprirà un’amara e terribile verità. Silvia, la Madre, altri non è che Lucilla, mamma di Elia e moglie del Nero Signore degli Elfi. Mentre Lucilla cambia il proprio aspetto in quello di una splendida femmina dai lunghi capelli castani, Lìspoto fa di tutto per salvare la vita di Lisa. Ma la Madre, dopo essersi liberata del Generale Guglielmo che non considera più di alcuna utilità, scaglia contro di lei e Gianni delle lame di ghiaccio, che si infrangono però contro una barriera formata da un ragazzo, che dirà di essere un Ribelle del Pianeta Aresil, giunto per aiutare la Signora degli Elfi. Lisa e Gianni si ritrovano nella camera della prima, feriti ma salvi. Una volta ripresasi, Lisa viene obbligata da Andromeda a rientrare nella
Terra per incontrare una persona che l’aiuterà a combattere e a fermare la terribile Madre. Mentre la Spia trama alle spalle della nuova Signora degli Elfi, Lisa promette a Marta che farà di tutto per fermare Silvia, il cui ritorno segna l’annientamento rapido e inesorabile dell’equilibrio delle energie gialla e verde e, quindi, l’inizio della fine dell’intero Universo.
Intervento di Giuseppe Antoni autore della saga“I Leoni del Medebai”, 0111 edizioni. ********** Da un’idea venutami leggendo la trilogia de “La Signora degli Elfi”di M. P. Black
Un Amore al di là del Tempo Un omaggio all’autrice (Un sogno di Lisa: e se tutto fosse nato così?)
La Signora degli Elfi stava camminando su uno spesso strato di erba e muschio che ricopriva la roccia del fondovalle, mentre ai lati si alzavano imponenti gli abeti. Non tornava spesso nella Terra degli Uomini, il suo compito era gravoso e non le lasciava molto tempo libero per quello che considerava uno svago e al tempo stesso una necessità: amava questo mondo, il pianeta sul quale era nata, figlia degli Uomini e degli Antichi, Regina degli Elfi, destinata a guidarli nell’universo parallelo che questi avevano avuto in dono dai Progenitori. Forse l’atmosfera che regnava in quella valle che lei si ricordava ancora percorsa da un immenso ghiacciaio solo poco tempo prima (almeno per la sua scala temporale fatta di eternità), l’aveva resa meno sensibile al pericolo che stava correndo, anche se immortale e immune dalla vecchiaia poteva essere uccisa e i nemici non le mancavano. In quello stesso momento due paia di occhi spiavano i suoi movimenti dai fianchi opposti della valle e, se quegli occhi azzurri che la seguivano dalla sua destra erano solo incuriositi e stavano ammirando la sua bellezza superiore a qualsiasi immaginazione Umana, gli altri, grandi, gialli, attraversati da una stretta pupilla orizzontale, emanavano un odio senza fine; il Nemico l’aveva seguita attraverso il Passaggio fra i due mondi e adesso attendeva solo il momento giusto, quando lei si fosse distratta al punto da non fare più in tempo a usare i suoi poteri elfici per respingere l’assalto che intendeva portarle.
L’attacco giunse improvviso e inaspettato. La Signora si era chinata per osservare da vicino un ciuffo di mughetti che spuntavano con le loro piccole lanterne diafane alla base di un masso erratico che costringeva il torrente a girarvi attorno. Un nero essere che sembrava un enorme avvoltoio piombò su di lei slanciandosi dall’alto di un abete mentre un fischio stridulo lacerava l’aria. Prima ancora che la donna potesse fare in tempo a volgersi verso il pericolo, il mostro le fu addosso. Invano la sua mano corse al ciondolo che portava al collo e che avrebbe dovuto proteggerla da qualsiasi pericolo… “È inutile che tu cerchi protezione nel tuo amuleto, Signora degli Elfi. Nulla può contro di me e io avrò il tuo sangue e la tua vita!” La Signora non riusciva nemmeno a urlare, paralizzata più dalla rabbia che dall’orrore. Se il suo Nemico era riuscito a raggiungerla fin lì, nella Terra degli Uomini, i Guardiani che aveva lasciato al Passaggio per potersene stare da sola dovevano essere tutti morti. Si ritrovò a fissare a pochi centimetri di distanza quegli occhi gialli iniettati di sangue, mentre lui le piegava la testa di lato per offrire la gola indifesa ai lunghi canini che si intravedevano fra le labbra aperte in un sogghigno feroce. SWACK… SWACK! Due frecce dagli impennaggi grigi screziati, fatti con le remiganti della coturnice alpina, si piantarono in rapida successione nella schiena del mostro. Subito dopo un nuovo combattente si lanciò nella mischia; un guerriero vestito con gambali di pelle, a torso nudo, barba e capelli castano chiari e lunghi almeno quanto quelli della Signora pur se incolti e arruffati, le braccia muscolose segnate da alcuni semplici tatuaggi, attraversò di corsa il torrente e si scagliò armato solo di una piccola ascia di rame rossiccio contro il mostro, menando fendenti con tutta la sua forza di montanaro. SCRIIIIIEEEEEEEKK! Il grido di dolore, di rabbia e di sorpresa dell’essere demoniaco si trasformò nello stesso fischio udito poco prima, mentre questo si girava ad affrontare un avversario che mai si era pensato di trovare. Il cacciatore continuò a picchiare, per niente spaventato dalla visione diabolica di quegli occhi e dei colpi che quello menava alla cieca nel tentativo di difendersi; la lama dell’ascia penetrò profonda più volte nel torace, poi colpì la testa con un rumore di ossa che si spezzavano. Solo allora l’essere sembrò cedere alla foga dell’attacco, si ripiegò su sé stesso avvolgendosi nelle grandi ali nere, divenne sempre più piccolo e infine svanì in una nuvoletta verdastra maleodorante.
Il montanaro si chinò sulla Signora che giaceva svenuta sull’erba, il capo vicino al ciuffo di mughetti che poco prima aveva attratto la sua attenzione. Finalmente poteva vederla da vicino, gli sembrò la donna più bella che avesse mai visto: i capelli biondi del colore dei fiori della ginestra, lunghi fino a metà della schiena, erano adesso sparsi sull’erba come una nube d’oro che incorniciava l’ovale perfetto del volto, il petto si alzava e abbassava ritmicamente e non aveva segni visibili di ferite. Incuriosito provò a sfiorare con le dita la strana sostanza delle sue vesti, non conosceva niente di simile, non era la pelle di alcun animale che conoscesse né corteccia di betulla come quella che a volte veniva impiegata per realizzare quella specie di rozzi mantelli usati per ripararsi dalla pioggia. Sentendola gemere leggermente, in due passi arrivò al torrente per tornare portando un po’ d’acqua fresca nell’incavo delle mani; la lasciò gocciolare sulla faccia della donna per rianimarla. Al contatto dell’acqua fredda come il ghiaccio da cui proveniva, la Signora aprì gli occhi e i loro sguardi s’incrociarono per la prima volta: occhi verdi come l’erba si specchiarono in altri occhi, azzurri come il cielo; il muto dialogo che intercorse fra loro fu più esplicito di qualsiasi discorso, capirono all’istante d’essere due corpi e una sola anima. “Chi sei tu che mi hai salvato la vita?” “Io sono Thor della Montagna Verde, il Cacciatore! E tu chi sei, una dea o una fata? E cos’era quel demone che ti aveva attaccato?” “Devi essere molto valoroso e non conosci la paura, Thor della Montagna Verde, e buono. Per non aver esitato un secondo ad accorrere in mio aiuto e aver affrontato un demone come il Principe degli Elfi Vampiro. Non potevi farcela a ucciderlo, ma sei riuscito a ferirlo e l’hai costretto a fuggire. Pochi, anche fra la mia gente, avrebbero avuto altrettanto coraggio.” “Ho fatto solo quello che mi ha dettato il cuore. Non potevo permettere a quel demone di uccidere una Fata del Ghiaccio Azzurro. Perché tu sei una fata, vero? Non puoi essere altro, bella come sei.” “In un certo senso… Ma tu sei ferito!” La Signora degli Elfi sfiorò con le dita i due profondi tagli che attraversavano in diagonale il torace dell’uomo, dove gli artigli del mostro lo avevano colpito, e questi si richiusero subito senza lasciare alcuna traccia, nemmeno una piccola cicatrice, mentre il ciondolo che portava al collo lampeggiava di una luce argentata. Quindi, obbedendo a quell’impulso che aveva già sentito prepotente in lei, gli si strinse addosso in un abbraccio subito ricambiato, le loro labbra s’incontrarono in un bacio dolcissimo.
“Non avrei mai pensato d’incontrarti così. Thor, il Cacciatore della Montagna Verde, hai detto che ti chiami, vuoi tu essere il mio compagno per una vita lunga quanto l’eternità?” Sapeva che il montanaro non aveva altri legami che potessero trattenerlo, i suoi sensi elfici ne erano sicuri, ma la domanda andava fatta. Se desiderava che quello sconosciuto diventasse il suo sposo, doveva lei per prima rispettare le antiche regole. “Mia Signora, saprò esserne degno. Dal primo istante che ti ho vista, ho subito capito che non avrei mai potuto amare altri che te. Sono tuo per sempre.” rispose Thor, d’istinto, come se in tutta la sua giovane vita non avesse aspettato altro, certo che quel momento unico sarebbe un giorno arrivato. Le parole erano state pronunciate, per l’Antica Legge degli Elfi erano già marito e moglie; una cerimonia si sarebbe tenuta una volta rientrati al Palazzo Reale, per il piacere di quel popolo che l’amava e ubbidiva, ma per Marta, Signora degli Elfi, e Thor della Montagna Verde, nulla avrebbe potuto essere più importante di quell’istante in cui, per la prima volta, si erano guardati negli occhi e avevano capito che il loro destino sarebbe stato uno solo, per l’eternità. *** Molti millenni erano passati da quel giorno; spesso tornavano nella valle che aveva visto il loro primo incontro, l’avevano vista mutare d’aspetto al cambiare del clima e insieme alla valle, mutare, crescere e progredire la stirpe degli Uomini, mentre la stirpe degli Elfi continuava a vivere secondo gli insegnamenti ricevuti dagli Antichi Padri. La loro unione era stata allietata quasi subito dalla nascita di un figlio, Luca, bello e coraggioso come i suoi genitori. La vita nel Mondo degli Elfi era continuata secondo le antiche leggi anche se un nuovo nemico si era presentato sotto le sembianze del Nero Signore, un elfo che si era ribellato al giusto governo della Signora e che più volte aveva mosso guerra contro di lei nel tentativo di spodestarla. Ma l’esercito guidato da Thor il Cacciatore e dal Generale Luca, suo figlio, lo aveva più volte sconfitto costringendolo all’esilio sul Picco Oscuro e a una tregua che ormai reggeva da molti anni. In quel momento di pace armata una novità venne ad allietare la vita di Marta e Thor. “Mio sposo, Amore mio unico. Aspetto una bambina!”
Thor rimase per un attimo interdetto, il vino che stava bevendo gli colò sulla lunga barba – non aveva mai accettato di tagliarsela e, anche se adesso la teneva ben curata come i capelli, era l’unico essere vivente nel mondo degli elfi a portarla, fatto che lo rendeva inconfondibile più ancora del fatto di non avere le orecchie a punta, quando compariva in pubblico al fianco della Signora o cavalcava alla testa dell’esercito in compagnia del figlio, elfo in ogni dettaglio – suscitando un sorriso in Marta. “Dopo tanti anni? Ne sei sicura? E sei sicura che sarà una femmina?” “Sì Caro. I miei sensi elfici me lo hanno detto fin dal primo momento. E il dottor Bosco me lo ha confermato stamani.” “È meraviglioso!” Poi un’ombra calò sul volto di Thor. “Rammenti cosa mi promettesti quando, poco dopo la nostra unione, mi spiegasti che i nostri figli maschi sarebbero stati più elfi che uomini, mentre le femmine sarebbero somigliate maggiormente alle donne interamente umane? Non mi opposi che nostro figlio Luca crescesse e fosse allevato come un Principe Elfo. Adesso però torno a chiederti se sei ancora disposta a crescere nostra figlia fra gli Uomini; anche se il mondo è molto cambiato rispetto ai miei tempi, ci terrei.” “Ho già previsto tutto; mia sorella Anna e il Generale Luca saranno in grado di reggere il Regno per i diciotto anni che noi passeremo sulla Terra con la nostra piccola e quando avrà raggiunto la maggiore età, sarà lei stessa a scegliere se continuare a vivere fra gli uomini o tornare con noi qui con gli elfi. I Guardiani del Generale Bartolomeo provvederanno a proteggerci da qualsiasi pericolo, anche se con te al mio fianco non temo nemici di sorta.” “Allora è deciso, Lisa nascerà nella stessa terra che ci ha visto incontrarci. Adesso, non lontano dalla nostra valle e dal Varco che consente il passaggio fra i due mondi, c’è una piccola casetta nel bosco, dove potremo stabilirci senza dare nell’occhio. Hai già pensato a quali occupazioni potremo dedicarci? Non dobbiamo dare l’impressione di essere degli sfaccendati, per il bene di nostra figlia.” “Io aprirò un negozio d’erboristeria, sfrutterò le mie conoscenze per preparare tisane e pozioni che sembreranno quasi magiche.” “Ma io non potrò certo continuare a fare il militare! Troppe cose sono cambiate nel mio mondo, archi, frecce e asce sono passate ormai di moda!” “Oh, fossi in te non mi preoccuperei!”
Marta sorrise divertita; anche se si erano sempre tenuti aggiornati sui tanti mutamenti avvenuti sulla Terra, suo marito non sarebbe mai potuto essere un credibile impiegato d’ufficio o un operaio specializzato. “Da qualche tempo va di moda il ritorno alla natura, tu conosci boschi e foreste meglio di qualsiasi uomo di questo secolo, sarai un’ambita guida per chi vorrà riassaporare la vita del tempo che fu, accendendosi il fuoco con due bastoncini o procurandosi il pranzo cercando di catturare una trota con le mani. Ed il tuo nome ha proprio quel ché di esotico che li affascinerà.” “HAHAHAHAHA! Voglio proprio vederli, questi mollaccioni che si spostano solo dentro alle loro scatolette di latta, alle prese con la vera vita selvaggia! Mi dispiace quasi che non esistano più gli uri dalle lunghe corna e i grandi orsi dei miei tempi, quelli sì che erano impegnativi se volevi procurarti la cena, altro che fare la fila alla cassa di un supermercato!” Pochi giorni dopo, Thor e Marta Verdi, una giovane coppia di sposi in attesa della nascita di una figlia, si trasferivano nella loro nuova casa, in un bosco piccolo e magico, lontano da tutto e da tutti… Fine dell’inizio!
Giuseppe Antoni
PROLOGO
“Il mio cuore è diviso in due parti, uguali ma distinte, e entrambe sprigionano la più potente delle energie, quella dell’amore indescrivibile, sovrano, che tutto può e tutto assorbe. Ma questo sentimento sta distruggendo la mia anima, la sbriciola in mille pezzi che si disperdono nel vento come petali di rosa… Potrò mai ritrovare la tanto agognata pace e riunire il cuore nell’amore unico, perfetto ed eterno?” Lisa Verdi
LISA VERDI e Il SOLE DI ARESIL
Libro ultimo della Trilogia “La Signora degli Elfi”
Regno del Re Sole, anno 1659
Lisa Verdi e il Sole di Aresil
23
1. La Galleria degli Specchi
Luigi XIV avanzò rapidamente verso l’ingresso della Galleria degli Specchi e sorrise quando vide che i suoi ordini erano stati pienamente rispettati. Non vi era infatti alcuna traccia dei nobili che erano soliti seguirlo come cani al guinzaglio attraverso le molte stanze della Reggia di Versailles, dialogando degli usuali e noiosi argomenti che tanto lo tediavano da quando era stato incoronato Re di Francia. Si arrestò, inspirando una lunga boccata d’aria, si girò per constatare di essere completamente solo, e infine varcò la soglia della Galleria con passo deciso e baldanzoso. Raggiunse circa la metà del lungo e ampio corridoio e passò in rassegna la parete di fronte a sé, ricoperta da specchi luccicanti e splendenti della luce del primo mattino. Quindi si fermò ad osservare con interesse la propria immagine, sistemò un boccolo della parrucca che era sfuggito alla prigionia forzata dell’acconciatura, e attese. Il cuore gli martellava in petto con un ticchettio assordante e le mani gli sudavano come il primo giorno in cui aveva posato gli occhi su una ragazza. Era mai possibile che il Re di Francia, che tante donne aveva conosciuto, tremasse e si emozionasse come un ragazzino inesperto, nell’attesa del suo unico e più grande amore? Era trascorso un anno dall’ ultimo incontro con la magnifica dama che gli aveva rubato il cuore e troppe notti insonni avevano logorato il suo animo, nell’attesa del momento in cui l’avrebbe ancora stretta tra le sue braccia. Lui, il Re Sole, il Re dell’Amore, avrebbe fatto qualsiasi cosa, anche rinunciare al suo Regno, pur di vivere con quella creatura meravigliosa che popolava i suoi sogni e che sapeva scuoterlo con la forza di una tempesta.
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M. P. Black
Restò ancora fermo per qualche istante dinanzi allo specchio, quindi sbuffò e prese a camminare nervosamente per la stanza, lanciando, di tanto in tanto, occhiate furtive verso il suo riflesso. Come mai era in ritardo? Perché la bellissima dama non lo aveva ancora beato della sua presenza? Lo stava forse prendendo in giro per qualche oscuro motivo e non si sarebbe presentata al tanto prezioso e atteso appuntamento? Il Re Sole era deciso ad abbandonare la Galleria, profondamente deluso e infuriato, quando una sottile folata di vento gli sfiorò la fronte e gli accarezzò una guancia. Ebbe la netta sensazione che il tempo si fosse fermato, anzi, ne era del tutto sicuro. Quando la dama appariva al suo cospetto, persone, animali, piante o creature del cielo arrestavano il loro movimento, e tutto veniva avvolto da una calma assoluta e immateriale. Corse verso lo specchio centrale e vi si piazzò di fronte, con il cuore che gli pulsava nelle tempie in modo quasi doloroso e un desiderio sempre più incalzante di stringere tra le sue braccia la splendida dama. Dopo qualche istante, lo specchio si dissolse per lasciare lo spazio a un turbine di vento grigio e nero, che si muoveva a una velocità tale da costringere il Re ad arretrare di qualche passo. Poi, mentre il vento diminuiva il suo impeto, una lunga e folta chioma di capelli argentati apparve alla sua vista. La dama sorrise al Re di Francia e si inchinò al suo cospetto, mentre il vortice si dissolveva alle sue spalle, lasciando nuovamente spazio allo specchio lucente. “Luigi, mio Signore” sussurrò lei, col capo rivolto a terra. “Mio sovrano e mio unico amore.” Il Re Sole le corse incontro, le sollevò delicatamente lo splendido ovale del viso e la fissò a lungo nei sottili occhi azzurri, prima di parlare. “Andromeda, tu non devi inchinarti di fronte a me, io sono il tuo umile servo e lo sarò per l’intera durata della mia vita, a te devoto in tutto e per tutto. Ti ho donato il mio cuore e la mia anima e come tuo schiavo ti imploro di considerarmi solo un uomo. Qui, al tuo cospetto, il Re di Francia non esiste.” La dama gli sorrise malinconica e gli accarezzò una guancia. “Sei così dolce, Luigi, mio tenero amore” gli sussurrò, a pochi centimetri dal suo viso. “Come vorrei che tu non fossi il Re e io una Custode! Le nostre esistenze non sarebbero così tormentate e non ci obbligherebbero a piangere sulle disgrazie che ci travolgono come un fiume in piena!”
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Luigi l’abbracciò e la strinse forte a sé, accarezzandole i lunghi capelli argentati. “Allora fuggiamo subito, senza indugi! Scappiamo da tutto e da tutti, lontano dai nostri odiati doveri! Posso trovare facilmente una fattoria in cui vivere soli, io e te, uniti per l’eternità e nascosti ad occhi indiscreti.” Andromeda affondò il viso sulle sue spalle e lacrime lucenti scintillarono sull’abito dorato del Re. “Amore mio, non piangere, ti prego” sussurrò lui, accarezzandole ancora i capelli. “Sta a noi decidere se abbandonare il nostro destino, già disegnato da tempo, per seguire l’ istinto e le passioni. Io ti amo.” Andromeda si staccò dall’abbraccio e si passò lentamente il palmo delle mani sugli occhi colmi di tristezza. “Ti amo anch’io, mio dolce Luigi. Ma questo non è sufficiente per…” “No, fermati, non voglio ascoltarti” la interruppe il Re di Francia, ponendole un dito sulle labbra. “Ero convinto che, nel nostro ultimo incontro, avessimo già preso questa decisione… Andromeda, non sei forse qui, oggi, per abbandonare il tuo mondo e per unirti definitivamente al mio, via dagli sfarzi e dagli impegni di corte?” Luigi fissò la splendida dama con ansia mista a preoccupazione e la vide arretrare di un passo verso lo specchio. “Andromeda?” Lei scosse la testa, facendo ondeggiare i capelli argentati che si sparsero a ventaglio sulla schiena. “Andromeda?” ripeté lui, con la bocca secca e un vivo terrore dipinto negli occhi sbarrati. La dama arretrò di un altro passo e alzò le mani dinanzi a lui, mentre le lacrime avevano ripreso a solcarle il bel viso pallido e provato. “Luigi, ho voluto questo incontro per dirti che non ci rivedremo mai più. Il nostro amore si spegne qui, tra le pareti di questa Galleria…” “No!” “Luigi, ti prego, non è possibile continuare questa relazione, non mi è concessa!” “No, non ti lascerò scappare, non ti consentirò di allontanarti da me! Ti rapirò, ora, e ti imprigionerò finché non sarai rinsavita e ti getterai tra le mie braccia.” Andromeda restò immobile, piegando però le labbra in un dolce sorriso. “Amore mio, sai perfettamente che non puoi rapirmi” sussurrò, avanzando lentamente verso di lui. “I miei poteri sono immensi e a nulla varranno i tuoi sforzi per trattenermi. Inoltre, chi chiamerai per aiutarti?
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Il tempo al di fuori della Galleria è fermo e nessuno sa della mia esistenza e della mia presenza qui.” Il Re sbatté più volte le palpebre e chinò il capo a terra, stringendo entrambi i pugni. Andromeda gli si piazzò di fronte e lo accarezzò dolcemente sul viso. “Sapevamo fin dall’inizio che questo amore non avrebbe avuto storia. I nostri destini sono troppo importanti per la sopravvivenza del Genere Umano e del Popolo Elfico. Abbiamo il dovere di seguire le strade che ci sono state disegnate da tempo, anche se queste ci condurranno a un’inevitabile separazione.” Luigi la fissò per qualche istante nei sottili occhi azzurri, quindi le afferrò il viso e la baciò. Andromeda tentò di opporre resistenza appoggiandogli le mani sul petto, ma dinanzi alla sua insistenza si lasciò avvolgere dal tepore e dalla passione di quel bacio, gettandogli le braccia al collo. “Non posso vivere senza di te!” gridò il Re di Francia con voce roca, quando si staccò dalla Custode del Sole di Aresil. “La mia esistenza non avrà più alcun senso… nulla avrà più valore, nulla!” “Taci, amore mio, io sono qui anche per aiutarti a non soffrire” mormorò Andromeda sulle sue labbra. “Cancellerò ogni ricordo di noi dalla tua mente, così tu potrai continuare a regnare sulla Francia come un sovrano abile e saggio.” “Che intendi dire?” tuonò lui, allontanandola per colpirla con uno sguardo duro e feroce. “Non toccherai la mia mente, non ti permetterò di annientare ciò che ho di più caro al mondo, cioè il ricordo del nostro unico e splendido amore!” Andromeda sospirò e ricacciò indietro le lacrime. “Sarà inevitabile, mio Signore” mormorò ancora, con la voce arrochita dall’emozione. “E tu non potrai fermarmi in alcun modo.” “No!” urlò il Re, agguantandola per le braccia. “Non puoi farlo, non devi farlo! Io ti voglio, ora, sempre, per l’eternità!” “Mi dispiace” sussurrò lei con un filo di voce, lasciando che le lacrime le rigassero le guance pallide. “Allontanati da me.” “Co…come?” chiese Luigi, fissandola con occhi stralunati. “Non puoi dire sul serio… no, ti prego.” “Allontanati” continuò Andromeda con voce ferma e bassa. “VIA DA ME!” Il Re di Francia sbarrò gli occhi quando l’aura dorata della dama lo avvolse e lo spostò con delicatezza verso una delle ampie vetrate. Scosse la testa e alzò le braccia in avanti, in una muta richiesta di aiuto.
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“Amore mio, ti prego…” sussurrò poi, biascicando le parole. “Non lasciarmi.” Andromeda fece un ampio respiro e aumentò ancora di più la sua aura, tanto che il Sovrano si vide costretto ad abbassare le braccia lungo i fianchi. “Io non ti lascerò mai, Luigi, mai” gli disse, mentre le lacrime continuavano a solcarle il viso. “Un giorno ci incontreremo ancora, te lo prometto. Io ti cercherò sempre, in ogni istante della mia vita.” Il Re di Francia tentò di scuotere la testa, ma riuscì solo a compiere un impercettibile movimento alla sua sinistra. “Quando… quando…” chiese, fissandola nei sottili occhi tristi. Andromeda sospirò nuovamente e chinò il capo a terra. “Non posso rispondere a questa domanda, non ne ho il potere, ma accadrà presto. E ora ascolta, Luigi. Prima di operare sui tuoi ricordi ti farò un dono, che dovrai tenere sempre con te.” “Un dono? E che dono?” Andromeda gli si avvicinò e, diminuendo un po’ l’aura, gli afferrò una mano e gli pose sul palmo un anello d’oro, al centro del quale spiccava una piccola pietra verde. “Esso proviene dal mio pianeta e contiene tutto l’amore che ci lega. Quindi, tienilo sempre con te.” Il Re di Francia osservò l’anello con aria sconvolta e frastornata, quindi pose nuovamente lo sguardo sulla splendida dama che stava indietreggiando sempre più verso lo specchio. “Io… io non capisco… non capisco” balbettò con voce spezzata dall’emozione. “Ma ti obbedirò. Ti porgo però un’unica domanda. Se fra qualche istante non mi ricorderò più di te, come potrà l’anello continuare a pulsare del nostro amore?” Andromeda gli sorrise con infinita dolcezza e lo fissò nei grandi occhi spaventati. “Esso è collegato al tuo cuore, non alla mente. E dal cuore preleverà l’energia necessaria che gli consentirà di mantenersi in vita”. “Capisco.” Il Re di Francia strinse forte l’anello nel palmo della mano, quindi osservò Andromeda con sguardo carico di terrore e di tristezza. “Quando entrerò nella tua mente per cancellare il ricordo del nostro amore, ti lascerò un messaggio. Saprai sempre, in ogni istante della tua esistenza, che l’anello è importante e che non te ne dovrai separare mai, per alcun motivo. Lo terrai con te finché un Padre di Aresil non verrà
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qui per riprenderlo. Tu glielo consegnerai senza batter ciglio e in quell’istante saprai che la tua vita sarà volta al termine.” Il Sovrano spalancò gli occhi e cercò di compiere un passo verso di lei, senza tuttavia riuscire a muovere un solo muscolo del suo corpo ormai affaticato. “Andromeda, amore mio, ti prego, non farlo.” la supplicò, in un ultimo, disperato tentativo. Lei si asciugò le lacrime col palmo delle mani e socchiuse gli occhi. Pochi istanti dopo il Re giaceva a terra, supino, la parrucca scomposta, la mano destra stretta attorno al piccolo anello. Sbatté più volte le palpebre e si guardò attorno, mentre si alzava lentamente da terra. Fissò la parete degli specchi dinanzi a lui, quindi si girò verso l’ingresso. Sistemò alla meglio la parrucca sul capo, scosse la lunga giacca per allontanare qualche residuo di polvere, e infine si diresse verso l’uscita a grandi passi. Non capiva assolutamente quanto gli era accaduto o perché si trovasse lì, completamente da solo, ma provava dentro di sé un grande senso di pace che lo rassicurò pienamente sul suo stato di salute mentale. Prima di abbandonare la Galleria degli Specchi, aprì la mano destra, fissò l’anello e lo infilò sul dito indice. Sorrise e si avviò infine baldanzoso verso i suoi doveri di Re e di uomo.
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2. Tensione
Lisa Verdi se ne stava appollaiata sul terzo gradino della scala che portava al piano superiore della sua casa, a osservare gli amici Gianni e Matilde, immersi in una feroce discussione. Il primo, un ragazzo robusto e palestrato, gesticolava vistosamente, puntando in continuazione il dito indice contro la ragazza piccola e minuta che lo ascoltava con le braccia conserte. Lisa osservò Matilde spostare dagli occhi una ciocca di capelli rosso fuoco e sistemare sul naso gli occhiali, che sembravano traballare sotto le urla di Gianni. Attorno a loro saltellava nervosamente Bartolomeo, Generale dei Guardiani, un Elfo alto e magro, con lunghi capelli castani perennemente arruffati e un gusto orrido nell’abbinare i vestiti. Non si poteva proprio definire un bel ragazzo, ma possedeva tratti del viso decisi e regolari e un’aria buffa e impacciata che aveva conquistato del tutto Lisa, facendola innamorare pazzamente di lui. Lisa sbuffò e abbracciò le ginocchia, ponendovi sopra il mento. Spostò quindi lo sguardo sulla zia che era appena entrata in salotto e stava cercando di aiutare Bartolomeo nell’arduo compito di interrompere quell’assurda litigata. Anna era un Elfo affascinante, con lunghi capelli biondi che le scendevano diritti sulle spalle e lucenti occhi azzurri dipinti in un ovale perfetto. Vestiva abitualmente abiti colorati e amava agghindarsi con quantità smisurate di collane, orecchini e bracciali. Lisa adorava la zia, era vissuta con lei per parecchi anni e l’aveva sempre considerata come una seconda mamma. Senza Anna non sarebbe mai riuscita ad affrontare i pericoli ai quali era stata sottoposta negli ultimi mesi e, soprattutto, a superare la perdita di sua madre Marta, Signora degli Elfi. Nel frastuono delle urla concitate di Gianni e Matilde, Lisa socchiuse gli occhi e ripensò alla madre, alle sue labbra sempre piegate in un dol-
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ce sorriso e ai lunghi capelli biondi che lei amava raccogliere in eleganti chignon. Serrò i pugni ripercorrendo gli attimi in cui le era stato riferito che Marta aveva sacrificato se stessa per ridare la vita a suo figlio Luca, assassinato qualche tempo prima dal perfido Generale Guglielmo. Riprovò le stesse, feroci sensazioni che l’avevano stretta in un’atroce morsa di dolore e che, a pochi giorni di distanza dalla perdita della madre, ancora le spappolavano il cuore, frammentandolo in mille, minuscoli pezzi. Sobbalzò quando sentì Matilde alzare la voce. Riaprì gli occhi, si riassettò i lunghi capelli castani e fissò l’amica che ora fronteggiava spavaldamente Gianni, con le mani appoggiate sui fianchi. “E tu sei innamorato di una vecchiaccia che vive da millenni in una biblioteca sporca e ammuffita!” urlò l’amica, sistemando ancora gli occhiali sul naso. “Quindi non rompermi più le scatole, intesi?” Gianni la fulminò con uno sguardo truce e le sventolò il dito indice sotto il naso. “Andromeda ha la mia stessa età, non è una vecchiaccia, anzi, è una ragazza bellissima, dolce, comprensiva, cioè esattamente il contrario di quello che sei tu, contenta?” “Cosa?” urlò ancora Matilde, cominciando a tremare per la rabbia. “Tu… tu non ti rendi conto di quello che stai facendo… lei… lei è la Custode del Sole di Aresil! E è un’aliena! Non capisci che ti sta solo prendendo in giro e che non ti ama veramente?” Gianni la fissò in silenzio per qualche istante, quindi scoppiò a ridere. “Parli proprio tu che ti sei innamorata di uno zombie! Di un cadavere ritornato in vita per compiere una stupida missione che non è neppure riuscito a portare a termine! D’altronde, un tipo effeminato come lui non potrebbe mai…” “Insomma, la volete smettere?” intervenne Anna, battendosi una mano sulla fronte. “Mi state facendo scoppiare la testa con questa marea di assurdità! Basta, per favore, datevi una calmata!” “Eh no, Anna, ha iniziato lui” gridò Matilde, additando Gianni. “E il signorino o si scusa immediatamente con me, e ritira tutto quello che ha detto, o io… io..” “Tu, cosa?” la interruppe Gianni, passandosi nervosamente una mano sui corti capelli scuri. “Fatti entrare una volta per tutte in quella zucca vuota che io e Andromeda siamo una coppia perfetta e ci amiamo veramente, mentre Luca ti sta solo prendendo per i fondelli, e così ritorneremo ad essere amici come prima.”
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“A… amici?” balbettò Matilde, abbandonando le braccia lungo i fianchi. “Io… io … credevo che ci amassimo...” “Oh, certo che vi amavate” intervenne finalmente Bartolomeo, posando le mani su una spalla di entrambi. “Quindi ora fate la pace, da bravi bambini.” “Fatti gli affari tuoi!” lo rimbeccò Matilde, scansando la sua mano come se fosse appestata. “Esatto. Chi ti ha chiesto niente?” ringhiò Gianni, strattonandolo per la maglietta ocra. “Sarai anche un Generale, ma non rompere le scatole, ok?” Anna sollevò gli occhi al cielo e Bartolomeo si frappose tra i due, fissandoli entrambi con aria truce. Solo in quell’ istante, temendo soprattutto per l’incolumità di Gianni, Lisa si alzò noiosamente dal gradino che l’aveva ospitata per un buon quarto d’ora e si avvicinò al gruppo, allontanando l’Elfo con un tocco delicato, ma deciso. “Ora basta” sussurrò a pochi centimetri dal viso di Gianni. “Siete assurdi. Non voglio sentire i miei migliori amici che litigano per cavolate e si sbranano come bestie. In queste ore abbiamo pensieri ben più grandi da affrontare. I vostri discorsi sono ridicoli e del tutto inopportuni.” Matilde fissò Lisa con la bocca spalancata, quindi l’abbracciò, singhiozzando. “Mi… mi dispiace… hai… hai ragione… tu… hai… appena… perso… la… mamma… e noi… siamo qui… a… litigare… per niente… per nulla… scu… scusa.” Lisa le accarezzò i capelli e la scostò delicatamente da sé. “Non è la perdita di mia madre a preoccuparmi, ora, quanto la presenza di Silvia nel Regno Elfico. Dobbiamo eliminarla, Matilde, te ne rendi conto? Ucciderla senza alcuna pietà, se vogliamo salvare la nostra pelle e quella degli altri poveri abitanti dell’Universo. Ti pare poco?” L’amica sbatté più volte le palpebre, quindi tirò su col naso e spostò lo sguardo su Gianni. “Ha ragione Lisa, dobbiamo smettere di litigare tra di noi. Abbiamo preso due strade diverse e ormai non possiamo più ritornare indietro. Facciamo pace?” Gianni la fissò per qualche istante, quindi le allungò una mano. “Pace.” sibilò tra i denti, mentre Anna alzava gli occhi al soffitto. “Com’è che dicevano gli indiani, i pellerossa?” intervenne Bartolomeo, sfoderando uno dei suoi sorrisi migliori. “Ah sì! Seppelliamo l’ascia di guerra, o una cosa del genere, vero?”
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Lisa strabuzzò gli occhi, Gianni sbuffò, Matilde scosse la testa e Anna lo spinse verso la cucina. “Ma che ti salta in mente?” brontolò, gettandogli un grembiule da lavoro. “Su, indossalo, dobbiamo sminuzzare la verdura.” “Eh? Che? Io… cosa?” “Hai capito perfettamente!” continuò Anna, spalancando la porta del frigo. “Dobbiamo preparare lo stufato, quindi datti da fare, intesi?” Bartolomeo sbottò e indossò il grembiule di malavoglia, sotto lo sguardo divertito di Matilde, che stava cercando di trattenere uno scoppio violento di risate. L’attenzione di Gianni era invece catturata da Lisa, che si era lasciata cadere noiosamente sul divano e aveva afferrato il telecomando della TV, facendo zapping da un canale all’altro. “E beh, e tu che hai?” le chiese, sedendo accanto a lei. “La Lisa che io conosco si sarebbe piegata in due dalle risate di fronte alla scena di prima. Diciamo che sei… ehm… patetica, ecco, questa è la parola giusta.” Lei si strinse nelle spalle e continuò a fissare lo schermo della TV, dove le immagini si susseguivano veloci le une sulle altre. “Ah! Fai pure la cafona, ora? Complimenti, proprio un bel comportamento, degno di una regina, direi. Ma non ti vergogni? Sei la Signora degli Elfi e te ne stai qui seduta a perdere tempo come una scolaretta annoiata!” Lei respirò profondamente, ma non distolse lo sguardo dal video. “Ehi, Lisa, dico a te, c’è nessuno? E datti una mossa, svegliati, mi fai veramente pena!” “Gianni, smettila” lo interruppe Matilde, che si era seduta sulla poltrona dal lato di Lisa. “Lasciala stare, con tutto quello che ha passato… “ “Oh! Poverina! La bambina ha perso la sua mamma e è stata presa a calci nel sedere! Anzi, nel sederone, già ti vedo bella grossa davanti alla TV a mangiare popcorn e a bere birra… uh… chissà che spettacolo!” “Gianni, basta” lo interruppe ancora Matilde, notando che Lisa aveva gli occhi colmi di lacrime. “Stai esagerando.” “Che succede di là?” chiese Anna, mentre porgeva una carota a Bartolomeo. “Si può avere un po’ di pace oggi? Domani sarà una giornata impegnativa, ci sono i preparativi per… “ Si bloccò, portandosi entrambe le mani sulla bocca. “Accidenti, non dovevo dirlo…” sussurrò, a pochi centimetri dall’orecchio del Generale.
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“Doveva essere una sorpresa” la rimbeccò lui, guardandola di traverso. “Spera che Lisa non abbia capito.” Ma quando Bartolomeo sollevò gli occhi, lei era dinanzi a loro e li fissava con uno sguardo che la diceva tutta su quanto poteva avere o non avere sentito. Con le braccia conserte, tamburellava noiosamente le dita sulla pelle, in attesa di una rapida spiegazione. “Allora?” li incalzò, dato che nessuno dei due osava aprire bocca, ostinandosi a tagliare le verdure a testa bassa. “Che state tramando?” Anna sospirò, si passò le mani sul grembiule e le si avvicinò, con le guance arrossate dall’imbarazzo. “Domani è il tuo compleanno, ricordi?” Lisa sbarrò gli occhi. “Domani io e Bartolomeo partiamo per Parigi, ricordi? Secondo quanto stabilito dal Consiglio e dai Padri di Aresil.” “C’è stato un cambio di programma. La partenza è stata rinviata di un giorno.” Lisa strabuzzò ancora di più gli occhi e si passò una mano tra i capelli, mentre spostava lo sguardo dalla zia a Bartolomeo, che se ne stava ancora a testa bassa, preso dal taglio delle verdure. “Stai scherzando, vero?” urlò, tanto che Gianni e Matilde scattarono in piedi con un rapido balzo. “La Madre di tutti i mali sta per muovere guerra contro il Regno Elfico e voi ve ne state qui a pensare al mio compleanno? Ma… ma siete impazziti? Vi si sono inceppati gli ingranaggi del cervello? Avete bevuto? Non…” “Ora basta! Non puoi rivolgerti a tua zia in questo modo, ok? Datti una calmata!” Lisa spalancò la bocca e restò a fissare Bartolomeo che le si era avvicinato col suo grembiule da lavoro fucsia e la guardava, scuotendo la testa. Ripresasi dallo stupore, gli si piazzò di fronte e gli punzecchiò il petto col dito indice. “Sei tu che non devi permetterti di parlarmi con questo tono” gli rispose, al limite dell’isteria. “Io sono la Signora degli Elfi e voi tutti mi dovete rispetto! Sono stufa di essere trattata come una ragazzina, stufa di non capirci più niente di questi dannati mondi, stufa di dover rischiare la vita ogni giorno, di soffrire, di perdere chi amo… stufa… di tutto… non ce la faccio più…” “Lisa…” Bartolomeo la fissò negli occhi ormai colmi di lacrime e le sollevò il mento.
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“Io sono qui… noi siamo qui, non sei sola.” Lei si passò una mano sul viso, quindi arretrò di un passo, fissando Bartolomeo con uno sguardo carico di incredulità e di disprezzo. “No, non è vero, io sono sola, perché nessuno di voi sembra rendersi veramente conto della gravità della situazione. Domani è il mio compleanno? E che vorreste fare? Dare una bella festicciola mentre stiamo per andare tutti all’altro mondo? No, ditemi che è uno scherzo, vi prego.” “Non è uno scherzo.” le rispose Anna, con tono alquanto seccato, mentre si dirigeva nuovamente in cucina con passo rapido. Afferrò il coltello e prese ad affettare con rabbia una carota, i cui pezzi volarono in più punti del tavolo. “Se vuoi proprio saperlo, è stata una mia idea. Domani compi diciassette anni e voglio festeggiarti alla grande. Te lo meriti, dopo tutto quello che hai dovuto subire e per quanto hai sofferto. E non cambierò idea, intesi? Neppure se si dovesse presentare la Madre in persona!” Lisa arretrò ancora di qualche passo e urtò Gianni, che sbuffò riservandole uno dei suoi sguardi più sprezzanti. “Hai la puzza sotto il naso, mia cara” le sussurrò lei all’orecchio. “Ma questo mi pare di avertelo già detto, o sbaglio?” Lisa strinse i denti e si scostò dall’amico, alzando il ciondolo reale di fronte a sé. “Ma… ma che fai?” balbettò Matilde, fissando alternativamente l’amica e il ciondolo con aria stralunata. “Sei forse impazzita? Usare il tuo potere contro Gianni? Tua zia ha ragione, è giusto che ti fermi un attimo, che pensi a te stessa, che ti rilassi un po’...” Lisa non riusciva a credere alle proprie orecchie. Fissò Gianni che la guardava con le braccia abbandonate lungo i fianchi e i pugni stretti per la rabbia, spostò lo sguardo su Matilde che le aveva parlato con le mani sul petto e gli occhi lucidi di lacrime, quindi si fermò a osservare Anna e Bartolomeo che nel frattempo le si erano avvicinati, muovendosi con cautela. “Lisa, sii ragionevole, abbandona il ciondolo” le disse l’Elfo con un filo di voce, alzando lentamente le braccia dinanzi a sé. “La cosa sta prendendo una brutta piega. Tu non vuoi far del male a Gianni, vero?” Lei spostò lo sguardo da Bartolomeo all’amico che continuava a fissarla con disprezzo. Percepì l’ondata di energia che prendeva vita dal suo cuore, per irradiarsi al torace e penetrare con forza nel ciondolo che si illuminò all’istante.
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Si sentiva forte, potente, indistruttibile e pensò che se la Madre fosse stata lì con lei, davanti a lei, l’avrebbe certamente annientata. I capelli presero a mulinarle attorno al viso e i suoi occhi si strinsero a fessura, immersi in quelli duri di Gianni. Avrebbe potuto spazzarli via tutti, in un attimo, se solo lo avesse desiderato intensamente. E in quel momento comprese la dimensione reale del potere che racchiudeva nel suo animo, nella sua mente. Era una potenziale macchina per uccidere e questa rivelazione la riempì d’orgoglio, che le colorò le guance di un bel rosso sangue, la fece sentire viva e pulsare di forza come mai aveva provato dal suo ingresso nel Regno Elfico. Sì, avrebbe potuto annientarli tutti, tutti quanti, in un istante, se solo… “Lisa? Ma che stai facendo? Ci stai prendendo in giro, vero?” Lei si girò verso Matilde che le aveva appoggiato con coraggio le mani sul braccio destro e la guardava con occhi tristi e lucenti. “Smettila, abbandona il ciondolo, ritorna da me” la supplicò, stringendo le dita sulla sua pelle. “Lisa?” Lei socchiuse gli occhi, trasse un profondo respiro e lasciò scivolare le braccia lungo i fianchi, coprendosi poi il viso con le mani. Si inginocchiò a terra e si lasciò cullare dal tepore dell’abbraccio di Matilde. “Passerà tutto, in fretta, non preoccuparti” la rassicurò l’amica. “Vedrai che questo incubo finirà presto e torneremo a divertirci come due matte… Lisa?” “Sì, sì…” balbettò lei, scossa da fremiti che le scuotevano il corpo e lo spirito. “Mi dispiace, io… non so che mi sia preso! Gianni, scusami!” Alzò il viso, ancora inginocchiata, per fissare l’amico negli occhi, con la speranza di trovarvi una traccia di perdono, ma li vide solo carichi di disprezzo e di rabbia. “Mi fai pena!” urlò infatti lui, dirigendosi a passi veloci verso l’uscita. “E’ uno schifo! E tu saresti la Signora degli Elfi? Ma dai, vatti a nascondere, che è meglio!” “Aspetta, dove pensi di andare?” lo bloccò Bartolomeo, piazzandosi velocemente di fronte a lui. “Se resti qui è più sicuro.” Gianni lo fulminò con uno sguardo truce e gli si avvicinò per parlargli nel lungo orecchio a punta. “E’ la tua ragazza, o meglio, quasi tua moglie, ma non devi permetterle di dire o di fare tutto quello che le passa per la testa. Ti stai facendo mettere sotto come un baccalà, non te ne rendi conto?” Bartolomeo spalancò la bocca per ribattere, ma venne anticipato da Lisa che, nel frattempo, si era rialzata in piedi e stava riassettando i lunghi capelli.
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“Lascialo andare, ha ragione lui. Sono un disastro.” Gianni la guardò ancora con disprezzo da cima a piedi e uscì di casa, sbattendo rumorosamente la porta dietro di sé. “I Guardiani?” chiese Anna a Bartolomeo, scostando la tenda della finestra del corridoio per osservare il ragazzo che stava uscendo dal vialetto. “Possiamo dormire sonni tranquilli?” “E’ tutto a posto, ora sono invisibili e non lo lasceranno da solo neppure per un istante.” le rispose il Generale, passando un braccio sulle spalle di Lisa. “Beh… io invece preferirei dormire qui, stanotte, se non sono di disturbo” sussurrò Matilde, guardandosi attorno con aria spaventata. “Posso… posso chiamare i miei per avvisarli?” “Ma certo, cara” la rassicurò Anna, prendendola sottobraccio. “Ti preparo la camera degli ospiti e… Lisa, tesoro, fatti una doccia e mettiti a letto. Fingerò che quanto ho appena visto non sia mai accaduto, ok?” “Mi vergogno di me stessa” mormorò lei a denti stretti, salendo a fatica le scale. “Non so che mi sia preso.” Anna la guardò sparire sul pianerottolo del primo piano, seguita a ruota da Bartolomeo, sospirò e accompagnò Matilde verso il telefono. Lisa spalancò la porta della sua camera e si gettò sul letto, con gli occhi chiusi e una mano appoggiata alla fronte. La testa le pulsava dolorosamente e fitte continue le stringevano la bocca dello stomaco, creandole anche qualche difficoltà con la respirazione. Bartolomeo entrò lentamente nella stanza, chiuse la porta dietro di sé e sedette sulla sedia posta abitualmente accanto al letto. La osservò per qualche istante, quindi si schiarì la voce per attirare la sua attenzione. “Che ti sta succedendo? Lo sai che avresti potuto fare veramente del male a Gianni?” Lisa non rispose, ma annuì, soffocando un gemito. “Oggi sei riuscita a capire come funziona il tuo ciondolo, e la cosa mi fa piacere. Ma non a discapito del povero Gianni! Allora? Che mi dici? Sappi che non ti permetterò più di comportarti come stasera, a costo di fermarti io stesso!” Lisa spalancò gli occhi e scattò a sedere sul letto. “Io ti amo, più della mia stessa vita, ma non asseconderò la tua pazzia, mai, in nessun istante” proseguì Bartolomeo, con voce dura. “Rivoglio la mia Lisa e la rivoglio subito, ora!”
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Lei spalancò ancora di più gli occhi ma non riuscì a rispondergli. Aveva le labbra che le tremavano per l’emozione e la testa che era in procinto di spaccarsi in due. Si limitò ad annuire e si girò su un fianco, stringendo tra le mani il ciondolo reale. Era stupita e inorridita del proprio comportamento. E spaventata, a morte. Nei brevi istanti in cui aveva minacciato Gianni, si era sentita invadere da una forza devastante, una furia cieca che l’avrebbe trasformata in una spietata assassina. Tremò e si rannicchiò su se stessa, socchiudendo gli occhi. Perché non era riuscita a far scaturire dal ciondolo questa forza devastante, quando si era trovata al cospetto del Nero Signore degli Elfi? Perché non era riuscita a fermare l’attacco del Generale Guglielmo e del Principe Lìspoto al Lago di Smeraldo e impedire agli Stregoni di leggere le Sacre Formule contenute nell’Antico Codice? Perché solo quella sera, di fronte a un semplice Umano, aveva compreso come far esplodere la rabbia che covava dentro di sé, quella che avrebbe senz’altro impedito il ritorno della Madre? Strinse gli occhi fino a farli lacrimare, si raggomitolò ancora più su se stessa, e mentre Bartolomeo la fissava senza intervenire, sprofondò silenziosamente in un sonno agitato, popolato da incubi continui e terrificanti.
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3. Una piccola rosa blu
Lisa era sdraiata pigramente sotto una quercia sottile, con le braccia incrociate dietro la testa, ad ammirare le nuvole che solcavano il cielo verde smeraldo del Regno degli Elfi. Si sentiva in pace con se stessa, rilassata e felice come non lo era mai stata negli ultimi mesi. Si era stabilita definitivamente al Palazzo Reale e trascorreva gran parte delle giornate in compagnia di sua madre, la Signora degli Elfi. Non le mancava nulla, dall’affetto di Marta a quello sempre più forte e intenso del dolce e buffo Bartolomeo. Non sarebbe più rientrata sulla Terra, ormai aveva preso la sua decisione. Vivere nel Regno Elfico l’appagava pienamente, ora che aveva ritrovato l’amore della mamma e di suo fratello Luca. Pensando a lui, Lisa strizzò gli occhi e distolse l’attenzione dalle nuvole, per mettersi seduta sulla soffice erba blu del Bosco delle Querce. Eppure… eppure… vi era qualcosa che le sfuggiva, un dettaglio, un’inezia che le punzecchiava fastidiosamente il cervello, dandole un forte senso di nausea. Fissò una delle querce dinanzi a sé e spalancò gli occhi, rabbrividendo. Quel tronco, quelle fronde non le erano assolutamente estranei, anzi, sembravano pulsare di vita propria e parlavano. Sì, ne poteva udire ogni sillaba, ogni respiro, ogni singolo battito di vita. La invitavano ad avvicinarsi e Lisa si sentì inevitabilmente attratta dall’energia di quella quercia maestosa che saettava verso il cielo, spingendo con forza i suoi rami contro quelli più deboli e minuti degli alberi vicini. Scattò in piedi e corse ad accarezzare il vecchio tronco segnato dalle rughe profonde dei millenni, che l’avevano visto protagonista assoluto di quel bosco unico e immenso. Ne seguì lentamente il profilo col dito indice e si arrestò solo quando fissò le ampie radici, che bucavano il terreno sottostante, creando una fitta ragnatela. Rabbrividì ancora e si inginocchiò a toccare alcuni steli d’erba. Erano freddi e duri, come se la morte li avesse avvolti in un sonno eterno… la
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morte… perché quella parola ora le ronzava rumorosamente nel cervello, balzando da un angolo all’altro della testa, senza darle un attimo di tregua? Fissò ancora il terreno sotto di sé e scattò in piedi, andando a urtare il tronco della quercia. Luca, suo fratello, era stato sepolto lì, tra le radici possenti di quell’albero millenario, a riposare in pace. No… non era possibile… lei lo aveva visto, gli aveva parlato e stretto a sé. Luca non era morto, no, si sbagliava di certo, e sotto i suoi piedi non vi erano null’altro che erba e terra. Lisa abbozzò un sorriso e rivolse la sua attenzione alla cima della torre centrale del Palazzo Reale, che saettava magnifica e opalescente al confine del bosco. Lì viveva sua madre Marta, la Signora degli Elfi, e ora lei sarebbe corsa ad abbracciarla e a dirle ancora una volta che le voleva un bene immenso e che non l’avrebbe dimenticata mai. Prese a camminare velocemente verso il Palazzo, quindi si fermò di colpo, col cuore che le batteva all’impazzata. L’ultimo pensiero le stava lacerando il cuore con fitte acute e dolorose. “Non l’avrebbe dimenticata mai”. Perché aveva scelto proprio quelle parole? Quale oscuro presagio le stringeva il petto in una morsa possente e le spaccava la testa in due senza alcuna pietà? “Marta, la Signora degli Elfi, tua madre, è morta” gracchiò pigramente una vocina dentro di lei. “Non ricordi che lei si è sacrificata per far ritornare in vita tuo fratello?” Lisa si afferrò la testa tra le mani e si lasciò cadere a terra. “No, no! Lei è viva, non è morta, è qui con me!” urlò, con tutto il fiato che aveva in gola. Le sue parole sibilarono tra le querce e si persero rapidamente nel vento. “Oh sì che è morta” continuò la vocina, impietosa. “La tua mamma non c’è più e tu stai impazzendo.” Lisa scosse la testa e nascose il viso tra le mani. “Non è vero, sei una bugiarda, mia madre è lì, a Palazzo, ora ti porterò da lei… e non sto impazzendo, sto bene, benissimo e sono felice perché finalmente ho ritrovato parte della mia famiglia!” “Lisa, furbetta, guarda che a me non la fai” insistette la vocina, con tono lezioso. “Non rivedrai mai più la tua mammina, è stata seppellita ad Aresil e lì vi rimarrà con l’ altra Signora degli Elfi che è vissuta prima di lei.”
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“Basta, smettila!” gridò Lisa, cominciando a correre verso il Palazzo. “Ora ti faccio vedere che ho ragione io, così te ne starai zitta e non mi romperai più le scatole!” “Tesoro, fermati.” Lisa riconobbe all’istante quella voce. Si bloccò e si girò, sbarrando gli occhi che le si riempirono di lacrime. Sua madre era di fronte a lei, a meno di un metro di distanza, splendida nella sua lunga tunica bianca, sorridente e bellissima. Lisa si tuffò tra le sue braccia e Marta la cullò teneramente per qualche istante, accarezzandole i capelli. “Tesoro, non voglio vederti soffrire così” le sussurrò lei, staccandola da sé per fissarla nei grandi occhi verdi. “Voglio invece che ritorni ad essere la ragazza spensierata e felice di qualche tempo fa. Ti stai solo facendo del male e, purtroppo, stai coinvolgendo nel tuo malessere anche chi ti sta attorno…” “Mamma, che dici?” la interruppe Lisa, scuotendo la testa. “Io non sto soffrendo, sono felice e non vorrei cambiare una virgola della mia vita.” Marta le sorrise e le accarezzò una guancia. “Tesoro, sai che questo non è vero. Il tuo cuore è inondato di tristezza e di dolore…” “Mamma, davvero, ti stai sbagliando!” la interruppe ancora Lisa con tono però incerto, mentre brividi fastidiosi avevano preso a scorrerle lungo la spina dorsale. “Questo è un sogno” proseguì Marta, alzando gli occhi al cielo verde. “Io sono morta, mentre tuo fratello Luca è vivo e ora sta reggendo, in tua assenza, il trono della Signora degli Elfi.” Lisa sentì il cuore perdere un colpo, quindi la vista le si annebbiò e dovette appoggiarsi alla madre per non cadere a terra. “Tesoro, ora sei tu la nuova Signora degli Elfi e grosse responsabilità pesano su di te nei confronti del tuo popolo. Voglio che tu la smetta all’istante di vivere nel mio ricordo e che affronti il destino a testa ben alta, confidando nell’amore di Anna, di Bartolomeo e dei tuoi amici.” “Mamma, io…” “Ssstt… basta piangere, basta soffrire. Vivi la tua vita con serenità e con determinazione, solo così riuscirai a portare a compimento la tua missione. E ascolta Anna, sempre. Lei ti vuole festeggiare perché è ben conscia del fatto che questo sarà il tuo ultimo compleanno sulla Terra. Falla felice, accontentala e vedrai che incontrare i tuoi amici ti darà la giusta carica per affrontare la Madre e fermarla, una volte per tutte.”
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Lisa la guardò con aria stralunata e indietreggiò di un passo, scuotendo la testa. “No, non ti voglio ascoltare! Tu non sei morta e non esiste nessuna Madre da combattere, perché viviamo in pace in un regno meraviglioso!” “Amore mio, sii felice e, soprattutto, non temere le tue responsabilità. Tira fuori la forza che c’è in te e combatti senza ansie né timori. Io ti sarò vicina, sempre e in ogni istante.” Lisa aprì la bocca per ribattere, ma non ne uscì alcun suono. Vide la madre staccare dal suolo una piccola rosa blu nascosta tra le felci e posargliela sulla mano destra. “Ora vai, piccola mia, unisciti al vento e cavalca le ali del destino. E non soffrire più.” Lisa sbarrò gli occhi e si mise a sedere sul letto, col cuore in subbuglio. Aveva il viso bagnato di lacrime calde e i capelli arruffati come se avessero dovuto combattere una guerra all’ultimo sangue con il phon. Ansimando, spostò lo sguardo su Bartolomeo che, alla penombra dell’abat-jour, dormiva sulla sedia russando sonoramente. Attese qualche istante che il cuore rallentasse i propri, furiosi battiti, quindi si sdraiò nuovamente a letto, fissando il soffitto. “Unisciti al vento e cavalca le ali del destino.” La voce della madre le risuonò con dolcezza nel cervello e la riempì di un’ energia così potente da attivare il ciondolo reale. Lisa lo strinse forte tra le mani e solo in quell’istante si accorse della piccola rosa blu che giaceva sul bordo del letto, i morbidi petali setosi che accarezzavano dolcemente il lenzuolo. L’ afferrò e la portò al petto, sorridendo. “Sì, mamma, non soffrirò più, te lo prometto. Da domani tutto cambierà e io saprò dimostrare di possedere le qualità necessarie per regnare sul popolo elfico.” “Certo, tesoro, e… buonanotte.” le rispose Marta nella sua mente, rimbombando come un’eco lontana e dolcissima. “Notte anche a te, mamma.” Lisa sorrise, si girò su un fianco cullando la piccola rosa e dormì, finalmente in pace con se stessa e col mondo.
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4. Diciassette anni
Lisa si guardò criticamente allo specchio prima di decidere di raccogliere i capelli in due lunghe trecce. Dopo la doccia, aveva indossato un paio di shorts di colore verde militare con una canotta bianca, che faceva risaltare la sua pelle ambrata. Si passò quindi un filo di trucco verde sulle palpebre, un velo di lucidalabbra e osservò criticamente il proprio viso riflesso nello specchio. Era felice. Perché non avrebbe dovuto esserlo? Aveva scoperto di poter comunicare con sua madre e era consapevole che un frammento della sua anima viveva in lei, dandole quella forza e quel coraggio necessari per affrontare la terribile Silvia. Inoltre, era finalmente riuscita a comprendere il funzionamento del ciondolo reale e questo nuovo potere la faceva sentire indubbiamente più sicura delle proprie potenzialità. Dopo essersi svegliata di buonora, aveva scoccato un bacio delicato sulla fronte di Bartolomeo, che dormiva rumorosamente accanto a lei, emettendo sbuffi e grugniti continui e, mentre si lavava sotto una buona doccia ristoratrice, aveva pensato innanzitutto di telefonare a Gianni per chiedergli scusa, quindi di aiutare la zia in ogni incombenza legata alla preparazione della sua festa di compleanno. Aveva tempo tutto il giorno per fare gli acquisti necessari, in quanto gli invitati sarebbero arrivati solo dopo cena. Ripensando al trattamento che aveva riservato al povero Gianni, si sentì un verme e provò una fitta acuta alla bocca dello stomaco. Sarebbe mai riuscito a perdonarla? Lisa, scendendo in fretta le scale, si disse che se non avesse voluto ascoltarla al telefono, avrebbe avuto tutte le sue buone ragioni. Mentre entrava silenziosamente in cucina, ancora vuota, e apriva le imposte, cercò di seppellire nei meandri della sua mente il pensiero che più la tormentava in quella splendida mattinata, cioè che avrebbe potuto uccidere Gianni senza alcuna fatica o tentennamento, investendolo con la forza della sua rabbia e del suo odio.
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Rabbrividì da testa a piedi, inspirò profondamente l’aria frizzante portata con dolcezza da un’alba lucente, quindi afferrò la moka del caffè. Avrebbe preparato una buona colazione per tutti e, se necessario, si sarebbe inginocchiata di fronte ad ognuno per implorare il loro perdono. Tra qualche ora avrebbe poi chiamato Gianni e sicuramente tutto si sarebbe risolto amichevolmente con una pacca sulle spalle. Mentre posava la moka sul gas, percepì un rumore provenire dalle camere. I suoi acuti sensi elfici le permettevano infatti di udire ogni singolo suono a distanze anche lunghe, non sicuramente percepibile da orecchio umano. Incrociò le braccia sul petto e sorrise quando da una densa nuvola gialla ne uscì un tossicchiante Bartolomeo, ancora vistosamente assonnato. Gli si precipitò contro e lo baciò con foga, passandogli una mano tra i capelli arruffati. Quando infine si staccò da lui, Bartolomeo la fissò con le guance arrossate e il respiro corto. “A che… a che devo questo saluto così… ehm… passionale?” Lisa gli sorrise e gli accarezzò il viso. “E’ il mio modo di chiederti scusa, per dirti che ti amo, per prometterti che non mi comporterò mai più come ieri sera e, infine, per rassicurarti sul fatto che stasera darò la festa per il mio compleanno.” Bartolomeo la fissò di sbieco per qualche istante prima di ribattere. “E a che si deve questo cambiamento di rotta? Ieri eri di tutt’altro umore, se non ricordo male.” Lei lo abbracciò ancora e appoggiò il viso sul suo petto, ascoltando il ritmo incalzante del cuore. “Posso solo dirti che la notte mi ha portato consiglio” gli rispose, facendo le fusa. “E non chiedermi altro, per cortesia, devi avere fiducia in me.” Bartolomeo la staccò dolcemente e le prese il viso tra le mani, fissandola nei grandi occhi verdi che pulsarono d’amore. “Io avrò sempre fiducia in te” le sussurrò, posandole un bacio sulla punta del naso. “Però, come ti ho già detto ieri, non appoggerò mai il comportamento che hai avuto con Gianni, al quale dovrai chiedere scusa, naturalmente.” “Ti amo, Barty, e non mi stancherò mai di dirtelo. Sei la mia salvezza e la mia forza.” Lui le accarezzò una guancia e posò la fronte sulla sua, socchiudendo gli occhi. “Ti amo anch’io, Signora degli Elfi, per sempre e… buon compleanno!”
