A.D. MDLXII
U NIVERSITÀ DEGLI S TUDI DI S ASSARI F ACOLTÀ
DI
G IURISPRUDENZA
___________________________
CORSO
DI
L A U R E A M A GI S T R A L E
IN
G I U R I S PR U D E N ZA
DIRITTO ALL’INFORMAZIONE NELL’ORDINAMENTO EUROPEO ALLA LUCE DEL REGOLAMENTO (CE) N. 1049/2011, DEL 30 MAGGIO 2011
Relatore: CHIAR.MO PROF. PAOLO FOIS
Tesi di Laurea di: ANGELA F RANCESCA PALA
ANNO ACCADEMICO 2010/2011
Indice
CAPITOLO PRIMO I PRINCIPI DEL DIRITTO ALL’INFORMAZIONE NELL’ORDINAMENTO EUROPEO 1.1 Nozione di diritto dell’informazione e ambito di applicazione
2
1.2 Genesi del diritto all’informazione nell’ordinamento europeo
14
1.3 Evoluzione del diritto all’informazione in ambito europeo
23
1.4 La libertà d’informazione nella giurisprudenza relativa all’articolo 10 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo
41
1.5 Fondamento giuridico e limiti applicativi del diritto d’accesso: le sentenze pronunciate dal Tribunale e dalla Corte di giustizia nei casi, Paesi Bassi, The Guardian, WWF UK interporc, Vand der Wal
53
CAPITOLO SECONDO IL DIRITTO ALL’INFORMAZIONE E IL DIRITTO ALL’ACCESSO DEL PUBBLICO AI DOCUMENTI AI SENSI DEL REGOLAMENTO(CE) N. 1049/2001 DEL
PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO, DEL 30 MAGGIO 2001, RELATIVO ALL’ACCESSO DEL PUBBLICO AI DOCUMENTI DEL PARLAMENTO EUROPEO, DEL CONSIGLIO E DELLA COMMISSIONE.
2.1 Il regolamento 1049/2001: obbiettivi, condizioni e limitazioni
80
2.2 Destinatari e campo di applicazione
95
2.3 Limiti applicativi del diritto di accesso ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio della Commissione
104
2.4 Proposizione della domanda di accesso
113
2.5 Esame e trattamento della domanda di accesso
116
2.6 Prassi applicativa del regolamento 1049/2001: le sentenze pronunciate nei casi Turco, Mara Messina, IFAW internationaler Tiershutz-Fonds GmbH
120
CAPITOLO TERZO L’ACCESSO DEL PUBBLICO AI DOCUMENTI DEL PARLAMENTO EUROPEO, DEL CONSIGLIO E DELLA COMMISSIONE: LE VARIAZIONI APPORTATE AL REGOLAMENTO 1049/2001 E LE PROPOSTE DI ULTERIORI MODIFICHE
3.1 Accesso del pubblico ai documenti detenuti dalle istituzioni della Comunità europea. Esame della situazione attuale
155
3.2 Il mediatore europeo e il diritto di accesso agli atti delle istituzioni
166
3.3 Il diritto d’accesso e l’informazione ambientale
175
3.4 Proposte di miglioramento delle regole di accesso ai documenti
183
3.5 Aspetti esaminati nel processo di revisione. Le principali questioni oggetto delle sopraindicate proposte
192
3.6 La proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio (COM(2008) 229 def.), del 30 aprile 2008
198
Bibliografia
210
Elenco documenti citati
216
Giurisprudenza citata
234
Capitolo primo
I
princìpi
del
diritto
nell’ordinamento europeo
1
all’informazione
1.1 Nozione di diritto dell’informazione e ambito di applicazione.
Il passato dimostra che alla base di un ordinamento democratico vi è la garanzia per i cittadini di potersi liberamente formare attraverso l’acquisizione di notizie, dati ed informazioni. Il diritto dell’informazione costituisce la base per lo sviluppo di un sistema democratico, esso è l’indispensabile mezzo per la crescita e per la partecipazione degli individui alla vita democratica del Paese. Un aspetto fondamentale del diritto dell’informazione è dunque
la
libertà
d’informazione
che
racchiude
l’aspetto
giuridicamente rilevante della diffusione di notizie e della loro acquisizione. Essa incarna quindi un princìpio meritevole di tutela giuridica; il suo contenuto come diritto dell’individuo si manifesta sotto tre diversi aspetti: libertà d’informare, libertà di essere informati e libertà d’informarsi. La libertà di informare costituisce l’aspetto passivo della libertà di informazione e si sostanzia nella ricezione indipendente dei dati, che ne costituisce la base imprescindibile; la libertà di informare ha pertanto come presupposto necessario la libertà di
2
informarsi1, di conseguenza tanto maggiormente un ordinamento favorirà l’attività d’informazione tanto più faciliterà l’attività passiva di ricezione delle informazioni. Tale relazione però non è sempre consequenziale poiché altri elementi quali le circostanze ambientali, economiche, politiche e sociali possono influire negativamente su di essa. Per libertà di informarsi si intende invece il diritto di svolgere azioni dirette all’accesso alle fonti di informazione. La protezione di tale diritto è relativa esclusivamente all’assembramento di informazioni, e non anche all’acquisizione di esse; quest’ultimo diritto infatti concerne principalmente coloro che praticano impieghi relativi alla comunicazione d’informazioni, per lo svolgimento dei quali è essenziale l’acquisizione delle stesse, che necessita di garanzie. Il
diritto
pieno
di
recepire
informazioni
appartiene
astrattamente ad ogni persona fisica o giuridica nel momento in cui viene esercitato ed è soggetto ad una serie di misure restrittive, palesandosi nella sua particolarità di essere formato dalla summa di
1
G. FERRANTI, L’evoluzione della libertà d’informazione nella giurisprudenza degli organi della convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, Torino, 2004, pp. 12 e ss., cfr. nota numero 5;
3
una serie di interessi giuridicamente rilevanti e differentemente tutelati. Il diritto all’informazione contemplato nelle costituzioni dei moderni Stati democratici, nella Convenzione europea dei diritti dell’uomo del Consiglio d’Europa e nel Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici delle Nazioni Unite ha acquistato un significato particolare in seguito al progresso delle nuove tecnologie informatiche grazie alle quali è possibile parlare di un «nuovo» diritto all’informazione2. The right to communicate ha trovato riconoscimento nell’Unione internazionale delle telecomunicazioni come diritto umano fondamentale nella società globale dell’informazione. Al singolo è riconosciuto il diritto di accedere ai servizi di base della comunicazione e dell’ informazione, favorendo in tal modo l’esercizio della libertà di informazione e di espressione, ed evitando che lo sviluppo tecnologico incrementi il divario tra paesi ricchi e poveri del mondo moderno3.
