UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI SASSARI FACOLTÀ DI LETTERE E FILOSOFIA CORSO DI LAUREA IN CONSERVAZIONE DEI BENI CULTURALI
Curatorie e chiese medievali. La curatoria del Mandrolisai.
1° Relatore: Chia.mo Prof. Angelo Castellaccio
2° Relatore: Chia.mo Prof. Alessandro Soddu Tesi di laurea di: Maria Alessandra Soddu
Anno Accademico 2010/2011
Introduzione Il presente lavoro a completamento del corso di studi in conservazione dei beni culturali, è evidentemente influenzato dai miei luoghi d'origine. L'essere nata ed avere vissuto in un paese della Barbagia Mandrolisai, attuale regione storica-geografica corrispondente alla antica curatoria del Mandrolisai, è stata condizione che ha sempre, costantemente accompagnato il mio percorso negli studi. Non potevo esimermi quindi dall'indirizzare l'argomento della prova finale e la stesura di questo documento sulla mia regione di provenienza. Per me è sempre stato motivo di interesse lo studio della componente abitativa e dell'insediamento civile nella Sardegna centrale, il suo modificarsi nel tempo, l'evolversi delle strutture sociali e religiose che caratterizzano le piccole realtà paesane. Accanto a questi aspetti permane un forte fascino per gli edifici religiosi, la passione per la storia dell'arte, nelle sue forme sacre e laiche, unita alla possibilità, di incontrare nelle nostre sperdute campagne, caratteristica molto presente in Sardegna, edifici religiosi, spesso di piccole dimensioni ma ugualmente dotati di fascino e in possesso, a volte, di peculiarità di rara bellezza. Con le competenze e gli strumenti acquisiti durante la formazione universitaria, le conoscenze ottenute nell'ambito della storia medievale, in particolare la storia medievale sarda, nel campo della storia dell'arte, dell'archeologia medievale e in tante altre discipline ho ritenuto possibile e meritevole di interesse svolgere un'indagine sul territorio del Mandrolisai in epoca medioevale. Ho ritenuto interessante indagare sull'appartenenza dei paesi della attuale Barbagia-Mandrolisai all'antica curatoria arborense, e sul perdurare di un legame che nonostante il passare dei secoli e il variare dei domini, non è variato nel tempo. Basti considerare che nonostante oggi i paesi presi in esame ricadano tutti all'interno del territorio della provincia di Nuoro, con la sola eccezione di Samugheo, appartenente alla provincia di Oristano, la loro diocesi di riferimento è quella di Oristano. Dal punto di vista dell'amministrazione della giustizia, tutti i paesi elencati ricadono nuovamente sotto la giurisdizione del Tribunale di Oristano.
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Inoltre il dialetto di questi luoghi, prescindendo da disquisizioni linguistiche e glottologiche che non competono a me o allo svolgimento di questo lavoro, presenta lievi caratteristiche del logudorese, mentre dovrebbe esserne fortemente influenzato. Nonostante la localizzazione geografica quindi, il dialetto definisce un propria Koinè linguistica creando un linguaggio che appartiene ad una sotto-categoria definita “limba de mesania” portando ad una commistione tra la parlata campidanese e quella del nuorese. Analizzando le componenti storiche, geografiche ed umane che caratterizzarono questo territorio all'epoca dei giudicati e confrontandolo con le attuali condizioni sociali e geografiche, ho cercato di fare un confronto tra il Mandrolisai medioevale e quello attuale, analizzando i cambiamenti e le inevitabili, a volte irrimediabili perdite avutesi nel corso dei secoli. Prendere in considerazione le innumerevoli caratteristiche della società medievale e le sue tantissime sfaccettature che hanno contraddistinto quel periodo storico è un lavoro imponente, impegnativo e comunque affascinante. Ho quindi preso in considerazione solo un piccolo aspetto di questo periodo, analizzando gli insediamenti urbani e le chiese e la loro distribuzione nel territorio. La maggiore difficoltà nello svolgimento di questa ricerca risiede nella scarsità dei documenti in nostro possesso. Le fonti disponibili a riguardo sono poche, spesso poco fruibili e incomplete, riportanti, spesso, informazioni legate più ai beni delle istituzioni (elenchi di possedimenti delle chiese o dei giudici) che alle reali condizioni della popolazione e allo svolgimento della loro vita sociale. Trattando di un'epoca lontana come quella giudicale, separata dalla nostra era da secoli di dominazioni straniere, con le loro inevitabili e immaginabili conseguenze, si è consapevoli della difficoltà nel raggiungimento di informazioni dettagliate. Il passare degli anni, la perdita o l'incuria degli archivi storici a causa anche della scarsa alfabetizzazione dei compilatori e dei redattori, ha portato ad una inevitabile perdita di documenti o di parte di essi, utili ai fini della ricerca. Per quanto riguarda il mio lavoro ho potuto fare ricorso oltre che all'innumerevole letteratura presente a riguardo, spesso già incontrata nel mio percorso di studi, anche ad alcune fonti edite, tra cui il Condaghe di Santa Maria di Bonarcado e le Rationes Decimarum.
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Non è stato possibile effettuare ricerche negli archivi parrocchiali e municipali, in quanto spesso creati successivamente all'epoca interessata. Il ricorso alle fonti orali, deve essere fatto “cum grano salis” trattandosi di un periodo troppo lontano da noi perché queste ci possano fornire informazioni non corrotte o modificate dallo scorrere del tempo e dagli inevitabili inconvenienti della trasmissione orale. Parte dello svolgimento di questa ricerca è stata fatta sul campo, nei luoghi interessati, con fotografie, ricerche in loco, interviste e percorsi esplorativi nelle campagne al fine di individuare siti scomparsi e ruderi abbandonati. Anche le chiese sono state oggetto di analisi e di ricerche fotografiche. Al fine di facilitare la comprensione del lavoro svolto e degli argomenti trattati, lo si è suddiviso in capitoli. I primi sono dedicati alla Sardegna giudicale e alle sue strutture giuridiche, amministrative e territoriali, con le loro componenti sociali. Successivamente si entra nel dettaglio spiegando le suddivisioni del Regno di Arborea, di cui faceva parte allora la curatoria del Mandrolisai e la suddivisione diocesana del territorio con le chiese che vi appartenevano. Ho ritenuto importante soffermarmi brevemente sulla viabilità dell'epoca per dare un'idea il più possibile completa di tutte le caratteristiche del territorio in questione cercando di spiegare la scarsità delle vie di comunicazione e le difficoltà degli spostamenti delle popolazioni. Fondamentale è la descrizione delle fonti a cui ho attinto per lo studio del soggetto, in particolare il Condaghe di Santa Maria di Bonarcado e il trattato di pace di Eleonora d'Arborea del 1388. Ho trovato utile, inoltre, inserire in appendice la descrizione dei paesi e della zona presa in esame che si trova nel Dizionario geografico – storico – statistico – commerciale degli stati di S. M. il Re di Sardegna di Angius e Casalis della meta' del secolo XIX per un raffronto delle trasformazioni avutesi nel corso dei secoli. Gli ultimi capitoli portano al nucleo centrale del lavoro dove, con l'ausilio di immagini, carte topografiche e fotografie, ho cercato di spiegare in maniera il più possibile esaustiva ed accessibile, lo stato attuale delle chiese e dei paesi al centro della mia ricerca. Con l'ausilio di brevi schede informative si è cercato di dare un quadro di insieme che possa fornire una piccola e piacevole fotografia d'insieme della mia zona di 4
origine, dando maggiore rilevanza ad alcuni particolari luoghi che hanno conservato il loro valore storico ed artistico, tramandandoci opere rappresentative di quel periodo e di quei luoghi. Ancora oggi, armandosi di pazienza e curiosità , è possibile avvicinarsi a questi luoghi cercando di scorgere nelle popolazioni e nel territorio le influenze e le memorie di questo affascinante periodo storico.
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I regni giudicali In epoca giudicale la curatoria 1 del Mandrolisai faceva parte del Regno di Arborea.2 Non si possono conoscere bene le ville3, le chiese e il territorio di questa curatoria senza conoscere l'organizzazione statale che la società sarda si era data in questo periodo, pur cui si ritiene importante descrivere i quattro regni giudicali 4 in particolare quello di Arborea. La nascita e lo sviluppo dei giudicati sono il risultato di un complesso processo di fusione e di cambiamento nei rapporti interni alla società isolana ed alle influenze esterne che si ebbero a partire dal secolo IX. Un ruolo primario ai fini dell'evoluzione delle precedenti istituzioni bizantine 5, presenti nell'isola da secoli, lo ebbe la rottura dei rapporti con Bisanzio e il conseguente vuoto di potere venutosi a creare. La crescente pressione esterna esercitata dalle scorrerie arabe e l'interesse per l'isola da parte di vari soggetti presenti nell'ampio scenario mediterraneo, interesse che la Sardegna ricambia ampiamente, porteranno ad un processo di trasformazione della società e delle istituzioni. Un processo che sfocia nella nascita di una nuova realtà politica: i Giudicati, che possono essere considerati tra le più originali forme di governo medievali. Come si è giunti alla divisione in quattro regni del territorio sardo da una situazione di unitarietà del periodo bizantino è un argomento di enorme interesse ma che non può essere affrontato in poche righe. Purtroppo la scarsità di fonti che documentano questo interessante periodo non ci ha permesso di completare in maniera esaustiva alcuni vuoti.
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La curatoria era il distretto amministrativo in cui erano divisi i regni della Sardegna giudicale, nel meridione dell'isola detti anche partes. Vedi in:CASULA F. C., La storia di Sardegna, Voll. I-III, 1994, Sassari, pag.450. 2 Uno dei quattro regni in cui era divisa l' isola in epoca medievale. CASULA F. C., La storia di Sardegna..., pag. 445. 3 Centri abitati più importanti delle curatorie. Le attuali biddas o paesi. BOSCOLO A., La Sardegna dei giudicati, 1979, Sassari, p. 12. 4 I quattro regni erano quelli di Gallura, Torres, Arborea e Cagliari. 5 La Sardegna era una provincia dell'Impero Bizantino fino al secolo VIII. Era governata da un Praeses, detto anche iudex provinciae, con incarichi civili che risiedeva a Cagliari e da un dux con compiti militari che risiedeva a Fordongianus (Forum Traiani). 6
Illustrazione 1: Carta dei regni Sardi Nonostante la mancanza di documenti, spesso scambiata per arretratezza e isolamento, si è giunti comunque alla scoperta di una Sardegna in contatto con le realtà politiche e religiose dell'epoca6, non chiusa nel suo isolamento, una Sardegna niente
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Rapporti epistolari tra Chiesa e giudici sardi nel secolo XI per l'invio in Sardegna di monaci benedettini. BOSCOLO A., La Sardegna dei giudicati..., pp. 15-17. 7
affatto estranea alla scena europea delineatasi dopo il crollo dell'impero romano d'Occidente. Un dato ormai assodato è che, nella seconda metà del XI secolo, quando compaiono i primi documenti, la Sardegna è divisa nei regni di Torres, Gallura, Arborea e Cagliari, Stati medievali costituiti da quattro fondamentali elementi: nazione, territorio, vincolo giuridico e sovranità, Stati dotati di “summa potestas7” nazionale e internazionale e “non recognescentes superiorem8”. La divisione in quattro regni, con caratteristiche simili e con numerosi tratti di unitarietà, ognuno con elementi propri anche se con tratti comuni agli altri, consente di comprendere quanto fosse progredito il livello della società sarda in questi anni: il concetto dell'individualità dello Stato, distinto dalla concezione patrimoniale del singolo sovrano giudicale. Questo infatti non era proprietà del re, bensì conservava i propri caratteri di soggetto a prescindere dalla volontà del sovrano che era sì investito del titolo di rex9 ma era sottoposto alla volontà popolare. Il regno era in effetti uno Stato sovrani e perfetti, con summa potestas, ovvero non riconoscenti cioè nessuna autorità al di sopra di se e aveva la possibilità di stipulare accordi internazionali; questa caratteristica rappresenta un fattore di grande modernità rispetto ai contemporanei regni europei. La sovranità del popolo era espressa con le assemblee dello Stato dette Coronas de Logu10 e le assemblee collegiali territoriali le Coronas de Curatorias11. Va detto che per popolo e per volontà popolare si intende una piccola parte della società giudicale, conformata a struttura piramidale, dato che solo un terzo dell'intera popolazione era dato da uomini liberi, laici e religiosi. I restanti due terzi della popolazione erano dati dal ceto servile. Le assemblee popolari esprimevano dunque la volontà di una piccola parte dell'intera popolazione. 7
La facoltà di stipulare trattati internazionali. CASULA F:C., La storia di Sardegna..., p. 447. Non riconoscevano nessuno al di sopra di sé. CASULA F:C., La storia di Sardegna..., p. 447. 9 Iudex sive rex, giudice o Re. Giudice, nel significato di sovrano è la definizione utilizzata in lingua italiana per tradurre dal volgare sardo la parola judike. CASULA F:C., La storia di Sardegna...,, p. 445. 10 Assemblee giudiziaria presieduta dal giudice. SODDU A., I Vandali, Bisanzio e il Medioevo dei Giudici (476-1323), in La Sardegna. Tutta la Storia in mille domande, a cura di Manlio Brigaglia, 2011, Sassari, p. 37. 11 Consigli che rappresentavano localmente l'autorità giudicale. Eleggevano i propri rappresentanti alla Corona de Logu. SODDU A., I Vandali, Bisanzio e il Medioevo dei Giudici (4761323)... , p. 35. 8
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L'organizzazione giudicale, solo apparentemente incentrata sul sovrano, si basava su due principi essenziali: la partecipazione dei sudditi al governo dello Stato e il decentramento di alcune funzioni governative e di certi poteri a pubblici ufficiali di nomina regia. Il principio della partecipazione dei sudditi al governo del regno si manifestava all'atto stesso dell'elezione del sovrano che, sotto giuramento, si impegnava ad ascoltare e seguire il parere dell'assemblea in tutte le decisioni più importanti. Si impegnava inoltre a non cedere alcun territorio o castello reale facenti parte del patrimonio pubblico detto Rennu12, diverso da quello dei propri beni privati detti de pegugiare, si impegnava in più a non stringere alleanze senza l'approvazione del popolo. In caso di mancato rispetto di questi accordi la Corona poteva destituire e addirittura legittimamente giudicare il re; si evince quindi che il potere del re è limitato ed è strettamente legato all'approvazione della Corona. Il sovrano era il garante degli equilibri collettivi fondati sul diritto ed era a capo del regno con l'esercizio dei poteri sovrani sul territorio, ma sempre sotto la supervisione della collegialità popolare. I giudicati si caratterizzarono quindi fin dall'inizio come stati super individuali in quanto la sovranità dello Iudex, benché ereditaria (era scelto infatti dalla Corona de Logu tra le casate regnanti, spesso imparentate tra loro, con un sistema misto ereditarioelettivo, che prediligeva la linea diretta maschile, ricorrendo in mancanza di eredi maschi alla linea femminile ma solo come portatrici del titolo, non regnanti.), non sorgeva solo da una legittimazione superiore (per gratia Dei – po boluntate de donu Deu13) ma dall'approvazione del popolo, o meglio dei suoi rappresentanti, che affidava al giudice il potere, tramite il giuramento del bannus consensus14, la concessione cioè del potere in cambio del rispetto delle prerogative popolari. Tutto ciò avveniva tramite la Corona de Logu, l'assemblea deliberativa che formalizzava l'investitura del re in una cerimonia officiata dal vescovo, con la
12 Beni del demanio pubblico. SODDU A., I Vandali, Bisanzio e il Medioevo dei Giudici (4761323)..., p. 36. 13 “...per grazia Divina. Per volontà del Signore Iddio...”CASULA F:C., La storia di Sardegna..., p. 448. 14 Patto col popolo sulla base del quale governava il Giudice. Venuto meno questo, il sovrano poteva essere detronizzato ed anche legittimamente ucciso dal popolo medesimo, senza che questo incidesse sulla trasmissione ereditaria del titolo all'interno della dinastia regnante. CASULA F:C., La storia di Sardegna..., pp. 447, 449.
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confirmatio15 del popolo, rappresentata materialmente con la consegna del baculum regale16 (uno scettro). L'altra grande caratteristica nel regno giudicale, un principio fondamentale nell'organizzazione del regno è il decentramento dei poteri, il vero e proprio fiore all'occhiello di questa forma di governo. Il re e le Corone erano aiutati nell'espletamento dei loro doveri da questa complessa ma funzionale struttura burocratica, divisa in centrale e periferica, cosicché anche la più piccola o lontana parte del regno fosse parte attiva della vita di governo. Il principio del decentramento si basava sulla suddivisione del rennu in curatorie. Ogni curatoria era formata da un certo numero di ville, paesi o villaggi rurali. La villa rappresentava il centro rurale,dove risiedeva una parte degli abitanti del regno. Era il centro abitato indipendente dai grandi proprietari laici ed ecclesiastici. Il territorio della villa, o fundamentu, comprende una gran parte di terra detta populare che apparteneva a tutta la comunità divisa periodicamente secondo le necessità e coltivata a grano, fave o lasciata incolta seguendo la rotazione triennale unendo anche la coltivazione a debbio, l'incendio cioè delle stoppie, dei residui cultuali e della vegetazione per fertilizzare i campi, una pratica rudimentale di miglioramento dei pascoli. Il territorio comprende anche ampi saltus17, terreni incolti, boschi e pascoli comuni per il bestiame. Oltre le ville vi sono diversi tipi di insediamenti agricoli e pastorali: donnicalie18, domus19, curtis20 e domestias21. Le ville più grosse di una curatoria, o quelle forse le cui terre appartengono alle famiglie più importanti diventano capoluogo di curatoria e sede del curatore. A capo di ogni curatoria stava il curatore, il funzionario locale di più alto grado. Di nomina regia e spesso appartenente alla famiglia del giudice, la sua carica era limitata nel tempo. 15
Designazione ufficiale che consegnava al giudice il potere. CASULA F:C., La storia di Sardegna..., p. 448. 16 CASULA F:C., La storia di Sardegna..., p. 448. 17 BOSCOLO A., La Sardegna dei giudicati..., p. 12. 18 Aziende agricole di variabile grandezza. SODDU A., I Vandali, Bisanzio e il Medioevo dei Giudici (476-1323)..., p. 61. 19 Centro agricolo minore, dotato di bestiame e servi. BOSCOLO A., La Sardegna dei giudicati..., p. 12. 20 Piccole strutture insediative. SODDU A., I Vandali, Bisanzio e il Medioevo dei Giudici (4761323)..., p. 61. 21 Piccole strutture insediative. SODDU A., I Vandali, Bisanzio e il Medioevo dei Giudici (4761323)..., p. 61. 10
Sovrintendeva all'esazione della tasse, controllava l'operato degli altri funzionari regi nel suo territorio, si occupava dell'amministrazione della giustizia e del buon andamento del proprio distretto amministrativo, nominava i funzionari subalterni. Nell'amministrazione della giustizia era assistito da un tribunale chiamato Corona de Curatoria e poteva occuparsi di tutte le cause, sia civili che penali. A capo di ogni villa invece vi era il Majore de villa22 che aveva incarichi di polizia, sovrintendeva alla sorveglianza del bestiame in modo che non recasse danno ai campi coltivati,amministrava la giustizia per i reati minori coadiuvato da una corona locale. Era nominato dal curatore e la sua carica era limitata nel tempo.