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“Generale, giù le zampe da mia nipote! Buon compleanno, tesoro.” Bartolomeo sobbalzò e si girò di scatto verso Anna che era entrata a precipizio in cucina e si era avventata sulla moka del caffè che, con ogni probabilità, stava già brontolando da un bel po’. “Anna, non stavamo facendo nulla di male” cercò di giustificarsi l’Elfo, passandosi una mano tra i capelli arruffati. “In fondo, siamo praticamente marito e moglie.” Lei posò stizzita la moka su un centro tavola di ceramica e lo fissò, con le braccia appoggiate sui fianchi. “Sarete davvero marito e moglie quando vi sposerete dinanzi al Consiglio. Fino a quel momento, occhio a come tratterai mia nipote, o dovrai vedertela direttamente con me!” “Ma Anna, io…” “Zitto Generale! E ora vai a darti una sistemata, guarda come sei conciato!” Lisa lo fissò cercando di trattenere una risata e lo vide prima sbuffare, quindi dare le spalle e uscire dalla cucina con andatura dinoccolata. “E stai attento al vaso di fiori che ho messo…” Anna non riuscì a terminare la frase. Alzò solo gli occhi al cielo quando sentì il vaso frantumarsi sul pavimento in mille pezzi e Bartolomeo che, imprecando, ne stava raccogliendo rapidamente i cocci. Lisa fissò la zia fingendo un’aria seria e corse ad abbracciarla. “Perché lo tratti così?” le chiese, infilando poi due pezzi di pane nella tostiera. “Se non ti conoscessi bene, oserei dire che ti diverti.” “Hai ragione” rispose Anna, prendendo dal frigo un vasetto di marmellata alla pesca. “Scusa, cara, ma è più forte di me!” Lisa scoppiò a ridere e invitò la zia ad accomodarsi. “Oggi faccio io” le disse Lisa, scoccandole un bacio sulla guancia. “Logicamente, è il mio modo per chiederti infinitamente scusa per il mio comportamento assurdo di ieri.” Anna le sorrise e trasse un profondo respiro, passandosi le mani sugli occhi lucidi. “Zia… non…” “Oh! Non ti preoccupare tesoro, è l’emozione! Sono felice che tu sia rinsavita! Questa volta ero davvero molto preoccupata per te e non ho praticamente chiuso occhio.” Lisa corse ad abbracciarla nuovamente, coccolandola per qualche istante. “Non accadrà nulla, te lo prometto” le sussurrò nell’orecchio. “E stasera festeggeremo alla grande il mio compleanno.”
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Anna le sorrise, le batté una mano sulla spalla e la guardò versarle una buona tazza di caffè nero fumante. Lisa sedette accanto a lei e le passò le fette di pane tostato e la marmellata. “Hai visto Marta, vero?” le chiese all’improvviso Anna, mentre mescolava lentamente lo zucchero. “Ho notato la rosa in camera tua. Era il suo fiore preferito.” Lisa inghiottì a fatica la saliva e si abbandonò sullo schienale della sedia, appoggiando le mani sul tavolo. “A te non riuscirò mai a nascondere nulla, vero zia?” Anna bevve un sorso di caffè e accennò un sorriso. “Spero proprio di no, tesoro e, comunque, non ti chiederò altro, se non vorrai parlarmene tu.” Lisa la fissò per qualche istante, quindi prese a mordicchiarsi nervosamente un’unghia. Poi si alzò in piedi e si diresse verso la finestra, inspirando una lunga boccata d’aria frizzante del mattino. “Lei è dentro di me, zia, e io posso parlarle” disse con voce spezzata dall’emozione. “Ti rendi conto? In un certo senso, è come se fosse ancora qui. Sono così felice che potrei scalare l’Everest in dieci minuti.” Anna si alzò a sua volta e le si avvicinò, accarezzandole i capelli. “E’ il tuo ciondolo, Lisa, che ti ha permesso di unirti a lei. Ieri hai compiuto un grande passo in avanti verso la scoperta totale dei suoi poteri. Sappi che ogni Signora degli Elfi può comunicare con chi è entrato nell’Altra Dimensione e tu questo potere lo hai acquisito stanotte.” Lisa sbarrò gli occhi, afferrò il ciondolo e lo strinse forte sul petto. “Quindi mamma riusciva a comunicare con Luca quando era morto?” le chiese, col respiro corto e il cuore che le martellava in petto. “Lo ha fatto?” Anna scosse la testa e sedette nuovamente, bevendo un altro sorso di caffè. “No, tesoro, non ha parlato con lui, ma non perché non ne avesse il potere…” “Non ha avuto il coraggio di contattarlo, non se l’è sentita, vero?” la interruppe Lisa, sedendo accanto a lei. “La posso capire.” Anna sospirò, appoggiò la tazzina e spalmò la marmellata su una fetta di pane, imitata da Lisa che ancora faticava a credere a quanto la zia le aveva appena rivelato. “Stasera daremo una bella festa per il mio compleanno e fra un po’ chiamerò Gianni per chiedergli scusa.” “Brava Lisa, ora sono proprio fiera di te!”
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Lei le sorrise e si alzò per sparecchiare la tavola. “Sì, cara, stasera voglio che ti diverta proprio” continuò Anna, poggiando la tazzina nel lavello. “A Parigi e alla Madre penseremo domattina.” Lisa sbarrò ancora gli occhi e un cucchiaino le scivolò dalle mani, cadendo rumorosamente a terra. “Accidenti, per qualche istante mi ero dimenticata di quel mostro” sussurrò con voce tremante. “Ma presto io e lei faremo i conti e ne vedremo delle belle, davvero.” Si chinò per raccogliere il cucchiaino e lo lanciò nel lavello, sotto lo sguardo preoccupato di Anna. “Ora stai tranquilla. Luca è a Palazzo e sta preparando l’esercito delle Guardie Reali, mentre il Generale Filiberto ha sguinzagliato una marea di spie sull’intero territorio. Stamane mi ha avvisata che nulla si è ancora mosso dal fronte del nemico. Lisa annuì e aprì l’acqua del rubinetto, lasciandola scorrere sulle tazzine. “E di Marcus, che mi dici? E’ ancora bloccato all’accampamento?” “Sì, tesoro, non gli è proprio possibile abbandonare il Passaggio” le rispose Anna, versando il detersivo per piatti nel lavello. “La situazione è veramente difficile. Ogni giorno adepti del Nero Signore e ora della Madre tentano di varcare la Porta. Anche se vengono puntualmente fermati dai Guardiani, creano comunque disordini e preoccupazione. Sulla Terra vi è sicuramente ancora qualche accolito del Nero Signore e le spie inviate da Marcus stanno facendo tutto quanto è in loro potere per arrestarli e riportarli nel Regno Elfico.” “Capisco” disse Lisa, stringendo il ciondolo tra le mani. “Mi dispiace che tu non possa incontrarti con Marcus, davvero.” Anna le sorrise e l’abbracciò. “Oh! Come ti ho già detto, siamo stati distanti per anni e anni, quindi qualche giorno in più di lontananza non ci ucciderà, giusto?” Lisa annuì, baciò la zia sulla guancia e si diresse verso il salotto. “Comunque mi dispiace. Tu e Marcus siete davvero una bella coppia.” Anna le sorrise e, gesticolando, la invitò ad andarsene. Lisa salì di corsa le scale e si apprestò a bussare alla porta della camera in cui dormiva Matilde. Si riservò di attendere ancora un’ora prima di telefonare a Gianni per chiedergli scusa. Non sapeva proprio da che parte avrebbe cominciato.
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*** “Facciamo il punto della situazione” esordì Bartolomeo, camminando nervosamente su e giù per il salotto. “Ci sono Guardiani, naturalmente invisibili, dentro casa, in giardino e in strada, nei punti strategici. Inoltre, io non mi staccherò un attimo da te e ti seguirò come un’ombra. Quindi, cara Lisa, puoi stare del tutto tranquilla e goderti la tua festa di compleanno.” Si fermò, diede una rapida occhiata ad Anna che alzò gli occhi al cielo, brontolando in lingua elfica, quindi fissò Lisa, in attesa della sua approvazione. “Vuoi darti una calmata?” lo pregò lei, pizzicandogli una guancia. “Hai organizzato tutto alla perfezione e allora cerca di rilassarti e… respira ogni tanto, fa bene ai polmoni, sai?” Bartolomeo le sorrise a denti stretti, fece spallucce e si accomodò sul divano, lanciando una rapida occhiata agli angoli della casa in cui erano sicuramente appostati i Guardiani. Matilde lo imitò e sedette accanto a lui, fissandolo con aria divertita. “Forse dovresti iscriverti al corso di Yoga che ho frequentato lo scorso anno” gli sussurrò, senza riuscire a staccare gli occhi dalla sua camicia color giallo canarino. “Ti aiuterebbe senz’altro a rilassarti. Guarda, devi fare come me… inspira… espira… inspira… espira…” Lisa trattenne una risata di fronte a Bartolomeo che faceva da specchio a Matilde e seguì la zia in cucina, ammirando le leccornie che Anna aveva preparato quel pomeriggio in vista della festa. “Non ti sembra di aver esagerato?” le chiese, abbracciandola. “Sei la zia migliore del mondo, ti voglio bene!” Anna la strinse a sé e le scoccò un sonoro bacio sulla guancia. “Per te questo e altro, tesoro. E comunque non ho esagerato, anzi, avrei dovuto infornare anche la torta alle noci. Sai benissimo che i tuoi amici sono famelici e che non rimarrà nulla di tutto questo ben di Dio, neppure una briciola!” Si interruppe, fissando la nipote da testa a piedi, con aria compiaciuta, quindi le sistemò un ciuffo di capelli dietro l’orecchio. “Stasera sei sfavillante. Bella, felice e meravigliosa.” Lisa arrossì e corse in entrata a guardarsi allo specchio. Aveva indossato per l’occasione un tubino bianco senza maniche, che lasciava libera gran parte delle lunghe gambe abbronzate, aveva steso un bel po’ di trucco sul viso e raccolto i capelli in un nodo alto sulla nuca. Un paio di
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sandali chiari col tacco avevano infine terminato l’opera, rendendo la sua già notevole altezza ancora più vertiginosa. Lisa si sentì osservata e volse la sua attenzione verso Bartolomeo che la stava letteralmente divorando con gli occhi. Gli sorrise, arrossendo vistosamente, quindi spostò lo sguardo su Matilde, ancora immersa nel tentativo di insegnare al Generale qualche fondamento dello Yoga. Anche lei non aveva scherzato, quella sera, in quanto a bella presenza. Aveva infatti indossato una minigonna di jeans con una canotta verde smeraldo che contrastava deliziosamente con i capelli rossi, lasciati sciolti sulle spalle a formare una varietà imprecisata di boccoli ben composti e ordinati. Lisa pensò che la sua migliore amica, da quando si era lasciata con Gianni, era indubbiamente felice e lo dimostrava sia con la maggior cura del proprio aspetto, sia con la luce che le accendeva lo sguardo in ogni istante della giornata. Un fruscio improvviso alla sua destra la distolse da quelle piacevoli riflessioni. Girò il capo di lato e mise all’opera i suoi sensi elfici. “Mia Signora, il ragazzo della terza Profezia è appena entrato in giardino” l’ avvisò un Guardiano, ancora invisibile, sussurrando nel suo orecchio. “E entro pochi minuti arriveranno gli altri invitati.” Lisa lo ringraziò con un cenno del capo, anche se non capiva bene da che parte guardare, e aprì la porta, accogliendo l’amico con un largo sorriso e un lieve rossore ad imporporarle le guance. Lui la squadrò per qualche istante, soffermandosi sulle lunghe gambe nude, quindi le porse un pacchetto, abbellito da un nastro rosa. “Buon compleanno.” ringhiò, scostandola per entrare in casa. Lei lo lasciò passare senza osare fermarlo e lo ringraziò mentalmente per la sua presenza alla festa. Gianni era un ragazzo in gamba, anche se spesso duro, scontroso e antipatico. Quando lei, in tarda mattinata, lo aveva chiamato al telefono per chiedergli scusa, all’inizio l’aveva riempita di insolenze di ogni genere e tipo, quindi, dopo qualche istante di silenzio, tra un ringhio e l’altro, aveva accettato il suo invito. “Però mi devi promettere che d’ora in poi ti comporterai come una vera Signora degli Elfi” aveva abbaiato al telefono, tanto che Lisa si era vista costretta ad allontanare la cornetta dall’orecchio. “E non come una stupida ragazzina che se la fa sotto alle prime difficoltà, intesi?” Lisa aveva dovuto ripetere più volte la promessa, prima di chiudere la comunicazione con l’amico.
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Sbatté le palpebre per ritornare alla realtà e lo vide spostare Bartolomeo dal divano senza troppi complimenti, per sedersi accanto ad una Matilde infastidita e seccata. Pochi minuti dopo, la casa era invasa da compagni di scuola e amici. Anna si stava dando un gran daffare per accontentare tutti, aiutata da un Bartolomeo sbuffante, che era stato praticamente obbligato, pena la morte sicura, a servire tramezzini e a riempire di bibite i bicchieri vuoti. Lisa era fuori di sé dalla gioia. Aveva ricevuto regali di ogni sorta, da svariate copie di CD, a libri che contemplavano vari generi letterari, a un mazzo di fiori multicolor, raccolti indubbiamente da Bartolomeo nel giardino di casa, dai quali lei aveva separato le erbacce, ridendo a crepapelle. Ma i regali che aveva apprezzato di più le erano stati donati dalla zia e da Gianni. Dalla prima aveva ricevuto una splendida cornice in argento, che abbracciava teneramente l’immagine sorridente di lei bambina e della sua famiglia, in posa davanti alla Casa del Bosco. Gianni, invece, le aveva regalato un piccolo carillon, in cui una principessa elfica ballava al ritmo di una dolce nenia. “Così, quando ti girano, l’ascolti e ti dai una calmata.” le aveva detto lui, guardandola con disprezzo da testa a piedi. Ma Lisa, nel fondo del suo cuore, sapeva perfettamente che Gianni, a modo suo, le voleva bene. Lo aveva dimostrato parecchie volte, sia in presenza del Nero Signore degli Elfi, sia quando l’aveva difesa col proprio corpo dal terribile attacco della Madre nel Palazzo del Regno delle Paludi. “Sei proprio uno splendore, Lisa, davvero!” Lei si girò di scatto alla sua destra, sbattendo più volte le palpebre dinanzi alla sua compagna Antonella che, stretta all’amica Rachele, la stava squadrando con un misto di ammirazione e di odio. “Oh, grazie mille” le rispose Lisa, osservando che Antonella, già grossa di per sé, indossava un abito fasciato che la rendeva simile a un Grizzly. “Anche tu sei incantevole.” L’amica arrossì vistosamente, abbassò lo sguardo a terra, e spintonò Rachele verso la cucina dove Anna stava servendo tramezzini e fette di torta al cioccolato. “Ben gli sta.” si disse Lisa, ripensando alle svariate volte in cui Antonella l’aveva canzonata davanti ai suoi compagni di classe. Fissando divertita la compagna che si era già avventata sulla torta, passò quindi in rassegna gli invitati. La musica era alta, gli amici ballavano, ridendo e scherzando, Bartolomeo correva per le stanze sotto lo
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sguardo severo e minaccioso di Anna, Gianni e Matilde conversavano in modo pacato, appoggiati al davanzale di una finestra del salotto. Quasi non riusciva a credere che l’indomani avrebbe dovuto affrontare il viaggio a Parigi, dando il via a una missione che avrebbe potuto condurla facilmente alla morte... Scacciò in fretta quel lugubre pensiero e si avviò verso Laura, la commessa che lavorava nel negozio di erboristeria della zia. La baciò sulla guancia e ne ammirò i lineamenti curiosi e simpatici del viso, in cui spiccavano gli occhi azzurri, sotto una pesante frangia di capelli neri. “E’ un piacere conoscerti! So che mia zia si trova davvero bene con te e che… “ “NOOOOOO!” Lisa sentì un gran frastuono provenire dalla cucina e una pioggia di brividi le corse lungo il filo della schiena. Si girò di scatto e trasse un profondo respiro di sollievo quando vide Bartolomeo chino su una massa di cocci di bicchieri, con le gote infuocate, sotto lo sguardo divertito dei presenti. Affinò i suoi sensi elfici e sentì la zia brontolare: “Sempre il solito, non ci si può proprio fidare di te!” Quindi si precipitò da lui per aiutarlo e gli diede un rapido buffetto sulla guancia. Era profondamente innamorata di Bartolomeo e, in quei momenti di assoluta goffaggine, sentiva di amarlo ancora di più. “Ecco, e ora è pure finita la Cola!” esplose Anna lanciando a Bartolomeo occhiate miste a fulmini saettanti. “Ma che mi è passato in testa di chiedere il tuo aiuto?” Lisa vide Bartolomeo mordersi un labbro per non ribattere, quindi gli scoccò un bacio sulla fronte e scattò in piedi, evitando con cura di pestare i frammenti di vetro che erano ancora sparpagliati sul pavimento. “Zia, vado a prenderla io, non preoccuparti e sta tranquilla, ok? Sei magnifica e tutto sta andando a gonfie vele.” Anna sospirò e le riservò un ampio sorriso che si bloccò nell’istante in cui Bartolomeo le passò davanti con un sorriso ebete stampato in viso e il vassoio carico di bicchieri distrutti. Fissò Lisa mentre si avvicinava alla porta che dava in cantina e lei gli fece capire che non serviva la sua presenza. Era indubbiamente meglio che Bartolomeo terminasse di ripulire la stanza, se non voleva subire ancora le ire della zia. Lisa si precipitò quindi in cantina e seppe di essere sola, in quanto non percepiva accanto a sé neppure la presenza dei Guardiani. Fece spallucce e afferrò tre bottiglie di plastica di Cola.
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Stava riflettendo sul fatto che probabilmente avrebbe dovuto compiere un altro giro, quando uno scricchiolio forte e insistente le provocò brividi a cascata su tutto il corpo. Restò immobile, acuendo i suoi sensi elfici, e si sentì prossima allo svenimento. Prima percepì l’acre odore di carne marcia, quindi il fruscio di un battito d’ali la travolse come il mare in tempesta, lasciandola attonita e incredula di fronte alla figura che le si stava delineando nel cervello a tratti ben precisi. Roteò lentamente su se stessa e lasciò cadere a terra le bottiglie. Il Principe Lìspoto era di fronte a lei, avvolto nel suo mantello scuro, lo sguardo famelico che le percorreva il corpo in più punti, le labbra appena segnate da un abbozzo di sorriso. “Mia amata, che piacere rivederti” esordì, muovendo un passo verso di lei. “Mi sei mancata, terribilmente.” Lisa scattò all’indietro e fissò le scale, valutando la possibilità di effettuare una corsa veloce verso una probabile salvezza. “Oh! Nemmeno la tua agilità e rapidità di Elfo ti consentiranno di raggiungere le scale senza che io abbia almeno tentato di fermarti! Sei in trappola e sei mia, solo mia!” Lisa sentì la testa che le girava e uno strano e insistente ronzio nelle orecchie. Non voleva perdere i sensi, non poteva concedere così facilmente a Lìspoto la possibilità di ucciderla o di rapirla, doveva per lo meno cercare di lottare, di sfuggirgli. Si concentrò su Bartolomeo e sperò che i suoi poteri empatici gli facessero percepire il pericolo che stava correndo in quei terribili istanti. Il Principe avanzò ancora e Lisa indietreggiò di un passo, alzando il ciondolo reale dinanzi a sé, anche se era ben conscia che esso non aveva su di lui un potere assoluto. “Lo sai che quello non mi fermerà” sussurrò infatti Lìspoto con voce leziosa, aprendo leggermente le labbra per consentire a Lisa la visione, orripilante, dei due canini aguzzi. “Prima berrò un po’ del tuo sangue, quindi ti farò mia e ti porterò via da qui.” Lisa ora tremava vistosamente da testa a piedi. Dovette appoggiare un mano a uno scaffale per non cadere a terra, e socchiuse gli occhi per riuscire ad attivare il ciondolo. Questo, infatti, sprigionò all’istante onde potenti di energia che però oltrepassarono il corpo del Principe, quasi fosse inconsistente come un fantasma. Quindi Lisa sbatté più volte le palpebre, afferrò una bottiglia di Cola e la gettò verso Lìspoto. Come aveva immaginato e sperato, questa oltrepassò il suo corpo e andò a cozzare rumorosamente contro una parete della cantina. Lei sospirò e richiuse nuovamente gli occhi.
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“Vattene dalla mia testa!” gridò, premendosi le tempie con le mani. “Via, ora! E non tornare mai più!” Attese qualche istante e riaprì gli occhi. Il Principe la stava osservando con aria divertita e aveva spiegato le ali. “Oh! Questa volta non ti libererai tanto facilmente di me” le disse, con voce roca. “Ho trascorso le ultime ore sviluppando le mie abilità telepatiche. Ti condurrò alla pazzia e ti logorerò la mente, finché non sarai tu a cercare me e mi raggiungerai a braccia aperte…” Lisa sbarrò gli occhi e corse verso di lui, colpendo l’aria con calci e pugni. “Vattene, maledetto, via da me!” urlò ancora, roteando attorno a se stessa alla ricerca dell’immagine del Principe che sbiadiva e poi riappariva in altri punti della stanza. “Non mi fai paura, vattene, lasciami in pace!” Continuò a fendere l’aria, finché non si accasciò carponi, esasperata e col fiato lungo. Alzò la testa per vedere Lìspoto che si passava la lingua sulle labbra ora macchiate di sangue e aveva allargato le braccia verso di lei, gli occhi gialli che non abbandonavano per un istante le curve del suo corpo. Lisa riabbassò nuovamente la testa e cercò affannosamente di concentrarsi per cacciare il Principe dalla mente. “Devi fissarlo negli occhi e sostenere il suo sguardo senza temerlo. Solo così riuscirai a liberarti di lui.” Lisa balzò in piedi con uno scatto, girandosi verso il punto della cantina dal quale era giunta quella voce maschile calda e rassicurante. “Tu… come… come puoi essere qui? Come…” “Gli abitanti di Aresil non conoscono confini” le rispose il ragazzo, regalandole un sorriso che la fece sciogliere come neve al sole. “E ora fa come ti ho detto e liberati di quel mostro, una volta per tutte.” “Oh! Non ascoltarlo, mia dolce Lisa” intervenne il Principe, invitandola a raggiungerlo con gesti plateali. “Vieni con me e non te ne pentirai. Ti amerò oltre la tua più ragionevole immaginazione, credimi, e ti farò raggiungere tetti di piacere assoluti e unici.” Lisa sbatté più volte le palpebre. Si sentiva stordita e la testa le girava vorticosamente. “Obbedisci e non sarai più la sua schiava.” Lei fissò il Ribelle di Aresil negli occhi e si immerse in un oceano viola. Mai in vita sua aveva visto occhi di quel colore, dipinti in un volto dai lineamenti duri e dalla pelle scura, che stonava deliziosamente con i capelli biondi, raccolti in una lunga coda di cavallo.
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Ebbe appena il tempo di pensare che non assomigliava un granché a sua sorella Andromeda, quando lui, con un balzo, l’afferrò per le spalle e la fissò a lungo. Lisa si sentì mancare e si sforzò di pensare a Bartolomeo. “Vieni ad aiutarmi, vieni in cantina.” si disse, tremando sotto la presa salda del Ribelle di Aresil. “Lui non verrà. Ho bloccato i suoi poteri. Eh sì, io posso leggerti nel pensiero, quindi attenta…” Lisa spalancò la bocca per ribattere, ma scosse solo più volte la testa e si lasciò girare dal ragazzo verso il Principe, che la stava ancora osservando con sguardo bramoso e carico di aspettative. Lei lo fissò negli occhi, mentre gli si avvicinava lentamente. “Esci… dalla… mia… testa!” gli intimò, sostenendo il suo sguardo. “Vattene! E non tornare mai più!” Lisa, nel frattempo, gli si era piazzata dinanzi a pochi centimetri dal suo viso. L’odore emanato dalla sua pelle era insopportabile e la vista del suo viso la ripugnava, ma non abbassò gli occhi. Vide il Principe allargare e sbattere le ali furente, mostrare i denti più volte, mentre rivoli di sangue gli colavano dalle labbra al collo scuro. Infine lo sentì urlare e stridere, finché non sparì completamente dalla sua vista. Lisa si sentiva le gambe molli e sarebbe certamente caduta a terra se non fosse intervenuto il Ribelle di Aresil a sostenerla. “Bravissima” le sussurrò lui sul viso. “Ora non ti importunerà mai più, sei libera.” Lei annuì e chiuse gli occhi. Sentiva su di sé lo sguardo insistente del ragazzo e provò un forte senso di imbarazzo, misto ad una dose massiccia di sensi di colpa nei confronti di Bartolomeo. Lui le sollevò delicatamente il viso e posò i suoi occhi viola su quelli ora ben spalancati di lei. “Il mio nome è Sirio e sono il tuo schiavo.” le sussurrò, prima di sparire in un lampo accecante. Lisa si trovò seduta a terra, col cuore che le martellava in petto e mille sentimenti furiosi che le vorticavano nel cervello. “Sirio.” pensò, osservando il punto in cui era sparito il fratello di Andromeda. Sentì il corpo scuotersi sotto una pioggia intensa di brividi e si rialzò faticosamente in piedi, afferrando le tre bottiglie di Cola.
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Si era liberata della presenza di LĂŹspoto, ma, ora, aveva ben altro a cui pensare, e questo le fece salire le scale, barcollando, col cuore in tumulto.
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La Madre entrò nella grande vasca da bagno e appoggiò la testa al bordo, consentendo all’acqua profumata di avvolgerla col suo rassicurante tepore. Si lasciò strofinare delicatamente le braccia da due serve e socchiuse gli occhi, nel tentativo di rilassare corpo e mente. Da quando la Signora degli Elfi era stata salvata dal Ribelle di Aresil, non era riuscita a chiudere occhio neppure per un minuto intero. Di notte non dormiva e di giorno sfogava la propria rabbia su chiunque non le andasse a genio o avesse avuto la sfortuna di avvicinarla in un momento poco opportuno. Una delle due serve le sollevò lentamente la gamba destra, tremando vistosamente per il terrore di essere la sua prossima vittima, e le passò la spugna bagnata sulla pelle bianca, che sembrava appartenere più a una statua finemente scolpita che a un essere vivente. Silvia assaporò ogni istante di quel delicato massaggio, sentendo che i muscoli iniziavano finalmente a rilassarsi e che la rabbia stava cedendo il posto a una sorta di pacata serenità. Era convinta che le cose si sarebbero sistemate al più presto e che sia la Signora degli Elfi che il ragazzo della terza Profezia avrebbero affrontato molto presto il loro destino, tutt’ altro che roseo. Quindi, una volta eliminati, lei avrebbe dominato il Regno Elfico col suo amato Generale e col figlio Elia, per poi arrivare al controllo totale e assoluto dell’intero Universo. Sussultò quando sentì bussare alla porta, allontanò di malo modo entrambe le serve, che uscirono precipitosamente dalla stanza a testa bassa, e sistemò i lunghi capelli castani dietro le spalle, mettendosi a sedere. “Avanti, amore mio, entra.” La porta si spalancò con decisione e fece il suo ingresso il Generale dagli occhi grigi, che si immobilizzò, fissandola con desiderio.
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“Mia Signora, sei splendida” le sussurrò, osservandole con interesse il seno che si alzava e abbassava ritmicamente ad ogni suo respiro. “E io sono l’essere più fortunato tra i viventi.” La Madre sorrise e lo invitò ad avvicinarsi con un rapido e sensuale cenno della mano. “No, amore mio, sono io la creatura più fortunata dell’intero Universo. Non esiste infatti Elfo più affascinante, intelligente, attraente e… passionale del mio Generale. Non mi stuferò mai di dirtelo e di ammirarti, mio caro.” Lui ricambiò il suo sorriso e la osservò mentre si insaponava le spalle, coprendo la pelle con una schiuma blu dal profumo intenso ma delicato. “Questo sapone è ricavato dalla rosa del Bosco delle Querce, il fiore preferito di Marta” sussurrò Silvia, raccogliendone una piccola quantità sul palmo della mano. “Creato appositamente da Anna per la sua cara sorellina. E’ l’unica cosa che Lucilla è riuscita a tollerare, e ad amare, durante la sua permanenza nel Palazzo Reale. Uno stupido e insignificante sapone blu che la faceva star bene con se stessa e col mondo intero.” La Madre tacque per qualche istante, immersa in chissà quali altre riflessioni, quindi sollevò il viso e puntò gli occhi scuri su quelli grigi del Generale, che bruciavano di passione. “Aggiornami subito” gli chiese, cambiando repentinamente espressione. “Sei riuscito a compiere la missione che ti ho affidato?” Il Generale si passò una mano sui lunghi capelli argentati e piegò le labbra in un sorriso dolce ma sfrontato. “Avevi dubbi, mia Signora?” rispose, inginocchiandosi accanto a lei, lungo il bordo della vasca. “Lo ammetto, non è stato facile nemmeno per me lasciar passare tre Guardiani oltre la roccia, ma qualche espediente e una manciata di buone scuse hanno sortito l’effetto desiderato. Ora le tue spie sono sulle orme della Signora degli Elfi e assolveranno senza indugi il compito che è stato loro assegnato.” Silvia scoppiò a ridere. “Bravo, amore mio, sei il migliore, di te posso fidarmi sempre, in ogni circostanza” cinguettò, muovendo allegramente le mani nell’acqua. “Quindi posso sperare che presto la figlia di Marta passi a miglior vita, giusto?” Il Generale annuì, immergendo un dito nel liquido caldo, per disegnare piccoli cerchi sulla superficie blu. “Presto moriranno sia Lisa che quell’insulso del Generale Bartolomeo” sussurrò lui, stringendo gli occhi a fessura. “Quindi sarà il turno del ra-
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gazzo della terza Profezia e di Anna. E ti ricordo che di lei dovrò occuparmene personalmente. La spegnerò col sorriso sulle labbra.” Silvia spalancò gli occhi, batté ancora le mani e emise una risata acuta, avvicinandosi lentamente al Generale. Lui la guardò gettare i capelli oltre la schiena e alzarsi in piedi, consentendogli la visione del corpo più perfetto e seducente che avesse mai avuto la fortuna di ammirare nei suoi lunghi anni. Quindi la Madre gli gettò le braccia al collo e lo baciò. Dopo qualche istante si staccò e gli sfiorò l’orecchio con le labbra. “Presto, amore mio, presto tutto sarà nostro e nulla ci fermerà, saremo unici e invincibili.” L’Elfo dai capelli argentati rise a sua volta e, mentre si lasciava condurre in acqua da Silvia, ripensò con piacere ad Anna e alla sua prossima, inevitabile fine.
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6 Parigi
“Ehi, ma che hai stamattina? Dormito male?” Lisa si girò verso Bartolomeo e gli riservò un sorriso spento. Non voleva e non poteva dirgli che non era riuscita a chiudere occhio per quanto accaduto in cantina la sera prima. Aveva rimuginato per ore sulla frase del ribelle di Aresil: “Il mio nome è Sirio e sono il tuo schiavo”. Erano poche parole che potevano apparire inutili od inopportune, se non fossero state pronunciate da un ragazzo dagli occhi viola che l’aveva scossa profondamente negli antri più nascosti del suo animo e del suo cuore. La notte, mentre Bartolomeo, come sempre, russava sonoramente, lei si era girata e rigirata più volte sul letto, alternando forti sensi di colpa nei confronti del suo Guardiano, a momenti in cui cercava di convincersi che era tutto a posto e che non provava assolutamente alcuna emozione al ricordo di Sirio. Ma ora, davanti al viso ancora assonnato di Bartolomeo e al suo repertorio di sbadigli non proprio eleganti, sapeva che non era così. Il fratello di Andromeda, in pochi istanti, era riuscito a rubarle un frammento di cuore e questo minuscolo pezzo ora non apparteneva più al Generale dei Guardiani, ma indubbiamente e innegabilmente al ragazzo dagli occhi viola. Si portò d’istinto una mano sul petto, quasi a voler preservare il suo cuore da altri attacchi, e si schiarì la voce. “E’ tutto a posto, Barty, stai tranquillo. Sono preoccupata per il nostro viaggetto a Parigi. Tutto qui. Non so che ci aspetterà e la cosa mi mette a disagio.” Lui l’abbracciò e la baciò con dolcezza sulla fronte. “Non ci saranno problemi, ne sono sicuro. Incontreremo questa persona, sentiremo che ha da dirci e ce ne ritorneremo tranquilli al Regno Elfico, pronti ad affrontare e a vincere la Madre.”
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Lisa inghiottì a fatica la saliva e dovette sedersi sull’orrida poltrona di vimini della zia, posta nel corridoio dell’ingresso, che scricchiolò in modo poco rassicurante sotto il suo peso. “Sei sicura di sentirti bene?” le chiese ancora Bartolomeo, accovacciandosi davanti a lei. “Sei pallida e mi sembri sconvolta. C’è qualcosa che mi dovresti dire?” Lisa lo osservò a lungo negli occhi, quindi scosse ripetutamente la testa. “No… no, è solo stanchezza e un bel po’ di fifa, nient’altro.” Bartolomeo la fissò a sua volta stringendo gli occhi a fessura e le poggiò una mano sul ginocchio. Lei capì subito che stava utilizzando il potere empatico per scavare nelle sue emozioni, e raggelò. Doveva inventarsi qualcosa, e in fretta. Si concentrò quindi su di lui, sul suo viso, sui suoi innumerevoli baci, sulle sue dolci carezze, e quando lo vide sorridere e darle un buffetto sulla guancia, si rilassò, appoggiandosi allo schienale, mentre un lungo sospiro abbandonava la sua cassa toracica. “Su, basta con queste smancerie, tra cinque minuti arriveranno gli Elfi del Tempo, preparatevi per la partenza!” Bartolomeo balzò in piedi e arrossì di fronte ad Anna che lo stava fissando con aria tutt’altro che benevola. Lisa abbozzò un timido sorriso e si alzò dalla poltrona, cercando di non pensare alla fastidiosa emicrania che pareva pronta ad esploderle in testa con la forza di una bomba nucleare. “Barty, quanti Elfi Guardiani ci scorteranno?” chiese, riavvivandosi i capelli che aveva lasciato lunghi sulle spalle. “Partiamo sicuri e tranquilli, non c’è nessun pericolo, vero?” “Nessuno, cara.” le rispose Anna di rimando, prendendola con affetto sottobraccio. “Quattro.” intervenne Bartolomeo, aggiustandosi i jeans a vita bassa, che erano sicuramente di una taglia più grande e che lasciavano scoperto il bordo dei boxer. “Intendo dire che saremo scortati da quattro Guardiani, i migliori che io abbia mai addestrato.” Lisa soffocò a stento una risata pensando al gusto orrido di Bartolomeo nella scelta degli abiti e dell’intimo, quindi assunse un’aria interessata e annuì, mentre la zia la scortava in salotto. “Ci siamo, mancano due minuti.” gracchiò Anna con voce rotta dall’emozione. Abbracciò la nipote e diede inaspettatamente un buffetto sulla guancia di Bartolomeo che arrossì vistosamente e puntò lo sguardo sulle sue scarpe da ginnastica consunte e sbiadite.
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“State attenti, mi raccomando” continuò Anna, unendo le mani a preghiera. “Appena avrete concluso la missione, e vedete di farlo in fretta, tornate qui immediatamente per il rapporto. Non pensate a noi, siamo al sicuro. Gianni e Matilde ci raggiungeranno presto, debitamente scortati. Aspetteranno qui il vostro ritorno e poi decideremo il da farsi.” Lisa annuì, guardò Bartolomeo che non riusciva a nascondere una certa dose di preoccupazione, e abbracciò la zia, scoccandole poi un bacio sulla guancia. “Oh! Eccoli!” esclamò Anna, fissando il punto in cui i due Elfi del Tempo erano apparsi nella usuale nube gialla. Lisa li osservò mentre le rivolgevano un profondo inchino. Indossavano abiti di pelle nera e portavano i capelli scuri corti e arruffati. Lisa notò che uno dei due, il più basso, aveva abbellito le lunghe orecchie a punta con due cerchietti dorati, che lo rendevano un po’ ridicolo e contrastavano col suo aspetto rude. Anna li salutò con un cenno del capo, mentre Bartolomeo li aveva già raggiunti, dando loro pacche amichevoli sulle spalle. “Ecco Lisa, ora siete pronti a partire. I quattro Guardiani sono qui con noi, già invisibili, e il tempo verrà fermato in modo tale che possiate entrare indisturbati nella Reggia di Versailles. E tornate in fretta, mi raccomando. Le energie del Lago di Smeraldo e del Sole di Aresil implorano il vostro immediato intervento.” Lisa annuì e si strinse a Bartolomeo. Sentì accanto a lei la presenza invisibile di un Guardiano, quindi spostò lo sguardo sugli Elfi del Tempo che, dopo qualche secondo, rovesciarono la clessidra che avevano appoggiato sul tavolo del salotto. Ebbe appena il tempo di guardare la zia per l’ultima volta, quando provò la usuale sensazione di nausea e di mancanza assoluta di respiro, tipica della scomposizione molecolare. Quando, pochi istanti dopo, riuscì a riaprire gli occhi, si ritrovò sdraiata a terra a pancia in giù, accanto a un Bartolomeo tossicchiante e visibilmente infastidito. “Accidenti, o cambiamo metodo per spostarci, o io prima o poi ci resterò soffocato, in questa maledetta nube gialla!” Lisa si alzò lentamente, aiutata da un Guardiano invisibile, e scosse la testa, fissando il Generale che si stava passando freneticamente le mani sui capelli arruffati, come se avesse ricevuto l’attacco congiunto di più ragni. “Sei proprio ridicolo” disse Lisa, dandosi una rapida sistemata alla maglietta nera di cotone. “Ma non cambiare mai, te ne prego.”
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Bartolomeo le riservò uno dei suoi sorrisi più affascinanti, quindi si guardò attorno. Spalancò la bocca e sgranò gli occhi. Si trovavano in una galleria ampia e lunga, abbellita da ampi specchi che riflettevano vivacemente la luce del primo sole della giornata. I visitatori, fortunatamente pochi, erano bloccati come statue e a Lisa sembrarono davvero buffi. Ebbe la tentazione di fare loro qualche dispetto, ma poi si diede della sciocca e fissò Bartolomeo che aveva iniziato a parlare. “Ora i Guardiani li porteranno fuori di qui con la scomposizione molecolare, è meglio non rischiare.” Lisa restò un po’ basita di fronte ai visitatori che sparivano a turno, quindi riservò la sua attenzione alla lunga galleria. “Affascinante” mormorò, col naso all’insù a rimirare il soffitto decorato. “Non me la sarei mai immaginata così pomposa e grande! Quanto vorrei che ci fosse qui anche Matilde! Impazzirebbe senz’altro nel poter vedere con i propri occhi la sua reggia preferita!” Bartolomeo annuì, le sorrise ancora e la prese per mano, conducendola al centro della stanza. “E’ questo?” le chiese, indicando lo specchio di fronte a loro. Lisa rifletté per qualche istante, quindi poggiò un dito sulla sua superficie lucente. “Sì, è questo” rispose lei, col cuore che le martellava in petto e la testa che le girava per l’emozione. “Andromeda è stata chiara. Ora dobbiamo solo attendere.” Non ebbe nemmeno il tempo di riportare nuovamente la sua attenzione allo specchio, quando questo si dissolse, lasciando lo spazio a un vortice di vento impetuoso, che costrinse lei e Bartolomeo ad arretrare di qualche passo. “Ci siamo” bofonchiò lui, stringendole la mano. “Dobbiamo andare. Sei pronta?” Lisa annuì e lo prese sottobraccio. Socchiuse gli occhi per lasciarsi trasportare dal Generale nel cono di vento che già aveva avuto il piacere di conoscere nella Sala degli Specchi del Palazzo Reale, ma si sentì invece spingere a terra e schiacciare sotto il peso di Bartolomeo. “Ma che fai? Sei impazzito?” Lui non le rispose, ma Lisa non ebbe bisogno di porgli altre domande. Il ciondolo si era attivato e stava proteggendo entrambi da fasci di luce provenienti da più punti della Galleria. “Ci stanno attaccando!” urlò Bartolomeo, tenendole la testa in giù. “Non ti muovere!”
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Lisa soffocò un urlo. “Chi.. chi ci sta attaccando? Il tempo è stato fermato, com’è possibile?” “Credo siano adepti della Madre e questa è indubbiamente magia degli Elfi Stregoni.” rispose lui, socchiudendo gli occhi ogni volta che un fascio di luce laser colpiva lo schermo di energia che il ciondolo aveva creato attorno a loro. “I tuoi Guardiani!” urlò Lisa, alzando la testa. “Sono vivi?” “Sì, tutti” ringhiò Bartolomeo, battendo un pugno sul pavimento. “L’invisibilità è un’ottima arma di difesa!” Lisa osservò la scena che le si parava di fronte. Tre Elfi, vestiti con tute militari mimetiche, stavano sparando con pistole laser verso più angoli della Galleria, mentre fasci di luce partivano da altri punti, tentando di colpirli. Ma gli adepti della Madre parevano immuni agli attacchi dei Guardiani. “Perché non riescono a centrarli?” chiese Lisa, nel frastuono dell’attacco. “Che succede?” “Utilizzano scudi invisibili che possono essere creati solo con la magia degli Elfi Stregoni.” le rispose Bartolomeo, abbracciandola ancora di più. “Ma come hanno fatto a seguirci? Chi diavolo sono?”“Vestono gli abiti delle Guardie del Passaggio e scoprirò presto il perché!” le rispose lui, avvicinandola con cautela allo specchio. Lisa sbarrò gli occhi e scosse la testa. “No, tu verrai con me, non ti lascio qui!” gridò, afferrandolo per un braccio. “Potrebbero ucciderti! Io non voglio perderti, non ti lascerò fare questa pazzia!” “Diverrò invisibile, Lisa, non devi preoccuparti per me” le rispose lui, staccandola con fermezza da sé. “Ora vai!” Lisa scosse ancora la testa e gli occhi le si riempirono di lacrime. Stava per ribattere, quando si sentì spingere all’interno del cono di vento. Il suo corpo parve sminuzzarsi in mille minuscoli frammenti, il respiro le si mozzò in petto, il cuore sembrò arrestare il suo cammino, finché non si ritrovò a faccia in giù su un pavimento di marmo bianco e lucente. Sollevò faticosamente la testa, con gli occhi ancora velati dalle lacrime, e sobbalzò trattenendo un urlo. In piedi, di fronte a lei, un anziano piccolo e deforme le stava porgendo una mano, nel vano intento di aiutarla ad alzarsi. Lisa sentì un forte ronzio nelle orecchie e svenne.
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*** “Ti senti bene, mia cara?” Lisa si sentì schiaffeggiare con decisione sulle guance, quindi sbarrò gli occhi e impiegò qualche secondo prima di mettere a fuoco l’essere che era inginocchiato accanto a lei. Quando fu ben certa che la vista non la stava ingannando, balzò a sedere e lo squadrò con attenzione, provando una certa dose di repulsione, che la obbligò a ritirarsi di qualche centimetro. “Allora, come ti senti?” la incalzò ancora l’essere, elargendole quello che probabilmente doveva essere un sorriso. Lisa pensò che non aveva mai udito in vita sua una voce più sgradevole, che poteva ben definirsi un incrocio tra il verso di un corvo e il sibilo di un serpente, quindi tentò con tutte le sue forze di reprimere un conato di vomito. “Tutto… tutto bene, sto bene.” rispose con un filo di voce, senza riuscire a staccare gli occhi dalla creatura che la osservava con vivace curiosità. Infine, lo squadrò con più attenzione. Era piccolo come un bambino, con le labbra deformate in un ghigno perenne spostato verso la guancia destra, un occhio solcato da una lunga cicatrice e completamente bianco, le mani dalle dita lunghe e rattrappite che le ricordavano quelle della strega di Biancaneve, la schiena ricurva sotto il peso di una gobba vistosa. Indossava una lunga tunica bianca, munita di cappuccio, che lasciava intravedere qua e là qualche ciuffo di capelli grigi e stopposi. Era un essere sgradevole e Lisa provò il forte impulso di fuggire. Guardò lo specchio e si alzò in fretta nel tentativo di raggiungerlo, ma si accorse che i piedi sembravano incollati al pavimento. Girò quindi la testa quel tanto che le bastava per fissare la creatura, la quale aveva sollevato una mano deforme, dal cui palmo stavano scaturendo minuscole scintille azzurre, che confluivano direttamente a cerchio attorno a lei. Lisa era spaventata e, d’istinto, afferrò il ciondolo per alzarlo frettolosamente dinanzi a sé. “Quello non ti servirà” bofonchiò l’essere, scuotendo la testa da destra a sinistra. “I Padri di Aresil sono del tutto immuni al suo potere.” Lisa sbarrò gli occhi e squadrò nuovamente la creatura, soffermandosi principalmente sulle sue deformità.
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“Tu… tu saresti un Padre di Aresil?” chiese, con voce sottile, abbassando il ciondolo.. “Io… io vi immaginavo… ehm…” “Diversi? Più alti? O più affascinanti?” la interruppe l’essere, lanciandole un’occhiata saettante. “E invece ti ritrovi a parlare con un mostro, mia cara Signora degli Elfi. Che mi dici, ora?” Lisa tentò di ribattere, ma le parole non le uscivano di bocca. Era ancora troppo sconvolta per riuscire a pronunciare anche una sola sillaba. Il Padre di Aresil abbassò la mano e le scintille azzurre scomparvero all’istante, consentendo finalmente a Lisa di poter muovere i piedi in libertà. “Ma tu non ritornerai nello specchio, dico bene, mia cara?” continuò la creatura, girandole attorno e zoppicando vistosamente. “Io ti faccio ribrezzo, lo so, leggo i tuoi pensieri e le tue emozioni, ma un’ardua e importante missione ti attende, quindi dovrai sopportare la mia presenza.” Lisa mosse appena gli occhi, alla ricerca del piccolo essere che continuava a ronzarle attorno come un’ape su un fiore, quindi trasse un profondo respiro, cercando di dominare i battiti furiosi del suo cuore. “E va bene, ma facciamo in fretta! Là fuori ho lasciato il Generale Bartolomeo e alcuni Guardiani a combattere contro soldati del nemico e vorrei raggiungerlo quanto prima…” “Oh! Non sarei eccessivamente preoccupata per il tuo amore, se fossi in te” la interruppe il Padre di Aresil, piazzandosi di fronte a lei. “Il tempo in questa stanza percorre vie differenti. Quando uscirai nuovamente dallo specchio, ti ritroverai ancora tra le braccia del tuo Bartolomeo e assisterai alla fine dello scontro.” Lisa lo fissò per qualche istante e fece una smorfia. “Capisco. La cosa mi rincuora senz’altro, però ora vorrei sapere che mi devi rivelare di così importante e determinante per la sconfitta della Madre.” “Pazienza, ragazza mia, pazienza” sbottò il Padre di Aresil, alzando gli occhi al cielo. “Voi Elfi e Umani siete tutti uguali. Avete fretta su ogni cosa e, come penso tu sappia, la fretta è una cattiva consigliera.” “Ma…” “Nessun ma, ora siederai e berremo un buon the insieme, accompagnato da qualche biscottino.” Lisa sbarrò gli occhi e si guardò attorno. La stanza era piccola e completamente vuota, con le pareti bianche come il pavimento, e dava l’impressione di essere più un corridoio di un ospedale che una stanza magica. “Allora, ti vuoi sedere, Signora degli Elfi?”
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Lei scosse la testa e arretrò di un passo, per finire seduta su un comodo divano di pelle nera. Sbarrò ancora di più gli occhi quando dinanzi a lei apparve un tavolo rotondo, sul quale facevano bella mostra di sé un vaso contenente la rosa blu del Bosco delle Querce, tazzine e teiera di porcellana cinese, e un vassoio argentato carico di biscotti di ogni dimensione e gusto. Il Padre di Aresil si accomodò su una larga poltrona che lo fece sembrare ancora più minuscolo, quindi agitò un dito, sorridendo a Lisa col solito ghigno fastidioso e in parte orribile. La teiera si sollevò e il caldo liquido dorato cadde velocemente nella tazza di Lisa, seguito a ruota da una zolletta di zucchero. Mentre il cucchiaino ruotava pigramente nel the, Lisa sussultò. Le pareti erano di un vivace azzurro turchese, abbellite da quadri di Monet e di Manet, i suoi pittori preferiti. Di fronte a lei un caminetto bianco spezzava la monotonia dei muri e una piccola fiamma blu vi scoppiettava allegramente, creando sul pavimento timidi giochi di luce argentata. “Ogni tuo desiderio è un ordine, mia cara” disse il Padre di Aresil, facendola sobbalzare sul divano. “Ho cercato nella tua mente per conoscere a fondo i tuoi gusti e infine eccoci qui, come vecchi amici, a discutere tranquillamente, sorseggiando un ottimo the.” Lisa era sconvolta. Fissava il minuscolo essere di fronte a lei, ancora non del tutto convinta che potesse trattarsi di un Padre di Aresil, e continuava a guardare la stanza che, attimo dopo attimo, si arricchiva di nuovi particolari. “Non avere paura di lui e ascoltalo.” La voce della madre le risuonò con dolcezza negli antri profondi della sua mente e la portò a rilassarsi e a cercare in tutti i modi possibili di accettare la visione non proprio piacevole del piccolo alieno. “Prima di rivelarti il motivo per cui sei stata convocata qui, vorrei parlarti del mio pianeta” disse il Padre di Aresil, portando la tazza alle labbra deformi. “Oh, non fare quella faccia, è importante che la Signora degli Elfi apprenda la storia dell’origine di tutto.” “Sarà breve?” chiese lei con una smorfia, osservando di sbieco il cucchiaino che aveva deciso di abbandonare la sua tazza, per appoggiarsi lentamente sul piattino. “Voglio concludere in fretta questa maledetta faccenda.” “Oh, mettiti pure comoda, mia cara. Dunque, da dove cominciamo?”
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7 Storia e Profezie
Lisa fece spallucce e il Padre di Aresil la fissò con aria severa prima di cominciare a parlare. “Devi sapere che, a seguito del Big Ben, nel nascituro Universo si sparpagliarono milioni di pianeti, ognuno con proprie caratteristiche e dimensioni e molti con potenziali capacità di creare la vita. Aresil fu il primo in assoluto a permettere lo sviluppo di essere viventi. L’evoluzione fu simile a quella che permise alla scimmia, sul tuo pianeta Terra, di diventare poi Uomo. Ma con una differenza sostanziale. Mentre gli Umani possedevano un’intelligenza primitiva, i primi abitanti di Aresil svilupparono in pochi giorni forme così alte di conoscenza che, ben presto, si trovarono a scontrarsi l’uno contro l’altro, dando luogo a una guerra truculenta e furiosa. Il risultato finale delle battaglie fu la distruzione quasi totale degli abitanti, annientati da una sorta di energia molto simile a quella nucleare conosciuta dagli Umani. I sopravvissuti, pochi in verità, subirono delle orribili mutazioni genetiche, che modificarono nel corso dei secoli il loro aspetto fisico, ma, paradossalmente, arricchirono ancora di più la loro già elevata intelligenza, portandoli a vette altissime di conoscenza. Cara, se mi hai seguito finora, avrai intuito che i Padri di Aresil sono i diretti discendenti di quei sopravvissuti.” Lisa sbarrò gli occhi e emise un sibilo simile a un fischio. Dopo aver subito l’ennesimo sguardo severo da parte dell’orrido alieno, si fece piccola sul divano e si apprestò ad ascoltare il suo racconto in silenzio. “I miei avi erano degli esseri pressoché onniscienti e cominciarono a entrare in contatto con creature di altri mondi, scoprendo che nell’Universo i pianeti abitati erano milioni. Mentre su alcuni gli esseri intelligenti vivevano in modo relativamente pacifico, in altri la sopravvivenza di ogni forma di vita era in equilibrio precario. Ora vedi, mia cara, se questo equilibrio dovesse venire a mancare, l’Universo potrebbe ripiegarsi su se stesso, fino ad annullarsi completamente.”
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Il Padre di Aresil socchiuse gli occhi, fece un lungo respiro, come se fosse in attesa di una qualche reazione da parte di Lisa, quindi, dopo aver aspettato invano, sospirò e riprese a parlare. “Per poter salvaguardare la sopravvivenza dell’Universo, decidemmo, come primo passo, di creare su Aresil forme di vita praticamente perfette, da far unire ad esseri di un altro Pianeta che, più di altri, avrebbero potuto sviluppare un’intelligenza simile alla nostra. Così, dopo centinaia d’anni, finalmente fu individuata la Terra e un gruppo selezionato di abitanti di Aresil vi venne spedito per unirsi ai suoi abitanti.” “Ma a che scopo?” lo interruppe Lisa, che cominciava a non capirci più niente. “Perché avete dato vita alla razza elfica?” Il Padre di Aresil sorseggiò un’altra dose di the, quindi appoggiò la tazzina sul tavolo, alzando al cielo i suoi grandi occhi rotondi. “Pazienza, mia cara, pazienza, ci sto arrivando. Non hai ancora intuito nulla?” Lisa scosse la testa e lo guardò esasperata, sbuffando. “Gli Elfi furono creati innanzitutto per proteggere le due energie, verde e gialla, forgiate dai noi Padri per mantenere inalterato l’equilibrio dell’Universo, e che vennero nascoste in una dimensione vicina al tuo Pianeta. Di conseguenza, il loro secondo scopo era quello di impedire agli Umani di distruggere la Terra, perché, se ciò dovesse accadere, anche il Regno Elfico subirebbe lo stesso destino.” “Ma voi non potete intervenire nelle faccende degli altri esseri viventi!” lo interruppe Lisa, alzando il tono della voce e fissandolo con gli occhi socchiusi. “Quello che mi stai raccontando non è vero, gli Elfi non hanno mai aiutato noi Esseri Umani nel corso della nostra storia. Ricordate le due Guerre Mondiali? La morte e la distruzione che hanno seminato?” Il Padre di Aresil respinse il suo sguardo con forza, tanto che Lisa si vide costretta ad abbassare gli occhi sul cucchiaino e ai suoi tentativi di rientrare nella tazza. “Mia cara, ma che dici? Certo che gli Elfi sono intervenuti! Non sempre e non in modo definitivo, ma dando, diciamo, qualche spennellata qua e là al corso della storia, tanto da impedire agli eventi di precipitare in un punto di non ritorno.” Lisa fermò il cucchiaino ribelle con entrambe le mani e sollevò nuovamente lo sguardo, posandolo sul viso deforme del Padre di Aresil. “Ma perché mai, allora, non potete aiutare il mio popolo a sconfiggere la Madre? Perché, anche in questo caso, non date qualche spennellata per modificare il corso della storia? Sapete che le due energie hanno già
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iniziato ad esaurirsi e non state facendo assolutamente nulla per impedire il disastro finale!” “Ne sei sicura, mia cara? Noi vi stiamo offrendo qualche piccolo aiuto, ma più in là non possiamo andare, dobbiamo rispettare il libero arbitrio…” “Libero arbitrio, libero arbitrio, ma che cavolata è mai questa?” inveì Lisa, alzandosi in piedi. “Smettetela di mettere la testa sotto la sabbia e dateci una mano! Qui stiamo parlando della sopravvivenza dell’intero Universo! Tutti gli sforzi che avete fatto finora stanno per essere vanificati dal vostro stupido e insulso atteggiamento!” Lisa si interruppe, col fiato corto e gli occhi puntati con insistenza su quelli del piccolo Alieno, che ora sembravano emettere fulmini e saette. “Noi stiamo facendo tutto quanto ci è dato fare, nel limite del possibile!” tuonò lui con voce gracchiante, alzandosi in piedi a sua volta. Lisa notò che le arrivava appena all’addome e dovette reprimere uno scoppio di risa, fissandosi con ostinazione le scarpe da ginnastica. “Inoltre, mia cara, ci sono le Profezie, hai dimenticato? Quelle che sono state riportate sul Grande Libro dagli Antichi Padri e che…” Lisa sollevò lo sguardo e lo fissò con impazienza. Il Padre di Aresil le voltò le spalle e prese a camminare con piccoli passi per la stanza. “Allora? Che stavi per dire?” gli chiese lei, passandosi nervosamente le mani sui capelli. “Parla!” “No.” “NO?” “No, non ho altro da aggiungere.” Lisa strinse i pugni e afferrò il piccolo alieno per le spalle, obbligandolo a girarsi verso di lei. “Che mi stavi dicendo sulle Profezie?” gridò Lisa, con la voce che le tremava per la rabbia. “Dimmelo, o questa volta mi farai incavolare per davvero!” Per tutta risposta, lo vide sbuffare e socchiudere gli occhi, quindi scattò all’indietro, sfregando le dita sui jeans. “Ma che hai fatto? Mi hai dato la scossa?” abbaiò, ormai vicina a una crisi isterica. “Sei impazzito?” “Nessuno può parlare delle Profezie e tu, Signora degli Elfi, lo sai già, quindi non insistere.” Lisa lo guardò per qualche istante con aria stralunata e si lasciò cadere sul divano, scuotendo la testa.
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“Va bene, mi arrendo, voi abitanti di Aresil siete impossibili da capire, o forse sono io che non ci arrivo, non lo so. Però ora, per cortesia, dimmi che ci sto a fare qui se non puoi aiutarmi a sconfiggere la Madre.” Il piccolo alieno le si affiancò e le afferrò una mano. Lisa cercò di ritirarla con una certa dose di ribrezzo, ma la stretta del Padre era possente. “Tu non sei venuta qui per ascoltare, ma per ricevere” rispose lui, guardandola con aria contrita. “Questo è il mio dono, dovrai tenerlo sempre con te e, alla fine, saprai come usarlo.” Lisa fissò sbigottita il piccolo anello che giaceva sul palmo della sua mano. “Un… un anello?” chiese, cercando di dominare l’impulso di prendere il piccolo alieno per il collo. “Mi hai regalato un anello? Che ci dovrei fare con questo affaretto? Tra parentesi, è anche orribile!” Il Padre di Aresil le girò nuovamente le spalle e lei lo sentì sospirare. “Tienilo sempre con te, non staccartene mai e, quando sarà il momento, saprai che uso farne. Ora puoi ritornare sulla Terra e intraprendere la tua missione contro la Madre.” Lisa era sconvolta e furente. Continuava a spostare lo sguardo dall’anello al piccolo Alieno e fu veramente sul punto di mollargli un sonoro ceffone, quando la voce di Marta la bloccò, facendola sobbalzare sul divano. “Chiedigli di portarti ad Aresil.” “Come?” domandò Lisa a voce alta, corrugando le sopracciglia. “Io non ho parlato.” rispose lui, guardandola come si potrebbe fissare un matto. “Devi entrare ad Aresil con la scusa di incontrare il Consiglio. I Padri non faranno altro per aiutarci e, quindi, dovrai parlare tu con i Ribelli.” “Ma che dici?” chiese ancora Lisa, fissando un punto imprecisato dinanzi a sé. “Sei forse impazzita?” la rimproverò il piccolo alieno, girandosi verso di lei. “Con chi stai parlando?” Lisa lo sentì entrare di prepotenza nella sua testa, ma percepì la forza di Marta che respingeva con decisione gli attacchi. “Stai tranquilla, non riuscirà a sentire i nostri dialoghi. Solo tu puoi percepire le mie parole, quale figlia di una Signora degli Elfi… e ora ascolta. Andromeda non è più in grado di contattare suo fratello, il Consiglio di Aresil la sta tenendo sott’occhio, probabilmente hanno in-
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tuito qualcosa. Quindi solo tu puoi parlare con i Ribelli e convincerli ad unirsi agli Elfi.” “Ma come, come potrò mai incontrarli?” le chiese Lisa, questa volta utilizzando il solo pensiero, mentre il Padre la fissava con sospetto. “Che devo fare?” “Nulla, tesoro, nulla, verranno loro da te.” Lisa annuì, quindi si piegò fingendo di stringere i lacci delle scarpe da ginnastica. “Chiedi al Padre di portarti ad Aresil e, se ti negherà la cosa, vai al caminetto e entraci. La fiamma blu non ti brucerà. Quello è il passaggio per il pianeta.” “E Bartolomeo? Che ne sarà di lui?” continuò Lisa, fissando con un colpo d’occhio lo specchio di fronte a sé. “Sono preoccupata.” “Ricordi ciò che ti ha detto il Padre di Aresil?” le rispose Marta con dolcezza. “Qui il tempo percorre vie diverse, quando rientrerai alla Reggia di Versailles ti ritroverai allo stesso punto di partenza. Ora vai e non temere, piccola mia.” “Non temere” bofonchiò Lisa nella sua mente. “C’è proprio da stare tranquilli. Ora con questo anello darò subito il benservito alla Madre!” “Abbi fiducia nei Padri di Aresil” sussurrò Marta in tono supplichevole. “Non sottovalutarli.” Lisa scosse la testa, si alzò in piedi e si diresse verso il caminetto, provando ad avvicinare con cautela una gamba al fuoco. Dopo aver verificato che la fiamma era effettivamente fredda, rivolse la sua attenzione al piccolo alieno che la stava fissando con aria sospettosa, a braccia conserte. “Voglio incontrare il tuo Consiglio” esordì lei, sostenendo il suo sguardo senza timore. “E tu mi condurrai ad Aresil, ora.” Il piccolo alieno sbarrò gli occhi e le si piazzò di fronte rapidamente, fissandola con astio. “Non se ne parla proprio, è fuori discussione! Ora uscirai dallo specchio e farai buon uso dell’anello che ti ho donato!” “Vai!” la invitò Marta, in un sussurro. Lisa non rispose. Guardò il Padre con una smorfia di disgusto, infilò l’anello sull’anulare destro, quindi si inginocchiò, gettandosi tra le fiamme. Sentì in lontananza l’urlo del piccolo alieno spegnersi rapidamente nel silenzio più totale e assoluto. Per pochi istanti galleggiò in una dimensione buia e fredda, che le raggelò il sangue nelle vene. Chiuse d’istinto gli occhi per tentare di allontanare il terrore che la sta-
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va attanagliando e li riaprÏ solo nel momento in cui si sentÏ avvolgere da un tepore rassicurante. Sobbalzò e si guardò attorno con le guance in fiamme e il cuore che le pulsava a mille nelle tempie. Il Padre di Aresil presente nella grande sala opalescente la stava fissando con aria sbalordita, ma con una luce negli occhi che non prometteva nulla di buono.
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8 Il Ribelle di Aresil
“Mai una Signora degli Elfi si è permessa di varcare quella soglia!” ululò l’alieno, puntandole contro un lungo dito indice deforme. “Ora ti riaccompagneremo immediatamente sul tuo Pianeta e proveremo a dimenticare questo increscioso avvenimento!” Lisa si inginocchiò di fronte a lui, fissandolo diritto negli occhi sbilenchi. Era al colmo dell’esasperazione e provava un desiderio folle di mollargli un bel ceffone sulla guancia ossuta e pallida. “No, Padre di Aresil, io non me ne andrò da qui finché non mi farai parlare con l’intero Consiglio. Sono la Signora degli Elfi e, come tale, chiedo e esigo di essere ascoltata!” “Mi dispiace, non sono riuscito a fermarla!” urlò il piccolo alieno che le aveva donato l’anello, correndo verso di lei trafelato e ansante. “Comunica senz’altro con la madre ma, come ben sai, noi Padri non possiamo nulla contro un potere così immenso.” L’altro lo fissò scuotendo la testa, quindi rivolse la sua attenzione a Lisa che, nel frattempo, si era alzata e spostava alternativamente il suo sguardo sull’uno e sull’altro, rossa in viso per la tensione e la rabbia. “Allora, che mi rispondi, Padre di Aresil?” chiese, incrociando le braccia sul petto. “Voglio incontrare il Consiglio e nulla di ciò che voi farete o direte potrà convincermi a ritornare sui miei passi.” I due piccoli alieni si consultarono per un breve istante, quindi il Padre, che aveva conosciuto nella stanza magica, abbozzò un sorriso sghembo, nel buffo tentativo, forse, di apparire simpatico e gentile. “E sia, domattina incontrerai il Consiglio. Nel frattempo verrai condotta a Palazzo per un buon sonno ristoratore.” “Ma… io non voglio dormire, voglio parlarci ora, non domani!” sbraitò Lisa che ormai era prossima a scoppiare con la forza di mille bombe atomiche. “Il tempo stringe, non lo capite?” “Domani, questa è la nostra ultima parola.” concluse l’altro Padre, mentre si accomodava su una delle sette sedie di vetro, poste attorno ad un’ampia tavola quadrata e costruita con lo stesso materiale.