2
M. MIGLIAZZA, Diritto all’informazione nell’Unione europea, Milano, 2002, pp. 5 e ss.; 3 ITU (International Telecomunication Union), News, n. 6, 1997, pp. 13-16, in cui si riferisce dell’adozione di una Declaration on Universal Access to basic Communication and Information Services, nella sessione autunnale del
4
Ci sono differenti posizioni, riconducibili a diverse aree geografiche, influenzate da diversi fattori che comprovano la distanza ideologica presente sul concetto di libertà d’informazione. I Paesi occidentali considerano l’informazione e le libertà che ad essa sono ricollegate come «diritti dell’uomo in quanto individuo appartenente ad uno stato democratico», nonostante però la materia possa trovare in concreto una disciplina eterogenea. I Paesi dell’area socialista tradizionalmente utilizzavano l’informazione come mezzo di interscambio tra gli Stati al fine di favorire la cooperazione internazionale, piuttosto che come diritti dell’individuo tutelati da ogni singolo Stato. Infine i Paesi dell’area africana ed asiatica hanno trovato nell’informazione il mezzo per promuovere il loro sviluppo, la libertà d’informazione diviene per essi diritto dei popoli. Nel diritto internazionale la libertà d’informazione viene riconosciuta solo nel secondo dopoguerra, è solo in tale periodo che princìpia la cooperazione internazionale, attraverso la costituzione di numerose organizzazioni internazionali che per raggiungere i
Comitato amministrativo sul coordinamento dell’ITU, svoltasi a Ginevra nell’Aprile 2007;
5
propri obbiettivi necessitano di comunicare e di scambiarsi informazioni. La libertà di informazione si pone dunque come presupposto indispensabile per consentire una cooperazione efficace. Inoltre è proprio in questi anni che «trova un nuovo impulso la promozione dei diritti fondamentali sul piano universale e tra essi si pone anche il diritto alla libertà d’espressione di cui la libertà d’informazione costituisce un aspetto importante»4. Il princìpio della libera circolazione di informazioni viene enunciato per la prima volta dall’atto costitutivo dell’ UNESCO del 1945. Nell’art. 1 par. 2 sono infatti segnalati come strumento per la reciproca cognizione e tollereanza tra i popoli «all means of mass comunication» e si afferma «International agreements as may be necessary to promote the free flow of ideas by word and image»5. L’atto che però riconosce come princìpio fondamentale la libertà d’informazione e che dona a tale concetto dimensione internazionale è la risoluzione dell’Assemblea Generale delle N.U n. 59 del 14 dicembre 1946 in cui si stabilisce la convocazione di una conferenza internazionale specificamente dedicata alla libertà 4 5
G. FERRANTI, L’evoluzione, cit., pp. 44 e ss.; Vedi il testo in www.unesco.org/general/eng/about/constitution/index.shtml;
6
d’informazione. Nel preambolo di tale risoluzione si affermava infatti che la libertà d’informazione fosse un diritto fondamentale dell’uomo e costituisse il mezzo per consentire l’affermazione di tutte le libertà alla cui difesa le Nazioni Unite si dedicavano: «la libertè de l’information est un droit fondamental de l’homme et la pierre de touche de toutes le libertés à la defence desquelles consacrent les Nations Unies» . La conferenza internazionale sulla libertà d’informazione si tenne a Ginevra nel 1948 ed aprì il dibattito, a livello internazionale,
su
diversi
elementi
riguardanti
la
libertà
d’informazione quali la circolazione internazionale dei mezzi di trasmissione, l’accesso alle fonti, il diritto di rettifica. La conferenza di Ginevra diede quindi un impulso notevole all’affermazione nell’articolo 19 della Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo, approvata dall’Assemblea generale pochi mesi dopo6, del diritto alla libertà d’espressione tra i diritti fondamentali dell’individuo.
6
Vedi il testo della Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo in E. VITTA, V. GREMENTIERI, Codice degli atti internazionali, Milano, 1981, p. 28 ss. L’art. 19 afferma: “Everyone has the right to freedom of opinion and expression; this right includes freedom to hold opinions without interferenceand to seek,
7
L’art. 19 della Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo afferma meno marcatamente il diritto alla libertà d’espressione rispetto a quanto faccia la risoluzione n. 59 dell’Assemblea Generale,
ma
nonostante
questo
sancisce
l’importanza
internazionale del fenomeno e introduce i tre aspetti che costituiranno oggetto di dibattito internazionale negli anni successivi. L’art. 19 statuisce infatti che ciascun individuo ha diritto di «cercare, ricevere, diffondere informazioni ed idee attraverso ogni mezzo» considerando dunque l’aspetto “dinamico” della ricerca di informazioni, l’aspetto “passivo” della ricezione delle informazioni ed infine l’aspetto “attivo” della diffusione delle informazioni. Con la Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo si attribuisce dunque al diritto alla libertà d’informazione rilievo universale sia pur indirettamente. Le attività volte a proseguire tale riconoscimento sono proseguite nel tempo; il Consiglio Economico e Sociale ha elaborato e adottato un progetto di Dichiarazione sulla libertà
receive, and important information and ideas through any media and regardlessfrontiers”;
8
d’informazione7,
in
cui
sostanzialmente
ha
riproposto
la
formulazione del progetto di Dichiarazione discusso durante la Conferenza di Ginevra del 1948. Tale progetto tuttavia anche in questo caso non è stato approvato dall’Assemblea Generale. «Il risultato più concreto, per il suo carattere vincolante, che a tutt’oggi può essere ritenuto fondamentale per l’affermazione del diritto alla libertà d’informazione a livello universale, è contenuto nel Patto sui diritti civili e politici del 1966 il cui art. 198 è specificamente dedicato alla libertà d’espressione»9. Nel primo paragrafo si tratta della libertà d’opinione e del fatto che essa debba poter essere esercitata senza alcuna limitazione.
7
Risoluzione del Consiglio economico e sociale, n. 756 (XXIX) del 21 aprile 1960; 8 Il testo dell’articolo 19 è il seguente «Ogni individuo ha diritto a non essere molestato per le proprie opinioni. Ogni individuo ha il diritto alla libertà di espressione; tale diritto comprende la libertà di cercare, ricevere e diffondere informazioni e idee di ogni genere, senza riguardo a frontiere, oralmente, per iscritto, attraverso la stampa, in forma artistica o attraverso qualsiasi altro mezzo di sua scelta. L'esercizio delle libertà previste al paragrafo 2 del presente articolo comporta doveri e responsabilità speciali. Esso può essere pertanto sottoposto a talune restrizioni che però devono essere espressamente stabilite dalla legge ed essere necessarie: a) al rispetto dei diritti o della reputazione altrui; b) alla salvaguardia della sicurezza nazionale, dell'ordine pubblico, della sanità o della morale pubbliche.»; 9 G. FERRANTI, L’evoluzione, cit., pp. 47 e ss.