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BOSCOLO A., La Sardegna dei giudicati..., p. 10. 11
Giudicati e curatorie
Illustrazione 2: Giudicati e curatorie. Ciascun giudicato era formato da un certo numero di curatorie, variabili nei tempi e in base all'estensione del regno. Il giudicato di Cagliari era diviso in 16 (poi 17) curatorie ed andava dalla costa occidentale dell'isola, confinante con il giudicato di Arborea, fino al Gennargentu, confinando con i giudicati di Torres e Gallura.
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Ognuna di queste curatorie aveva un numero di ville che variava in base all'ampiezza del territorio e alla densità abitativa; si andava dalle otto ville della curatoria di Colostrai (negli attuali comuni di Muravera e di San Vito) alle 52 ville della curatoria del Campidano (Cagliari e hinterland sino a Villasimius). Nel Regno di Torres (o Logudoro) che si estendeva nella parte nord occidentale dell'isola, confinante a sud con il Regno di Arborea, una piccola porzione a sud-est con il giudicato di Cagliari e a est con il Regno di Gallura, le 19 curatorie che lo componevano erano a loro volta formate da un numero di ville che oscillava dalla piccolissima curatoria di Ulumetu (attuale Olmedo), appena quattro ville, alle 33 ville della curatoria di Anglona (attuale Castelsardo, Tergu, Bulzi). Il Regno di Gallura, il più scarsamente popolato con una popolazione di forse non più 50.000 persone rispetto alle circa 100.000 degli altri tre regni, si estendeva nella parte nord orientale dell'isola, confinando ad ovest con il Regno di Torres e a sud est con il Regno di Cagliari. Ovviamente questi confini non sono precisissimi e sono suscettibili di variazioni, come nel caso di questo regno che dopo la sconfitta da parte pisana del Regno di Cagliari nel 1258 ne inglobò un terzo del territorio. Le curatorie che formavano su logu23 della Gallura erano 11 o addirittura 10 se si dovesse avere conferma che la Barbagia di Bitti facesse parte del Regno di Torres. Anche qui si avevano curatorie piccole come quella di Canahim (nel territorio di Luogosanto) con appena quattro ville oppure vi erano curatorie come quella di OroseiGaltellì che comprendeva ben 30 ville (nell'attuale Baronia). Il Regno di Arborea che aveva il doppio della superficie dell'attuale provincia di Oristano, modificò anche esso i propri confini con la caduta del Regno di Cagliari (1258) e del Regno di Gallura (1288) e con le guerre con il Regno catalano-aragonese fino alla caduta del regno nel 1420. Comprendeva parte della pianura del Campidano, e le montagne delle Barbagie e del Mandrolisai. La capitale del Regno di Arborea era Oristano, prima era Tharros fino al 1070, spostata dal giudice Orzocco I de Lacon Gunale. L 'estensione del regno era di circa 5000 Kmq ed era abitato da meno di 100.000 persone fra liberi e servi.
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Il regno. BOSCOLO A., La Sardegna dei giudicati..., pag.10. 13
Le curatorie arborensi
Illustrazione 3: Il giudicato di Arborea.
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Le curatorie arborensi erano 13, da quella di Bonorzuli con 29 ville alla piccola curatoria del Mandrolisai con nove ville che è oggetto di questo studio.
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Barbagia di Belvì
Capoluogo Belvì
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Barbagia di Ollolai
Capoluogo Ollolai
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Barigadu
Capoluogo Forum Traiani poi Busachi
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Bonorzuli
Capoluogo Bonorzuli poi Terralba
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Campidano Maggiore
Capoluogo Solarussa
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Campidano di Milis
Capoluogo Milis
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Guilcer
Capoluogo Abbasanta
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Mandrolisai
Capoluogo Sorgono
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Montis
Capoluogo Gonnostramatza poi Mogoro
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Marmilla
Capoluogo Barumini poi Baressa
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Simaxis
Capoluogo Simaxis
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Usellus
Capoluogo Usellus
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Valenza e Barbaxiana
Capoluogo Laconi
Il Regno o “su logu” di Arborea era protetto da 14 castelli, alcuni dei quali costruiti per difendere i confini, altri posti ai piedi della Barbagie, altri eretti per salvaguardare importanti territori o vie di comunicazione.
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ViabilitĂ nell'Arborea giudicale
Illustrazione 4: Principali vie di comunicazione della Sardegna giudicale.
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Non si hanno notizie dirette sullo stato della viabilità nella Sardegna giudicale, come se ne hanno invece per altre regioni italiane, che riguardino direttamente dei tratti di strada o di ponti, percorsi, pedaggi, passi e punti di frontiera. La viabilità maggiore era quella che ricalcava l' antico tracciato romano, quindi il principale asse era quello che collegava Cagliari a Porto Torres. Gli altri importanti assi viari dovevano essere la litoranea orientale, la strada interna di penetrazione militare e di controllo della Barbagia e la litoranea occidentale con le loro grandi diramazioni in strade principali e secondarie che collegavano tra loro le ville giudicali. A volte indicazioni utili o addirittura descrizioni minuziose di piccoli o grandi appezzamenti di terreno, comprendenti tratti di strada, si possono trovare, casualmente inseriti in documenti di natura e argomenti diversissimi tra loro. Non sempre, tuttavia, è possibile riconoscere il territorio e dunque utilizzare la notizia. Ciò rende molto lacunosa la conoscenza delle strade e delle loro condizioni e ancor più difficile è colmare questa lacuna. Si può tuttavia supplire alle scarse testimonianze documentarie, con altri generi di testimonianze che utilizzano gli strumenti dell'archeologia medievale (la localizzazione di centri abitati, la pedologia, la fotografia aerea ecc.). Ad esempio, per ricostruire una mappa stradale, può essere utile la localizzazione dei castelli, spesso costruiti a guardia delle strade più importanti o che, al contrario, davano il via alla costruzione di nuovi centri e quindi di nuove strade. È da considerare che molti centri erano collegati fra loro non da vere e proprie strade, ma da viottoli e tratturi appena segnati; è però verosimile che almeno i capoluoghi delle curatorie e dei centri più importanti o sedi di corona, fossero collegati da vere e proprie strade. Il venire percorse da carri e cavalli, il loro abbandono agli agenti atmosferici, l'invase del bestiame lasciato pascolare allo stato brado, non potevano certo contribuire a rendere ottimale lo stato delle strade. Il problema della sicurezza delle vie di comunicazione è uno dei problemi più importanti, insieme a quello della loro periodica manutenzione. Nel tempo nuovi nuclei di abitazioni divennero villaggi o centri urbani di qualche importanza che fiorirono o al contrario si spopolarono sull'onda di passeggere fortune o di lunghe carestie, pestilenze e catastrofi di varia natura. Queste continue mutazioni comunque aprivano e sviluppavano nuovi intrecci di strade. 17
Le diocesi di Arborea Le diocesi del regno arborense erano S. Giusta, Usellus e Terralba, dipendenti dall'Archidiocesi di Oristano. L 'Archidiocesi di Arborea o Oristano con sedi in Tharros e poi in Oristano, aveva giurisdizione sulle ville delle curatorie di Campidano Maggiore, Campidano di Milis, Simaxis (esclusa l'isola diocesana di Santa Giusta-Palmas Arborea) Barigadu, Barbagia di BelvĂŹ, Mandrolisai e Valenza-Barbaxiana. La diocesi di Santa Giusta con sede vescovile in territorio diocesano di Arborea (che le si era sovrapposto nel 1070) aveva giurisdizione sulle curatorie di Barbagia di Ollolai, Barigadu e Guilcer. La diocesi di Usellus con capoluogo Usellus (in pratica Ales) con giurisdizione sulle ville della Marmilla e di Usellus. La diocesi di Terralba con capoluogo Terralba con giurisdizione sulle ville delle estese ma poco popolate curatorie di Bonorzuli e Monti. La scarsezza di documentazione non ci permette di conoscere nel dettaglio la diffusione e la capillaritĂ delle strutture ecclesiastiche di base (plebanie 24, rettorie25 e cappelle26) e la loro coincidenza con i nuclei abitativi. Un esame dei dati che emergono dalle Rationes decimarum Italiae Sardinae
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relativi agli anni 1341 e 1342, ci presenta ben 72 tra plebanie e rettorie, tutte operanti e fornite del loro titolare, nel territorio che comprendeva le diocesi di Torres (lo spostamento ufficiale della sede a Sassari avvenne solo nel 1441) di Ploaghe e di Sorres. In quello stesso territorio che comprendeva allora un centinaio di ville, agli inizi del Seicento non si sarebbero contate che 39 parrocchie, comprese le 5 della cittĂ di Sassari. Questi dati ci potrebbero far pensare ad una presenza ecclesiastica forse solo leggermente diradata, ma quest'ultimo quadro sarebbe accettabile solo se fossimo sicuri che le Rationes decimarum pervenuteci, riportassero tutte le plebanie e rettorie, ma potrebbe non essere cosi. 24
Chiesa parrocchiale rurale,dalla quale dipendono altre chiese filiali. Chiesa senza funzioni di parrocchia. 26 Piccola chiesa sia isolata, sia adiacente o incorporata ad altro edificio di culto. 27 Era il registro delle decime che venivano riscosse dalla Chiesa. Questo registro permette di avere numerose informazioni sia sulle parrocchie, sia sui singoli paesi, contenendo indirettamente dati storici sull'esistenza degli stessi. BOSCOLO A., Le fonti della storia medievale. Orientamenti, 1979, pag.75-76. 25
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Nel caso appena esaminato appare visibile una quasi coincidenza tra parrocchie e ville ma la situazione nel territorio della diocesi di Arborea e di Santa Giusta appare ben diversa. Su un totale di quasi 150 ville di cui conosciamo l'esistenza, le Rationes decimarum riportano i nomi di appena una sessantina di chiese. Ciò che colpisce, non è soltanto l'omissione di tante ville negli elenchi riportati dalle Rationes, ma il fatto che alle quarantasette parrocchie comprese nell'antica circoscrizione della diocesi arborense facciano riscontro soltanto trentatré ecclesiastici impegnati nella cura animarum; una decina di essi infatti sono rectores di più ecclesiae, i più ne hanno due, alcuni tre, altri addirittura quattro e neanche molto vicine tra loro (Meana, Tonara, Leonissa e Spasulè). Nel seguente documento, estratto dalle Rationes decimarum del 1341, possiamo infatti notare che il sacerdote Gregorio de Liusque è il rettore delle chiese di San Bartolomeo di Meana, di Sant'Anastasia di Tonara e della chiesa di Santa Maria sita in Leonissa per i parrocchiani della villa di Leonissa e di Spasulè. Item anno (1341) et pontificatu predictis. (Clementis pape VI) Die XVII iannuarii habui et recepi Per manum dicti domini Philippi (Philippi macelli canonici arborensi) Pro soluzione dictarum decimarum A presbitero Gregorio de Liusque Rectore ecclesiarum S. Bartholomei de Ville Meane, S. Anastacie de Villa Tunare et S. Marie de villa Laonisse et Spasulee arborensis diocesis lib 1 sol. XVI, den. VI
Appare evidente come Santa Maria fosse la chiesa principale del paese di Leonissa, mentre non distante, ma neanche vicinissimo, vi era il villaggio di Spasulè, senza più officiante religioso e quindi associato, negli uffici religiosi, alla chiesa di Santa Maria. Ci si deve vedere, forse, un indizio che l'organizzazione ecclesiastica nell'isola non fosse così capillare come nella diocesi di Torres?
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Una tale spiegazione potrebbe soddisfare, in quanto l'aggregazione di piÚ ecclesiae ad un solo titolare, sembra essere un fenomeno circoscritto all'antica diocesi arborense. Quali che fossero le ragioni di questi vuoti nel clero che esercitava la cura animarum, non si può non richiamare l'attenzione sulle conseguenze che questa situazione dovesse avere sulle popolazioni. Le numerose chiese isolate in piena campagna, o i loro ruderi, confermano l'importanza di un fenomeno di dispersione che i documenti lasciano intravedere solo confusamente.
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Il condaghe di Santa Maria di Bonarcado La fonte più importante per le notizie riguardanti il Giudicato di Arborea è il Condaghe di Santa Maria di Bonarcado che raccoglie la registrazione di atti e memorie relativi alla vita del monastero benedettino camaldolese di Bonarcado, dipendente dalla badia camaldolese di San Zeno di Pisa. I Condaghi sono fonti di grande rilevanza per la ricostruzione della storia sarda del Medioevo, nello specifico della storia economica e sociale della Sardegna giudicale. Sono inoltre un grandissimo bacino di informazioni per studi filologici, linguistici, glottologici e diplomatistici. Tra i condaghi più noti abbiamo, oltre a quello di Santa Maria di Bonarcado redatto in sardo nella variante arborense, quelli di San Niccolò di Trullas, di San Pietro in Silky, anche essi in sardo nella variante logudorese e di San Michele in Salvenor, giuntoci in una traduzione castigliana del Cinquecento. La parola condaghe deriva dal greco Kontakion, termine indicante il bastoncino intorno al quale si avvolgeva la pergamena; successivamente designava la pergamena stessa ed il suo contenuto. Quando si passò a trascrivere tali contenuti, la parola condaghe indicò il codice stesso che conteneva, trascritti e raccolti, tali atti e memorie. Con il nome di Condaghe di Santa Maria di Bonarcado si fa riferimento al manoscritto 277 custodito nella Biblioteca Universitaria di Cagliari. Si tratta di una collazione di documenti, inquadrabili cronologicamente dagli inizi del XII alla metà del XIII secolo che presentano le trascrizioni degli atti relativi ai movimenti patrimoniali del monastero di Santa Maria di Bonarcado. Il documento più antico risale al 1100; l'ultimo fascicolo del codice contiene atti e annotazioni dei secoli XII e XIII. Dal più antico documento presente nel "Condaghe di Santa Maria di Bonarcado", databile appunto intorno al 1110, apprendiamo che i frati Benedettini si insediarono a Bonarcado proprio in quella data. Tale documento attesta che il giudice d'Arborea Costantino I de Lacon-Serra, con la moglie Anna de Zori e con il consenso dell'arcivescovo di Oristano, istituì una donazione e un cenobio in onore della Trinità e della Vergine Maria madre di Dio.
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Il cenobio venne affidato all'abate camaldolese di San Zeno di Pisa, con l'impegno di inviare propri monaci a reggere e ad amministrare il monastero in onore di Dio, Santa Maria, San Benedetto e San Zeno. La nuova fondazione comprendeva nove chiese e beni vari, quali uomini (servi e ancelle), terre coltivate, vigne, aree boschive, pascoli e bestiame Da altre due pergamene del "Condaghe di Santa Maria di Bonarcado", databili probabilmente al 1146-1147, apprendiamo la data di consacrazione della chiesa camaldolese. I due documenti ci informano del fatto che il giudice d'Arborea Barisone I de Lacon-Serra accrebbe i possedimenti del monastero con nuove donazioni in occasione della solenne consacrazione della "clesia nuova" di Santa Maria, a cui presero parte l'arcivescovo arborense Comita de Lacon e i vescovi suffraganei 28 Paucapalea, Alibrandino di Terralba, Murrello di Usellus. All'evento presero parte anche l'arcivescovo di Torres Azzo con un suo vescovo, Mariano Thelle di Bisarcio, la popolazione e i rappresentanti delle curatorie arborensi, l'arcivescovo di Pisa Villano (in qualità di legato pontificio) e i giudici degli altri tre giudicati di Sardegna; Costantino-Salusio III di Cagliari, Gonnario di Torres, Costantino III di Gallura. Il Condaghe di Santa Maria di Bonarcado, dove i monaci annotavano con precisione tutta la vita economica della badia, riporta quindi le notevoli vastissime ed estese proprietà dei camaldolesi. Tali proprietà si estendevano per un'area che dall'attuale paese di San Vero Milis giungeva fino al territorio di Austis, dal Campidano alla Barbagia, includendo anche marginalmente il territorio del Mandrolisai. Nelle schede n°66 e n°98 del Condaghe di Santa Maria di Bonarcado si trovano informazioni concernenti la curatoria del Mandrolisai. La prima scheda tratta l'acquisizione di un saltu da parte del Monastero di Santa Maria di Bonarcado, avvenuta in diversi momenti e ad opera di differenti soggetti.
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Il termine designa un attributo dei vescovi che dipendono da un Metropolitano, cosiddetti perché aiutano il superiore nell'esercizio del suo ministero spirituale. 22
66 CARTA DE GILCARE IN NOMINE DOMINI. AMEN. In gratia de Deus et de sanctu Agustinu et de donnu meu iudice Dorgotori, ego prebiteru Petru de Pau faço recordatione pro saltu de Gilcare. Abiat ibe regnum quindeci sollos. Benni iudice Cerkis ad Agustis: sos dege sollos dedillos a sanctu Augustinuet issos ·V· dedillos a sanctu Iorgi de Azara. Abiat ibi Comita Zancuti ·X· sollos: comporaivelli ·VIIII· sollos, et issu de dece positivillu a sanctu Augustinu pro anima sua. Abiat ive in icussu saltu ·V· sollos Zipari de Ruinas, ki fuit curatore, et teniat in Agustis. Abiatillu ad Artace porcariu su curatore; furedi Artace porcos de sanctu Augustinu. Bennit iudice Dorgotori ad Augustis, tenni corona de logu et vinkillu assu curadore, et dedimi sos ·V· sollos ki aviat in icussu saltu prossu servu ki furarat sos porcos de clesia cun iurandonde Stephane su porcariu de clesia. Et est su saltu dava su riu de sos alinos, ubi est su kerku maore; et est totu puspare ·XXX· sollos; et alteru homine non i at bias in icussu per ista + [cruke].
L'acquisizione del terreno inizia attraverso una donazione del giudice Cerkis che si reca ad Austis (Agustis) e dona una porzione di terra del valore di dege sollos alla chiesa di Sant'Agostino e un'altra porzione più piccola, del valore di V sollos, a san Giorgio di Atzara. Quindi il patrimonio si arricchisce grazie all'acquisto di un'altra porzione di territorio del valore di VIIII sollos, da un certo Comita Zanuti, che aggiungerà un altro sollu come donazione per la salvezza della propria anima (pro anima sua). In un certo momento, verosimilmente dopo molti anni, il giudice Dorgotori, probabilmente figlio del giudice Cerkis, si reca ad Agustis e convoca la corona de logu dove, fra i diversi argomenti, si tratta anche del caso di un furto di maiali da parte di Artace porcariu, forse il servo del curatore Zipari di Ruinas, comunque il suo porcaro. Grazie alla testimonianza del porcaro della chiesa (verosimilmente di Sant'Agostino) il curatore viene condannato e come pena darà al monastero la porzione di territorio del valore di V sollos che possedeva nel saltu de Gilcare. Alla fine il monastero e le chiese ad esso collegate avranno un appezzamento del valore totale di XXX sollos.