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Lisa soffiò e sbuffò come un toro imbufalito, quindi annuì di malavoglia e guardò il piccolo alieno della stanza magica. “A proposito, qual è il tuo nome?” gli chiese, seguendolo a passi rapidi verso l’uscita. “Sai, tanto per sapere con chi ho il piacere di parlare.” “Ranu, il mio nome è Ranu” bofonchiò lui, spingendola senza troppi complimenti oltre l’alta porta. “Ma non chiedermi altro, non approfondiremo di più la nostra conoscenza.” “Non sia mai.” sibilò Lisa a denti stretti, sbattendo rumorosamente la porta dietro di sé. Il primo passo era stato fatto. Ma ora, come sarebbe riuscita a incontrare i ribelli di Aresil? *** Aresil era un’unica, immensa città, che si sviluppava sull’intera superficie del pianeta, interrotta a tratti da ampi giardini e da laghi artificiali. Le abitazioni, bianche e lucenti, erano costruite su due piani e non differivano in nessun particolare le une dalle altre. Solo il Palazzo dei Padri di Aresil sfuggiva a questa logica continua e monotona, saettando maestoso in una lunga colonna brillante per un centinaio di metri, che dominava gran parte delle abitazioni sottostanti. Accanto alla sua possente base era stato creato un piccolo lago artificiale, delimitato, su un lato, da un’alta montagna, dalla cui cima precipitava nelle acque una cascata limpida e frizzante, e dall’altro da un ampio giardino ricco di piante e di fiori spettacolari. Lisa aveva trascorso gran parte della giornata a girovagare attorno a quel lago, stupefacendosi del colore turchese del cielo e del verde smeraldo che dipingeva allegramente l’erba. Aveva spalancato la bocca di fronte alla visione di due soli e le era quasi mancato il respiro quando un’astronave era saettata sopra il Palazzo, maestosa e lucente nella sua forma cilindrica. Si era mossa sempre scortata da Guardie dei Padri di Aresil, alte nelle loro divise nere e argentate, e aveva incontrato parecchi abitanti del pianeta, che si erano rivelati tutti molti gentili e incuriositi dalla sua presenza. Le femmine vestivano con tuniche bianche, che fasciavano elegantemente la loro figura slanciata, e portavano i lunghi capelli sciolti sulle spalle, semplicemente decorati da fiori di vario colore. I maschi, invece, indossavano pantaloni attillati bianchi, sotto una tunica blu stretta in vita da cinture perlacee, mentre usavano raccogliere i
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capelli in code austere e ordinate. Erano molto alti e davano l’impressione di non temere nulla e nessuno. Sia le femmine che i maschi avevano, come gli Elfi, lunghe orecchie a punta, che entrambi amavano abbellire con orecchini di svariate forme, colori e dimensioni. Dopo averli incrociati più volte durante la giornata, Lisa era giunta alla conclusione che gli abitanti di Aresil vivessero indubbiamente in una società ordinata, con regole ferree, dove non esisteva la parola violenza e tutto si svolgeva con assoluta pace e tranquillità, sotto l’occhio vigile dei Padri. Persa ancora in quei ricordi, ora si trovava sull’ampio terrazzo della camera che le era stata assegnata, ad ammirare in estasi le tre lune di Aresil, le quali splendevano nella volta del cielo notturno come gigantesche perle. Attorno a loro, gli astri rilucevano dorati in più grappoli disseminati quasi in ordine maniacale nel nero profondo dello spazio. Sotto di lei, la cascata brillava cristallina, illuminata dalla luce lunare, e gettava bagliori argentati sullo specchio del lago. Era un panorama da togliere il fiato e Lisa, in quei momenti di contemplazione, non riusciva neppure ad essere preoccupata per l’incontro, l’indomani mattina, col Consiglio dei Padri di Aresil. Non voleva interrompere quegli attimi preziosi e unici che la trasportavano distante anni luce dalle sue ansie… Effettivamente, ripensandoci, era davvero distante anni luce da casa, ma non ne era intimorita. Sapeva di non essere sola, che sua madre le era sempre accanto e la rendeva agguerrita come non mai. Appoggiata con i gomiti sul davanzale del terrazzino, la testa inclinata di lato, pensò al suo Bartolomeo e al fatto che in quel preciso istante lui si trovava nella Reggia di Versailles a combattere contro i soldati del nemico. Volle porre fiducia totale nei Padri di Aresil e credere che tutto si sarebbe risolto per il meglio. Quindi si sentì rassicurata e continuò a contemplare la cascata che risuonava allegramente sotto di lei. “Stupenda.” Lisa sobbalzò e si girò di scatto, col cuore in tumulto. “Intendevo dire la cascata, scusa.” precisò il Ribelle di Aresil, sorridendole appena imbarazzato. Lisa si posò una mano sul cuore e abbassò gli occhi verso la camicia da notte bianca che le fasciava morbidamente il corpo e non lasciava assolutamente nulla alla fantasia.
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Arrossì violentemente e sentì il cuore accelerare ulteriormente i battiti già furiosi. “Ma che… che ci fai qui?” gli chiese, guardandosi rapidamente attorno. “Se ti scoprono… è troppo rischioso…” “Tranquilla, Signora degli Elfi, nessuno sa che sono un Ribelle, tutti mi conoscono come il fratello della Custode del Sole di Aresil.” Lisa avvampò nuovamente e lo squadrò con timidezza. Non lo ricordava così alto e robusto e neppure così dannatamente affascinante. Anche lui vestiva gli usuali abiti indossati dai maschi degli abitanti del pianeta, ma aveva lasciato i capelli biondi sciolti sulle spalle, e adornati da un sottile nastro argentato che gli cingeva la testa, poggiandosi elegantemente sulla fronte. Sebbene il terrazzo fosse illuminato solo dalla luce che filtrava dalla camera, Lisa poté ancora una volta ammirare gli splendidi occhi viola di Sirio. E ne rimase totalmente sconvolta. Non aveva mai visto occhi di quel colore, erano grandi, profondi e la turbavano fin nelle profondità più nascoste del suo animo. “Comunque non dovresti essere qui, con me” disse Lisa, con un filo di voce. “Se ti dovessero vedere, come potrei giustificare la tua presenza?” Il Ribelle di Aresil mosse un passo verso di lei e Lisa si impietrì, raggelandosi. “Oh! Io non mi preoccuperei eccessivamente di questo” le rispose Sirio, piazzandosi a pochi centimetri da lei. “I Padri di Aresil sono dei grandi dormiglioni, non li sveglieresti neppure con lo scoppio di centinaia di bombe …. “ “E le Guardie?” lo interruppe Lisa, con le gambe molli per l’emozione. “Che mi dici di loro?” “Le Guardie sono stupide, posso facilmente lavorare le loro menti e convincerle senza alcun problema che ora mi trovo al calduccio sotto le coperte del mio letto, e non qui con te, Signora degli Elfi.” Lisa rabbrividì ancora e arretrò, andando però a sbattere contro il muretto del terrazzo. “Il tuo cuore è in subbuglio, cara, come lo è il mio in questo momento.” Lei spalancò gli occhi e li spostò rapidamente verso i suoi piedi, abbelliti con ciabattine bianche di seta. Si sforzò di pensare a Bartolomeo che, in quegli istanti, stava lottando per la sua sopravvivenza e per quella dei Guardiani presenti nella Galleria degli Specchi, quindi si odiò per quanto stava provando alla presenza del fratello di Andromeda. Sollevò poi la testa e lo fissò con una malcelata dose di rabbia.
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“Tu non dovresti entrare nella mia mente, la cosa mi da terribilmente fastidio, lo capisci? Vorrei essere libera di pensare senza avere l’obbligo di decidere a cosa pensare. Inoltre, togliti dalla testa certi discorsi, io sono innamorata di Bartolomeo e sono la sua sposa, anche se non abbiamo ufficializzato la cosa. Perciò, ora ti toglierai velocemente dal mio cervello e mi lascerai in pace, intesi?” Sirio la fissò per qualche istante e le sorrise, passandole delicatamente una mano sul viso arrossato. “Non posso bloccare l’affluenza dei tuoi pensieri nei miei, ma ci proverò” le sussurrò, sprofondando i suoi occhi viola in quelli verdi di lei. “Come non posso cancellare i sentimenti che provi nei miei confronti…” “Sentimenti, sentimenti!” lo interruppe ancora Lisa, scostandogli con irruenza la mano e voltandogli le spalle. “Io non sono qui per dirti quello che posso o non posso provare per te, ci sono questioni ben più importanti e urgenti da affrontare, ad esempio la prossima distruzione dell’intero Universo… che mi dici, ora? Possiamo lasciare da parte i sentimenti?” Lui la girò lentamente verso di sé e le regalò uno sguardo deciso che la fece vacillare. Lisa riuscì a sostenersi solo appoggiando una mano sul muretto, per poi accorgersi che Sirio le aveva cinto la vita con un braccio muscoloso e aveva avvicinato pericolosamente il suo viso a quello stupito di lei. “Non osare…” Ma non riuscì a terminare la frase. Le labbra calde e morbide del Ribelle di Aresil avevano catturato delicatamente le sue, prima con dolcezza, quindi con veemenza. Lisa spalancò gli occhi, si lasciò trasportare dal calore di quel bacio per qualche istante, e poi puntò entrambe le mani sul petto possente di Sirio, allontanandolo con forza da sé.“Non osare… mai più… intesi?” sibilò con la voce rotta dall’emozione e il cuore che urlava tutto il desiderio di rivivere ancora quegli istanti. “Io sono la Signora degli Elfi e appartengo al Generale dei Guardiani Bartolomeo. Che questo ti sia ben chiaro, non voglio doverlo ripetere mai più!” Sirio l’aveva ascoltata con sguardo decisamente deluso e una profonda tristezza persa nei grandi occhi viola. “No. Il tuo cuore, la tua anima, i tuoi pensieri ti tradiscono.” Lisa lo spinse all’indietro e gli puntò un dito contro. “Ora basta, non voglio più affrontare questo argomento! Hai detto di essere il mio schiavo, giusto? Allora dimostramelo!” Sirio spalancò gli occhi, strinse le labbra e si inginocchiò di fronte a lei.
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Lisa arretrò, fissandolo con stupore, quindi lo invitò ad alzarsi. “Nessuno deve inginocchiarsi davanti a me, nessuno. Tanto meno il fratello di Andromeda. Quindi, Sirio, ora alzati e dimmi se i Ribelli di Aresil intendono aiutare o meno la Signora degli Elfi!” Lui rimase inginocchiato ancora per qualche secondo, poi si sollevò in tutta la sua notevole altezza e le fece un rapido inchino, sorridendole. “I Ribelli di Aresil sono al tuo servizio. Intendiamo unirci agli Elfi nella battaglia contro la Madre. Sappiamo che Ranu ti ha consegnato un oggetto che la fermerà, di che si tratta?” Lisa lo osservò con la coda dell’occhio, fece una smorfia e si avviò verso la camera. Sentì Sirio che la seguiva e rabbrividì, pensando alla faccia che avrebbe fatto Bartolomeo nel vederla in camicia da notte trasparente, alla presenza di un maschio così affascinante. Si gettò rapidamente addosso la vestaglia argentata, quindi alzò la mano destra, mostrando a Sirio l’anello. “Ecco qui!” Sirio fissò l’anello con malcelato stupore, e scosse la testa. “E’ uno scherzo? E questo a che dovrebbe servire?” Lisa sbuffò e fece spallucce. “Non ne ho la più pallida idea, ma mi è stato detto che, al momento opportuno, saprò quale uso farne. Io voglio fidarmi dei Padri di Aresil, ma non sono sicura che non mi stiano solo prendendo in giro o mettendo alla prova. Per questo motivo ho deciso di raggiungere il tuo Pianeta, per convincerti ad aiutarci, ma tu avevi già deciso per il meglio.” Sirio strinse i pugni e guardò l’anello con aria schifata.“I Padri di Aresil sono sempre più assurdi e insopportabili. Se ne stanno qui a crogiolarsi nella loro vita di pura meditazione, convinti di agire per il meglio. Invece stanno solo portando l’Universo alla distruzione…” “Non accadrà” lo interruppe Lisa, risoluta. “Domani parlerò con loro per cercare di convincerli ad agire in qualche modo e, se non otterrò nulla, saprò comunque che avrò l’appoggio dei Ribelli.” Squadrò Sirio, che ancora stava fissando l’anello con aria decisamente disgustata, quindi riprese a parlare. “Come intendi raggiungere il Regno Elfico?” gli chiese, spostandosi una ciocca di capelli castani dagli occhi. La mossa non sfuggì a Sirio che la osservò con malizia. “Ci muoveremo questa notte, utilizzando il portale che ti ha consentito di entrare ad Aresil. Come ti ho già detto prima, i Padri sono dei dormiglioni e nessuno si accorgerà della nostra, diciamo, fuga.” Lisa annuì.
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“Quindi tu rientrerai domani, dopo aver parlato con loro. Noi ci faremo trovare nella Galleria degli Specchi, pronti ad aiutare te e il tuo Bartolomeo.” A Lisa non sfuggì il tono sprezzante con cui Sirio aveva pronunciato la parola tuo, ma fece finta di nulla e si apprestò a porre a Sirio la domanda che non avrebbe mai voluto porgli, temendone la risposta. “E quanti… quanti siete voi Ribelli?” Sirio le posò gli occhi immensi sui suoi e lei sentì ancora le gambe che vacillavano sotto il suo peso. “Venti.” Lisa sbarrò gli occhi e si sentì mancare. “Ve… venti?” chiese, con la voce rotta dalla delusione. “Ma…” “Venti abitanti di Aresil fanno mille Elfi soldato” le rispose prontamente lui, avviandosi verso la terrazza. “Non deluderemo la Signora degli Elfi.” Lei scosse la testa, poi lo raggiunse, strattonandolo per una manica. “Avete un’arma segreta, vero? Forse un’astronave potente con la quale annienterete i soldati della Madre senza alcuna difficoltà?” Sirio le sorrise e le staccò la mano con dolcezza. “Nulla di tutto questo. L’unica arma che possediamo è la forza della nostra mente. Nessuna astronave di Aresil può entrare nell’atmosfera terrestre e, di conseguenza, nel Regno Elfico. Gli Umani non sono ancora pronti a scoprire la nostra esistenza.” “Oh, capisco” disse Lisa senza riuscire a nascondere una certa dose di delusione. “Ma la vostra mente potrà fermare l’esercito della Madre?” Lui le sfiorò il viso con una mano, quindi le dedicò un ampio sorriso, che rivelò una fila perfetta di denti bianchi. “A presto, Signora degli Elfi” le rispose, raggiungendo il terrazzo.“Un’ultima cosa… non mi arrenderò così facilmente. Il Generale Bartolomeo ora dovrà guardarsi alle spalle…” Lisa cercò di ribattere, ma Sirio scomparve in un lampo accecante. Lei restò impietrita al centro della stanza, col cuore in subbuglio, gli occhi e la bocca spalancata. Per quanto sarebbe ancora riuscita a nascondere a Bartolomeo la confusione che regnava nella sua testa?
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9 Il Consiglio dei Padri di Aresil
“Non ti ascolteranno, tesoro” le parlò Marta, con tono preoccupato. “Loro seguono alla lettera le Leggi che furono dettate dai primi Padri di Aresil e sono fortemente convinti di essere nel giusto.” “Ci voglio provare lo stesso” le rispose Lisa, scuotendo la testa. “Magari riesco a convincerli e … ahi!” Sobbalzò. Era stata riportata alla realtà da Ranu che le aveva lanciato un’altra piccola scarica elettrica. Lo fulminò con uno sguardo inceneritore, quindi sedette al tavolo del Consiglio. Ranu era accanto a lei, mentre gli altri sei Padri erano seduti sui tre lati del quadrato, a due a due. Lisa li fissò. Erano tutti simili nell’aspetto, piccoli, deformi, indubbiamente antipatici. Solo Ranu differiva dal resto del gruppo, infatti era leggermente più alto, con naso e occhi enormi, che lo rendevano ancora più spiacevole. Lisa lo vide afferrare il martelletto che giaceva sul tavolo dinanzi a lui, e batterlo su un apposito rialzo di forma circolare che, al suo tocco, produsse un suono lungo e acuto. Ebbe l’istinto di portarsi le mani alle orecchie, ma si bloccò per non apparire ridicola. Si accomodò invece per bene sulla sedia e si apprestò ad ascoltare Ranu. “Io, Primo Consigliere dei Padri di Aresil, dichiaro aperta questa seduta straordinaria. Siamo stati convocati dalla qui presente Lisa Verdi, nuova Signora degli Elfi, per la grave situazione che si è creata dopo il nefasto ritorno della Madre, che ha portato le energie verde e gialla a diminuire rapidamente la loro intensità che, come ben…” “Sì, va bene, va bene.” lo interruppe Lisa, seccata e spazientita. Aveva i nervi a fior di pelle. Era reduce da una nottata del tutto insonne e voleva sbrigare al più presto la faccenda per raggiungere in fretta Bartolomeo. Era ben decisa a non farsi abbindolare dalle parole dei Padri di Aresil e del tutto sicura che, se le avessero negato l’aiuto che stava per chiedere, li avrebbe mandati a quel paese, rientrando immediatamente
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sulla Terra. Fissò a tal proposito il caminetto di fronte a sé, nel quale scoppiettava l’usuale fiamma blu, quindi spostò lo sguardo su Ranu, che la stava osservando con aria sbigottita. “Arrivo subito al dunque, cari Consiglieri” continuò lei con voce squillante. “Sono qui per implorare l’aiuto del Pianeta Aresil per combattere e sconfiggere la Madre. Come sicuramente ben saprete, gli Elfi non sono in grado di fermarla senza il vostro intervento, essendo pressoché indistruttibile. Dobbiamo unire le nostre forze, non ci sono alternative.” Tra i Padri di Aresil si alzò un brusio sommesso, subito sopito da Ranu che li zittì con un rapido cenno del capo. “Signora degli Elfi, noi seguiamo le Sacre Leggi dei nostri antenati e la prima di esse obbliga gli abitanti di Aresil a non intervenire per alcun motivo e in alcun modo nelle faccende dell’Universo.” “Perché mai?” lo interruppe Lisa, battendo un pugno sul tavolo. “Ma non vi rendete conto di quanto siete ridicoli? Forse tra un po’ non rimarrà nulla dell’Universo e voi ve ne state qui tranquilli a parlare delle Sacre Leggi!” “Moderazione, tesoro, stai parlando con i fondatori della vita sulla Terra” le sussurrò piano Marta tra i suoi frenetici pensieri. “Devi portare loro rispetto.” Lisa scosse violentemente la testa e passò in rassegna i Padri che la guardavano con gli occhi sgranati e un’espressione acida, che non prometteva nulla di buono. “Allora, ci aiuterete?” li incalzò lei, scattando in piedi. “Non potete permettere che la Madre distrugga ogni essere al quale avete donato la vita! Mi rifiuto di credere che ve ne starete in disparte a guardare la fine di tutto!” Ranu l’afferrò per un braccio e la invitò a sedersi nuovamente, scoccandole uno sguardo colmo di esasperazione. Lisa obbedì, pur di non dover più sentire il tocco delle sue mani sudaticce, e si passò nervosamente le mani tra i capelli, in attesa della sua risposta. “Nulla di quanto tu hai previsto accadrà, Signora degli Elfi. Ti è stata consegnata l’arma che fermerà la Madre. Non abbiamo null’altro da aggiungere.” Lisa sbarrò gli occhi. Scattò nuovamente in piedi, rovesciando la sedia all’indietro, e vide i Padri di Aresil borbottare tra loro, scuotendo il capo. A quel punto, diede libero sfogo alla sua rabbia.
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“UN ANELLO? E’ CON QUESTO CHE DOVREI SCONFIGGERE LA MADRE? VOI SIETE TUTTI PAZZI E IO NON VI ASCOLTERO’ UN MINUTO DI PIU’!” “Rientra nel portale” sentì sussurrare ancora Marta con voce piccola e supplichevole. “E raduna i Ribelli di Aresil.” Lisa annuì e scattò velocemente verso il camino, fissando la fiamma blu, che, al suo arrivo, si fece più alta e spessa. “Ricorda, Signora degli Elfi, che la vera forza è quella che vive nel cuore e alimenta lo spirito. Al momento opportuno saprai come utilizzare l’anello e la Madre diverrà solo un ricordo confuso e lontano.” Lisa si girò a guardare Ranu per un’ultima volta, riservandogli un’occhiata dura e sprezzante, quindi si gettò tra le fiamme, sconfitta e amareggiata. Rientrò nella Galleria degli Specchi di Versailles un istante prima che Bartolomeo divenisse invisibile. Si accucciò a terra, proteggendosi istintivamente la testa con le mani, anche se il ciondolo reale si era già attivato, creando una barriera indistruttibile attorno a lei. Il frastuono la costrinse a tapparsi le orecchie. I tre soldati del nemico erano ancora in piedi e sparavano all’unisono raggi di luce laser che avevano ormai trasformato la stupenda Galleria in un ammasso di macerie fumanti. Parecchi specchi giacevano frantumati a terra, metà delle vetrate erano state bucate o distrutte interamente, le preziose pareti e il soffitto scalfiti in più punti. Lisa non voleva credere ai propri occhi e pensò che un abominio del genere avrebbe sicuramente mandato Matilde su tutte le furie. Persa in quei pensieri, cercò di capire dove potessero trovarsi Bartolomeo e i suoi Guardiani, quando percepì un movimento deciso alla sua destra. “Lisa, non puoi essere già qui, che è successo?” Il Generale aveva parlato sottovoce per non attirare su di sé gli attacchi dei soldati, ma lei lo aveva percepito chiaramente, utilizzando i suoi sensi elfici. “E’ tutto a posto, non preoccuparti” rispose, afferrando Bartolomeo in qualche modo per trarlo accanto a sé, ben protetto dal potere del ciondolo. “Ora dobbiamo solo aspettare che arrivino… ah! Eccoli!” Bartolomeo sbarrò gli occhi quando, a pochi passi da lui, comparvero Sirio con i suoi Ribelli. All’istante, i soldati della Madre si piegarono in due, urlando come forsennati. Lisa era già scattata in piedi e stava sollevando Bartolomeo, ora visibile, del tutto sconcertato e allibito.
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“Grazie” sussurrò lei, facendo un breve cenno col capo in direzione di Sirio. “Non ce l’avremmo mai fatta senza il vostro prezioso intervento.” Sirio le sorrise, quindi impartì alcune istruzioni ai suoi compagni. Due di essi sollevarono senza alcuna fatica i soldati ancora svenuti e scomparvero con loro in un lampo accecante. “Verranno condotti al Palazzo Reale, per gli interrogatori del caso” spiegò Sirio, lanciando a Bartolomeo un’occhiata seccata. “E anche noi dovremo recarci in tutta fretta a Palazzo” intervenne Lisa, dando una rapida sistemata alla maglietta impolverata. “Devo parlare a mio fratello di voi Ribelli.” “Cooosaaaaa?” urlò Bartolomeo che fino a quel momento non era riuscito a intervenire nella discussione, troppo sconvolto per poter spiccicare anche una sola parola. “Loro… loro sarebbero i Ribelli?” Lisa gli poggiò una mano sulla spalla e assentì. “Sì, Barty, e sono qui per unirsi a noi. Ci aiuteranno a combattere contro la Madre.” Lui la fissò con occhi traboccanti di stupore, quindi si voltò verso Sirio, squadrandolo da testa a piedi. “Tu… tu sei il Ribelle che le ha salvato la vita, giusto?” Sirio annuì, accennando un breve sorriso. “Per questo avrai sempre la mia eterna gratitudine” continuò Bartolomeo, piazzandosi di fronte a lui. “Ma credo che mi dovrai parecchie spiegazioni. Innanzitutto vorrei capire che diavolo è successo all’interno di quello specchio!” Si volse di scatto verso Lisa che avvampò e chinò il capo, visibilmente imbarazzata. Bartolomeo stava utilizzando senz’altro i suoi sensi elfici e aveva percepito indubbiamente le intense emozioni che lei stava provando in quel momento. “Ora non c’è tempo per le spiegazioni” intervenne Sirio, facendo un cenno ai suoi compagni che sparirono tutti in pochi istanti nel solito lampo accecante. “Dobbiamo rientrare al più presto nel Regno Elfico e portare a compimento la terza Profezia. E preghiamo che essa possa aiutarci davvero a sconfiggere la Madre.” Sirio si avvicinò a Lisa e fece per afferrarla per un gomito, ma Bartolomeo fu più veloce e gli bloccò la mano, mentre i Guardiani, tutti fortunatamente illesi, si erano appostati in cerchio attorno alla Signora degli Elfi, con la chiara intenzione di proteggerla. “Non… non toccarla.” sibilò lui, fissandolo con occhi a fessura. Sirio si ritrasse, scuotendo la testa, poi lanciò a Lisa uno sguardo così intenso che la fece avvampare. Bartolomeo sembrava sul punto di
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scoppiare. La fissò e si premurò di dare le spalle al Ribelle, che lo superava in altezza di almeno una spanna. “Allora, che è successo in quello specchio? Con chi hai parlato? Possiamo sconfiggere la Madre?” Lisa gli gettò le braccia al collo e appoggiò le labbra al suo orecchio, facendolo sussultare. “Ti racconterò tutto a casa, ora però dobbiamo andarcene da qui.” Quindi si staccò e lo prese per mano, mentre Sirio stava ricostruendo ogni parte della Galleria danneggiata, col solo movimento del dito indice destro. Una volta terminata l’operazione, sotto gli sguardi stupefatti di Lisa e di Bartolomeo, si avvicinò ai Guardiani, rivolgendo loro un sorriso gentile. “Per cortesia, riportate qui gli Umani. Tutto deve ritornare com’era al punto di partenza.” Bartolomeo stava per intervenire, ma Lisa lo zittì, tappandogli la bocca con una mano. “E le telecamere? Ci saranno sicuramente delle telecamere qui che hanno ripreso tutto.” “Gli Umani non riusciranno a vedere nulla di quanto è accaduto” le rispose Sirio, con un tono lezioso che non sfuggì alle lunghe orecchie di Bartolomeo. “Ora però dobbiamo rientrare. La nostra missione qui è terminata.” Lisa staccò la mano dalla bocca di Bartolomeo e, mentre Sirio non prestava attenzione, gli pestò un piede, lanciandogli un’occhiata furente. Il Generale fece una smorfia, quindi l’afferrò saldamente per la vita e scomparve con lei nell’usuale nube gialla, sotto lo sguardo divertito del Ribelle di Aresil.
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10 Una missione pericolosa
Il Principe degli Elfi Vampiro entrò nell’ampia sala del trono, sbattendo rumorosamente l’alto portone dietro di sé. Quindi percorse a grandi falcate lo spazio che lo divideva dalla Madre, che lo stava aspettando in piedi di fronte al trono. Prima di raggiungerla, Lìspoto rivolse uno sguardo sprezzante in direzione del Generale dai capelli argentati, che sostava tranquillamente alla destra di Silvia. Fece gli ultimi due passi, quindi si inginocchiò di fronte a lei, con la testa china verso il pavimento scuro. “Alzati, mio Principe, e nuovo Generale dell’Esercito delle Paludi.” Lìspoto impiegò qualche secondo prima di comprendere a fondo il significato di quelle parole, poi scattò in piedi, posando gli occhi gialli su quelli scuri e diabolici della Madre. “Sì, hai capito bene, sei appena stato nominato Generale del mio esercito. La cosa ti soddisfa o hai qualche obiezione da avanzare?” Il Principe spostò lo sguardo sull’alto Elfo dai capelli argentati, il quale lo stava osservando con un mezzo sorriso canzonatorio, quindi si avvicinò di un passo a Silvia, mettendo bene in mostra i canini aguzzi. “Accetto di buon grado la nuova carica, mia Signora” esordì, compiendo un breve inchino. “Però la mia mente sta cercando il motivo che ha scatenato tanta bontà d’animo.” Silvia prima lo fissò per qualche istante, poi scoppiò a ridere, trotterellando allegramente attorno a lui. “Vedi, tesoro? Non lo si può ingannare tanto facilmente” disse, battendo rumorosamente le mani. “Il nostro Principe degli Elfi Vampiro è una creatura da non sottovalutare e oserei anche aggiungere che possiede un’intelligenza fuori dal comune.” Lìspoto la osservò mentre si dirigeva verso il trono e si lasciava cadere sulla soffice imbottitura grigia di raso. La fissò con furia assassina. Se ne stava lì, avvolta nel suo lungo abito di broccato d’oro, del tutto splendida e magnifica, a deriderlo e a colpirlo nell’orgoglio come se fosse l’ultima ruota del carro o il primo pezzente trovato in strada.
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Mostrò ancora una volta i canini prima di parlare. “Perché, mia Signora, avete deciso di nominarmi Generale? Quale oscuro motivo vi ha condotta a una scelta così difficile e importante?” Lei cessò immediatamente di ridere e strinse gli occhi. Dai palmi delle mani avevano iniziato a formarsi piccole scintille azzurre, che si infrangevano, distruggendosi all’istante, sui poggioli del trono. “Devo affidarti una missione altamente pericolosa” gli rispose con voce roca. “Purtroppo le mie inutili spie hanno miseramente fallito il loro compito e ora saranno sicuramente nelle mani del Generale Luca. Pertanto, non vi è altra soluzione. Solo tu e i tuoi Elfi Vampiro siete in grado di affrontarli.” Si interruppe, in attesa di un qualche commento da parte del Principe, il quale però non proferì parola. “Devi liberare i Volcan.” Lìspoto sbarrò gli occhi e spostò lo sguardo sul Generale dai capelli argentati che appariva sconvolto quanto lui. “Tesoro, non puoi liberarli, sono creature degli Inferi, e nessun essere vivente è in grado di gestire il loro potere e il loro smisurato desiderio di uccidere!” La Madre scattò in piedi e gli si avvicinò rapidamente, ponendogli un dito indice sulle labbra. “Sciocchezze, amore mio, sciocchezze” sussurrò, con voce mielosa. “Dimentichi che io sono la Madre e che con l’aiuto degli Stregoni i Volcan saranno facilmente controllabili e sottomissibili.” “I Volcan sono demoni e non conoscono padroni” la interruppe Lìspoto, sibilando. “Ci annienteranno tutti, quindi si dedicheranno alla distruzione di ogni altro essere vivente dell’Universo. Sarà la fine della vita e delle cose.” La Madre si voltò con uno scatto nervoso verso di lui e gli si piazzò di fronte, storcendo il naso per la puzza emanata dalla sua pelle. “I Volcan saranno miei schiavi e con loro al mio fianco diverrò imbattibile. Essi si uniranno ai miei soldati e ai tuoi Elfi. Saremo un’unica, grande famiglia che distruggerà una volta per tutte la famiglia reale!” Silvia si accomodò sul trono, fissando un punto vuoto dinanzi a sé, con gli occhi sbarrati e colmi di una luce folle e inquietante. “Mia Signora, sei sicura di volerlo fare davvero?” le chiese l’alto Generale, inginocchiandosi accanto a lei. “E se non riuscissi a controllarli?” La Madre gli sorrise amabilmente e gli posò una mano sulla testa, facendo poi scorrere lentamente le lunghe dita affusolate sui suoi capelli. “Dubiti di me, mio amato?”
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L’ Elfo affondò gli occhi grigi nei suoi e scosse la testa. Quindi si rialzò e si piazzò di fronte a Lìspoto, scambiando con lui uno sguardo incerto e carico di una malcelata dose di preoccupazione. “Farai come ti è stato ordinato, d’accordo?” urlò Silvia, fissando i canini del Principe che avevano preso ad allungarsi lentamente. Lìspoto spostò il Generale con una spallata e si inchinò di fronte a lei. “Quali sono i vostri ordini, mia Signora?” La Madre gli sorrise e si aggiustò un ciuffo di capelli castani che era sfuggito al rigore dello chignon. “Presto radunerai il tuo esercito e ti recherai sul Monte Vulcano per liberare i Demoni. Quindi li condurrai al mio cospetto. Credi di poterlo fare, mio nuovo Generale?” Lìspoto sibilò appena, mantenendosi piegato in avanti, quindi si rizzò in piedi, si avvolse per bene nel lungo mantello nero e annuì, sotto lo sguardo ancora preoccupato dell’alto Elfo. Attese qualche secondo ancora, prima di dare le spalle alla Madre e dirigersi a passi rapidi verso l’uscita. Ora conosceva perfettamente quale sarebbe stata la sua prossima missione dopo la liberazione dei Volcan. Non avrebbe permesso a nessuna creatura, Elfo o Mostro che fosse, di torcere anche un solo capello alla Signora degli Elfi.
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11 L’anello di Aresil
“Benedetto ragazzo!” urlò Anna, saltando al collo di Sirio. “Hai salvato mia nipote e il nostro carissimo Gianni! Avrai per sempre la mia gratitudine!” “Sì, grazie amico” si intromise Gianni, dandogli una pacca sulle spalle. “Sei forte, davvero!” Sirio sorrise e si lasciò stritolare ancora un po’ dall’abbraccio vigoroso di Anna, sotto lo sguardo seccato di Bartolomeo. “Lisa, stai bene?” chiese Matilde, afferrandola per un braccio. “Hai risolto tutto? Possiamo fermare la Madre?” Lei le lanciò una rapida occhiata, quindi chinò il capo e alzò la mano destra, indicandole l’anello. “Ho incontrato un Padre di Aresil. Mi ha dato questo.” Matilde osservò l’anello con sospetto, quindi scosse la testa, mentre gli occhi le si riempivano di lacrime. “E’ dunque tutto finito?” le chiese, con un filo di voce, mentre Bartolomeo, che aveva assistito alla scena, guardava attonito la mano di Lisa. “No, cara amica, siamo solo all’inizio” intervenne Sirio, che era riuscito a liberarsi dalla morsa di Anna. “Fermeremo la Madre e la ricacceremo nella dimensione oscura, dove verrà sigillata per l’eternità.” Anna, nel frattempo, si era avvicinata alla nipote e la stava fissando con aria interrogativa. “Allora, mi dite che diamine è successo a Parigi?” tuonò, fissando alternativamente Lisa e Bartolomeo. “O devo aspettare che i miei capelli diventino grigi come quelli della nostra cara Meredith per sapere qualcosa?” Lisa trasse un profondo respiro, invitò tutti ad accomodarsi in salotto e raccontò rapidamente quanto aveva vissuto e sentito dopo il suo passaggio attraverso lo specchio di Versailles. Tralasciò naturalmente di parlare del suo personale incontro con Sirio, anche se sentiva su di sé lo sguardo indagatore e profondamente scocciato di Bartolomeo. Mentre veniva sfiorata dal ricordo del bacio del Ribelle di Aresil, cercò con tut-
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te le sue forze di nascondere le proprie emozioni, ma dall’occhiata allibita che le riservò il Generale, comprese di aver fallito. “Incredibile, nessuno di noi ha mai raggiunto Aresil” sussurrò Anna, a bocca spalancata. “E hai… hai visto la tomba di mia sorella?” Lisa le riservò un dolce sorriso, quindi scosse la testa. “No, zia, non ne ho sentito la necessità. Lei mi è molto vicina, in questi giorni…” Si interruppe, per non essere costretta a fornire ulteriori spiegazioni. “Certo cara, capisco.” concluse Anna, visibilmente emozionata. Quindi Lisa scattò in piedi e prese a misurare a grandi passi la stanza, sotto lo sguardo preoccupato dei presenti. “E ora?” ringhiò Gianni, lanciando un’occhiata poco rassicurante all’anello. “Che ne facciamo di quello? I Padri di Aresil ci stanno con la testa o hanno qualche rotella fuori posto?” Anna si bloccò e lo fissò di sbieco. “Non dobbiamo né possiamo sottovalutare i nostri Padri” lo rimbeccò, puntandogli un dito contro. “Se hanno consegnato a Lisa questo anellino, lo hanno fatto perché convinti che possa fermare davvero la Madre. Dobbiamo avere fede.“ “In cosa dobbiamo avere fede, Anna?” sbraitò Bartolomeo, scattando in piedi a sua volta. “Ma non capisci che i Padri non vogliono aiutarci? Hanno dato a Lisa un ridicolo gioiellino senza fornirle alcuna spiegazione plausibile! Ci stanno solo prendendo in giro! Non ho mai sopportato gli abitanti di Aresil…” Si interruppe, fissando Sirio con astio. Questi sorrise e prese la parola. “Io sono comunque dell’idea che quell’anello possa veramente combattere il potere della Madre. Con l’aiuto dei miei soldati, in ogni caso.” Bartolomeo gli si piazzò di fronte e scoppiò a ridere. “E che pensate di fare? Venti alieni contro chissà quanti soldati dell’Esercito della Madre?” “Barty, basta” intervenne Lisa, con voce stanca. “Hai visto anche tu, nella Galleria degli Specchi, di cosa sono capaci i Ribelli. Dobbiamo avere fiducia in loro e ringraziarli per l’aiuto che ci stanno donando.” “Vedremo” rispose lui, sbuffando. “Vedremo.” Gianni si alzò in piedi e gli si avvicinò, dandogli una gomitata nello stomaco. “Vuoi smetterla di rompere? Sei sempre il solito pessimista antipatico e…”
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“Ora basta!” urlò Anna, fissando i due severamente. “Al momento abbiamo problemi ben più gravi da risolvere e i vostri sciocchi litigi sono del tutto inopportuni!” “Dobbiamo sbrigarci. E’ in arrivo un grosso temporale.” Tutti si girarono verso Matilde che si era accostata a una finestra, ad osservare cupamente il cielo già plumbeo. “Sì, dobbiamo muoverci davvero” intervenne Sirio che l’aveva raggiunta in un batter d’occhio. “Questo è solo l’inizio. Le energie del Sole di Aresil e del Lago di Smeraldo si stanno consumando e quelle nubi ne sono la prova certa.” “L’inizio della fine.” sussurrò Matilde, asciugandosi una lacrima, mentre la pioggia aveva già preso a rigare la finestra, in un monotono e lento tintinnio. *** “Un anello? Tutto qui?” urlò Luca, allargando le braccia.“Sirio dice che dobbiamo fidarci dei Padri di Aresil” rispose Lisa, abbracciandolo. “Andrà tutto bene, ne sono convinta.” Il fratello la strinse forte a sé, quindi le posò un bacio sulla fronte. “Forte e coraggiosa” le sussurrò, staccandola dolcemente. “Ora riposati, fra due ore incontreremo il Consiglio e ne vedremo delle belle. Io, nel frattempo, provvederò ad interrogare i soldati della Madre.” Lisa annuì e lo guardò uscire in fretta dalla sua camera, con il viso contratto da un’evidente preoccupazione. Si avvicinò all’ampia finestra e osservò il cielo del Regno Elfico. L’usuale verde smeraldo aveva lasciato il posto a una tavolozza macchiata di grigio e di nero, intervallata da squarci di un blu elettrico che presagivano l’arrivo imminente di una tempesta. Anche la temperatura era calata sensibilmente. Appena aveva messo piede nel Regno Elfico, circa un’ora prima, era stata raggiunta da una folata di vento gelido, del tutto incomprensibile nella stagione calda, che l’aveva obbligata a indossare abiti autunnali. Osservò con malinconia il maglione di lana, scuotendo la testa, quindi spostò lo sguardo sul giardino del Palazzo Reale, sferzato da un vento energico che, dal vicino Bosco delle Querce, aveva trasportato sugli ampi viali piccoli rami spezzati e foglie di varie dimensioni e fattezze.
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Rabbrividì non solo per gli spifferi d’aria fredda che penetravano dalle fessure delle finestre, ma soprattutto per la partenza imminente dell’Esercito verso il Regno delle Paludi. Il tempo ormai era agli sgoccioli e l’intero Universo stava sicuramente urlando la sua sofferenza per la fine imminente di ogni cosa. Persa in quei pensieri poco rassicuranti, sobbalzò quando al suo fianco le apparve Bartolomeo, tossicchiante nell’abituale nube gialla. “Accidenti, Barty, mi hai fatto prendere un colpo!” Lui scacciò con la mano l’ultimo residuo di fumo, quindi la squadrò da cima a piedi con aria sospettosa. “E perché mai? Stai forse aspettando qualcun altro?” Lisa lo fronteggiò, puntando i suoi occhi su quelli grandi e brillanti del Generale. “Che intendi dire?” sibilò, a denti stretti. “Se devi chiedermi qualcosa, questo è il momento giusto per farlo!” Bartolomeo si passò una mano tra i capelli castani perennemente scompigliati, e cominciò a misurare la stanza a grandi passi. “E va bene, vuoi proprio saperlo?” bofonchiò, infiammandosi. “Sono convinto che tu non mi abbia raccontato tutto sulla tua permanenza ad Aresil, e la cosa mi infastidisce parecchio.” Si interruppe, in attesa di una reazione da parte di Lisa che, infatti, non tardò ad arrivare. “Non è successo altro, intesi?” gridò lei, battendogli un dito sul petto. “E per favore, smettila di rompermi le scatole con questa tua assurda gelosia! Io amo te e non Sirio, te lo vuoi ficcare in quella zucca vuota, una volta per tutte?” Bartolomeo sbuffò e la fissò con occhi tristi. “I miei poteri empatici non si sbagliano mai. Tu non mi stai dicendo la verità, Lisa…” Lei avvampò e gli girò le spalle, puntando poi verso la porta della camera. “E ora, dove vai?” le chiese Bartolomeo, afferrandola per un gomito. “Via da te, almeno per il momento.” gli rispose, senza riuscire a guardarlo in viso. Il Generale sbarrò gli occhi e mollò la presa all’istante. “E sia, allora.” sussurrò, svanendo nella nube gialla. Lisa strinse i pugni e soffocò un urlo. Si odiava per il sentimento che nutriva nei confronti di Sirio, ma soprattutto si detestava per la sofferenza che stava arrecando ingiustamente a Bartolomeo. Quella situazio-
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ne doveva terminare subito e ci avrebbe pensato lei, facendo un bel discorsetto al fratello di Andromeda. Respirò profondamente, spalancò le porte e si diresse a gran velocità verso la Biblioteca Segreta, seguita da un nugolo di Guardiani che stentavano a tenere il suo passo. “Fermi!” tuonò, una volta dinanzi alla porta d’ingresso della Biblioteca. “Qui sono al sicuro, non temete.” Fissò il Guardiano più vicino a lei, che approvò, quindi entrò con prepotenza nella Biblioteca, fermandosi però di botto al centro della stanza. In un angolo, Andromeda e Gianni si stavano baciando, avvinghiati come due piovre, e non sembravano porre molta attenzione alla presenza della Signora degli Elfi. Lisa alzò lo sguardo al cielo e tossì una prima volta, poi una seconda e infine una terza. Esasperata, si avvicinò a Gianni e gli mollò un ceffone sulla nuca. Lui si staccò all’istante da Andromeda e fulminò Lisa con uno sguardo che avrebbe potuto incenerirla in pochi attimi. “Insomma, questa è una cosa assurda… intendo dire… la vostra relazione… come credete di portarla avanti?” chiese lei, fissando prima Gianni, quindi la Bibliotecaria. “Non penserete di vivere sempre in questa stanza, giusto?” Andromeda le sorrise e le si piazzò di fronte, puntando i suoi occhi azzurri su quelli verdi della Signora degli Elfi. “Non preoccuparti per noi” le rispose, con un tono di voce così dolce e mellifluo che le fece salire una dose notevole di nausea. “Ora ci sono problemi ben più importanti da affrontare.” Lisa sbatté gli occhi, quindi li sgranò, scuotendo la testa. “Abile a cambiare discorso” brontolò tra sé e sé, sotto lo sguardo duro di Gianni. “Allora Andromeda, che mi dici dell’anello che mi è stato donato dai Padri di Aresil? Che ci devo fare?” “Non rivolgerti con questo tono alla Bibliotecaria” la rimbeccò Gianni, battendo un pugno su un tavolo impolverato, che scricchiolò pericolosamente. “Devi portarle rispetto, anche se sei la Signora degli Elfi!” Andromeda gli posò una mano sul braccio e gli sorrise, facendolo avvampare come un tizzone ardente. “Tranquillo, Gianni, è tutto sotto controllo.” Lisa alzò gli occhi al cielo, quindi afferrò una sedia sbilenca e si sedette, ben attenta a mantenerla in equilibrio. “Allora, che mi dici di questo?” le chiese ancora, alzando la mano destra. “Quale potrebbe essere la sua utilità?”
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La Bibliotecaria fluttuò verso di lei e Lisa si trovò ancora una volta a pensare che era una creatura indubbiamente affascinante, con i lunghi capelli di un biondo quasi argentato che le ricoprivano interamente la schiena e il fisico alto e snello avvolto in una tunica perlacea, che aderiva al suo corpo come un guanto. “Signora degli Elfi, non posso rispondere a questa domanda” le rispose, afferrando la sua mano per guardare con attenzione l’anello. “Ma so che dobbiamo porre fiducia nei Padri di Aresil, perché sono convinta che ti abbiamo consegnato l’arma che fermerà la Madre.” Lisa scosse la testa e appoggiò i gomiti sul tavolo che traballò, sollevando una nuvola di polvere. “Ancora non riesco a capire” sussurrò, mentre cercava di trattenere uno starnuto. “Ranu mi ha detto che, quando sarà il momento, saprò come utilizzarlo. Una ben magra consolazione.” Andromeda le accarezzò una guancia. “Ciò che Ranu ti ha rivelato possiede un’importanza assoluta” le disse, continuando a sorriderle. “E è strettamente legata alla terza Profezia.” “Come?” la interruppe Gianni, facendo cadere a terra il libro che aveva iniziato a sfogliare e che, a contatto col pavimento di legno, sollevò un’altra nuvola di polvere. “Etciù!” Lisa starnutì più volte, si sfregò gli occhi con le dita e fulminò Gianni con uno sguardo rabbioso. “Ne sei sicura?” chiese ad Andromeda, balzando in piedi, con gli occhi che le lacrimavano per l’attacco di allergia. “Quindi Gianni…” “Basta, altro non posso aggiungere” la interruppe la Bibliotecaria, fluttuando verso un angolo della stanza. “Lo sai che non mi è consentito parlare della terza Profezia.” Gianni la fissò con preoccupazione e, quando svanì, diede un calcio alla sedia più vicina, che si spezzò in due. “Contenta, ora?” ringhiò, a denti stretti. “Era proprio necessario che venissi a romperci le scatole? Non potevi startene tranquilla col tuo Generale?” Lisa gli lanciò uno sguardo furibondo e gli diede uno spintone, mentre il ciondolo reale si era già attivato, emanando attorno a lei brevi fasci di luce argentata. “Ricordati sempre con chi hai a che fare” urlò, cercando di trattenere la rabbia che sembrava pronta ad esplodere da un momento all’altro. “Stai parlando con la Signora degli Elfi!”
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Gianni la fissò duramente, quindi strinse i denti e si diresse a passi rapidi verso la porta, spalancandola. “No, sto parlando con una stupida ragazzina sciocca e permalosa, che ha perso la testa per un alieno tutto muscoli e sorrisi.” Le rivolse uno sguardo colmo di disprezzo, prima di uscire dalla Biblioteca, sbattendo la porta dietro di sé. Lisa urlò, afferrò una sedia e la scaraventò contro una parete. Socchiuse gli occhi e cercò di dominare la furia che non cessava di dibattersi dentro di lei. Quando il respiro le ritornò regolare, si lasciò cadere a terra, in ginocchio, singhiozzando. Tutto volgeva forse alla fine, come aveva detto Matilde?
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12 Decisioni importanti
Il Generale Luca si schiarì la voce e si appostò al centro della Sala del Trono, fissando i Consiglieri, immersi in discussioni animate. “Dichiaro aperta questa seduta straordinaria. Presiede la nostra amata Signora degli Elfi.” Lisa ringraziò il fratello con un veloce cenno del capo e lo guardò spostarsi alla sua destra, accanto ad una Matilde pallida e provata. Si alzò dal trono e si lisciò il lungo abito nero che aveva dovuto indossare, in segno di lutto per la morte della madre, sotto lo sguardo severo di Erika, la sua cameriera personale. Spostò rapidamente lo sguardo su Bartolomeo, alla sua sinistra e, quando lo vide sorridere, si sentì incoraggiata, trasse un profondo respiro e si avvicinò ai Consiglieri, seduti sui loro scranni, posti ai lati della stanza. “Come qualcuno di voi già saprà, il mio incontro con i Padri di Aresil si è concluso con la consegna, da parte dell’anziano Ranu, di un’arma… questa.” Si interruppe, alzando la mano destra, per lasciare che i Consiglieri potessero vedere l’anello. “Con esso dovrei essere in grado di fermare la Madre” continuò, agitando la mano. “Mi è stato riferito che, al momento opportuno, saprò come utilizzarlo. Ho tentato di convincere i Padri ad aiutarci in maniera più concreta, ma non c’è stato verso di farli ragionare.” “Mia Signora, se loro ti hanno consegnato quell’anello” la interruppe il Consigliere che le era più vicino. “E sono convinti che sia l’arma che ci aiuterà a sconfiggere la Madre, allora non possiamo e non dobbiamo dubitare, anzi, è nostro dovere porre la massima fiducia sulla scelta che è stata operata.” “Sciocchezze!” intervenne un altro Consigliere, torcendosi nervosamente le mani. “Quell’affarino non ci servirà ad alcun scopo! Come sempre, i Padri di Aresil hanno dimostrato di possedere uno scarso interesse nei confronti degli esseri viventi dell’Universo!”
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“Sei blasfemo! Come osi mancare di rispetto ai nostri Creatori?” sbraitò un terzo Consigliere, battendo un pugno sul poggiolo della scranno. “Le Antiche Leggi impediscono loro di agire in modo differente e questo dovrebbe esserti ben chiaro!” “Oh! Le Antiche Leggi! Sono state scritte dai vecchi Padri di Aresil e hanno ormai perso il loro significato! A mio parere, dovrebbero essere sostituite con Leggi più moderne e sensate!” Un brusio carico di tensione si levò nella Sala del Trono, ma Lisa lo stroncò sul nascere con un rapido, ma deciso cenno della mano. “E va bene, ora basta!” disse con tono sostenuto, in modo tale da poter essere udita da tutti i Consiglieri. “E’ molto probabile che l’anello che mi è stato donato possieda il potere necessario a fermare la Madre, ma io ho preferito mettere le mani avanti e servirmi di un’arma molto più concreta e sicuramente più efficace.” Lisa si interruppe e guardò i Consiglieri che si scambiavano sguardi allibiti e preoccupati. Si girò poi verso Luca, il quale fece cenno a una Guardia di aprire la porta della sala. Lisa ascoltò con ansia il brusio incessante che accompagnò l’ingresso dei Ribelli di Aresil, capitanati da Sirio, che appariva assolutamente tranquillo e padrone della situazione. Scambiò uno sguardo rapido con Bartolomeo, che, fissando il fratello di Andromeda, aveva preso l’aspetto di una tigre inferocita, e rivolse nuovamente la sua attenzione al Consiglio, mentre i Ribelli si appostavano alle sue spalle. “Signori, questi sono abitanti del pianeta Aresil!” urlò, per attirare l’attenzione dei Consiglieri che stavano ancora parlottando tra di loro. “E lui è Sirio, il Ribelle che ha salvato la mia vita e quella del ragazzo della terza Profezia!” Un coro di voci concitate si levò all’unisono e Lisa aprì le braccia in una muta ricerca di aiuto, fissando Luca ed Anna che stavano a loro volta guardando i Consiglieri con aria tesa e preoccupata. La sua attenzione fu poi attirata da Gianni che era immerso in una discussione animata con un membro del Consiglio e pareva sul punto di prenderlo a pugni. “SILENZIOOOO!” gridò Luca, precipitandosi verso i Consiglieri nel tentativo di calmare le acque. “Ora la Signora degli Elfi vi fornirà le dovute spiegazioni.” Lisa trasse un profondo respiro e ringraziò il fratello con un ampio sorriso, mentre Gianni, afferrato per un gomito da Bartolomeo, aveva fi-
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nalmente smesso di agitarsi e se ne stava zitto, con il muso lungo e imbronciato. Luca attese qualche istante, poi, quando finalmente calò il silenzio, si diresse rapidamente verso Matilde che, ancora più pallida, sembrava sul punto di svenire da un momento all’altro. “Tutto bene?” le sussurrò, sfiorandole una guancia con le labbra. “Non hai un bell’aspetto.” “Tra… tranquillo… è tutto … tutto ok” gli rispose lei con un filo di voce. “Non badare a me, hai faccende ben più importanti a cui pensare.” Luca le respirò sul viso e Matilde rabbrividì, con la vana speranza che potesse restare sempre lì, accanto a lei. “Più importanti di te? Non credo proprio…” Lei gli sorrise e gli sfiorò una mano, lanciandogli uno sguardo malizioso. “Buono, ora. Tua sorella sta parlando.” Luca ricambiò il suo sorriso e si girò verso Lisa che stava camminando animosamente sul corridoio, tra le due ali di Consiglieri. “Ascoltatemi per bene, tutti quanti!” urlò la Signora degli Elfi, battendo le mani per attirare la loro attenzione. “Abbiamo bisogno dei Ribelli, non ci sono altre valide alternative, e voi lo sapete! Se per caso l’anello non dovesse rivelarsi l’arma che ci aspettiamo, che dovremmo fare? Soccombere e attendere in silenzio la fine?” “Non possiamo allearci con loro!” la interruppe un alto Consigliere dai lunghi capelli neri. “Ci attireremo contro l’astio dei Padri di Aresil e per noi sarebbe comunque la fine!” “Preferisci forse morire?” lo interruppe Lisa, ponendosi di fronte a lui per fissarlo direttamente negli occhi chiari. “E stare a guardare il tuo popolo che viene annientato dalla ferocia della Madre?” Si interruppe, traendo un profondo respiro, quindi fece due passi indietro per porsi ancora al centro del corridoio. “Allora? Qual è la vostra decisione? Accettiamo l’aiuto dei Ribelli di Aresil o ci affidiamo al potere di un anello? I Padri non sono qui e non ci forniranno altro aiuto! Io voglio sconfiggere la Madre e riportare la pace nell’intero Universo. E questa non è forse anche la vostra intenzione? CHE RISPONDETE?” Lisa si bloccò ancora, ansimando, con le guance in fiamme. Si vide raggiunta in pochi istanti da Sirio che, sussurrando, le chiese il permesso di parlare. Lei assentì e scambiò uno sguardo rapido con Bartolomeo che aveva stretto i pugni e sembrava pronto ad esplodere.
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“Gentili Consiglieri, la Signora degli Elfi ha perfettamente ragione” esordì Sirio, sovrastando i presenti con la sua notevole altezza. “Siamo qui per darvi tutto l’aiuto possibile, anche se questo significherà infrangere le Antiche Leggi dei nostri Padri. Da anni noi Ribelli stiamo cercando di farli ragionare, ma non abbiamo ottenuto alcun risultato. La verità è che i Padri si sono chiusi in se stessi, ritenendosi al sicuro tra le mura del loro Palazzo e convinti che le Antiche Leggi li proteggeranno per l’eternità. Ma si sbagliano e voi, cari Consiglieri, se leggerete nel vostro cuore, saprete perfettamente che ciò corrisponde alla più dura delle verità. Accettate quindi il nostro aiuto e muoviamo insieme contro la Madre!” Sirio si interruppe e lanciò uno sguardo intenso a Lisa che avvampò e si sentì mancare. Osservò di sbieco Bartolomeo, che la fissava con occhi stretti a fessura e un’espressione indecifrabile ben dipinta sul viso, quindi riprese la parola. “I Generali vogliono marciare con i Ribelli verso i territori della Madre e io concordo perfettamente con loro. Attendo ora il vostro parere, ma in fretta, non c’è più tempo da perdere.” Lisa girò sui tacchi e si diresse verso il trono, dando ai Consiglieri l’opportunità di prendere una decisione. Sirio la seguì e riprese il suo posto tra le fila dei Ribelli, mentre Bartolomeo lo fissava in tralice, i pugni ancora stretti e le labbra tremanti. “Sei stata bravissima.” le sussurrò Luca, invitandola a sedere sul trono. “Magnifica, direi, come solo Marta avrebbe potuto esserlo” continuò Anna che aveva gli occhi lucidi e appariva visibilmente emozionata. “Sono molto fiera e orgogliosa di te, Lisa cara.” Lei annuì e, dopo essersi accomodata sul trono, attese ancora qualche istante, prima di parlare al Consiglio. Si sentiva stanca, esausta, priva di energie, ma ben intenzionata a far accettare al Consiglio l’aiuto dei Ribelli di Aresil, fosse stata l’ultima cosa che avrebbe fatto nella sua vita. Barcollando lievemente, si alzò quindi in piedi e tossì per attirare l’attenzione dei Consiglieri. “Allora? Qual è la vostra decisione?” Li fissò intensamente, passandoli in rassegna ad uno ad uno, quindi riprese la parola. “Chi di voi intende accogliere l’aiuto dei Ribelli?” Passò qualche istante prima che un numero consistente di Consiglieri alzasse la mano. Lisa esultò in cuor suo e sorrise, traendo un profondo respiro.
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“Bene. La maggioranza ha deciso. Sirio e i suoi soldati si uniranno al nostro esercito. Vi ringrazio di cuore e vi assicuro che non vi pentirete di questa scelta. Ora cedo la parola al Generale Luca che vi illustrerà il piano d’attacco.” Guardò il fratello, che la ringraziò con un breve inchino, e si piazzò al centro del corridoio, ruotando attorno a se stesso per dare una rapida occhiata ai Consiglieri, persi in commenti e chiacchiere. “Questa mattina i Ribelli di Aresil ci hanno consegnato due soldati della Madre, che io stesso ho provveduto ad interrogare, con l’aiuto dei Generali Filiberto e Bartolomeo.” Si interruppe per osservare la reazione dei Consiglieri, che non tardò ad arrivare. “Siete quindi riusciti a scoprire qualcosa di importante?” chiese infatti l’alto Consigliere dai capelli neri, mentre dipingeva sul viso un’espressione tesa ma nello stesso tempo incuriosita. “Il Generale Bartolomeo ha utilizzato il suo potere empatico per estorcere loro più informazioni possibili” rispose Luca, passandosi nervosamente una mano tra i capelli. “Ma l’unico fatto di cui siamo certi è che la Madre non ha ancora organizzato il suo Esercito per attaccarci. Sembra sia in attesa di qualcosa…” “E, naturalmente, voi non avete la più pallida idea dell’entità di questo qualcosa” lo interruppe un altro Consigliere, con l’aria di chi la sa lunga. “O sbaglio?” “E’ vero, non lo sappiamo. Ma tanto per essere più tranquilli, abbiamo rinforzato la guardia alla cella del figlio del Nero Signore, nel caso la Madre intendesse provare a liberarlo.” “Tutto qui?” chiese lo stesso Consigliere, con tono canzonatorio. “I vostri interrogatori servono sempre a ben poco, non abbiamo altro che un pugno di mosche.” Luca gli si piazzò di fronte, si inchinò davanti a lui e appoggiò le mani sui braccioli dello scranno. “Vuoi venire tu, saggio Odoacre, a compiere il lavoro di noi Generali? Sai, non mi dispiacerebbe affatto trascorrere il resto della mia vita col sedere appoggiato a questa bella poltrona… che dici, facciamo cambio?” Lisa sorrise e chinò il capo verso terra, per evitare di farsi scoprire dai Consiglieri in un atteggiamento indubbiamente poco regale. Pensò che Luca aveva appreso qualcosa da lei, anche se non si trattava proprio di una delle caratteristiche migliori della Razza Umana.
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“Allora?” continuò Luca, senza spostarsi di un centimetro. “Che mi dici, Odoacre?” Il Consigliere soffiò e incrociò le braccia sul petto, fissando ostinatamente il pavimento. Luca sorrise compiaciuto e ritornò con passo veloce al centro del corridoio. “Quindi, saggi Consiglieri, la nostra intenzione è quella di marciare in fretta verso la Madre, scortati dai Ribelli e dall’esercito del Picco Oscuro che, come ben sapete, si è unito al nostro senza grosse resistenze. Infine, nella notte arriverà a Palazzo la Strega Meredith che…” “Come? La Strega? Perché?” lo interruppe ancora Odoacre, scattando in piedi. “E’ un essere blasfemo, prima di unirsi alla nostra causa, lavorava per la Madre, non ci si può fidare di lei!” Lisa balzò in piedi a sua volta e lo additò. “Come osi rivolgerti con questo tono al Generale Luca? La decisione è stata presa! Meredith conosce formule dell’Antica Magia che ci potranno essere utili contro l’esercito della Madre. E non c’è altro da aggiungere!” Lisa spostò lo sguardo su Gianni che la stava fissando sbigottito, con la bocca spalancata come un pesce lesso, e con l’atteggiamento di chi non riesce a credere alle proprie orecchie. Odoacre si irrigidì, fece un breve inchino rivolto alla nuova Signora degli Elfi e infine si riaccomodò, con uno sguardo cupo e offeso. “Come stavo dicendo” riprese la parola Luca, camminando nervosamente su e giù per il corridoio. “Così sarà composto il nostro esercito. Marceremo verso il Regno delle Paludi e sconfiggeremo la Madre. Ci sono altre domande?” Un silenzio tombale cadde sui presenti, finché un Consigliere, di statura decisamente più bassa rispetto agli altri, si alzò in piedi, posando gli occhi su Gianni. “Non avete fatto cenno alla terza Profezia” bofonchiò timidamente, arrossendo. “Il ragazzo Gianni, qui presente, dovrebbe giocare un ruolo essenziale in questa tragica faccenda.” “La terza Profezia è un affare che non ci riguarda!” intervenne Anna, che finora aveva preferito starsene silenziosamente in disparte. “Essa si compirà indipendentemente dalle nostre azioni e la sua forza consiste proprio nell’ ignoranza del suo significato.” Il piccolo Consigliere annuì e sedette lentamente, fissando la Signora degli Elfi con aria colpevole.
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Lisa tossì e si alzò in piedi, lisciando nuovamente il lungo abito nero che si era stropicciato in più punti. “La seduta è tolta. Siete liberi di andare” disse, elargendo al Consiglio un ampio sorriso che voleva essere rassicurante. “E non temete, la vittoria sarà nostra.” Lisa ascoltò in silenzio, compiaciuta, il fragoroso applauso che seguì le sue parole, quindi, stanca e svuotata di ogni energia, corse verso Anna, abbracciandola. “Brava, tesoro, sei degna figlia di tua madre” sussurrò la zia, accarezzandole i capelli. “Coraggio, ora vai a riposare, dirò ad Erika di portarti in camera un buon the caldo e qualche biscotto.” Lisa assentì, trattenendo a stento lacrime di stanchezza, e osservò Sirio mentre usciva dalla Sala del Trono in compagnia dei suoi Ribelli. “Sei stata magnifica.” Sussultò e si girò verso Bartolomeo che stava però osservando il fratello di Andromeda con un cipiglio infastidito. Lui si rilassò solo quando Sirio scomparve dalla sua vista oltre la porta e, quindi, afferrò dolcemente una mano di Lisa, portandosela alle labbra. “Qui non posso osare di più” le bisbigliò all’orecchio, facendola avvampare. “Ti raggiungo in camera prima di cena.” Lei sorrise, incrociando lo sguardo severo di Anna che aveva fulminato Bartolomeo con un’occhiataccia colma di rimprovero, quindi prese sottobraccio una Matilde sempre più pallida e provata. “Andrà tutto bene, non preoccuparti” cercò di rassicurarla. “Presto questi momenti saranno solo un brutto ricordo.” Matilde non rispose, limitandosi a fare un breve cenno del capo, e spostò lo sguardo su Gianni che le aveva raggiunte e fissava Lisa con aria ancora stralunata. “Incredibile, che ti è successo oggi?” la canzonò, strattonandola per un gomito. “Dov’è finita la ragazzina sciocca e altezzosa che ho imparato ad odiare?” Lisa si fermò, puntando gli occhi verdi su quelli sottili e scuri di Gianni. “E’ morta” gli rispose, in un sussurro. “Morta e sepolta.” Gianni le sorrise, le diede una pacca sulle spalle e uscì baldanzoso dalla Sala, sotto lo sguardo stupito di Lisa.