9
Il secondo paragrafo presenta un contenuto sostanzialmente riproduttivo dell’ art. 19 della Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo indicando anch’esso i differenti aspetti in cui la libertà d’espressione si sostanzia e cioè libertà di cercare, diffondere e ricevere informazioni e idee. Vi sono però delle innovazioni rispetto al testo della Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo relative alla qualità e al contenuto delle informazioni. Può trattarsi di «ogni genere» di informazione e le attività di ricerca, diffusione e ricezione possono esercitarsi oltre le frontiere dello Stato. Ogni informazione e idea può essere comunicata attraverso qualsiasi mezzo, attraverso la stampa, attraverso l’arte, oralmente, o in qualsiasi altra forma. All’ampiezza della definizione di libertà d’espressione delineata dall’art. 19 del Patto però non corrisponde una tutela altrettanto effettiva. Risultano assenti infatti sia nell’art. 19 che in generale nel testo del Patto disposizioni che impongano agli Stati di eliminare gli eventuali ostacoli alla libera circolazione delle informazioni.
10
La formulazione della Convenzione tra l’altro porta a ritenere che l’art. 1010 della CEDU, adottata dal Consiglio d’Europa nel 1950, ne abbia costituito la fonte d’ispirazione principale e dunque che non siano stati fatti molti progressi nei sedici anni trascorsi tra l’adozione dei due accordi rispetto al riconoscimento del diritto alla libertà d’informazione e rispetto alla sua tutela. Anche nella Convenzione internazionale sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione razziale11 del 1965 la libertà d’opinione e d’espressione sono indicate tra i diritti civili e politici che gli Stati contraenti si impegnano a tutelare, anche in questo accordo però è previsto che ogni Stato possa limitarne il godimento in virtù di interessi prioritari.
10
Il testo dell’articolo 10 è il seguente: «Ogni persona ha diritto alla libertà d’espressione. Tale diritto include la libertà d’opinione e la libertà di ricevere o di comunicare informazioni o idee senza che vi possa essere ingerenza da parte delle autorità pubbliche e senza limiti di frontiera. Il presente articolo non impedisce agli Stati di sottoporre a un regime di autorizzazione le imprese di radiodiffusione, cinematografiche o televisive. 2 L’esercizio di queste libertà, poiché comporta doveri e responsabilità, può essere sottoposto alle formalità, condizioni, restrizioni o sanzioni che sono previste dalla legge e che costituiscono misure necessarie, in una società democratica, alla sicurezza nazionale, all’integrità territoriale o alla pubblica sicurezza, alla difesa dell’ordine e alla prevenzione dei reati, alla protezione della salute o della morale, alla protezione della reputazione o dei diritti altrui, per impedire la divulgazione di informazioni riservate o per garantire l’autorità e l’imparzialità del potere giudiziario.» 11 Vedi il testo in E. VITTA, V. GREMENTIERI, Codice, cit., pp. 276 ss.
11
Altresì la Convenzione per l’eliminazione del crimine di Apartheid12 del 1973 inserisce tra i diritti di un gruppo razziale, che non possono essere limitati, il diritto alla libertà d’opinione e d’espressione sia pur trattandone in maniera generica. Nella Convenzione sui diritti del fanciullo13 del 1989 trova riconoscimento il diritto d’espressione, anche se limitatamente ai minori di 18 anni. L’art. 13 della presente Convenzione riproduce sostanzialmente il contenuto dell’art. 19 del Patto sui diritti civili e politici introducendo però dei limiti alla libertà d’informazione in relazione ai soggetti minorenni. Tale
Convenzione
costituisce
un’esemplificazione
dell’ampiezza dei diritti riconosciuti all’individuo ma è anche una prova di come a partire dagli anni settanta la materia dell’informazione abbia acquisito interesse e si affermi a livello internazionale. Attraverso la ratifica delle Convenzioni suddette trovano incontestabile affermazione i princìpi volti a garantire la libertà 12
Adottata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 30 novembre 1973, art. II, vedi il testo in www.filodiritto.com/diritto/pubblico/internazionale/convapparteid.htm. 13 Adottata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 20 novembre 1989, art. 13. Vedi il testo in VERRILLI, Codice del diritto e delle organizzazioni internazionali, Napoli, 2001, p. 249;
12
d’informazione, che negli anni acquisiscono valore sempre più ampio, e sempre maggior universalità .
13
1.2 Genesi ed evoluzione del diritto all’informazione nell’ordinamento europeo∗.
La
collaborazione tra gli Stati costituisce la via per
raggiungere specifici obbiettivi da parte delle organizzazioni internazionali. La collaborazione è possibile solo attraverso la circolazione delle informazioni. Nell’ambito dell’Unione europea la tutela della libertà d’informazione da parte del diritto europeo trova diversi fondamenti. Anzitutto occorre sottolineare che in ambito comunitario** rileva il principio generale secondo cui pressoché ogni materia possa rientrare nelle competenze comunitarie non di carattere esclusivo, in virtù di un rapporto finalizzato al raggiungimento degli scopi della Comunità. ∗
Tenuto conto degli stretti rapporti esistenti tra l’ordinamento dell’Unione europea e il sistema della CEDU, l’espressione di “ordinamento europeo” utilizzata nella presente tesi si riferisce in linea di massima ad entrambi i sistemi richiamati; ** In conseguenza dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona la denominazione «Comunità europea» utilizzata nella presente tesi deve intendersi sostituita con l’espressione «Unione europea». Pertanto, i termini «comunitaria/e» e «della Comunità» devono intendersi come riferiti «all’Unione»; L'abbreviazione «CE» deve pertanto ritenersi sostituita con l’abbreviazione «UE».