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Dalla scheda n°98 si hanno le seguenti informazioni: EGO GORDIANUS, vicarius de Bonarcadu, facio recordatione pro homines c’aviamus in pari cun s’archipiscobu Bernardu d’Arbaree. Zuigirido fuit serbu de sanctu Agustino d’Austis: coiuvedi cun Maseda, ancilla de sanctu Iorgi d’Açara. Fegerunt ·IIII· fiios. Sancta Maria de Bonarcadu levedi ad Jedida et a Furadu cun fiios cantos aviant et furunt de fager. Et sancta Maria d’Aristanis levedi a Torbini et a Furada cun fiios cantos adviant et cantos furunt de fager in sempiternum. Et sunt testimonios: primus Deus et sancta Maria et issu armentariu donnu Salusi et donnu Barusone arbarigesu curadore de Mandra Olisay, et donnu Goantine prebiteru d’Austis et donnu Petru Cabru prebiteru de Leonissa et donnu Leonardu mandadore de Tonara, et Samaridanu mandadore de Bonarcadu, et Goantine Marki clerigu et totu sa gorona.
L' argomento trattato è una divisione di servi fra il monastero di Santa Maria di Bonarcado e l'Archidiocesi di Oristano. Un servo di Sant'Agostino di Austis, chiesa evidentemente affiliata al monastero camaldolese, si sposò con una serva della chiesa di San Giorgio in Atzara, parrocchia guidata dall'Archidiocesi di Oristano . Zuigirido e Maseda ebbero quattro figli che secondo le leggi in vigore nel Regno di Arborea, furono suddivisi tra le due amministrazioni proprietarie. Al monastero di Bonarcado andarono Jedida e Furadu con i rispettivi figli, mentre alla diocesi di Oristano spettarono Torbini e Furada con i rispettivi figli. Si può ipotizzare che i servi continuassero a prestare servizio nelle chiese di Austis e Atzara, secondo la divisione accordata ma non si hanno ulteriori e più precise informazioni a riguardo. All'atto parteciparono diversi testimoni, fra cui il curatore del Mandrolisai, Donnu Barusone Arbarigesu Curadore de Mandra Olisai, il prete di Austis, Donnu Goantine prebiteru d'Austis e il prete del villaggio di Leonissa, Donnu Pedru Cabru prebiteru de Leonissa.
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Il trattato di pace di Eleonora Il 24 gennaio 1388 dopo lunghe trattative fu firmata una pace tra CatalanoAragonesi ed Arborea. L’atto fu firmato da tutti i rappresentanti istituzionali dello stato; in ogni curatoria venne redatto un documento con le sottoscrizioni dei maiores de villas e di altri testimoni alla presenza di un notaio, documento che dava valore quindi alle firme dei rappresentanti, in questo caso a quelle degli abitanti della curatoria del Mandrolisai e della curatoria di Belvì. Il documento per ciò che riguarda il Mandrolisai, così recita: «…Et ego Jacobus de Sii habitator ville de Solgono actor et procurator universitatis Curatoriarum de Mandraholisay et de Barbagie de Bilbi habens plenam et legitimam potestatem faciendi subscripta similem et talem qualem habent sindaci actores et procuratores Aristanni civitatis predicte desuper insertam hoc est ab universitate Curiatoriarum predictarum seu Joanne Pinna locumtenente officialis Curiatoriarum predictarum pro dna judicissa jamdicta: Francisco Piçalis Majore de villa de Solgono Joanne Cece Petro de Asenu Flore Piçalis Mariano Teneru Gonario de Casta Saltaro de Serra Ioanne de Corona Gasparo de Curcas Salvadu de Murtas juratis ville ejusdem ac Gonnario Mancha Gonnario de Serra Comita Cathellu Comita Marras Gonnario Marchio Fuliatu Moci Ioanne de Corongiu Guantino de Marongiu Benedico Calba Moncone de Serra Nicolao de Serra Petro de Ligios Comita Polla Mariano Orgolesu Arsocco Marras G. de Yana et Petro de Marongio habitatoribus ville proxime dicte. Item a Lotto de Serra Majore ville de Açara Juentinu de Martis Mariano de Sori Barsolo Marras et Guillermo Marras juratis ville ejusdem ac Ioanne Sarai Mariano Sarrau Guantino Maneli et Barzolo Albay comorantibus in villa proxime dicta. Item ab Arsoccio Chironi Majore ville de Spasulee Gonnario de Serra Laurenzio Fulla et Gonnario de Corongiu juratis ac Georgia Lecha Parasono de Serra Barsolo Fulla et Petro Uda habitatoribus ville proxime dicte. Item a Mariano de Ligia Majore ville de Meana Suachesu Carta Petro Pelle et Ioanne Caponi juratis ac Petro de Naitan Gonnario Urru Petro Lepori Barisono Seche et Guantino Tacula habitatoribus ville proxime dicte. Item a Baldosino de Sori Majore ville de Tonara Arsoco de Lacon et Matheo de Querqui juratis ac Francisco Murgia Petro Marras Juliano Uras et Margiano Seche habitatoribus ville proxime dicte. Item a Nicolao Mele Majore ville de Desilo Ioanne de Sii et Sisinni Mele juratis ac Gonnario Mura Matheo Loche et Comita de Curcas habitatoribus ville proxime dicte.
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Item a Creyndeu de Curcas Majore ville de Bilbi Ioanne de Curcas et Gonnario de Curcas juratis ac Taniele Marras Ioanne Pelle et Guantino de Sori habitatoribus ville proxime dicte. Item Laurencio Penna Majore ville de Aricu Francisco Penna et Ioanne Penna juratis ac Gonnario Mameli Ioanne Furca et Petro Seche habitatoribus ville proxime dicte. Item a Gonnario de Lacon Majore ville de Sammugheo Parasono de Barca Philippo de Martis et Gonnario Cuculla juratis ac Simone de Sori Gonnario Mele Antonio de Martis Mariano de Serra Paolo Marras Anthonio Mele Michele Fay Comita de Martis ... et Petro Cau habitatoribus ville proxime dicte. Item a Mariano Mele Majore de Leonissa Guantino Boe jurato ac Mariano Mura et Ioanne de Asuni habitatoribus ville proxime dicte. Item a Petro Cocho Majore ville Arcueri Laurencio de Lacon Petro de Ila Guantino Dorru et G. De Serra juratis ac Petro Marras Parasono de Serra Anthonio Seche Petro Murtinu et Mariano Usay habitatoribus ville proxime dicte omnibus de Curatoris supradictis et olia ipsarum Curatoriarum et villarum suarum moltitudine hominum ibidem stancium copiose sic quod non nisi pastores bestiarum defecerunt congregatis in villa de Solgono predicta ante curiam ville ejusdem facientibus et representantibus universitatem dictarum Curiatoriarum ac majorem earum partem et eciam saniorem prout de potestate hujusmodi constat ad plenum per publicum instrumentum inde confectum in villa de Solgono predicta in curia prelibata in posse Ambrosi Penna filii quondam Gaudici Penna notarii de Civitate Arestanni publici imperiali auctoritate notari XIIII die januari infrascripti et clausum per notarium proxime prelibatum. 29
Il 14 gennaio del 1388, a Sorgono, capoluogo della curatoria del Mandrolisai, si riunirono i rappresentanti dei paesi facenti parte delle curatorie del Mandrolisai e della Barbagia di Belvì e parteciparono, chiaramente in maniera indiretta, alla redazione del trattato di pace fra Eleonora d’Arborea giudicessa del giudicato di Arborea, in nome del figlio ancora minorenne, e Giovanni I d’Aragona re del Regnum Sardiniae et Corsicae e sovrano appunto della Corona d’Aragona. All’atto presenziano Jacobus de Sii di Sorgono in qualità di: “...actor et procurator universitatis Curatoriarum de Mandraholisay et de Barbagie de Bilbi, Joanne Pinna locumtenente officialis Curiatoriarum predictarum pro dna judicissa...”. In rappresentanza della giudicessa è il notaio Gaudici Penna, che si qualifica come: “...notarii de Civitate Arestanni publici imperiali auctoritate notari...” 29
P. TOLA, Codex Diplomaticus Sardiniae, voll I-II, Torino 1861-1867, Historia Patriae Monumenta, X-XII, tomo I, parte II, secolo XIV, pag. 846. 26
All’atto non partecipano, invece, i pastori: “...pastores bestiarum defecerunt congregatis in villa de Solgono...” che dovevano rappresentare una fetta sostanziosa della società; si può pensare che fossero in altri luoghi per la transumanza, ma è solo una ipotesi.
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Elenco dei rappresentanti delle curatorie del Mandrolisai e della Barbagia di Belvì. Sorgono
Atzara
Francisco Piçalis Majore de villa de Lotto de Serra Majore ville de Açara Solgono Joanne Cece Petro de Asenu Flore Piçalis Mariano Teneru Gonario de Casta Saltaro de Serra Ioanne de Corona Gasparo de Curcas Salvadu de Murtas Gonnario Mancha Gonnario de Serra Comita Cathellu Comita Marras Gonnario Marchio Fuliatu Moci I oanne de Corongiu Guantino de Marongiu Benedico Calba Moncone de Serra Nicolao de Serra Petro de Ligios Comita Polla Mariano Orgolesu Arsocco Marras G. de Yana Petro de Marongio
Spasulè
Juentinu de Martis Mariano de Sori Barsolo Marras Guillermo Marras Ioanne Sarai Mariano Sarrau Guantino Maneli Barzolo Albay
Meana
Arsoccio Chironi Majore ville de Spasulee Mariano de Ligia Majore ville de Meana Gonnario de Serra Laurenzio Fulla Gonnario de Corongiu Georgia Lecha Parasono de Serra Barsolo Fulla Petro Uda
Suachesu Carta Petro Pelle Ioanne Caponi Petro de Naitan Gonnario Urru Petro Lepori Barisono Seche Guantino Tacula
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Tonara
Desulo
Baldosino de Sori Majore ville de Tonara
Nicolao Mele Majore ville de Desilo
Arsoco de Lacon Matheo de Querqui Francisco Murgia Petro Marras Juliano Uras Margiano Seche
Ioanne de Sii Sisinni Mele Gonnario Mura Matheo Loche Comita de Curcas
BelvĂŹ
Aritzo
Creyndeu de Curcas Majore ville de Bilbi
Laurencio Penna Majore ville de Aricu
Ioanne de Curcas Gonnario de Curcas Taniele Marras Ioanne Pelle Guantino de Sori
Samugheo
Francisco Penna Ioanne Penna Gonnario Mameli Ioanne Furca Petro Seche
Leonissa
Gonnario de Lacon Majore ville de Mariano Mele Majore de Leonissa Sammugheo Parasono de Barca Philippo de Martis Gonnario Cuculla Simone de Sori Gonnario Mele Antonio de Martis Mariano de Serra Paolo Marras Anthonio Mele Michele Fay Comita de Martis Petro Cau
Guantino Boe Mariano Mura Ioanne de Asuni
Ortueri Petro Cocho Majore ville Arcueri Laurencio de Lacon Petro de Ila Guantino Dorru G. De Serra j Petro Marras Parasono de Serra Anthonio Seche Petro Murtinu Mariano Usay
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I paesi partecipano con questa rappresentanza di juratos e abitanti: Sorgono (a Francisco Piçalis Majore de villa): 9 juratis; 17 abitanti. Atzara (a Lotto de Serra Majore ville): 4 juratis; 4 abitanti. Spasulee (a Arsoccio Chironi Majore ville): 3 juratis; 4 abitanti. Meana (a Mariano de Ligia Majore ville): 3 juratis; 5 abitanti.
Tonara (a Baldosino de Sori Majore ville): 2 juratis; 4 abitanti. Desulo (a Nicolao Mele Majore ville): 2 juratis; 3 abitanti. Samugheo (a Gonnario de Lacon Majore ville): 3 juratis; 9 abitanti. Leonissa (a Mariano Mele Majore): 1 jurato; 2 abitanti. Ortueri (a Petro Cocho Majore ville): 4 juratis; 5 abitanti.
Atzara appare come un centro di medie dimensioni con la presenza di 8 rappresentanti, come Meana con 8 firmatari, Tonara con 6, Desulo con 5 e Samugheo con 12 rappresentanti. Leonissa, invece è il centro più piccolo, forse già destinato all’estinzione, con soli 3 rappresentanti. Spasulè appare come un nucleo abitato di medie dimensioni con i suoi 7 rappresentanti, mentre molto grande è Sorgono, capoluogo del Mandrolisai, con ben 26 rappresentanti.
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La curatoria del Mandrolisai
Illustrazione 5: Territorio della curatoria del Mandrolisai. La curatoria di cui in queste pagine si analizzano le componenti, è la curatoria del Mandrolisai, composta da nove centri con un'area corrispondente agli attuali comuni di Atzara, Desulo, Meana, Ortueri, Samugheo, Sorgono, Tonara. Secondo John Day30 le ville di detta curatoria erano Atzara, Desulo, Leonissa, Ortueri, Samugheo, Sorgono, Spasulè e Tonara. Il Day basa le proprie ricerche anche sul ”Dizionario geografico, storico, statistico e commerciale di Sua Maestà il re di Sardegna” del Casalis-Angius31, dove vengono riportate tutte le testimonianze della presenza di ruderi o antiche vestigia, supposti resti di villaggi ormai scomparsi anche se non verificati dall'evidenza archeologica. Non si può analizzare la componente abitativa di questa piccola porzione di Sardegna senza tener conto del problema dei villaggi abbandonati.
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DAY J:“Villaggi abbandonati in Sardegna: dal 300 a 700. Inventario”. Edtiones du centre national de la recherche scientifique Paris 1973. 31 ANGIUS V., CASALIS G., Dizionario geografico – storico – statistico – commerciale degli stati di S. M. il Re di Sardegna, Torino, 1833, Voll. I-XXVIII, ora in voll. I-III, Cagliari 1992.
31
Illustrazione 6: Il territorio del Mandrolisai. Anche questa parte dell'isola ha subito, a partire dal secolo XIV, un notevolissimo decremento della popolazione che si è accentrata in un numero sempre più esiguo di paesi e ha lasciato vaste zone delle campagne in preda alle greggi vacanti, alla mortale presenza dell'anofele e al dilagare del banditismo. Il tasso di spopolamento in Sardegna nel Trecento e nel Quattrocento è conosciuto come uno dei più elevati; infatti più della metà dei centri abitati scomparvero dalla carta geografica, moltissimi in modo definitivo soprattutto nel periodo catalanoaragonese e con essi praticamente la totalità dei piccoli insediamenti sparsi, caratteristici dell'epoca giudicale.
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Molteplici le cause invocate a spiegazione di tale fenomeno: le epidemie, le carestie, il banditismo, le incursioni dei pirati, le lotte intestine, le guerre e le stragi e il malgoverno perpetrato dalle dominazioni straniere. La tendenza alla dispersione dell'abitato si manifestava ugualmente nel sorgere di villaggi gemelli o “a grappolo”, piccoli agglomerati a poca distanza gli uni dagli altri che condividevano lo stesso territorio. Si tratta di scissioni dovute alla messa a coltura di nuove zone lontane dal villaggio originario, oppure risultante da conflitti interni che inducevano una frazione della popolazione a stabilirsi in un nuovo sito, senza rinunciare però ai diritti d'uso dei salti comunali o demaniali. Probabilmente questo è quanto accaduto nel villaggio di Spasulè. Il riassestamento dell'abitato rurale, risultato dalle mortalità selettive e dalle migrazioni interne dalle regioni cerealicole alle regioni pastorali, andava di pari passo con il processo di accentramento della popolazione in un numero ridotto di paesi spesso molto distanti gli uni dagli altri. Si costituisce così quel paesaggio selvaggio e quasi deserto che nei tempi successivi ha tanto impressionato i viaggiatori stranieri in Sardegna.
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Questo l'elenco delle ville della curatoria del Mandrolisai secondo il Day:
Atzara: vestigia di antichi villaggi in località Trigonia e Santa Vittoria (Angius).
Desulo: vestigia di antichi villaggi in località Bidustà lungi e Notuedia (Angius).
Leonissa: diocesi di Arborea (Rationem decimarum Italiae-Sardiniae). Se ne accenna nel XIII, XIV secolo (C.S.M.B.). Sottoscrisse il trattato di pace del 1388. Situato presso Santa Maria 'e Susu, a due km ad est di Atzara.
Ortueri: vestigia di antichi villaggi in località Erriu, Licori, Sa Perda Accuzza, Planu de Sii e Trigacori (Angius).
Samugheo: vestigia di antichi villaggi in località Muros Meres, Santa Maria, Murusey e Terriana. Ruderi del castello Medusa (Angius).
Sorgono: Vestigia di villaggio scomparso in località Santu Istili (Angius).
Spasulè: Diocesi di Arborea (Rationes Decimarum Italiae-Sardiniae). Sottoscrisse il trattato di pace del 1388. Abitato nel 1584 (Fara). Aveva tredici fuochi nel 1656, otto nel 1699 (Angius XIII, p. 415 e segg., p. 431 e segg.). Spopolato nel 1740 “si dice dall'avvelenamento della fontana pubblica” (Spano), o piuttosto, secondo Angius, nel 1720 circa. Situato a due km e mezzo a sud di Sorgono. Gli ultimi abitanti di Spasulè emigrarono a Tonara, ma furono i tre villaggi di Atzara, Sorgono e Samugheo a prendere le sue terre (Angius XX p. 284 e segg. p. 993 e segg.).
Tonara: vestigia di antichi villaggi in località Bidda Intra Errios, Mattalè, Perda Lobadas e Santu Leo.
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I centri abitati del Mandrolisai ai giorni nostri Attualmente la curatoria del Mandrolisai, corrisponde alle regioni storico geografiche della Barbagia di Belvì e del Mandrolisai. Ortueri, Samugheo, Sorgono e Atzara, appartengono al Mandrolisai, mentre Tonara, Meana Sardo e Desulo, fanno parte assieme a Belvì, Aritzo e Gadoni, della Barbagia di Belvì.
Illustrazione 7: Ortueri. IGM Carta d'Italia Foglio N° 515 Sez. II, scala 1:25000
Ortueri: Il paese è situato ad un'altitudine di 584 m s.l.m., conta 1.594 abitanti ed ha un territorio che si estende per circa 40 Kmq all'interno dell'odierna regione del Mandrolisai.