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Lisa era appena uscita dalla doccia e si stava spazzolando i lunghi capelli castani, ancora avvolta nell’asciugamano. Milioni di pensieri le affollavano il cervello e le avevano fatto scoppiare un’emicrania terrificante, che le pulsava a ritmo incessante all’altezza delle tempie. Troppi avvenimenti avevano sconvolto la sua vita negli ultimi mesi. Il ritrovamento e la morte della madre, la scoperta di un fratello di cui per anni aveva ignorato l’esistenza, la rivelazione della sua vera identità, la lotta contro il Nero Signore degli Elfi e il tradimento di Paolo o, per meglio dire, di Elia, fino ad arrivare alla battaglia contro la terribile Silvia, origine di ogni male. Era troppo, per una diciassettenne che mirava solo a condurre una vita tranquilla e spensierata, dedicando il proprio tempo agli studi e agli amici. No, non avrebbe tollerato di vivere così ancora per molto, presto sarebbe stata scritta la parola fine alla situazione assurda in cui si era trovata coinvolta e forse… forse la spensieratezza che aveva caratterizzato i suoi primi sedici anni avrebbe ripreso il suo legittimo posto, cancellando definitivamente gli incubi e le ansie che l’avevano accompagnata fin dal suo ingresso nel Regno Elfico. Era stufa. Stufa di dover combattere contro nemici dalla forza e dai poteri sconfinati, stufa di non riuscire più a sorridere, stufa delle sofferenze che avevano riempito il suo cuore, stringendolo in una morsa dolorosa. Fortunatamente, tutta questa assurda situazione le aveva donato il regalo più bello e inaspettato della sua vita, cioè il dolce e buffo Bartolomeo, l’essere che più amava al mondo e che nulla o nessuno avrebbero allontanato da lei, neppure l’affascinante Sirio, con i suoi modi gentili e i suoi sguardi appassionati. Sirio. Una presenza indubbiamente necessaria nell’ultima lotta contro la Madre, ma ingombrante per il suo cuore già colmo dell’amore di Bartolomeo. Il fratello di Andromeda poteva essere definito una spina nel fianco, piccola e difficile da estrarre, o un pensiero assillante che ballonzolava all’interno del suo cervello
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senza riposo, straripando a tratti tra i suoi pensieri e, soprattutto, sull’immagine del dolce Bartolomeo. Mentre osservava il suo visto riflesso nello specchio, e soprattutto le pesanti occhiaie che marchiavano la sua pelle e che la infastidivano parecchio, pensò che avrebbe parlato presto con Sirio per chiarire quell’assurda situazione una volta per tutte. Si chinò in avanti, per dare un’ultima energica spazzolata ai capelli ancora bagnati e, quando si rialzò, le mancò il respiro e il cuore perse un battito. Dietro di lui, riflesso nello specchio, Sirio la stava osservando con un sorriso compiaciuto e gli immensi occhi viola a fissare ostinatamente l’asciugamano che le copriva a stento il corpo. Ruotò su se stessa e gli puntò contro la spazzola, quasi a volerlo colpire. “Ma come ti permetti di entrare nella mia stanza?” sbraitò, arrossendo vistosamente. “Non si usa più bussare? Potevo… insomma… magari ero…” “Calma, calma” la interruppe Sirio, afferrando la spazzola per riporla sul mobile più vicino, già carico di creme e saponi di ogni forma e profumo. “Hai forse dimenticato che io posso leggerti nel pensiero? Sapevo esattamente quello che stavi facendo, quando sono apparso alle tue spalle.” “Beh, però…” Lisa si bloccò, lasciando che la bocca restasse spalancata come quella di un pesce lesso. “Però niente” continuò Sirio, prendendola per una mano, per condurla in camera. “Non devi avere paura di me, puoi stare assolutamente tranquilla e rilassata.” “Come se fosse facile.” pensò Lisa, chiudendo rumorosamente la porta del bagno dietro di sé. “Almeno provaci.” la incalzò Sirio, sedendo sul divanetto con un sorriso sornione. Lisa strinse i pugni e sentì un gran caldo salirle dal petto al viso che aveva ormai preso l’aspetto di un pomodoro maturo. “Vuoi smetterla di leggermi nel pensiero?” ululò, col cuore che le batteva all’impazzata. “Non lo sopporto! Mi fa sentire in gabbia o, per meglio dire, in prigione.” Sirio si rabbuiò e la guardò dirigersi verso l’armadio per afferrare un altro abito che le era stato consegnato poco prima da un’Erika sempre più scontrosa e severa.
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“Mi dispiace, non era mia intenzione turbarti” le rispose lei, raggiungendola in un batter d’occhio. “Ma ti devo parlare.” Lisa si girò verso Sirio e sprofondò nei suoi occhi viola, che le fecero perdere un altro colpo al cuore. “Aspettami qui, vado a vestirmi” sbottò, chiudendosi in fretta in bagno. “E spero sia importante, o…” Pochi istanti dopo Lisa sedette sul divano, imitata da Sirio, che le afferrò con dolcezza una mano. Lisa tentò di staccarsi, ma lui non allentò la presa, passandole invece l’altra mano sui capelli, ancora bagnati, per arrivare alle spalle. “Sei magnifica, Signora degli Elfi, e io ho intenzione di catturare e di imprigionare il tuo cuore, che già mi appartiene, anche se solo in piccola parte. Ho iniziato la mia battaglia contro il Generale Bartolomeo e non ho alcuna intenzione di rinunciare a te. Quando tutta questa storia sarà finita, il tuo cuore sarà completamente mio, per sempre!” Lisa sbatté le palpebre e scosse la testa. Era allibita e infuriata, sia con Sirio, tanto premuroso da essere convinto di poterla allontanare così facilmente da Bartolomeo, che con se stessa, per il tumulto di emozioni che stava provando in quel momento. Cercò di alzarsi, ma lui la trattenne, passandole un braccio attorno alla vita. La trasse verso di sé, le posò l’altra mano dietro la nuca e si abbassò sul suo viso. Le labbra di Sirio accarezzarono timidamente le sue, quindi si fecero più prepotenti e Lisa si sentì mancare. Ebbe l’istinto di abbandonarsi tra le sue braccia, ma l’amore che provava per Bartolomeo prese il sopravvento. Puntò quindi le mani sul petto di Sirio e lui si allontanò, con gli occhi ancora accesi di passione. Tutto accadde poi in pochi istanti. Lisa vide Bartolomeo gettarsi su Sirio e rotolare con lui sul pavimento, mentre gli sferrava calci e pugni. Urlò e si portò le mani sui capelli, mentre due Guardie facevano irruzione in camera, con le spade sguainate. “Fermateli!” li implorò. “Vi scongiuro, fermateli, o si uccideranno!” Bartolomeo era sopra Sirio e lo stava riempiendo di pugni in faccia. Il fratello di Andromeda non reagì ancora per qualche istante, finché non lo allontanò con un solo cenno della mano, facendolo cozzare contro l’armadio. Bartolomeo cadde a terra, frastornato, sotto lo sguardo terrorizzato di Lisa. Sirio stava per lanciarsi su di lui, ma si fermò dinanzi alle due Guardie che si erano piazzate tra lui e il Generale e gli puntavano contro le loro spade.
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“Spostatevi, questi non sono affari che vi riguardano” disse Sirio pacatamente, osservando con attenzione i due alti Elfi. “Non è mia intenzione farvi del male.” Lisa, nel frattempo, era corsa verso Bartolomeo e, con un fazzoletto, stava tamponandogli una ferita sulla nuca che sanguinava vistosamente. “Vattene, Sirio, esci immediatamente dalla mia camera!” urlò, lanciando al fratello di Andromeda uno sguardo supplichevole. “Te ne prego, lasciaci… ora.” Sirio aveva già alzato una mano per allontanare le due Guardie, ma, dopo essersi immerso nei panni di Lisa, che ora era solo colma d’amore e di preoccupazione nei confronti di Bartolomeo, le lanciò uno sguardo che lei non riuscì ad interpretare e svanì nel solito lampo accecante. “Stai… stai bene?” chiese Lisa a Bartolomeo, che stava tentando di alzarsi. “Non toccarmi!” ringhiò lui, allontanandola in malo modo. “Via!” Lisa spalancò gli occhi e un fremito le corse lungo il filo della schiena. Congedò le due Guardie e, con le labbra serrate e gli occhi lucidi, si scostò rapidamente dal Generale, guardandolo barcollare verso la porta, con il fazzoletto ben pigiato sulla nuca. “Aspetta, devo spiegarti! Io non ho fatto nulla!” urlò, con la voce rotta dall’emozione, muovendo un passo verso di lui. “Devi ascoltarmi!” Bartolomeo si girò, gli occhi iniettati di sangue e uno sguardo che la fece rabbrividire. “Nulla? Un bacio sarebbe nulla? Vi ho visti bene, tu e Sirio, avvinghiati come due piovre. Che stupido sono! Non avrei mai dovuto fidarmi di te e dare retta al mio istinto!” Lisa impallidì e si sentì mancare. “Perché… che… che c’entra il tuo istinto, scusa?”! Bartolomeo le si avvicinò. Aveva gli occhi lucidi e le labbra serrate in una smorfia quasi di dolore. “Non lo immagini, Lisa?” le rispose con voce rauca. “Lo vuoi proprio sapere?” Lei annuì, impallidendo. “Il mio istinto mi ha sempre detto che non sei una femmina in grado di amare un solo maschio. Ho cercato di ignorare questa vocina gracchiante e insistente, ma ora ecco qui il risultato. Offeso, tradito, trattato come un verme…” “Basta!” urlò Lisa, spingendolo all’indietro con rabbia. “Non ti rendi conto di quello che dici! Io non ho fatto nulla di male, è… è stato Sirio a baciarmi, e non viceversa!”
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Bartolomeo stava per ribattere, quando sentì bussare alla porta. “Mia Signora, ha bisogno d’aiuto?” chiese una delle Guardie, aprendo leggermente la porta. “E’ tutto a posto?” Lisa ricacciò indietro le lacrime e si schiarì la voce, rotta dall’emozione. “Tutto… tutto bene, nessun problema.” rispose, lasciandosi cadere a peso morto sul letto. Poi rivolse la sua attenzione a Bartolomeo che, nel frattempo, aveva raggiunto la porta. “A questo punto non ho altro da aggiungere” sussurrò lui, osservandola con tristezza. “Ti lascio ai tuoi pensieri.” Lisa lo guardò uscire dalla camera, quindi afferrò un cuscino e lo lanciò contro la porta. Non bastavano le preoccupazioni e le ansie legate alla partenza imminente contro la Madre, dovevano pure aggiungersi problemi sentimentali del tutto futili e fuori luogo! Lei amava Bartolomeo e voleva dividere con lui il resto della sua vita, ma Sirio le aveva confuso il cuore e la mente e la stava mettendo a dura prova. Sicuramente il fratello di Andromeda non avrebbe rinunciato tanto facilmente a lei, ma lo stesso avrebbe fatto anche Bartolomeo, ne era certa. Fissò la porta, indecisa sul da farsi. Se spalancarla e seguirlo per urlargli tutto il suo amore, o lasciare che sbollisse la rabbia. Si alzò dal letto e si avvicinò alla finestra. Sebbene non fosse ancora ora di cena, la giornata era incredibilmente scura. Il cielo, con le sue nubi cariche di pioggia, sovrastava il Palazzo, dando all’ambiente un aspetto spettrale. Dal Bosco delle Querce si era alzata una timida bruma che stava avanzando lentamente verso i giardini, allungando i suoi tentacoli sulle splendide aiuole colme di fiori variopinti e sull’erba blu, ormai brillante delle prime gocce di pioggia. Lisa afferrò il golfino nero che aveva appoggiato sulla sedia di legno e lo indossò, stringendolo con le mani, sul petto. Il potere delle due energie stava indubbiamente diminuendo e lei avrebbe posto fine a questa situazione inconcepibile, una volta per tutte, senza farsi traviare da stupide discussioni tra Sirio e Bartolomeo. Tirò su col naso e si avviò verso la porta, dando un’occhiata alla rosa blu che le aveva regalato la madre in sogno e che aveva sistemato in un piccolo vaso di cristallo. Sentì il potere di Marta inondarle il cuore e lo spirito, e abbozzò un sorriso. Sospirò e uscì a testa alta dalla camera, osservando di sbieco il piccolo anello.
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Dopo aver rivolto un cenno di saluto alle due Guardie, che le fissarono con curiosità i capelli ancora bagnati, passò davanti alla camera di Matilde e la sentì parlare con Luca. Avrebbe voluto utilizzare i suoi sensi elfici per origliare, ma scosse la testa e si diresse in fretta verso le scale che l’avrebbero condotta al piano terra. Era intenzionata a consumare una rapida cena e a coricarsi al più presto, per riposare il corpo e la mente ma, soprattutto, il cuore, troppo stanco e provato per poter sopportare altre emozioni… *** “Sei sicura di sentirti bene?” chiese Luca a Matilde, abbracciandola. “Sembravi sul punto di svenire, durante la seduta del Consiglio.” Lei si accoccolò tra le sue braccia e si sentì protetta come non mai. “Ora sto bene” gli rispose con un filo di voce, socchiudendo gli occhi. “E vorrei che questi momenti non finissero mai.Ti amo, Generale.” Lui sorrise e la strinse ancora più forte a sé. “Vedrai che tutto andrà per il meglio” le sussurrò, passandole una mano tra i capelli. “E poi… poi potremo dedicarci solo a noi, al nostro amore, al nostro futuro.” Matilde sentì una lacrima scorrerle sul viso e si staccò lentamente da Luca, osservandolo con attenzione. Era bello, con i capelli biondi che gli arrivavano fino alle spalle, raccolti in parte in due trecce ai lati del viso. Si perse nell’azzurro dei suoi occhi e seguì con lo sguardo la curva perfetta delle sue labbra. Quindi prese a tremare. “Ho paura” disse, in un soffio. “E proprio per questo ho deciso che verrò con voi.” Luca spalancò gli occhi e l’afferrò dolcemente per le braccia. “Non se ne parla, è escluso” rispose lui, con tono allarmato. “Non ti muoverai da qui. Non posso preoccuparmi per te, quando ho un esercito da guidare in battaglia. Lo capisci?” Matilde scrollò i lunghi capelli rossi e chinò il capo. “No, Luca, io sarò al tuo fianco, a combattere con te e con i tuoi soldati, a combattere per Lisa, per noi, per tutti gli esseri viventi.” “Matilde…”
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“Basta, ho deciso” lo interruppe lei, abbracciandolo nuovamente. “E non mi farai cambiare idea! Voglio esserti vicina, potrebbe trattarsi dei nostri ultimi momenti, e tu lo sai…” Luca sbarrò gli occhi e la cullò teneramente. “E sia. Ma starai sempre accanto a me, sarai la mia ombra e eseguirai ogni mio ordine. Promesso?” Lei si staccò nuovamente e assentì più volte, abbozzando un dolce sorriso. “E ora andiamo a cena” le sussurrò Luca, mentre Matilde gli posava baci maliziosi attorno alle labbra. “O…?” “Generale, avremo tutto il tempo per approfondire il nostro rapporto.” sorrise lei con malizia, accompagnandolo alla porta della camera, con movenze feline. “Ecco Gianni” disse Luca, guardandolo passare impettito di fronte a loro, già avviati verso le scale. “Oh… sta andando sicuramente da Andromeda.” Gianni li fissò con aria sprezzante, sbuffò e salì in fretta i gradini che portavano alla Biblioteca Segreta. La sua Andromeda lo stava aspettando. *** “Durerà ancora per molto?” chiese Gianni, sedendo su una delle sedie sbilenche e impolverate della Biblioteca. “Per quanto dovremmo incontrarci in questo posto lurido e vecchio?” Andromeda fluttuò verso di lui, facendo ondeggiare sulle spalle i lunghi capelli argentati. Gianni ne restò ammaliato e la fissò con occhi carichi di desiderio. “Il mio tempo qui sta per terminare” gli rispose, accarezzandogli dolcemente una guancia. “E da quel giorno in poi le nostre vite si uniranno per l’eternità! Nulla e nessuno oserà disturbarci e non vi saranno più sofferenze a scalfire il nostro cuore.” Gianni la guardò dubbioso. Che intendeva dire? “Stai parlando della terza Profezia, vero?” le chiese con cautela, invitandola a sedere sull’altra sedia accanto a lui. “Io sarò l’artefice di questa Profezia e non posso avere alcun dettaglio… non mi sembra giusto!”
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Lei sorrise e gli sfiorò le labbra con le sue. Gianni sussultò, rabbrividendo. “Devi avere fiducia in me, la speranza alberga nel mio cuore e la vittoria è vicina.” Gianni era frastornato dalla sua presenza e dalle sue parole, a tratti incomprensibili. L’attirò a sé e la baciò con passione, affondando le dita tra i suoi capelli sottili e profumati. Per lei avrebbe fatto qualunque cosa, con lei avrebbe raggiunto le più alte vette dell’Universo e nuotato nelle profondità dell’oceano più vasto. Piccole e timide lacrime scivolarono dagli occhi di Andromeda, mentre si lasciava trasportare dalle emozioni di quegli istanti. Lo aveva letto nel pensiero. Come avrebbe mai potuto rivelargli la verità nascosta dietro la terza Profezia?
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14 Fuga e tradimento
Lisa si trovava, ancora una volta, nella cella di Elia, il figlio del Nero Signore degli Elfi. Aveva acquisito da poco il potere dello spostamento onirico che avveniva durante i sogni, quando veniva pensata da qualcuno. Ciò stava a significare che Elia, seduto su un materasso appoggiato a terra, con la testa tra le mani, stava proprio dedicandosi al ricordo di Lisa. Lei lo fissò con odio. Elia l’aveva tradita, aveva tentato di ucciderla e, per ultimo, aveva come padre il Nero Signore degli Elfi e, come madre, Silvia. Lisa avrebbe voluto afferrarlo per le spalle, scuoterlo, schiaffeggiarlo. Ma lei sola era in grado di osservare le sue azioni. Per Elia non era null’altro che uno spirito invisibile, una presenza non percepibile e eterea. Diede uno sguardo rapido alla stanza. Quadrata, non possedeva finestre, ma era comunque illuminata a giorno, con il pavimento e le pareti bianche. Di fronte al materasso faceva brutta mostra di sé un tavolo sbilenco con una sola sedia. Il resto era composto dal vuoto più totale e assoluto come, del resto, vuoto doveva sentirsi Elia in quel periodo, costretto a trascorrere la sua penosa esistenza in quella cella piccola e silenziosa. Gli si avvicinò e si inginocchiò di fronte a lui, osservandolo per bene. Si stava passando nervosamente le dita tra i capelli neri e scompigliati e, quando alzò il viso, Lisa ebbe un fremito e cadde seduta sul pavimento. Rivelò uno sguardo furioso, terrificante, con gli occhi scuri sbarrati a fissare il nulla, e segnati da un sicuro inizio di pazzia. Aveva perso parecchi chili e la sua pelle appariva di un pallore quasi cadaverico, che le fece provare un debole senso di pietà. Ripensò agli splendidi anni che avevano trascorso insieme, al breve periodo in cui erano stati fidanzati, al suo tradimento, alle dure parole che aveva riservato a lei, Gianni e Bartolomeo. Di conseguenza, la pietà lasciò in fretta il posto a una rabbia crescente e incontrollabile. Lui era l’inizio di tutto, della morte di suo padre e di Luca, poi resuscitato a discapito però della vita di Marta.
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“Ti odio!” gli urlò, fissandolo negli occhi spenti. “Ma la mia vendetta è vicina!” Come se l’avesse udita, Elia balzò in piedi, mentre Lisa faceva altrettanto, allontanandosi rapidamente da lui. Il figlio del Nero Signore prese a camminare nervosamente su e giù per la stanza, afferrò la sedia e la scagliò contro il tavolo. “Maledetta… Lisa… maledetta!” gracchiò con voce rauca, scaraventandosi contro la parete di fronte che, al contatto, si illuminò e lo allontanò con forza, facendolo barcollare. Elia, stanco e debole, cadde a terra e batté la testa contro una gamba del tavolo, imprecando. “Ma… le… detta!” sibilò, rialzandosi faticosamente in piedi. “Ma presto sarò libero e allora ti ucciderò con le mie stesse mani, ti distruggerò e annienterò tutta la tua insulsa famiglia!” Lisa spalancò gli occhi, poi lo fronteggiò, gesticolando vistosamente. “Perché, perché mi odi così tanto? Dopo tutto quello che c’è stato tra di noi… com’è possibile?” Lisa gli batté un pugno contro il petto, ma la mano oltrepassò il suo corpo, come se fosse appartenuta a un fantasma. Scosse la testa e si concentrò per svegliarsi, quando la parete di fronte a lei si dissolse. Spalancò gli occhi, incredula, e fissò attonita il Generale dai lunghi capelli argentati che avanzava baldanzoso verso Elia. Questi, al suo ingresso, si mise sulla difensiva e afferrò la sedia, minacciando di colpirlo. “Vattene! Esci dalla mia cella o comincio a urlare!” sbraitò con voce rotta da una punta di terrore. “Non sei il benvenuto!” L’alto Elfo sorrise, gli si avvicinò e afferrò rapidamente la sedia, appoggiandola a terra. Quindi si mise seduto, con le braccia piegate sul petto, mentre Elia lo fissava con lo sguardo di chi non ha ancora ben capito che sta succedendo. Lisa, da parte sua, era forse ancora più sconvolta del figlio del Nero Signore. Che ci stava a fare lui nella cella di Elia? “Datti una calmata, ragazzo” disse l’alto Elfo, osservandosi pigramente le unghie della mano destra. “Non sono qui per farti del male, ma per portarti via.” Elia sbarrò gli occhi, Lisa si sentì mancare. “Come… a portarlo via?” pensò, sudando freddo. “Via… dove?”
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“Stai bluffando” sussurrò Elia, camminando nervosamente davanti a lui. “Tu mi porterai fuori di qui per… per uccidermi! Ecco, questo è ciò che intendi fare! Ma io non te lo permetterò, mi metterò a urlare, ora…” L’alto Elfo scoppiò a ridere e Lisa si sentì gelare. Non lo aveva mai sentito ridere così. “Oh! Se fossi in te non lo farei, caro il mio ragazzo o, oserei dire, figliastro…” Elia si bloccò, sbarrò ancora di più gli occhi e lo fissò con aria stralunata. Lisa si lasciò cadere a terra, mentre un grande senso di nausea le saliva dallo stomaco alla bocca. Forse era solo un incubo. Certo. Stava sicuramente sognando. Ora si sarebbe svegliata e avrebbe riso delle sue assurde paure. “Tu… che dici?” chiese Elia, mantenendo ancora le distanze dall’alto Elfo. “Sei forse impazzito?” Il Generale scattò in piedi e in pochi istanti gli fu addosso. Lo afferrò per la gola e lo sollevò da terra. “Come osi rivolgerti con questo tono al tuo patrigno?” sibilò, mentre Elia tentava di respirare. “Presto sposerò tua madre e tu non potrai far nulla per impedire che ciò accada.” Lisa vide nero. Socchiuse gli occhi e cercò di svegliarsi, ma ogni suo tentativo risultò vano. Quello che stava vivendo era reale e lei si trovava davvero nella cella di Elia, a sopportare la crudezza e il dramma di quella terrificante rivelazione. “Se fosse per me ti lascerei marcire qui dentro” continuò l’alto Elfo, scaraventandolo sul pavimento. “Ma rispetto la scelta di tua madre. Quindi, per non rischiare di perderla, farò buon viso a cattivo gioco. Ma ti do un consiglio. D’ora in poi, guardati sempre alle spalle, ragazzo. Sai, incidenti ne accadono tutti i giorni e non vorrei mai dover vedere soffrire Silvia per la perdita del suo amato e prezioso figlio.” Elia si rialzò da terra, barcollando, e si passò le dita attorno al collo, segnato dalla stretta dell’alto Elfo. “Tu… o sei un pazzo… o sei un traditore.” riuscì a borbottare, mentre inspirava grandi boccate d’aria. “Né l’uno, né l’altro. Io non ho tradito proprio nessuno. Appartengo da migliaia d’anni all’esercito del Regno delle Paludi e il mio cuore l’ho ceduto a tua madre, dopo che…” Si interruppe, passandosi una mano tra i capelli argentati.
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“Questa è una vecchia storia e non sono qui per ricordarla. Il mio compito ora è quello di liberarti per ricondurti da Silvia. Ti aspetta a braccia aperte, caro ragazzo. Andiamo?” Lisa cercò di rialzarsi, ma la testa le girava vorticosamente e le gambe non ne volevano assolutamente sapere di rispondere ai comandi del suo cervello. Il mondo intero le era crollato addosso e si sentì maledettamente stupida e ingenua per non aver compreso prima quello che stava accadendo. Avrebbe potuto fermarlo e impedire la liberazione di Elia, ma non aveva capito, nessuno aveva capito… “Quando usciremo da qui non incontreremo resistenza” continuò l’alto Elfo, avvicinandosi alla parete di fronte a lui, che si dissolse. “Nessuno oserà mai mettere in dubbio la mia buona fede.” Elia lo fissò per qualche istante, quindi mosse un passo verso di lui. Lisa si alzò di scatto e cercò di afferrarlo, ma gli passò attraverso e cadde sul duro pavimento bianco. “Fermo! No! Guardie!” urlò, con tutto il fiato che aveva in gola. Ma nessuno poteva sentirla. Stette immobile a guardare Elia mentre usciva dalla cella accompagnato dall’alto Elfo, che fece un rapido cenno di saluto alle Guardie. Gridò, prendendosi la testa tra le mani. Quando si risvegliò, Bartolomeo era accanto a lei e la stava scrollando con forza. “Ehi, che succede, che hai?” le chiese con apprensione, fissando i suoi occhi colmi di lacrime. “No, no no!” urlò ancora Lisa, allontanandolo in malo modo per alzarsi. “Devo… devo andare da lei, devo avvisarla!” Bartolomeo la fissò mentre afferrava la vestaglia e la indossava in fretta, correndo verso la porta. “Lisa… chi… chi devi avvisare?” Ma lei era già fuori. Bartolomeo la inseguì lungo il corridoio e la vide bussare come una forsennata alla camera della zia. “Lisa, me che fai, sei forse impazzita?” le chiese, afferrandola per i polsi. “Ora basta, smettila!” Qualche istante dopo la porta della camera si spalancò e sulla soglia apparve Anna, ancora assonnata, che squadrò la nipote con un cipiglio severo. “Tesoro… che combini? Così sveglierai tutto il palazzo…” Lisa riprese fiato e Bartolomeo la lasciò andare, mentre le Guardie si raccoglievano attorno a loro, chi con aria preoccupata, chi con espressione incuriosita.
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“Il traditore… zia… il traditore” sussurrò, col cuore che le scoppiava in petto. “L’ho visto, l’ho visto, ha appena liberato Elia!” Anna sbarrò gli occhi e si appoggiò allo stipite della porta per non cadere. Bartolomeo la girò rapidamente verso di sé e la scrollò con forza. “Ma che dici? Chi è… Allora?” Lisa sospirò, mentre le lacrime le rigavano sempre più copiosamente il volto. Si girò a guardare la zia, che la fissava a sua volta con aria sconvolta. “Marcus…” *** Bartolomeo fu rapido e afferrò Anna prima che cadesse a terra. Lisa era stravolta. Piangeva e fissava la zia che, pallida, veniva adagiata sul letto dal Generale, aiutato da una Guardia. “Sei sicura, Lisa?” le chiese Bartolomeo, schiaffeggiando con tenerezza le guance di Anna. “Te lo ripeto, sei assolutamente sicura di ciò che asserisci?” Lei si lasciò cadere a peso morto sul divanetto e chinò il capo a terra, asciugandosi le lacrime con il dorso della mano. “Mia Signora, questa è un’accusa molto grave” intervenne una Guardia, osservando Anna che si stava riprendendo lentamente. “Stiamo parlando di un Generale e del futuro marito della reggente…” Lei lo osservò con tristezza e annuì, passandosi nervosamente le mani tra i capelli scomposti. “Era lui, l’ho visto. E’ entrato nella cella di Elia e lo ha liberato, senza che, logicamente, nessuno opponesse resistenza.” “Non può trattarsi solo di un sogno?” domandò Bartolomeo, mentre aiutava Anna a mettersi seduta. “Tu, per favore, portale un bicchiere d’acqua.” La Guardia alla quale si era rivolto scattò immediatamente verso l’uscita della camera e si dileguò. “Barty, non era un sogno. E’ il mio potere, io ero lì, in quella cella!” rispose Lisa, ansimando. “E’ tutto vero, Marcus è il traditore!” “Non è possibile, non ci credo!” Lisa scattò in piedi e si diresse verso il letto, fissando la zia che era ben sveglia, anche se appariva pallida e stravolta.
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“Anna, potrebbe…” sussurrò Bartolomeo, passandole il bicchiere d’acqua che gli era stato portato dalla Guardia in quel preciso istante. “Ci hai pensato?” Lei ne bevve un sorso, poggiò il bicchiere sul comodino e scosse lentamente la testa. “No, non è possibile, e tu lo sai, Bartolomeo. Io ero lì, sono stata io a…” Lisa fissò alternativamente il Generale e la zia, quindi la rabbia che aveva tentato finora di contenere, esplose in tutto il suo vigore. “Ma di che diavolo state blaterando?” urlò, afferrando Bartolomeo per un braccio. “Potete rendermi partecipe di questa discussione?” Lui non rispose e Anna scosse ancora la testa. “Ci risiamo! I soliti misteri elfici!” gridò ancora Lisa, alzando le mani al cielo. “Mi farete impazzire, prima o poi, ne sono sicura!” “Mia Signora, che intende fare, ora?” Lei si bloccò all’istante di fronte a quella richiesta formulata da una delle Guardie. Respirò profondamente e decise che doveva darsi una calmata, per il bene della zia. “Svegliate i Generali Luca e Filiberto, e il fratello di Andromeda. Dite loro di recarsi presso lo studio di mia madre. Andate, prego.” Le Guardie annuirono e due di esse lasciarono rapidamente la camera di Anna, per eseguire in fretta l’ordine della Signora degli Elfi. Lisa sedette accanto alla zia e le prese una mano, stringendola con calore. “Mi dispiace, mi dispiace tanto” sussurrò, cercando di ricacciare indietro un’altra ondata di lacrime. “Io… io vorrei non aver assistito alla liberazione di Elia, è stato un momento terrificante, e non ho potuto far nulla per impedire che accadesse!” “Non è colpa tua, tesoro” le rispose Anna, abbracciandola. “Non è colpa di nessuno. Marcus è stato abile, ha ingannato tutti noi.” Lisa si staccò con dolcezza dalla zia e si alzò in piedi, camminando nervosamente davanti a lei. “Che c’è? Mi stai nascondendo qualcosa, vero?” le chiese Bartolomeo, affiancandola. “Avanti, parla!” Lisa si fermò in mezzo alla stanza, torcendo nervosamente le mani. “Tesoro, parla, non puoi colpirmi più di quanto tu non abbia già fatto!” La Signora degli Elfi si girò verso la zia e la fissò negli occhi azzurri grandi e tristi. “Marcus diverrà presto il marito della Madre, ha detto ad Elia di essere il suo futuro patrigno.”
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Anna spalancò la bocca e Lisa la vide tremare da testa a piedi. “Maledetto… ho sempre pensato che fosse un balordo!” esplose Bartolomeo, stringendo i pugni. “Direi che ci ha proprio fregati per bene!” “Generale, modera i termini!” sussurrò Anna, alzandosi faticosamente in piedi. Lisa si precipitò ad aiutarla e le porse la vestaglia. Quindi fulminò Bartolomeo con uno sguardo severo e gli intimò di non ribattere. “Andiamo, zia. Dobbiamo mettere al corrente i Generali e Sirio di quanto accaduto. E prendere una decisione.” Anna assentì lentamente e si lasciò guidare oltre la porta, verso lo studio di Marta. Alle loro spalle, la strega Meredith attese Bartolomeo e lo seguì in silenzio, con i grandi occhi spenti a fissare il nulla. Lisa entrò nello studio di Marta e sentì una fitta al cuore. Non metteva piede in quella stanza da un bel po’ e la sensazione che provò fu di nostalgia e di tristezza. Come un automa guardò Anna che si accomodava sul divano e la strega Meredith che si accostava invece a una finestra, forse con l’assurda idea di guardare fuori, quando i suoi occhi erano immersi da anni nel buio totale. Lisa si appostò in piedi dietro la scrivania della madre e col dito indice ne seguì il profilo, fino a scontrarsi con un porta penne argentato e decorato col disegno di quella che era indubbiamente la rosa blu. Spostò la pesante sedia di legno di quercia, abbellita da intarsi rappresentanti felci verdi, simbolo della Famiglia Reale, e vi si accomodò, appoggiando lentamente i gomiti sul piano. Le sembrava di compiere un sacrilegio nel prendere il possesso dello studio di Marta. Al termine di quella brutta faccenda, avrebbe sicuramente chiesto di spostarsi in un’altra stanza, tutta sua. La stanza della madre era troppo ricca di ricordi piacevoli, ma anche molto dolorosi. Sussultò quando sentì Bartolomeo passarle una mano sulle spalle. Alzò la testa e spostò lo sguardo su Meredith che si ostinava a guardare oltre il vetro della finestra. Come l’ultima volta che l’aveva vista, indossava un abito beige che la faceva sembrare un sacco di patate. Aveva raccolto i capelli grigi in una lunga treccia, dalla quale spuntavano però ciuffi ribelli e quella che poteva sembrare paglia. Quando finalmente si girò verso di lei, Lisa la fissò nei grandi occhi offuscati dalla cecità.
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Mentre si avvicinava lentamente alla scrivania, ne osservò le rughe che le solcavano le guance e che appesantivano un viso già segnato da una vita eterna e sofferta. “Sono vecchia, ma non stupida” sussurrò Meredith, posandole una mano raggrinzita sulla testa. “Ti ricordo che io posseggo la capacità di leggerti nel pensiero, quindi fai attenzione. Sono alquanto permalosa.” A Lisa scappò una risatina che non sfuggì ad Anna. Si rabbuiò all’istante e si sentì sollevata quando fecero il suo ingresso i Generali Luca e Filiberto, accompagnati da Sirio. Lisa lo guardò di sottecchi. Era terribilmente affascinante nella sua lunga camicia perlacea, indossata sopra un paio di pantaloni stretti che disegnavano deliziosamente le curve dei muscoli. Si sentì osservare e alzò il viso. Sirio, in effetti, la stava guardando con malizia. L’aveva letta sicuramente nel pensiero e la cosa la infastidì parecchio. Lo fulminò con un’occhiata saettante, quindi trasse un profondo respiro. “E vero quello che mi è stato riferito?” le chiese Luca, passandosi nervosamente una mano tra i capelli spettinati. “Lisa, ne sei proprio sicura?” Lei annuì, troppo stanca per rispondere. “Zia, hai pensato che potrebbe…” “No, assolutamente no!” lo interruppe Anna, con fermezza. “Devo farmene una ragione…” Lisa storse il naso. Non sopportava quando le venivano tenute nascoste faccende elfiche, era un lato di quel popolo che non riusciva assolutamente a digerire. “Che ne pensa di questa faccenda, Madame Meredith?” Lisa spostò lo sguardo sul Generale Filiberto che aveva appena espresso la sua opinione. Alto e magro, portava i corti capelli scuri sempre in perfetto ordine, anche a notte profonda, rifletté Lisa sorridendo tra sé e sé, e aveva un aspetto da perfettino che, per qualche oscuro motivo, la infastidiva parecchio. Preferiva lo stile caotico e scombinato del suo Bartolomeo, senza ombra di dubbio. Meredith sollevò gli occhi spenti verso il soffitto, stringendo le mani sul petto. Sembrava in tranche. “I miei ricordi e le mie visioni sono confuse. Ciò che un tempo è avvenuto è senz’altro sepolto in luoghi sicuri e introvabili. Solo un piccolo dubbio rosicchia il mio spirito e lo pone in disaccordo con la ragione.”
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“No, Madame Meredith, si sbaglia!” intervenne Anna, con voce rauca. “Il mio cuore lo sa. Il Generale Marcus ci ha traditi, tutti quanti, portandoci allo sfacelo.” Lisa osservò la zia. Era pallida, sofferente, triste. Sirio si avvicinò alla scrivania, ma si sentì fermare da Bartolomeo che lo afferrò per un braccio. “Hai qualcosa da dire?” gli chiese con brutalità, fissandolo in tralice. “Se sì, puoi farlo anche da qui!” Il fratello di Andromeda abbozzò un sorriso e attese con pazienza che Bartolomeo mollasse la presa. “E ora, che intendete fare?” domandò, senza spostare gli occhi dal viso di Lisa, che avvampò. “Dobbiamo convocare il Consigliere Tiberio” rispose Anna, con voce stanca, appoggiando la testa sulla spalla di Luca. “Non abbiamo scelta.” “Chi?” chiese Lisa a Bartolomeo, in un sussurro. “Il saggio Tiberio è il nostro carceriere” le rispose il Generale Filiberto, con fare impettito. “A lui sono affidati gli arresti e lui ha il compito di affiancare la Signora degli Elfi durante i processi. Sono stato esauriente?” Lisa gli fece un breve cenno col capo, pensando che, se si fosse fidanzata con un tipo del genere, probabilmente si sarebbe addormentata in sua presenza già dal primo incontro, quindi rivolse nuovamente la sua attenzione verso Anna, che sembrava sul punto di scoppiare “E’… è proprio a piangere. necessario?” chiese, con cautela. “E quella possibilità di cui parlavate prima?” Nella stanza calò un silenzio pesante, interrotto solo dal respiro dei presenti. “Madame Meredith?” chiese ancora Lisa, con tono supplichevole. “Io ho assistito alla liberazione di Elia da parte del Generale Marcus e, in effetti, lui è da tempo che non si fa vedere, è sempre stato all’accampamento del Passaggio…” “Aveva la frusta?” la interruppe improvvisamente Bartolomeo, afferrandola per le braccia. “In vita aveva la frusta?” Lisa lo guardò con aria interrogativa e cercò di pensare alla velocità della luce. “Sì, l’aveva.” rispose infine, mentre Bartolomeo mollava la presa. “E dove, Lisa?” Lei socchiuse gli occhi e visualizzò la frusta. “Sul fianco sinistro, sì, sul fianco sinistro, ecco dov’era!”Anna sbiancò, Bartolomeo batté un pugno sulla scrivania.
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“Anton…” sibilò Luca, scattando in piedi. “Zia, la tua vita è in pericolo. Ma io non permetterò che lui ti possa fare del male, non te l’ha fatto allora e non lo farà mai!”
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15 I Volcan
Era una notte senza stelle, fredda e umida. Il Principe Lìspoto calò lentamente sulle pendici del Vulcano, seguito a ruota da una decina dei suoi soldati. Alzò una mano per intimare loro il silenzio e avvolse il lungo mantello nero attorno al corpo. Acuì i suoi sensi da vampiro. Gli occhi gli si iniettarono di sangue, i canini si allungarono fin sotto il mento, mentre il viso si deformò, dandogli un aspetto orripilante. Così, il vampiro aveva preso completamente il sopravvento sull’Elfo e ogni passione, emozione o raziocinio erano stati annientati dalla furia dell’istinto assassino. Il Principe inspirò a lungo l’aria pungente di quella notte anomala, quindi spalancò gli occhi. “Li sento, sono vicini” sibilò, passandosi la lingua sulle labbra scure. “E loro hanno percepito la nostra presenza.” I soldati si scambiarono occhiate nervose e trasformarono in pochi istanti il loro aspetto, in attesa di ordini precisi da parte del Generale. “Datemi la serva” li intimò lui, allungando una mano. “Voi resterete qui. Il vostro intervento è assolutamente inutile contro i Volcan. Io sono l’unico che li può avvicinare.” Tra i soldati si levò un brusio di proteste, fin quando il soldato più vicino al Principe non prese la parola. “Vi uccideranno, mio Signore, non avranno alcuna pietà. Perché dovrebbero risparmiarvi?” Il Principe grugnì, emettendo un suono lungo e acuto, e il soldato arretrò di un passo, chinando la testa. “Datemi la serva e aspettate qui il mio ritorno” disse nuovamente, passando in rassegna i soldati con sguardo feroce. “I Volcan non alzeranno un dito contro di me. E ora obbedite!” Il Principe sentì singhiozzare e fissò con un sorriso sprezzante la serva, trascinata a peso verso di lui da uno dei soldati. Quando le fu di fronte, l’afferrò rapidamente con entrambe le mani, spiegò le ali e, noncurante delle sue grida di terrore, spiccò il volo
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nell’aria gelida e nebbiosa di una notte che avrebbe dovuto essere calda e piacevole. Giunse in pochi istanti sulla bocca del vulcano e compì qualche giro in circolo, osservandone l’interno. La montagna era inattiva da millenni e il cratere appariva tranquillo, senza alcuna presenza di lava. Il Principe inspirò ancora l’aria a pieni polmoni, finché non li percepì. Lo stavano aspettando sul fondo del cratere. Si abbassò e posò i piedi su una roccia che sporgeva sulla voragine di qualche metro. Lasciò quindi cadere la serva, che si mise in ginocchio, stringendo convulsamente le vesti sul petto con aria smarrita e terrorizzata. Lìspoto la osservò. Era bella, come lo erano quasi tutte le femmine Elfo. Ma questa, rispetto alle altre, aveva un qualcosa in più. Era giovane e portava i lunghi capelli castani sciolti sulle spalle, ad incorniciare un viso pallido, su cui spiccavano due immensi occhi verdi. L’immagine di Lisa gli balenò fulminea nel cervello e gli scatenò un eccesso d’ira. Si avvicinò alla serva a la colpì forte in viso, spezzandole il setto nasale. La sentì urlare e portare entrambe le mani sul naso, nel tentativo di tamponare il sangue che usciva a fiotti. Le guardò i lunghi capelli che le mulinavano attorno al viso, mossi da un vento prepotente, quindi l’afferrò rapidamente per le braccia, sollevandola di peso. Lei urlò ancora, con gli occhi velati dalle lacrime e dallo stupore. Il Principe annusò il sangue che le colava dal viso al collo, quindi sollevò il labbro superiore, mettendo ancora più in mostra i lunghi canini. Il grido di terrore della serva si spense solo quando Lìspoto affondò i denti nella sua carne. Lei tentò di ribellarsi, graffiandolo sul viso, ma le forze l’abbandonarono in fretta. Chiuse gli occhi e si accasciò tra le braccia del Principe, che succhiava il suo sangue con avidità, emettendo grugniti di piacere. Era eccitato dalla forza e dalla giovinezza di quella servetta, che tanto le ricordava Lisa. Come avrebbe voluto affondare i canini nella morbida carne della Signora degli Elfi e succhiarne il sangue fino a trasformarla nella sua compagna di vita…Mentre assorbiva l’ultima linfa vitale della serva, pensò che quel momento sarebbe giunto al più presto e allora nessuno lo avrebbe più fermato nella sua corsa verso il dominio del Regno Elfico. Finalmente soddisfatto, sfilò i denti dalla carne dell’Elfa e leccò le macchie di sangue sui suoi capelli, assaporandone ancora una volta il sapore deciso e inebriante. Quindi la gettò a terra e la calciò distante, passandosi la lingua sulle labbra. Emise un grugnito di soddisfazione. Il sangue della giovane gli aveva donato l’energia necessaria per affrontare i Volcan. Si strinse nel
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mantello. La notte era troppo gelida per quel periodo dell’anno e il cielo nero non lasciava trapelare neppure la più piccola traccia di una stella. Le leggende sulle due energie erano forse reali? Il ritorno della Madre avrebbe davvero compromesso la vita dell’intero Universo? Scosse la testa, dandosi dello stupido, e si avvicinò al limite della roccia, osservando il fondo del cratere. I Volcan. Esseri demoniaci. Il primo esperimento dei Padri di Aresil per creare gli Elfi Vampiro. Un tentativo che aveva dato vita a mostri pressoché imbattibili, che i Padri avevano imprigionato all’istante sul fondo del Vulcano, rossi di vergogna per l’errore che avevano compiuto. I Volcan. Dalla cui essenza era stato creato in laboratorio il primo degli Elfi Vampiro, il Principe, il capostipite di una nuova generazione, Lìspoto. E ora lui solo avrebbe potuto liberarli dalla loro prigionia, con una semplice goccia del suo sangue. Liberarli. Stava per compiere una pazzia, ne era certo. I Volcan presto si sarebbero ribellati alla Madre, compiendo stragi e distruzioni di ogni sorta, e i Padri di Aresil non avrebbero sicuramente mosso un dito per fermarli. Però, se non avesse obbedito, il suo popolo sarebbe stato indubbiamente annientato dalla Madre. Scalciò un sasso che andò a cozzare contro il corpo svuotato della serva. Come si detestava per non aver ucciso la Madre il giorno del suo ritorno! Ricordò che aveva dovuto controllarsi per non affondare i denti nel suo collo. Ricordò che avrebbe voluto spezzarla in due e darla in pasto ai suoi soldati. Ma la presenza del Generale Guglielmo, che era stato incaricato di annientare il suo popolo al primo errore del loro Principe, lo aveva fermato nel compiere il suo piano omicida. Se solo avesse potuto immaginare che la vita dell’Elfo bionico era ormai giunta alla fine, nulla e nessuno sarebbero stati in grado di arrestare la sua furia. E Lisa, ora, sarebbe seduta al suo fianco, come sua compagna, a lui fedele per l’eternità. I Volcan. Liberarli era indubbiamente una follia, ma lui li avrebbe guidati contro la Madre e tutto si sarebbe finalmente concluso. Ebbe un attimo di esitazione prima di gettarsi nella voragine. In fondo, stava andando incontro a due demoni dai poteri pressoché illimitati. Infine allargò le ali e si perse nel buio, sfiorato dall’immagine del dolce viso della Signora degli Elfi che gli sorrideva appagata e passionale. ***
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Planò su una superficie, di forma rotondeggiante, illuminata da file di torce che ardevano di una spettrale luce azzurra. Alzò il capo verso l’alto. Il buio rendeva impossibile scorgere la fine del cratere e un silenzio inquietante scivolava dalle pareti per insinuarsi nelle sue ossa, regalandogli una fastidiosa sensazione di disagio. Trasse un profondo respiro e richiuse le ali, avvolgendosi nel mantello. Si passò un braccio sulle labbra ancora intrise del sangue della serva, quindi si avviò lentamente verso l’ingresso di un cunicolo, da cui percepiva provenire, più forte che mai, la forza dei due Demoni. Anche quel corridoio scavato nella roccia era illuminato da file di torce composte e ordinate, sulle quali ardeva, in una danza armoniosa, la usuale fiamma azzurra. L’unico rumore era provocato dallo scricchiolio delle suole dei suoi stivali su quello che, a prima vista, sembrava un pavimento di granito nero. Dopo qualche istante, il Principe si arrestò al centro del cunicolo. Lì, l’odore dei Volcan si fece più intenso e gli sconquassò le viscere, facendogli ribollire il sangue nelle vene. Avanzò con passo rapido finché non intravide la fine del cunicolo, splendente di una luce più decisa e brillante. Quando uscì dall’angusto corridoio, si bloccò, scoprendo i denti e allargando le ali. I due Volcan lo stavano fissando con occhi di fuoco e si spostavano nervosamente all’interno della loro prigione. Erano esseri evanescenti, che mutavano il colore della loro struttura dall’azzurro all’arancio, avvolti da un’aura di energia bianca che delineava a tratti i loro contorni non ben definiti. Sembravano fiamme che ardevano di un fuoco perenne, sulle quali spiccavano gli enormi occhi rossi, scintillanti di odio e di crudeltà. Lìspoto, ben deciso ormai ad andare fino in fondo a quella scomoda faccenda, si avvicinò loro, osservando la prigione che li aveva tenuti segregati per millenni. Era costituita da un numero infinito di fasci di luce, che scaturivano da sette cristalli appoggiati a terra e che creavano una ragnatela impenetrabile di energia. I Volcan ne erano circondati e lo spazio a loro riservato per muoversi era davvero limitato. Il più alto dei due Demoni osò avvicinarsi ai fasci di luce, e un’onda di energia bianca lo avviluppò, facendogli emettere un grido gutturale e profondo, che costrinse Lìspoto a tapparsi le orecchie. Quando quel suono disumano ebbe fine, il Principe si piazzò di fronte a loro, stupefatto che la forma di cui erano costituiti non provocasse calore. “Chi sei, perché sei arrivato fin qui? Come osi disturbarci, piccola creatura?”
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La voce aliena e profonda del Demone più alto lo scosse e gli fece correre un fremito lungo il filo della schiena. Prese coraggio e si schiarì la voce. “Il mio nome è Lìspoto, Principe degli Elfi Vampiro e Generale dell’Esercito del Regno delle Paludi. Sono qui per porre fine alla vostra prigionia.” Arretrò quando vide i due Demoni contorcersi come fiamme mosse da un vento potente, e urlare emettendo ancora quel suono gutturale che gli trapanò i timpani. “Tu… piccolo, inutile insetto, come puoi pretendere che crediamo alle tue misere parole? Nessun essere vivente è in grado di liberarci, solo i Creatori possiedono questa capacità e tu non sei uno di loro!” Lìspoto schioccò la lingua e spiegò le ali. “Ciò che dite è vero, io non sono un Creatore, ma vivo grazie alla vostra essenza!” “Che dici?” urlò l’alto Volcan, allargando la sua fiamma che mutò il colore da azzurro ad arancione. “Tu saresti quindi nostro figlio?” Lìspoto sorrise compiaciuto, mostrando i canini ancora macchiati del sangue della femmina Elfo. “Io sono una vostra creatura, questo è sicuro, e possiedo le capacità necessarie per liberarvi.” Quindi tacque, attendendo la loro reazione. I due Volcan urlarono ancora e si avvolsero l’un l’altro, dando vita a una fiamma arancione che turbinava su se stessa, circondata di lingue di fuoco azzurro. “Il mio sangue, versato sui cristalli, distruggerà questa rete che vi tiene imprigionati da millenni!” gridò Lìspoto a sua volta, alzandosi in volo per girare attorno ai due demoni. “Ma, naturalmente, io non vi concederò la libertà in cambio di nulla!” La fiamma interruppe la sua danza furiosa e i due Volcan si divisero, roteando gli occhi brillanti come due tizzoni ardenti, alla ricerca della figura del Principe, che ancora volteggiava rapido attorno a loro. “In cambio mi dovrete fedeltà assoluta! Diverrete miei servi e mi obbedirete, riconoscendomi come vostro signore e padrone!” Lìspoto fu costretto a planare rapidamente sul pavimento scuro, tanto le urla forsennate dei Volcan si erano levate alte e profonde. Si tappò ancora le orecchie e sentì le forze venirgli meno, sebbene l’energia attinta dal sangue della serva lo avesse rinvigorito. “Tu, misera creatura, vorresti essere il nostro padrone?” urlarono i Demoni all’unisono. “Se tu ci libererai, noi ti uccideremo!”
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Lìspoto attese che cessassero di urlare, quindi, raggiunto il tanto sospirato silenzio, li fissò con sguardo selvaggio, piazzando i suoi occhi rossi su quelli di fuoco del demone più alto. “Oh no, voi non lo farete, non vi è possibile” ringhiò, ansimando e spiegando le ali. “Se mi ucciderete, la morte giungerà rapida anche per voi. Sarete sangue del mio sangue, una volta che avrò compiuto il rito per liberarvi. Inoltre, voi non fareste mai del male a vostro figlio, giusto?” Il Principe attese la loro reazione, in silenzio, i canini ben in vista, i pugni serrati. I due Demoni si avvolsero a spirale, creando un’unica fiamma azzurra, quindi si scissero, prendendo le dimensioni dell’Elfo Vampiro. “Liberaci e non ti faremo del male” ringhiò il più basso dei Volcan, allungando verso di lui una scia di fiamma che poteva sembrare un braccio. “E ti obbediremo.” Lìspoto annuì. Era certo che i Demoni non lo avrebbero ucciso. Il legame tra di loro era forte, e lui lo aveva percepito sin dal suo ingresso nell’ampia grotta. E ne poteva trarre beneficio. Dentro di sé stava prendendo vita una nuova e potente energia, che dipendeva indubbiamente dalla sua vicinanza ai Volcan. In quel momento, mentre i due demoni continuavano ad osservarlo con braci al posto degli occhi, si sentì invincibile e spietato. Si alzò nuovamente in volo al di sopra di loro e si portò la mano sinistra alla bocca, affondandovi i denti. Il sangue uscì rapido in un fiotto deciso e il Principe ruotò il dorso verso il basso, lasciando che le gocce dense e rosse si abbattessero sulla ragnatela di luce. I fasci presero ad annullarsi l’un l’altro, mentre i cristalli a terra perdevano inesorabilmente la loro energia. In pochi istanti, i Volcan erano liberi. Lìspoto li vide esultare danzando verso l’alto in lingue di fiamme blu, quindi il Demone più basso aumentò la sua forma fino ad inglobare tutti i cristalli, che colarono all’istante in un liquido argentato. Li guardò poi assumere una forma quasi umana e si piazzò dinanzi a loro, che si inchinarono al suo cospetto. “E ora ascoltate attentamente il mio piano…”
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16 Un tuffo nel passato
“Non è vero.” mormorò Anna, con voce piccola e tremante. Si era accasciata sul divano, le mani strette sul petto, un’espressione allibita e sconcertata dipinta sul bel viso cereo. “L’ho ucciso io… io stessa ho affondato la lama che ha posto fine alla sua esistenza.” “Zia, insomma, di che diavolo state parlando?” tuonò Lisa, lanciando uno sguardo feroce a Luca e Bartolomeo. “E’ mai possibile che io debba sempre essere l’ultima a conoscere la verità? Non vi nascondo di essere parecchio incavolata, in questo momento.” “Calma, Signora degli Elfi” intervenne Meredith, trascinandosi lentamente verso di lei “Ora ti verranno fornite tutte le risposte a cui brami.” Lisa la guardò nei sottili occhi spenti, sbuffò infastidita e rivolse ancora la sua attenzione alla zia. “Allora, chi è questo Anton?” la incalzò, spostando Luca in malo modo dal divano, per sedersi accanto ad Anna. “Avanti, racconta.” Si addolcì di fronte al viso provato di Anna, che ora si torceva nervosamente le mani. “Dobbiamo avvisare immediatamente Marcus” prese la parola Bartolomeo, mentre misurava la stanza a grandi passi. “Per lui sarà uno choc…” “Per lui? E per noi no, Generale?” intervenne Luca, agguantandolo per un braccio. “Ti rendi conto, vero, che la vita di Anna è in serio pericolo?” Lisa sbatté più volte le palpebre. Fissò inebetita Luca e Bartolomeo che si ostinavano ad ignorare la sua sete di risposte. Stava per esplodere, rossa in viso, quando intervenne il Generale Filiberto, con la sua usuale flemma degna di un lord. “Signori, per cortesia, ritengo del tutto inutile proseguire con questi assurdi battibecchi, che non conducono certamente a una maggiore comprensione dell’accaduto. Manteniamo la calma e forniamo invece alla
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Signora degli Elfi le dovute spiegazioni. Fatto questo, ci dedicheremo alla soluzione dell’enigma.” Nella stanza calò il silenzio. Lisa, ripreso il suo colore naturale, ringraziò il Generale Filiberto con un rapido cenno del capo e rivolse la sua attenzione a Sirio, che si era spostato rapidamente verso Meredith. Lisa restò a fissarlo imbambolata per qualche istante, finché non sentì su di sé lo sguardo pungente di Bartolomeo. Abbassò quindi gli occhi a terra, fingendo un attacco di tosse, e passò un braccio attorno alle spalle della zia. “Se volete ricevere risposte sicure e immediate, potete rivolgervi a Madame Meredith” disse Sirio, riservando alla Strega un dolce sorriso. “Avete forse scordato che lei possiede poteri al di là della vostra conoscenza?” “E’ vero!” sbraitò Bartolomeo, alzando un pugno al cielo. “Ma perché non ci ho pensato io per primo? Madame Meredith ci aiuterà a … ahi!” Non riuscì a terminare la frase, perché Lisa era balzata accanto a lui e gli aveva dato un bel pizzicotto sul braccio. “Te ne vuoi stare zitto, per cortesia?” lo minacciò, a denti stretti. “O qui non ne veniamo più fuori!” Mentre lui si massaggiava il braccio dolorante, rosso in viso per la vergogna, Sirio lo fissava con aria indubbiamente divertita. Lisa riservò a quest’ultimo un’occhiata infastidita e il fratello di Andromeda riprese la sua usuale compostezza, accennando un breve inchino alla Signora degli Elfi. “Anton era, o meglio è, il fratello gemello di Marcus.” Lisa, alla rivelazione di Anna, spalancò occhi e bocca e diede rapidamente le spalle a un Bartolomeo seccato e ancora paonazzo. “Mamma mia, che casino!” esclamò, ravvivandosi nervosamente i lunghi capelli. “Ma scusa, non avevi detto di averlo ucciso?” Anna stava per ribattere, ma la strega Meredith, con una rapidità sorprendente che stupì gli altri presenti, si frappose tra lei e la Signora degli Elfi, sollevando in alto la mano destra, in modo alquanto teatrale. “Per cortesia, uscite tutti dalla stanza” gracchiò, agitando la testa. “Tutti, fuorché Anna e la Signora degli Elfi.” Le proteste che seguirono alla sua inusuale richiesta furono sedate dalla Strega con una frase secca e lapidaria. “Volete che vi lanci una bella maledizione?” Lisa osservò Sirio abbozzare un sorriso, inchinarsi e uscire rapidamente dallo studio, seguito dal Generale Filiberto, che osservava Meredith con una sorta di profonda ammirazione.
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Luca afferrò Bartolomeo per un braccio, ma questi si piazzò di fronte alla Strega, guardandola in viso con ostinazione. “Beh? Che c’è Generale?” gracchiò ancora la Strega, puntandogli contro un dito rinsecchito. “Non posso vederti, ma so che mi stai fissando. Non temi forse le mie maledizioni?” Bartolomeo sussultò, sgranò gli occhi e si diresse rapidamente verso la porta dello studio. “Volevo… volevo solo dirle, Madame, che ha … ecco… un ragno sui capelli… e bello grosso, direi!” Luca si bloccò sull’uscio, trattenendo a stento una risata, mentre Lisa fulminò Bartolomeo con un’occhiata disgustata. “Oh! Poco male!” grugnì la strega, afferrando il ragno per inghiottirlo in un sol boccone. “Ne ho una tana intera, qui sui capelli. Sono un ottimo spuntino.” Luca trascinò fuori dalla stanza Bartolomeo prima che si azzardasse ad aggiungere altro, mentre Lisa e Anna si guardarono con aria inebetita e un principio di nausea. “E ora sedete, signore.” La voce rauca della Strega le trasportò subito alla realtà. Lisa tentò di scacciare dalla mente l’idea del ragno che veniva triturato dai denti di Meredith, e si accomodò sul divano. Anna la imitò e le prese una mano. Era, se possibile, ancora più pallida e provata. “Dovete chiudere gli occhi e rilassarvi” le invitò la Strega, posando le dita ossute sulle loro teste. “Io vi riporterò nel passato e, infine, conoscerete la verità, per quanto essa, a volte, possa far male…” Lisa scambiò un’occhiata indagatrice con la zia, quindi si abbandonò sullo schienale del divano e socchiuse gli occhi. “Perdonami, tesoro…” La voce dalla madre le riempì la testa, ma non ebbe il tempo di risponderle. La sua mente viaggiò rapida in un tunnel di luci e di colori, finché non si ritrovò immersa nello scintillante blu del Bosco delle Querce, in quella che doveva essere una splendida giornata di primavera. Si strinse forte alla zia e lasciò che le immagini le scorressero davanti agli occhi come un film. *** La Signora degli Elfi stava passeggiando tra i dolci sentieri del Bosco delle Querce, giovane e splendida. Indossava una tunica verde che le
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fasciava il corpo alto e slanciato, e aveva raccolto i lunghi capelli in una treccia dorata, nella quale guizzavano intrecciati nastri dello stesso colore dell’abito. I suoi occhi azzurri indugiarono più del dovuto sull’Elfo dai capelli argentati, che le camminava lentamente a fianco. Era indubbiamente affascinante. Alto e magro, indossava una lunga camicia bianca sopra un paio di pantaloni morbidi, imprigionati, dal ginocchio in giù, in un paio di stivali perlati, adornati alla sommità da un nastro argentato. Lo stesso nastro avvolgeva i suoi capelli, dando vita a una sfavillante coda di cavallo. L’Elfo si fermò e puntò i suoi occhi grigi su quelli azzurri della sua Signora, che lei abbassò timidamente a terra, fingendo di osservare impacciata i grappoli di fiori blu disseminati sui lati del sentiero. L’alto Elfo indugiò per qualche istante sulle Guardie Reali che li seguivano a qualche metro di distanza, quindi, con delicatezza, sollevò il viso di Marta, obbligandolo a guardarla. “Allora, mia Signora, qual è la vostra decisione?” chiese, con voce melliflua e suadente, tanto che Marta avvampò, senza alcuna possibilità di poter nascondere il rossore che le imporporava le guance. “Anton, la mia decisione non è mutata. Sapete che il mio cuore appartiene a un altro. Dovete abbandonare ogni illusione su di me, o per meglio dire, su di noi.” L’alto Elfo cambiò repentinamente espressione, tanto che Marta si sentì gelare. La fissò con occhi annebbiati e severi e con una strana luce che la spaventò. Sembrava la luce della follia ed era assai inquietante. “Il vostro cuore appartiene a un Elfo che non vi ama” rispose lui con voce tagliente, le labbra piegate in un sorriso diabolico. “Mio fratello ama vostra sorella da anni e voi non vi siete ancora rassegnata…” “Non lo farò mai” intervenne Marta, impettita, mentre gli occhi le si riempivano di lacrime. “Io non mi intrometterò mai nel suo rapporto con Anna, ma il mio cuore non riuscirà a disfarsi tanto facilmente della sua presenza…” “E’ solo un fantasma per voi.” la interruppe Anton, afferrandola per le braccia. Le Guardie impugnarono l’elsa delle spade, ma Marta li rassicurò con un rapido cenno del capo. “Capite? E’ solo uno spirito che erra nel vostro cuore e che vi annienterà, riducendovi a un mucchio di cenere. Io, invece, posso darvi quello che non avrete mai da mio fratello: un amore eterno, vero, invincibile e forte. Vi amo, Marta, siete la mia vita, la mia essenza, il mio respiro…”
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“Basta, tacete!” lo intimò lei, serrando i denti. “Le nostre anime non potranno mai essere legate dall’amore, io vi considero solo un caro amico e nulla di più.” Anton la fissò con occhi di ghiaccio. Mollò con rabbia la presa e Marta si ritrovò a barcollare nel tentativo di restare in piedi. Mosse una mano per fermare le Guardie che avevano ormai sguainato le spade e la osservavano con preoccupazione. “Perché Marcus e non io? Cosa può avere mio fratello più di me, che non vi aggrada?” Marta poggiò gli occhi velati dalle lacrime su quelli inferociti di Anton. “Mi inquietate, vi è in voi un lato oscuro che il mio cuore non riuscirà mai ad accettare.” Quelle parole colpirono profondamente Anton, che si ritrasse da lei, fissandola con occhi grandi e intrisi di un odio difficile da mascherare. Marta ne ebbe paura e sentì nuovamente il sangue gelarsi nelle vene. “Ora andate, Generale, questa discussione termina qui e non ve ne saranno altre. Mi dispiace.” Anton strinse i denti, osservò per un istante la Guardie che non avevano riposto le spade e riservò a Marta uno sguardo che lei aveva già visto negli occhi del Nero Signore degli Elfi. Uno sguardo crudele, di un efferato assassino. “No, la faccenda non termina qui. Mi vendicherò, mia cara, e la vendetta sarà dolce e terribile.” Marta non riuscì a ribattere, perché Anton era già svanito in una nube gialla, lasciandola sconvolta e preoccupata. *** “Non l’ho mai saputo” mormorò Anna, stringendo con forza la mano della nipote. “Non mi ha mai confidato di aver amato Marcus, prima di tuo padre. Ora capisco molte cose.” Lisa era allibita quanto la zia. In pochi istanti rientrò nel tunnel di luci, quindi, con Anna a fianco, si ritrovò in una stanza del Palazzo Reale. Non riusciva a credere ai propri occhi. Marcus giaceva a terra, in una pozza di sangue, mentre Anna, disperata, gli tamponava l’ampia ferita sul torace col proprio abito bianco, ormai zuppo del caldo liquido rosso. ***
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“Chiamate il Dr. Bosco o mia sorella, presto, aiutatemi!” urlò Anna, mentre le lacrime le scendevano copiose dal viso, rigando le guance in più punti. Due Guardie svanirono nella nube gialla, mentre un Consigliere entrava di corsa nella stanza, chinandosi a fianco di Marcus. “Chi è stato, mia Signora? Cos’è successo?” Anna lo fissò con occhi stralunati, ancora intrisi dello stupore per quanto era accaduto. “Suo fratello Anton gli ha fatto questo!” urlò, mentre poco distante appariva il medico reale. “Non capisco… non capisco…” Il Dr. Bosco spostò con delicatezza Anna dal corpo martoriato di Marcus e gli poggiò sul petto una pietra circolare, socchiudendo gli occhi. Da essa si sprigionarono fasci di energia gialla che convogliarono direttamente nell’ampia ferita, coprendola del tutto e facendola splendere di una luce intensa e brillante. Anna si alzò in piedi e attese, col cuore in gola e le mani strette spasmodicamente sul petto. In quel preciso istante fece il suo ingresso nella stanza anche Marta, che soffocò a stento un grido di terrore. Si avvicinò alla sorella e la scosse, afferrandola per le braccia. “Che è successo, sorella?” Anna non riusciva a staccare gli occhi dal corpo inerme di Marcus, zuppo di sangue sul petto e sul bel viso pallido e sformato dal dolore. “Anton è entrato sguainando la spada e lo ha trafitto, quindi è fuggito” riuscì a rispondere lei, tremando vistosamente. “Maledetto…” Marta lasciò andare la sorella e, con gli occhi spalancati dal terrore, si accasciò su una poltrona, portando entrambe le mani sulla bocca. “Mi vendicherò, mia cara… e la vendetta sarà dolce e terribile…” Le parole di Anton le risuonarono in testa con la forza di un ciclone. Era lei la sola responsabile del ferimento di Marcus, solo lei… nessun altro. “Non l’abbiamo perso!” esordì in quel preciso istante il Dr. Bosco, allontanando repentinamente la pietra dal torace del Generale. “E’ salvo. Ora verrà condotto nelle mie stanze, dove lo seguirò meglio. Questa volta la fortuna è stata decisamente dalla nostra parte.” Anna corse ad abbracciare il medico reale, quindi si chinò su Marcus, baciandolo delicatamente sulle labbra. Marta era pallida e provata. Con gli occhi inondati dalle lacrime, abbandonò silenziosamente la stanza, richiudendo la porta dietro di sé.