14
L’abbondanza di tali finalità fa si che sussista un rapporto funzionale tra la materia «informazione», così ampia e complessa, e il loro raggiungimento. Più precisamente si può ritenere che il libero flusso delle informazioni possa dare un rilevante contributo al raggiungimento dei fini e degli obbiettivi enunciati nel preambolo del Trattato istitutivo della Comunità Europea (TCE). Nello specifico può essere utile alla realizzazione di un’unione sempre «più stretta tra i popoli europei» ed a promuovere «lo sviluppo del massimo livello possibile di conoscenza nelle popolazioni attraverso ampio accesso all’istruzione» e tra quelli indicati nell’articolo 2 TCE allo «sviluppo armonioso, equilibrato e sostenibile delle attività economiche». Occorre poi considerare che i diritti fondamentali, fra i quali ormai si annovera il diritto d’informazione, possono considerarsi un «acquis communautaire» in quanto «princìpi generali di diritto comunitario» come più volte sottolineato dalla giurisprudenza della Corte di giustizia della CE∗14. Tale affermazione è pienamente
∗
Ogniqualvolta nella presente si utilizzano le espressioni «Corte di giustizia delle Comunità europee» e «Tribunale di primo grado» ci si intende riferire alla
15
recepita dal Trattato sull’Unione europea all’articolo 6.115 con riferimento espresso alla CEDU della quale garantisce il rispetto. In questo senso e con tale motivazione giuridica i diritti tutelati dall’articolo 10 della CEDU sono anch’essi oggetto del diritto comunitario. In particolare in rapporto alla CEDU la Corte di giustizia europea ha più volte affermato16 che essa assume il ruolo particolare di fonte d’ispirazione della tutela dei diritti umani nell’ordinamento giuridico comunitario. Nell’ambito del sistema del Consiglio d’Europa la libertà attiva d’espressione è garantita dall’art. 10 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali ed è oggetto di tutela da parte degli organi previsti dalla Convenzione stessa che vegliano sul rispetto dei diritti umani: la Commissione e la Corte europea dei diritti dell’uomo. «Corte di giustizia dell’Unione europea» ed al «Tribunale», tenendo conto dell’entrata in vigore del trattato di Lisbona avvenuta il 1 dicembre 2009; 14 Vedi tra le altre: CORTE DI GIUSTIZIA, sentenza del 25 Luglio 1991, caso Commissione c. Paesi Bassi, causa C353/89; CORTE DI GIUSTIZIA sentenza del 3 Febbraio 1993, caso Veronica Omroep Organisatie, causa C 148/91; 15 Il Trattato di Amsterdam, art. 1.8, ha modificato il testo precedente (art. F), inserendo all’art. 6.1 il riferimento specifico al “rispetto dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali”; il testo dell’art. 6.1 non ha subito variazioni a seguito dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona. Altri riferimenti in questo senso si trovano nel primo Considerando del Protocollo sull’asilo per i cittadini degli Stati membri dell’Unione europea allegato al Trattato; 16 CORTE DI GIUSTIZIA, sentenza del 21 settembre 1989, caso Hoechst c. Commissione, causa C 46/87 e C 227/88, e CORTE DI GIUSTIZIA, sentenza del 19 ottobre 1989, caso Dow Chemical Iberica SA c. Commissione, causa C 99/87;
16
La Convenzione infatti assume un ruolo cardine nel riconoscimento della libertà d’informazione in ambito comunitario. L’art. 10 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali prevede che: «ogni persona ha diritto alla libertà di espressione. Tale diritto include la libertà di opinione e la libertà di ricevere e comunicare informazioni e idee senza ingerenza alcuna da parte della autorità pubbliche e senza considerazione di frontiera. Il presente articolo non impedisce che gli Stati sottopongano a un regime di autorizzazione le imprese di radiodiffusione, cinema o televisione. L’esercizio di queste libertà, comportando doveri e responsabilità, può essere sottoposto a determinate formalità, condizioni, restrizioni o sanzioni previste dalla legge in una società democratica, per la sicurezza nazionale, l’integrità morale o l’ordine pubblico, la prevenzione dei disordini e dei reati, la protezione della salute e della morale, la protezione della reputazione o dei diritti altrui o per impedire la divulgazione di informazioni confidenziali o per garantire la autorità e l’imparzialità del potere giudiziario»17.
17
E. VITTA - V. GREMENTIERI, Codice, cit., p. 718;
17
Dalla lettura del suddetto articolo si evince che al termine “informazione” viene attribuito una duplice inclinazione: una prima attiva relativa alla libertà di comunicare informazioni e notizie, che inerisce principalmente gli organi di informazione, ed una seconda passiva relativa invece alla libertà di riceverle18. La libertà attiva d’espressione viene inoltre garantita indirettamente dagli articoli 48 e seguenti e 52 e seguenti del Trattato CEE, che sanciscono rispettivamente, il princìpio della libera circolazione delle persone e il riconoscimento del diritto di stabilimento dei lavoratori di un Paese membro in ogni altro Paese membro della Comunità, nel rispetto del più generale princìpio di non discriminazione enunciato dall’art. 7 del Trattato stesso. Da ciò si desume che la libertà di espressione trova tutela sostanzialmente piuttosto che formalmente. Appare più complessa invece la tutela del diritto passivo all’informazione. Risulta infatti anzitutto difficoltoso individuare i destinatari di tale diritto ed inoltre appare più complessa la determinazione del suo contenuto.
18
L. PIGNATARO, La tutela dell’informazione nel diritto comunitario, in Rivista di diritto europeo, anno 1992, vol. 32, n. 1, Gennaio-Marzo, pp. 35 ss.;
18
In relazione a quest’ultimo aspetto occorre prestare attenzione al fatto che l’art. 10 parli di un «diritto» a ricevere informazioni. La Corte europea dei diritti dell’uomo ha valorizzato l’aspetto passivo della libertà in questione in una sua nota relativa al caso del giornale inglese Sunday Times19. A parere della Corte, in virtù della fondamentale importanza dei problemi di controllo democratico delle istituzioni e quindi della libertà attiva d’espressione come strumento di controllo, appare come non più sufficiente una tutela, sia pur generalizzata e attenta, della libertà d’espressione, soprattutto in conseguenza del fatto che la funzione sociale dell’informazione sta assumendo sempre maggior rilievo, fino a diventare il tessuto stesso dell’integrazione sociale. Il mezzo più idoneo pare quello di riconoscere la titolarità di questa libertà anche al singolo configurandola come diritto a ricevere l’informazione. Tale ultimo diritto non va inteso come speculare alla libertà attiva di informare ma costituisce una
19
CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO, sentenza 25 aprile 1979, caso Sunday Times,visionabile all’indirizzo http://cmiskp.echr.coe.int/tkp197/view.asp?action=html&documentId=695460 &portal=hbkm&source=externalbydocnumber&table=F69A27FD8FB86142B F01C1166DEA398649;
19
situazione dotata di autonomia. E ciò trova conferma nel fatto che nella decisione della Corte sia utilizzato il verbo «s’ajoute» nel testo francese della sentenza e l’avverbio «also» in quello inglese: si tratta dunque di un diritto che si presenta come autonomo rispetto all’altro20. Il significato che viene attribuito al complesso dei termini contenuti nell’articolo in esame non è comunque univoco e comporta che vi sia difficoltà nell’inquadrare i diritti tutelati e gli stessi confini della tutela. È necessario dunque identificare tali diritti, soprattutto poiché non sempre e non in tutti gli Stati parti della Convenzione europea dei diritti dell’uomo