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Confina a nord con il territorio di Austis, a est con quelli di Sorgono e Atzara, a sud con quello di Samugheo ed a ovest con i territori di Busachi, Neoneli e Ula Tirso. I dintorni sono particolarmente interessanti, per la presenza di maestosi boschi di querce che si estendono intorno al paese e la valle di Riu 'e Ortueri, lungo il cui corso d'acqua si trovano ampie radure ricche di vegetazione. Il paesaggio e la morfologia del territorio di Ortueri si differenziano nettamente dagli imponenti e spesso aspri rilievi tipici del massiccio del Gennargentu. L'abitato si formò in periodo medioevale e si dispone intorno alla chiesa parrocchiale di San Nicola. Si arriva ad Ortueri percorrendo la statale 388 da Oristano in direzione Sorgono.
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Illustrazione 8: Samugheo. IGM Carta d'Italia Foglio N° 529 Sez. I, scala 1:25000
Samugheo Il comune è situato a 370 metri sul livello del mare, nella odierna regione del Mandrolisai, in provincia di Oristano e attualmente conta circa 3250 abitanti. Il suo territorio, che si estende per circa 80 kmq, confina a nord con quello di Busachi, Ortueri e Sorgono, ad ovest con quelli di Allai e Ruinas, a sud con il territorio di Asuni e ad est con quelli di Atzara, Meana Sardo e Laconi. Samugheo, con le sue tipiche case in trachite, si trova su una zona prevalentemente collinare che raggiunge l’altezza massima di 650 m. Il territorio si presenta ricco di fresche sorgenti d'acqua che lo rendono estremamente fertile e rigoglioso. Boschi di querce, uliveti, vigneti e ampie distese lasciate a pascolo caratterizzano le colline circostanti.
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Il luogo piÚ suggestivo è sicuramente quello in cui sorge il già citato Castello di Medusa che si trova in direzione ovest ai confini del paese di Allai, lungo il corso del rio Araxigi. Ci si arriva percorrendo da Oristano la strada statale 388 e immettendosi poi sulla strada provinciale 33.
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Il castello di Medusa a Samugheo
Illustrazione 9: Castelli del Giudicato di Arborea Il Giudicato di Arborea ebbe un’alta concentrazione di castelli posti a guardia dei propri confini poichÊ nei momenti di massima tensione con gli altri tre Stati sardi i suoi sovrani fecero costruire degli edifici a scopo difensivo posti in località strategiche. Il
confine orientale del regno era vigilato dal castello di Medusa presso
Samugheo,di origine alto medioevale, nel momento in cui i bizantini edificarono alcuni castelli per difesa dalle popolazioni barbaricine.
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Il confine settentrionale era invece guardato dai castelli di Barigadu a Sorradile, Neoneli e Serla presso Norbello. Quando, nella seconda metà del XIII secolo, il Regno di Arborea approfittò della fine del Regno di Torres per espandersi verso nord, entrarono in suo possesso anche i castelli di Montiferru presso Cuglieri, di Goceano a Burgos e di Monteacuto in agro di Berchidda. Invece il confine meridionale dello Stato arborense era originariamente vigilato dai castelli di Arcuentu, presso Guspini, di Sanluri e di Marmilla, a Las Plassas, e in seconda linea da quelli di Barumele nelle vicinanze di Ales, di Senis e di Laconi, quest’ultimo costruito nel 1053 sempre a difesa dalle popolazioni barbaricine. L'importanza delle fortificazioni dipendeva dal ruolo di controllo del territorio e di protezione dalle scorrerie operate dai barbaricini che abitavano appunto l'interno della Sardegna, a danno dei ricchi centri della pianura e della costa per depredare i contadini dal raccolto e per saccheggiare i villaggi. Il castello di Samugheo è in realtà un castelliere, cioè un colle terrazzato naturalmente e quindi di facile difesa, considerando anche che dal colle si domina tutta la vallata per chilometri e che esso sorge a picco sulla gola formata dal Riu Araxisi. Scendendo più a valle questo fiume diventa Riu Majori e dà vita alla gola di "Mitza sa canna". Le pareti calcaree del colle sono ricche di grotte e di una fittissima foresta. I resti del castello emergono dalla vegetazione che ha reso difficoltose la ricognizione dei luoghi e l'analisi dei ruderi, ma è possibile accertare la presenza di tratti delle mura, che dovevano cingere un'area di circa 540 mq e al cui interno è possibile individuare degli ambienti di varie dimensioni, una cisterna, e i resti di due torri. Le indagini archeologiche, compiute sull'aspetto dei manufatti murari e sulla composizione delle malte, hanno permesso di datare la prima fase dell'insediamento nel castello di Medusa al IV-V secolo dopo Cristo. Una seconda fase si colloca nel VI secolo, mentre la terza risale al secolo VIIVIII. Le strutture più recenti sono state realizzate tra il X ed il XII secolo.
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Illustrazione 10: Planimetria del castello di Medusa
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Illustrazione 11: Castello di Medusa a Samugheo. Sono comunque poche le notizie storiche sul castello di Medusa, le prime analisi dei ruderi compiute in epoca recente sono fatte da Alberto Della Marmora nel 1860 32 e dal canonico Giovanni Spano nel 186133. Nel 1944 se ne occupò il Lilliu con delle ricerche tuttora inedite. Studi più recenti sono fatti da Foiso Fois34, seguiti dagli studi di Giorgio Cavallo 35 nel 1981 e di Giorgio Farris36 nel 1988. Numerose leggende circolavano e circolano tutt'ora sulla presenza, nel castello, di una fantomatica principessa, Medusa figlia di Forco, re di Sardegna. Nel 253 d. C. avrebbe ereditato il regno di suo padre per 28 anni, finché morì combattendo per mano di Perseo che, decapitandola, sarebbe ritornato in patria con la sua testa . Curiosa è fra l'altro la vicenda, a metà strada fra realtà e fantasia, narrata in un documento dell'Archivio di Cagliari. Durante la detenzione in un carcere piemontese nel 32
DELLA MARMORA A., Itinerario dell'isola di Sardegna, Voll. I-III, 1860, vol. II, pp. 76-77. SPANO G., Bullettino archeologico sardo ossia raccolta dei monumenti antichi in ogni genere di tutta l'isola di Sardegna (1855-1861), n.7, Anno VII, luglio 1861, pp. 96-103. 34 FOIS F., Castelli della Sardegna medioevale, Milano, 1992. 35 CAVALLO G., Il castello di Medusa. Un antico castrum bizantino, in “Archeologia sarda”, 1981, pp. 67 e segg. 36 FARRIS G., Nel castello di Medusa le impronte di una triste leggenda medievale, in “Quaderni Oristanesi”, 17-18, 1988, pp. 3 e segg. 33
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XIX secolo un bandito, tal Pietro Perseu, raccontava di come durante la sua latitanza fosse capitato tra le rovine del castello di Medusa e, scendendo una scala di marmo, si fosse ritrovato in una sala meravigliosa piena di gioielli, armi e oggetti di valore. Il bandito scrisse al Ministro chiedendo la grazia nel caso fosse riuscito a trovare la stanza del tesoro, ma una volta accompagnato sul posto non ritrovò nÊ le scale nÊ la sala, non ottenendo la grazia e nemmeno riuscendo a fuggire.
Illustrazione 12: Castello di Medusa a Samugheo.
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Illustrazione 13: Desulo. IGM Carta d'Italia Foglio N° 516 Sez. II, scala 1:25000
Desulo Si trova attualmente all'interno del territorio della Barbagia di Belvì, ad un altitudine di 896 metri sul livello del mare, confinante con i territori di Fonni, Ovodda, Tiana, Tonara, Belvì, Aritzo, Arzana e Villagrande Strisaili. Il paese si trova sul versante occidentale della catena del Gennargentu, arroccato su un costone che sovrasta una profonda vallata coperta di boschi di lecci e castagni e ricca di sorgenti. Conta attualmente circa 2500 abitanti ed è costituito da tre rioni: Issiria, Ovolaccio, Asuai che, prima della costruzione della strada Desulo-Fonni erano separati e adesso formano l'intero agglomerato urbano. Il centro storico che conserva scorci immutati nel tempo è caratterizzato dalle tipiche case di montagna realizzate in pietra di scisto. Vi si arriva percorrendo da Nuoro la strada statale 389 e successivamente la strada provinciale 7.
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Illustrazione 14: Atzara. IGM Carta d'Italia Foglio N° 530 Sez. IV, scala 1:25000
Atzara Atzara confina con i territori di Sorgono, Samugheo, Meana Sardo e BelvĂŹ, adagiato in un'ampia vallata a circa 550 metri d'altitudine. Vanta un territorio ammantato di rigogliose distese di lecci, sughere, roverelle, castagni, e in parte occupato da fiorenti e rinomati vigneti e frutteti. Il paese conta circa 1300 abitanti. Il centro urbano di Atzara, che conserva ancora esempi di influsso catalano nell'architettura, mantiene intatto l'impianto originario, fatto di stretti vicoli che si intrecciano attorno alla centrale chiesa parrocchiale, con tipiche case in pietra abbellite da cornici ornamentali e ampi portali a tutto sesto. La presenza di una chiesa intitolata a San Giorgio, fa pensare che questa fosse stata eretta per la prima volta nel periodo bizantino e che la prima cristianizzazione fosse avvenuta proprio in questo periodo. La piccola chiesa di San Giorgio, costruzione che pare fosse circondata all'epoca dal suo cimitero, fu consacrata nel 1386 come riporta la seguente iscrizione:
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“Custu altari de Santu Iorgi in honori de is santus Iorgi martiri, santu Iulianu e santu Miali in tempus del messer Gunar presente archi episcobu de Arborea, fuit consegradu per messer Francis episcopu de Terralba a di V de decembre anno MCCCLXXXVI37â€?. L'edificio è caratterizzato da un semplice impianto a navata unica di forma rettangolare. La facciata rivestita in pietra accoglie al centro il portone d'ingresso sovrastato da un oculo di forma semicircolare. Il tetto a doppio spiovente con copertura in tegole ha al centro un ampio campanile a vela con monofora a tutto sesto e piccola croce.
Illustrazione 15: Chiesa di San Giorgio - Atzara
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Bonu R. Ricerche storiche su tre paesi della Sardegna centrale: Ortueri, Sorgono, Atzara. 1971. 46
Illustrazione 16: Chiesa di Sant'Antioco - Atzara La chiesa parrocchiale intitolata a Sant'Antioco, si trova nel cuore del centro storico di Atzara.
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L'edificio, in stile gotico aragonese, è caratterizzato al suo interno da un'ampia pianta a tre navate con volta centrale a sesto acuto e scandita da alte arcate a tutto sesto con capitelli e cornici dentellate. L'area presbiterale, preceduta da arco trionfale a sesto acuto sormontato da un bel dipinto, ospita al centro un semplice altare dietro il quale è visibile un Crocifisso. La larga facciata esterna in trachite di forma rettangolare è caratterizzata da un terminale piano con cornicione merlato. Si arriva ad Atzara percorrendo la strada statale 388 da Oristano.
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Illustrazione 17: Localizzazione dell'antico villaggio di Leonissa nel territorio di Atzara.
Leonissa. Il paese medievale è ora scomparso, non ne rimangono che pochi ruderi, facilmente individuabili lungo la vecchia strada che dal paese in direzione Est portava a Belvì. E' utile alla localizzazione anche la toponomastica, che ancora riporta il nome di questa località. La chiesa di Santa Maria Bambina (Santa Maria 'e Susu) è ancora esistente, seppur non nelle forme antiche, è stata oggetto infatti di un imponente restauro negli anni 80-90. Presenta una semplice pianta ad una sola navata e copertura a doppio spiovente in tegole, mentre il prospetto esterno è caratterizzato dalla presenza di un ampio loggiato laterale con tetto spiovente sorretto da due possenti pilastri. La credenza popolare la indica come la chiesa più antica di tutto il circondario, risalente all'anno Mille.
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Illustrazione 18: Chiesa di Santa Maria de Susu - Leonissa Ruderi abbandonati, esistenti nella zona a nord-est della chiesa, nella vicina localitĂ di Baddareddu, come pure i piccoli resti sparsi nelle due localitĂ dette ancora oggi Santa Vittoria e Pauli Cungiau, rendono presumibile l'esistenza di altre piccole comunitĂ .
Illustrazione 19: Ruderi dell'antico villaggio di Leonissa. 50
Illustrazione 20: Sorgono. IGM Carta d'Italia Foglio N° 516 Sez. III, scala 1:25000
Sorgono: Sorgono è posto esattamente nel centro geografico dell'Isola e si pone come centro di maggiore rilievo del Mandrolisai, anche se con i suoi 1700 abitanti non ne è il più popoloso. Sorge in una verde conca sul lato occidentale del Gennargentu a circa 700 metri sul livello del mare. E' dominato da un paesaggio caratterizzato da una folta e ricca vegetazione, numerosi vigneti e boschi di querce da sughero. Confina a Nord con il territorio di Austis, a Est con quelli di Tonara, Belvì e Aritzo, a Sud con i territori di Meana ed Atzara e con quelli di Samugheo ed Ortueri ad Ovest. All'interno del paese si trovano numerosi esempi di architettura pisana ed aragonese. Dalla periferia del paese si raggiunge la chiesa di san Giacomo Maggiore sita nelle vicinanze dell'antico villaggio di Spasulè. Si arriva a Sorgono percorrendo da Oristano la strada statale 388 e poi la statale 128.
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Illustrazione 21: Localizzazione dell'antico villaggio di Spasulè nel territorio di Sorgono.
Spasulè. A mezz'ora di cammino da Sorgono, spostandosi dalla stazione ferroviaria per circa 2,5 km in direzione Sud si trovano i pochi resti di questo villaggio scomparso, cominciatosi a spopolare agli inizi del 1700. La tradizione popolare narra che nel paese si crearono delle lotte a causa di conflitti per i confini dei terreni ed il loro utilizzo portando, pare, all'avvelenamento della fonte d'acqua che approvvigionava il paese. Dopo l'abbandono, il suo territorio fu inglobato (non è possibile conoscere attraverso quali passaggi) all'interno dei confini dei territori di Atzara, Sorgono e Samugheo. È verosimile ipotizzare che gli ultimi abitanti si siano trasferiti nei centri più grandi, tra cui anche Tonara, il cui rettore già precedentemente officiava il culto nella chiesetta dedicata a San Giacomo apostolo, l'unico edificio che resistette all'abbandono sino al 1929. Un censimento parrocchiale38 del 9 Luglio 1699 contava 8 famiglie con 16 uomini e 15 donne, mentre, 30 anni dopo, nel 1728 non esisteva più niente. 38
Censimento parrocchiale della parrocchia di San Gabriele Arcangelo a Tonara. 52
Illustrazione 22: Ruderi del villaggio di Spasulè Oltre ai ruderi, nel sito di Spasulè è possibile visitare la Chiesa di San Giacomo Maggiore, rifacimento moderno eseguito dal Comune di Sorgono della antica chiesa crollata appunto negli anni 30 del 1900. Edificio lineare, a navata unica, con pianta rettangolare, semplice nella sua funzione di piccola chiesa campestre.
Illustrazione 23: Chiesa di San Giacomo Apostolo - Spasulè
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Illustrazione 24: Meana Sardo. IGM Carta d'Italia Foglio N° 530 Sez. IV, scala 1:25000
Meana. Meana Sardo fa parte attualmente del territorio del Mandrolisai, conta circa 2000 abitanti e occupa una superficie di 7400 ettari. Ăˆ situato a circa 600 metri sul livello del mare, in una posizione panoramica sotto il Monte Sant'Elia ai margini del versante sud-ovest del massiccio del Gennargentu. Il suo territorio con una morfologia aspra prevalentemente montuosa è caratterizzato da colline terrazzate per la coltivazione dei vigneti, a cui si alternano boschi di querce da sughero, lecci, castagni, noci e noccioli. Il nome Meana deriva dalla parola "mediana", in quanto nel territorio del paese passava la strada romana che da Calaris, attraversando Bhiora (Serri), Valenza
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(Nuragus), Mediana (Meana Sardo), Augustis (Austis), Sorabile (presso Fonni) e Caput Tirsi, raggiungeva Olbia. Mediana appunto era situata a metĂ percorso. Molto interessante il centro storico dove sono presenti numerosi elementi decorativi di porte e finestre in stile gotico aragonese, stemmi araldici, capitelli in trachite, portali archivoltati e archi in scisto. La chiesa di San Bartolomeo, situata al centro del paese, viene citata per la prima volta in un documento datato 1341, ma non si riscontra
alcun
elemento
architettonico risalente al XIV secolo per cui si può supporre che la costruzione attuale sia stata edificata su una struttura preesistente di cui non viene conservata memoria. Un'iscrizione
sul
timpano
triangolare del portale permette di datare
la
costruzione
al
1589.
L'edificio presenta una struttura a tre navate fiancheggiate da sette cappelle e da un presbiterio quadrato. A destra della facciata si erge un campanile a base Illustrazione 25: Chiesa di San
quadrata,
i
cui
lavori
di
costruzione iniziarono nel 1653.
Bartolomeo a Meana
Si arriva a Meana percorrendo
da Oristano la strada statale 388 e poi la statale 128.
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Illustrazione 26: Tonara. IGM Carta d'Italia Foglio N° 516 Sez. II, scala 1:25000
Tonara. Tonara appartiene oggi alla Barbagia di Belvì e confina con i territori di Desulo, Tiana, Sorgono e Belvì. È situato a quasi 1000 metri d’altitudine, alle pendici del Monte Muggianeddu, propaggine occidentale del Gennargentu, fra rigogliose vallate caratterizzate da ambienti naturali incontaminati immerse in una vegetazione di ricchi boschi di lecci, castagni, roverelle, noccioli e agrifogli. Il territorio è arricchito da numerosi corsi d’acqua limpida e freschissima che scaturiscono poi nelle tante sorgenti della zona; con i suoi 2200 abitanti è uno dei più popolati del circondario.
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Illustrazione 27: Spostamento degli insediamenti abitativi nel territorio di Tonara. È il tipico paese di montagna formato da quattro principali rioni; a quelli più antichi di Toneri, Teliseri ed Arasulè, situati sul fianco della montagna, si aggiunge il più recente quartiere di Su Pranu. Caratteristica dell'abitato tonarese è la sua collocazione nel territorio che è variata nel corso dei secoli.