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*** “Zia, non è stata colpa sua” disse Lisa, in un sussurro, col cuore che le batteva all’impazzata in petto per le emozioni vissute. “Lo sai, vero?” Anna assentì col capo e si asciugò una lacrima che le era scesa ribelle a rigarle una guancia pallida. “Povera sorella mia!” mormorò, osservando se stessa e Marcus, dai contorni ormai sbiaditi e lontani. “Quanto deve aver sofferto, senza colpa.” Lisa inghiottì a fatica la saliva e socchiuse gli occhi. Quando li riaprì, si trovò nello studio di Marta. *** La Signora degli Elfi era seduta dietro la scrivania, col viso affondato tra le mani. Fuori il vento ululava inferocito e la pioggia batteva con insistenza sui vetri dell’ampia finestra, donando alla scena un’atmosfera cupa e inquietante. La porta si spalancò all’improvviso e il Generale Marcus, trafelato e ansimante, le indirizzò un breve inchino, prima di prendere la parola. “E’ fuggito, mia Signora. Di mio fratello non vi è alcuna traccia.” Marta sollevò il capo e una furia cieca si impossessò di lei. Balzò in piedi e batté i pugni sulla scrivania, con le labbra serrate e i denti stretti. “Cercatelo, in lungo e in largo. Va riportato qui e processato.” Marcus la guardò sconcertato, quindi si schiarì la voce prima di risponderle. “Mia Signora, i soldati sono impegnati al fronte e le Guardie non possono allontanarsi dal Palazzo. E’ troppo rischioso.” Marta batté un altro pugno sulla scrivania, quindi si diresse verso la finestra, appoggiandovi lentamente la fronte. “Ritornerà, ne sono sicura.” disse, con la voce resa tremante dalla rabbia. “E noi lo aspetteremo.” concluse Marcus, mentre cominciava a sbiadire davanti agli occhi di Lisa e di Anna. *** Il tunnel di colori le avvolse ancora e, dopo qualche secondo, si trovarono nella Sala degli Specchi, dove Marta, Anna e Marcus attendevano in un silenzio carico di tensione.
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“E ora guarda, Lisa. Qui avrai le risposte che attendevi da tempo.” *** Marta arretrò e afferrò il ciondolo. Lo specchio dinanzi a lei si era dissolto, sostituito da un cono di vento forte e grigio, che le procurò brividi gelati lungo la schiena. “Arrivano” sibilò il Generale Marcus, sguainando la sua spada.“Dovrai essere rapida, mia Signora, o non avremo speranze.” Marta fece un cenno di assenso ad Anna, armata di una spada d’acciaio. Il turbinio di vento cessò e in pochi istanti apparvero nelle sale la Madre e Anton. Silvia sbarrò gli occhi e alzò una mano contro la Signora degli Elfi, ma il ciondolo si attivò rapidamente e la inglobò in una luce scura che la sollevò da terra. La reazione di Anton non tardò ad arrivare. Tentò di colpire la Signora degli Elfi con la sua spada laser, ma Anna fu più veloce e lo trafisse nel petto. Anton boccheggiò, in cerca di un’aria che probabilmente stentava ad arrivare ai polmoni. Lasciò cadere a terra la spada, si inginocchiò e strinse le mani sulla ferita che sanguinava copiosamente. All’interno della sfera che la teneva imprigionata, la Madre urlò. Fu un grido disperato e assordante, che penetrò nelle ossa di Marta e la costrinse a proseguire in fretta. La Signora degli Elfi pronunciò qualche verso nell’antica lingua elfica e, infine, urlò un’ultima, terrificante parola, quella che avrebbe relegato la Madre nella tetra dimensione oscura. Marta abbassò il ciondolo e fissò Silvia negli occhi grandi e allucinati. Presto il suo corpo prese a sbiadire, sotto lo sguardo impotente di Anton che non era ancora crollato a terra. Ormai evanescente, l’essenza della Madre si confuse con l’energia della sfera, finché non fu un tutt’uno con essa. Il globo prese a ruotare su se stesso a velocità sempre maggiore, quindi scomparve, lasciando solo sbuffi di vapore che si esaurirono in fretta. Marta si sentì mancare. Aveva esaurito tutte le forze, ma fu afferrata rapidamente da Marcus, che la stese dolcemente a terra. “E’ finita, Anton” gli disse il fratello con un tono di voce che nascondeva a malapena una profonda vena di tristezza. “E’ finita…” Anton si accasciò supino sul pavimento, gli occhi sbarrati e il respiro affannoso.
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“Come… come… “ farfugliò, fissando il fratello con astio. “Meredith la Strega ci ha rivelato il vostro piano. Ora è nostra alleata e servirà per sempre la Signora degli Elfi.” Anton rantolò e osservò il fratello che usciva rapidamente dalla sala, seguito da Anna che appariva visibilmente turbata e continuava a fissare la spada insanguinata. “Ritornerò, sorella di Marta, ritornerò” biascicò Anton, alzando leggermente il capo. “E ti ucciderò!” *** Lisa e la zia si guardarono. Nessuna delle due osò parlare. Socchiusero gli occhi e, quando li riaprirono, Anna sussultò. “Che significa questo?” urlò, spalancando le braccia. “Perché lui è ancora vivo?” *** Anton afferrò dolcemente una mano della Signora degli Elfi e vi pose un bacio delicato. “Non finirò mai di ringraziarvi per avermi salvato la vita, mia Signora. Avete utilizzato il vostro ciondolo per guarirmi. Perché?” Marta chinò il capo a terra e le guance le si imporporarono di un bel rosso acceso. “Una fetta del mio cuore vi brama” sussurrò, col fiato corto. “Solo una piccola fetta, s’intende. Sufficiente, però, a non volere la vostra morte e a perdonarvi per i vostri errori.” Era una notte scura e senza stelle e Anton se ne stava ritto di fronte alla Signora degli Elfi, nel Bosco delle Querce, che appariva tetro e cupo. “Marta, io…” “No… non abbiamo altro da aggiungere. Ora però dovrete ripetere la promessa che mi avete fatto quando vi ho guarito. Ve ne andrete dritto nelle Terre del Nord e lì vivrete per il resto dei vostri solitari giorni.” Anton si irrigidì, ma chinò il capo in segno di assenso. “Allora questo è un addio.” sussurrò, prima di sparire nella scomposizione molecolare. ***
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Lisa sbatté più volte le palpebre. Era nuovamente nella studio di sua madre, seduta sul divano accanto alla zia. Di fronte a loro, Meredith aveva appena staccato le mani dalle loro teste e se ne stava ritta in piedi, in assoluto silenzio. “Lo ha salvato” mormorò Anna, nascondendo il viso tra le mani. “E non me ne ha mai parlato, in tutti questi lunghissimi anni.” Lisa era forse più sconvolta della zia, ma cercò di riprendere il controllo di se stessa e le passò un braccio attorno alle spalle. “Una… una parte di lei lo amava” rispose pacata, cercando di nascondere il tremore della voce. “E quando si ama a volte si possono compiere gesti folli.” Anna scosse più volte la testa e si accasciò sul divano, lasciando che le lacrime le scivolassero sulla guance pallide. “Ha creduto davvero che Anton potesse mantenere la promessa” continuò, fissando Meredith con sguardo vacuo. “Come ha potuto fidarsi di quel traditore? Non ho parole… non so che dire.” Lisa la strinse forte a sé, quindi balzò in piedi e si passò rapidamente una mano sugli occhi umidi. “Ciò che è stato è stato, zia, e noi non possiamo modificare il passato. Ora, invece, dobbiamo avvisare immediatamente Marcus e prepararci alla guerra.” Anna la fissò inebetita. “Ma lei… lei ci ha traditi…” Lisa scosse la testa, e cercò di nascondere il proprio imbarazzo e la confusione che le vorticavano nella testa. “Zia, non pensiamoci più, dobbiamo delle spiegazioni a chi ci attende oltre quella porta.” Anna assentì e si alzò lentamente in piedi, barcollando. Lisa guardò Meredith che aveva abbandonato il capo a terra, con espressione funerea. Lei sapeva, aveva sempre saputo. Di questo Lisa ne era assolutamente certa.
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17 La rabbia di Silvia
Il soldato avanzò rapidamente lungo lo spazio che lo divideva dalla Madre, in piedi accanto a un tavolo sul quale era poggiata una vasta mappa del Regno Elfico. Al suo fianco destro Elia e Anton stavano discutendo animatamente, segnando sulla mappa il Picco Oscuro, mentre il Primo Ufficiale, massaggiandosi lentamente la lunga barba nera, osservava con attenzione la linea che Silvia stava tracciando con un dito e che partiva dal Palazzo Reale per arrivare al suo Regno. “Vi sono vari punti in cui sferrare l’attacco all’esercito di Marta.” stava dicendo Silvia, più a se stessa che ai presenti, quando fu interrotta da due rapidi colpi di tosse. Si voltò con uno scatto infastidito e fissò con ira il soldato che, tremante, si era inginocchiato di fronte a lei. “E ora che c’è?” tuonò, appoggiando le mani sui fianchi. “Sapete che durante queste riunioni non voglio essere disturbata! O avete forse notizie del Principe Lìspoto?” Il soldato annuì lentamente e si rialzò in piedi, con la testa china verso il pavimento. “Ci ha traditi, mia Signora, si è alleato con i Volcan.” A quelle parole, Silvia sbarrò gli occhi, mentre Anton e Elia cessarono all’istante i loro battibecchi, osservando il soldato con uno sguardo solitamente riservato ai pazzi. Il Primo Ufficiale lo afferrò per il giacchino e lo scosse più volte, prima di prendere la parola. “Cos’è questa storia, lurido verme schifoso? Allora? Parla!” Il soldato riprese a tremare, mentre Silvia guardava oltre le sue spalle con un’espressione incredula dipinta sul viso paonazzo. “Chi è stato?” chiese, urlando con tutto il fiato che aveva in gola. “Chi ha osato uccidere la mia serva?”
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Anton superò in fretta il tavolo, seguito da uno sbigottito Elia che si arrestò con uno scatto dinanzi al corpo della serva portato a peso da due soldati visibilmente terrorizzati. Questi la posarono sul pavimento e si inginocchiarono, mentre Silvia osservava in silenzio il viso sfigurato della giovane serva. “Lìspoto, maledetto” sibilò, accucciandosi accanto al cadavere. “E’ stato lui, vero?” Dopo aver ricevuto un sonoro ceffone dal Primo Ufficiale, il soldato assentì, col viso ancora chino verso il pavimento. “Ha… ha detto di riferirvi che i Volcan sono suoi alleati e che la serva è un chiaro messaggio. Ha aggiunto che i demoni ora vivono nelle… nelle Grotte Profonde e che…” Si interruppe, ansimando, rosso in viso, il sudore che gli imperlava la fronte. “Che cosa… che devi dirmi, piccolo essere insignificante?” latrò il Primo Ufficiale, scrollandolo con forza. “Parla o ti sgozzo all’istante!” Il soldato inghiottì a fatica la saliva e riprese la parola. “Ha infine detto che presto sarà il nuovo Signore del Regno Elfico e che la Madre ha… ha le ore contate.” Silvia socchiuse gli occhi, accarezzò con dolcezza il viso insanguinato della serva e, con un balzo, afferrò il soldato per il collo, sollevandolo da terra, L’Elfo si portò le mani su quelle della Madre, segnate dal sangue della giovane. Mentre il soldato batteva furiosamente le gambe, Silvia aumentò inesorabilmente la presa e la mollò solo quando vide la luce della vita abbandonare per sempre i suoi occhi sbarrati. Con un urlo feroce lo scaraventò contro una parete, sotto lo sguardo ammirato di Elia. “Maledetto! Mi ha ingannata, si è preso gioco di me!” gridò, dando un calcio al corpo inerme della serva. “E io mi sono fidata di lui, come ho potuto essere così sciocca e ingenua?” “Madre, non dire così, non devi colpevolizzarti” si intromise Elia, poggiandole una mano sulle spalle. “Il Generale Lìspoto è un bastardo e va eliminato, assieme ai suoi Elfi Vampiro.” “Questo non è possibile” intervenne Anton, pacatamente, mentre con un rapido cenno della mano congedava gli altri soldati. “Lui ora è protetto dai Volcan, quindi è inavvicinabile.” La Madre si voltò verso di lui e gli lanciò un’occhiata che lo fece trasalire. Non lo aveva mai guardato così.
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“Quindi, amore mio, tu non credi che io sia in grado di annientare quei Demoni” sibilò, muovendo verso di lui piccoli passi felini. “E’ questo che intendi dire? Lo pensi davvero?” Anton sostenne il suo sguardo allucinato e scosse la testa. “Non era mia intenzione offenderti, mia cara. Sai che non oserei mai mancarti di rispetto.” Lei scoppiò a ridere di una risata folle, tuonante, spaventosa, che penetrò come lame incandescenti nella pelle di Anton e riempì invece d’orgoglio il cuore di Elia. Il Primo Ufficiale indietreggiò, visibilmente preoccupato, e finse di porre attenzione alla mappa, dando rapide occhiate al corpo del soldato accasciato sul pavimento in una posizione impossibile per un essere vivente. Silvia si piazzò di fronte ad Anton e lo schiaffeggiò con ferocia. Lui sbarrò gli occhi e si massaggiò con una mano la guancia arrossata, mentre con l’altra stringeva la spada laser. La mossa non sfuggì ad Elia che gli lanciò uno sguardo divertito, ma carico della stessa follia che riempiva in abbondanza gli occhi di Silvia. “Non farlo mai più, Anton, o sarò costretta a cercarmi un altro marito!” Il Generale chinò il capo e serrò i denti che tremavano per la rabbia, lanciando di sottecchi un’occhiata furtiva ad Elia che sorrideva ancora. Quindi la Madre raggiunse il Primo Ufficiale e riprese ad osservare la mappa, le mani appoggiate sul tavolo, i lunghi capelli castani che scivolavano lungo il suo viso pallido, scosso da una furia cieca. “Attaccheremo subito, preparate gli eserciti” urlò, battendo un pugno sulla mappa. “Sguinzagliate i miei aguzzini per ogni angolo del Regno, con l’ordine di uccidere chiunque incontreranno lungo il loro tragitto. Voglio disseminare il terrore nelle terre della Signora degli Elfi e spingerla ad attaccarci. Voglio ucciderla con le mie stesse mani!” “E in quanto al Generale Lìspoto, che intendete fare?” chiese il Primo Ufficiale senza però incontrare gli occhi della Madre, annebbiati dalla pazzia. “Attaccheremo anche lui e i Volcan?” Silvia batté un pugno sul tavolo e lanciò distante la mappa, che andò a planare ai piedi di Anton. “A loro penseremo dopo. In qualche modo riuscirò ad uccidere il Principe Lìspoto. Lui ha assassinato la mia serva, e questo non posso tollerarlo!” La Madre si inginocchiò nuovamente accanto a lei e le passò una mano sugli occhi vitrei per chiuderli definitivamente. “La pagherà cara… tutti la pagheranno cara… tutti.”
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Anton la fissò con occhi a fessura, mentre si rialzava e usciva rapidamente dalla stanza, mano nella mano col figlio. Scambiò col Primo Ufficiale uno sguardo preoccupato e sussultò dinanzi all’ennesimo tuono che rombò sulle pareti della stanza, come un agghiacciante monito di una fine vicina e inevitabile.
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18 Sotto assedio
Elia azionò la spada laser e ne ammirò il fascio lucente, prima di fendere l’aria. Inspirò a pieni polmoni, roteò su se stesso, finse di affondare l’arma su un nemico, la rialzò e la riabbassò rapidamente, sfiorando il terreno umido del cortile del Palazzo, dove si stava allenando da più di due ore. Quindi socchiuse gli occhi, fece un balzo in aria e, con un urlo feroce, piombò sul soldato che era di guardia, lacerandogli il petto. Sorrise soddisfatto quando lo vide accasciarsi di fronte a lui e compì un altro mezzo giro, mentre azionava il pulsante che consentiva al fascio di luce di rientrare nell’elsa. “Soddisfatto sia dell’arma che della tuta, figlio mio?” Elia sobbalzò e si profuse in un profondo inchino dinanzi alla madre, splendida in un vaporoso abito nero, che lasciava scoperta una buona porzione del seno, trattenuto a stento dalla generosa scollatura. Annuì e le prese una mano, avvolta da un lungo guanto nero, per baciarne delicatamente il dorso. “Sei incantevole” sussurrò, col cuore gonfio di ammirazione verso la futura Imperatrice dell’Universo. “Sono molto fiero di essere tuo figlio.” Lei lo abbracciò e, infine, lo ammirò nella tuta scura che i suoi soldati avrebbero indossato nella battaglia contro la Signora degli Elfi. “Come procedono gli allenamenti?” domandò, osservando divertita il corpo senza vita della guardia. “A quanto pare stai facendo passi da gigante, figlio mio.” Elia sorrise compiaciuto e estrasse dalla cintura un piccolo pugnale che osservò quasi con bramosia, mentre lo agitava dinanzi a sé. “In effetti sono molto soddisfatto dei miei progressi, madre, e ve ne sarò eternamente grato, ma…” Si interruppe, riponendo il coltello nel fodero appeso alla cintura. “Cosa, figlio mio? Che ti preoccupa?” gli chiese lei, lanciando uno sguardo esasperato al cielo plumbeo del primo mattino, che non accennava a dipanare le nuvole grigie, ammassate le une sulle altre.
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“Voglio uccidere Lisa” rispose Elia, fissandola con occhi imbevuti di una massiccia dose di ferocia. “Quanto dovrò aspettare ancora, prima di compiere la mia vendetta?” Silvia scoppiò a ridere e gli fece un buffetto sulla guancia. “La nostra partenza è imminente, tesoro. Presto marceremo verso il Palazzo della Signora degli Elfi e annienteremo una volta per tutte la Famiglia Reale. Presto io diverrò l’Imperatrice assoluta dell’Universo e tu sarai al mio fianco, forte e potente!” Elia si passò una mano tra i capelli scompigliati, quindi le voltò le spalle, a fissare l’ampia palude che si apriva al di là del basso muro del cortile, sulla quale aleggiava una bruma spessa e grigia. “Hai dimenticato Anton?” buttò là, schiarendosi la voce. “Sarà lui a sedere accanto al tuo trono, se ho ben capito.” Elia si sentì abbracciare e si lasciò cullare dalla madre, che aveva appoggiato il viso sulla sua spalla destra. Gli sussurrò all’orecchio una breve frase e il figlio del Nero Signore degli Elfi dipinse sul volto uno sguardo malizioso e soddisfatto, prima di staccarsi dolcemente dall’abbraccio della madre. “Come intendi comportarti invece col Principe Lìspoto e con i Volcan?” chiese lui, azionando nuovamente la spada laser. “Potrebbero attaccarci in ogni istante.” Silvia sorrise e si scostò per consentirgli di continuare ad allenarsi con la spada, solitamente utilizzata dai Generali. “A Lìspoto e ai Volcan penserò io stessa. Non preoccuparti per la loro futile presenza.” Ad Elia brillarono gli occhi mentre affondava la spada su una seconda guardia e la guardava agonizzare a terra, in una pozza di sangue. Poco più in là, Anton aveva osservato la scena con occhi duri e feroci. Doveva solo pazientare e poi tutto si sarebbe finalmente compiuto, ponendo fine a quell’assurda farsa. *** “Insomma, non se ne può più!” bofonchiò Bartolomeo, tossendo nella fastidiosa nube gialla che seguiva la scomposizione molecolare. “Devo cambiare metodo per spostarmi, ogni volta mi sembra di soffocare! Ne ho i polmoni pieni di questa robaccia!” Sirio lo guardò divertito.
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“Certo che per essere un valoroso Generale sei anche parecchio brontolone” lo punzecchiò, dandogli una pacca sulle spalle. “E che sarà un po’ di fumo giallo? Non ti sembra di esagerare?” Bartolomeo lo fissò in tralice, scostando con rabbia un ciuffo di capelli castani che gli era caduto dispettosamente sugli occhi. “Fatti gli affari tuoi, fratello di Andromeda, nessuno ti ha interpellato!” “Basta, tutti e due!” li rimbeccò Lisa, osservando Anna che si dirigeva rapidamente verso la tenda di Marcus. “Come fate a pensare a queste faccende ridicole in un momento così difficile e delicato?” Sirio e Bartolomeo chinarono gli occhi a terra quasi contemporaneamente e Lisa ne approfittò per seguire la zia, lasciandosi alle spalle le ultime luci di un’alba segnata da lembi grigi di nuvole pesanti, cariche di pioggia. Si fermò dinanzi alla grande tenda dei Generali, dando un’occhiata ai dintorni. L’accampamento del Passaggio era immenso, costituito da file di tende blu, tra le quali spiccavano quella di Marcus, bianca, e quella dei Reali, rossa e grigia, in cima alla quale sventolava la bandiera raffigurante una felce color verde smeraldo. Guardiani in mimetica e Elfi Soldato, bardati con lucenti armature argentate, si affaccendavano attorno a loro e animavano quelle decine di ettari di terra, ora avvolti da una nebbiolina leggera. L’aria era pungente e penetrava attraverso il maglione nero di Lisa, che strinse le braccia sul petto, rabbrividendo. La prima volta che aveva visto l’accampamento, esso era contornato dal verde acceso del cielo e dal blu splendente dell’erba. Ora, invece, quel luogo possedeva un’energia negativa che le riempiva il cuore di tristezza e di malinconia, appesantendole lo spirito già provato dalle innumerevoli emozioni degli ultimi mesi. Con un altro sospiro entrò nella tenda di Marcus e vi trovò Anna, Sirio e Bartolomeo che discutevano con lui animatamente, attorno ad un tavolo scuro abbellito da intarsi fini ed eleganti, sul quale vi erano posate alcune armi, tra cui la frusta utilizzata abitualmente dal Generale. Lisa gli posò gli occhi addosso e arrossì. Alto e con lunghi capelli argentati, era indubbiamente l’Elfo più interessante che avesse mai avuto la fortuna di conoscere. In quel momento, avvolto in una tuta mimetica che finiva in lunghi stivali neri, appariva ancora più affascinante, tanto che si vide costretta a distogliere lo sguardo e a spostarlo distrattamente sul grosso lampadario che troneggiava dal tetto della tenda. Fissò nuovamente Marcus quando lo sentì battere un pugno sul tavolo e chinò il capo a terra, lasciando che i lunghi capelli cadessero senza vita ai lati del suo ovale perfetto.
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“E ora che facciamo?” chiese Anna, torcendo le mani, con un’espressione preoccupata dipinta sul volto stanco e provato. “Anton è vivo, Elia è ritornato da sua madre e chissà che altro potrebbe accadere…” Marcus sollevò il viso e sprofondò i suoi occhi grigi su quelli tristi di Anna. “Anton ora è affar mio” disse lui sommessamente, spostando lo sguardo su Lisa. “Non ti torcerà un capello, te l’assicuro.” Lisa gli fece un breve cenno d’assenso col capo e abbandonò la tenda, incapace di sostenere il dolore che avviluppava la zia in modo quasi percepibile. Si sfregò le mani sulle braccia e, seguita da alcuni Guardiani, si diresse verso il Passaggio, senza curarsi di attendere Bartolomeo, immerso in un vivace confronto con Marcus e Sirio. Giunta dinanzi alla grande roccia rettangolare, sentì il cuore perdere un colpo e dovette inginocchiarsi a terra, per evitare di svenire, sotto lo sguardo preoccupato dei Guardiani. Si nascose il viso tra le mani e ricacciò indietro le lacrime. Si sentiva stanca, spossata, avvilita e, soprattutto, pessimista. Guardò poi l’anello che le riempiva l’anulare destro e sperò che i Padri di Aresil non le avessero raccontato una bufala sui suoi reali e effettivi poteri. “Ranu non è uno stolto… credo che, alla fine, ogni faccenda seguirà la giusta via e l’equilibrio dell’Universo sarà finalmente ripristinato.” Lisa si voltò di scatto, ancora in ginocchio, e osservò Sirio che la guardava a sua volta con uno sguardo acceso di desiderio. “Che ci fai tu qui?” ringhiò, alzandosi faticosamente in piedi. “Dov’è Bartolomeo?” Sirio le riservò un sorriso disarmante e la sostenne con un braccio, dopo che l’aveva vista barcollare. “Sta ancora discutendo con Marcus e Anna. Non si è neppure accorto della tua assenza.” “Sirio, per favore, non inveire…” Lui le prese una mano e la fece accomodare sulla roccia, invitando i Guardiani ad allontanarsi. Questi si fissarono per alcuni istanti, quindi rivolsero a Sirio un profondo inchino e si congedarono. “Che… che hai combinato?” chiese Lisa, alzando il tono della voce. “Loro non possono abbandonare il Passaggio, è proibito!” Sirio sedette accanto a lei e soffocò una risata. “Diciamo che li ho obbligati ad obbedire… sai… la forza della mente.”
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Lisa lo guardò di traverso e si passò una mano sugli occhi umidi. “Che vuoi Sirio? Lasciami in pace, te l’ho già detto, non hai alcuna speranza con me. Il mio cuore appartiene al Generale Bartolomeo, senza riserve o ripensamenti.” “No…” “Come, scusa?” “No, sai perfettamente che non è così.” sussurrò Sirio, affondando i suoi occhi viola su quelli di Lisa, ben spalancati per lo stupore. La Signora degli Elfi vagò nell’immensità di quello sguardo e vi si perdette per molti istanti, del tutto incapace di reagire e di scostarsi da lui. “Un’ampia fetta del tuo cuore batte per me” continuò Sirio, accarezzandole dolcemente i capelli. “Tu mi desideri, Lisa, non meno di quanto ti desideri io. Non seppellire il sentimento che nutri nei miei confronti, lascialo proseguire per la sua strada, esso diverrà forte e indistruttibile!” Lisa si sentì persa. Socchiuse gli occhi e assaporò il tocco delle dita di Sirio lungo i suoi capelli, cercando un modo per sfuggire a quella situazione imbarazzante e sconveniente. Tentò di alzarsi, ma lui la fermò afferrandola per un braccio e traendola verso di sé. Lisa sussultò, arrossendo. Sentiva il fiato caldo del fratello di Andromeda scaldarle il viso, percepiva il suo respiro veloce e poté giurare di aver udito il battito accelerato del suo cuore. Lui le passò una mano sotto i capelli, dietro la nuca, e la baciò, dapprima delicatamente, sfiorandole le labbra, poi con passione sempre più ardente, finché Lisa non si abbandonò del tutto tra le sue braccia e gli passò le dita tra i capelli, incapace di scappare e di pensare. Quando Sirio si staccò, emise un gemito di sofferenza, che si placò nel momento in cui lui le passò le labbra sul collo, per raggiungere in fretta l’incavo delle spalle. Lisa stava tremando. Era emozionata, sconvolta, eccitata, completamente persa nell’abbraccio di Sirio. “Hai tradito Bartolomeo” gracchiò la solita vocina fastidiosa nel suo cervello. “Hai ceduto alla passione. Dovresti vergognarti. Non pensi a lui?” Lisa si bloccò e si scosse. “Ma che sto facendo?” pensò, avvampando per l’imbarazzo. “Bartolomeo, il mio povero amore!” Prima che Sirio si impossessasse ancora una volta delle sue labbra, lei lo respinse, scattando rapidamente in piedi. Le girava la testa e provava
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un grande senso di vergogna, che si acuì quando incrociò gli occhi di Bartolomeo che la stava fissando a pochi metri di distanza. “Oh no!” sussurrò, passandosi una mano tra i capelli. “Barty, posso spiegarti…” Lui era immobile, pallido in volto, le braccia abbandonate lungo i fianchi, le labbra tremanti, i pugni serrati. Lisa si sentì svenire. Come aveva potuto cedere alle lusinghe di Sirio e colpire così duramente al cuore il suo vero amore? Mosse un passo verso Bartolomeo, ma lui alzò le mani davanti a sé e indietreggiò, scuotendo la testa. “Lascialo andare” disse Sirio alle sue spalle, con tono accattivante. “E’ finita.” Lisa spalancò gli occhi e si girò verso di lui, guardandolo con asprezza e ostilità. Il ciondolo si attivò e Sirio, d’istinto, indietreggiò, anche se era perfettamente consapevole che esso non aveva alcun potere sugli abitanti di Aresil. “Non avvicinarti più a me!” gridò Lisa, tremando per la rabbia. “Non osare mai più toccarmi o guardarmi!” Sirio tese un braccio verso di lei, accennando un sorriso che svanì subito dalle sue labbra, sotto lo sguardo duro e infuriato di Lisa. Lei gli voltò le spalle e cercò Bartolomeo, ma trovò solo i Guardiani che, con un certo imbarazzo, stavano riprendendo le loro posizioni accanto alla grande roccia. Sentì le lacrime scaldarle il viso e il cuore scoppiarle in petto. Aveva davvero perso il suo amore, la forza e l’essenza stessa della sua vita, per qualche istante di passione? No… non era possibile… si sentiva profondamente e intimamente confusa e Sirio ne era il responsabile assoluto, senza alcun dubbio. Presto lo sconforto fu sostituito da una rabbia crescente e tenace, che le fece ribollire il sangue nelle vene e la costrinse a correre verso il fratello di Andromeda, i pugni stretti, le mascelle serrate. “Tu… come… come hai osato?” sbraitò, strattonandolo per un braccio. “Mi hai toccata, sei entrato nella mia mente, vero? E’ quello che hai fatto, Sirio?” Lui le lanciò un sorriso malizioso e le scostò la mano con una rapidità insolita, per portarsela alle labbra. “Forse un pochetto” rispose, trattenendo con forza le dita di Lisa che stava cercando di liberarsi dalla sua stretta. “Sei confusa, Signora degli Elfi, e ne sei conscia. A me non puoi nasconderlo!”
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“Lasciami!” ringhiò lei, mentre il ciondolo reale si attivava, emanando una vivace luce argentata. I Guardiani arretrarono di un passo, intimoriti, e fissarono Sirio che invece sembrava completamente a suo agio. “Il tuo ciondolo non può nulla contro di me, Lisa. Mi dispiace se ti ho sconvolta, ma l’ho fatto solo perché sono sicuro dei tuoi sentimenti, del fatto che una piccola porzione del tuo cuore pulsa per me e mi appartiene.” Lisa scosse la testa e, così facendo, grosse lacrime scivolarono dal viso ai capelli, brillando sotto un debole raggio di sole che aveva deciso di squarciare, anche se per pochi secondi, la pesante cupola di nubi scure. “No… no… ma ti rendi conto di quello che hai fatto? Hai ferito Bartolomeo, lo hai allontanato da me! Non te lo perdonerò mai, MAI!” Sirio sprofondò nei suoi occhi grandi e tristi e, all’improvviso, si ritrasse. Lisa lo vide aggrottare le sopracciglia, appoggiare la mano destra sulla pistola laser e spostare rapidamente la testa da destra a sinistra. Lisa restò immobile a fissarlo per qualche istante, finché un brivido gelido non le percorse la schiena. Il brivido che aveva già provato in passato, che più temeva al mondo e che aveva la capacità di renderla inerme e del tutto succube degli avvenimenti. Quel brivido che aveva sperato di non provare mai più, per il resto della sua vita. Sirio l’afferrò prontamente per le braccia e lei capì. Alle sue spalle, il Principe Lìspoto li osservava con un sorriso duro, feroce, il viso deformato, i canini affilati ben in vista, le labbra sporche del sangue dell’ultimo pasto, gli occhi gialli spalancati e fissare con ostilità il fratello di Andromeda. Lisa si girò lentamente e si sentì mancare. Lìspoto aveva ancora le ali spiegate e emanava un tanfo insopportabile, fatto di carne marcia e dell’odore pungente del sangue. Tese una mano verso di lei, mentre i Guardiani si avvicinavano rapidamente, con le pistole laser ben puntate su di lui. “Vattene, Principe, e non ti sarà fatto del male!” esordì Sirio, spostando Lisa dietro di sé, che tremava vistosamente. “Queste terre ti sono ostili e nemiche e qui vi troverai solo la morte. Null’altro…” Lìspoto rise. Quella risata potente, agghiacciante, penetrò nel cuore di Lisa, facendola vacillare. Sentì Sirio che aumentava la presa su di lei e abbozzò un sorriso quando le apparve dinanzi Bartolomeo, visibilmente sconvolto, già armato della spada laser. “Maledetto, traditore, ora ti uccido!” urlò lui, correndo verso il Principe.
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Lisa, con la morte nel cuore, lo vide gettarsi su Lìspoto e non poté far nulla per arrestare il suo impeto. Lo guardò alzare la spada su di lui e abbassarla sulla sua testa. Osservò il Principe mentre parava il colpo con la sua lama e si scostava a sinistra, per puntare verso il petto di Bartolomeo. Vide il Generale mentre si difendeva da quello che poteva essere un affondo mortale. Urlò quando Lìspoto lo colpì su una spalla, facendo schizzare il sangue sull’erba e su una porzione della grande roccia, e trattenne il respiro quando il Principe spalancò la bocca, pronto ad affondare i canini nel collo di Bartolomeo che, stordito, era caduto a terra, in ginocchio. Un fascio di luce laser sfiorò la tempia del Principe. Sirio, con la pistola puntata verso di lui, lo minacciò con un altro fascio che lo colpì superficialmente sul braccio destro. “Non voglio ucciderti!” gridò, mentre Bartolomeo tentava di rimettersi in piedi. “Non dopo quello che ti è stato fatto! Hai sofferto abbastanza per colpa dei Padri di Aresil e non lo meritavi! Quindi vattene!” Il Principe soffiò e mostrò ancora i denti, mentre si alzava in volo per evitare di essere colpito dai laser dei Guardiani che lo avevano puntato insieme, nel tentativo di eliminarlo. “No, fermi!” urlò ancora Sirio, piazzandosi di fronte a loro. “Non deve morire!” Lisa, nel frattempo, si divincolò da lui e si precipitò da Bartolomeo, proteggendolo con l’energia del ciondolo. I Guardiani si scambiarono sguardi sbigottiti, quindi abbassarono le armi, in attesa di ordini. Lìspoto planò nuovamente sull’erba umida del Passaggio, mentre Lisa era intenta a guarire la profonda ferita sulla spalla di Bartolomeo, che sanguinava copiosamente. “Hai sbagliato, Sirio, dovevi permettere ai Guardiani di uccidermi” sibilò il Principe, sbattendo le ampie ali. “Ora la Signora degli Elfi verrà con me e nessuno di voi potrà fermarmi!” “Sei solo, che puoi fare contro di noi?” gridò Bartolomeo che, finalmente guarito, si era rialzato in piedi, sebbene barcollante, e faceva scudo a Lisa col proprio corpo. “Ti sbagli, Generale, io non sono solo.” Lisa, sbirciando dalle spalle di Bartolomeo, strabuzzò gli occhi, impallidendo. Una sfera di energia azzurra stava avviluppando una grossa fetta degli alberi che giacevano da millenni attorno alla grande roccia, ne strappò le radici, scaraventandoli verso l’alto, ne spezzò i tronchi in minuscoli frammenti, finché di essi non restò che un mucchio di cenere fumante ai piedi di Lìspoto.
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“Non è possibile.” grugnì Bartolomeo, arretrando rapidamente con Lisa verso i Guardiani. Poi l’afferrò per un braccio, diede uno scossone a Sirio, e insieme corsero verso la piana che precedeva l’accampamento, seguiti dai Guardiani, che non riuscivano a credere ai propri occhi. “I VOLCAN!” gridò il Generale, nella sua corsa sfrenata. “Via, scappate!” Lisa era senza fiato, ma non per lo sforzo, bensì per il terrore che l’attanagliava e che le impediva di respirare. Riuscì a malapena e scorgere Marcus che si dirigeva rapidamente verso di lei, seguito da un buon numero di Guardie, quando si sentì sollevare in aria. Urlò quando vide Bartolomeo a terra, svenuto o forse senza vita. Spalancò le braccia verso Sirio, che era intento a sparare, inutilmente, fasci di luce verso chi la stava reggendo. Si guardò la vita. Un lembo di energia azzurra era avvolto attorno a lei come una cintura e lingue di fuoco serpeggiavano verso il suo viso, senza tuttavia bruciarla. Vide ancora Marcus che allontanava Sirio di peso, nel frastuono generale di grida laceranti, e riuscì a scorgere con la coda dell’occhio un’ala di Lìspoto che si muoveva accanto a lei. Quindi ogni cosa perse senso, forma e colore, i suoni si attutirono e la vista le si annebbiò. Tra le braccia dei Volcan, chiuse gli occhi e svenne.
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19 Morso letale
“Gli Stregoni hanno fatto un ottimo lavoro” disse Silvia, osservando la mappa tridimensionale del Regno Elfico, che galleggiava sospesa a mezz’aria al centro della Sala delle Guerre. “E’ indubbiamente molto più rapida e comoda da consultare!” Il Primo Ufficiale annuì e si lisciò la barba, visibilmente soddisfatto. “Vedi, mia cara, quei puntini neri rappresentano le posizioni attuali dei nostri soldati” prese la parola Anton, segnando col dito indice alcune immagini scure che si muovevano sulla mappa. “Come potrai notare, hanno già raggiunto luoghi importanti e strategici. La cittadina al confine con le Terre del Nord è sotto assedio e i maschi sottomessi si uniranno al nostro esercito.” Silvia aveva ascoltato con attenzione il Generale del Regno delle Paludi, mordicchiandosi nervosamente un’unghia. Si passò la mano tra i lunghi capelli sciolti sulle spalle e girò attorno alla mappa, osservando le terre che erano già state raggiunte dai suoi soldati. “I miei adepti e questi balordi saranno più che sufficienti per affrontare e sconfiggere l’esercito della Signora degli Elfi” commentò, lanciando un’occhiata soddisfatta sia ad Anton che al Primo Ufficiale. “E tu, tesoro, avrai tutto il tempo per fare quel certo lavoretto…” Anton sorrise e chinò il capo in segno di assenso. “Allora, mio caro, procederai come pattuito. Sono ansiosa di partire. Voglio annientarli tutti, quei bastardi!” Il Primo Ufficiale stava per ribattere, quando la porta si spalancò di colpo e fecero il loro ingresso nella sala due soldati che trascinavano per le gambe un Elfo ferito e malandato. “Mia Signora, lo abbiamo recuperato sul bordo ovest del confine del Passaggio” esordì uno dei due soldati, lasciando che le gambe che reggeva cadessero a peso morto sul pavimento. “Questo è un codardo, stava scappando…” Silvia gli si avvicinò in fretta, seguita da Anton e dal Primo Ufficiale, sollevò leggermente l’ampia gonna nera e si inginocchiò accanto
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all’Elfo, che giaceva supino sul pavimento di marmo scuro, col viso pestato a sangue e il naso rotto. “Scappando, da chi o da cosa?” chiese la Madre, accarezzandogli con dolcezza una guancia. “Parla, Guardiano, e forse avrai salva la vita!” L’Elfo sobbalzò al tocco della Madre e socchiuse gli occhi, con le labbra che tremavano vistosamente e un’espressione di puro terrore dipinta sul volto tumefatto. “Allora?’” gridò Silvia, afferrandolo per il mento. “Mi rispondi, Guardiano? Che è successo al Passaggio?” Lui mugolò sotto la stretta della Madre, che si faceva via via sempre più possente, finché non cedette e tentò di rispondere. “I Volcan” sussurrò, con un tremito nella voce. “Hanno attaccato il Passaggio e rapito la Signora degli Elfi. Sono spariti con lei e il Principe Lìspoto.” Silvia strabuzzò gli occhi e scattò in piedi, girandosi verso Anton e il Primo Ufficiale. “Maledetto” sibilò, avvicinandosi rapidamente al Generale. “Quali saranno le sue intenzioni? Perché mai ha rapito Lisa? Anton, dobbiamo partire in fretta, questo attacco dei Volcan non mi piace per niente.” Lui annuì, pensieroso, e guardò Silvia puntare la mano destra contro il Guardiano. In pochi secondi questi fu sollevato da terra e si trovò a galleggiare a mezz’aria, col corpo in verticale. Non riuscì neppure a gridare. Lame di ghiaccio erano fuoriuscite dalle dita sottili della Madre e si erano conficcate sul suo cuore, uccidendolo all’istante. *** Lisa sbatté più volte le palpebre e soffocò un urlo. La testa le pulsava dolorosamente, la vista annebbiata non le consentiva ancora di guardarsi attorno, il corpo le doleva in più punti e un grande senso di nausea le stringeva la bocca dello stomaco, togliendole a tratti il respiro. Mentre i suoi sensi si risvegliavano lentamente, cercò di muoversi, ma capì all’istante che le braccia erano saldamente legate in alto, sopra la sua testa, e che si trovava in piedi, in un luogo freddo e poco illuminato. Sbatté ancora le palpebre, questa volta con più vigore, e finalmente gli occhi cominciarono a riempirle il cervello delle prime immagini del luogo in cui era tenuta prigioniera. Si trovava in una grotta alta almeno quattro metri e larga sicuramente il doppio, illuminata fiocamente da torce appese alle pareti, che creavano sul pavimento ombre lunghe e inquietanti. Di fronte a lei scorse quello
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che doveva essere un tavolo, accompagnato da due sedie sbilenche di legno scuro, sul quale vi erano appoggiati una brocca e un bicchiere di legno. Spostò il viso a destra e vide l’ingresso della grotta che dava su una galleria buia e stretta, dalla quale stava provenendo il suono di passi decisi e marcati. Presa dal panico, mosse le mani, ma le sentì avvolte da una catena fredda e bagnata. Sollevò il viso e vide che la catena era agganciata a un cerchio di ferro, conficcato saldamente nella roccia. Agitò ancora più volte le mani, nell’inutile tentativo di liberarsi, finché, con la fronte imperlata di sudore, non si fermò ad ascoltare i passi che ormai avevano quasi raggiunto l’ingresso della grotta. Attese, col cuore in gola che le batteva all’impazzata, la testa che le roteava e il solito, usuale brivido che le scorreva lungo la schiena. No, non poteva essere, non era possibile, come era potuto accadere? Prigioniera del Principe Lìspoto? Socchiuse gli occhi e cercò dentro di sé la forza necessaria per attivare il ciondolo, ma questo emise solo una luce tenue che si spense in pochi istanti. Allora, in preda al panico più totale e assoluto, riprese a muovere le mani, contorcendole e tirando la catena che le imprigionava, ma ogni suo tentativo fu, naturalmente, vano. Ora, il Principe degli Elfi Vampiro era di fronte a lei, avvolto nel suo usuale mantello nero, gli occhi spalancati iniettati di sangue, la bocca scura piegata in un sorriso malizioso, il respiro affannoso. Lisa urlò e volse il viso di lato, chiudendo gli occhi. Non poteva finire così, non doveva finire così… Lei indossava l’anello della Terza Profezia, lei era indispensabile, con Gianni, per la sconfitta della Madre, lei era la Signora degli Elfi… e amava irrimediabilmente e totalmente il suo dolcissimo Bartolomeo. Solo in quegli istanti, vicini ad una probabile morte, capì quanto fosse immenso e forte il sentimento che nutriva per lui. Ora lo avrebbe voluto accanto a sé per sussurrargli all’orecchio le sue promesse d’amore eterno. Invece, in quella grotta fredda e buia, era sola alla mercé del Principe degli Elfi Vampiro e aveva già appurato che tra quelle anguste pareti il potere del ciondolo era quasi nullo e non l’avrebbe protetta dalla violenza di Lìspoto. Si sentì afferrare il viso per il mento e aprì gli occhi. Presto incontrò quelli famelici del Principe, che la stava annusando, dilatando le narici come un toro imbufalito. Il lezzo emanato dalla sua pelle era intollerabile e Lisa fu assalita da un conato di vomito, che aumentò quando il Principe, con rabbia, poggiò le labbra sulle sue. Lisa cercò di divincolarsi, ma Lìspoto le teneva il mento ancora saldamente stretto tra le ma-
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ni e ogni movimento le era praticamente impossibile da compiere. Lacrime calde le scivolarono sulle guance, per giungere in fretta sulle labbra di Lìspoto, che si staccò, fissandola in viso. Le sorrise, mettendo in mostra i canini appuntiti, quindi le passò la lingua sulle guance, emettendo grugniti di piacere ogni qualvolta incontrava una lacrima. Lisa stava per perdere conoscenza. Pensò ancora a Bartolomeo, lo supplicò di raggiungerla, di liberarla, di porre fine a quell’incubo. Ma si ritrovò ancora le labbra del Principe sulle sue, che premevano con forza e con passione e, in quell’istante, capì che la fine era vicina e che nessuno sarebbe giunto ad aiutarla… Dopo qualche istante, Lìspoto le liberò le labbra e si allontanò da lei, fissandola con bramosia.Lisa cominciò a tremare, in attesa della sua prossima mossa. “Finalmente, Signora degli Elfi. Ho atteso per giorni e giorni questo momento. Lo sai che ti accadrà, ora?” Lei pianse e scosse la testa. “Stai per unirti a me per l’eternità, come regina degli Elfi Vampiro, per vivere al mio fianco. Naturalmente, questo comporterà un piccolo cambiamento…” Lisa sbarrò gli occhi e impallidì. Tese le braccia e agitò con forza le catene, nell’ultimo, disperato tentativo di liberarsi. “Non toccarmi, mostro!” urlò, con tutto il fiato che ancora le restava, mentre guardava con orrore i canini del Principe. “Io, io ti ucciderò… vattene, vattene!” Lìspoto si passò la lingua sulle labbra e, con un balzo felino, le fu addosso. Lisa urlò e lui, sorridendo, le inclinò la testa da un lato, le spostò delicatamente i capelli per rivelare la pelle ambrata del collo, quindi glieli afferrò con forza, per impedirle di muoversi. “Ti prego… ti prego…” sussurrò lei, socchiudendo gli occhi, mentre sentiva che le forze la stavano abbandonando. “Non farlo…” Lìspoto la annusò, quindi affondò con forza i canini nella sua carne. Lisa non urlò, troppo sbigottita per quanto le stava accadendo. Il dolore era quasi insopportabile e poteva sentire il suo sangue fluire dalla ferita nella bocca spalancata del Principe. “Non voglio… non voglio!” pensò, mentre le lacrime continuavano a inondarle il viso, cadendole sul collo, per mescolarsi ai rivoli del liquido rosso e caldo. Mentre il morso cominciava a bruciarle con intensità sempre maggiore, sentì il Principe emettere un grugnito di piacere. Con la coda dell’occhio lo vide alzare una mano per poggiarla poi a coppa sul suo seno destro. La stava amando e donando l’immortalità come
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Vampiro. La vista le si era ormai annebbiata e le gambe non riuscirono più a sostenere il suo peso. Ripensando al dolce Bartolomeo, svenne tra le braccia del Principe, famelico e finalmente appagato. *** “Dovete trovarla!” tuonò un alto Consigliere, i neri capelli raccolti in una lunga treccia. “Il fratello di Andromeda non possiede forse le capacità per individuare la nostra Signora degli Elfi?” Sirio gli lanciò uno sguardo che non prometteva nulla di buono, quindi si piazzò al centro della Sala del Consiglio, battendo le mani per attirare l’attenzione dei presenti, immersi in accese discussioni. “Sarete tutti perfettamente a conoscenza del fatto che se la vostra amata Signora degli Elfi è stata condotta nelle Grotte Profonde, cosa che temo assolutamente, i miei poteri saranno pressoché inutili. Una magia oscura circonda le pareti di quelle grotte, difficile da superare e sconfiggere…” “Ah! Sarebbero dunque queste le immense capacità degli abitanti di Aresil?” gridò Bartolomeo, canzonandolo. Quindi gli si avvicinò, fissandolo con astio negli occhi viola ridotti a fessura. “Se sei davvero innamorato della Signora degli Elfi” gli sussurrò, a pochi centimetri dal suo viso. “Questo è il momento di dimostrarlo. O sei forse un codardo?” Sirio strinse i pugni e Bartolomeo lo vide combattere contro il desiderio pungente di rispondergli a tono. “Allora, damerino, sei in grado di salvare la mia Lisa?” urlò il Generale, girando attorno a se stesso per essere udito da tutto il Consiglio. “Se non lo sei, sarà il caso che tu faccia ritorno ad Aresil… e in fretta!” Sirio gli si piazzò dinanzi e lo osservò con occhi iniettati di rabbia. “Farò del mio meglio per salvarla” sibilò, a denti stretti. “Tu, piuttosto, hai già cominciato a fare le valigie? Lei non ti vuole più..” Il fratello di Andromeda non era riuscito a terminare la frase. Bartolomeo lo aveva zittito con un pugno sul naso, che ora sanguinava copiosamente. Era intenzionato ad assalirlo nuovamente, quando si sentì sollevare, sotto lo sguardo di rimprovero di Anna, che era corsa a soccorrere il ribelle di Aresil. Bartolomeo, a mezzo metro da terra, osservò la Strega Meredith che teneva un dito puntato su di lui, il viso contratto in una smorfia di rabbia,
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i capelli accesi di un’intensa luce dorata che si propagava verso l’alto e si rifletteva sul soffitto della sala. “Vi è un solo modo per raggiungere la Signora degli Elfi” tuonò lei, abbassando la mano, mentre Bartolomeo ripiombava a terra, battendo il sedere sul pavimento. “Il Prescelto e il Ribelle di Aresil dovranno unire i loro cuori e i loro spiriti. Solo così l’amore che entrambi nutrite per la Signora degli Elfi vi porterà sino da lei, ad ali spiegate.” “Come?” chiese Anna, fissando Sirio con aria interrogativa. “Amore…?” Bartolomeo, ancora dolorante, si avvicinò a lei, scuotendo la testa, e invitò Sirio a raggiungerlo con un rapido cenno della mano. “Sbrigati, non abbiamo tempo da perdere.” Sirio, con un fazzoletto ben tamponato sul naso, obbedì senza batter ciglio, sotto lo sguardo sbigottito dell’intero Consiglio. Quando furono uno di fronte all’altro, Meredith li invitò a socchiudere gli occhi e a prendersi per mano. Bartolomeo, pallido in volto e ancora pervaso da una forte dose di rabbia, afferrò infastidito la mano libera di Sirio, il quale, sbuffando, gli stritolò per bene tre dita. Il Generale ringhiò e stava per ribattere, quando Meredith riprese la parola. “Ora chiudete gli occhi e pensate a lei, solo a lei… liberate le vostre menti da ogni altra emozione come l’odio, la rabbia, il dolore. Lasciate che l’amore inondi il vostro cuore e il vostro spirito. Suvvia, procedete!” Sirio e Bartolomeo, dopo aver pensato entrambi che la Strega doveva avere qualche rotella fuori posto, emisero un forte sospiro e obbedirono. Bartolomeo cercò di non pensare al fatto che stava stringendo la mano del fratello di Andromeda e, come aveva suggerito Meredith, riuscì a liberare in fretta la mente, visualizzando il volto della sua Lisa. Dopo qualche istante, iniziò a percepire un tenue formicolio alla mano che si propagò rapidamente al braccio, quindi al torace e infine al resto del corpo. Mantenne gli occhi chiusi, mentre il proprio corpo perdeva peso e consistenza, quasi fosse immerso nell’acqua, finché un freddo pungente non lo avvolse da cima a piedi, costringendolo ad aprire gli occhi. Fissò Sirio che, stralunato, stava guardando un punto della Grotta alla sua destra. Lisa era in piedi, appesa per le mani ad una catena, ricoperta da uno spesso strato di sangue, gli occhi chiusi e il capo piegato su un lato. Bartolomeo vacillò e si maledì. Erano arrivati troppo tardi.
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“No, è ancora viva!” urlò Bartolomeo, correndo verso Lisa. Le sollevò il viso e chiuse gli occhi. “Il cuore è debole, ma batte ancora. “ Sirio sfiorò le catene con una mano e queste si spezzarono, liberando Lisa a peso morto tra le sue braccia. Bartolomeo lo fissò in tralice, ma era troppo preoccupato per lei per intervenire. “Non è morta, ma allora”? chiese, osservando il punto in cui il sangue era uscito a fiotti. “La ferita sembra essersi rimarginata, non capisco.” Sirio sbarrò gli occhi, sollevandola tra le sue braccia, pallido in volto, come se avesse appena visto un fantasma. “E’ stata morsa, non abbiamo molto tempo. Presto subirà la trasformazione.” Bartolomeo fissò il ribelle di Aresil con stupore. Sentì le gambe cedergli sotto il peso di un terrore crescente che sembrava del tutto intenzionato a spaccargli il cuore in due. “Non è vero!” sussurrò, spostando gli occhi sulle profonde ferite che segnavano il collo di Lisa. Quando però vide, senza ombra di dubbio, i due fori praticati dai canini, fece un salto all’indietro e crollò in ginocchio, afferrandosi i capelli con entrambe le mani. “Non possiamo più aiutarla” biascicò, con voce rauca. “E’ un procedimento irreversibile… Sirio… dobbiamo lasciarla qui…” “Non dire sciocchezze, Generale!” lo interruppe il Ribelle di Aresil, guardandosi rapidamente attorno. “La salveremo. Ora attaccati a me.” “No, no” continuò Bartolomeo, senza riuscire a posare gli occhi sul corpo della sua adorata Lisa. “Devi lasciarla… deve stare qui, con i suoi simili…” Ma Sirio non stava prestando attenzione alle parole del Generale. Era concentrato sui passi che si stavano rapidamente avvicinando all’ingresso della grotta, seguiti da altri più rapidi e più numerosi.
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“Dobbiamo andarcene da qui!” disse a denti stretti, avvicinandosi a Bartolomeo, con Lisa ancora saldamente tra le sue braccia. “O entro breve saremo morti entrambi.” A quelle parole il Generale sembrò scuotersi. Si alzò rapidamente in piedi e afferrò Sirio per un braccio. “Ora” sussurrò, fissando il volto pallido di Lisa, incrostato di sangue. “Portiamola da Meredith.” Bartolomeo e Sirio socchiusero gli occhi quasi contemporaneamente. Quando li riaprirono, si trovarono nuovamente al centro della Sala del Consiglio del Palazzo Reale, esattamente nello stesso punto dal quale erano spariti, pochi minuti prima. “Via, largo!” urlò Bartolomeo, spingendo con foga i Consiglieri che si erano riuniti attorno alla Signora degli Elfi. “Lasciatela respirare, via!” Sirio, nel frattempo, aveva steso a terra Lisa e le aveva appoggiato la testa sulle sue ginocchia. “No!” urlò Matilde, che aveva appena raggiunto la Sala del Consiglio in compagnia di Gianni. “Oh no, no no!” Gianni si inginocchiò accanto alla Signora degli Elfi e la scrutò in viso, impallidendo. “Ma che diavolo le è successo?” sbraitò, osservando Bartolomeo con sguardo accusatorio. “Tu sei il suo Guardiano, non l’hai protetta!” Il Generale, in piedi accanto a lui, lo osservò con gli occhi colmi di lacrime, incapace di ribattere, quindi si fece spazio tra i Consiglieri, alla ricerca di Meredith. “Tesoro, che ti hanno fatto?” urlò Anna, accucciandosi accanto alla nipote che ora respirava affannosamente e era scossa da una serie di fremiti violenti. Mentre Sirio le forniva le dovute spiegazioni, Bartolomeo aveva raggiunto Meredith e la stava trascinando verso Lisa, senza troppi complimenti. “Deve salvarla, Madame, la prego” la implorò, piazzandola in fretta accanto alla Signora degli Elfi. “Non può finire così, non deve finire così!” Matilde, gli occhi gonfi di lacrime, se ne stava ancora ritta in piedi, con le mani giunte sul petto, a fissare stordita i Consiglieri che si affannavano attorno a Lisa, scuotendo la testa o pregando nell’antico linguaggio elfico. Spostò poi lo sguardo su Anna, che piangeva sommessamente mentre staccava dal viso della nipote ciocche di capelli incrostati di sangue. Infine, osservò Meredith che si era accucciata a sua volta accanto alla Signora degli Elfi. Il suo pensiero corse veloce al suo amato
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Luca che, con Marcus, era ancora impegnato ad affrontare Elfi Vampiro che, dopo l’attacco dei Volcan, avevano cercato più volte di superare il Passaggio. “Smettila di frignare, ragazzo!” gracchiò Meredith, lanciando a Bartolomeo una cupa occhiata di sbieco. “La salveremo.” Il Generale sbarrò gli occhi e si passò una mano tra i capelli, mentre camminava nervosamente su e giù. “Come? Come?” chiese, scambiando con Sirio un rapido sguardo disperato. “Lei è stata morsa, il processo è irreversibile!” Meredith non rispose. Appoggiò invece una mano sul cuore di Lisa e chiuse le palpebre sugli occhi grigi e vuoti. “Il veleno del Vampiro si è mescolato al suo sangue, ma non è troppo tardi. Vi è un unico modo per salvarla…” Meredith si alzò faticosamente in piedi, nel brusio generale dei presenti, e si piazzò di fronte a Bartolomeo, afferrandolo per un braccio. Lui sussultò, ma non reagì, in attesa delle parole della Strega. “Devi recarti immediatamente alla Città dei Morti e scendere nella Cripta” disse infatti lei, con enfasi. “Lì troverai lo Spirito dell’Essenza Vitale. Vi affonderai la mano destra, attingerai alla sua energia e farai immediatamente ritorno a Palazzo. Ma bada, ragazzo, hai poco tempo. Se il cuore della Signora degli Elfi dovesse fermarsi, non vi sarà più alcuna possibilità di salvezza per lei…” Anna aveva ascoltato con attenzione le parole sussurrate da Meredith, e ora si trovava in piedi accanto a lei, con uno sguardo incredulo dipinto sul viso sofferente. “Madame, non è possibile… Bartolomeo non può toccare lo Spirito. Sai perfettamente che, se lo farà, diverrà polvere all’istante.” “Eh?” Il Generale si staccò con rabbia da Meredith e la fissò a lungo negli occhi spenti. “Era questo il suo piano, Madame? Farmi polverizzare? Grazie tante…” “Basta!” Meredith aveva urlato e, nel farlo, aveva sollevato in alto il suo bastone nodoso, dal quale era sprigionata una vivida luce dorata che aveva costretto i presenti a chiudere gli occhi, accecati dalla sua potenza. “Ora state bene a sentire, tutti quanti!” gridò ancora, ottenendo il silenzio in pochi secondi. “Non vi è altro modo per salvare la Signora degli Elfi! Se il Generale Bartolomeo sarà mosso da vero amore nei suoi confronti, tornerà qui indenne e poggerà la sua mano destra sul morso del
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Principe Lìspoto. Se, invece, il sentimento che lo lega alla nostra Signora non è profondo e concreto, allora nulla potrà evitare la sua prematura trasformazione.” Bartolomeo sospirò e si passò ancora una mano tra i capelli, osservando il viso di Lisa che ora aveva preso il pallore di un cadavere. Si soffermò principalmente sulle labbra, che erano contornate da un alone bluastro, e sugli occhi, semichiusi, cerchiati da profonde occhiaie macchiate di sangue. “Sono pronto” sussurrò, traendo un altro profondo respiro. “Vado e torno.” “Posso farlo io” lo interruppe Sirio, catturando all’istante l’attenzione dei presenti. “Ormai il sentimento che nutro nei confronti della Signora degli Elfi non è più un segreto. Non temo per la mia vita e sono pronto a rischiare.” Anna lo fissò di sbieco, mentre Meredith gli si avvicinava lentamente, puntandogli contro il suo bastone, dal quale ora zampillavano solo tenui scintille argentate. “Tu, abitante di Aresil, non ti muoverai da qui” gracchiò, con tono canzonatorio. “L’amore che nutri per la nostra amata Signora degli Elfi è nulla in confronto al sentimento che la lega al Generale Bartolomeo. Quindi, mettiti da parte e smettila di importunarli.” Sirio sbarrò gli occhi e stava per ribattere, ma preferì chinare la testa a osservare il viso marmoreo di Lisa. Il Generale, invece, sorrise con evidente soddisfazione, quindi incontrò gli sguardi preoccupati di Anna e Matilde. “Ce la farò, ve lo prometto” le rassicurò, facendo un passo all’indietro. “Non vi deluderò!” “Cerca di tornare in fretta, Generale” lo punzecchiò Gianni, dandogli una pacca sulle spalle. “Non ho nessuna intenzione di tirarti su con un aspirapolvere, intesi?” Bartolomeo gli sorrise, gli fece un rapido cenno di saluto con la testa, quindi socchiuse gli occhi. Pochi istanti dopo sbucò dall’usuale nube gialla, tossendo infastidito e visibilmente seccato. Quando la polvere si dissolse, sgranò gli occhi e balzò all’indietro. Dinanzi a lui si apriva una fila infinita di corpi sospesi a mezzo metro da terra. I morti del Regno Elfico. ***
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“Resisti, tesoro, non arrenderti…” La voce di Marta risuonò con un’eco distante nel limbo in cui Lisa si trovava a galleggiare, al di là del tempo e dello spazio. Non provava dolore, né emozioni. Anche i sentimenti sembravano oscurati, ammantati da un velo sottile che l’avvolgeva come un sudario. Era distante da tutto e da tutti, il nulla si era impossessato del suo cuore, del suo animo, della sua stessa essenza. I pensieri sembravano sfuggirle via distanti, lontani, fragili, quasi inconsistenti. “Tesoro, Bartolomeo, il tuo dolce amore, ti salverà.” “Salvarmi? Io non voglio essere salvata” disse Lisa a se stessa, sempre più immersa in quel limbo spesso, che la stava trascinando via dalla sua vita, con una ferocia inaudita. Ma lei non voleva rientrare, non avrebbe consentito a nessuno di strapparla dal nulla. Lì non provava alcuna emozione e sensazione, ogni forma di dolore era stata annullata e quella pace assoluta lei l’aveva ambita da tempo, sin dal suo ingresso nel Regno Elfico. “Non cedere…” La voce della madre, ormai sottile, le sfiorò per un istante la mente, ma lei la cacciò via, distante, lontana, nel tentativo di non udirla più. “Vivrò nel nulla e mi fonderò con esso.” pensò, mentre la corrente del limbo la trascinava ancora più in là, inesorabile, verso il silenzio, verso la quiete totale e assoluta della morte. *** Bartolomeo inghiottì a fatica la saliva e mosse un passo verso il primo cadavere che giaceva sospeso a mezz’aria a un metro da lui. Era di una femmina Elfo, vestita da guerriero, con un’armatura lucente e argentata, appartenente ai popoli dei tempi antichi. I lunghi capelli neri le incorniciavano il viso pallido, di una bellezza straordinaria, mentre le labbra, colorate di un blu tenue, erano piegate in un dolce sorriso. Sembrava riposare di un sonno placido, dolce, rassicurante, e invece era stata abbracciata millenni prima dalla morte, implacabile, fredda e glaciale anche di fronte alla giovinezza strappatale in un modo tanto brutale e violento. Bartolomeo riuscì a stento a staccare gli occhi da quel viso che apparteneva a un’epoca a lui sconosciuta, e osservò con un groppo in gola le centinaia, o migliaia, di corpi sospesi, che si aprivano di fronte a lui, su infinite file parallele.