godono della
medesima protezione. Alla base di tale problema risiedono le difficoltà di attribuire un contenuto univoco al termine “libertà d’informazione” che racchiude una molteplicità di aspetti e significati. Nell’ ambito dell’ordinamento giuridico dell’Unione europea il diritto all’informazione rileva come uno degli aspetti della libertà d’informazione, che è compresa nella libertà d’espressione e viene
20
L. PIGNATARO, La tutela, cit., pp. 43 ss.;
20
riconosciuta unitamente a quest’ultima dall’art. 11 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione21 La libertà di comunicare informazioni o di riceverle, senza limiti di frontiere e senza ingerenza di autorità pubbliche trova enunciazione fra i diritti fondamentali dell’Unione nel capo II della Carta mentre in una parte successiva, precisamente all’art. 4222 sul diritto d’accesso ai documenti e all’art. 41.223 sul diritto ad una buona
amministrazione,
la
Carta
21
si
occupa
del
diritto
Sulla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, proclamata a Nizza il 7 Dicembre 2000, V., per tutti; F.POCAR, Commento alla Carta dei diritti fondamentali, in F. POCAR, Commentario breve ai trattati della Comunità e dell’Unione europea, Padova, 2001, pp. 1178-1181. 22 Il testo dell’articolo 42 della Carta dei diritti fondamentali è il seguente: «Qualsiasi cittadino dell'Unione o qualsiasi persona fisica o giuridica che risieda o abbia la sede sociale in uno Stato membro ha il diritto di accedere ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione.» In GUCE C 364/17 del 18 dicembre 2000; 23 Il testo dell’articolo 41 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione è il seguente: «1. Ogni individuo ha diritto a che le questioni che lo riguardano siano trattate in modo imparziale, equo ed entro un termine ragionevole dalle istituzioni e dagli organi dell'Unione. 2. Tale diritto comprende in particolare: il diritto di ogni individuo di essere ascoltato prima che nei suoi confronti venga adottato un provvedimento individuale che gli rechi pregiudizio, il diritto di ogni individuo di accedere al fascicolo che lo riguarda, nel rispetto dei legittimi interessi della riservatezza e del segreto professionale, l'obbligo per l'amministrazione di motivare le proprie decisioni. 3. Ogni individuo ha diritto al risarcimento da parte della Comunità dei danni cagionati dalle sue istituzioni o dai suoi agenti nell'esercizio delle loro funzioni conformemente ai princìpi generali comuni agli ordinamenti degli Stati membri. 4. Ogni individuo può rivolgersi alle istituzioni dell'Unione in una delle lingue del Trattato e deve ricevere una risposta nella stessa lingua.» in GUCE C 364/17 del 18 dicembre 2000;
21
all’informazione inteso come posizione soggettiva, volta a cercare informazioni
presso
le
istituzioni
comunitarie,
anch’esso
considerato un aspetto della libertà d’informazione. La rilevanza di tale atto nel contesto politico e giuridico europeo determina necessariamente alcune riflessioni di carattere generale. Anzitutto si pone il problema della coesistenza normativa della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea con la CEDU, essendo ormai attribuito alla Carta, con l’entrata in vigore del trattato di Lisbona, il medesimo valore giuridico vincolante dei trattati. Bisogna infatti tener conto dell’esigenza che sia garantita un’applicazione uniforme delle norme a tutela dei diritti fondamentali in un contesto nel quale vigono due strumenti simili ma non uguali. «Gli stessi giudici comunitari hanno riconosciuto nei due documenti la medesima finalità, realizzando così, come è stato affermato in dottrina, il debutto della sostituzione della CEDU con la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea24».
24
G. FERRANTI, L’evoluzione, cit., pp. 77 e ss.;
22
1.3 Evoluzione del diritto all’informazione in ambito europeo
L’articolo
25525
del
Trattato
di
Amsterdam
ha
“Costituzionalizzato” il fondamentale princìpio della trasparenza, contenuto nel Capo 2 - Disposizioni comuni a più istituzioni- della parte quinta del Trattato CE relativa alle istituzioni della Comunità. Il carattere innovativo delle disposizioni della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione porta a ritenere che si tratti di un diritto fondamentale «nuovo»26 poiché già previsto in precedenza dal summenzionato articolo 25527.
25
L’articolo 255 del Trattato di Amsterdam è stato recentemente sostituito , a seguito dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, dall’articolo 15 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE); 26 M. MIGLIAZZA, il diritto, cit., pp. 3 e ss.; 27 Il testo dell’art. 255 è il seguente: «1.Qualsiasi cittadino dell’ Unione europea e qualsiasi persona fisica o giuridica che risieda o abbia sede sociale in uno stato membro ha diritto do accedere ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione, secondo i princìpi e alle condizioni da definire a norma dei paragrafi 2 e 3. 2. I princìpi generali e le limitazioni a tutela degli interessi pubblici o privati applicabili al diritto di accesso ai documenti sono stabiliti da Consiglio, che delibera secondo la procedura di cui all’art. 251 entro 12 anni dall’entrata in vigore del Trattato di Amsterdam. 3. Ciascuna delle suddette istituzioni definisce nel proprio regolamento interno disposizioni specifiche riguardanti l’accesso ai propri documenti». In GUCE C 325/135 del 24 dicembre 2002.
23
Tale norma infatti acquista crescente rilievo e portata in seguito alla proclamazione della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, che contiene gli articoli 41 (Diritto ad una buona amministrazione) e 42 (Diritto d’accesso ai documenti), nonché l’articolo 11 (Libertà d’espressione ed informazione) già menzionato in precedenza. La tutela di tale diritto si è sviluppata recentemente in particolare in relazione ai rapporti fra soggetti privati e istituzioni comunitarie:
Parlamento
europeo,
Consiglio,
e
sopratutto
Commissione rispetto alla quale l’esigenza di tutela emerge con maggior evidenza. Vi
sono
poi
ulteriori
aspetti
del
«nuovo»
diritto
all’informazione che si ricollegano agli sviluppi tecnologici di una società sempre più proiettata verso l’ “informatizzazione”, i servizi di comunicazione in rete e le reti europee di comunicazione. Le nuove tecnologie hanno influenzato notevolmente, ad esempio procedimenti dinanzi agli organi di giustizia comunitari: Corte di giustizia e Tribunale di primo grado.28
28
Cfr. Modifiche al regolamento di procedura della Corte di giustizia, del 28 novembre 2000, in GUCE L 322/1 del 19 dicembre 2000, in vigore dal 1° febbraio 2001 e Modifiche al regolamento di procedura del Tribunale di primo
24
Possono essere utilizzati recenti mezzi di comunicazione quali fax, messaggio elettronico o qualsiasi altro mezzo tecnico di comunicazione per il deposito degli atti processuali, purché al più tardi l’originale sia depositato presso la Cancelleria entro 10 giorni; in relazione alle notificazioni della Cancelleria, con il consenso dell’avvocato o dell’agente, l’elezione di domicilio a Lussemburgo diviene facoltativa. Viene in questo caso abbandonata la precedente disciplina, la quale prevedeva un termine differenziato a seconda della distanza del domicilio delle parti, e viene introdotto un unico termine forfettario che prescinde dal domicilio della parte interessata.29 In sede attuativa, a norma dell’art. 51 della Carta il «nuovo» diritto all’informazione troverà applicazione per le istituzioni e gli organi dell’ Unione ma anche per gli Stati membri nell’esercizio delle competenze attribuite dal diritto dell’Unione europea, in base