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I ritrovamenti di reperti che testimoniano un primo insediamento abitativo di epoca nuragica e romana, si collocano nella vallata che si affaccia ai piedi dell'attuale abitato. Altri insediamenti dimostrano lo spostamento del paese da una valle fertile, ricca di acque e con un clima decisamente più mite, verso il nord, lungo il fianco della montagna. Bidda Intr'Errios, “paese tra fiumi”, Troccheri, Gonnalè, Istinigoria, Traccullao, Santu Leo, Monte Corte, sono tutti nomi di località nella vallata presso le quali si sono ritrovati reperti di vario genere. In epoche successive, si ha un sensibile spostamento della popolazione verso l'alto, a costituire gli abitati di Ilalà, Teliseri e Toneri. Questi ultimi due rioni sono tuttora abitati mentre Ilalà è stato abbandonato definitivamente intorno agli anni trenta del 1900. Risalendo ancora la montagna, a partire dal 1600, abbiamo la nascita del nuovo rione di Arasulè cresciuto anche grazie all'apporto degli abitanti di Spasulè Da ultimo, nella zona pianeggiante dell'altopiano calcareo ad ovest del monte Muggianeddu, dalla metà del 1900, si ha la formazione del nuovo quartiere di Su Pranu. Il perché di questo progressivo spostamento verso l'alto della popolazione, non è ancora stato chiarito in maniera certa; la scelta di “inerpicarsi” lungo la montagna, abbandonando una fertile e mite vallata, ai nostri occhi appare al quanto discutibile e le cui motivazioni rimangono tuttora ignote. Non possedendo alcun documento scritto e dovendo basare eventuali ricerche sui pochi reperti materiali ritrovati, su ricognizioni in siti abbandonati ormai inglobati dalla vegetazione o ricorrendo alla tradizione orale, non è possibile motivare questa scelta. La chiesa di Sant'Anastasia, situata nella parte più a sud del paese, nella vallata che prende il nome dal rio S'Isca, venne edificata tra la fine del 1300 e l'inizio del 1400, si suppone da monaci Benedettini ai quali, venne affidata per parecchio tempo. La parrocchia venne edificata con una struttura a tre archi gotici e relative arcate a crociera dalla cui intersezione pendevano grossi pomi di pietra chiamati dal popolo con il nome di "is campaneddas". Non è improbabile che un nuovo edificio, più ampio e più solido, sia stato costruito sulle fondamenta della vecchia chiesa.
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Illustrazione 28: Chiesa di Sant'Anastasia - Tonara La costruzione fu abbandonata per mancanza di dote nel 1823 ed essendo in pietra con malta di calce e sabbia crollò nove anni piÚ tardi, fornendo materiale per l'edificazione dell'attuale chiesa parrocchiale di San Gabriele. E' possibile ancora oggi visitare i ruderi che si affacciano nella sottostante vallata di S'Isca.
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I retabli della chiesa di Santa Anastasia La parola retablo deriva dal medesimo termine castigliano, a sua volta derivante dalla contrazione del lemma latino retrotabula altaris. Si tratta di grandi pale d’altare destinate principalmente alle chiese, ma anche, in alcuni casi, alla devozione privata, come si usavano in tutta Europa, anche se in ogni regione si sviluppò con aspetti e peculiarità distinte. L’origine del retablo, e del suo posizionamento all’interno dell’edificio religioso, è da far risalire al IV Concilio Lateranense del 1215 che diffuse la dottrina della transustanziazione, quindi per enfatizzare il momento dell'eucarestia, che avveniva sull'altare, la presenza del retablo era fondamentale. In Sardegna, già all’arrivo degli Aragonesi, nelle chiese era diffuso l’utilizzo di pale per adornare l’altare, ne sono un esempio la pala del cosiddetto “Maestro delle Tempere Francescane ad Ottana” o il dossale attribuito a Memmo di Filippuccio di Oristano. Tuttavia coincise proprio con la conquista del Regno di Sardegna da parte della Corona d’Aragona, l’introduzione nell’isola di questo tipo di pale d’altare che, soprattutto all’inizio, erano d’importazione. La provenienza era la più varia, soprattutto però dalla Penisola Iberica, dai Paesi Bassi e dalla Penisola Italiana. Per quanto concerne il Cinquecento si registrano nell’isola varie tipologie di retabli ormai codificate già dalla fine del secolo precedente, che vanno evolvendosi sempre più verso stilemi italiani, anche se permarrà una certa tendenza verso il gusto tardogotico, soprattutto nelle cornici e nei motivi ornamentali che riprendono elementi tipicamente architettonici, ormai diffusi in Sardegna. Nel meridione dell’isola il centro propulsore delle arti fu Cagliari, città nella quale un intero quartiere, quello di Stampace, diede il nome ad una scuola pittorica dominata soprattutto dalla presenza della famiglia Cavaro, là documentata fin dal 1455. In questa porzione d’isola, denominata anche Capo di Sotto o di Cagliari, si sviluppa un tipo di retablo a doppio trittico con alla base una predella che prevedeva, quasi sempre, un tabernacolo al centro, mentre ai suoi lati erano disposte, a volte, due porte d’accesso ai vani retrostanti.
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Ogni elemento, oltre ad avere precise destinazioni iconografiche, aveva pure una funzione all’interno di una più articolata visione architettonica d’insieme. La storia del ritrovamento dei retabli della chiesa di Santa Anastasia a Tonara, ha inizio in una soffitta di una vecchia casa appartenuta ad un sacerdote, nel rione di Toneri, nei pressi appunto della chiesa di Sant'Anastasia, dove venne rinvenuta una stele in trachite, con stemma che sembra rappresentare i pali aragonesi e che porta incisa la data del 1565. Vennero ritrovate anche delle tavole in castagno ricoperte di sporco e di ossidazioni al punto da non rivelare subito l'esistenza di brani figurativi di qualche interesse artistico, ma che una volta ripulite e restaurate, si sono rivelate essere parte di una magnifica pala d'altare della metà del Cinquecento. Le tre parti del retablo39 rappresentano La Crocifissione (cm 193x90), I l Giudizio Universale (cm 135x78) e San Michele Arcangelo (cm 135x81). La chiesa nella quale il retablo era alloggiato aveva dimensioni modeste del tipo degli edifici religiosi campestri; la pala doveva essere posta nell'altare maggiore e avere dimensioni non trascurabili poiché le tre tavole superstiti hanno una dimensione notevole. Non si è assolutamente in grado di stabilire quante fossero nel complesso le altre tavole, ne se ci fosse una predella o una tavola maggiore, dedicata alla Vergine o a S. Anastasia, titolare della chiesa. Solo dopo un'accurata ripulitura e un attento e costoso restauro si è potuto recuperare l'intero trittico, che tornato di proprietà della comunità tonarese, è attualmente esposto nella sala consigliare del Municipio. Le tavole del Retablo di Tonara, sono l'unico caso in Sardegna di retablo cinquecentesco dipinto interamente su legno di castagno, tipico della zona, fatto che induce a credere che il maestro abbia operato in loco. Lo stato generale dei dipinti a seguito del restauro è complessivamente discreto per quanto si registrino non trascurabili cadute di colore e lesioni del supporto dovute anche all'inserimento di cerniere per l'utilizzo delle tavole come cassapanca.
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Termine spagnolo che indica una grande pala d'altare inquadrata architettonicamente. Il retablo può essere costituito da un dipinto su tavola a scomparti che a seconda delle parti di cui si compone può essere un dittico, un trittico o un polittico. 61
Le tre tavole superstiti sono di grande interesse non tanto per l'intrinseca qualitĂ pittorica, quanto per il singolare accostamento di citazioni dalle opere di un consistente numero di artisti isolani non solo di ambito stampacino. Si pensa infatti siano stati prodotti dalla scuola dei Cavaro in Stampace a Cagliari, operante nella metĂ del secolo XVI.
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Illustrazione 29: Retablo della chiesa di Santa Anastasia. La crocifissione. Da una maniera prevalentemente popolareggiante, spesso vernacolare, emergono taluni spunti che rivelano una sorprendente, vastissima conoscenza della realtà artistica isolana della fine del XV e del XVI secolo. La presenza della scena della Crocifissione è molto frequente nei retabli sardi del Cinquecento, posta per lo piÚ nella parte apicale della pala d'altare stessa e la figura del Cristo tra i due !adroni rimanda alla scuola dei Cavaro, i quali sin dagli inizi del
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medesimo secolo introdussero questa tipologia desunta dal Crocifisso gotico doloroso di Oristano, meglio conosciuto come "del Nicodemo". La figura del Cristo crocifisso è quella che maggiormente si rapporta a quella di Pietro Cavaro nel Retablo di Villamar per l'inclinazione della testa, per il modello di perizoma e del modo di fasciare i lombi, per la sovrapposizione dei piedi e per talune notazioni anatomiche del busto. La postura dei due ladroni non è propriamente quella riscontrabile in Pietro Cavaro, ma riconducibile all'impostazione analoga di Antioco Mainas; la produzione del quale è databile tra il 1537 e il 1571. In particolare i richiami riguardano i contorcimenti dei corpi dei ladroni, percorsi dalle strazianti contrazioni muscolari, dovute al supplizio della crocifissione, e le sciabolate alte sulle cosce dalle quali fuoriescono guizzi di sangue: richiami, si ribadisce, vicini alla crocifissione in esame. Si vuole inoltre segnalare forse, da parte dell'autore, la conoscenza anche della pittura germanica del Quattrocento, come ad esempio la scena della Crocifissione del trittico della Passione di Colonia, opera del 1460 del Maestro della Vita di Maria, ove figura anche la Maddalena mentre abbraccia la Croce. Ai piedi dell'immagine di un Cristo decisamente sproporzionato, ma giustificato dall'intenzione di evidenziare il divario di una grandezza divina, sono Maria, Giovanni e la Maddalena, le cui posture e il ripiegamento dei manti sono determinanti, così come, il particolare del fazzoletto stretto fra le mani di quest'ultima ai piedi della Croce. Nello sfondo, in prossimità di una Gerusalemme con torri a pianta circolare, sono ritagliati due originali e interessantissimi piccoli riquadri contigui. Nel primo a sinistra, un chiaro riferimento all'episodio evangelico sui preparativi di quella Pasqua che, con il tradimento di Giuda, segnerà l'inizio della Passione, sono raffigurati gli apostoli Pietro e Giovanni, uno dei quali a dorso di un asino, che incontrano davanti alle mura della città un personaggio con un otre sotto il braccio. Nel secondo, come illuminato in una sorta di quinta teatrale che, staccandolo dallo sfondo, dà voce al brano pittorico, alcuni soldati recanti uno stendardo e delle lance, sorvegliano l'esile figura di un Cristo in stato di arresto, con le braccia legate dietro la schiene, secondo il racconto dell'evangelista Giovanni. Nell'artefice della tavola di Tonara si notano soprattutto gli scorci delle mani e dei piedi, in particolare la loro deformazione che rende le estremità di entrambi accentuate, quasi fossero una cifra
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stilistica propria dell'autore, un segno di riconoscimento posto a differenziarlo da coloro che l'avevano preceduto in simile definizione linguistica.
Illustrazione 30: Retablo della chiesa di Santa Anastasia. Arcangelo Michele.
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Nella seconda tavola, ammiriamo il gesto dello stesso Principe degli angeli, che con un solo strumento, pesa le anime e trafigge quanto resta del corpo frantumato di un maligno, vittima, ancor prima che di una originale lancia bilancia, di un malinteso sentimento religioso. Per quanto riguarda le altre due tavole raffiguranti Michele Arcangelo e il Giudizio Universale, la loro lettura ci giunge invalidata sia dalle ampie lacune sia dalla presenza della carta di riso volta a proteggere la pellicola pittorica in attesa del restauro. Ciò nonostante la prima scena dell'Arcangelo grandeggia con la lancia pronta a trafiggere il mostro ai suoi piedi; altri particolari della sua postura potranno donare maggiori motivi di conoscenza una volta recuperata la tavola nel completo racconto.
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Illustrazione 31: Retablo della chiesa di Santa Anastasia. Giudizio Universale.
La terza ed ultima tavola superstite Il Giudizio universale, s o g g e t t o a s s a i r a r o n e l l a p i t t u r a s a r d a , offre una lettura pi첫 articolata: nel primo registro compaiono angeli e demoni fra figure di anime ormai rassegnate alla loro sorte, nel
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registro superiore Cristo volteggia fra un turbinio di cherubini e serafini e altre anime beate. La scena è caratterizzata da un imponente edicola di forme classicheggianti animata da una moltitudine di personaggi ma, la lacunosità della crosta pittorica non ne permette una chiara lettura. Tra di essi, al centro del tempietto è parte della figura di un angelo, forse identificabile, per il rilievo accordatogli, col San Michele, l'altro arcangelo che con il San Gabriele, cui dal 1607 è intitolata la nuova parrocchiale, divide a Tonara e più in generale nelle Barbagie, una devozione antichissima e profonda. Al di sopra di questo, il Risorto si libra alto su alcuni santi, tra i quali, pare di distinguere la Santissima Vergine e San Pietro, e su di un certo numero di angeli, alcuni dei quali di profilo, che mostrano una chiara difficoltà del pittore nel rappresentare fisionomie scorciate. Nell'inclinazione della figura, nei pettorali quadrati e nelle pieghe parallele, serrate e fortemente marcate del lenzuolo che gli cinge gli arti inferiori, l'immagine del Salvatore deriva, ancora una volta, dal retablo di Sant'Anna di Sanluri. Alla sua destra, sono le anime nobili e beate dei redenti, alla sua sinistra, quelle deformi e sgraziate dei dannati. Tra queste ultime è un irsuto personaggio che, nella mostruosità delle anche convergenti in un solo arto, soffre, tra le fiamme, le pene di un misterioso contrappasso; mentre nella parte centrale e inferiore della tavola alcuni risorti vanno incontro al loro destino, presi in consegna chi da un angelo, chi da un demone alato. La forte incisività della linea che si rileva in taluni tratti conferma, qualora ve ne fosse ancora bisogno, la maniera di un maestro sardo in questa importantissima opera, che a tutti gli effetti segna il luogo d'incontro e di compenetrazione tra le scuole più rappresentative del manierismo isolano. Il linguaggio della tavola di Tonara possiede comunque un accento popolareggiante che lascia intendere la presenza di qualche aiuto, senza escludere ritocchi apportati nel tempo, forse anche nel Settecento, là dove vi potevano essere cadute di colore o altri guasti determinati da un ambiente non perfettamente idoneo ad una buona conservazione.
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Il santuario campestre di San Mauro
Illustrazione 32: Chiesa di San Mauro, Sorgono, in una fotografia di inizio secolo scorso. La chiesa campestre di San Mauro sorge in territorio di Sorgono su una collina di 478 metri sul livello del mare, a circa 8 km dal paese in direzione sud-ovest. La zona è il centro geografico della Sardegna e punto convergente dei confini territoriali di Sorgono, Atzara ed Ortueri. Il santuario di S. Mauro fu costruito, pare, intorno al 1120 dai monaci Benedettini Cassinesi. V. Angius40 riporta la notizia, senza ulteriore informazione, che annesso alla chiesa vi fosse un monastero benedettino. Venne praticamente ricostruita nel XV secolo. E' in questo periodo infatti che iniziano le vere e proprie opere di ampliamento e costruzione che si protraggono sino al XVI secolo, dotando la chiesa di un marcato stile aragonese. 40
Angius V., Casalis G., Dizionario geografico – storico – statistico – commerciale degli stati di S. M. il Re di Sardegna, Torino, 1833, Voll. I-XXVIII, ora in voll. I-III, Cagliari 1992, Vol. II, pp.72-73.
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Illustrazione 33: Incisione nella facciata della chiesa con datazione 1656 Le uniche date precise di cui si dispone sono il 1641, inciso nella colonna destra del portale e il 1656 che compare in un concio nella parte destra della facciata, in un incisione che ricorderebbe secondo la voce popolare lo scioglimento di un voto oppure legata all'epidemia di peste che imperversò in queste zone tra il 1652 e il 1656 e confermerebbe che nel santuario campestre venne istituito per l'occasione un lazzaretto41. La chiesa è di pianta rettangolare di 10 m di altezza e altrettanti di larghezza, con facciata di pietra squadrata in trachite alla sommità della quale è incastonato un rosone romanico, il più grande in Sardegna, di due metri di raggio, con cornice a spina di pesce e sopracciglio sorretto da testine d' angelo. L'interno è costituito da un'unica navata coperta da una volta a botte spezzata, con cinque sottarchi a sesto acuto che scaricano su lesene che termina con una zona rialzata più stretta, dove si apre un oculo che illumina la navata. In corrispondenza di ciascuna campata, sui due lati, si aprono delle edicole definite da lesene e timpani triangolari. 41
BONU R. Ricerche storiche su tre paesi della Sardegna Centrale: Ortueri, Sorgono, Atzara. 1971 pag.76. 70
Sul profondo presbiterio rialzato è racchiuso da un recinto balaustrato in trachite un altare barocco in marmo che accoglie in una nicchia, una pregevole statua lignea del Santo.
Illustrazione 34: Rosone della chiesa di San Mauro
Il portale, costituito da semi colonne e da un timpano curvilineo, è di stampo tardo manierista. Nel monumento, quindi, è possibile ravvisare il sincretismo di gotico aragonese e di tardo manierismo italiano. Esternamente i fianchi sono scanditi da alti contrafforti, mentre in facciata ne esistono altri due disposti in posizione obliqua che non assolvono alcuna funzione strutturale. Il fronte è preceduto da un'ampia scalinata ai lati della quale comparivano due leoni reggenti lo stemma di aragona; attualmente entrambi sono acefali e in parte mutili. Accanto al santuario si trovano i “muristenes”, loggette o portici che un tempo erano utili ai rivenditori di merci durante la fiera che si svolgeva nelle festività dedicate al santo. L'accesso al complesso avviene su una strada con acciottolato sfociante singolarmente verso la parte retrostante la chiesa, affiancata sui due lati da porticati e da casette a schiera.
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Illustrazione 35: Chiesa di San Mauro - Cumbessias
Il complesso si presenta con un numero cospicuo di “cumbessiasâ€?42 disposte a formare un recinto quadrilatero irregolare che fa luogo ad un piccolo villaggio avente come fulcro la chiesa. Ad essa sono stati addossati una serie di ambienti legati alle funzioni di novenario e databili perlopiĂš al secolo scorso che ne movimentano il profilo. Si trovano spesso accanto alle chiese campestri delle singolari costruzioni che delimitano il sagrato o, in ogni caso, uno spazio dove ieri come oggi, si riuniva la folla convenuta ad onorare il santo, a scambiare le proprie merci e ad assistere a corse equestri o sfide di altro genere. La fiera di san Mauro richiamava innumerevoli persone, in quanto rinomata come una delle maggiori fiere di bestiame del circondario. 42
Piccoli alloggi per i pellegrini ed i novenanti posti nelle vicinanze delle chiese e dei santuari campestri. Secondo il TURTAS, Storia della chiesa in Sardegna, 1999, pp. 243-245, il termine cumbessias avrebbe una persistenza semantica da cunversos-cunversia, quindi uno stretto legame, non solo linguistico, tra fenomeno monastico e la diffusione delle chiese campestri, filone tuttora robusto di religiositĂ popolare che avrebbe radici molto antiche. Per conversi si intendono i laici che avevano un rapporto stretto di dedizione con un determinato monastero e li si stabilivano, senza essere tenuti agli obblighi monastici e ottenendo la salvezza eterna in cambio della donazione di tutti i loro beni. 72
I pellegrini erano disposti ad affrontare lunghi viaggi sulle loro “traccas43” per poi trovare riposo proprio nelle architetture annesse al santuario: “is cumbessias” o “is muristenes”.