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Lì la morte era tangibile, e sembrava aleggiare sicura e fiera all’interno di quella Cripta, sfiorando con leggiadria i visi immobili e freddi dei cadaveri che riposavano da tempi più o meno lontani. Un brivido percorse il corpo già scosso di Bartolomeo e lui dovette compiere uno sforzo indicibile per muovere un passo verso la zona della Cripta in cui avrebbe incontrato lo Spirito dell’Essenza Vitale. I suoi movimenti, dapprima lenti e impacciati, si fecero via via più rapidi quando pensò alla sua Lisa che lottava contro un destino più crudele della morte. Così si trovò a correre a perdifiato tra le fila di corpi di Elfi e Elfe che ne seguivano silenziosamente i movimenti, immersi in un’atmosfera cupa e irreale. Dopo aver percorso un centinaio di metri, Bartolomeo si fermò per riprendere fiato. L’aria era opprimente e il suo corpo sembrava pesare più del dovuto, trasformando ogni suo passo in uno sforzo sempre più grande. Si girò all’indietro, osservando ancora una volta le file dei corpi che lo circondavano su ogni lato, quindi riprese a correre. Il tempo stava stringendo e Lisa aveva bisogno del suo aiuto. Corse ancora per centinaia di metri, sempre più affaticato, e via via più inquieto man mano che sentiva di avvicinarsi allo Spirito. Acuì il suo potere empatico, finché, col fiato grosso e le gambe che sembravano agganciate a macigni, lo percepì nettamente alla sua destra, oltre una fila di soldati bardati con vecchie tute mimetiche. Superò in fretta quei corpi avvolti dal freddo implacabile della morte, quindi si arrestò dinanzi a una rampa di scale che piombava verso un’oscurità ben poco rassicurante. Si passò nervosamente una mano sui capelli e, senza attendere altro tempo, si precipitò lungo le scale, col cuore in gola e le gambe che gli tremavano. Lì l’aria era ancora più pesante e opprimente e, a tratti, aveva la sensazione di soffocare. Il buio sembrava intenzionato ad inghiottirlo da un momento all’altro, ma ciò non avvenne. Dopo qualche minuto si ritrovò all’interno di una stanza circolare, ricoperta interamente di marmo grigio, al centro della quale una colonna di luce dorata ne percorreva la lunghezza dal pavimento all’alto soffitto. Bartolomeo si fermò, sudato e col fiato corto. Si piegò in due per consentire all’aria di girare a pieno ritmo nei polmoni, quindi si rialzò a osservare con timore quel fascio dorato, ora percorso, al suo interno, da un filo di energia azzurra e scintillante. Si inchinò di fronte allo Spirito dell’Essenza Vitale e, pensando alla sua dolce Lisa, con decisione affondò la mano all’interno della colonna di luce. Un calore quasi insopportabile gli avvolse le dita e lui cercò di ritirare d’istinto il braccio, ma la mano pareva incastrata nel fascio di lu-
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ce e ogni suo tentativo di muoverla risultò del tutto vano. Ora il calore era impossibile da tollerare e Bartolomeo urlò con tutto il fiato che aveva in gola. Sentiva il fuoco bruciargli la pelle in modo inesorabile e non poteva fare nulla per impedire che ciò accadesse. Mentre stava per perdere i sensi, il dolore all’improvviso cessò e lui sentì di poter muovere nuovamente i muscoli della mano. Ritrasse il braccio e la vide, intatta e senza alcuna ustione, pulsare della stessa luce della colonna. Lo Spirito dell’Essenza Vitale aveva riconosciuto l’immenso amore che lo legava alla sua adorata Lisa e era entrato in lui. Mentre alcune lacrime gli scorrevano ribelli sulle guance, sorrise e si accinse ad abbandonare definitivamente la Città dei Morti, non prima di aver ringraziato la colonna di luce per non averlo ridotto in polvere. “Fatemi provare.” urlò, facendosi largo tra i Consiglieri che lo avevano accolto con un fragoroso applauso. Anna si illuminò in volto e alzò gli occhi al cielo, in segno di ringraziamento. Bartolomeo si accucciò accanto alla sua Lisa, le girò delicatamente la testa di lato e le poggiò sui segni del morso la mano destra, ancora ben pulsante e calda dell’energia dello Spirito. *** Lisa si bloccò. Non stava più galleggiando. Il nulla senza dolore né emozioni stava riprendendo consistenza e il suo corpo si muoveva ora con pesantezza in un limbo inospitale e freddo. Una fitta lancinante sul collo le procurò un sussulto e piogge di brividi. Si guardò le mani. Non era più un’essenza, un alito di una vita spenta e perduta, bensì un corpo, solido, materiale, che possedeva braccia e gambe. D’istinto si portò la mano destra sulla ferita che bruciava con un’intensità sempre maggiore. La pelle sembrava sfrigolare sotto quell’ondata di calore insopportabile e insopprimibile. Urlò… urlò… sentì una voce dolce, rassicurante, che la chiamava… Bartolomeo. Il suo amato, meraviglioso Bartolomeo. La stava cercando, la voleva, l’amava. Urlò ancora e spalancò gli occhi. Si guardò rapidamente attorno e si spaventò. Tutto era diverso… persone, cose, suoni, colori. Tutto possedeva spessore, odorava, sembrava muoversi di una vita propria, alimentato da un’energia indicibile. Poteva sentire il battito di ogni essere vivente attorno a lei, i loro respiri affannosi, le loro emozioni. Il battito più vicino, quello più intenso e più caro, le fece voltare la testa alla sua destra. Incontrò lo sguardo illuminato di Bartolomeo, che la strinse a sé, soffocando un singhiozzo. Sirio
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li osservò per qualche istante, quindi si alzò e si allontanò verso Gianni, che osservava la scena con espressione rilassata e quasi divertita. Tra le braccia di Bartolomeo, Lisa ricordò tutto, in un lampo, in una frazione di secondo. Lìspoto… Lei non aveva subito la trasformazione, ma aveva indubbiamente acquisito parte dei poteri dei Vampiri. Si sentiva forte, potente, indistruttibile. Si staccò dall’abbraccio di Bartolomeo e gli sorrise. Lui sussultò, sfiorandole la guancia con un dito. “I tuoi occhi…” sussurrò, con voce rauca. Lei gli afferrò la mano, baciandone il dorso. “Non preoccuparti, tesoro, sono io… sono sempre io…” Lisa si alzò in piedi e sentì la nuova energia accendersi dentro di lei, in un turbine di nuove sensazioni e emozioni. Sentiva che nulla, ora, avrebbe potuto fermare il suo viaggio verso la rovina della Madre.
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Tutto era diverso. Ogni immagine, emozione, odore. Tutto era più semplice, fluido, immediato. La paura era scomparsa, sostituita da un’ondata di energia vitale, limpida, potente. Lisa era consapevole che il prima era svanito per sempre, e di esso conservava solo un ricordo vago, lontano e quasi fastidioso. Il dopo, invece, era meraviglioso. Pieno, consapevole, ricco di forza e, soprattutto, nuovo, tutto da scoprire, passo per passo, accanto al suo dolce Bartolomeo e contro l’armata della Madre che presto avrebbe incontrato il suo inevitabile destino. La zia le aveva imposto di riposare, prima della riunione nella Sala dei Generali, dove sarebbero stati definiti gli ultimi dettagli della battaglia. Ma Lisa non poteva dormire e, comunque, non ne sentiva affatto la necessità. Mentre Bartolomeo sonnecchiava sul letto, lei si era fatta una rapida doccia e aveva indossato un paio di jeans e una maglia di lana. Quando si era guardata allo specchio per raccogliere i capelli in una lunga treccia, era sobbalzata. Le pupille dei suoi occhi erano allungate, come quelle dei felini, e l’iride aveva perso il suo usuale colore, sostituto da un grigio profondo e brillante. Aveva sbattuto più volte le palpebre, strizzando ripetutamente gli occhi, e, infine, si era vista costretta ad accettare il cambiamento. Persino i capelli le sembravano più scuri, anzi, osservandoli con attenzione, era sicura che fossero più scuri. La lunga treccia raccoglieva infatti fili quasi neri, che si intrecciavano morbidamente tra di loro. E infine la sua pelle. Era sempre andata fiera del suo colore ambrato, senz’altro fuori dal comune, che le consentiva di uscire di casa anche senza un filo di trucco. Ma ora il viso aveva assunto un pallore marmoreo e appariva levigato come quello di una bambola di porcellana. Sì, il prima era definitivamente cancellato e il dopo rappresentava la sua nuova realtà, potente e definitiva.
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Lisa era impaziente di raggiungere la Sala dei Generali per stabilire una volta per tutte la linea d’attacco contro la Madre e, soprattutto, contro i terribili Volcan. Prima di essere rinchiusa in camera dalla zia, aveva udito le parole biascicate di Sirio. “Troverò il modo per fermare quei Demoni. Ho un’idea che potrebbe funzionare.” Ripensando alla frase buttata lì in fretta e furia da Sirio, si avvicinò alla finestra, dando una rapida occhiata ai Giardini del Palazzo. Un vento possente soffiava da nord e piegava pericolosamente le cime delle querce del bosco, privandole spesso dei rami più sottili e deboli. Il cielo, perennemente plumbeo, era illuminato da fulmini incessanti e spettacolari, che scaturivano ribelli tra le coltri buie delle nuvole cariche di pioggia. E la temperatura era calata ulteriormente. L’energia verde del Lago di Smeraldo e quella gialla del Sole di Aresil stavano senz’altro diminuendo a vista d’occhio e, pertanto, non vi era altro tempo da perdere. Rabbrividì mentre le prime, timide gocce di una pioggia scura scivolavano sulle vetrate delle finestre, quindi si girò ad ammirare il suo dolce Bartolomeo. Era sdraiato con le braccia piegate sul petto, i capelli sparpagliati sul cuscino, il viso, dai tratti delicati, del tutto rilassato, le labbra leggermente dischiuse. Sedette accanto a lui e si diede della stupida per aver consentito a Sirio di intromettersi nel loro rapporto. Certo… Sirio era indubbiamente affascinante e terribilmente sexy. Però per lui non provava altro che una semplice amicizia, alquanto stiracchiata in verità, mossa essenzialmente da un profondo senso di gratitudine per aver salvato la sua vita e quella di Gianni. Solo nel momento in cui aveva visto la morte in faccia, tra le braccia del Principe Lìspoto, Lisa aveva finalmente compreso quanto illimitato fosse l’amore che nutriva nei confronti del Generale dei Guardiani. A lui doveva tutto. La vita, innanzitutto, ma anche l’esplosione di continue emozioni e sensazioni che provava in sua presenza e delle quali non avrebbe mai potuto considerarsi sazia. Lui l’aveva perdonata. Sembrava essersi scordato del bacio di Sirio o, per lo meno, dava l’idea di non considerarlo più un fatto importante e decisivo. E aveva rischiato la sua vita per salvarla, fermamente convinto della forza e della potenza del loro amore. Bartolomeo sospirò e sciolse le braccia, abbandonandole lungo i fianchi. Lisa, con infinita gratitudine, gli si avvicinò con cautela e lo baciò con delicatezza sulla fronte. Bartolomeo spalancò gli occhi e le sorrise, prima di impossessarsi delle sue labbra fresche e morbide. Lei sentì il cuore tamburellarle in petto, mentre un fremito quasi doloroso le scuoteva il corpo, riscal-
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dandola. Lui le posò sul collo baci rapidi e dolci, che Lisa accolse allacciandogli le braccia dietro la schiena. “Che devo fare, Lisa?” le chiese, socchiudendo gli occhi. Lei gli sollevò il viso e lo fissò, sorridendo. “Sono pronta, amore, questa è la mia scelta.” Bartolomeo la fissò con sospetto. “E che mi dici di Sirio?” la interrogò, sfiorandole il collo con le labbra dischiuse. Lisa gli afferrò il viso e lo costrinse a guardarla. “Sirio non è niente per me, niente. Sei tu che amo, Barty, non lui. ” Bartolomeo fece una smorfia e tentò di distogliere lo sguardo dai suoi occhi grigi, ma Lisa gli tenne ancora ben saldo il viso con entrambe le mani, sorridendogli con tenerezza. “Usa il tuo potere, amore… che ti dice?” Lui socchiuse gli occhi, trasse un profondo respiro, quindi, dopo qualche istante, calò le labbra sulle sue, baciandola con tenerezza. Quando si staccò, Lisa era rossa in viso e respirava a fatica. “Ti amo, Barty, sei il mio solo e unico amore.” Lui sorrise pienamente soddisfatto e, con la sua Lisa, volò.
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22 La decisione di Sirio
Lisa entrò nella Sala dei Generali a braccetto di Bartolomeo, con un grande sorriso dipinto sul volto arrossato. Luca le si precipitò incontro, la staccò da Bartolomeo senza troppi complimenti e la strinse forte a sé, fino quasi a farle mancare il respiro. Lisa ricambiò l’abbraccio, felice di vederlo sano e salvo dopo l’attacco dei Volcan. “Ahi! Mi stai stritolando!” squittì Luca, cercando di staccarsi dalla sua morsa. “Ops… scusa” borbottò lei, allontanandolo in fretta e furia. “Dopo il morso di Lìspoto molte cose sono cambiate in me. Devo fare più attenzione.” “Già” convenne Luca, fissandola con preoccupazione negli occhi felini. “Lo vedo. Ma sei sempre la mia sorellina, vero?” Lei annuì, dandogli un buffetto sulla guancia. “Non preoccuparti per me, è tutto ok. Quel che più conta è che tu sia sopravvissuto all’attacco. Mi hai fatta morire di paura, davvero.” Lisa fece per riabbracciarlo, ma lui si allontanò in fretta, sorridendole e agitando ripetutamente il dito indice. “No, basta con gli stritolamenti, vorrei mantenermi tutto d’un pezzo per la battaglia.” Lisa si limitò a lanciargli uno sguardo sornione, quindi, afferrando Bartolomeo per una manica, si diresse verso Marcus e Filiberto, che si inchinarono prontamente di fronte a lei. “Lieto di constatare che sei in perfetta forma” esordì Marcus, riservandole uno dei suoi sorrisi disarmanti. “Abbiamo temuto per la tua incolumità, e stavolta eravamo davvero preoccupati.” Lisa gli fece un rapido cenno col capo in segno di ringraziamento, quindi, con Bartolomeo alle calcagna, si spostò verso il grande tavolo quadrato, sul quale era stata poggiata l’ampia mappa del Regno Elfico. Solo in quel momento si accorse della presenza di Matilde, che le corse incontro, abbracciandola.
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“Non farmi prendere più di questi spaventi” le sussurrò con voce rotta dai singhiozzi. “Sei la mia migliore amica e non ho alcuna intenzione di perderti.” Lisa la strinse affettuosamente, facendo ben attenzione a moderare la sua forza, quindi la staccò con dolcezza, scoccandole un bacio sulla fronte. “Sciocchina! Non ti libererai tanto facilmente di me, stanne certa!” Matilde tirò su col naso, quindi spalancò la bocca, intenta ad osservare con angoscia il viso dell’amica. “I tuoi occhi, la tua pelle e pure i capelli” biascicò, sbattendo incredula le palpebre. “Sei… sei davvero diversa.” Lisa scoppiò in una risatina sommessa che però non sfuggì a Gianni, intento a rosicchiare con avidità una brioches ricolma di marmellata azzurra. “Insomma, si può sapere perché voi due (e segnò Lisa e Bartolomeo) siete così contenti e felici?” sbottò lui, ingoiando l’ultimo boccone della brioches. “In fondo stiamo per rimetterci tutti la pellaccia, soprattutto io che sono il protagonista principale della terza Profezia, la quale probabilmente è una bufala colossale… quindi, che avete da ridere? Mi date sui nervi!” Lisa stava per ribattere, rossa in viso, quando sentì su di sé lo sguardo forte e indagatore di Sirio, appoggiato ad una parete, con le braccia conserte e gli occhi stretti a fessura. Sapeva che l’aveva letta nel pensiero e che, quindi, aveva scoperto quanto era appena accaduto tra lei e Bartolomeo. “Così impari ad entrare nella mia testa” pensò Lisa con rabbia, lanciandogli un’occhiata feroce. “Io lo amo, lui è tutta la mia vita, quindi tu devi farti da parte, da bravo bambino, intesi?” Lo vide sollevare un sopracciglio con disappunto, e passarsi nervosamente una mano tra i capelli. “Lo so che hai manovrato la mia volontà” continuò Lisa, senza staccare gli occhi dai suoi. “E questo non te lo perdonerò mai. Hai quasi annientato il mio rapporto con Bartolomeo. Non ti mando al diavolo solo perché mi hai salvata per ben due volte, voglio che questo ti sia chiaro.” Sirio sbottò e si avvicinò rapidamente al tavolo, fingendo di osservare la mappa. “Tutto bene?” le chiese Bartolomeo, senza riuscire a nascondere una certa dose di apprensione nel tono della sua voce. “Posso dormire sonni tranquilli?”
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“Tranquillissimi.” gli rispose Lisa, passandogli una mano sul viso, sotto lo sguardo incuriosito di Marcus. “Allora, voi due, la volete smettere, per cortesia?” li rimbeccò ancora Gianni. “Mi date il voltastomaco.” “E lasciali stare” gli ringhiò contro Matilde, dandogli una pacca sulle spalle. “Non hai capito che…” Si interruppe, arrossendo. Sentiva gli occhi di Luca puntati addosso alla sua figura minuta e sottile. Lui le aveva chiesto più volte di compiere quel passo, ma lei si era sempre tirata indietro, impaurita o, per meglio dire, del tutto terrorizzata. In quel preciso istante, però, si ripromise che, se ne fossero usciti vivi dallo scontro con la Madre, avrebbe donato a Luca tutta se stessa e con tutto il suo cuore. Gianni emise un lungo fischio e lei sobbalzò, spostando lo sguardo su Lisa che appariva tranquilla e del tutto padrona della situazione. Sirio tossì un paio di volte e l’attenzione della Signora degli Elfi ritornò alla mappa e a Marcus, che stava discutendo animatamente col Generale Filiberto. “Allora? Qual è la situazione?” chiese lei, incrociando le braccia sul petto. “Aggiornatemi, e in fretta.” Filiberto spostò un ciuffo di capelli scuri dalla fronte alta e pallida, quindi prese la parola. “Purtroppo, l’esercito della Madre ha invaso la città di Opale, al confine con le Terre del Nord. E stanno avanzando inesorabilmente verso la Capitale. Al loro passaggio, lasciano a terra cadaveri e distruzione.” Lisa batté un pugno sul tavolo che si incrinò, emettendo uno stridio acuto e fastidioso. “Scusate.” mormorò lei, traendo un profondo respiro. Bartolomeo alzò gli occhi al cielo e le posò una mano sulle spalle, nel tentativo di calmarla e rassicurarla. “Luca, a che punto siamo con la preparazione del nostro esercito?” chiese ancora lei, puntandogli contro uno sguardo preoccupato. “Dobbiamo partire al più presto, ormai il tempo è quasi scaduto.” “L’esercito è pronto, Lisa, e la partenza può essere immediata…” “Quanto immediata?” intervenne Gianni, osservando Luca di sbieco. “Sai, essendo il ragazzo della terza Profezia, vorrei essere informato per tempo, tanto per abituarmi all’idea dei calcioni che prenderò sul sedere, prima di finire all’altro mondo!” Luca scosse la testa, mentre Marcus scattò verso Gianni, sovrastandolo con la sua notevole altezza.
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“Non osare rivolgerti mai più al Generale Luca con quel tono insolente! Anche se sei il ragazzo della terza Profezia, gli devi comunque rispetto!” Gianni stava per ribattere, ma Lisa lo zittì, fulminandolo con uno sguardo scottante e che non prometteva nulla di buono. “Generali, siamo in grado di partire fra un giorno?” chiese lei, passandoli in rassegna. “Voglio porre fine a questa assurda e inconcepibile situazione, una volta per tutte…” I Generali si scambiarono un’occhiata fugace, quindi annuirono. Lisa stava per riprendere la parola, ma si bloccò quando vide Luca ammiccare verso Sirio, come se volesse invitarlo a intervenire. “Come affrontiamo i Volcan?” chiese Bartolomeo che non aveva notato quello scambio rapido di sguardi. “Sono indistruttibili, solo i Padri di Aresil sono in grado di combatterli.” Lisa batté un altro pugno sul tavolo, facendo però attenzione a non inclinarlo nuovamente, e si sentì affiancare da Sirio. Lo fissò di sbieco, mentre Bartolomeo la traeva lentamente verso di lui, tirandola per una manica. “Una soluzione ci sarebbe.” esordì il fratello di Andromeda, squadrando Lisa da testa a piedi con uno sguardo ben poco innocente. Lei si sentì avvampare, ma non intervenne. “Porterò qui Ranu e lui saprà come fermare i Volcan.” Lisa spalancò gli occhi, scosse la testa, quindi scoppiò a ridere. “E come credi di convincere un Padre di Aresil ad intervenire nelle nostre faccende?” gli chiese, con tono canzonatorio. “Devo forse ricordarti che loro non muoveranno un dito per aiutarci?” “Lisa, lascialo parlare” la interruppe Luca, sorridendole. “Ha trovato davvero un modo per convincere Ranu ad aiutarci.” Il sorriso si spense sulle labbra della Signora degli Elfi. Guardò rapidamente Bartolomeo che fece spallucce, quindi scambiò una rapida occhiata con Matilde che, con gesti affannosi, la stava invitando a calmarsi e a porre attenzione alle parole di Sirio. “Va bene, ti ascolto” disse, ponendosi di fronte a lui. “E spero che la tua soluzione sia davvero efficace.” Sirio emise uno sbuffo che Lisa non riuscì ad interpretare, quindi si diresse a grandi falcate verso una delle ampie vetrate, dando le spalle ai presenti. “Da tempo Ranu mi chiede di unirmi ai Padri di Aresil” continuò, con un tono di voce che poteva sembrare annoiato. “E, pur di avermi, farà qualsiasi cosa, anche infrangere la Legge più importante, quella che so-
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stiene il loro credo e che li ha guidati indenni sino ad ora. Lo porterò qui e lui mi aiuterà a distruggere i due Demoni. Non ho dubbi al riguardo.” Lisa strabuzzo gli occhi e strinse i pugni. Non poteva permettere a Sirio di rinnegare se stesso e i suoi Ribelli, per unirsi a chi stava combattendo da anni. Era una soluzione che lo avrebbe condotto a un destino crudele e amaro. Per quanto in quel momento non potesse proprio dire di provare una grande simpatia nei confronti di Sirio, di una cosa era del tutto sicura. Non gli avrebbe mai consentito di distruggere la sua vita per unirsi ai Padri di Aresil... “Questa soluzione è inaccettabile” ringhiò, socchiudendo gli occhi a fessura. “Affronterò io i Volcan, probabilmente con i nuovi poteri che ho assimilato da Lìspoto riuscirò a…” “No! E’ impossibile!” urlò Sirio, sporgendosi verso di lei, con gli occhi che saettavano rabbia e ansia. “Nessuno è in grado di fermare quei Demoni, né tu, né Lìspoto, né la Madre, né io stesso! Solo un Padre di Aresil può farlo, e quindi la discussione termina qui!” Lisa avvampò e si sentì avvolgere da un’energia potente e frastornante, che illuminò all’istante il suo ciondolo. “Lisa… calmati…” Le parole di Bartolomeo le parvero giungere da una dimensione distante, le danzarono rapidamente in testa e, ancora più rapidamente, si dissolsero, inghiottite dalla rabbia che stava prendendo il sopravvento sul suo buonsenso. “Non ti permetterò di buttare all’aria la tua esistenza” urlò ancora, tremando da testa a piedi. “Troveremo un’altra soluzione… interpellerò i Sacerdoti del Picco Oscuro… leggeremo l’Antico Codice… chiederemo aiuto al Custode del Lago di Smeraldo…” “Lisa, ora basta!” la interruppe Bartolomeo, piazzandosi di fronte a lei. “Sirio ha ragione. Solo un Padre di Aresil può combattere un Volcan. Devi fartene una ragione.” Lei fissò a lungo il Generale, con le labbra che le tremavano e un’espressione stranita dipinta sul viso pallido e contratto per la tensione. “Lisa?” La Signora degli Elfi socchiuse per un istante gli occhi, quindi diede le spalle sia a Sirio che a Bartolomeo per poggiare le mani sul tavolo e sfiorare il bordo della mappa.
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“ E sia” biascicò, con la voce rotta dall’emozione. “Se questa è l’unica soluzione, congedo il fratello di Andromeda affinché possa mettersi in contatto con Ranu.” Lisa sentì Sirio allontanarsi in fretta dalla finestra e lo guardò di sottecchi dirigersi verso l’uscita, a passo rapido. “Sirio, aspetta.” disse, senza guardarlo. Lui si bloccò prima di afferrare la maniglia della porta e si girò verso la Signora degli Elfi, gli occhi accesi da un’ultima speranza. Quella di sentire ancora una volta la voce dolce e rassicurante della sua amata. “Grazie” borbottò Lisa, con voce rauca. “Tutti noi ti siamo debitori.” Sirio si illuminò in volto. Era proprio quello che voleva udire dalla voce di Lisa. Un segno di comprensione nei suoi confronti e, soprattutto, di perdono. Si inchinò di fronte alla Signora degli Elfi e abbandonò in fretta la Sala, richiudendo la porta alle sue spalle. Lisa si sentiva colpevole per avergli consentito di porre fine alla sua esistenza di essere libero. Diventare un Padre di Aresil significava dover rinunciare irrimediabilmente alle passioni, alle emozioni, ai sentimenti, per promettere fedeltà assoluta a un credo assurdo, contro il quale Sirio si era battuto da sempre, con i suoi Ribelli. Come avrebbe reagito la dolce Andromeda? Sarebbe riuscita ad accettare la perdita del fratello che tanto amava? Sentì il cuore batterle furiosamente in petto e fissò Bartolomeo, che la stava guardando a sua volta con apprensione, come se stesse provando la medesima emozione. “Hai fatto la scelta giusta, mia Signora” prese la parola Marcus, interrompendo quel silenzio carico di una tensione ardente. “Ranu e Sirio riusciranno a fermare i Volcan e ad annientarli, così noi dovremo solo pensare alla Madre e al suo dannato esercito.” Lisa inghiottì a fatica la saliva e annuì, raddrizzandosi e fissando i presenti con aria decisa. “Poniamo fine a questa assurdità!” Sentì Bartolomeo sfiorarle il viso con un bacio, quindi sospirò e riservò ai presenti un sorriso rassicurante. La rabbia che covava dentro di lei l’avrebbe aiutata a combattere la Madre. Provava il forte desiderio di uccidere, di porre fine alla vita di Silvia, di suo figlio, di Lìspoto, e quindi avrebbe pensato ad Anton, il traditore. Avrebbe vendicato sua madre Marta per aver riposto fiducia in un essere che non la meritava affatto. Fissò Marcus e sentì una stretta al cuore. Presto, il Generale avrebbe dovuto affrontare la prova più difficile della sua vita… perdere ancora il fratello, il suo gemello, in una nuova morsa di dolore e di sangue.
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SbattÊ le palpebre e si scrollò in fretta quei pensieri, lasciandosi assorbire, come un automa, dalle tattiche di guerra che il Generale Filiberto aveva preso ad illustrare con solerzia, in un silenzio denso e pesante.
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23 Il sogno di Gianni
Gianni si gettò sul letto, piegando le braccia sotto la nuca, ad osservare le travi bianche del soffitto, su cui era disegnata la felce, simbolo della Famiglia Reale. Da notti e notti stentava a dormire, ma dal giorno in cui Lisa era ritornata dal Pianeta Aresil con l’anello della terza Profezia, le braccia di Morfeo lo avevano respinto con forza, e le notti trascorrevano insonni le une sulle altre, con ritmo continuo e snervante. Era a pezzi, esausto nel corpo e nella mente. E infuriato. Perché mai Andromeda non voleva rivelargli nulla sulla terza Profezia? Perché in quel dannato Regno tutti dovevano celare misteri su misteri e nessuno aveva il coraggio di esporsi, anche solo per un breve istante? Schioccò la lingua con rabbia e socchiuse gli occhi, cercando di rilassare i muscoli tesi fin quasi allo spasimo. Per la prima volta nella sua vita aveva paura. Sì, paura, non tanto per se stesso, quanto per la sorte di Andromeda, della sua famiglia, degli amici e, a dirla davvero tutta, per quella degli svariati pianeti che abitavano l’Universo. Paura di non farcela, di sbagliare, di non portare a compimento la Profezia. In fondo, di essa non conosceva alcun dettaglio, quindi, come avrebbe potuto salvare il destino, che pareva già irrimediabilmente segnato, degli esseri viventi? Sbuffò e strinse i pugni, ancora incrociati sotto la nuca. E Lisa. Questa volta era davvero andata vicina ad una sorte ben peggiore della morte. Solo l’amore di quell’imbranato di Bartolomeo era riuscito a salvarla da un fato terribile. Lisa gli era antipatica, di questo non aveva dubbi, ma provava per lei una sorta di affetto che lo spingeva a proteggerla sempre, in ogni situazione. Tale contraddizione lo faceva impazzire e era uno dei motivi precisi della sua insonnia. Aveva anche provato a chiedere ad Andromeda una spiegazione sui sentimenti avversi che lo legavano a Lisa e lei le aveva risposto che i sentimenti umani a volte erano di difficile comprensione, anche per gli abitanti di Aresil. Andromeda. La creatura più affascinante che avesse mai avuto la fortuna di incontrare. Stupenda, sia nel corpo che nell’animo, unica nella sua bellezza pura, perfetta. Lei era il suo amore e la ragione della sua per-
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manenza in quell’assurdo Regno Elfico. Se le fosse accaduto qualcosa, non se lo sarebbe mai perdonato, per il resto della sua breve vita umana. L’adorava, l’amava più della sua stessa vita, con la sua essenza, il suo respiro, e non ne comprendeva il motivo. Perché si era innamorato così follemente di una creatura che conosceva appena? Come era riuscita Andromeda a cancellare in pochi istanti l’affetto che lo aveva legato a Matilde? Si stropicciò gli occhi e scattò a sedere. Sentiva la rabbia, mista ad una stanchezza infinita, colorargli le guance e bruciargli la gola. Aveva bisogno di acqua. Corse in bagno e si attaccò al rubinetto dorato per ingoiare lunghe sorsate del fresco liquido trasparente, che fu come la manna dal cielo. Si guardò allo specchio. Era dimagrito, i capelli avevano bisogno di una bella spuntatina e la pelle chiamava un’altra lampada abbronzante. Quindi si sfilò la maglietta, restando a petto nudo, e si osservò criticamente i bicipiti e gli addominali. Perfetti e tonici, come sempre d’altronde, dall’inizio della sua adolescenza. Scoppiò a ridere. Stava pensando al suo aspetto fisico, quando di lì a poco avrebbe potuto essere concime per la terra. Si bagnò i capelli con un filo d’acqua, quindi si diresse in camera, stropicciando gli occhi. La stanchezza gli pesava sulle spalle come macigni. Sentiva la testa leggera, le orecchie che gli fischiavano, i muscoli che ruggivano una spietata richiesta di riposo. Stava per gettarsi nuovamente sul letto, quando sentì bussare alla porta. Imprecò sottovoce, chiedendosi chi potesse rompere le scatole a quell’ora poco consona. Aprì la porta e sussultò. Matilde, in vestaglia, aveva gli occhi lucidi e si tormentava le mani. Sembrava in preda ad un attacco di panico. “Matilde, ma…” “Non riesco a dormire.” “A, beh…famiglie intere.” “Po… posso entrare?” gli chiese lei, con tono supplichevole. Lui lanciò una rapida occhiata alle Guardie che stazionavano nel corridoio, quindi l’afferrò per un braccio e richiuse velocemente la porta dietro di sé, squadrandola con attenzione. Sembrava un cucciolo impaurito e provò il desiderio di stringerla tra le braccia. Il viso di Luca apparve però subito dinanzi ai suoi occhi, quindi il desiderio morì sul nascere. “Siediti, dai” la invitò, accompagnandola verso il divano. “Allora, che c’è? Perché non sei col tuo damerino? Che succede?” Matilde alzò le spalle e si passò una mano sugli occhi lucidi.
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“Lui… lui è ancora impegnato con gli altri Generali e io sono molto preoccupata.” Gianni sbuffò e sedette accanto a lei. “Avanti, sputa il rospo!” gracchiò, soffocando uno sbadiglio. “Sono tutto orecchi!” “Ehm…” Matilde abbassò gli occhi sul pavimento di legno. “Allora, che c’è?” Lei tossì un paio di volte e arrossì. “Ti decidi a parlare?” chiese Gianni che stava iniziando a perdere la pazienza. “Insomma…” “Puoi… puoi coprirti?” Gianni sbarrò gli occhi, quindi scoppiò a ridere. Scattò in piedi e afferrò la maglietta, indossandola in fretta, senza nascondere una certa dose di soddisfazione. “Grazie.” sussurrò lei, accennando un tiepido sorriso. Gianni risedette accanto a lei, quindi le puntò addosso uno sguardo incuriosito e spazientito. “Questa storia andrà a finire male, lo sento” esordì Matilde, tormentando una ciocca di capelli rossi. “Insomma, io voglio avere fiducia in Lisa, in Luca e nella terza Profezia. Ma è tutto assurdo, impossibile da capire e senza senso. Non ci viene fornita alcuna risposta, niente di niente, tutto è avvolto nel più assoluto dei misteri, e noi dobbiamo affidarci ad un anello che…” “Che probabilmente non sarà di alcuna utilità” la interruppe Gianni, aprendo le braccia in segno di sconforto. “Però, Matilde, non abbiamo altra scelta, dobbiamo fidarci di quegli assurdi Padri di Aresil e sperare che tutto si concluda in fretta e per il meglio.” Gianni fissò a lungo Matilde, in attesa di un suo assenso. Ma lei prese a contorcersi le mani, mentre grosse lacrime luccicavano negli occhi colorati dalle lenti a contatto elfiche. “Continua” la invitò Gianni, dandole una pacca amichevole sulle spalle. “Se ti conosco bene, so che stai per esplodere, o sbaglio?” La vide serrare denti e pugni e continuare a sottoporre le mani ad un inutile supplizio. Infine la sentì sbuffare e tirare su col naso, finché non scattò in piedi, cominciando a percorrere la stanza con ampie falcate. “Sai qual è la verità, Gianni?” disse, cercando di moderare il tono della voce. “Presto saremo tutti fritti e stecchiti! Come possiamo combattere contro la Madre e quei, come cavolo si chiamano, Volcan? E il Principe
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Lìspoto? Non abbiamo speranze, nemmeno una! Io non voglio perdere i miei amici e non voglio perdere Luca… ops… scusami.” Si fermò accanto al letto, trasse un profondo respiro e riassettò un ciuffo di riccioli che, nella foga del momento, le erano caduti dispettosamente sugli occhi. “Non hai bisogno di scusarti” prese la parola Gianni, alzandosi in piedi e piazzandosi di fronte a lei. “Tu lo ami e io amo Andromeda, questi sono fatti inconfutabili, la verità assoluta. Ma c’è un punto che ti sfugge, cara Matilde.” Lei tirò su ancora col naso e nascose il viso tra le mani. “Questa non è la Terra, qui la magia esiste davvero e è un’arma efficace e risolutiva che ci consentirà di fermare quella simpaticona della Madre e i nostri cari Volcan. Sirio chiederà l’aiuto di un Padre di Aresil e si è detto sicuro di ottenerlo. E che dire della dolce Lisa? Ora è più potente e all’energia del ciondolo si sono aggiunte le sue nuove qualità vampiresche. Ma l’hai guardata bene in viso? Mi mette i brividi. E’ risoluta ad andare fino in fondo e sicura che niente e nessuno riuscirà a fermarla. Tutto questo non ti è sufficiente per sperare, cara Matilde? Ah! Dimenticavo! Ci sarebbe anche la terza Profezia…” Si interruppe e afferrò dolcemente le mani dell’amica, scostandole dal viso bagnato dalle lacrime. “Allora?” Lei sospirò e gli buttò le braccia al collo, poggiando la testa sul suo petto. “Ok… basta così” brontolò Gianni, scostandola con decisione, mentre lei gli riservava un sorriso a tutto denti. “E ora vai a riposare, magari il damerino ti sta aspettando.” Lei si passò ancora una volta una mano sugli occhi, quindi si strinse per bene nella vestaglia e si diresse barcollando verso l’uscita. “Gra… grazie.” borbottò, con un lieve cenno del capo. “Vai!” la esortò Gianni, spingendola scherzosamente fuori dalla camera. “E salutami il tuo amoruccio.” Lei alzò gli occhi al cielo e scomparve alla sua vista. Gianni richiuse rapidamente la porta dietro di sé e si gettò a capofitto sul letto. Sperava di essere riuscito a rincuorare Matilde, ma non era sicuro delle verità nascoste dietro le sue parole. Si stropicciò gli occhi e sbadigliò. Sentiva la testa sempre più pesante e il ronzio alle orecchie ancora più fastidioso. Per qualche impercettibile istante, pensò di raggiungere Andromeda per trascorrere la notte con lei, ma capì che il corpo non ne voleva proprio sapere di obbedire al cuore e alla mente. Socchiuse gli occhi e tras-
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se un profondo respiro. Si concentrò solo sui battiti del cuore. Li sentì rallentare fino a ticchettare a ritmo pacifico nel torace. Quei rintocchi gli parvero subito rassicuranti. Ascoltandoli, forse… forse si sarebbe addormentato. Forse… toc… toc… toc… fece il suo cuore, sempre più lontano, sempre più confuso, sempre più in là… *** Il sole brillava alto nel cielo e l’aria era calda e cocente. Il sudore gli colava dalla fronte, mentre la femmina dagli occhi azzurri gli si avvicinava con passo rapido e sicuro sulla terra segnata da una decisa mancanza d’acqua. Le fissò i lunghi capelli argentati che le danzavano sulle spalle, e li osservò ricadere in parte sul seno, contenuto a stento dall’ampia scollatura del suo abito, rilucente dei riflessi del sole. Sbattendo più volte le palpebre, osservò la spada e congedò in fretta il suo scudiero, col quale si stava allenando da ore. Trattenne il respiro, quando la femmina si fermò a un metro da lui, dipingendo sull’ovale perfetto del suo viso il più dolce e incantevole dei sorrisi. “Sei tu un Cavaliere della Tavola Rotonda?” Lui non rispose subito. Era rapito dal suo seno che si alzava e abbassava al ritmo del suo respiro, stretto da quell’abito luccicante, che le segnava le curve morbide del corpo. “Cavaliere?” chiese ancora la femmina, scuotendo il capo, con gli occhi alzati al cielo. “Allora?” Lui annuì e ripreso, forse, il controllo su se stesso, si erse in tutta la sua notevole altezza, credendo di poter osservare la femmina dall’alto. Come si sbagliava! I suoi occhi incontrarono quelli azzurri e splendenti della dama, che lo abbagliarono, togliendogli l’uso della parola. “Dobbiamo discutere di faccende importanti, Cavaliere” proseguì lei, prendendolo dolcemente per una mano. “Ne va della vita del tuo amato Paese e ben oltre.” Lui si lasciò accompagnare verso il Palazzo del Re e… toc… toc… toc… Gianni percepì il suo cuore aumentare i battiti, in preda ad un’emozione furiosa. Ora il Cavaliere era tra le braccia della femmina e la stava amando. Si sentì travolgere da un’ondata di emozioni diverse, ansia, preoccupazione e infine rassegnazione e tristezza. Toc… toc… toc… stava nevicando. I fiocchi larghi cadevano copiosamente sul campo di battaglia, ricoprendo i cadaveri di soldati bardati in armature scure. Lui era steso a terra, le mani strette attorno ad una spada conficcata nell’addome, gli occhi sbarrati che roteavano attorno in
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modo spasmodico, nell’attesa di qualche sorta di aiuto. Le fitte erano atroci e il cuore aveva cominciato a perdere colpi. Si sentì prossimo alla fine, lì, in quel campo innevato, nella quiete della morte che era scesa sui perdenti, ad avvolgerli in una bruma eterna e spessa. Un improvviso calore gli riempì il corpo, partendo dallo stomaco fino al cervello. Girò la testa di lato e la vide. Immersa in una luce dorata, di fronte a lui era apparsa una creatura divina, con lunghi capelli argentati, un sorriso rassicurante e profondi occhi azzurri, che brillavano di gioia. “Ti ho ritrovato” sussurrò lei, a pochi centimetri dal suo viso. “Vieni…” Gianni cominciò ad agitarsi nel sonno. Era sudato e il cuore gli batteva all’impazzata, ormai del tutto fuori controllo. Tanti specchi, una moltitudine… un anello… la stessa creatura affascinante che gli parlava con voce dolce e rassicurante. Gianni percepì un amore immenso, infinito, ma anche una profonda tristezza e la consapevolezza di una perdita imminente. Spalancò gli occhi e scattò a sedere sul letto. Ansimava e il suo cuore sembrava sul punto di scoppiargli in petto. Le immagini del sogno scorsero rapide nella sua mente, sbiadendo in fretta. Urlò nel tentativo di intrappolarle nel cervello, ma ormai erano come fogli di carta persi nel vento. E, alla fine, gli rimasero solo le emozioni… forti, intense, devastanti. Si sdraiò nuovamente sul letto e socchiuse ancora gli occhi, aspettando un riposo che non arrivò.
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24 La partenza
Lisa aveva dormito ben poco, sia per le attenzioni focose di Bartolomeo, che per le preoccupazioni per lo scontro imminente con la Madre. Gli incubi si erano accavallati gli uni sugli altri, terrificanti, in quanto ricchi della paura più concreta, quella, cioè, di non riuscire ad aiutare Gianni a portare a compimento la terza Profezia. Poco le importava della sua incolumità. Conosceva la sensazione che seguiva la morte, avendola già assaporata in parte quando il Principe Lìspoto aveva deciso di trasformarla in vampiro. La morte era dolce e facile, e non l’intimoriva. Ma non sarebbe mai riuscita a vivere con la vergogna di non aver portato a termine la più difficile delle missioni. Bramava con tutte le sue forze di potersi trovare faccia a faccia con la Madre e, questa volta, non avrebbe lasciato ad altri la possibilità di eliminarla. L’avrebbe fatto lei stessa, e con enorme piacere, per ristabilire la tanto agognata pace. Quindi, poco importava se da quella battaglia ne sarebbe uscita cadavere. Al trono poteva salire Anna, senza problema alcuno, e il suo dolce Bartolomeo, col tempo, avrebbe superato il lutto per la sua perdita. Spalancò gli occhi, nel buio della camera. Ma a che cavolo stava pensando? Dov’erano finiti tutto il suo entusiasmo e ottimismo? In fondo, lei ora aveva capito come utilizzare il ciondolo reale e aveva acquisito parte dei poteri dei vampiri. Inoltre, i Ribelli di Aresil si sarebbero occupati senza grossi problemi dell’esercito della Madre, e Ranu e Sirio dei Volcan. Sbattè più volte le palpebre. Era ancora immensamente dispiaciuta per la via intrapresa dal fratello di Andromeda, ma, a ben ripensarci, non vi erano altre soluzioni per riuscire a sconfiggere i Demoni. Accese la luce e sbadigliò, rivolgendo la sua attenzione all’orologio da polso. Le cinque e trenta del mattino. Spostò lo sguardo su Bartolomeo che dormiva della grossa a pancia in giù, i capelli scompigliati e il torso nudo, liberato dalla prigionia della coperta. Gli posò un bacio leggero sulla fronte, quindi si alzò, rabbrividendo. La temperatura esterna era diminuita notevolmente e lei si ritrovò in fretta a coprire del tutto Bar-
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tolomeo, il quale pareva più un pezzo di ghiaccio, che un essere vivente. Si gettò in fretta sotto una doccia calda, quindi si vestì, indossando la tuta utilizzata dai soldati elfici durante le battaglie, che aveva fatto confezionare nera invece che verde, in onore del lutto che ancora portava per la madre. Raccolse i capelli scuri in una lunga treccia e sistemò per bene la collana, col ciondolo reale, sopra la tuta aderente. Lanciò un rapido sguardo all’anello della terza Profezia, sospirò e uscì silenziosamente dal bagno. Bartolomeo dormiva ancora come un bambino. Lo amava più di se stessa, più di ogni altro essere vivente, e tremava per la sua incolumità. Lasciò la camera con passi leggeri, salutò le Guardie con un sorriso nervoso e si diresse rapidamente verso l’ala del Palazzo nella quale era stata collocata la Biblioteca Segreta. “Andromeda, ci sei?” chiese, una volta al centro dell’ampia stanza, guardandosi attorno. “Ho bisogno di parlarti!” Un bagliore vivace attirò la sua attenzione, quindi Lisa si inchinò di fronte alla custode del Sole di Aresil, sempre splendida in una tunica perlacea, sulla quale facevano bella mostra di sé i lunghi capelli argentati. “Mia Signora” esordì Andromeda, ponendosi di fronte a lei. “E’ molto presto e la partenza dell’esercito avverrà solo fra qualche ora.” Lisa annuì e piegò le labbra in un accenno di sorriso, mentre si lasciava cadere su una delle tante sedie traballanti della Biblioteca. “E chi riesce a dormire? Sono responsabile del destino dell’Umanità, per non parlare dell’Universo intero, e mi sento terribilmente in colpa per la scelta obbligata di tuo fratello… che mi dici, Andromeda? Che ne sarà di lui e dei Ribelli?” La Bibliotecaria chinò il capo a terra e, per la prima volta da quando la conosceva, Lisa la vide spegnere l’aura dorata che la circondava e sedere accanto a lei, come una qualunque mortale. “Non devi preoccuparti né per Sirio, né per i Ribelli” le rispose, riservandole un sorriso rassicurante. “Ranu attendeva da tempo mio fratello tra i Padri di Aresil, quindi accetterà senza alcun problema sia di aiutare la Signora degli Elfi a sconfiggere i Volcan, sia di dimenticare la politica e l’operato dei Ribelli. Essi non corrono alcun pericolo, sono in buone mani.” Lisa fissò Andromeda con sguardo cupo per qualche istante, quindi scattò in piedi, per dirigersi verso una delle ampie finestre della Biblioteca. L’alba stava nascendo, ma il sole era nascosto dalla pesante e co-
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stante coltre di nubi che da giorni sovrastava il Regno Elfico, gettando quantità sempre più considerevoli di pioggia e caricando l’aria di un vento freddo e pungente. “Andromeda, spero davvero che Ranu non si sbagli e che l’anello possa aiutare Gianni a portare a compimento la terza Profezia. Le energie dei due soli sono ormai vicine al collasso e io mi sento così impotente e… terribilmente infuriata!” La Bibliotecaria la raggiunse in fretta, posandole una mano sulle spalle. “Devi dominare i tuoi istinti dettati dai nuovi poteri… se mal utilizzati, non ti saranno di alcun aiuto contro l’esercito della Madre” la rimproverò, con tono però dolce. “Alla fine di tutto, dovrai affidarti solo alla ragione e al cuore. Un binomio unico e raro, non trovi?” Lisa scosse la testa e si girò, sprofondando i suoi occhi scuri su quelli azzurri di Andromeda. “Cuore e ragione, e ancora misteri e frasi che, al momento, non posseggono alcun significato per la mia testa vuota. Andromeda, quando ti rivolgerai a me con parole sensate e senza doppi sensi?” La Bibliotecaria sorrise e Lisa sbuffò, volgendole nuovamente le spalle. “E va bene, seguirò la ragione, il cuore e i consigli di Ranu” bofonchiò, osservando con rabbia le gocce di pioggia che si infrangevano sempre più decise sui vetri della finestra. “Ma se le cose non dovessero andare come previsto, ti converrà nasconderti, perché, se dovessi malauguratamente trovarti…” Lisa sentì Andromeda scoppiare a ridere di una risata frizzante e sincera, quindi si girò verso di lei e l’abbracciò. La Bibliotecaria, dopo il primo attimo di puro stupore, la strinse a sé, cullandola come una sorella. “Ce la faremo, vero?” sussurrò Lisa, affondando il viso tra i suoi capelli. “Dimmi che riusciremo a fermarla, quella maledetta.” Andromeda le accarezzò i capelli e la strinse più forte, visibilmente emozionata. “Alto sarà l’onore che ti verrà riservato, Signora degli Elfi, quando rientrerai a Palazzo col tuo esercito vittorioso” le rispose con voce tremante. “E nulla, a quel punto, potrà più impedire alla pace di prendere possesso del Regno Elfico e di perdurare per il resto della tua vita immortale. Abbi fede e ogni cosa troverà la sua giusta collocazione.” Lisa annuì e si staccò da Andromeda, riservandole un dolce sorriso. “Noi due siamo partite col piede sbagliato” sussurrò, dirigendosi verso l’uscita. “Ma rimedieremo, anzi, lo stiamo già facendo, giusto?”
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Andromeda annuì, ricambiando di slancio il suo sorriso e, impotente, la guardò scontrarsi contro Gianni che era entrato nella Biblioteca come una furia, trafelato e con l’aria di chi non dorme da giorni. “Sempre in mezzo ai piedi, Signora degli Elfi?” gracchiò lui, spostandola di lato con uno spintone. “Mi devi girare attorno anche a queste ore impossibili del mattino?” Lisa lo fulminò con uno sguardo poco rassicurante, quindi abbandonò la Biblioteca, lasciando l’amico solo con Andromeda. “Non devi trattarla così” lo rimproverò la Custode del Sole di Aresil, accarezzandogli il viso. “Lei non merita un simile trattamento.” Gianni sbuffò e scosse la testa. “Uhm… è più forte di me, non riesco a trattenermi” rispose, passando un braccio attorno alla vita di Andromeda. Ma ora, se non ti dispiace, vorrei cambiare discorso.” In pochi istanti le sue labbra erano incollate a quelle di Andromeda, che tremava vistosamente, stretta a lui. Gianni si staccò e la fissò con aria interrogativa. “Tremi per emozione o per paura?” le chiese, appoggiando le labbra alla sua fronte calda. “Perché, se hai paura di perdermi, ti sbagli di grosso, mia cara. Io ritornerò da te sano e salvo e ti sposerò. Non riuscirai a liberarti tanto facilmente di me, è una promessa!” “Mio dolce Cavaliere…” le sussurrò Andromeda sul viso. “Ti amerò per il resto della mia vita e nulla, neppure la morte, potrà mai separarmi da te.” Gianni spalancò gli occhi e l’afferrò per le braccia, trasformando il dolce sorriso che le aveva riservato fino a quel momento, in una smorfia allibita e preoccupata. “Come… che hai detto? Come mi hai chiamato?” chiese, con un filo di voce. “Tu…” Lei lo zittì con un bacio appassionato, quindi scomparve, lasciandolo confuso e inebetito. “Niente e nessuno ci separerà, Gianni caro” la sentì sussurrare, in un soffio di vento tiepido sulla nuca. “Ora vai e segui il tuo cuore. Ti aiuterà, alla fine di tutto.” Gianni avrebbe voluto gridare e riabbracciarla ancora per un’ultima volta, invece girò le spalle agli scaffali ricolmi di libri e richiuse la porta della Biblioteca dietro di sé, con gli occhi colmi di lacrime e di incredulità.
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*** Lisa non era neppure riuscita a fare colazione. Era scesa nell’armeria e stava scegliendo accuratamente le armi che avrebbe portato con sé. I suoi sensi da vampiro si acuirono non appena udì dei passi provenire dal cortile esterno. Sapeva di essere circondata da Guardiani che si erano resi invisibili per non disturbarla, ma quei passi erano unici e inconfondibili. La donnona elfica spalancò la porta e arretrò dinanzi ad un fendente della spada laser della Signora degli Elfi. “Erika, come mai qui, così di buonora?” chiese Lisa, sinceramente stupita, abbassando la guardia. “E’ fradicia.” La donnona alzò le spalle e sfregò le mani, per invocare un tepore che, probabilmente, non sarebbe arrivato in quella mattinata di agosto. “E’ successo qualcosa di grave?” insistette Lisa, avvicinandosi ad Erika per guardarla con aria preoccupata. “Allora?” La donnona sbuffò e, in men che non si dica, Lisa si trovò triturata tra le sue enormi braccia. Se non avesse acquisito i nuovi poteri dei vampiri, probabilmente sarebbe morta o soffocata, o con le ossa rotte. “Mia Signora, mi dispiace, mi dispiace per tutto, sono stata orribile con lei!” singhiozzò Erika sulle sue spalle, riempiendole la tuta di lacrime. “Ma sa, sua madre, lei… lei era… insomma… era una mia cara amica e… beh… io…” Lisa alzò gli occhi al cielo e le batté una mano sull’ampia schiena. “Non si preoccupi, Erika, è tutto a posto, avevo compreso la situazione, non fa niente. Stia tranquilla.” La donnona si staccò in fretta da lei e si asciugò le lacrime, passandosi entrambe le mani sugli occhi. “Mi raccomando, sia prudente. Ho già perso sua madre e non voglio assolutamente perdere anche lei!” Lisa le sorrise, compiaciuta, e la guardò uscire dall’armeria, trattenendo a stento altri singhiozzi. Si strinse tra le spalle, pensando che il mondo a volte era davvero strano, e riprese ad allenarsi, osservando di tanto in tanto punti invisibili attorno a lei, dove sentiva la presenza sicura degli Elfi Guardiani. Dopo una buona mezz’ora, l’armeria prese a popolarsi di soldati che si dirigevano di gran lena verso le armi. Lisa li vide afferrare chi le pistole laser, chi le usuali armi bianche utilizzate dagli Elfi Antichi. Un’ora dopo, la stanza aveva preso le sembianze di un vespaio impazzito e Lisa
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preferì trasferirsi all’esterno, avendo però l’accortezza di ripararsi dalla pioggia sotto l’ampia arcata che conduceva al cortile. Inspirò a pieni polmoni e osservò la pioggia che cadeva incessantemente sul terreno, ormai trasformato in una poltiglia fangosa. Era terrorizzata all’idea di affrontare la Madre, ma, contemporaneamente, attendeva con ansia il momento in cui si sarebbe confrontata con lei e l’avrebbe ricacciata, una volta per tutte, nella dimensione oscura, in compagnia di suo figlio e di quel traditore di Anton. Ogni cosa doveva ritornare come era stata e le due energie verde e gialla avrebbero ripreso a brillare con tutta la loro forza e il loro splendore. Azionò la spada laser e compì alcuni affondi, prima di essere bloccata dall’arrivo della creatura che più amava al mondo. Bartolomeo correva verso di lei trafelato e rosso in viso, con i capelli scompigliati e bagnati dalla pioggia. “Lisa, dannazione, perché non mi hai svegliato?” gracchiò, riparandosi accanto a lei sotto l’arco. “Non devi mai spostarti senza di me, intesi? Io sono il tuo Guardiano, e non solo il tuo… ehm…” Si zittì, guardandosi attorno. “Insomma, hai capito” le sussurrò all’orecchio, passandosi una mano sui capelli bagnati. “Se ti dovesse accadere qualcosa, io…” Lisa lo ridusse al silenzio con un rapido bacio sulle labbra e Bartolomeo arrossì. Sapeva che attorno a loro vi era un numero consistente di Guardiani invisibili, che li stavano osservando sicuramente con molta attenzione. “Stai bene?” le chiese, scrutandola con intensità negli occhi scuri. “Ti senti pronta?” Lisa compì un altro affondo e gli riservò un sorriso dolce, ma deciso. “Voglio mettere fine a questa pazzia, e in fretta” gli rispose lei, continuando ad armeggiare con la spada laser solitamente riservata ai Generali. “E non mi sono mai sentita tanto risoluta e combattiva come in questo momento!” Bartolomeo ricambiò il suo sorriso, quindi si girò verso una Guardia Reale che li aveva raggiunti correndo. “Mia Signora, dovete recarvi nella Sala del Trono. Il Padre di Aresil vi attende con Sirio e Madame Meredith.” “Accidenti!” tuonò Lisa, chiudendo il fascio laser della sua spada. “Su, Barty, andiamo!” Lui spalancò i grandi occhi verdi e si accinse a seguire la Signora degli Elfi attraverso l’armeria, i corridoi lunghi e ampi del Palazzo, fino alla stanza del trono.
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“Tesoro, è appena arrivato!” le sussurrò Anna, all’orecchio, spingendola con dolcezza verso di lui. “Comportati bene, mi raccomando.” Lisa squadrò il piccolo Padre di Aresil dall’alto al basso, lanciandogli un’occhiata pungente e di rimprovero. “Ranu, benvenuto nel mio Palazzo” esordì con un tono glaciale e poco rassicurante. “Posso ritenermi del tutto sicura del suo aiuto contro i Volcan?” Ranu contraccambiò lo sguardo con un’occhiataccia poco benevola, quindi si schiarì la voce, segnando Sirio. “Il fratello di Andromeda fornirà tutto l’aiuto che mi sarà necessario e inevitabile.” Lisa spostò gli occhi su Sirio e impallidì. Vestiva con una lunga tunica scura corredata di mantello con cappuccio, che gli nascondeva i capelli e una fetta di fronte, e pareva la copia, a misura d’uomo, di Ranu. Lisa rabbrividì e percepì la mente di Sirio affondare con forza nei suoi pensieri. “Va tutto bene, questo era il mio destino, era scritto da tempo” lo sentì sussurrare con intensità nelle pareti della sua testa. “E non ti addolorare per me, cara Signora degli Elfi.” Lisa gli si avvicinò e scrutò con attenzione i suoi immensi occhi viola, splendenti di una luce intensa che lei catalogò come quella della follia o, nel migliore dei casi, di una scarsa considerazione o certezza del proprio futuro. “Non mentirmi, fratello di Andromeda” rispose Lisa, ricacciando con forza i suoi pensieri. “Tu sei stato obbligato a questa scelta, hai deciso di intraprendere la via oscura quando io ti ho rifiutato. Non vi è altra verità!” Lo vide aggrottare le sopracciglia e socchiudere gli occhi per qualche istante, quindi sentì nella sua mente una voce rauca e sgraziata che riconobbe all’istante come quella di Ranu. “Qualunque sia stata la motivazione che lo ha indotto a compiere questa scelta importante e definitiva, tu non dovrai mai intrometterti per alcun motivo o darti pena, Signora degli Elfi! Non può ritornare indietro, la via che ha intrapreso è a senso unico e non può essere ripercorsa a ritroso.” Lisa scosse la testa per scacciare la voce odiosa di Ranu, quindi, ripreso il controllo di se stessa, spostò con decisione lo sguardo verso Meredith, appoggiata al suo fido bastone e avvolta nel solito sacco di patate.