grado delle Comunità europee, Lussemburgo, 6 dicembre 2000, in, GUCE L 322/4 del 19 dicembre 2000, in vigore dal 1° febbraio 2001; 29 Per questa novità, v., Modifiche al regolamento di procedura della Corte di giustizia cit., art. 1; e Modifiche al regolamento di procedura del Tribunale di primo grado delle Comunità europee cit., art. 1;
25
ai trattati istitutivi e modificativi e nel rispetto del princìpio di sussidiarietà.30 Anche gli Stati membri appaiono dunque interessati e coinvolti dall’ambito di applicazione del diritto all’informazione, in particolare in relazione alle attività di carattere normativo, ma soprattutto
amministrativo
di
attuazione
di
qualsiasi
atto
comunitario. Le
rispettive
legislazioni
nazionali
tenderanno
progressivamente ad uniformarsi alla disciplina comunitaria sull’accesso ai documenti della pubblica amministrazione, a causa dell’evidente difficoltà concreta di applicare regole diverse se l’atto è in attuazione del diritto comunitario o puramente nazionale.31 La Commissione e la Corte europea dei diritti dell’uomo al fine di realizzare un equilibrio che sia al contempo effettivo e liberale tra le esigenze degli Stati e quelle della tutela della libertà individuale, adottano il metodo gradualista del cosiddetto 30
Con riferimento agli Stati membri, occorre far riferimento all’art. 5 del regolamento 1049/2001, in GUCE L 145/43 del 31 maggio 2001, che disciplina il diritto d’accesso ai documenti prodotti dalle istituzioni europee da parte degli Stati stessi. Questi ultimi sono tenuti a consultare l’istituzione in questione in maniera che non vengano messi a repentaglio gli obbiettivi del regolamento europeo. Non è stata invece prevista alcuna norma espressa che faccia riferimento alle legislazioni nazionali in materia. 31 M. MIGLIAZZA, Il diritto,cit., pp. 4 e ss.;
26
«bilanciamento di interessi» in causa, attraverso la riduzione del potere discrezionale delle autorità nazionali a un mero «margine di valutazione»,
informato
al
rispetto
del
princìpio
di
proporzionalità32. Nonostante l’art. 255 TCE si limitasse a prevedere semplicemente il diritto di cercare informazioni da parte di soggetti interessati agli atti delle istituzioni summenzionate, ed alla relativa procedura di adozione, esso assunse un ruolo fondamentale nei rapporti che possono instaurarsi tra le istituzioni e i cittadini comunitari;
un’integrazione
politica
fra
popoli
dell’Europa
governati da istituzioni comuni soggette alla possibilità di un controllo democratico diretto da parte dei privati, che trova fondamento nel princìpio di trasparenza.33 Per quanto concerne la trasparenza ci si riferisce in sostanza ad aspetti quali l'accesso all'informazione e ai documenti prodotti dall'Unione, all'emanazione di testi legislativi più chiari, ma anche nel dettare norme adeguate, da osservare nella redazione materiale 32
L. PIGNATARO, La tutela, cit., pp. 44 e ss., cfr. in particolare la nota numero 40; 33 V. in tal senso, l’art.1, 2° comma TUE, così come modificato dal Trattato di Amsterdam, che appunto precisa che la vicinanza delle istituzioni europee ai cittadini si realizza anche tramite la trasparenza del loro operato. Si ricorda che tale articolo non ha subito modifiche a seguito dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona;
27
del testo legislativo, che garantiscono chiarezza e comprensibilità alla produzione normativa europea in tutte le undici lingue ufficiali.34 L’articolo 255 disponeva infatti che tutti i cittadini dell'Unione e tutte le persone fisiche o giuridiche che risiedessero o avessero la sede sociale in uno Stato membro avessero il diritto di accedere ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione e questo costituì senz’altro il frutto di una mutamento progressivo nella tutela dei diritti fondamentali.35 L’applicazione definitiva di quanto disposto in tale articolo ha comportato anche un’ulteriore evoluzione del princìpio generale di leale collaborazione, diretta e indiretta delle istituzioni comunitarie con le autorità degli Stati membri, sancito dall’art. 4, paragrafo 3 del TUE36.
34
In tema di trasparenza, come presupposto necessario per la partecipazione dei cittadini consulta il sito http://europa.eu/legislation_summaries/institutional_affairs/treaties/amsterda m_treaty/a18000_it.htm, ed in particolare l’articolo intitolato Trasparenza, semplificazione dei trattati e qualità della legislazione comunitaria. 35 M. MIGLIAZZA, Il diritto,cit., pp. 9 e ss.; 36 Il testo dell’art.4 è il seguente: «1. In conformità dell'articolo 5, qualsiasi competenza non attribuita all'Unione nei trattatiappartiene agli Stati membri. 2. L'Unione rispetta l'uguaglianza degli Stati membri davanti ai trattati e la loro identità nazionale insita nella loro struttura fondamentale, politica e
28
Per quanto concerne l’ambito di applicazione dell’art. 255 CE possiamo dire che esso attribuisse una tutela di tipo “politicoamministrativo”, in relazione alle istituzioni che l’hanno o l’avrebbero dovuta garantire. Tale tutela però non risultava effettiva in sede giurisdizionale, per la presenza di esigenze di natura differente caratterizzanti tale tipo di procedimento e che sono disciplinate dai regolamenti di procedura della Corte e del Tribunale; per tale ragione il testo dell’articolo summenzionato si riferiva unicamente al Consiglio, alla Commissione al Parlamento e non, per le ragioni suddette, alla Corte di giustizia. La «nuova» disciplina sull’accesso ai documenti però è riuscita a influenzare alcune norme processuali, in particolare ci si riferisce alla regolamentazione del procedimento davanti al
costituzionale, compreso il sistema delle autonomie locali e regionali. Rispetta le funzioni essenziali dello Stato, in particolare le funzioni di salvaguardia dell'integrità territoriale, di mantenimento dell'ordine pubblico e di tutela della sicurezza nazionale. In particolare, la sicurezza nazionale resta di esclusiva competenza di ciascuno Stato membro. 3. In virtù del princìpio di leale cooperazione, l'Unione e gli Stati membri si rispettano e si assistono reciprocamente nell'adempimento dei compiti derivanti dai trattati. Gli Stati membri adottano ogni misura di carattere generale o particolare atta ad assicurare l'esecuzione degli obblighi derivanti dai trattati o conseguenti agli atti delle istituzioni dell'Unione. Gli Stati membri facilitano all'Unione l'adempimento dei suoi compiti e si astengono da qualsiasi misura che rischi di mettere in pericolo la realizzazione degli obiettivi dell'Unione.»;
29
Tribunale di primo grado, in seguito alle modifiche apportate al suo regolamento di procedura37. Il disposto dell’art. 255 TCE consolida e completa le precedenti decisioni del Consiglio 93/731 e della Commissione 94/90 sul pubblico accesso ai documenti38, che già avevano dato luogo ad un certo numero di domande di accesso ai documenti interni del Consiglio e della Commissione ed ad una conseguente giurisprudenza del Tribunale di primo grado.