Illustrazione 36: Fiera dei cavalli a San Mauro in una fotografia del secolo scorso. La presenza di tali situazioni abitative viene rilevata infatti in tutti i santuari campestri dell’Isola e per quanto riguarda la zona centrale si possono citare i santuari di San Sebastiano a Teti, di San Pietro a Ovodda, di Sant’Antonio ad Austis, dei S.S. Martiri in Fonni e di San Mauro nel territorio di Sorgono. Il santuario intitolato a San Mauro viene tuttora aperto per i novenanti tre volte l’anno: •
a metà gennaio per invocare Santu Maru de is dolos (per la guarigione dei dolori reumatici.
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il Martedì dopo la Pasqua, Santu Maru de flores (cioè per la primavera)
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alla fine di Maggio per l’antica celebrazione di Santu Maru erriccu (per la ricca produzione agropastorale del periodo).
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Carri a buoi decorati per l'occasione. 73
Illustrazione 37: Interno della chiesa di San Mauro, Il periodo che riscontra maggiore afflusso di novenanti provenienti da diverse zone dell’isola si ha in maggio 44, mentre durante gli altri periodi i novenanti sono per la maggior parte abitanti della zona. In antichità le donne della zona, prima di Santu Maru erriccu, facevano la novena andando a piedi fino alla chiesa campestre, per nove giorni di seguito e li, pregando, facevano il giro della chiesa in ginocchio. I giorni della festa erano in tutto sei: tre giorni dedicati alla fiera dei buoi e tre a quella dei cavalli. Le persone provenivano da tutti i paesi delle vicinanze e anche da molto lontano; indossavano il costume tradizionale, spesso percorrevano chilometri e chilometri a piedi o arrivavano dentro carri pieni di fiori e trainati da due buoi (le cosiddette traccas). Il giorno della festa, dopo una processione intorno alla Chiesa, si entrava all’interno e si iniziava cantando le preghiere e i goccios (poesie musicate dedicate al Santo). 44
Secondo il Turtas il santuario di san Mauro è tra i santuari campestri più visitati della Sardegna, TURTAS R., Storia della Chiesa in Sardegna. Dalle origini al Duemila..., pag .977.
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Illustrazione 38: Chiesa di San Mauro. Seguiva la predica del prete, il rosario cantato, ed infine una preghiera che ogni fedele faceva di fronte alla statua. Dopo la Messa, le persone che avevano qualche malattia ad un braccio, ad una gamba o alla testa, appoggiavano la propria parte malata ad una corrispondente finta, fatta di legno o formaggio fresco, e pregando, ne aspettavano la guarigione; altri invece pagavano per avere una fettuccina benedetta da portare poi al polso. Oggi questa ricorrenza è mutata notevolmente e pur conservando per intero l’aspetto tradizionale religioso, non viene più riconosciuta come “fiera”, ma veste i panni della sagra.
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APPENDICE Dal Dizionario geografico – storico – statistico – commerciale degli stati di S. M. il Re di Sardegna, di Vittorio Angius e Goffredo Casalis.
BARBAGIA (MANDROLISAI).45 Vasta regione della Sardegna nella massa più voluminosa della catena principale. Viene questo nome dall’antico Barbaria, altrimenti Barbaricum, che vale paese di barbari, come i romani qualificavano coloro che non fossero nè Latini, nè Greci, e generalmente tutte le genti lontane dalla civiltà dei loro costumi. Stendesi in lungo secondo il meridiano circa 40 miglia, e sole 20 nella linea dei paralleli. Restavi geograficamente compreso il Mandra-e-Lisài, parte naturale della medesima, avvegnachè non sia solito comunicarsi con essa cotal appellazione. Valendo questa ragione, si dovria egualmente inchiudervi l’Ogliastra; ma siccome questa costituisce gran porzione d’altra provincia, così ne la separeremo, riservandola a proprio luogo. La sua superficie, valutato l’aumento che produce la montuosità, può calcolarsi a 1108 miglia quadrate. Dopo due quarti della catena suddetta (direzione da tramontana ad austro) vedesi per l’intero terzo gonfiare il suolo in una enorme protuberanza di roccie schistose connesse col granito, materia assai comune nella formazione della terra sarda, col porfido, e col calcare. Comincia di brocco questa elevazione dalle rupi d’Olìena sulla valle di Nùoro, dalle quali si continua sino al-l’eccelse cime del Monte-Argentu, d’onde gradatamente deprimesi al livello del dipartimento del Gerrèi. Molte sono le escrescenze di questa massa imponente, e compariscono le medesime come altrettanti monti considerevoli. Il colosso però, tra quanti sorgono in questa catena e nelle altre, gli è l’anzidetto Argentu, cui venne il nome dal colore che a ciel sereno riflettono le nevi, le quali per sei mesi dell’anno lo sogliono ricoprire. Termina in due creste: una appellasi Bruncu-Spina, l’altra dicesi Orìsa, ambe quasi ad un livello, che supera il marino di metri 1826 (barom.). Giace questo monte prostrato in lungo di maniera, che la sua testa o parte più elevata è all’austro, la coda torcesi al maestro. Il suo dosso è niente aspro, e vi si può carreggiare. In cotale altezza trovasi il centro per lo panorama dell’isola. Indi rivolgendoti intorno vedrai il mar Tirreno, il Libico, il Sardo, e le aggiacenti isolette; vedresti ancora il canale volgarmente denominato di 45
Angius V., Casalis G., Dizionario geografico – storico – statistico – commerciale degli stati di S. M. il Re di Sardegna, Torino, 1833, Voll. I-XXVIII, ora in voll. I-III, Cagliari 1992, Vol. I, pp. 2931. 76
Bonifacio, ed il numero delle piccole terre e scogli, che provano la continuazione e connessione della catena corsa con la sarda, se l’interposto corpo del Limbàra non li coprisse: ma però trascorrendo il guardo sopra il Giugantìno toccherà i gioghi delle montagne di Corsica, ed il nevoso picco del Monte-Rotondo. Delle eminenze intorno a Monte-Argentu, quelle che al suo levante si concatenano nella stessa direzione da tramontana ad austro partengono all’Ogliastra; le altre nel resto del giro contengonsi quasi tutte entro la Barbagia. Nomineremo le principali.[...] Barbagia centrale. Dip. Mandra-e-Lisài. Sorge Monte-Iscùdu nei salti di Dèsulo, Floris in quei di Tonàra, S’Arcu dessu campu, e Serra-longa in quei di Sòrgono, sa Costa in quei di Atzàra, Accòro in quei di Sammughèo. Dip. Barbagia-Belvì. Sono considerevoli monte s. Elia nel Meanese, che si ramifica in ogni direzione e occupa quasi interamente la superficie; nel Gadonese Serra-Toppài con la pittoresca rupe di Laurèntulus; nell’Aritzese Funtàna-cungiàda secondo in altezza dopo Monte-Argentu, e Monti-entu che sorge sopra la notissima gola Genna-entu. Questa regione centrale è più aspra della superiore; le montagne sono più scoscese, più chiuse, più secche e cariche di bosco, e le valli, sola eccettuata la di Belvì, hanno certa orridezza, da cui piace uscire.[...] Acque. Innumerevoli sono in queste regioni le scaturigini. Della bontà dell’acque non occorre parlare, essendo in tutta l’isola famose per la purezza, leggerezza, e freschezza. Aggiungasi la copia, alla quale somministrano sempre o le frequentissime pioggie, o la soluzione delle nevi. Degne di special menzione sono S’abba-medica nel Gavoese, che si predica febbrifuga, e presso Ollolài la fonte di Guppunnìo, che vantasi come la regina delle fonti sarde. Nel Mandrae-Lisài è celebrata una delle sorgenti di Ortuèri, detta di Campu-majore, che bevesi con vero giovamento da chi sia travagliato dalle terzane. Si consentono a parecchie altre le stesse virtù, e qualche efficacia ancor più maravigliosa; ma non constando la verità, si ommette di parlarne: gli è però certo, che se si sottoponessero tutte ad esame analitico, molte si riconoscerebbero minerali. [...] Divisione politica della Barbagia. È ignoto in qual tempo questa vasta regione sia stata distinta in più dipartimenti. Forse ebbe allora luogo, quando il giudice dell’Arborea o per suo proprio divisamento, o per imitazione volle spartire la sua provincia in molte frazioni per la più esatta amministrazione delle cose di giustizia e di economia, sottoponendo ciascuna ad un curatore dipartimentale con autorità sopra i locali. A persistere nella divisione che videsi finora adoperata, questa regione può spartirsi in contrade, distretti, o cantoni, uno settentrionale o superiore, l’altro centrale, come medio fra il superiore e l’inferire in terzo luogo, che comprende le terre meridionali. Il cantone superiore, o Barbagia superiore, o settentrionale, comprenderà la volgarmente detta Barbagia Ollolài dal nome del suo antico capo-luogo. Il cantone centrale conterrà i due dipartimenti Mandra-e-Lisài e Barbagia Belvì, come ora comunemente si appella, o Barbagia Meàna, come era denominata in altri tempi, secondochè o questo o quel paese era centro del mandamento.[...]La Barbagia centrale nel dipartimento di Mandrae-Lisài numera 6 comuni, e sono Tonàra, Dèsulo, Sòrgono, Sammughèo, Azzàra,
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Ortuèri. Nel dipartimento Barbagia Belvì quattro, che sono Aritzo, Meàna, Belvì, Gadòni.[...] Strade. Taglia queste regioni, secondo la longitudine da meriggio a notte, la strada reale da Cagliari a Longonsardo; però è così scabra e scoscesa, che in nessuna maniera per lunghi tratti della medesima vi si potrebbe carreggiare, e con gran difficoltà e pericolo vi marciano i cavalli usati a luoghi meno aspri. Le provinciali, e le vicinali sono peggiori, e parranno meglio vie da capre, che da uomini. Quindi nasce, che si rifugga di viaggiarvi, perchè troppo disagiato è il corso per gli uomini, e per li somieri; che sieno rare le comunicazioni; quindi la malagevolezza del trasporto, che e paralizza l’estrazione di alcuni generi, che molto varrebbero nel commercio, e rende meno fruttuosa quella che si fa. E quindi per saltare in altra materia, nasce, che non potendovi girar le truppe con quella celerità, che necessaria si giudica per sorprendere e cogliere i malfattori, costoro vi si annidiano a grandi frotte, e si moltiplicano i delitti contro le proprietà e le persone.[...] Divisione amministrativa della Barbagia. Dividesi in tre parti, che prendonsi le provincie di Nùoro, Isili e Busàchi. La Barbagia superiore appartiene all’intendenza di Nùoro. La centrale, comprende la Barbagia Belvì, escluso Gadòni, ed il Mandra-eLisài tocca alla intendenza di Busàchi. La inferiore, all’intendenza di Isili, aggiuntovi Gadòni. Fonni, Tonàra, Meàna e Sàdali sono capo-luoghi di distretto. Divisione giudiziaria. I comuni della Barbagia sono distribuiti in sette mandamenti. 1. Il mandamento di Fonni con giurisdizione sopra Lodìne. 2. Di Gavòi, che comprende Ollolài, Olzài, Mamoiàda, Ovodda. 3. Di Aritzo, che contiene Belvì, Meàna, Gadòni. 4. Di Sòrgono, cui soggiace Azzàra, e in casi rilevanti anche i due seguenti mandamenti (numm. 5 e 6). 1. Di Tonàra, che abbraccia Dèsulo. 2. Di Ortuèri e Sammughèo. 3. Di Seùi col rimanente della Barbagia inferiore. I mandamenti, nei quali amministra giustizia un delegato consultore, dipendono immediatamente dalla Reale Udienza; quelli, in cui tiene ragione un semplice delegato, soggiacciono alla prefettura della provincia, dove sono compresi. I giusdicenti della Barbagia centrale sono posti dal Re, perchè i due mandamenti della medesima sono reali; gli altri vi sono instituiti dai rispettivi feudatari.[...] Divisione militare della Barbagia. I contingenti per li corpi miliziani barracellari sono distribuiti nei quattro battaglioni di Nùoro, Làconi, Busàchi, Ogliastra.[...] Divisione ecclesiastica. Tre diocesi partecipano nella Barbagia: la di Nùoro nella superiore, quella di Oristàno nella centrale, e la Ogliastrina nella inferiore. Vi si annoverano chiese 105, delle quali 68 sono nelle abitazioni, 37 nella campagna. Delle prime, 23 sono parrocchiali, 45 filiali. Le campestri erano
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nel-l’addietro più numerose, e si restrinsero a tanto, perchè una parte rovinarono, l’altre furono interdette, come meritano esserlo molte delle ancora esistenti. I sacerdoti che attendono alla cura delle anime sono circa 67. I frutti decimali non sommano al di là di 8800 scudi sardi, e se si calcolino gli altri frutti dell’altare, legati, elemosine ecc., che varranno circa 2200 scudi, si conoscerà il totale delle rendite sacerdotali. I frati dell’ordine dei francescani in due conventi sommavano a 26. Ora per l’abolizione d’uno dei medesimi convien ridurli a due terzi. Vi ha un certo numero di confraternite, o associazioni religiose, intitolate quale da s. Croce, quale dalla Vergine del Carmine, del Rosario ecc. Per una più distinta ed estesa cognizione di siffatte cose dirò, che nella Barbagia superiore sono entro l’abitato chiese numero 26, nella campagna numero 15, e varie altre distrutte; preti numero 25. In Fonni è annesso alla basilica della V. Regina dei Martiri un convento di frati osservanti, numero 16. Prima assai di questo ne sussisteva un altro della stessa regola in terra di Ollolài presso la chiesa rurale di s. Maria Maddalena, che fu abbandonato, come vedrassi in appresso. Nella Barbagia centrale e dip. Belvì sono nel popolato chiese numero 11, rurali numero 4, dopo la distruzione di più altre; preti numero 12; eranvi pure frati in Gadòni numero 10, e nel 1745 abitavasi in Meàna un ospizio dai frati trinitari: nel dip. di Mandra-e-Lisài sono nei paesi chiese numero 22, nella campagna 5, senza le rovinate e interdette; preti numero 22. Nella Barbagia inferiore sono nella popolazione chiese numero 9, nella campagna numero 13, oltre le già distrutte; preti numero 8.[..]
AZZARA o ATZARA46. Villaggio della Sardegna, nella prov. di Busàchi, distretto di Meàna, tappa (uffizio d’insinuazione) di Sórgono. Era compreso nell’antico dipartimento di Mandra-e-Lisài, del giudicato di Arborèa. Dicesi sia questo nome derivato dalla schiena sottile della vicina montagna detta sa Costa, rassomigliata dalle vivaci fantasie al filo d’una scure, che in lingua sarda dicesi azza, onde azzàda e storpiatamente azzàra fu appellata la sua cresta, e il paese fondato alle sue falde. La situazione del medesimo è in una valle umidissima per le acque, che scorrono per varie strade. Resta esposto alla tramontana ed al levante. L’estensione dell’abitato è di circa mezzo miglio: le case sono 310, divise da molte strade, delle quali nè anche le principali essendo selciate, avviene che frequenti siano i pantani, e che ad una certa temperatura esalando vapori nocivi, rendano poco sana l’aria congiuntamente ad altre cagioni. Vi sono due piazze pubbliche, una del monte granatico, l’altra della chiesa parrocchiale, ed un solo palazzo che era già del Signor Utile di questo mandamento del Mandra-e-Lisài. In due luoghi si suol fare la passeggiata, detto uno Su-istrumpu, l’altro Sa-bandèla. In questo paese non v’ha che un sol fabbro ferraro, quattro falegnami, due calzolari, e alcuni muratori, che sanno e praticano meglio forse tutt’altro, che 46
Angius V., Casalis G., Dizionario geografico – storico – statistico – commerciale degli stati di S. M. il Re di Sardegna, Torino, 1833, Voll. I-XXVIII, ora in voll. I-III, Cagliari 1992, Vol. I, pp. 12-14. 79
quest’arte. Le manifatture riduconsi al panno forese, e lino, che lavorasi in più di 200 telai. Se ne fa vendita nelle fiere di s. Mauro, di s. Elia, ed in altre minori dei campidani.[...] La chiesa parrocchiale è dedicata al martire sardo s. Antioco. La governa un vicario, assistito da altri due sacerdoti, sotto la giurisdizione dell’arciv. di Oristano. Delle tre chiese filiali, una trovasi dentro l’abitato, sotto l’invocazione del martire san Giorgio, che fu anticamente parrocchiale, l’altra appellasi da s. Maria de Susu, perchè dedicata alla SS. Vergine nella commemorazione della sua Natività, a un miglio e mezzo di distanza verso levante nella regione di Leonìsa, la quale sebbene appaja piccola, è tradizione fosse parrocchiale del villaggio così appellato; la terza di poca capacità anch’essa, e ad egual distanza dal paese verso ponente si denomina da s. Maria de Giossu. Le principali sacre solennità sono: quella del titolare addì 13 novembre, con gran concorso dai paesi d’intorno, e quella di s. Maria de Giossu nell’ottava dopo l’Assunzione con frequenza di stranieri, corsa di barberi, e altri popolari divertimenti. Il cimitero è all’estremità dell’abitato contiguamente alla chiesa di s. Giorgio. La popolazione di Azzàra nel 1805 sommava a. 1014, nel 1826 a 1300, nel 1833 a 1250 anime, distribuite in 310 famiglie.[...] Le principali strade che muovono dal paese sono: una a tramontana verso Sòrgono, capo-luogo del mandamento, a distanza di ore 3; altra a levante per a Belvì, distante ore 2, che passa per Monte o saltu de Susu, luogo scabrosissimo; la terza a mezzodì, che conduce a Meàna, distante ore 1 1/2; la quarta a ponente che accenna ad Ortuèri, ed a Busàchi, capo-luogo di provincia, distante ore 4. Meno quella che porta a Belvì, per la quale è gran pericolo passare a cavallo, le altre sono carreggiabili. Di quelle antiche costruzioni coniche, dette volgarmente norachi, non più di tre per tutto questo territorio sono riconosciute. È osservabile il denominato dess’abba-cadda (acqua calda) da una vicina sorgente di tal nome, qual si ebbe per la sua temperatura. Pare sia intatto. È alto palmi 25 (met. 6,50), con una circonferenza di palmi 40, ond’è da annoverarsi tra quei di terza grandezza. Altri due, uno in Suergeddu a ponente, l’altro in Niu-e-crobu a levante sono in gran parte diroccati.[...]