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“Io verrò con voi” esordì la Strega, puntando i suoi occhi spenti su quelli scuri della Signora degli Elfi. “Un po’ di magia in più non guasterà.” Lisa annuì, anche se con una certa dose di perplessità, e cercò con lo sguardo Luca, affiancato da Gianni e da Matilde, entrambi vestiti con le tute verdi da combattimento. “No, lei no!” urlò, puntando un dito contro l’amica. “Non se ne parla proprio! Lei resterà qui con Anna e col Generale Filiberto! Non la voglio nel campo di battaglia, intesi?” “Signora degli Elfi, non spostare le pedine del destino, se così deve andare, tu non interverrai” disse Meredith con tono pomposo, additandola con le sue lunghe dita raggrinzite. “E’ inutile porsi contro la via segnata dal fato, o funesta sarebbe, in caso contrario, la nostra partenza!” Lisa sbuffò, alzò gli occhi al cielo e fissò l’amica con ansia malcelata. Matilde, però, le sorrise e le fece l’occhiolino, sotto lo sguardo indagatore di Gianni, che appariva davvero stanco e provato. “A questo punto, non vi è altro da aggiungere” esclamò Luca, osservando rapidamente i presenti e Lisa. “Ora l’Esercito Reale si sta raccogliendo dinanzi al Palazzo, e al Lago di Smeraldo saremo raggiunti dal Generale Marcus e dai suoi Guardiani. Ma non temete. Il Passaggio è in buone mani, custodito da ufficiali incaricati direttamente da Marcus, e protetto da una buona fetta di soldati. Il Generale Filiberto rimarrà invece qui a proteggere Anna e il Palazzo Reale. Quindi, non ci resta che partire, e in fretta!” Lisa annuì, abbracciò la zia e, senza rivolgerle alcuna parola per il timore di scoppiare in lacrime, uscì in fretta dalla Sala del Trono, seguita da un Bartolomeo nervoso e preoccupato. L’esercito che le si parò dinanzi, alla sua uscita dal Palazzo, le ricordò per molti versi quello che era partito per combattere contro il Nero Signore degli Elfi, ma con un piccolo particolare. Questo era ben più grande, forse il doppio, e indubbiamente più agguerrito. Lisa osservò i Ribelli di Aresil affiancarsi a Sirio e a Ranu, sotto una pioggia battente che sembrava aver addirittura aumentato forza e intensità. Sollevò gli occhi al cielo. Era scuro, carico di nubi grigie e non presagiva alcun segno di miglioramento. Inoltre, una sottile bruma si stava levando dal Bosco delle Querce, rendendo ancora più macabra e pesante l’imminente partenza dell’Esercito Reale. Lisa indossò il casco di protezione, uguale a quello che aveva utilizzato contro gli Spettri del Bosco delle Nebbie Eterne, e constatò con piacere che la pioggia scivolava rapida dalla tuta, senza bagnarla. Quindi salì
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rapidamente a cavallo, affiancata da Luca e da Bartolomeo. Dietro di lei, a seguire, si unirono Gianni, Matilde, Meredith, Sirio e Ranu, con i Ribelli. Luca la invitò a porsi al comando dell’Esercito e lei guardò per un’ultima volta il bianco Palazzo Reale, scosso da una pioggia maledetta e incessante. Vide la zia salutarla con un rapido cenno della mano dallo studio di Marta e le sorrise, mentre il suo cuore si spezzava in minuscole parti, intrise di sangue e di dolore. Inspirò quindi a pieni polmoni e guardò diritta di fronte a lei, verso la nebbia che aveva ormai avvolto come un sudario il Bosco delle Querce. Alzò la mano destra e l’abbassò rapidamente, urlando: “Per il Regno degli Elfi e per ogni essere vivente… IN MARCIA!” Anna guardò la nipote allontanarsi in fretta col suo esercito e perdersi infine nella nebbia del Bosco. Sentì le lacrime rigarle le guance e il cuore perdere un colpo. Quella era la battaglia delle battaglie e Lisa, la sua amata Lisa, le stava andando incontro a braccia aperte. *** “Mia Signora, sono partiti” disse il Primo Ufficiale, facendo un inchino pomposo dinanzi alla Madre. “E il nostro esercito è pronto.” Silvia sorrise e accarezzò una guancia di Elia, che la guardò con ammirazione. Per la battaglia aveva indossato una lunga tunica di pelle nera e raccolto i capelli in un alto chignon castano. Era indubbiamente bellissima e Elia si sentiva fiero di essere suo figlio, lo avrebbe gridato al mondo intero e all’Universo, se fosse stato necessario. Elia si avvicinò al Primo Ufficiale, che gli porse una pistola laser e una spada antica, la cui elsa era costellata di pietre preziose. “Era del Primo Stregone, ne faccia buon uso.” Il figlio del Nero Signore degli Elfi annuì, scambiò una rapida occhiata con la madre, e si avviò verso l’uscita della Sala del Trono, indossando sopra gli abiti scuri un lungo mantello che lo avrebbe protetto dalla pioggia. Sulla porta incrociò Anton e lo salutò con un ghigno feroce. Il Generale non lo degnò di uno sguardo e si diresse a passo veloce verso Silvia, che lo raggiunse a metà strada. “Aiutami ad indossare il mio mantello, amore mio” lo esortò lei, osservandolo con malizia. “Questo è indubbiamente il giorno più bello della mia vita! Ti rendi conto? Presto la Signora degli Elfi e tutta la sua folle famiglia verranno annientati dalla mia forza e dal mio esercito e noi potremo vivere finalmente una vita ricca di potere unico e assoluto!”
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Anton accennò un sorriso e le poggiò sulle spalle il mantello di pelle nera, munito di cappuccio, che lei alzò subito sullo chignon. “Sai qual è il tuo compito, ora. Ci raggiungerai a cosa fatta.” Anton annuì, le fece un breve inchino e la guardò uscire dalla Sala in compagnia del Primo Ufficiale. Una luce folle gli riempì gli occhi. Sì, presto tutto sarebbe finito. Tutto. Aveva solo quell’ultima missione da compiere e poi…
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25 In cammino
L’Esercito Reale era in marcia ormai da qualche ora, ma l’uscita dal Bosco delle Querce, a giudizio di Luca che l’aveva percorso più volte in tutta la sua lunghezza, era prevista solo per il pomeriggio. Fortunatamente la pioggia si era fermata e anche la nebbia era scomparsa quasi del tutto, permettendo ai viandanti di muoversi tra le vie del Bosco senza difficoltà. Lisa cavalcava sicura al comando dei suoi soldati, perennemente affiancata da Bartolomeo e dal fratello. Osservava il bosco, sempre più fitto e cupo, con i nuovi poteri che le erano stati donati dal Principe Lìspoto. E era stupefatta. Ogni albero, ogni rumore, ogni colore od odore erano amplificati cento, mille volte. Riusciva persino a percepire il fruscio delle foglie che cadevano a terra, i passi rapidi degli scoiattoli sui tronchi e, socchiudendo gli occhi, era in grado di udire anche il movimento degli insetti tra gli steli d’erba zuppi di goccioline di pioggia, o sul terriccio, trasformato, in alcuni tratti, in un mare di fango scuro e fastidioso. Sembrava quasi che il Bosco volesse offrirsi alla Signora degli Elfi in tutta la sua magnificenza, respirando attorno a lei e con lei. Spesso si era girata di scatto, convinta di aver udito voci sommesse tra le felci o tra i tronchi possenti delle querce. E Bartolomeo, con pazienza, le aveva spiegato che la foresta era abitata dagli Elfi dei Boschi, creature antiche che non erano riuscite ad accettare il nuovo mondo e che, quindi, avevano deciso di condurre la loro vita lontano dalle modernità adottate negli ultimi secoli. “E’ un popolo tranquillo, devoto alla loro Signora” l’aveva rassicurata Bartolomeo, facendole l’occhiolino. “E, se fossero chiamati a combattere, darebbero la vita per te.” Lisa aveva annuito e si era voltata rapidamente alla sua destra, verso un punto in cui era sicura di aver percepito la presenza di un essere vivente. Aveva incontrato per qualche istante due grandi occhi verdi, che tanto le ricordavano il colore dell’acqua del Lago di Smeraldo, quindi l’Elfo del Bosco si era dileguato rapidamente nel fitto della foresta, la-
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sciando Lisa incuriosita per il genere di vita che essi avevano deciso di condurre. “Ci seguiranno fino all’uscita” aveva continuato Bartolomeo, dando una rapida occhiata attorno a lui. “Percepisco la loro preoccupazione, ma anche un sano interesse nei confronti della nuova Signora.” Lisa aveva sorriso, agitando la mano verso cinque di loro intenti ad osservarla, quindi aveva puntato gli occhi dinanzi a sé, ben concentrata e decisa ad andare fino in fondo. La marcia continuò per un’altra ora, finché intense folate di vento gelido non obbligarono il Generale Luca ad alzare la mano, col chiaro intento di fermare l’Esercito. “E’sconveniente arrestare ora la nostra marcia” intervenne Ranu, lanciando un’occhiata di rimprovero al fratello di Lisa. “Prima raggiungeremo l’armata della Madre, prima porremo fine a questa assurda situazione e io potrò farmene ritorno ad Aresil col mio nuovo adepto.” Luca scambiò uno sguardo veloce con Bartolomeo, il quale annuì e scese rapidamente da cavallo. “Ci fermeremo per un po’, i soldati e gli animali hanno bisogno di riposo” continuò Luca, fingendo di ignorare l’intervento del Padre di Aresil. “E accenderemo i fuochi per mangiare. Un esercito stanco e affamato non servirà a nulla contro la Madre.” Lisa vide Ranu storcere il naso, ma scendere repentinamente da cavallo, imitato da Sirio e dai Ribelli che, sebbene Esseri di forza di gran lunga superiore agli Elfi, non riuscivano a nascondere una certa dose di stanchezza. I cavalieri e i fanti ebbero così l’opportunità di riposare, mentre i cuochi erano indaffarati ad accendere i fuochi, che tendevano a spegnersi in continuazione sotto il vigore delle raffiche di vento. Lisa si avvicinò a Matilde e a Gianni, e stiracchiò le gambe indolenzite. “Uffa, non sono abituata a cavalcare, ho tutte lo ossa rotte” brontolò, massaggiandosi le ginocchia. “E voi come vi sentite? State bene?” Matilde le sorrise e assentì. “Credevo peggio” le rispose l’amica, dando una rapida occhiata a Gianni che si era seduto sotto una quercia, appoggiando la schiena al tronco. “Però sono preoccupata per lui, lo vedo davvero male.” Lisa lo osservò e convenne che, in effetti, il ragazzo non aveva proprio un bell’aspetto. Aveva perso quasi del tutto la sua solita prestanza e anche la pelle del viso, perennemente abbronzata, ora appariva pallida e spenta.
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“Ehi, come ti senti?” gli chiese, sedendo accanto a lui. “Ranu è indubbiamente più in forma di te, e pensando che ha qualche millennio in più…” “Ah ah! Che spiritosa!” gracchiò Gianni, fulminandola con uno sguardo truce. “Sono stanco perché nelle ultime notti non ho dormito. Sfido chiunque ad essere in piene forze quando non si chiude occhio! Ops… scusa, dimentico che sto parlando con la super Signora degli Elfi, ora mezza vampiro!” “Smettila!” lo rimbeccò Matilde, accovacciandosi accanto a Lisa. “Perché sei sempre così antipatico? A volte riesci a farti odiare, te l’assicuro!” “Che succede?” chiese Bartolomeo che si era avvicinato al gruppetto, attirato dal tono di voce indisponente di Gianni. “Devo darti una ripassata, ragazzo della terza Profezia? O credi di potertene stare buono e tranquillo per qualche secondo senza importunare Lisa?” “Fatti gli affari tuoi!” tuonò Gianni, mostrandogli un pugno. “Sempre a difenderla, come se non fosse in grado di farlo da sola! E gira al largo, per favore, vai a rompere da qualche altra parte!” Bartolomeo strabuzzò gli occhi e stava per gettarsi su di lui, quando una fitta potente gli trafisse la testa da una parte all’altra, mentre grosse lacrime gli rigavano le guance, che sembravano pungere per il dolore improvviso e accecante. “Generale, non farai del male al ragazzo della terza Profezia, non fintanto sarò qui io a proteggerlo, per lo meno!” Bartolomeo, massaggiandosi la nuca, si girò lentamente verso Meredith, che aveva ancora il bastone sollevato e lo osservava con la vastità dei suoi occhi grigi, ora accesi da una rabbia che li faceva quasi sembrare vivi. “Ben ti sta!” lo canzonò Gianni, additandolo, senza trattenere una sonora risata. “Hai capito che devi starmi alla larga? Su, fila via! Ahi!” Gianni spalancò gli occhi e si massaggiò il dorso della mano, guardando Meredith con un bel carico di stupore. Lo aveva colpito col bastone e lo stava ancora minacciando. “E tu, ragazzo della terza Profezia, non osare rivolgerti con quel tono al Generale Bartolomeo! Sarà anche un po’ strano e tocco, ma è pur sempre un Generale e va rispettato!” Lisa e Matilde si guardarono rapidamente e si morsero le labbra per non ridere. Non volevano rischiare di essere le prossime vittime della Strega.
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“E invece di star lì a non far niente, andate ad aiutare i cuochi! Così mangeremo prima! Ho fame, e quando il mio stomaco reclama cibo, divento nervosa!” Gianni balzò rapidamente in piedi e spintonò un ancora dolorante Bartolomeo verso il fuoco più vicino, mentre Lisa aveva dato prontamente le spalle a Meredith, prendendo Matilde sottobraccio. “Ah! Questi giovani” brontolò la Strega, muovendo lentamente verso Ranu. “Ma presto non avranno più tanto da ridere, presto…” Lisa guardò Matilde che si strinse nelle spalle. “Secondo te sa qualcosa che noi ignoriamo?” chiese Lisa all’amica, stringendo gli occhi a fessura. “Ho come l’idea che ci stia nascondendo qualche dettaglio sullo scontro imminente e che, per qualche oscuro motivo, non voglia rivelarcelo.” “Non lo so, è così strana” rispose Matilde, scuotendo la testa. “Ma spero stesse scherzando, mi ha messo paura.” Lisa l’abbracciò e le diede un bacio sulla guancia. “Sei stata molto coraggiosa a volerti unire a noi” le disse, con tono accorato. “Ma ti prometto che non ti accadrà nulla, io ti proteggerò, a costo della mia vita.” Matilde ingoiò a fatica la saliva e grossi lacrimoni presero a luccicarle sugli occhi, mentre le guance assumevano il colore di una bella mela matura. “Ora basta, altrimenti dovrò togliere le lenti a contatto” sussurrò, ingoiando una lunga sorsata d’aria. “Ora… ora vado da Luca, voglio sapere come si sente… ehm… grazie di tutto, Lisa!” Matilde sgattaiolò via in fretta dall’amica, trattenendo a fatica ulteriori lacrimoni, e Lisa la vide correre da Luca e abbracciarlo, sotto lo sguardo divertito dei soldati e quello pungente di Gianni. Così Lisa si ritrovò da sola, ad osservare il suo esercito intento a riposare, ad aiutare i cuochi, a sgranchirsi le gambe, o ad abbeverare i cavalli, che comunque erano ancora belli vispi, essendo, per metà, bionici. Sembravano tutti molto tranquilli e per nulla consapevoli del pericolo che avrebbero dovuto affrontare da lì a poco. Erano soldati coraggiosi, che donavano la vita per la loro Signora degli Elfi e per il Regno senza timore, a testa ben alta. Lisa era molto fiera e orgogliosa del suo popolo. “E hai ragione ad esserlo” le sussurrò Marta tra i pensieri. “Sono forti, indomiti, e non temono il dolore o la morte. E sono leali e buoni…” Lisa sorrise, assaporando la dolce voce della madre, che pareva essere lì accanto a lei in tutta la sua magnificenza.
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“Ce la faremo, mamma?” le chiese, mentre guardava Bartolomeo che veniva rimproverato da un cuoco, dopo aver rovesciato una pentola a terra col suo prezioso contenuto. “Ne usciremo vivi, da questa battaglia?” “Cos’hai al dito, tesoro?” le rispose Marta, con voce appena udibile. “Quell’anello è l’arma che ti è stata offerta in dono dai Padri di Aresil per combattere la Madre e che verrà…” “Basta, Marta, basta.” Lisa scosse la testa, spostando lo sguardo con rabbia verso la Strega Meredith che era entrata con prepotenza nei suoi pensieri. “Mamma? Che mi stavi dicendo, mamma?” Ma la dolce voce di Marta era sparita dalla sua testa e lei, infuriata, si diresse verso Meredith, con gli occhi scuri accesi da una rabbia furente. “Allora? Perché l’ha interrotta?” le chiese con prepotenza, additandola. “Stava per dirmi qualcosa di importante!” I soldati che le erano vicini ammutolirono dinanzi al tono di voce che la loro Signora aveva utilizzato contro la Strega e anche Ranu, che era in meditazione con Sirio, sollevò il capo da terra, guardandola con astio e preoccupazione. “Nulla ti deve essere rivelato sulla terza Profezia!” la rimbeccò Meredith, puntandole contro il suo bastone nodoso. “Solo l’ignoranza ci può rendere forti e vittoriosi, non la conoscenza!” Lisa stava per ribattere, ma sentì la forza del pensiero di Ranu invaderle i pensieri quasi con dolore. Si girò verso di lui e lo vide alzarsi. Aveva uno sguardo duro e di rimprovero. “Tu comunichi con tua madre, vero?” le chiese, con tono pungente. “E anche se lo negherai, tale resterà sempre la mia convinzione!” Lisa non gli rispose, ma preferì stringere i pugni e correre verso Bartolomeo, ancora immerso in una vivace discussione col cuoco che gli stava agitando contro un mestolo di legno. Due ore dopo il vento era calato e l’esercito riprese il suo cammino. Lisa si rimise al comando, affiancata da Bartolomeo e da Luca, e ancora innervosita per l’interruzione della Strega Meredith. Era sicura che Marta stesse per rivelarle un particolare importante che probabilmente l’avrebbe aiutata a comprendere meglio le sorti della battaglia. Ma, naturalmente, nel regno elfico nulla era scontato e ogni cosa doveva essere guadagnata con fatica e con tanta pazienza.
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Dopo un’altra buonora, Lisa vide il bosco diradarsi, finché, all’improvviso, dinanzi a lei non si aprì una pianura immensa, di un acceso blu indaco, che brillava ancora della pioggia copiosa del mattino. “La piana delle rose blu” le sussurrò Bartolomeo. “Il luogo preferito da tua madre.” Lisa sussultò e dovette impegnarsi per contrastare le lacrime che le erano salite agli occhi e avevano tutta l’intenzione di scenderle copiose sulle guance. “Era qui che amava trascorrere molto del suo tempo libero, tra i suoi adorati fiori” continuò Luca, osservando emozionato l’ampia pianura che si stendeva davanti a loro senza confini. “Sono sicuro che il suo spirito ora ci è vicino e gioisce con noi.” Lisa era emozionata e esterrefatta. Non aveva mai visto una distesa così immensa di rose, splendide e lucenti anche sotto la grigia coltre di nubi. I suoi sensi da vampiro si acuirono quando udì dei movimenti alla sua destra. Si girò rapidamente e vide alcuni Elfi dei Boschi che si avvicinavano a piedi, vestiti con lunghe tuniche verdi o marroni. Scese da cavallo, e si inchinò di fronte a loro, osservandoli con interesse e con ammirazione. “La Signora degli Elfi non deve inchinarsi” prese la parola quello che sembrava il più anziano. “Noi siamo qui per omaggiarti e per prometterti il nostro più totale e incondizionato appoggio.” Lisa sbarrò gli occhi, stupefatta. Dal bosco uscirono almeno un centinaio di Elfi, sia maschi che femmine, armati di archi e frecce, e di lunghe spade dalle else finemente intarsiate e lucenti. Luca e Lisa si scambiarono una rapida occhiata, mentre Bartolomeo corse verso di loro, abbracciando con foga il primo che gli capitò a tiro. “Grazie. Ma siete sicuri della vostra scelta?” chiese Lisa all’Elfo più anziano, che le sorrise. “Siamo pronti a morire, per la nostra Signora degli Elfi e per il nostro Regno. Non potevamo starcene in disparte.” Lisa annuì e gli porse la mano, che lui strinse prontamente. Era sinceramente colpita e commossa, ma lo fu di più quando un Elfo femmina le si avvicinò, regalandole una corona di foglie intrecciata con le magnifiche rose. Lisa l’abbracciò e si inchinò, tenendo la testa bassa. Non voleva, infatti, far vedere la propria debolezza e le proprie emozioni di fronte a un popolo che credeva in lei con tutte le sue forze e con tutto il cuore.
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“Grazie” riuscì a rispondere, mentre riponeva con accuratezza la corona nella sacca posta su un fianco del suo cavallo. “E’ un regalo che apprezzerò per tutto il resto della mia vita.” Dopo essersi accomiatata dalla delegazione degli Elfi dei Boschi, Lisa alzò la mano destra e diede nuovamente il via alla marcia del suo esercito, che ora si era arricchito di nuovi e preziosi elementi. Si inoltrò nella pianura con la triste sensazione che ogni rosa calpestata dai cavalli equivalesse ad una morsa al petto. E pensò a sua madre, seduta tra quella splendida vastità, immersa nei suoi pensieri e nei suoi sogni. “Nel tardo pomeriggio arriveremo al Lago di Smeraldo e saremo raggiunti dal Generale Marcus.” Lisa si scosse e annuì nella direzione di Luca, che osservava le rose blu con malcelata emozione. “E lì ci accamperemo per la notte.” Lisa annuì e fissò l’anello. Tutto stava per compiersi, nel bene o nel male, presto tutto sarebbe finito. *** Nel primo pomeriggio l’esercito raggiunse il Fiume di Cristallo che, dopo le piogge copiose, sembrava del tutto intenzionato a straripare dalle seppur alte sponde. Lisa alzò la mano per fermare i soldati e osservò l’acqua limacciosa che si increspava, formando vortici anche di dimensioni notevoli. Era assolutamente impossibile superare il fiume, a meno che tutti non avessero deciso di votarsi al suicidio. Lisa guardò il fratello con aria sconsolata e lo vide più preoccupato di quanto avrebbe immaginato. Luca lanciò un’occhiata carica d’ansia a Bartolomeo, il quale scese velocemente da cavallo, imprecando. “E ora che facciamo?” gracchiò il Generale dei Guardiani, scalciando un sasso che andò a perdersi tra i gorghi del fiume. “Il guado non è mai stato un problema, ma ora… Maledizione!” “Infedeli, ecco che siete!” Lisa si girò di scatto verso Meredith che si era avvicinata alla sponda del fiume, puntando il bastone contro l’acqua. “Avete con voi una Strega e un Padre di Aresil, e vi perdete in assurde ansie e preoccupazioni per un problema inesistente. Dovrei lasciarvi tutti qui, da soli, ad arrangiarvi e a trovare una soluzione che non arriverà! Invece vi aiuterò, ma che sia l’ultima volta che vi sento blaterare per niente!”
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Lisa annuì, quasi intimorita, e scese da cavallo, affiancandosi a Bartolomeo. Sentiva il brusio che accompagnava i movimenti dei soldati, che si stavano accalcando gli uni sugli altri, spinti dalla curiosità, e incrociò lo sguardo divertito di Ranu, che, con Sirio, aveva raggiunto Meredith. La Strega agitò più volte il bastone in circolo, finché, in pochi istanti, assi di legno comparvero sopra il fiume, a formare un ponte largo il necessario per consentire il passaggio di due cavalli appaiati. “Ecco, non ci voleva tanto” brontolò Meredith, facendosi aiutare da un soldato a risalire a cavallo. “Infedeli…” Lisa scosse la testa, incredula, e le riservò un ampio sorriso, convinta che, sebbene la Strega fosse cieca, lei avrebbe comunque visto quel segno di ringraziamento. Dieci minuti dopo, l’intero esercito aveva superato il ponte, che si dissolse in pochi secondi, al passaggio degli ultimi due cavalieri. Lisa diede un’ultima occhiata fugace al fiume, che sembrava essersi ingrossato ancora, trascinando con sé detriti e grosse pietre, quindi incitò l’esercito a proseguire il cammino. Nel tardo pomeriggio, finalmente, il primo lembo del Lago di Smeraldo apparve a una raggiante Signora degli Elfi, che stava attendendo con ansia il momento in cui avrebbe finalmente riposato. Infatti, sebbene Lìspoto le avesse donato quel pizzico di potere in più che non guastava, le notti agitate e quasi insonni avevano lasciato il segno e cominciavano a farsi sentire con tutto il loro pesante fardello. “Ci accamperemo qui!” gridò Luca, rivolto al Primo Ufficiale. “Fate passaparola. Che siano alzate le tende e… mi, raccomando, che nessuno si avvicini all’acqua, vi ricordo che è letale.” L’Ufficiale annuì e si accomiatò, percorrendo rapidamente le prime file di soldati. Lisa scese da cavallo e si lasciò cadere a terra, accanto a una quercia possente, imitata da Bartolomeo, che l’invitò a togliersi il casco. “Stanca, vero?” le chiese, passandole una mano tra i capelli ancora ben raccolti nella lunga treccia. “Stasera dormiremo qui, vedrai che staremo bene. Dobbiamo essere in forza per domani.” Lisa lo fissò con una certa dose di preoccupazione, quindi poggiò la testa sulle ginocchia, sperando di riuscire a rilassare i muscoli tesi del corpo. “Stavi per dire… domani, giorno in cui combatteremo contro la Madre… e sì, sarà una giornata intensa, senza dubbio, quindi dovremo proprio impegnarci a fare una bella dormita.”
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Bartolomeo spalancò gli occhi e, d’istinto, l’abbracciò, cullandola per alcuni minuti. Lisa si abbandonò a quei momenti di tenerezza, pensando che, forse, avrebbero potuto essere gli ultimi vissuti con il suo dolcissimo Elfo Guardiano. “Lisa, il Custode del Lago di Smeraldo vuole parlarti. Vieni.” Lei alzò il capo e osservò Luca che, affiancato da Gianni e da Matilde, stava indicando un punto preciso della sponda del lago, dove un vecchio stava discutendo animatamente con Meredith. Lisa balzò in piedi, afferrò Bartolomeo per un braccio e seguì Luca verso la strana coppia di Maghi. Storse il naso quando vide che Ranu e Sirio avevano già raggiunto Il Custode e si stavano scambiando i saluti di convenienza. Lisa si inchinò dinanzi al Vecchio Eremita, che la salutò elargendole un ampio sorriso. Avvolto in un’aura dorata, tipica di alcuni abitanti di Aresil, vestiva con lo stesso abito di pelle nera che gli aveva visto indossare nel loro ultimo incontro, mentre la barba bianca gli arrivava fino alla cintola. Come Meredith, nella mano destra reggeva un lungo bastone, alla cui sommità spiccava una sfera luminosa, ora accesa di un’ intensa luce argentata. “Mia Signora, sono lieto di rivederti! E di constatare con i miei occhi che stai bene! Percepisco i tuoi nuovi poteri e li sento pulsare di vita propria, con intensità sempre maggiore. Essi ti saranno di grande aiuto, nell’ultima battaglia.” “Grazie” rispose Lisa, cercando di sorridere. “E l’energia verde? Come si sta comportando?” Il Vecchio Eremita scosse la testa e alzò lo sguardo verso il cielo plumbeo, che sembrava essere nuovamente pronto a scaricare una nuova mole di pioggia. “Dovete fermare la Madre o, molto presto, tutto avrà fine…” “Wow! Che ottimismo!” gridò Gianni, fischiando. “Ora sì che mi sento molto meglio!” “Gianni, zitto!” lo rimproverò Matilde, arrossendo. “Ricorda con chi stai parlando, ok?” “Non importa, non importa” commentò il vecchio Custode, sorridendo. “Il ragazzo della terza Profezia ha un carattere forte e ribelle, che io ammiro e rispetto. E ora, se mi permettete, io e il caro Ranu abbiamo alcune faccende di cui discutere.” Il Vecchio Eremita si allontanò in fretta col Padre di Aresil e con Meredith, lanciandosi in un’accesa discussione.
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“Stai bene, Lisa?” chiese Sirio, avvicinandosi con cautela alla Signora degli Elfi. “Leggo la tua preoccupazione e le tue paure… ma non devi temere… la terza Profezia…” “Sta bene” intervenne Bartolomeo con tono seccato, prendendo Lisa sottobraccio. “Puoi raggiungere Ranu, qui è tutto a posto.” Sirio trasse un profondo respiro e si accomiatò da Lisa che fulminò Bartolomeo con un’occhiata pungente e di rimprovero. “Non devi trattarlo così, non lo merita.” Bartolomeo stava per ribattere, quando la sua attenzione venne catturata dalle voci concitate di alcuni soldati che si erano staccati dal gruppo, andando incontro al Generale Marcus e ai suoi Guardiani. “Era ora!” disse Bartolomeo, facendo una smorfia di disappunto. “Si fa sempre attendere, lui.” Lisa alzò gli occhi al cielo, ma preferì non ribattere. Prese Matilde sottobraccio e seguì Luca verso Marcus, trascinando con sé un recalcitrante Bartolomeo. L’esercito era finalmente riunito. Vi erano i suoi soldati, i Guardiani del Passaggio, e gli Elfi del Bosco delle Querce, che avevano dimostrato una grande fede nei confronti della loro Signora. Lisa, dopo aver cenato, si abbandonò senza forze sulla branda della tenda reale, accanto al suo Bartolomeo, che si era addormentato di botto non appena aveva appoggiato la testa sul cuscino. Chiuse gli occhi e pensò alla madre, alla rosa blu, all’anello della terza Profezia. E la stanchezza l’avvolse calda come una carezza, regalandole, infine, il meritato riposo.
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26 Primo attacco
Lisa si svegliò nel cuore della notte, sudata e col cuore a mille. Balzò a sedere sulla branda, col fiato corto, e si guardò attorno. Acuì i sensi da vampiro e rabbrividì. Lo sentiva, a poche centinaia di metri dall’accampamento, furente e pronto a compiere una strage. Poteva percepire la sua rabbia, il suo odio smisurato, il suo desiderio di sangue. E, purtroppo, non era solo. I due Demoni viaggiavano con lui, desiderosi di obbedire ai suoi comandi e di poter finalmente far sfoggio dei loro smisurati poteri. Scosse Bartolomeo con forza e scattò in piedi, indossando in fretta il casco di protezione. “Che… ma che succede?” sbottò lui, sbattendo appena le palpebre, infastidito. “Ero nel bel mezzo di un sogno…” “Alzati, presto!” tuonò Lisa, scrollandolo con violenza. “Lìspoto sta arrivando con i Volcan! Non percepisci nulla?” Bartolomeo sbarrò gli occhi e si fermò ad ascoltare. Quindi imprecò e scattò a sua volta in piedi, livido in volto. “Maledizione! Sì, sono vicini… no, sono qui!” Lisa sentì la rabbia montarle dalle viscere, quindi, senza aspettare Bartolomeo, afferrò arco e faretra e si precipitò fuori dalla tenda, verso quella di Ranu e Sirio. Ma si bloccò, ansante, di fronte alle figure del Padre di Aresil e del suo adepto, avvolti nei lunghi mantelli con cappuccio, e fermi dinanzi a Lìspoto e ai due Demoni, che erano planati con lui al centro dell’accampamento. I Ribelli erano dietro di loro, gli occhi fissi sui Demoni, e una mano posta saldamente sulle pistole laser. “ALLE ARMI! ALLE ARMI!” sentì urlare Bartolomeo, e si girò rapidamente a guardarlo correre come un forsennato verso la tenda del Generale Marcus, mentre i soldati uscivano rapidamente dalle proprie, assumendo tutti la medesima espressione. Puro terrore e stupore per quanto era apparso dinanzi ai loro occhi. “Lisa, Lisa, vieni via, Lisa!”
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Matilde afferrò l’amica per un braccio e cercò di trarla verso di sé, ma Luca l’agguantò prima che potesse proferire altra parola e la spinse, con Gianni, ancora all’interno della tenda reale. “Voi due non uscirete di qui, ne vale delle vostre vite che sono troppo preziose!” urlò il Generale, sguainando la spada laser. “Gianni, non ci servirai a nulla, morto…” Lui sbuffò, cercò di ribattere, ma poté solo guardare Luca che si precipitava fuori, tra il trambusto dei soldati che accorrevano verso il Principe Lìspoto e i Volcan. Lisa afferrò rapidamente una freccia e la scagliò con forza contro il Demone più piccolo. La freccia però si dissolse ancora prima di raggiungere la fiamma arancio che ardeva vivace nella sua terrificante ferocia. Scagliò un’altra freccia e un’altra ancora, ma il risultato fu solo quello di vedere il Volcan puntarle direttamente contro i suoi temibili occhi lucenti, a fissarla con un odio che andava al di là di ogni comprensione umana. “Lisa, ma che fai, che fai?” urlò Bartolomeo, traendola verso di sé. “Le armi non funzionano contro di loro! Vattene da qui, mettiti al riparo!” “MAI!” tuonò lei, furibonda, lanciando a terra l’arco e la faretra, per correre verso Ranu e Sirio. “Questa faccenda termina qui e subito!” Bartolomeo non riuscì a fermarla. Correva dannatamente veloce e, sicuramente, stava attingendo ai suoi poteri da vampira. “LISA!” Ma lei non lo ascoltava. In un lampo fu accanto a Sirio e a Meredith, che teneva il suo bastone in alto, puntato verso i due Volcan. “Che siate dannati!” urlò la Strega, facendo roteare forsennatamente il suo bastone. “Ritornate nel mondo degli Inferi, bestie immonde!” In pochi istanti i due Demoni furono avvolti da una sfera di luce bianca che mutò le loro fiamme da arancio ad azzurro. Quindi presero a contorcersi, avviluppandosi l’uno sull’altro, mentre lingue di fuoco battevano con ferocia inaudita contro l’energia che li stava via via indebolendo. Lisa poggiò i suoi occhi scuri su quelli fiammeggianti di Lìspoto e lo vide sorridere. Era tranquillo, rilassato, con le braccia intrecciate sul petto, il lungo mantello che sbatteva furiosamente sotto l’attacco di folate gelide di vento, i canini allungati ben in vista, il capo protetto da un cappuccio che gli lasciava libero solo il viso, orrido e perfido.
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Era tranquillo. Non temeva gli attacchi della Strega, ma, probabilmente, ignorava che lì, a pochi metri da lui, vi fossero due Padri di Aresil pronti a ricacciare i Demoni da dove erano arrivati. Lisa distolse gli occhi dal Principe solo nel momento in cui sentì Meredith urlare. Era china a terra, sostenuta da Sirio, il bastone abbandonato sull’erba bagnata, i lunghi capelli grigi aggrovigliati attorno al suo fragile viso. Le fiamme dei Volcan stavano riprendendo il loro abituale colore e, in pochi secondi, da azzurre divennero gialle, quindi arancio. Lìspoto scoppiò a ridere e alzò una mano per tenere calmi i due Demoni, che sembravano pronti a lanciare uno dei loro attacchi micidiali. Bartolomeo tratteneva Lisa per un braccio, tra il trambusto e le grida dei soldati, mentre i Generali Marcus e Luca, armi sguainate, osservavano con rabbia la scena, del tutto impotenti. “Che vuoi, Lìspoto? Sei venuto a farti uccidere?” urlò Lisa, staccandosi con foga dalla stretta di Bartolomeo. “Non ne hai avuto abbastanza di me? Vieni avanti e combatti con la Signora degli Elfi senza quelle due bestie, se ne hai il coraggio!” Il Principe scoppiò in una risata che le ghiacciò le vene, arrivando sino al cuore, che sembrava pronto a scoppiare da un istante all’altro. Lisa lo sentì perdere un colpo e riavviarsi ad una velocità folle, spinto dal terrore, ma, soprattutto, da una rabbia possente che ribolliva nel suo stomaco senza tregua e con forza sempre maggiore. “Mia dolcissima Signora, vedo che il mio morso ti ha resa più affascinante e audace!” rispose lui, piegando le labbra in un sorriso malizioso. “Ora ti desidero ancora di più e ti assicuro che, stasera, sarai mia!” “Maledetto!” gridò Bartolomeo, scagliandosi contro di lui. Luca riuscì ad afferrarlo prima che commettesse la sciocchezza di andare incontro a una morte certa, e lo trattenne tra le sue braccia, con l’aiuto di due soldati. Lisa, nel frattempo, aveva attivato il suo ciondolo che, insieme a quello del fratello, brillava di una luce possente e argentata, e di una intensità tale da costringere alcune delle Guardie a ripararsi gli occhi con le mani. “Lo sai che quello non ti aiuterà!” sibilò Lìspoto, sornione. “Io sono immune al suo potere e anche loro!” Lisa osservò i due terrificanti Volcan che troneggiavano fieri sull’accampamento e, con un brivido lungo la schiena, pensò che, se Ranu avesse fallito, tutti loro sarebbero stati spazzati via in un batter d’occhio. No, lei non lo avrebbe permesso, quella sera era del tutto intenzionata a porre fine alla vita di Lìspoto, con le sue stesse mani. Fissò
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Sirio che, silenziosamente, osservava a sua volta i due Demoni con una tranquillità che la spiazzò. Che avevano in mente, i due Padri di Aresil? Quando avrebbero agito? “Devo proporti un accordo, Signora degli Elfi!” Lisa sobbalzò alla voce imperiosa del Principe e lo fissò con astio. “Vieni con me e ti prometto che nulla accadrà al tuo popolo. Inoltre, ti garantisco che scaglierò il mio esercito e i due Volcan contro la Madre e i suoi soldati, ponendo fine a questa assurda e inutile battaglia! Che rispondi, Signora degli Elfi?” Lisa sentì le gambe cedere sotto il suo peso. Fissò Bartolomeo che, ancora trattenuto da Luca, scosse il capo, guardandola con occhi colmi di ansia, quindi spostò lo sguardo su Ranu e, ne fu sicura, lo vide sorridere. Osservò Sirio, immobile accanto ai suoi Ribelli che, con la testa leggermente piegata in avanti, aveva i muscoli tesi per lo sforzo che stava compiendo per non intervenire prima del tempo. Allora capì. Intuì che il momento era arrivato e, che da lì a poco, quell’incubo sarebbe finalmente finito. “Non se ne parla proprio!” rispose, scoppiando a ridere di una risata folle e isterica. “Non verrò con te, mio caro, né stasera, né mai!” Sentì alle sue spalle le voci dei soldati che si levarono quasi all’unisono, colme di stupore e di incredulità. Vide Lìspoto stringere gli occhi a fessura e sibilare, mettendo in mostra i due canini, mentre i Volcan, alle sue spalle, guizzavano impazziti nelle loro alte fiamme incandescenti. “Pazza! In questo modo hai messo a morte te stessa e il tuo popolo! Come puoi essere così egoista? Ti ho dato il modo di salvare la tua gente senza alcun spargimento di sangue e di liberarti della Madre, ripristinando le due energie… e tu che mi rispondi? E’ questo, dunque, l’amore che nutri nei confronti del tuo Regno?” Il sorriso di Lisa si smorzò sul suo viso ora contratto dalla rabbia. Mosse un passo verso Lìspoto e gli riversò contro tutto il suo smisurato odio, fissandolo con occhi scuri in cui brillava la luce della follia dell’assassino più spietato. “Taci, orrido mostro, stasera tu morirai e con te i due Demoni che hai risvegliato dalle profondità del grande Vulcano. E il mio popolo combatterà fiero contro la Madre, fino alla vittoria! Non abbiamo bisogno né del tuo aiuto né di quello dei tuoi orridi amici! Lo capisci, vero, che ormai è tutto finito?” Lisa, dopo aver lanciato un’occhiata di intesa a Ranu e a Sirio, si girò rapidamente verso i suoi soldati, alzando le braccia dinanzi a sé.
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“METTETEVI AL RIPARO!” urlò, con tutto il fiato che aveva in gola. “VIA, E’ UN ORDINE!” Lisa sentì l’esercito sussultare e, poi, tutto avvenne in un lampo. I suoi sensi l’avvertirono di un pericolo imminente e terribile. Incrociò gli occhi atterriti di Bartolomeo che sembravano volerle parlare, roteò rapida su se stessa e compì un balzo in alto di almeno due metri, evitando la lingua di fuoco che le era stata scagliata contro da uno dei due Volcan, e che cadde a terra, incendiando l’erba. Ancora in aria, si gettò con rabbia contro Lìspoto, tra le urla di Bartolomeo che veniva allontanato con forza da Luca, mentre il Generale Marcus tentava di far arretrare i soldati verso le tende. Lisa afferrò il Principe per la gola e strinse con tutte le sue forze. Lo vide impallidire e poggiare le sue mani su quelle della Signora degli Elfi, inesorabili in una morsa sempre più mortale. Lìspoto avrebbe voluto gridare, ma le sue urla si spensero nel fondo della gola, arsa dall’energia potente emanata dal ciondolo di Lisa, che, ormai, lo aveva avviluppato del tutto. “Muori, orrido mostro, muori!” gridò lei, incurante della presenza dei due Volcan che, presi alla sprovvista, avevano alzato lunghe lingue di fuoco da scagliare verso le tende e i soldati. “Non sai chi c’è qui con me, vero?” sibilò a pochi centimetri dalle sue labbra, dalle quali fuoriuscivano i due canini. “Due Padri di Aresil, caro mostro…” Lisa lo vide spalancare gli occhi. Sentì le mani del Principe che allontanavano inesorabilmente le sue e, in pochi istanti, rovinò a terra, sotto lo sguardo atterrito di Bartolomeo. “LISA!” urlò lui, disperato, mentre tentava di divincolarsi dalla stretta di Luca. “Dobbiamo aiutarla, lasciami, lasciami!” Lisa si alzò in piedi per fronteggiare Lìspoto, il quale, con gli occhi rossi e il viso deformato dal potere del vampiro, le sibilava contro, acquattato a terra, in posizione di attacco. “Uccidetela!” lo sentì ordinare ai suoi Volcan che indirizzarono le lingue di fuoco contro la Signora degli Elfi. Lei socchiuse gli occhi, in attesa della fine. Ma si sentì scagliare a terra, lontano e, quando ebbe il coraggio di riaprirli, vide Sirio e Ranu di fronte ai due Volcan, i quali, come se avessero compreso il pericolo al quale potevano andare incontro, si erano allontanati di qualche metro, trasformando le loro fiamme da giallo ad arancio.
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“Maledetti, che voi siate maledetti!” urlò Lispoto, sputando a terra. “Gli abitanti di Aresil qui, non è possibile! I Padri non possono intervenire, non possono!” Lisa sentì il cuore scoppiarle di felicità e afferrò la spada laser, sguainandola. Si avvicinò al Principe e gli puntò il fascio di luce alla gola, guardandolo con occhi scuri carichi di odio e di rabbia. “Tu, ora… morirai…” sibilò, del tutto pervasa dai poteri del vampiro che si agitavano furenti dentro di lei. “Ti farò a pezzi e brucerò le tue carni, perché di te non vi possa restare più alcun ricordo…” Lìspoto, inverosimilmente, scoppiò a ridere. “Infine, anche tu sei diventata come me, terribile e temibile! Avanti, uccidimi e dai libero sfogo ai tuoi istinti, mia adorabile Signora!” Lisa urlò e alzò la spada per colpirlo sul capo. Ma qualcuno la fermò. Girò il viso di lato e vide Bartolomeo che le stringeva saldamente la mano, con uno sguardo carico di rimprovero e di stupore. “No, Signora degli Elfi, non così” sussurrò lui, fissandola negli occhi ancora più scuri e cupi. “Lisa, ritorna da me, non mi abbandonare.” Lei gli sibilò contro, mostrandogli i denti, e Lìspoto scoppiò a ridere ancora, ormai in preda alla pazzia più totale e irreversibile. “Lei è mia, è mia!” gridò, rosso in viso. “E’ MIA!” Bartolomeo non staccò gli occhi da quelli della Signora degli Elfi. Lei smise di sibilare e sentì il proprio cuore scaldarsi di un’energia pura, viva, che le scorse nelle vene per arrivare a incendiarle il volto, ancora scosso dall’odio. “Barty” sussurrò, abbozzando un timido sorriso. “Il mio Barty…” Lasciò cadere a terra la spada e, inspirando profondamente, si girò verso Lìspoto che ora la fissava furente di rabbia, tremando da testa a piedi. “No, sarà il Tribunale a giudicarti, il mio popolo deciderà le tue sorti” disse, fissandolo negli occhi e diminuendo l’energia del ciondolo. “Le mie mani non si macchieranno del tuo dannato sangue.” Lìspoto urlò e tentò la fuga, ma due Ribelli gli si piazzarono di fronte e, alzando le mani, lo intrappolarono in uno scudo d’energia azzurra, che lo avvolse da testa a piedi, come un sudario. Lisa, soddisfatta, gli riservò un’ultima occhiata colma di ribrezzo, quindi si girò verso i due Volcan, che avevano diminuito le loro dimensioni e pulsavano, ora, di una fiamma gialla sempre più debole e tenue. “Hanno paura!” tuonò Ranu, poggiando i cristalli sull’erba bagnata. “Dobbiamo agire, ora!”
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Lisa stava per assaporare il dolce gusto della vittoria, quando si ritrovò a terra, spinta da un Guardiano che si era parato di fronte a lei per impedirle di morire tra le fiamme. Uno dei Volcan le aveva infatti scagliato contro una lingua di fuoco, che ora ardeva attorno al corpo del povero Guardiano. “Noooooooo!” urlò Lisa, paonazza. “Aiutatelo!” Mentre la Strega Meredith, agitando ancora una volta il suo bastone, spegneva le fiamme sul soldato con un soffio di energia fredda, i due Volcan emisero un ruggito spaventoso e svanirono, in uno sbuffo nero di fumo. “Maledizione, no!” gridò Lisa, correndo verso Ranu. “Perché non avete agito subito? Che vi è preso?” Il Padre di Aresil raccolse con calma i cristalli che aveva poggiato a terra, quindi le riservò un sorriso carico di disprezzo. “Queste faccende vanno risolte con calma, la fretta è sempre cattiva consigliera!” “Con calma? CON CALMA?” sbraitò Lisa, furibonda, spostando lo sguardo su Sirio, per attendere il suo intervento, che infatti arrivò in fretta. “Calmati, Signora degli Elfi, non è così semplice intrappolare i Volcan, anche per un Padre di Aresil. Ti è stato detto che questi Demoni sono pressoché imbattibili, quindi, come hai potuto pensare che avremmo risolto la questione in pochi attimi?” Lisa accusò il colpo e sentì la rabbia sbollire. Chinò il capo a terra, strinse le spalle e si avvicinò a Lìspoto, che si dibatteva come un animale in gabbia nella sua nuova prigione. “Toglietelo dalla mia vista, per favore” ringhiò, col cuore che le batteva all’impazzata. “A lui penseremo quando tutto sarà finito.” I due Ribelli annuirono e svanirono col Principe in un lampo di luce dorata. Lisa si girò verso Bartolomeo, che stava accudendo il Guardiano ferito, sotto l’occhio vigile di Meredith. “Scostatevi.” disse, inginocchiandosi accanto al Guardiano. Poggiò le mani sul petto del soldato, che tremava da testa a piedi, i denti contratti e una smorfia di dolore dipinta sul viso ustionato, quindi un’onda di energia lo avvolse per qualche istante. Il Guardiano trasse un profondo respiro, poi sbatté più volte le palpebre e si mise a sedere, incredulo. Era perfettamente guarito. “Grazie, mia Signora.” sussurrò, alzandosi in piedi, retto da un Bartolomeo raggiante. “Vi devo la vita.”
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“No, semmai è l’esatto contrario.” rispose Lisa, riservandogli un sorriso dolce e rassicurante. Quindi si avvicinò a Marcus, che aveva assistito alla scena cercando di tenere a bada il suo esercito, e lo fissò negli occhi grigi, velati da un sottile velo di preoccupazione. “E ora? Che faranno i soldati di Lìspoto? Ci attaccheranno, vero?” “I suoi soldati non si muoveranno dalle Grotte Profonde” le rispose lui, elargendole un sorriso affascinante che la fece sussultare. “Sono dei codardi. Senza la loro guida, non oseranno attaccarci e marciranno per l’eternità in quegli antri bui e oscuri!” Lisa trasse un profondo respiro e si avviò verso la tenda reale, in cerca di Gianni e Matilde. Li trovò ancora al loro interno, mentre litigavano con le Guardie per poter uscire. “E’ tutto finito” disse loro, lasciandosi cadere sulla prima sedia libera. “Lìspoto è stato arrestato, ma i Volcan sono scappati.” Matilde non rispose, chinando il capo a terra, mentre Gianni le poggiò una mano sulle spalle, scuotendola con forza. “Ehi! Ti sei liberata di quello schifoso di un Vampiro, ti pare poco?” le gridò contro, fissandola in viso. “E i Volcan non sono affare tuo, ricordatelo!” Lisa era incredula. Era forse un complimento quello che aveva ricevuto dal ragazzo della terza Profezia? Non riuscì a ribattere, perché Gianni stava già uscendo dalla tenda, scostando una Guardia con uno spintone. “Una battaglia è stata vinta” urlò lui, con un piede ormai fuori dall’entrata. “Ma il vero divertimento deve ancora arrivare…” Il ragazzo della terza Profezia sorrise e, levando gli occhi al cielo che si stava tingendo dei primi colori dell’alba, si gettò a capofitto tra i soldati, sotto gli occhi allibiti e sgomenti di Matilde.
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27 La vendetta
Anna stava compilando alcune carte nello studio di Marta, assorta nei suoi pensieri, quando sentì bussare con decisione alla porta. “Avanti.” disse, alzando il capo e poggiando distrattamente la penna sui fogli. Il Generale Filiberto fece il suo ingresso velocemente, senza riuscire a nascondere una certa inquietudine. “Che.. che suc…ce…de?” Anna aveva balbettato, terrorizzata per le notizie che avrebbe potuto ricevere, portate dallo sguardo ansioso del Generale. “Due Ribelli di Aresil ci hanno appena consegnato il Principe Lìspoto” si affrettò a rispondere Filiberto, ponendosi di fronte alla scrivania di Anna. “Il nostro esercito è stato attaccato da lui e dai due Volcan al Lago di Smeraldo ma… tranquilla… non vi sono stati né morti, né feriti. Però i Volcan sono riusciti a fuggire.” Anna aveva ascoltato le parole del Generale a bocca spalancata, senza battere ciglio. Dopo aver raccolto qualche altro particolare, scattò in piedi e lo raggiunse, stringendo le mani a preghiera sul petto. “Quindi… quindi stanno tutti bene… e Lisa…” “L’esercito sta per ripartire, e la Signora degli Elfi è più agguerrita che mai.” Anna trasse un profondo respiro e si avviò rapida verso la finestra, a osservare il limite visivo del Bosco delle Querce, ancora avvolto in una leggera bruma autunnale. “Il Principe non deve fuggire, quindi pretendo che la Guardia sia alta. Subirà un regolare processo e la giusta condanna a morte.”
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“Uno dei due Ribelli ha deciso di restare qui” disse Filiberto, passandosi nervosamente una mano tra i capelli perfettamente pettinati. “Lo tiene sotto controllo tramite uno scudo di energia. Quindi, possiamo dormire sonni sicuri.” Anna si girò rapidamente verso il Generale, il viso carico di preoccupazione. “Ci siamo liberati di lui, ma i Volcan?” Filiberto scosse il capo, battendo nervosamente un piede a terra. “La prossima volta…” disse, con le guance arrossate da un lieve imbarazzo. “Ce la faranno, non ho dubbi. La Signora degli Elfi ritornerà vittoriosa. E la pace segnerà le nostre vite e il nostro futuro. Dobbiamo solo aspettare e avere fiducia in lei e nel ragazzo della terza Profezia.” Anna convenne con un rapido cenno del capo, quindi risedette alla scrivania, compilando rapidamente un foglio bianco. “Per cortesia, Generale, consegna questo ordine di carcerazione al nostro saggio Consigliere Tiberio. Più tardi andrò io stessa a far visita al caro Principe, voglio rendermi conto con i miei occhi della sua presenza nelle segrete del Palazzo.” Filiberto chinò il capo a terra, quindi afferrò il foglio e uscì dallo studio di Marta, chiudendo in fretta la porta dietro di sé. Anna, rimasta sola, si avvicinò ancora alla finestra, osservando con attenzione le Guardie che presidiavano il Giardino Reale e l’ingresso al Bosco delle Querce. Alzò lo sguardo al cielo, grigio, scuro e carico di pioggia, e guardò gli alberi mossi da un vento freddo e impetuoso, che ne scuoteva con forza le fronde, quasi a volerle spezzare in più parti. E tutto questo accadeva in una stagione dove il caldo avrebbe dovuto regnare sovrano e il vento soffiare tenero e tiepido, accarezzando con amore i fiori e le foglie blu delle querce. Invece, il ritorno della Madre aveva dato il via a una serie di eventi che, se la terza Profezia non avesse, malauguratamente, dovuto aver luogo, avrebbero condotto la Terra, e gli altri pianeti dell’Universo, alla completa rovina e distruzione. Però, l’arresto del Principe Lìspoto le metteva una certa euforia e una dose inaspettata di ottimismo. Aveva fiducia in Lisa e nelle sue potenzialità, come ne riponeva in Gianni e nell’intero Esercito Reale. Presto, tutto si sarebbe concluso e la loro vita avrebbe ripreso a scorrere tranquilla, come avrebbe dovuto essere, senza più scossoni o interferenze. Persa in quei pensieri, sobbalzò quando un tenue soffio di vento le mulinò tra i capelli sciolti, accarezzandole la nuca. Si girò, dando le spalle alla finestra, e spalancò gli occhi.
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“Che ci fai tu qui? Come… come mai?” chiese, correndo incontro al suo amato Generale, per gettargli le braccia al collo. “Sei messaggero di notizie nefaste?” Lui la coccolò per qualche istante, quindi le poggiò le labbra calde sulle sue, accarezzandole i capelli. “Va tutto bene, mia cara, ho solo provato il desiderio di rivederti, ancora una volta…” Anna si staccò dall’abbraccio e lo fissò con aria interrogativa. Come mai un Generale dell’Esercito Reale aveva deciso di abbandonare i suoi soldati in un momento tanto delicato, solo per rincorrere un bisogno impellente di intimità? “Ma… che dici? Mi nascondi forse qualcosa?” sussurrò, osservandolo meglio in viso. L’urlo le si spense in gola. I suoi occhi… uno era grigio chiaro, l’altro scuro. Non ebbe nemmeno il tempo di attivare il ciondolo, che sentì la gelida lama penetrare nell’addome con una forza inaudita. Si piegò in due e, mentre il Generale si allontanava in fretta per timore, comunque, del potere del ciondolo, stramazzò a terra, supina, le mani avvolte attorno al pugnale che stava decretando la sua fine. “Tu… tu…” riuscì a mormorare, tra le lacrime, mentre fitte terrificanti le sconquassavano le viscere, facendo rallentare i battiti del suo cuore. “Come… come…” Il Generale sorrise, illuminando gli occhi di una luce folle, che le fece scorrere brividi intensi lungo tutto il corpo che già tremava per il dolore sempre più devastante. “L’amore, mia cara, quale inutile parola! Quante disgrazie ha portato e porta con sé, hai visto? Il tuo ciondolo mi ha scambiato per il tuo adorato Marcus, e il gioco é stato facile e semplice.” Anton la fissò con uno sguardo duro e feroce. “E quando ti ho baciata, ho finto di stringere Marta, ho finto che tu fossi lei e mi sono illuso che le tue labbra fossero quelle della creatura che più ho amato al mondo. Ma quanto mi sbagliavo! Tu non sei lei, sei solo un’immagine sbiadita della mia amata, uno spettro, una stupida creatura che ha tentato di porre fine alla mia vita. Ma ora, mia cara, le ombre oscure stanno calando sui tuoi occhi e presto tutto sarà buio e eterno.” Anna piangeva. Non tanto per la propria vita, che sentiva scorrere via rapida lungo sentieri inesplorati, quanto per le persone care che avrebbe lasciato. Marcus, Lisa, Luca, tutto il suo popolo… Pianse lacrime amare per la propria stoltezza e ingenuità, pianse perché l’amore, ancora
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una volta, avrebbe condotto una vita a spezzarsi in due, in modo inesorabile e impietoso. “Finalmente la mia vendetta si è compiuta” continuò Anton, guardandola con ferocia. “Tu mi hai tolto tutto, dal mio amore per tua sorella, alla mia stessa vita. Mi avevi sottratto la speranza, ma ora… ora il cerchio si è chiuso, e io potrò finalmente vivere in pace il resto dei miei giorni.” Anna sentiva le forze venirle meno e il cuore diminuire implacabilmente i suoi battiti. Il buio prese ad avvolgerla, mentre un formicolio sempre più intenso le pizzicava le gambe e le braccia, permettendole di allontanarsi da un dolore che, a quel punto, non sarebbe più stata in grado di sopportare. “Non avere paura, sorella mia, non avere paura. La strada che stai per percorrere ti condurrà velocemente a me… e il gesto di Anton non resterà impunito… anzi, esso scatenerà la forza di Lisa e tutto si compirà, come avrebbe dovuto essere.” Anna accolse con gioia la dolce voce di Marta e dipinse sul volto un tiepido sorriso, prima di lasciarsi cullare dal rassicurante oblio della morte. Anton fissò il corpo senza vita di Anna con sguardo dubbioso. Perché mai aveva sorriso, prima di morire? Un dubbio fastidioso gli si insinuò nella testa, come un tarlo che gli rodeva inesorabilmente il cervello. Forse la sua battaglia personale non si era ancora conclusa? Quando avrebbe potuto gridare, infine, alla vittoria? Lanciando un’ultima occhiata al corpo martoriato della sorella di Marta, ormai inzuppato da una macchia sempre più ampia di sangue, fuggì nella scomposizione molecolare, dubbioso e insoddisfatto.
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28 La battaglia
Dopo una sostanziosa colazione, Lisa si accinse a salutare il Vecchio Eremita che, durante l’attacco dei Volcan, era rimasto al sicuro nel fondo del Lago di Smeraldo. “Che la fortuna ti assista, mia giovane Signora degli Elfi” le disse con enfasi il Custode dell’energia verde, porgendole la mano. “So che ritornerai vittoriosa da questa battaglia e che la pace verrà finalmente ripristinata. Ho piena fiducia in te e nel ragazzo della terza Profezia.” Lisa gli strinse la mano, pensando che il vecchio se ne sarebbe stato tranquillamente al suo posto, mentre gli altri combattevano per salvare la sua energia, mettendo a rischio la propria vita. Ma sentì immediatamente il rimprovero di Ranu rimbombarle nella testa con un’eco fastidiosa e pungente, quindi dipinse sul viso un ampio sorriso di circostanza, cercando di rivolgere altrove i suoi pensieri. “A presto, allora.” rispose, facendogli un breve inchino. Il Vecchio Eremita ricambiò il sorriso, strinse la mano a Ranu, Sirio e Meredith, e si sollevò in alto, per calarsi poi nelle acque letali del Lago di Smeraldo, ove sparì in fretta, lasciando sulla superficie solo piccoli cerchi concentrici. “Bene, e ora sarà il caso di ripartire” continuò Lisa, stirando la schiena contratta per lo sforzo compiuto durante l’attacco di Lìspoto e dei Volcan. “Questa faccenda voglio concluderla in fretta.” Vide Bartolomeo annuire e si accinse a salire a cavallo. Ma il freddo gelido e terrificante della morte le bloccò il respiro, facendola annaspare alla ricerca di un’aria che sembrava non esistere più. Cadde a terra, in ginocchio, appoggiando le mani sull’erba umida, mentre grosse lacrime le solcavano il viso, pallido e sconvolto. “Lisa, che c’è? Che ti succede?” urlò Bartolomeo, accucciandosi accanto a lei. Quando le posò una mano sulla schiena, trasalì e ebbe un fremito, come se il suo corpo fosse stato attraversato da una potente scossa elettrica. “Non c’è più nulla da fare. Ora è in pace, accanto a sua sorella.”
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Bartolomeo sollevò il viso verso Ranu e lo vide serio e pervaso da un vero dolore. Anche lui, quindi, sapeva. “Lisa, tesoro…” sussurrò, aiutandola a mettersi seduta. “Non capisco, io…” Lei batté più volte le palpebre, quindi si asciugò le lacrime, inebetita e stordita da quanto il suo cuore le aveva appena rivelato. “L’ho vista… ero lì con lei quando Anton l’ha uccisa. Ho sentito la lama penetrare nel mio corpo, ho sofferto con lei e ho pianto, con lei…” “Che succede?” Lisa riuscì a malapena ad alzare gli occhi su Marcus che si stava avvicinando al gruppo di gran lena, in compagnia di Luca. Si fece aiutare da Bartolomeo a rimettersi in piedi, quindi attese di incrociare lo sguardo indagatore del Generale, che li osservava tutti con attenzione, con aria interrogativa. “Il destino ci è avverso” intervenne la Strega Meredith, sollevando il bastone verso il cielo plumbeo. “Ma ora l’ira della Signora degli Elfi sarà ancora più potente e funesta!” Marcus scosse la testa, sorridendo, quindi fissò Lisa, che aveva ancora gli occhi carichi di lacrime e il respiro corto e affannoso. Il sorriso gli morì in pochi istanti. Si avvicinò alla Signora degli Elfi, le sollevò il mento per costringerla a guardarlo diritto negli occhi, la scrutò con attenzione, cercando di cibarsi del suo sguardo carico di dolore, quindi si allontanò da lei, stringendo i pugni. “Anna… vero?” chiese, con la voce rotta dalla rabbia. “Chi… chi…” “Che state dicendo? Che è successo alla zia?” intervenne Luca, passando in rassegna il viso della sorella e di Marcus. “Anton” rispose in fretta Bartolomeo, per evitare a Lisa una così gravosa incombenza. “Il cerchio di protezione e il ciondolo non hanno capito e non sono riusciti a proteggerla.” Luca strabuzzò gli occhi, impallidendo, mentre il Generale Marcus, senza dire una parola, girò le spalle alla Signora degli Elfi per dirigersi verso i suoi soldati. “Maledetto!” urlò Luca, dando un calcio all’erba. “Gliela farò pagare, io… io… Lisa, come ti senti, Lisa?” Ma lei non lo stava ascoltando. Il viso della zia le apparve sorridente per qualche istante, finché il ricordo della figura di Anton che la colpiva al ventre non si impossessò del tutto dei suoi pensieri, rendendola furente. Sentì una rabbia immensa salirle dallo stomaco fino al petto, e si ritrovò a mostrare i denti, sibilando, i pugni stretti, la mascella contratta.
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“No, Luca, sarò io stessa ad ucciderlo, oggi, subito!” gridò, fuori di sé, attirando l’attenzione delle Guardie e dei Ribelli di Aresil, poco distanti. “La mia vendetta sarà terribile e senza pietà e, questa volta, nessuno oserà fermare la mia spada, intesi? Nessuno, nemmeno tu, Bartolomeo.” Il Generale dei Guardiani la fissò con uno sguardo colmo di pietà e tentò di ribattere, ma Lisa era già salita rapidamente a cavallo, mentre Gianni e Matilde accorrevano verso di lei, accompagnati da un Marcus pallido in volto e furente di rabbia. “Il mio esercito è pronto a seguirti fino alla morte, mia Signora” disse lui, indossando il casco di protezione. “Ma a una sola condizione. Anton è mio, lui dovrà vedersela solo con me e con nessun altro.” “Vedremo…” sibilò Luca, lasciandosi abbracciare da Matilde, che pareva sul punto di svenire da un momento all’altro. “Quando sarà il momento, il destino deciderà per noi.” Lisa serrò i denti e, a cavallo, indossò a sua volta il casco di protezione, con le mani che le tremavano per la rabbia e il corpo scosso da brividi incessanti. Quindi guardò Marcus e Luca, con i grandi occhi scuri che brillavano della luce della follia. Bartolomeo era preoccupato. Aveva percepito i sensi del vampiro prendere del tutto il sopravvento sugli istinti umani della sua Lisa e sentiva che, a breve, il suo raziocinio sarebbe stato del tutto annientato da una cieca furia assassina. “Non intervenire, Generale, la sua rabbia sarà solo di aiuto alla battaglia. Devi lasciare che il destino si compia così come era stato scritto dalla terza Profezia.” La voce potente di Ranu si insinuò nel suo cervello e lui scosse la testa, nel tentativo di eliminarla. Non voleva ascoltare quelle parole, non voleva farle sue. Quella non era la sua Lisa, ma solo una macchina per uccidere, senza sentimenti umani, come l’amore, il perdono o la compassione. “Ritornerà da te, Generale, smettila di fare il bamboccio e sii più coraggioso!” Bartolomeo si girò di scatto verso Sirio. La sua voce gli risultò particolarmente sgradevole, come, d’altronde, le sue parole, quindi gli si piazzò dinanzi, guardandolo con occhi carichi di disprezzo e di un odio malcelato. “Non ti permettere mai più di entrare nella mia testa, fratello di Andromeda, o dovrai assaggiare la mia spada! E lascia in pace Lisa, una volta per tutte!”