37
Cfr. Modifiche del regolamento di procedura del tribunale di primo grado delle Comunità europee cit.; e Comunicazione-Modifica del regolamento di procedura del Tribunale diretta ad accelerare i procedimenti, del 27 gennaio 2001, (2001/C28/48), in GUCE C28/26; Ci si riferisce in particolare al trattamento di documenti di carattere confidenziale nel corso della fase istruttoria della procedura di e di documenti delle istituzioni europee per i quali è stato rifiutato l’accesso ai privati, per cui il Tribunale non è tenuto a comunicare il documento alle parti in causa in tale fase, a conferma che il princìpio di trasparenza non trova applicazione nell’esercizio della funzione giurisdizionale; 38 Decisione del Consiglio 93/731/CE, del 20 dicembre 1993, relativa all'accesso del pubblico ai documenti del Consiglio, in GUCE L 340/43 del 31 dicembre 1993 e Decisione della Commissione 94/90/CECA, CE, Euratom, dell'8 febbraio 1994, sull'accesso del pubblico ai documenti della Commissione, in GUCE L 46/58 del 18 febbraio 1994 e le relative decisioni modificative 96/705/CE, CECA, Euratom: Decisione del Consiglio del 6 dicembre 1996 che modifica la decisione 93/731/CE relativa all'accesso del pubblico ai documenti del Consiglio, e 96/567/CE, CECA, Euratom; Decisione della Commissione del 19 settembre 1996 che modifica la decisione 94/90/CECA, CEE, Euratom sull'accesso del pubblico ai documenti della Commissione, in GUCE L 325/19 del 14 dicembre 1996 e in GUCE L 247/45 del 28 settembre 1996. Le indicate decisioni modificative precisano il sistema di diritti obbligatori per la fornitura delle copie dei documenti richiesti, al fine di coprire le spese amministrative del rilascio;
30
In conseguenza della sempre più urgente necessità di creare un rapporto più democratico e soprattutto trasparente fra le istituzioni
ed
i
cittadini
europei,
maggiormente
inerente
all’integrazione politica dell’Unione e volto a superare lo stadio precedente d’integrazione, caratterizzato soltanto da rapporti economici e sociali, il 7 febbraio 1992 viene adottata la Dichiarazione n. 17, annessa all’atto finale del Trattato di Maastricht sull’Unione europea, nella quale si afferma che il rapporto tra istituzioni e cittadini possa rafforzarsi, accrescendone il carattere democratico, grazie ad una maggiore trasparenza del processo decisionale. Si raccomanda inoltre alla Commissione di presentare un rapporto al Consiglio circa le misure opportune al fine di accrescere l’accesso del pubblico all’informazione istituzionale entro il 1993. In seguito, svariati atti vengono adottati in materia di trasparenza, e questo fino alle già menzionate decisioni del Consiglio 93/731 e della Commissione 94/90 ed al Codice di condotta relativo all’accesso del pubblico ai documenti, approvato
31
dal Consiglio e dalla Commissione il 6 dicembre del 199339. Tali decisioni costituiscono una prima affermazione normativa del diritto di accesso ai documenti. L’adozione preventiva del Codice di condotta comune sia al Consiglio che alla Commissione fa emergere la volontà di tali istituzioni, seguite poi anche da altre, di uniformare le basi disciplinari di tale materia, che infatti come si vedrà in seguito verrà inserita in un regolamento comunitario in attuazione dell’art. 255 CE. Il contenuto della decisione del Consiglio viene ripreso in larga misura dalla Banca europea per gli investimenti, dal Parlamento europeo, e dalla Banca centrale europea che sulla scia del Consiglio e della Commissione adottano un Codice di condotta e due decisioni relative all’accesso del pubblico ai loro documenti40.
39
I principali atti adottati nel corso degli anni 1992 e 1993 sono: La Dichiarazione del Consiglio europeo di Birmingham su di una Comunità vicina ai suoi cittadini, del 16 ottobre 1992; le Conclusioni del Consiglio europeo di Edimburgo sulla trasparenza, del 12 dicembre 1992; le due Comunicazioni della Commissione: 93/C 156/05, relativa all’accesso del pubblico ai documenti delle istituzioni, del 5 maggio 1993 e 93/C 166/04 sulla trasparenza nella Comunità, del 2 giugno 1993; le Conclusioni del Consiglio europeo di Copenaghen, del 20 giugno 1993; l’Accorso interistituzionale fra il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione sulla trasparenza, la democrazia e la sussidiarietà, del 25 ottobre 1993; 40 In GUCE C 243/13 del 19 agosto 1997, questa decisione è stata abrogata e sostituita da regolamento adottato dal Comitato direttivo della Banca europea
32
Il Codice di condotta del Consiglio e delle Commissione contiene sei disposizioni, che sono riprese quasi interamente nella formulazione degli articoli previsti dalla decisione del Consiglio 93/731 e della Commissione. Si tratta rispettivamente di disposizioni relative al princìpio del più ampio accesso possibile ai documenti, il trattamento delle richieste iniziali, il trattamento riservato alle richieste di conferma, il regime delle eccezioni, l’attuazione dei princìpi previsti nel Codice ed il riesame del Codice medesimo. Al fine dunque di garantire una buona amministrazione e prima dell’applicazione della disciplina di portata generale sul diritto di accesso ai documenti, prevista dal regolamento 1049/2001, le istituzioni comunitarie hanno soddisfatto le domande d’informazione in base al loro potere di autoregolamentazione. La natura giuridica vincolante del Codice di condotta del Consiglio e della Commissione è stata tuttavia negata dalla Corte, la per gli investimenti, in GU C 292 del 27 novembre 2002; L 263/27; Decisione della Banca centrale europea, del 3 novembre 1998, relativa all'accesso del pubblico ai documenti e agli archivi della Banca centrale europea (BCE/1998/12)e in GU L 110/30. Si segnala inoltre che altre istituzioni ed organismi europei hanno disciplinato l’accesso ai loro documenti. Così per es. il Comitato economico e sociale, in GUCE L 339/18; il Comitato delle Regioni in GUCE L 351/70; l’Agenzia europea per l’ambiente in GUCE C 282/5; l’Agenzia europea per la valutazione dei farmaci http://www.eudra.org/emea.html;
33
quale ha affermato che tale Codice non possa essere impugnato in quanto contenente soltanto princìpi che dovranno disciplinare l’accesso ai documenti delle istituzioni, Consiglio e Commissione, e poiché «costituisce manifestazione di una mera convergenza di intenti e non è pertanto destinato a produrre per sé effetti giuridici»41. L’attuazione dei princìpi sarà deputata quindi a successive misure normative adottate dalle stesse istituzioni comunitarie. La natura flessibile dei Codici di condotta permette di trovare più facilmente forme di accordo di tipo politico tra le istituzioni in relazione ai princìpi cardine destinati talvolta ad essere precisati in successive regolamentazioni obbligatorie42. Le richieste di accesso ai documenti delle suddette istituzioni sono aumentate progressivamente negli anni di applicazione di tali decisioni, ma persistono in un numero piuttosto ridotto.