DÈSULO47. Terra della Sardegna nel distr. di Tonara della prov. di Busachi, già compreso nel Mandraccisai, dipartimento delle Barbagie e dell’antico giudicato d’Arborea. Sopra una delle montagne più vicine all’Argentu, colosso de’ monti sardi quasi a mezza la gran catena, fu fondata la popolazione, che così appellano, La Tradizione, che ancora ci addita il primo antico seggio di questa tribù in sull’estremo della gran valle nominata S’iscla de Belvì, nulla parola ne dice del quando sia avvenuto, che si sorgesse da quella bassa stanza in questi luoghi sublimi. 47
Angius V., Casalis G., Dizionario geografico – storico – statistico – commerciale degli stati di S. M. il Re di Sardegna, Torino, 1833, Voll. I-XXVIII, ora in voll. I-III, Cagliari 1992, Vol. I, pp. 55-57. 80
Nelle parti inferiori della pendice del Casta, o Genn-e-Casta, cui sono disposti in arco alcuni colli con apertura al greco, al levante, e al libeccio, e veramente a non lungo raggio, vedrai sopra il ruscello, che dicono Latalè in tre distinte frazioni questo comune. Asuài, che ha meno gente di ciascuna delle altre, sta più vicino a queste acque; lo è meno Issiria, che è il rione più popoloso, e giace a intervallo di circa un miglio. Tra’ quali in luogo superiore vedrai Uolaccio secondo per numero di abitanti.[...] Le case sono di un’architettura in tutte parti barbara. Molte sono di due piani, le più di tre, e generalmente lunghe le stanze infima, superiore e media di sette tese con soffitte poco elevate.[...] Grande squallore nei corpi, gran sudiciume nelle stanze fuliginose. Si sale su e giù per li due o tre piani sur un grossissimo tronco, nel quale sono regolari intaccature per iscaglioni. Al di fuori sogliono essere costrutte di pietre. Non molta differenza dalla casa d’un ricco proprietario, cui siano nel monte e nel piano molte greggie e molti armenti, e quella d’un uomo di piccola fortuna. Solamente i preti hanno abitazioni più decenti. [...] Popolazione. Componevasi nel 1836 di anime 1850, in famiglie 450, ed erano già dentro un anno nati 90; morti 45; celebratisi matrimoni 25. All’incremento è ancora una ragione da questo che vi sono ricoverati alcuni banditi non perseguitati, e che ritornaronsi alle lor case quelli cui era grave di vivere come gli animali selvaggi in luoghi così inospitali. [...] Cose sacre? È questo popolo sotto la giuridsdizione dell’arcivescovo d’Oristano. Ha cura delle anime un rettore con due coadjutori. Ha la decima da tutti i frutti, castagne, noci, pere, grano, orzo, dagli alveari, dalle greggie e dagli armenti. Per la quota del formaggio costumasi di offrire quello che ottengasi di latte in dieci giorni di luglio; dividendo così, che metà sia pel materiale della chiesa, un quarto al paroco, l’altro in eguali parti tra lui e i preti assistenti. La chiesa parrocchiale è sotto la invocazione di s. Antonio abbate. È stata non ha guari elevata dalle fondamenta in un bel disegno a tre navate con crociere e cupola, e lodasi più bella dell’altre de’ vicini dipartimenti. Trovasi nel rione di Issirìa. Negli altri, siccome chiedeva il bisogno ed il comodo, sono state istituite due proparrocchiali per l’amministrazione di tutti i sacramenti, e quella di Uolàcciu è dedicata alla Vergine del Carmine, quella di Asuàì a s. Sebastiano. Nel principal rione d’Issirìa sono due chiese figlia-li, una di s. Croce uffiziata da una confraternita, l’altra di s. Pietro fuori a distanza di mezzo miglia: e fuori Uolàcciu a quasi egual distanza s. Basilio Magno. Son quattro cemiteri presso alle chiese di s. Antonio, di s. Pietro, di s. Basilio, di s. Sebastiano.[...] Antichità. In tanta estensione sono pochissimi norachi, uno in Nuragè, l’altro in Gìrgini. Nel sito detto Nuracciòlu pare indicarsi dal nome ve ne sia stato alcun piccolo. Vestigia di popolazioni antiche sono vedute in Bidustà lungi un’ora dal villaggio verso Gìrgini, e in Notuedìa a mezza linea all’anzidetto sotto l’arco di Addettorgiu. Dicesi siano dei monumenti dell’antica situazione de’ desulesi giù alla valle dell’Iscla.[...]
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MEÀNA48. Villaggio della Sardegna nella provincia di Busachi compresa nel mandamento di Aritzo della prefettura di Nuoro. Fu parte dell’antico distretto della Barbagia Belvi nel Giudicato di Arborea. La sua situazione geografica è nella latitudine 39° 57', e nella longitudine occidentale dal meridiano di Cagliari 0° 4'.[...] Meana è traversato da due contrade principali, una che volgarmente è detta biru de curri ossia strada di corsa, e corre dal maestrale al sirocco, l’altra un po’ più curva, biru de corte, che corre da ponente a levante. Queste come pur le altre, sebbene non selciate nè lastricate, sono tutte carreggiabili e niente fangose nell’inverno. Il territorio di Meana in gran parte circoscritto dall’Arascisi ha una superficie non minore di miglia quadrate 35. Esso è in gran parte montuoso, tuttavolta sono poche parti aspre e scoscese, sì che in pochi tratti a diligenti coltivatori sarebbe vietato di far valere la loro opera. Tra’ monti meanesi sono degni di menzione Santelia così nominato per una chiesa rurale che sorgeva nella sua cima, e cadde già da circa un secolo, dalla cui sommità si domina un estesissimo orizzonte principalmente verso occidente dove la vista corre insino al mare. Da questo si protendono varii rami, e tutto il territorio resta così occupato dalle grandi masse, che non sia in nessuna parte un tratto di un miglio quadrato disteso in superficie piana. [...] Popolazione. Nell’anno 1840 il popolo meanese constava di famiglie 345 con anime 1507, nelle quali erano maggiori d’anni 20 maschi 450, femmine 470, minori maschi 315, femmine 272.[...] Le vie da questo ai paesi circonvicini sono scabre e ora ripide ora precipitevoli, dove è maraviglia che possano andare i carri con le ruote a chiodi puntati, e fa compassione vedere lo sforzo de’ buoi che traggono dalle corna un traino pesante che li tira in giù, o che sostengono sulle medesime la spinta che sentano in luogo sdrucciolo. Si va da Meana a Samugheo verso ponente in tre ore; verso levante ad Aritzo in altrettanto tempo; verso tramontana ad Atzara in un’ora e mezzo; verso maestrale a Busachi, capoluogo della provincia in ore cinque, e un po’ sopra il ponente a Oristano capoluogo della diocesi in ore dieci. Religione. I meanesi sono sotto la giurisdizione del-l’arcivescovo di Oristano, e governati nelle cose spirituali da un rettore con l’assistenza di tre sacerdoti. La chiesa parrocchiale è sotto l’invocazione di s. Bartolommeo apostolo, e tiensi essere la più bella che sia nella montagna. Divisa in tre navate ha la cappella maggiore di marmo di bell’architettura, e adorna della statua del titolare, e de’ simolacri de’ due apostoli Pietro e Paolo; ed è ben fornita delle necessarie suppellettili e degli arredi sacri. Il campanile è alto di 150 palmi, e ben disegnato. Le chiese minori sono quattro, una dedicata al martire s. Sebastiano per voto in tempo di contagio, presso la quale era ancora intorno al 1730 un ospizio 48
Angius V., Casalis G., Dizionario geografico – storico – statistico – commerciale degli stati di S. M. il Re di Sardegna, Torino, 1833, Voll. I-XXVIII, ora in voll. I-III, Cagliari 1992, Vol. I, pp. 86-87. 82
de’ padri Trinitarii; l’altra denominata dal Santo Salvatore in onore della sua Trasfigurazione; la terza intitolata da s. Antonio abate; e la quarta da S. Francesco Saverio. Le feste principali occorrono addì 9 settembre, per la trasfigurazione del Redentore, con molta frequenza degli uomini dei paesi circonvicini, e nella terza domenica dello stesso mese in onore della Vergine, che intitolarono di Adamo, nel qual giorno si solea correre il palio in tali luoghi, dove difficilmente vanno i pedoni. Intorno alla chiesa di s. Sebastiano, che sta al meriggio a trenta passi di distanza dalle ultime case, si formava il camposanto fino dal 1816. I meanesi ben illuminati da’ loro sacerdoti non riclamarono contro quel savio provvedimento del governo, e fin d’allora si cessò di seppellire i cadaveri nelle chiese. Fuori del paese erano tre chiese, le quali da qualche tempo giacciono rovinate. S. Elia profeta sorgeva nella cima del monte di tal nome, a levante e a un’ora e mezzo; S. Elena era nella regione meanese del Sarcidano al sirocco e a due ore; e S. Lussorio martire sardo in sulle colline di Gasti, al greco e a mezz’ora. Furono esecrate e disfatte perchè in quei tempi che le campagne erano sparse di malviventi e banditi, questi vi si ricoveravano e le profanavano. Antichità. Nel territorio meanese sono conosciuti otto norachi, il maggiore de’ quali è collocato sulla cima dell’alto colle che appellano Norza. Esso è degno di essere osservato per la grandezza della costruzione, l’enormità de’ sassi, e la particolarità dell’impasto d’argilla, che fu adoperato dai fabbricatori. Gl’ingressi sono quasi tutti in forma triangolare, per i quali bisogna passare poco men che carpone; le camere potrebbero piuttosto che ovoidi dirsi conoidi. Entrasi dalla parte d’austro-sirocco nella prima camera, la quale in alcune parti è rovinata, e quindi se ti volgi a destra entrerai in altra camera, di cui è caduta mezza la volta; se a sinistra potrai tra’ caduti sassi penetrare in altra camera ancor intera; e andando di fronte vedrai un’altra camera, dalla quale se pieghi a dritta in un vacuo ti troverai a piè d’una scala, per la quale procedendo spiralmente giungerai alla camera superiore che è scoperta pel disfacimento della volta, e se pieghi a sinistra entrerai in una camera ancor intera. Quest’edifizio nol potrai girare nella cinta esterna in meno di ducento passi. Intorno è una gran quantità di massi diroccati. Dopo questo, l’altro che meriti d’esser veduto è il norache Ere posto in cima d’una collina, costrutto coll’impasto dell’argilla, e con un ingresso incontro al sirocco. Entrato nella camera ti vedrai aperto dalla parte di maestrale un altro ingresso in forma triangolare e un altro vacuo. Gli altri sei sono nei luoghi detti di Martuzzus, Cortinas, Ziligorru, MontiguPisanu, Calavrigus e Maria-cantada, i quali sono quasi totalmente distrutti. L’ultimo pare essere stato di molte parti, e meriterebbe essere considerato. Corona dessu Taccu. Nel luogo così detto è una spelonca, ma il varco è così angusto che non vi si può penetrare, e nessuno travagliò a slargarlo. Vi è un bell’eco, e quando vi si entrerà si vedranno bellissime stalattiti.[...]
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ORTUÈRI49. Hortus-heri, villaggio della Sardegna nella provincia e prefettura di Nuoro compreso nel mandamento di Sorgono, che facea parte del distretto del Mandrelisai nel giudicato d’Arborea. Le sue determinazioni geografiche sono nella latitudine 40° 2', e nella longitudine occidentale dal meridiano di Cagliari 0° 7' 30".[...] Popolazione. Componesi di anime 1690 in circa, le quali si devon distinguere in maggiori, maschi 400, femmine 435, e minori, maschi 400, femmine 415, quindi distribuirsi in famiglie 412. Il movimento della medesima può intendersi dalle medie seguenti, nascite 52, morti 27, matrimoni 12: non pochi prolungan la vita sin verso i novanta, quelli massimamente che conservano le vesti nazionali adattate al clima.[...] Nella region centrale, in cui è questo paese, trovasi distante dalle grandi strade, e le vie che conducono a Oristano, che è la città con cui si può commerciare, sono aspre pel vettureggiamento, e frequentemente rotte dai fiumi. Le condizioni, che sono migliorate per quelli che si trovano presso alla gran strada, sono invariate per gli altri che ne sono distanti; ondechè si desidera che l’opera delle strade prosegua con tutta attività, e si facciano le diramazioni che sono necessarie per agevolare i commerci. I carrettoni sono un mezzo più celere ed economico, che i cavalli e i carri, che tuttora si adoperano pel trasporto nella massima parte de’ paesi interni. Religione. La parrocchia d’Ortuèri che probabilmente apparteneva alla diocesi di Forotrajano, che poi fu detta di s. Giusta, restò inclusa in quella di Oristano, dopo il traslocamento della sede arcivescovile da Tarra in questa città. Il sacerdote deputato al ministerio pastorale su questo popolo ha il titolo di rettore ed ha tre coadiutori. La chiesa maggiore ha per titolare s. Nicolò vescovo di Bari. Fu fabbricata intorno al 1730 secondo il disegno d’un certo Maino, e vi è qualche merito d’arte. Contiguo alla medesima è un oratorio con cemiterio, dove si seppelliscono i cadaveri. La situazione del medesimo è all’estremità del paese, e siccome non si opera secondo le norme già saggiamente stabilite dal governo, però l’aria alcune volte sentesi contaminata. Fuor del paese in distanza d’un quarto d’ora è una cappella sacra alla B. Vergine nella sua natività. Si festeggia per il titolare della chiesa parrocchiale, una volta nella terza domenica di maggio, l’altra addì 6 dicembre, e si tiene fiera per l’una e per l’altra, coll’intervento di moltissima gente da’ paesi circonvicini. Agli 8 settembre ricorre la festa nella chiesa rurale, dove parimente concorrono de’ mercanti e si corre il pallio. Antichità. Tre soli nuraghi sono indicati entro i limiti di questo territorio, uno in Ena-longa, l’altro conosciuto particolarmente con l’appellativo di Nuraghi, il terzo in Leonai. I medesimi sono in gran parte distrutti.
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Angius V., Casalis G., Dizionario geografico – storico – statistico – commerciale degli stati di S. M. il Re di Sardegna, Torino, 1833, Voll. I-XXVIII, ora in voll. I-III, Cagliari 1992, Vol. II, pp. 32-33. 84
Osservansi vestigie d’antiche popolazioni e indizi de’ tempi romani ne’ siti nominati Planu de Sii, Trigacori, Licori, Erriu e sa Perda acuzza. Si rinvenne tra le altre cose qualche frammento d’iscrizione. Le poche memorie risguardanti il Mandrelisai furono già riferite nella storia d’Oristano
SAMMUGHEO [Samugheo]50. Villaggio della Sardegna nella provincia di Busachi compreso nel mandamento di Sorgono della prefettura di Nuoro e nell’antica curatoria del Mandra-e-Lisai del regno d’Arborea. La sua situazione geografica è nella latitudine 39° 56' 50" e nella longitudine occidentale dal meridiano di Cagliari 0° 1' 30". Popolazione. Il comune di Sammugheo consta di anime 1880, distinte in maggiori di anni 20, maschi 469, femmine 453, e minori maschi 458, femmine 500, distribuite in famiglie 417. [...] Religione La parrocchia di Sammugheo è compresa nella diocesi di
Oristano, ed è governata da un parroco, che ha il titolo di rettore, con l’assistenza di altri due preti. La chiesa maggiore è dedicata a s. Sebastiano martire per voto fatto dopo qualche pestilenza. Le chiese minori, od oratorii sono dedicati, uno alla N. D. del Rosario, la quale è contigua alla parrocchiale, l’altro a s. Croce, il terzo a s. Michele, detto in forma catalana san Migueu. Dal nome di questa chiesa, che fu già la parrocchiale del paese, come provasi da scritture antiche, questo prese il nome che conserva ancora. Indi dovrebbe dedursi il suo principio non molto lontano, ed io lo porrei dopo la distruzione del Giudicato di Arborea, e probabilmente nel tempo de’ marchesi di Oristano, e segnatamente quando dominava l’Alagon, se pure la popolazione che era in qualche sito non lontano non siasi trasmutata presso questa chiesa. Fuori del popolato a mezzo miglio di distanza trovasi la chiesa di s. Basilio, dove si celebrava nel primo giorno di settembre la festa di detto santo, e si tiene fiera e corsa di cavalli con grande affluenza di gente da’ luoghi e dipartimenti vicini, e di mercanti accorrenti da diverse parti con molti generi esteri e coloniali. Il cemitero è fuori della popolazione, attiguo all’antica parrocchia di s. Michele, alla parte meridionale. Antichità. In questo territorio sono in gran numero i nuraghi, e alcuni meno disfatti degli altri. Tra essi è notevole il nuraghe Longu, così detto per la sua singolare altezza. Esso trovasi a due miglia e mezzo dal paese verso tramontana, e posto in una eminenza è visibile da lungi. Popolazioni estinte. A poca distanza dal paese trovansi vestigie di antiche abitazioni, e pare fossero casali, o porzioni di qualche comune. Sono notevoli le rovine che si vedono a ponente del paese nel luogo detto Morosmeres, dove sussistono ancora le mura della chiesa parrocchiale denominata da s. Gemiliano, e si rinvengono molte monete d’oro e di rame 50
Angius V., Casalis G., Dizionario geografico – storico – statistico – commerciale degli stati di S. M. il Re di Sardegna, Torino, 1833, Voll. I-XXVIII, ora in voll. I-III, Cagliari 1992, Vol. II, pp. 56-58. 85
dell’epoca romana, dalle quali accrebbesi la raccolta numismatica del museo di Cagliari. Era pure abitato il luogo di s. Maria, così detto dalla chiesa parrocchiale, di cui restano ancora le mura, essendo intorno alla medesima molta quantità di rottami, e apparendo molte vestigie di case. Nelle tradizioni del paese non è nessuna memoria del tempo, in cui si spensero quei popoli e per quali cause. Castello di Medusa. Nella punta più meridionale della notata massa montuosa del territorio di Sammugheo che il fiume Aragi delinea quasi nella forma di un pollice trovasi quest’opera del medio evo, ragguardevole per il lavoro, ma difficilmente accessibile per causa del fiume e per la natura stessa del luogo. Chi vi potè penetrare ne lodò le ampie sale, e gli ornamenti, onde si dedusse che appartenesse a qualche personaggio assai potente. Di questo castello non è alcun cenno negli scritti finora conosciuti del medio evo, e nè pure nelle infeudazioni. Il nome mitologico, con cui è appellato, forse non è quello che aveva ne’ tempi, quando era abitato, ed è probabile che sia stato così riformato nella pronunzia del popolo, o da quelli che credettero trovare un indizio di quella Medusa, figlia di Forco, re di Sardegna, che il Fara, in sulla fede del Bergamense, dice aver regnato in Sardegna per anni 28, e celebra siccome bellissima di tutte le donne di sua età, secondo l’autorità d’Isacio, e aggiunge ricchissima, e piena di forza, della quale dava prove maravigliose nelle frequenti caccie.