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Sirio strinse gli occhi a fessura, ma non reagì. Lo osservò salire in fretta sul suo cavallo, mentre Lisa alzava la mano destra per dare il via all’esercito. La Signora degli Elfi si mise rapidamente in testa al corteo, affiancata da Marcus che guardava diritto dinanzi a sé, la mascella contratta e gli occhi fissi sul sentiero che li avrebbe condotti verso la Piana di Aresil, poco distante dalla capitale. Lisa era pervasa da una serie di emozioni forti e contrastanti. Avrebbe voluto staccarsi dall’esercito, per cavalcare in fretta verso la Madre e Anton e mettere così in atto la sua vendetta. Ma, nello stesso istante, godeva di ogni istante che la portava ad avvicinarsi alla battaglia, rimuginando sugli svariati modi in cui avrebbe potuto eliminare Silvia e suo figlio Elia, mentre Marcus pensava al fratello. Tutto. Le era stato sottratto tutto… il padre, la madre, la sua adorata zia, la sua stessa vita. Non le restava che cavalcare verso il giudizio finale, e sperare che l’anello della terza Profezia adempisse al suo dovere fino all’ultimo. Immersa in quel turbinio di pensieri, si accorse appena che la pioggia aveva ripreso a cadere con insistenza, scivolando via rapida dal suo casco e dalla tuta. Un tuono la fece sobbalzare e alzò gli occhi al cielo, grigio e ricoperto da uno spesso manto di nubi scure. Le lacrime ripresero a solcarle il viso, mentre il cuore gridava vendetta, forte, forte, sempre più forte, al limite dell’umana comprensione e tolleranza. *** La mattinata stava volgendo al termine e l’esercito della Signora degli Elfi procedeva di gran lena verso la Piana di Aresil, dove avrebbe atteso quello della Madre per la battaglia decisiva. La pioggia, incessante e battente, rendeva il cammino molto più difficoltoso, soprattutto nello superare le alte colline che, con l’acqua, si erano trasformate in salite e discese scivolose, cariche di fango. I fulmini squarciavano le nuvole con regolarità, illuminandole di un’intensa luce dorata, mentre i tuoni facevano sussultare i cavalli, rendendoli via via più irrequieti e poco propensi a continuare il viaggio. Lisa, il cuore gonfio di rabbia e di dolore, non aveva smesso per un attimo di pensare alla zia. Il suo viso le appariva continuamente dinanzi agli occhi, trafiggendo il suo cuore, già martoriato, con pugnalate violente e incessanti. Non si era ancora ripresa dalla perdita della madre, che ora avrebbe dovuto sopportare anche quella, terribile, della zia. Era
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troppo per lei, troppo da affrontare, da superare, da combattere. Attendeva con ansia e col cuore in gola il momento, ormai molto vicino, in cui avrebbero lasciato l’ultima collina per scendere verso la Piana di Aresil, perfetto campo di battaglia per sconfiggere definitivamente la Madre e la sua armata. Guardò con occhi carichi di aspettative due Ribelli che, agli ordini di Sirio, sparirono nella scomposizione molecolare per andare in avanscoperta. Sperava che le avrebbero portato buone notizie sia sulla posizione dell’esercito della Madre, che sul numero effettivo dei suoi soldati. Il cavallo di Lisa arrancò con una certa fatica lungo l’ennesima salita e lei lo accarezzò dolcemente sul collo ricoperto di metallo, sussurrandogli all’orecchio parole di incoraggiamento. Con un forte nitrito il cavallo sembrò riprendere energie e, in un baleno, raggiunse in fretta la vetta, seguito da quello del Generale Marcus. Mezz’ora dopo tutto l’esercito aveva superato la penultima collina e si stava riposando, per il pranzo, ai bordi di un boschetto avvolto da una leggera bruma che non presagiva nulla di buono. Mentre Lisa stava ingoiando a fatica un pezzo di pane, uno schiocco improvviso l’avvisò del ritorno dei due Ribelli, che si presentarono in fretta al cospetto della Signora degli Elfi e dei Generali. “L’esercito della Madre è già alla Piana” parlò il Ribelle più alto, dopo un lieve inchino. “E’ composto da Elfi Neri, da Stregoni e da abitanti delle fredde Terre del Nord. Il loro numero è grande, ma, fortunatamente, simile al nostro.” Lisa emise un sospiro di sollievo e diede un rapido sguardo a Sirio, ringraziandolo per aver inviato i suoi soldati in avanscoperta. “Bene. Questa, finalmente, è una buona notizia” esordì Luca, passando un braccio attorno alle spalle della sorella. “L’unico problema è dato dai Volcan. Potrebbero attaccarci in qualsiasi istante, anche in questo momento.” “Conoscendo la loro natura” intervenne Ranu, con fare impettito. “I due Demoni appariranno quando la battaglia sarà al culmine, per dare il colpo di grazia.” “Rassicurante” brontolò Gianni, azzannando il suo enorme panino con un morso feroce. “Ora sì che mi sento proprio tranquillo.” Un’ora dopo l’esercito della Signora degli Elfi era nuovamente in marcia, animato da un nuovo barlume di speranza e dal desiderio di sconfiggere in fretta l’armata della Madre. Lisa arrivò per prima in cima all’ultima collina e sbarrò gli occhi. Si sentì pervadere da una furia cieca, assassina, da una rabbia incontrolla-
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bile, tanto che il suo ciondolo si animò di una luce intensa, che illuminò l’erba di parecchi metri attorno a lei. L’esercito della Madre, da lassù, sembrava davvero enorme. Ma Lisa non ne ebbe paura, anzi, attese con impazienza l’arrivo dei Generali, per cominciare quindi la discesa verso il suo destino. Quando tutto l’esercito raggiunse la Piana, una nebbia grigia e scura prese ad alzarsi da nord, avvolgendo in parte i soldati della Madre, mentre la pioggia continuava a battere incessante sul terreno, dove piccole pozze d’acqua si erano formate a intervalli regolari, rendendo senz’altro più difficoltoso il movimento dei cavalli e dei fanti. “Disporsi per la battaglia!” urlò Luca a pieni polmoni, spronando il suo cavallo verso l’altra estremità della prima fila di cavalieri. “Siate valorosi, miei soldati, e portate la Signora degli Elfi alla vittoria! Vittoria!” Un grido si alzò potente dai soldati e si confuse col suono dei corni, che preannunciavano l’inizio della battaglia. “In alto i vessilli!” urlò Marcus, azionando la sua spada laser. “Rendetemi fiero di voi!” Lisa, davanti ai soldati in compagnia di Bartolomeo, di Gianni e dei Generali, si girò ad osservare il suo esercito. Dietro di lei, a cavallo, si erano appostati i due Padri di Aresil e la Strega Meredith, che teneva ben in vista il suo bastone, pronta a colpire. Seguivano la prima fila di cavalieri, armati di pistole laser, e i Ribelli, che apparivano rilassati e del tutto padroni della situazione. Subito dietro erano appostati i fanti, compresi gli Elfi del Bosco, pronti a combattere con i loro archi e le frecce appartenute ai popoli antichi. Infine, seguivano le ultime file di cavalieri, armati di tutto punto. Matilde, invece, era rimasta in cima alla collina, in compagnia di alcuni soldati e ben lontana dalla battaglia. “Azionate le visiere protettive!” gridò Luca, cavalcando avanti e indietro perché tutti lo potessero udire. “E ricordate! Gli Elfi Neri saranno di certo difesi dalla magia degli Stregoni! Pertanto, i Ribelli avanzeranno per primi, in modo tale da abbattere subito le loro difese! E non osate avvicinarvi alla Madre! Nessuno di voi riuscirebbe mai ad affrontarla! Ella va lasciata alla Signora degli Elfi e al ragazzo della terza Profezia! Avete capito?” Un altro urlo, ancora più intenso del precedente, si levò all’unisono dall’esercito. Lisa scambiò uno sguardo rapido con Gianni che, ora, appariva visibilmente impaurito, quindi girò il cavallo verso l’armata della Madre, alzando la spada al cielo.
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“Per il Regno e per la Signora degli Elfi!” urlò, a pieni polmoni, scrutando la nebbia che stava avanzando inesorabilmente verso la loro direzione. “ALLA BATTAGLIA!” I corni suonarono ancora una volta, quindi Lisa posò rapida gli occhi su Bartolomeo e lo vide sussurrare un “Ti amo” con voce rotta da un’evidente preoccupazione. Lisa inspirò a pieni polmoni, socchiuse e riaprì gli occhi, quindi spronò il cavallo verso l’esercito della Madre. Sentiva il proprio cuore battere all’impazzata e gli zoccoli dell’animale scalciare sul terreno con un fragore quasi assordante, per il suo udito affinato sia dai sensi elfici che da quelli del vampiro. Era pervasa da una rabbia folle e cieca, da un desiderio potente di distruzione, ma, soprattutto, attendeva l’istante in cui si sarebbe trovata di fronte alla Madre, pronta, con Gianni, a dare il via alla terza Profezia. Sentì i Ribelli correre veloci accanto a lei e superarla in fretta, i loro cuori che risuonavano forti e sicuri in un corpo massiccio, per nulla intimoriti di quanto avrebbero dovuto affrontare da lì a poco. Vide Bartolomeo affiancarsi alla sua destra, la spada laser sguainata, il cui fascio di luce brillava sotto la pioggia sempre più battente, e sentì la paura che lo attanagliava. Paura non per se stesso o per il proprio popolo, ma per la sua amata, per quanto avrebbe potuto accaderle. Lisa udì l’armata della Madre che si muoveva rapida verso di lei, e percepì chiaramente l’odio che brillava nel cuore e nella mente di Elia, ben deciso a vendicarsi della Signora degli Elfi. I suoi sensi sembravano impazziti e la caricavano di un’ energia possente, con la quale si sentiva ben sicura di poter affrontare anche il mondo intero. I Ribelli ormai l’avevano distanziata di parecchi metri e, dietro di lei, l’esercito si muoveva rapido, tra le urla di incitamento dei Generali e quelle di risposta dei soldati. Un’onda accecante di energia, persa tra la nebbia, la costrinse a chiudere gli occhi per qualche istante. Capì che gli abitanti di Aresil dovevano aver già iniziato a contrastare la magia degli Stregoni e questa certezza la rese ancora più forte e sicura della vittoria. Meno di cento metri ormai la separavano dall’armata della Madre… cinquanta… trenta… venti. Lisa urlò e gettò il proprio cavallo sugli Elfi Neri che, in ginocchio, avevano già iniziato a scagliare frecce contro il loro nemico. Lisa era al sicuro, il potere del ciondolo l’avrebbe protetta dall’attacco delle loro armi, ma non avrebbe potuto nulla contro la magia della Madre. La nebbia si assottigliò e, in pochi istanti, si trovò a un metro dai soldati della Madre, che sembravano essere apparsi all’improvviso in quell’oceano grigio. Sentì Bartolomeo urlare qualcosa nella sua direzione, quindi il suo braccio si abbassò rapido sui primi El-
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fi Neri, colpendo alla cieca. E mentre colpiva urlava… tutto il suo dolore, la sua rabbia, il suo odio. Cercò con lo sguardo la Madre e la vide, poco distante da lei. Dal suo cavallo nero scagliava lame di ghiaccio verso le Guardie e i Guardiani, ridendo di una risata folle e isterica. Lisa si volse verso il suo esercito e vide Ranu e Sirio abbattere una decina di Elfi Neri solo alzando le mani dinanzi a loro. La strega Meredith, poco distante, fulminava i soldati con scintille che fuoriuscivano impazzite dal suo bastone e rideva sguaiatamente, con gli occhi grigi spalancati in un buio che per lei sarebbe stato eterno. Lisa cercò quindi con lo sguardo Gianni e lo trovò a combattere con la sua spada antica, attorniato da quattro abitanti delle Terre del Nord, incredibilmente alti e possenti. Lanciò il suo cavallo verso l’amico e, con l’aiuto di Bartolomeo, lo liberò in fretta dai suoi aguzzini. Si guardò attorno. La nebbia si era alzata, lasciando ben visibile il campo di battaglia. Il clangore delle armi bianche si fondeva con il ronzio delle spade e delle pistole laser, mentre fasci di luce gialla piroettavano da ogni angolo, pericolosi e letali. Lisa guardò dinanzi a sé. I fanti si stavano avvicinando, armati di archi e frecce. A un ordine preciso di Luca, li vide inginocchiarsi e puntare contro una fila di Elfi Neri che stava avanzando rapida verso di loro. Chiuse gli occhi per un istante e, quando li riaprì, si trovò dinanzi ad Elia, che la stava fissando immobile, gli occhi a fessura, la bocca piegata in un ghigno feroce. Lisa non attese Bartolomeo. Voleva farla finita, una volta per tutte. Scese rapidamente da cavallo, ignorando le urla di Marcus che la stava guardando impotente, attorniato da un nugolo di Elfi Neri, quindi alzò la sua spada, pronta a calarla su di lui, che grugnì e parò il colpo. Lisa lo fissò negli occhi scuri, sibilando e mostrando i denti, quindi fece una piroetta e lo toccò di striscio sulla schiena. Lo sentì urlare e il suo grido fu il suono più dolce che avesse mai udito negli ultimi giorni. Elia imprecò e affondò la spada verso di lei, ma questa rimbalzò sullo scudo di energia formato dal ciondolo, facendolo cadere a terra. “Lisa, fermati, torna a cavallo!” urlò Bartolomeo che stava cercando di raggiungerla. “Non fare pazzie, ascoltami, ti prego!” Ma lei ignorò le sue parole. Alzò la spada e fissò Elia negli occhi, pronta a dargli il colpo di grazia. E poi la vide… alta, bellissima, avvolta in un mantello nero, avanzava verso di lei, terribile e spietata, affiancata da Anton. Allontanava i suoi nemici con un solo, letale colpo delle mani, dalle quali continuavano ad uscire lame di ghiaccio. Lisa si distrasse
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e quei pochi istanti furono sufficienti ad Elia per alzarsi in fretta e dirigersi verso la madre. “Codardo, vigliacco!” gridò lei, mentre il suo ciondolo emanava onde sempre più potenti di energia. “Torna qui, affronta il tuo destino, maledetto!” “Lisa, allontanati, presto!” Girò la testa verso Bartolomeo, ma non lo ascoltò. Posò nuovamente gli occhi sulla Madre e la vide avanzare inesorabilmente verso di lei. Si perdette per un attimo tra le urla dei soldati e lo scalpiccio degli zoccoli dei cavalli sull’erba fradicia, guardò Gianni che, protetto da Luca, correva nella sua direzione, quindi sentì il suo cuore accelerare i battiti, in modo furioso e costante. La Madre, ora, era dinanzi a lei, e la fissava con un odio che andava al di là di ogni immaginazione. “Uccidila, uccidila!” gridò Elia, la spada laser ben alta dinanzi a sé. “La voglio vedere morta, questa bastarda!” Silvia sorrise e puntò una mano contro Lisa. Ma urla improvvise e fragorose provenienti da una buona parte di entrambi gli eserciti, la interruppero dal suo intento omicida. “I VOLCAN! I VOLCAN!” Lisa alzò lo sguardo e li vide, in alto, sopra le loro teste, le fiamme arancio, ardenti come non mai. “Via, via!” urlarono alcuni soldati, cercando di allontanarsi dal campo di battaglia. In pochi istanti, una fetta dell’armata della Madre venne incenerita dalle lingue di fuoco lanciate dai due Demoni. Silvia imprecò e corse verso gli Stregoni, urlando loro parole nell’antico linguaggio elfico. “Dovete annientarli, subito!” Gli Stregoni si scambiarono sguardi attoniti, quindi si diressero rapidamente verso i Volcan, alzando le mani al cielo. Dalle loro dita fuoriuscirono onde di energia azzurra che avvolsero i due Demoni, immobilizzandoli. La fiamma dei Volcan diminuì la loro intensità, e Lisa sentì il proprio cuore perdere un colpo. Forse, gli Stregoni avrebbero compiuto il miracolo, senza l’aiuto di Ranu e Sirio, che non si vedevano nei dintorni. Ma la sua speranza si spense in fretta. I due Volcan emisero un ruggito spaventoso, quindi la fiamma che li rendeva vivi aumentò d’intensità, finché, in pochi istanti, non avvolse interamente gli Stregoni, riducendoli in una sottile polvere grigia, che si disperse in fretta nel vento poderoso proveniente da nord. “Scappate, fuggite!” gridò Lisa, guardando i suoi soldati che ancora combattevano contro gli Elfi Neri. “Vi uccideranno, tutti quanti!”
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Ormai la divisione tra le due armate era inesistente. I soldati di ambedue le parti si erano mescolati gli uni agli altri, in un groviglio di esseri viventi, armi e lingue di fuoco. Le urla si levavano alte e il clangore delle spade era intervallato da quello dei fasci di laser che fuoriuscivano senza interruzione dalle pistole. E i Ribelli erano impegnati a creare scudi di energia per proteggere i soldati dell’esercito Reale, sotto una pioggia incessante che aveva ridotto il terreno a un campo di fango e acqua. Lisa, in preda a uno sgomento che fino a quel momento non aveva provato, si guardò attorno, alla ricerca di Bartolomeo, ma, ruotando alla sua destra, restò impietrita. Matilde le stava correndo incontro, con uno sguardo atterrito, le lacrime agli occhi e il volto pallido. “Che fai, sei impazzita?” le urlò addosso, spingendola via. “Torna sulla collina, immediatamente!” Matilde scosse la testa, tremando da testa a piedi. “No, tu non puoi darmi ordini, io sono un’Umana!” le rispose di rimando, afferrando una freccia dalla sua faretra. “Cercherò Luca! Non lo lascerò da solo in questo casino!” “Matilde, torna indietro!” la pregò ancora Lisa, esterrefatta. Ma l’amica non l’ascoltò. Lisa la vide scoccare frecce in tutte le direzioni, mentre si guardava attorno, alla disperata ricerca del Generale dell’Esercito Reale. La Signora degli Elfi imprecò e spostò lo sguardo sui Volcan, che avevano aumentato notevolmente le loro dimensioni e continuavano a gettare sugli eserciti lingue di fuoco letali. “Ma dove diavolo sono Ranu e Sirio?” si chiese, allontanandosi in fretta dai Volcan. “Maledetti, che stanno facendo?” Mentre ruotava attorno a se stessa, alla ricerca forsennata dei Padri di Aresil, sentì una fitta al cuore, profonda e dolorosa. E allora capì. Bartolomeo, il suo Bartolomeo, era in serio pericolo. Come aveva potuto abbandonarlo, lì, in mezzo a quella terrificante battaglia, senza pensare che anche lui rischiava seriamente la vita? Erano i poteri del vampiro, ne era sicura, che l’avevano sopraffatta. Urlò con tutto il fiato che aveva in gola e, seguendo l’istinto, corse verso un punto preciso dinanzi a sé, in cui era convinta che avrebbe trovato il suo Guardiano. E, in effetti, lo trovò, a terra e seriamente ferito, mentre Anton stava per infliggergli il colpo di grazia. Lisa, senza pensarci due volte, si gettò sul gemello di Marcus, il quale venne sbalzato distante dal potere del ciondolo. Quindi, senza badare a
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lui, si chinò su Bartolomeo e gli posò le mani sul petto, squarciato in obliquo da una lunga e profonda ferita. “Guarisci, guarisci!” gridò, socchiudendo gli occhi. L’onda di energia colpì Bartolomeo pochi istanti dopo. Lui tossì e si mise a sedere, traendo un profondo respiro. “Amore mio, scusa, scusa di tutto!” disse Lisa, abbracciandolo. “Stavi per morire! Non è possibile che io non abbia pensato a te… qui… perdonami.” Lui la coccolò solo per pochi secondi, quindi balzò in piedi e l’allontanò, fissando Anton che, nel frattempo, si era rialzato da terra e gli puntava contro la sua spada laser. “Non è il momento, i Volcan!” urlò Lisa, spingendo Bartolomeo di lato prima che venisse avvolto da una possente fiammata. “Dobbiamo ritirarci, subito!” Lui guardò verso il punto in cui prima si trovava Anton, ma non lo vide più. Quindi, un urlo terrificante squarciò il cielo, facendo tremare la terra. I Volcan stavano piroettando su se stessi, avvolti da una possente ragnatela di energia bianca. Sotto di loro, Sirio e Ranu posero l’ultimo cristallo, per poi allontanarsi di qualche metro, ad osservare i Demoni con un’evidente aria di soddisfazione. “Ce l’hanno fatta!” urlò Lisa, abbracciando Bartolomeo. “Quei due ce l’hanno fatta, per davvero!” Lisa guardò i Volcan diminuire l’intensità e il colore delle loro fiamme, contorcersi, urlare, grugnire, finché la ragnatela non aumentò la sua energia, trasformandosi in uno scudo che avvolse i Demoni, stringendoli in una morsa letale. I Volcan emisero un ultimo, terrificante urlo, quindi svanirono in sbuffi di fumo grigio, che si alzarono alti nel cielo plumbeo. “Siiiiiiii’!” gridò Lisa, con le lacrime agli occhi. “Sconfitti, distrutti! E ora cerchiamo Gianni, non l’ho più visto, dannazione!” Bartolomeo fissò ancora una volta il fumo che si stava dissolvendo lentamente nell’aria, fece un rapido cenno di ringraziamento a Sirio, quindi passò un braccio attorno alla vita di Lisa, tenendola stretta a sé. Le urla di gioia dei soldati dell’esercito Reale si univano a quelle della battaglia, che ora, senza la presenza dei Volcan, aveva ripreso a essere cruenta e terrificante. “E Matilde, è qui anche lei!” continuò Lisa, mentre correva con il suo Guardiano tra i soldati. “Quella scema, se la trovo….”
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Bartolomeo stava per ribattere, quando si bloccò. Scambiò un rapido sguardo con Lisa e osservò Anton e Marcus che stavano combattendo all’ultimo sangue, con le loro spade laser. Marcus era ferito a un braccio, mentre Anton sembrava illeso. Lisa vide quest’ultimo alzare la sua spada verso il fratello che inciampò e cadde a terra. Lisa era troppo distante per poter intervenire. Attese col cuore in gola che la spada di Anton calasse sul corpo del fratello, ma vide il gemello del Generale gettare a terra l’arma, scuotendo la testa. Correndo verso i due, notò con la coda dell’occhio un fascio di lame di ghiaccio, che la sfiorò, colpendo in pieno petto Anton. “Odio i troppo buoni!” sentì urlare dietro di sé. La Madre era scoppiata a ridere e teneva ancora alta la mano con la quale aveva ucciso il suo amante. “Stupido bamboccio!” gridò ancora, guardando Lisa con occhi iniettati di odio. “E ora tocca a te…” “Noooooooo!” intervenne Bartolomeo, facendo scudo alla Signora degli Elfi col proprio corpo. “Tu non la toccherai, maledetta!” Lisa guardò la Madre e Elia, che l’aveva raggiunta e fissava con un ghigno di soddisfazione il corpo senza vita di Anton. Marcus si gettò sul fratello e lo scosse, nella speranza che in lui vi fosse ancora un barlume di vita. Ma Anton giaceva a terra, gli occhi spalancati a fissare il cielo grigio, lo stupore dipinto sul volto. Marcus guardò le lame conficcate nel suo petto e urlò, correndo verso la Madre. Ma si vide la strada bloccata da Sirio e Ranu che si erano piazzati di fronte a Silvia, le mani alte dinanzi a loro. “Due Padri di Aresil, eh?” disse la Madre, fissandoli con disagio e stupore. “E che credete di poter fare contro di me? Nulla, poveri sciocchi, assolutamente nulla!” “E allora, cara Silvia, perché stai tremando?” la provocò Ranu, osservandola con un sorriso beffardo. “Tu ci temi, le tue emozioni ti tradiscono…” “Non riuscirete a sconfiggermi, mai!” La Madre afferrò Elia per un braccio e sparì in un lampo di luce accecante. “Cosa?” urlò Lisa, sconvolta. “Ma che diavolo…” “Dobbiamo fermarla! Vuole attingere all’energia del Sole di Aresil, quella pazza!” Lisa si girò verso la Strega Meredith, che era in compagnia di un Gianni scosso, ma illeso.
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“Dovete raggiungerla, in fretta!” intervenne Ranu, con un tono che non ammetteva repliche. “Io non posso più aiutarvi, ora tocca a voi e alla terza Profezia.” Lisa scambiò una rapida occhiata a Bartolomeo, quindi fissò Meredith, ben decisa a porre fine a quell’assurda situazione. “Portaci da lei, avanti!” gridò, afferrando Bartolomeo per un braccio. “Ora comincia il vero divertimento!” La Strega alzò in alto il suo bastone e avvolse Gianni, Lisa e Bartolomeo in una possente energia argentata, che li sollevò rapidamente da terra. Lisa socchiuse gli occhi, trattenendo il respiro. Quando li riaprì, una sfera di un metro o poco più roteava lentamente dinanzi a lei, sospesa a mezz’aria in una sala alta quanto un palazzo. Accanto ad essa, la Madre aveva sollevato entrambe le mani, pronta ad attingere alla sua energia. Lisa urlò e le si scagliò contro. L’avrebbe uccisa, era giunto finalmente il tempo di porre fine alla sua inutile e pericolosa esistenza.
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“Noooooooo!” urlò Bartolomeo, gettandosi verso Lisa. “Ferma! Arghhhhhh!” Senza rendersene conto, il Generale si ritrovò a terra, supino, a fissare il soffitto argentato dell’enorme stanza che conteneva il Sole di Aresil. Sollevò la testa quel tanto che gli bastava per vedere la Strega Meredith che, con un sorriso sornione dipinto sul volto pallido e rugoso, ritirava il suo bastone, sul quale Bartolomeo era inciampato. “Non osare intervenire, sciocco Guardiano!” lo rimproverò lei, aggrottando le sopracciglia. “La Signora degli Elfi ora attingerà a tutti i suoi poteri per scagliare la giusta vendetta contro la Madre! E nessuno, dico nessuno, dovrà mettersi sulla sua strada, intesi?” Bartolomeo stava per ribattere, quando un urlo agghiacciante gli raggelò il sangue nelle vene. Scattò in piedi, rapido. Con gli occhi spalancati dal terrore e dalla preoccupazione, vide che Lisa aveva afferrato la Madre per i capelli e, sibilando, le aveva piegato il collo di lato, mostrandole i denti. “Questo è il tuo giorno fortunato, Lucilla. Io non sono un Vampiro, però sappi che il caro Principe Lìspoto mi ha lasciato un regalo.” Lisa sentì Elia avvicinarsi in fretta con la spada laser sguainata, così, senza altre parole, emise un grido e scagliò la Madre, con inaudita violenza, contro una parete della sala. “Però, che caratterino la ragazza!” esclamò Gianni, trattenendo Bartolomeo per un braccio. “La nostra Lisa sa il fatto suo. Devo dire che comincia a piacermi.” Bartolomeo si divincolò dalla stretta di Gianni e si precipitò contro Elia, spingendolo a terra con un calcio sul didietro. “Brutto verme schifoso! Lasciala stare!” urlò, agitando la sua spada laser. “Non la toccherai neppure con un dito!” Elia, paonazzo per la rabbia, si alzò in piedi e, con un grido possente, si gettò contro il Generale, avviando con lui una lotta furiosa.
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Gianni afferrò un piccolo pugnale dalla cintura della sua tuta e si diresse verso Bartolomeo, col chiaro intento di aiutarlo. Ma si vide la strada sbarrata dal bastone della Strega Meredith che scosse la testa, puntandogli contro i suoi occhi spenti. “No, ragazzo, il tuo compito è quello di attendere, ora. Calma e pazienza.” Gianni sbuffò e spostò lo sguardo verso la Madre che, nel frattempo, si era rialzata faticosamente in piedi, rossa in viso per la rabbia, i lunghi capelli castani che erano sfuggiti quasi del tutto al rigore dello chignon. “TU… COME OSI?” gridò, puntando un dito contro Lisa. “Maledetta, sei un piccolo essere, un viscido verme che schiaccerò col mio piede! Non riuscirai a fermarmi! Il mio potere sarà presto totale e assoluto!” Lisa le ringhiò contro e le si avvicinò, circondata dall’energia del suo ciondolo. Guardò con la coda dell’occhio Bartolomeo che stava difendendosi senza problemi dagli attacchi ripetuti di Elia, quindi sibilò, puntando contro la Madre i suoi grandi occhi scuri, animati dalla luce di una rabbia possente. “Stupida! Che dici?” urlò, additandola. “Non vedi che sta accadendo al Sole di Aresil? Guardalo, si è quasi spento per colpa tua! Possibile che non te ne renda conto? E la natura? Piove da giorni e fa freddo! Sei una pazza furiosa che io ora ucciderò, senza alcuna pietà!” La Madre scoppiò a ridere, piegando la testa all’indietro. Era una risata folle, isterica, che fece scorrere su Gianni brividi intensi lungo la schiena. “Ma tu non puoi uccidermi, non te l’hanno detto?” sbraitò lei, sputando saliva. “Nessuno può uccidermi! Tua madre è solo riuscita a relegarmi nella dimensione oscura, ma io sono ritornata! Puoi ferirmi, puoi colpirmi, ma non riuscirai a spezzare la mia vita, stolta ragazzina!” “Questo lo dici tu…” sibilò Lisa, scagliandosi nuovamente contro di lei. Il potere del ciondolo appiattì Silvia contro la parete della sala, impedendole ogni movimento. Lisa le si avvicinò e le afferrò il collo, cominciando a stringere. “Madre, nooo!” gridò Elia, abbassando la guardia. Bartolomeo approfittò di quella fatale distrazione e calò la spada laser contro il suo petto. Elia sbarrò gli occhi e cadde in ginocchio. Un rivolo di sangue gli uscì dalla bocca, colorando il suo viso cereo, contratto in una smorfia di dolore e di terrore. Emise un ultimo, possente respiro prima di precipitare sul pavimento, a faccia in giù.
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Silvia contrasse il viso e emise un urlo terrificante e possente che rimbombò sulle pareti della sala, costringendo i presenti a tapparsi le orecchie. Lisa mollò la presa dal suo collo e la vide staccarsi dal muro, gli occhi scuri illuminati dalla pazzia, i capelli che mulinavano mossi da un vento che la circondava in un’aura azzurra, fredda come il ghiaccio. “AVETE UCCISO MIO FIGLIO, MALEDETTI!” urlò ancora Silvia, sollevando le mani dinanzi a sé. “E ORA MORIRETE!” Lisa si girò rapidamente verso Bartolomeo e gli si piazzò di fronte, mentre sottili lame colpivano ripetutamente lo scudo creato dall’energia del suo ciondolo. Incredibilmente, esso la stava proteggendo dagli attacchi della Madre e Lisa pensò che, finalmente, aveva compreso del tutto come utilizzarlo fino in fondo. Vide la Strega Meredith nascondere Gianni col proprio corpo e alzare il bastone dinanzi a sé, pronunciando frasi ripetute nell’antica lingua elfica. “Dannazione! E ora che facciamo?” chiese Gianni, osservando i fasci di energia dorata che avevano preso a fuoriuscire di getto dal bastone di Meredith. “Questa ci fa secchi tutti quanti, altro che terza Profezia!” Lisa lo aveva sentito e, d’istinto, abbassò gli occhi sull’anello. Si era scordata della Profezia. Come aveva potuto dimenticare che lei era lì, in quella sala, solo per aiutare Gianni a compiere il suo dovere? Scuotendo la testa, aumentò il potere del ciondolo, tenendo Bartolomeo dietro di sé. Lo sentiva scalpitare e imprecare, ma lo avrebbe difeso fino alla morte. La terza Profezia… bene, e ora che doveva fare? Sentiva che non sarebbe riuscita a resistere per molto agli attacchi ripetuti della Madre e non aveva ancora trovato il modo di aiutare Gianni. “L’anello, tesoro, l’anello, guardalo ancora!” La voce della madre Marta le risuonò nella mente come il canto più atteso, il regalo più inaspettato, la melodia più dolce. E Lisa abbassò gli occhi sull’anello, sbarrandoli. La pietra si era illuminata di una vivace luce rossa che, al suo interno, sembrava pulsare come un cuore. Lisa guardò Gianni, protetto dalla Strega Meredith, e capì. Fu come se tutti i ricordi, i pensieri e le parole avessero preso a scorrerle nelle vene come un fiume in piena. Si sfilò in fretta l’anello e, tenendolo ben stretto nel palmo della mano, alzò il braccio, cercando di attirare l’attenzione dell’amico. “Prendilo, ora!” gridò, mentre l’energia del ciondolo stava per esaurirsi. “E’ il tuo momento… la terza Profezia!” Lui spalancò gli occhi e afferrò l’anello, osservando l’energia rossa che continuava a pulsare a ritmo indiavolato all’interno della pietra.
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La Madre ringhiò e spostò il suo attacco contro la Strega Meredith, la quale, però, riuscì a distruggere le lame di ghiaccio con l’energia dorata del suo bastone. “Fai in fretta, ragazzo, il Sole di Aresil si sta spegnendo! La fine è vicina, per tutti!” Gianni annuì e infilò l’anello sull’anulare destro. Perse all’istante la cognizione del tempo e dello spazio. Si trovò a galleggiare in una bolla incolore, dove i ricordi scorrevano rapidi davanti ai suoi occhi come in un film. Trattenne il respiro, mentre i battiti furiosi del suo cuore risuonavano nella bolla con un’eco continua e possente. Il Cavaliere della Tavola Rotonda che abbracciava Andromeda, il soldato nella neve, il Re Sole… il suo animo urlò tutto l’amore che si era trascinato nei secoli per la stupenda creatura dai lunghi capelli argentati. E Gianni, finalmente, comprese. Lui era quel Cavaliere, quel soldato, il Re Sole… aveva viaggiato sulle onde del tempo, incontrandola per la prima volta per poi perderla, incontrarla ancora e riperderla, attraverso lo scorrere impetuoso degli anni, dei secoli, per infine ritrovarla. Il suo cuore di Cavaliere batté ancora più impetuoso nel petto e lui rivisse gli istanti che aveva trascorso in compagnia di Andromeda, dalle lunghe passeggiate attorno a Camelot, alle appassionanti notti d’amore consumate fino al giorno in cui aveva trovato la morte. Il suo spirito si era staccato dal corpo, ma Andromeda gli aveva assicurato che si sarebbero nuovamente incontrati, in un altro tempo, in un altro luogo. E così era successo. Nel corpo del Re Sole aveva vissuto un amore unico, intenso, sfrenato, nulla a che vedere con i sentimenti rapidi che aveva nutrito per le sue amanti di passaggio. Per giungere al giorno in cui aveva riperso nuovamente la sua adorata, vinto ancora una volta dal potere eterno della morte. Gianni spalancò gli occhi quando, all’interno della bolla, comparve Andromeda, stupenda in una lunga tunica bianca scintillante, i capelli argentati sciolti sulle spalle nude, i grandi occhi azzurri spalancati, la bocca rosea aperta in un dolce sorriso. “Dobbiamo andare, amore mio, il destino ci attende” gli sussurrò con voce dolce e suadente. “Affrontiamo la terza Profezia, insieme, e nulla più ci separerà, per il resto dei tempi.” Gianni l’abbracciò e la strinse a sé per qualche istante, cullandola. “Ora ho capito, tutto, tutto quanto. Ti ho attesa per secoli e finalmente ti ho ritrovata. Questo anello splende dell’energia del nostro amore, vero?” Andromeda si staccò da lui e annuì.
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“Sì, mio amato, e esso è l’unica arma che può distruggere il potere della Madre. Ora andiamo. Io sarò in te e guiderò i tuoi passi.” Gianni sbatté gli occhi più volte e si ritrovò dietro la Strega Meredith che lo difendeva strenuamente dagli attacchi ripetuti di Silvia, mentre Lisa, piegata in due sulle ginocchia, stava cercando di riprendere le forze, dopo averle spese quasi tutte nella creazione dello scudo di energia. Gianni spinse di lato Meredith e si lanciò verso la sfera dorata che aveva diminuito sensibilmente sia le sue dimensioni che la brillantezza. Lisa lo guardò con la coda dell’occhio, senza capire. Bartolomeo alzò un braccio nell’assurdo tentativo di fermarlo, e l’urlo gli si spense in gola quando lo vide gettarsi nel Sole di Aresil. Lo sentì gridare per qualche istante, finché la luce non lo avvolse del tutto. Lisa spalancò gli occhi, incredula e terrorizzata. Si riparò il viso con le mani e si allontanò dall’energia che aveva preso a scaldare la sala in modo quasi intollerabile. “La terza Profezia, la terza Profezia!” urlò Meredith, con aria tronfia. “E’ la tua fine, Lucilla! Di te non rimarrà neppure una briciola!” La Madre ebbe appena il tempo di girarsi verso il Sole, quando una vampata di energia rossa, che proveniva direttamente dal nucleo pulsante dell’anello di Gianni, non l’avvolse da testa a piedi, roteando furiosamente attorno a lei. Silvia gridò, con tutto il fiato che aveva in corpo. I vestiti si incendiarono in fretta, come i capelli e il viso. Le sue urla riempirono la sala per qualche secondo ancora, finché il suo corpo non si sbriciolò in minuscoli pezzi che caddero sul pavimento, leggeri come cenere. Lisa non poteva credere ai propri occhi. La terza Profezia si era compiuta. Si sentì afferrare da Bartolomeo che la stava trascinando lontano dal Sole di Aresil. “Dobbiamo andarcene, ora!” gridò Meredith, con le palpebre chiuse sugli occhi senza vita. “Fra qualche istante il Sole riempirà tutta la sala e noi ci scioglieremo come il burro in una casseruola!” Lisa scosse la testa, incredula. “No, non posso lasciare Gianni!” rispose, con le lacrime agli occhi. “E’ ancora vivo, guardatelo, è lì… è lì…” Bartolomeo si girò verso la sfera di energia, che aveva ormai triplicato la sua dimensione, e scambiò uno sguardo rapido con Gianni. Gli fece un cenno col capo che lui ricambiò prontamente, sorridendo. Solo in quell’istante Lisa si accorse della presenza di Andromeda accanto all’amico. Li vide abbracciarsi e perdersi nell’energia sempre più potente del Sole. Con le gambe molli e il cuore a pezzi, socchiuse gli occhi e si lasciò trasportare via da Meredith, lontano dal dolore e da un
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chi e si lasciò trasportare via da Meredith, lontano dal dolore e da un amico che non avrebbe mai dimenticato per il resto della sua vita immortale.
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Erano trascorsi quindici giorni dalla grande battaglia e Lisa stava per incamminarsi lungo il viale che l’avrebbe condotta sino al palco, costruito al centro della piazza di Aresil, per la sua incoronazione. Aveva indossato un lungo abito nero, confezionatole appositamente dalle abili mani di Erika, e aveva raccolto i capelli scuri in un’elegante crocchia sulla nuca, nella quale erano stati infilati spilloni argentati, che riprendevano la luce del suo ciondolo quando si illuminava. Lisa era triste. Aveva perso la figura che più l’aveva sorretta e aiutata negli ultimi dieci anni e sentiva il cuore sminuzzato in milioni di pezzi che le devastavano il petto, incendiandolo di un dolore lacerante. La battaglia si era conclusa con la vittoria schiacciante del suo esercito e i soldati del nemico si erano arresi spontaneamente, senza tentare ulteriori attacchi suicidi. Luca e Matilde ne erano usciti fortunatamente illesi, Ranu era sparito in un batter d’occhio senza salutare nessuno, mentre Sirio aveva deciso di trattenersi nel Regno Elfico fino al giorno dell’incoronazione della nuova Signora. Ma Lisa in quel momento avrebbe voluto trovarsi accanto alla tomba della zia, che era stata seppellita nel Bosco delle Querce. Il funerale, avvenuto all’indomani della battaglia, era stato più penoso di quanto lei avesse potuto immaginare. Più volte si era sentita mancare e solo l’aiuto immediato di Bartolomeo le aveva evitato di cadere a terra. Lui l’aveva sostenuta amorevolmente durante tutta la cerimonia, senza abbandonarla per un solo istante. In quel momento, Lisa si era sentita davvero amata e aveva compreso che avrebbe potuto contare sempre su di lui, nella buona e nella cattiva sorte. E, quando la strega Meredith aveva ricordato il buon Gianni, Bartolomeo l’aveva cinta con un braccio attorno alla vita, incitandola a non demordere proprio in quel momento. Ma il cuore sensibile di Matilde non aveva retto a tante emozioni. Aveva perso conoscenza e Luca aveva dovuto stenderla sul soffice terreno del sottobosco, mentre il medico reale la rianimava con qualche rapido rimedio elfico.
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La notizia della morte di Gianni era intollerabile da sopportare, sebbene la strega Meredith avesse ricordato a tutti, più volte, che ora lui si trovava nell’Altra Dimensione in compagnia della sua amata e, finalmente, per tutta l’eternità. Lisa, però, non riusciva ad accettare il sacrificio che il suo amico era stato costretto ad affrontare, per portare a compimento la terza Profezia. Troppe persone avevano dovuto rinunciare alla propria vita per liberare i mondi dall’ombra del male… sua madre, sua zia e infine la Bibliotecaria e il povero Gianni. Per non parlare di suo fratello che era scappato alla morte solo per l’assurdo gioco del destino, e di Matilde, che aveva davvero rischiato di perire durante la battaglia. Certo, la Madre era stata definitivamente fermata, così come suo figlio Elia. Il Sole di Aresil e l’energia del Lago di Smeraldo avevano ripreso a brillare in tutta la loro magnificenza e l’Universo intero era salvo. Ma Lisa non riusciva a provare felicità. Un velo di tristezza l’avvolgeva da testa a piedi e non le consentiva di gioire delle vittorie ottenute. Dopo il funerale, Matilde aveva deciso di trascorrere il resto dei suoi giorni mortali nel Regno Elfico, a fianco del suo amato Luca. Per cui gli Elfi addetti alla rimozione della memoria avevano provveduto a cancellare i ricordi di Matilde, Gianni, Anna e Lisa, dalle menti di tutti gli Umani che avevano avuto la fortuna di conoscerli. E Lisa si era rifiutata di rivedere per un’ultima volta la sua casa, prima che un incendio la distruggesse del tutto. Ormai la sua vita era lì, tra il suo Popolo, che sentiva di amare con tutta se stessa e il suo cuore. E, per dimostrare il suo smisurato affetto, aveva deciso di stabilirsi nel Palazzo Reale di Aresil, per poter vivere a diretto contatto con la sua gente, mentre la residenza del Bosco delle Querce sarebbe divenuta una sorte di casa delle vacanze, da raggiungere quando voleva sentirsi vicina agli spiriti della madre e della zia. Per quanto riguardava invece il suo popolo, Lisa aveva deciso che ognuno avrebbe scelto se vivere secondo le antiche usanze elfiche, o secondo le nuove introdotte a suo tempo da Marta. Così, molti abitanti del Bosco delle Querce si erano diretti verso la Capitale, per stabilirvisi definitivamente. Lisa sentiva di essere amata dalla sua gente e era convinta che, tutti insieme, avrebbero condotto il Regno Elfico a un futuro ricco di pace e di felicità. Una felicità che nessuno, ormai, avrebbe potuto infrangere. Il Principe Lìspoto, l’ultimo essere malvagio sopravvissuto alla battaglia, su decisione del Consiglio, era stato trasferito nelle prigioni reali della Capitale, sorvegliato in ogni istante da Guardie appositamente scelte e istruite da Sirio, fino al giorno in cui sarebbe stato sottoposto a
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regolare processo per tutte le malefatte che aveva compiuto nella sua lunga e miserabile vita. E, molto presto, lei e Bartolomeo si sarebbero uniti ufficialmente in matrimonio, per sancire e benedire un’unione nata nella sala del Trono del Nero Signore degli Elfi. Lisa inspirò a fondo l’aria calda di quel pomeriggio estivo e alzò gli occhi al cielo verde smeraldo, completamente sgombro da tracce di nubi e limpido come non mai. Il sole brillava vivace e allegro, colorando i tetti delle case bianche e basse, che si aprivano a cerchio tutto attorno al Palazzo Reale. Ogni elemento aveva ripreso il suo posto nel normale ciclo della natura e il popolo, in attesa che la loro Signora si presentasse sul viale che l’avrebbe condotta verso la sua incoronazione, era animato da un vociare allegro e intenso, dimentico delle sofferenze patite negli ultimi tempi. “E’ ora, tesoro.” Lisa si girò verso Bartolomeo, sbatté le palpebre, gli riservò un sorriso dolce, quindi uscì alla luce del sole, lasciandosi avvolgere dal fragore dell’applauso che scoppiò non appena mise un piede sul viale. All’improvviso, la tristezza e la malinconia sembrarono svanire come d’incanto, sopraffatte dalla gioia che pulsava come un grande cuore dalla sua gente, radunata nella piazza principale di Aresil. E l’emozione toccò il culmine quando due giovani Elfe le si piazzarono di fronte, regalandole un mazzo delle adorate rose blu. Lisa trattenne a stento le lacrime. Non voleva dimostrarsi debole dinanzi al popolo che aveva indubbiamente bisogno di una guida forte e sicura. Afferrò il mazzolino, ringraziando le Elfe con un rapido cenno del capo e un sorriso rassicurante, quindi continuò il suo cammino verso il palco, seguita da Bartolomeo, che non le staccava gli occhi di dosso per un solo istante. Salì infine i gradini che la condussero rapidamente sopra la pedana di legno creata appositamente per l’occasione, e salutò con un breve inchino la Strega Meredith che, vestita incredibilmente senza il suo usuale sacco di patate, la stava attendendo reggendo in mano un piccolo ma sfavillante diadema. Bartolomeo, salito con lei, afferrò il mazzo di rose e lo porse delicatamente tra le braccia di Erika, che si era appostata accanto a Meredith. Lisa le sorrise e lei, inaspettatamente, scoppiò a piangere, tra l’imbarazzo generale. Lisa le poggiò una mano sulle spalle e la donnona tirò su col naso, asciugandosi le lacrime con i grandi palmi delle sue mani.
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Quindi la nuova Signora degli Elfi si rivolse verso il suo Popolo che esultò, acclamandola. Lanciò un rapido sguardo a Luca e Matilde, in prima fila insieme ai Generali Marcus e Filiberto, quindi riservò un rapido sorriso a Sirio che, in compagnia dei suoi Ribelli, la stava osservando con un’espressione indecifrabile dipinta sul bel viso alieno. Lisa si schiarì la voce un paio di volte, quindi prese la parola, mentre la folla si zittiva all’istante. “Cari amici, oggi è un giorno importante” esitò, tossendo ancora una volta, prima di continuare. “E non tanto perché assisterete all’incoronazione della vostra nuova Signora degli Elfi, quanto perché tutti assieme ricorderemo le gesta degli eroi che si sono sacrificati per riportare la pace nel nostro bel regno e per scongiurare la fine della vita, in ogni angolo dell’Universo.” Un applauso scrosciante interruppe le sue parole e Lisa chinò il capo a terra per qualche istante, per nascondere l’emozione devastante che stava prendendo il sopravvento sul raziocinio. Alzò quindi un braccio e la folla si zittì ancora una volta. “L’amore ha condotto mia madre e mia zia al sacrifico estremo e ancora l’amore ha gettato il mio caro amico Gianni e la nostra adorata Bibliotecaria nelle braccia dell’Altra Dimensione, nel tentativo estremo di sconfiggere la Madre e il suo nefasto potere. L’orgoglio ha invece condotto il Nero Signore degli Elfi, suo figlio e il Generale Guglielmo nell’ombra tetra e oscura della morte eterna, mentre l’invidia e la gelosia hanno spinto il Generale Anton a una fine inevitabile. E il Principe Lìspoto marcisce nelle prigioni reali, in attesa di giudizio. Il male, cari amici, è stato infine sconfitto e il bene si è insediato nel nostro amato Regno con tutto il suo fulgore. Nostro compito, ora, è quello di preservarne l’integrità e di divulgarlo tra gli Umani, affinché esso non abbia mai a scomparire, nei tempi a venire. Ma, cari amici, non dovremo mai dimenticare i sacrifici dei nostri eroi. La loro morte ci sarà sempre da monito per allontanarci dall’ orgoglio e dalla sete di potere.” Un altro boato interruppe le parole di Lisa, che sentiva il cuore scoppiarle in petto per un’emozione sempre più crescente e intensa. “Infine, vorrei ringraziare chi ha avuto fiducia in me e mi è stato vicino nei momenti difficili e quasi intollerabili da sopportare. Mio fratello Luca (seguì uno scroscio di applausi), i Generali Marcus, Filiberto e Bartolomeo (al suo nome, si levarono grida di gioia e qualche fischio di approvazione), il fratello di Andromeda con i suoi Soldati, la cara Strega Meredith (e qui Lisa dovette zittirsi un’altra volta perché le urla della gente avevano sovrastato di pieno la sua voce), e la mia cara amica
Lisa Verdi e il Sole di Aresil
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Matilde, che mi ha seguita con coraggio sin dall’inizio di questa avventura. A lei devo tanto, e le sarò per sempre grata.” Lisa si interruppe, osservando Matilde che stava singhiozzando, abbracciata a Luca. “E ora procediamo, cari amici miei.” Applausi fragorosi seguirono le sue ultime parole. Lisa si girò verso Meredith che le poggiò il diadema lucente sul capo, riservandole un veloce inchino. Quindi Erika porse alla Strega il suo bastone che lei fece ruotare più volte attorno a Lisa, pronunciando alcune frasi nell’antica lingua elfica. La nuova Signora degli Elfi si vide circondata da brillanti luci scintillanti che confluirono rapidamente nel suo ciondolo, illuminandolo per qualche istante. “La nostra Signora degli Elfi, Lisa Verdi!” urlò Meredith, alzando in alto il suo bastone. “Possa essa vivere a lungo in pace e serenità e condurre il suo popolo con mano ferma e saggia!” Lisa non riuscì a trattenere una lacrima sotto gli applausi fragorosi dei presenti. Si girò verso Bartolomeo, che la fissava con orgoglio e evidente amore, quindi scese dal palco, per unirsi alla gente che continuava ad acclamarla. “Attento!” “Arghhhh!” Lisa si girò con un sorriso sulle labbra, avendo già intuito quello che doveva essere accaduto. Infatti, Bartolomeo giaceva sulle scale a pancia in giù, e si lamentava, massaggiandosi il naso. “Tutto bene quel che finisce bene.” disse lei, levando gli occhi al cielo. “Sì, tesoro.” le rispose Marta in un soffio, che le accarezzò dolcemente le guance arrossate per l’emozione. “Per sempre.”
EPILOGO
“Hai una visita, svegliati!” Il Principe Lìspoto si mise a sedere sulla brandina e fissò con occhi gialli iniettati di sangue la figura ammantata di nero che si stava avvicinando alla sua cella. “Ecco Signora, può entrare” disse la Guardia, dissolvendo per qualche istante la barriera che la divideva dal prigioniero. “Solo cinque minuti, non un secondo in più.” La figura fece un rapido cenno, quindi si avvicinò al Principe, riservandogli un lungo inchino. “Finalmente, ti aspettavo da giorni” ringhiò Lìspoto, sollevando il viso della giovane Elfa che lo fissò con occhi neri carichi di passione. “La trasformazione è stata più lunga del dovuto, a quanto pare, ma è perfettamente riuscita.” La serva della Madre sorrise, rivelando due canini affilati e appuntiti. “Ai tuoi ordini, mio Signore…” Lìspoto emise un grugnito di piacere. Forse la sua fine non era così vicina.
GLI ELFI DI M.P. BLACK
Alcune precisazioni: Sono immortali, quindi immuni alle malattie e alla vecchiaia, ma possono morire di morte violenta. Sono di carattere buono e leale, a volte ingenui. Tendono a vedere il lato positivo in ogni situazione e questa loro caratteristica li mette, spesso, in difficoltà. Sono agili, veloci, alti, generalmente affascinanti. I loro capelli variano dal castano, al nero, al biondo chiaro o scuro. Raggiungono l’età massima di 40 anni, quindi non invecchiano più. Possono però decidere autonomamente di raggiungere i 70 anni, per aumentare la loro saggezza e le conoscenze personali.
I PERSONAGGI PRINCIPALI
LISA VERDI: 16 anni, alta 1 metro e 83, capelli castani, lunghi e diritti. Occhi verdi. La ragazza più bella della sua scuola. Alta e atletica. Carattere: irascibile, a volte insicura, è capace di grandi azioni di forza e coraggio. ANNA: zia di Lisa, 40 anni, alta 1 metro e 75, capelli biondi lunghi e diritti. Bella. Occhi azzurri. Carattere: dolce, sensibile, spesso ansiosa, ma anche turbolenta e irascibile, quando la situazione lo richiede. MARTA: madre di Lisa, Signora degli Elfi: 40 anni, alta 1 metro e 85, capelli biondi, lunghi appena sotto le spalle. Molto affascinante. Occhi azzurri. Carattere: dolce e decisa, sicura di se stessa, affronta le difficoltà a testa alta, senza timori. Non conosce mezzi termini, è diretta con i suoi interlocutori. Capace di grandi sacrifici, mette il bene del suo popolo come priorità assoluta. BARTOLOMEO: Generale dei Guardiani e Guardiano personale di Lisa. 23 anni, alto 1 metro e 86, capelli castani lunghi fino alle spalle, perennemente arruffati. Non bellissimo, ma affascinante. Veste sempre in modo bizzarro e disordinato. Atletico ma un po’ imbranato nei movimenti, al contrario della maggioranza dei suoi simili. Carattere: sensibile, dolce, passionale, leale, è capace di gesti di grande coraggio e non esita a sacrificare la sua vita per proteggere chi ama. GIANNI: amico e compagno di classe di Lisa, 16 anni. Alto 1 metro e 78, capelli castani corti, a spazzola. Occhi scuri. Atletico e muscoloso, perennemente abbronzato, tiene molto al suo aspetto sempre curato e di bella presenza. Carattere: irascibile, polemico, spesso odioso. Possiede però un coraggio insospettato che lo rende del tutto immune alla paura. PAOLO: amico di Lisa, 16 anni. Alto 1 metro e 80, capelli castani corti sempre spettinati, magro e carino, occhi scuri. Carattere: sensibile e sempre pronto ad aiutare Lisa nelle mille difficoltà in cui incappa e nelle sue insicurezze. Nasconde però un grande segreto… MATILDE: la migliore amica di Lisa, 16 anni. Alta 1 metro e sessanta, carina, capelli rossi lunghi fino alle spalle e ricci, porta gli oc-
chiali. Occhi verdi. Minuta e magrolina, è una secchiona e mette lo studio al di sopra di ogni altro impegno. Carattere: dolce, molto sensibile, ansiosa, paurosa e poco coraggiosa. Non ama assolutamente le forti emozioni e deve sempre essere rassicurata su tutto. MARCUS: Generale dei Guardiani del Passaggio, 35 anni, alto due metri, capelli biondi (quasi bianchi) lunghi e diritti. Occhi grigi. L’essere più affascinante che Lisa abbia mai incontrato nella sua vita. Atletico e robusto, veste sempre in modo impeccabile e curato. Carattere: forte, coraggioso, leale, appare spesso freddo e composto. LUCA: fratello di Lisa, 26 anni, Generale delle Guardie Reali, alto 1 metro e 90, capelli biondi alle spalle. Ha combattuto parecchie battaglie contro il Nero Signore degli Elfi e è il Generale più preparato nei combattimenti e nella difesa personale. Carattere: buono e dolce, mette il bene dei suoi soldati e del suo popolo al di sopra della propria vita. Coraggioso e forte, difficilmente viene preso dallo sconforto. NERO SIGNORE DEGLI ELFI: 40 anni, alto più di due metri, capelli scuri corti, viso sfregiato, occhi scuri, veste sempre di nero. Carattere: irascibile, crudele, odioso, vive con il solo scopo di annientare la famiglia reale. GENERALE GUGLIELMO: perfido Generale del Nero Signore degli Elfi, 40 anni, alto 1 metro e 95, per metà bionico. Occhi bianchi senza pupilla, è spietato e crede fortemente nel potere assoluto del male. Anche lui veste sempre di nero. FILIBERTO: primo ufficiale dell’Esercito Reale, 30 anni, alto 1 metro e 90, capelli castani e corti sempre perfettamente pettinati, occhi scuri. Carattere: preciso, ordinato, freddo, esegue tutti gli ordini che gli vengono impartiti senza battere ciglio. Crede profondamente nella Signora degli Elfi e nella sua politica. LUCILLA: amica di Marta e sua dama personale. 30 anni, piccola e minuta. Brutta. Occhi scuri e capelli neri diritti e lunghi. Carattere: insicura, impaurita, poco loquace. Anche lei nasconde però un grande segreto… LISPOTO: Principe degli Elfi Vampiro, 40 anni, alto quasi due metri, occhi gialli. Aspetto repellente. Veste sempre di nero e nasconde le grandi ali sotto un ampio mantello scuro. Carattere: coraggioso ma crudele, spietato, deciso a raggiungere il potere e ad annientare tutti i suoi nemici. Non conosce la pietà. ANDROMEDA: bibliotecaria e Custode del Sole di Aresil, 25 anni, alta 1 metro e 77, capelli lunghi, argentati e diritti, appartiene al popolo di Aresil. Occhi azzurri. E’ una figura eterea e affascinante, dal
VECCHIO EREMITA: Custode dell’energia verde del Lago di Smeraldo, 70 anni, alto 1 metro e 90, veste in modo eccentrico e proviene dal pianeta Aresil. Carattere: malizioso, poco coraggioso, propenso a vivere nelle profondità del Lago, al sicuro da battaglie e scontri con i cattivi di turno. STREGA MEREDITH: grande amica di Marta, 70 anni, alta 1 metro e 70, brutta, capelli lunghi e grigi perennemente spettinati, veste in modo buffo e disordinato. Conosce la grande magia, anche quella oscura praticata dagli Stregoni. Carattere: forte, indomita, polemica, pungente, ma coraggiosa e temeraria. SIRIO: fratello di Andromeda, ribelle di Aresil. Alto due metri e cinque, biondo, capelli corti, occhi viola, molto affascinate. Robusto ed atletico. Di carattere indomito, ma un po’ altezzoso. Farà di tutto per conquistare il cuore di Lisa… ERIKA: cameriera personale della Signora degli Elfi e di Lisa: Alta e robusta, carattere irascibile e scontroso. Grande amica di Marta, non riesce ad accettare la figura di Lisa che considera altezzosa e egocentrica. GUARDIANI: Guardie personali di Elfi importanti e guardie del Passaggio. GUARDIE REALI: guardie del Palazzo Reale e della famiglia reale. ELFI NERI: soldati del Nero Signore degli Elfi. STREGONI: Elfi che praticano la magia oscura. PADRI DI ARESIL: abitanti del Pianeta Aresil, creatori degli Elfi. Non possono assolutamente intervenire nelle faccende umane e elfiche per modificare gli eventi. VOLCAN: Demoni di fuoco creati per errore dai Padri di Aresil. LE SPIE: di loro, nulla può essere rivelato…
RINGRAZIAMENTI
Questa è sicuramente la parte più difficile: ringraziare cioè tutte le persone che mi sono state vicine e mi hanno aiutata durante il lungo viaggio in compagnia di Lisa Verdi. Però voglio provarci, ve lo devo! Innanzitutto, un grazie sentito va alla mia famiglia, che mi ha sempre sostenuta in ogni istante, anche di sconforto, spronandomi a continuare senza timori o paure infondate. Grazie a tutte le ragazze e i ragazzi del web, in particolar modo a: - Barbara Risoli, fondatrice del “Lìspoto Fan Club”, da me soprannominata “la mitica”; - Claudia Lucchin, fondatrice del “Barty’s Angels fan club” e mia musa ispiratrice; - Alessandra Paoloni, fondatrice dell’ “M.P. Black Fan Club” e di un gruppo in Anobii. Non finirò mai di ringraziarla! - Aylys e il suo forum “Pensieri Tatuati”, un’amica inaspettata! - I lettori di Anobii, numerosissimi e geniali! - Gli utenti di Libero che entrano ogni giorno nel mio blog! Speciali e fantastici! - I partecipanti al forum “Il Club degli scrittori”, e al forum “Fantasy World”. Grazie per le splendide ore che mi fate trascorrere e che, molto spesso, alleviano le mie angosce e i miei dubbi! - Claudia Tonin, fondatrice su Facebook del gruppo “Quelli che leggono M.P. Black” . Ha scritto la prima recensione a “Lisa Verdi e il ciondolo elfico”! - La mia carissima amica Silvia, che mi segue dovunque e ovunque, sostenendomi senza tregua, e che ha accettato con entusiasmo di dare il nome alla “cattivona” della Trilogia! - Marilena Tizian, una delle mie fedeli lettrici dei manoscritti. Grazie per l’accurato editing! - Le bibliotecarie dei Comuni di Pieve di Soligo e di San Pietro di Feletto (Tiziana e Paola), che tanto mi hanno aiutata nella divulgazione dei miei libri, organizzando due splendide presentazioni! Grazie anche alle rispettive amministrazioni comunali.
- A tutti gli autori con i quali ho avuto e continuo ad avere vivaci scambi di opinioni e, in particolar modo a: • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • •
Mario De Martino Antonella Sanna Cristina Contilli Federica D’Ascani Francesca Angelinelli Maria Martino Annamaria Frascaroli Roberto Calcagnile Paola Boni Ivano Manera Marco Tiano Kristle Reed Romina Principato Giuseppe Antoni Patrizia Catenuto Lucia Scarpa Michela Mamprin Maria Dolceamore Carlo Menzinger Giuseppe Pasquali Francesco Cibelli Chiara Guidarini Aislinn Lady Maltras Federico Negro Alessandro Bastasi Massimo Crociati Giovanni Molon
E scusatemi se ne ho dimenticato qualcuno! Siete tantissimi, non posso citarvi tutti! - Alla mia direttrice editoriale, Stefania Lovati, per aver creduto da subito in Lisa. - A Paolo Federici, autore e novello “Pippo Baudo” durante gli “Speed Read”.
Un ringraziamento speciale a Francesca Resta, bravissima autrice dell’immagine in copertina! E all’occhio di Anna Balikova, dal quale la Resta ha preso spunto per disegnare gli occhi di Lisa! A chi ho dimenticato, e a voi, cari lettori, mille grazie!
M.P. Black
UN AIUTO A COLPI DI PENNA &
IL CLUB DEI LETTORI Grazie! TI RINGRAZIAMO PER AVERE ACQUISTATO QUESTO LIBRO, con il quale hai contribuito ad aumentare il fondo di “UN AIUTO A COLPI DI PENNA”, che a fine anno sarà devoluto a scopo benefico a favore di ASSOCIAZIONE DYNAMO CAMP ONLUS terapia ricreativa per bambini con patologie gravi e croniche (www.dynamocamp.org) Vota! INOLTRE, SE VOTERAI ONLINE QUESTO LIBRO parteciperai gratuitamente al concorso IL CLUB DEI LETTORI (www.clubdeilettori.serviziculturali.org) Soddisfatto o “Sostituito” Se la lettura di questo libro non ti avrà soddisfatto, potrai sostituirlo con un altro libro che potrai scegliere dal nostro vastissimo catalogo. (informazioni su www.ilclubdeilettori.com)
I Salotti Vieni a trovarci su “I Salotti”, il nostro grande Social Network. Potrai creare il tuo Social Network personale e condividerlo ne “I Salotti”: www.isalotti.serviziculturali.org Le iniziative sono promosse da: => Zerounoundici Edizioni (www.0111edizioni.com) => ASSOCIAZIONE SERVIZI CULTURALI, che promuove la letteratura italiana emergente ed esordiente (www.serviziculturali.org)