SORGONO o SOLGONO51. Villaggio della Sardegna nella provincia di Oristano, capoluogo di mandamento del tribunale di prima cognizione di Oristano, compreso nel distretto della Barbagia di Mandra-e Lisai, che era parte dell’antico regno di Arborea. La sua posizione geografica è nella latitudine 40° 1' 30", e nella longitudine occidentale dal meridiano di Cagliari 0° 0' 30".[...] Popolazione. Nel censimento del 1846 si notarono in Sorgono anime 1584, divise in famiglie 369 e in case 353.[...] Sorgono tiene al levante Tonara in distanza di miglia 2 1/2 in linea retta, dove però per la tortuosità e scabrezza dei sentieri non si va in meno di ore 1 1/2; Ortueri a ponente-maestro a miglia 5 1/2 per una via di ore 2 1/2; Atzara a miglia 2 a ostro-libeccio e a più d’un’ora di cammino; Austis verso il settentrione a miglia 3 3/4 a ore 2 di viaggio. Ho detto sentieri e non strade, perchè si cammina sulle roccie incurvando la direzione ad ogni tratto: quindi non vi si può carreggiare, e i trasporti si devon fare sul dorso de’ cavalli. Ma queste condizioni miglioreranno quando si traccerà la gran via di levante, la quale dovrà passare a non molta distanza dal paese. Religione. Sorgono trovasi compreso nella giurisdizione dell’arcivescovo di Oristano, ed è servito nelle cose spirituali da quattro preti, il primo de’ quali si qualifica rettore. 51
Angius V., Casalis G., Dizionario geografico – storico – statistico – commerciale degli stati di S. M. il Re di Sardegna, Torino, 1833, Voll. I-XXVIII, ora in voll. I-III, Cagliari 1992, Vol. II, pp. 72-73. 86
La chiesa parrocchiale è intitolata dalla SS. Vergine Assunta. L’architettura è antica, ma piuttosto regolare. Il corpo della chiesa è a tre navate con quattro cappelle per lato, volta solida, e un ampio ed elevato santuario cinto da una bella balaustrata, altare di marmo e un coro con bella seggeria. La sacristia è fornita di molti paramenti e di sufficiente argenteria. La facciata della chiesa, rivolta a ponente, ha tre porte e prossimo un bellissimo campanile. Le chiese minori dentro l’abitato sono tre, ed han titolo, una dalla Vergine del Soccorso, l’altra da s. Antonio abate, la terza dalle Anime purganti. Evvi pure un oratorio di patronato della casa Urru-Serra, dedicato alla SS. Vergine del Carmine, il cui simulacro è d’una rara bellezza, come pure quello del B. Simone Anglico, atteggiato a ricevere il sacro abitino. Le principali solennità del comune sono per l’Assunzione della B. V., e per la festa del Salvatore addì 9 novembre. Nel vespro della prima si corre il palio, e può immaginare il lettore quanto pericolo sia in questa corsa per luoghi tanto aspri. Non essendo formato un camposanto si seppelliscono i cadaveri in una vecchia chiesa rurale dedicata a s. Sebastiano e distante dal popolato sette minuti in circa. Verso il ponente-libeccio del paese alla distanza di un’ora e un quarto trovasi la chiesa rurale di s. Mauro abate, forse la più grande e bella chiesa fra le rurali dell’isola. È di antica struttura e di una sola navata, a vòlta solida, con alcuni altari a’ lati. Vige la tradizione che fosse presso la medesima un monisterio di benedittini. Vi si festeggia per il titolare nel primo di giugno con gran concorso di gente ne’ cinque o sei giorni precedenti da tutte le parti. In quei giorni vi si tiene una gran fiera, massime di panni, ferrame, corame, terraglie, cavalli ecc. Antichità. Molti piccoli nuraghi trovansi dentro la circoscrizione del paese, ma i più sono in massima parte distrutti. Quelli che restano ancora poco diminuiti sono il nurachi arrubiu, il nurachi de Bellu, il nurachi de Stellì. La circonferenza de’ medesimi è da metri 7 a 10, con altezza da 5 a 6 e adito poco più alto d’un metro. Quelli che sono disfatti per metà e più si trovano ne’ luoghi detti Calamaèra, s’arjola dess’homine, sa fedda dessa tumba, nurachi de Kervos, Molumenta, Pirastu albu, Serdazzu, Talè, Bardacollo, sa Zuddia, che trovasi nel limite con Azzara. Sa Perda e Onnigheddu, o Donnigheddu (la pietra del Donnicello) è un masso dove è scavata una di quelle cavernette, dette altrove domos de vajanas. L’adito è una finestrina, l’interno spazio è circolare e basso a modo d’un forno. In distanza di mezz’ora da questo paese alla parte di mezzogiorno trovansi le vestigie d’un villaggetto distrutto, che appellavasi Spasulè, dove esiste ancora una chiesetta dedicata a s. Giacomo apostolo, e nella cui commemorazione vi officia il clero di Tonara per la ragione che il popolo di detto villaggio era curato nelle cose spirituali dal paroco di quel paese. Lo spopolamento di Spasulè si riferisce al 1710.
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I giovani di quel paese che erano al servigio de’ principali di Sorgono essendosi accasati in questo luogo vi fermarono il domicilio, i vecchi loro genitori non volendo restar soli in quella terra vi si portarono, e così Spasulè restò deserto, ma i suoi terreni furono annessi al territorio di Sorgono in virtù de’ loro diritti. Sorgono con gli altri cinque villaggi (Desulo, Tonara, Azzara, Ortueri e Samugheo), che compongono la contrada di Mandrelisai, ebbero sempre il titolo di comuni reali, e se fu infeudata la medesima a un barone questo non ebbe alcuna giurisdizione, ma solo la signoria utile. La curia di Sorgono era governata da un delegato consultore, il quale era giudice ordinario di Sorgono e di Azzara, e avea subordinati i reggenti officiali di Tonara e Desulo, di Ortueri e Samugheo. Questa contrada reale avea avuto da’ re d’Aragona e di Spagna il privilegio di essere governata da un delegato nativo della medesima, che eleggevasi dal Re sulla terna che presentavasi da’ comuni, e ciò mediante la finanza di scudi 4500. Il re Carlo Emanuele con diploma de’ 28 luglio 1740 confermava questo privilegio. Il diploma conservasi originalmente nell’ufficio d’insinuazione di Sorgono.
TONARA52. Villaggio della Sardegna nella provincia di Nuoro, capoluogo di mandamento, sotto il tribunale di prima cognizione della predetta città. È compreso nella Mandra-e-lisai, regione della Barbagia, e dipartimento dell’antico regno di Arborea. La sua posizione geografica è nella latitudine 40° 1' 10", e nella longitudine orientale dal meridiano di Cagliari 0° 4'. [...] Il comune di Tonara è diviso in quattro frazioni o rioni, che nel paese diconsi vicinati. Questi vicinati sono ordinati in scala nella discesa del monte, o nella sua pendice. Il rione superiore e insieme il più popolato ha il nome proprio di Arasulè, ed è disposto incontro all’austro. Il secondo è detto Tòneri o Tòniri, meno popolato del precedente, ma più degli altri. Ha questo nome perchè dalla parte di ponente si appoggia al gran colle detto su Toni o Tòniri, onde resta in esposizione incontro al levante. Il terzo si nomina di Taleseri, resta più a levante degli altri ed esposto all’austro. Il quarto, inferiore agli altri perchè prossimo agli ultimi gradi della pendenza, e meno degli altri popolato, appellasi di Ilalà, giace al scirocco degli altri e riguarda il ponente, restando diviso da Taleseri per un ruscello, che ha le sue scaturigini nella parte superiore della montagna, volgarmente appellata del Sèssini. Le strade del paese sono in generale scoscese e strette. Ma fuori del paese a piccola distanza trovansi alcuni tratti dove si può passeggiare, e nell’estate rallegrasi la vista in una prospettiva amenissima, e da qualche parte assai larga..[...] 52
Angius V., Casalis G., Dizionario geografico – storico – statistico – commerciale degli stati di S. M. il Re di Sardegna, Torino, 1833, Voll. I-XXVIII, ora in voll. I-III, Cagliari 1992, Vol. II, pp. 91-93. 88
Religione. I tonaresi sono sottoposti alla giurisdizione dell’arcivescovo di Oristano, e sono curati nelle cose dell’anima da un rettore assistito da tre preti, che in altro tempo giunsero sino a sette. La chiesa parrocchiale ha per titolare e patrono l’Arcangelo s. Gabriele, chiesa non ben capace se poi intervenissero molti anche dai tre rioni inferiori, poco adorna, e poveramente provveduta. Entro l’abitato sono altre quattro chiese, due nel rione di Arasulè, una intitolata dalla s. Croce, che è oratorio della confraternita dello stesso nome, ove tengonsi i sacramenti del viatico, e dell’olio santo per comodo del clero e del popolo componente quel rione; l’altra dedicata a s. Antonio di Padova, la quale resta in piccola distanza fuori del rione stesso. Le altre due sono prossime a’ due rioni inferiori: quella di s. Leonardo in poca distanza da Taleseri, e quella di s. Sebastiano martire a pochi passi dal rione di Ilalà. Eravi sino al 1820 un’altra chiesa filiale detta di s. Anastasia, la quale fu poi profanata e distrutta, perchè era mancata la sua dote. I tonaresi credono che quella sia stata la più antica parrocchia del comune. Le feste principali che si celebrano in Tonara sono tre, e a queste concorre gran quantità di gente dai vicini paesi. La prima per s. Antonio di Padova ricorre addì 13 giugno. La festa dura due giorni, e la piazza della chiesa prende l’aspetto d’un mercato. Dopo i vespri della festa si corre il palio; ma bisogna dire che i premi sono meschini, consistendo essi in alcune decine di palmi di velluto nero o azzurro. La seconda è festa votiva per s. Sebastiano, e cade nella domenica immediata alle feste di s. Antonio, onorata essa pure da molto concorso di forestieri; ma senza fiera e corsa. La terza è pure votiva in onore dell’Arcangelo Gabriele, e si celebra nel primo d’agosto. Questa è una delle feste che dicono de corriolu, nelle quali gli ospiti non solo sono trattati con tutta cortesia e lautezza, ma nel partirsi sono regalati d’un brano di carne (corriolu) per portarlo alla famiglia. Manca ancora il camposanto, e i defunti sono sotterrati intorno alla chiesa parrocchiale, dentro il cortile. Chiese campestri. Appartenente alla parrocchia di Tonara, nel territorio di Sorgono, a circa due ore verso ponente, trovasi la chiesa rurale dell’apostolo s. Giacomo, il maggiore. Occorrendo la festa a’ 25 luglio, il clero di Tonara vi si porta e funziona. Ragione di questo fatto si è che era questa la parrocchiale di un paese appellato Spasulè, deserta da circa 120 anni, e che gli ultimi abitatori del medesimo essendosi ricoverati in Tonara, riconobbero per loro paroco il rettore di Tonara, il quale da quel tempo cominciò a intitolarsi anche rettore di Spasulè, per la giurisdizione canonicamente confertagli su quella parrocchia. Gli emigrati di Spasulè avendo seco portato i loro diritti nel nuovo domicilio, e lasciatili a’ tonaresi, questi avrebbero dovuto avere la proprietà de’ territorii di Spasulè, come erasi fatto in simili casi in molti altri luoghi; ma quei di Samugheo, di Sorgono e di Atzara, quando videro deserto Spasulè, invasero quel territorio e sel divisero, togliendosi ciascuno la parte che meglio gli accomodava. I tonaresi sentendosi inferiori contro i tre popoli
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collegati, si astennero dalla violenza, che sarebbe tornata inutile, anzi dannosa, e tentarono le vie legali per vendicare i loro diritti. La lite, come si dee supporre, per la conosciuta natura degli avvocati, fu tratta in lungo, poi quando la causa parea matura, allora, non si sa nè come nè perchè, si cessò dalle instanze. Sospettasi che i tre paesi persuasi di essere obbligati a rimettere a’ tonaresi le terre di Spasulè, abbiano corrotto quelli che nel paese avevano maggiore influenza. Restano poi dentro i termini veri di Tonara in varii punti tali vestigia, che provano avervi abitato altre tribù. Non è però rimasta alcuna notizia nè del nome delle popolazioni, nè del tempo in cui furono abbandonate, nè di altro accidente, per cui sieno cadute. A ponente del paese a circa un quarto d’ora, nel luogo detto Petras-lobadas, scavando si sono trovati veri oggetti di archeologia, e diverse monete. Ad ostro a circa mezz’ora nella regione detta Santu Leo, sono vestigie di antiche mura. Alla stessa parte, a mezz’ora da Ilalà, nel luogo detto Su Mamui, vedonsi altri indizii, a’ quali i tonaresi danno il nome di Bidda intra errios (villa tra’ rivi). E finalmente alla parte di maestrale, nel luogo detto Mattalè, in distanza di tre quarti d’ora, si osservano altre indicazioni di antica abitazione. Non si può notare in questo territorio nessun nuraghe!!!
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Indice delle illustrazioni53 Illustrazione 1: Carta dei regni Sardi.................................................................................7 Illustrazione 2: Giudicati e curatorie...............................................................................12 Illustrazione 3: Il giudicato di Arborea............................................................................14 Illustrazione 4: Principali vie di comunicazione della Sardegna giudicale.....................16 Illustrazione 5: Territorio della curatoria del Mandrolisai..............................................31 Illustrazione 6: Il territorio del Mandrolisai....................................................................32 Illustrazione 7: Ortueri. IGM Carta d'Italia Foglio N° 515 Sez. II, scala 1:25000..........35 Illustrazione 8: Samugheo. IGM Carta d'Italia Foglio N° 529 Sez. I, scala 1:25000......37 Illustrazione 9: Castelli del Giudicato di Arborea...........................................................39 Illustrazione 10: Planimetria del castello di Medusa.......................................................41 Illustrazione 11: Castello di Medusa a Samugheo...........................................................42 Illustrazione 12: Castello di Medusa a Samugheo...........................................................43 Illustrazione 13: Desulo. IGM Carta d'Italia Foglio N° 516 Sez. II, scala 1:25000........44 Illustrazione 14: Atzara. IGM Carta d'Italia Foglio N° 530 Sez. IV, scala 1:25000.......45 Illustrazione 15: Chiesa di San Giorgio - Atzara.............................................................46 Illustrazione 16: Chiesa di Sant'Antioco - Atzara...........................................................47 Illustrazione 17: Localizzazione dell'antico villaggio di Leonissa nel territorio di Atzara. .........................................................................................................................................49 Illustrazione 18: Chiesa di Santa Maria de Susu - Leonissa............................................50 Illustrazione 19: Ruderi dell'antico villaggio di Leonissa...............................................50 Illustrazione 20: Sorgono. IGM Carta d'Italia Foglio N° 516 Sez. III, scala 1:25000....51 Illustrazione 21: Localizzazione dell'antico villaggio di Spasulè nel territorio di Sorgono............................................................................................................................52 Illustrazione 22: Ruderi del villaggio di Spasulè.............................................................53 Illustrazione 23: Chiesa di San Giacomo Apostolo - Spasulè.........................................53 Illustrazione 24: Meana Sardo. IGM Carta d'Italia Foglio N° 530 Sez. IV, scala 1:25000 .........................................................................................................................................54 Illustrazione 25: Chiesa di San Bartolomeo a Meana......................................................55 Illustrazione 26: Tonara. IGM Carta d'Italia Foglio N° 516 Sez. II, scala 1:25000........56 53
Le illustrazioni n. 1, 3, 5 sono tratte da CASULA F. C., La storia di Sardegna, voll. I-III Sassari, 1994, pp. 444, 675, 682. Le illustrazioni n. 9, 10 sono tratte da FOIS F., Castelli della Sardegna medievale, Milano 1992, pp. 108, 151. Le illustrazioni rimanenti, ove non specificato, sono di proprietà dell'autore. 91
Illustrazione 27: Spostamento degli insediamenti abitativi nel territorio di Tonara.......57 Illustrazione 28: Chiesa di Sant'Anastasia - Tonara........................................................59 Illustrazione 29: Retablo della chiesa di Santa Anastasia. La crocifissione....................63 Illustrazione 30: Retablo della chiesa di Santa Anastasia. Arcangelo Michele...............65 Illustrazione 31: Retablo della chiesa di Santa Anastasia. Giudizio Universale.............67 Illustrazione 32: Chiesa di San Mauro, Sorgono, in una fotografia di inizio secolo scorso...............................................................................................................................69 Illustrazione 33: Incisione nella facciata della chiesa con datazione 1656.....................70 Illustrazione 34: Rosone della chiesa di San Mauro........................................................71 Illustrazione 35: Chiesa di San Mauro - Cumbessias......................................................72 Illustrazione 36: Fiera dei cavalli a San Mauro in una fotografia del secolo scorso.......73 Illustrazione 37: Interno della chiesa di San Mauro,.......................................................74 Illustrazione 38: Chiesa di San Mauro............................................................................75
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Indice generale Introduzione.......................................................................................................................2 I regni giudicali..................................................................................................................6 Giudicati e curatorie........................................................................................................12 Le curatorie arborensi......................................................................................................14 Viabilità nell'Arborea giudicale.......................................................................................16 Le diocesi di Arborea......................................................................................................18 Il condaghe di Santa Maria di Bonarcado.......................................................................21 Il trattato di pace di Eleonora..........................................................................................25 Elenco dei rappresentanti delle curatorie del Mandrolisai e della Barbagia di Belvì. 28 La curatoria del Mandrolisai............................................................................................31 Atzara:....................................................................................................................34 Desulo: ..................................................................................................................34 Leonissa: ...............................................................................................................34 Ortueri: ..................................................................................................................34 Samugheo: .............................................................................................................34 Sorgono: ................................................................................................................34 Spasulè: .................................................................................................................34 Tonara: ..................................................................................................................34 I centri abitati del Mandrolisai ai giorni nostri................................................................35 Ortueri:........................................................................................................................35 Samugheo....................................................................................................................37 Il castello di Medusa a Samugheo...................................................................................39 Desulo ........................................................................................................................44 Atzara .........................................................................................................................45 Leonissa......................................................................................................................49 Sorgono:......................................................................................................................51 Spasulè........................................................................................................................52 Meana..........................................................................................................................54 Tonara.........................................................................................................................56 I retabli della chiesa di Santa Anastasia..........................................................................60
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Il santuario campestre di San Mauro...............................................................................69 APPENDICE...................................................................................................................76 BARBAGIA – MANDROLISAI................................................................................76 AZZARA o ATZARA................................................................................................79 DÈSULO.....................................................................................................................80 MEÀNA......................................................................................................................81 ORTUÈRI...................................................................................................................83 SAMMUGHEO [Samugheo]......................................................................................84 SORGONO o SOLGONO..........................................................................................86 TONARA....................................................................................................................88 INDICE DELLE ILLUSTRAZIONI...............................................................................91 BIBLIOGRAFIA.............................................................................................................93 FONTI EDITE............................................................................................................93 LETTERATURA........................................................................................................93 INDICE GENERALE......................................................................................................98
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