41
M. MIGLIAZZA, il diritto, cit., pp. 21 e ss. Cfr. nota numero 39; Si noti che anche in materia di trattamento dei dati personali, disciplinata dalla direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati del 23 novembre 1995, in GUCE L 281/85 del 23 novembre 1995: «Gli Stati membri e la Commissione incoraggiano l’elaborazione di codici di condotta destinati a contribuire, in funzione delle specificità settoriali, alla corretta applicazione delle disposizioni nazionali di attuazione della presente direttiva, adottate dagli Stati membri»(art.27.1); 42
34
Così è avvenuto, anche se piuttosto timidamente, il decollo di una nuova cultura amministrativa dell’Unione, più aperta verso i cittadini e moderna nella sua gestione. Tuttavia le dimissioni della Commissione europea del 1999 hanno riportato alla luce il problema della trasparenza istituzionale, per cui l’attività della Commissione del 1999 è stata analizzata da un gruppo di esperti indipendenti, la cui istituzione era stata richiesta dal Parlamento europeo con una risoluzione sul miglioramento della gestione finanziaria del 199943. Il lavoro del Comitato ha portato alla stesura di due relazioni sull’attività della Commissione, di cui la prima si limita ad accertare la situazione e la seconda pertiene invece la riforma di questa istituzione, con proposte per affrontare la cattiva gestione, le irregolarità e la frode. La disciplina giuridica di questa materia, successivamente agli sviluppi sopra indicati è attualmente stabilita da un atto del Consiglio, in codecisione col Parlamento europeo, che avrebbe dovuto essere adottato nel termine di due anni dall’entrata in vigore
43
Risoluzione del Parlamento europeo “sul miglioramento della gestione finanziaria della Commissione europea”, del 14 gennaio 1999, B4-0065, 0109 e 0110/99, in GUCE C 104/106;
35
del Trattato di Amsterdam, avvenuta il 1° maggio 1999, in base all’art. 255.2 CE. Il regolamento 1049/2001, di cui si tratterà nei capitoli seguenti, è stato emanato il 30 maggio 2001. La
Commissione
aveva
presentato
una
proposta
di
regolamento relativa all’accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione44. Tale proposta attua almeno in parte il princìpio di accesso ai documenti di cui all’art. 255 CE, considerando sia la prassi e la normativa precedenti delle diverse istituzioni, sia la giurisprudenza comunitaria in materia, sulla quale occorre prestare attenzione al fine di poter meglio comprendere la proposta in esame e il successivo regolamento 1049/2001, frutto di un confronto dai toni talvolta particolarmente accesi tra le istituzioni interessate e partecipi della procedura di codecisione45.
44
Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio, del26 gennaio 2000, relativo all'accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione, COM(2000) 30 def., in GUCE C 177/70 del 27 gennaio 2000; 45 M. MIGLIAZZA, Il diritto,cit., pp. 27 e ss.;
36
La riforma46 dell’immagine e del modo di operare delle autorità comunitarie è iniziata proprio dalla Commissione, in quanto istituzione in rapporto maggiormente diretto con i cittadini. È parso necessario poi ridurre la segretezza che da sempre ha caratterizzato, nello specifico, l’attività legislativa del Consiglio, infatti, il Trattato di Amsterdam ha introdotto espressamente una disposizione che prevede che nei casi in cui il Consiglio delibera come legislatore debba essere assicurata la trasparenza dei risultati delle votazioni, delle dichiarazioni di voto e delle dichiarazioni a verbale, mentre per gli altri documenti l’accesso deve essere consentito in misura maggiore rispetto all’esercizio delle altre attività del Consiglio, evitando di comprometterne l’efficacia decisionale47. L’obbiettivo di una maggior trasparenza dei processi decisionali delle istituzioni non ha mai smesso di essere perseguito,
46
Libro bianco sulla riforma della Commissione, COM(2000) 200, Bruxelles, del 1 marzo 2000; 47 V. art. 207.3 CE, che riguarda l’adozione del regolamento interno da parte del Consiglio, avvenuta con la decisione del Consiglio del 31 maggio 1999, relativa all’adozione del regolamento in terno, 1999/385/CE, CECA,CECA,EURATOM; in GUCE L 147 del 12 giugno 1999,in vigore dal 1 luglio 1999. Si ricorda che l’art. 207 CE è stato sostituito, a seguito dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, dall’art. 240 TFUE;
37
poiché è sempre stato ritenuto quale presupposto necessario per la partecipazione dei cittadini allo sviluppo democratico dell’Unione. A conclusione di una lunga e controversa fase che ha caratterizzato il processo d’integrazione europea, mosso dagli obbiettivi suddetti, si colloca il Trattato di Lisbona firmato il 13 dicembre 2007 ed entrato in vigore il 1 dicembre 2009. Il Trattato di Lisbona48 ha apportato ampie modifiche al Trattato sull'Unione europea e al Trattato che istituisce la Comunità europea (TCE), ribattezzato Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE). L’art. 255 TCE è stato così sostituito, come sopra precisato, con l’art 15 TFUE che recita testualmente: «al fine di promuovere il buon governo e garantire la partecipazione della società civile, le istituzioni, gli organi e gli organismi dell'Unione operano nel modo più trasparente possibile.
48
Il Trattato di Lisbona, che modifica sia il Trattato sull’Unione europea (TUE) che il Trattato che istituisce la Comunità europea (TCE), é stato formalmente firmato a Lisbona il 13 dicembre 2007 dai 27 Capi di Stato o di Governo e dai rispettivi Ministri degli Esteri. È entrato in vigore il 1° dicembre 2009, dopo essere stato ratificato da tutti i 27 Stati membri, conformemente alle rispettive norme costituzionali;
38
Il Parlamento europeo si riunisce in seduta pubblica, così come il Consiglio allorché delibera e vota in relazione ad un progetto di atto legislativo. Qualsiasi cittadino dell'Unione e qualsiasi persona fisica o giuridica che risieda o abbia la sede sociale in uno Stato membro ha il diritto di accedere ai documenti delle istituzioni, organi e organismi dell'Unione, a prescindere dal loro supporto, secondo i princìpi e alle condizioni da definire a norma del presente paragrafo. I princìpi generali e le limitazioni a tutela di interessi pubblici o privati applicabili al diritto di accesso ai documenti sono stabiliti mediante regolamenti dal Parlamento europeo e dal Consiglio, che deliberano secondo la procedura legislativa ordinaria. Ciascuna istituzione, organo od organismo garantisce la trasparenza dei suoi lavori e definisce nel proprio regolamento interno disposizioni specifiche riguardanti l'accesso ai propri documenti, in conformità dei regolamenti di cui al secondo comma. La Corte di giustizia dell'Unione europea, la Banca centrale europea e la Banca europea per gli investimenti sono soggette al presente
paragrafo
soltanto
allorché
amministrative.
39
esercitano
funzioni
Il Parlamento europeo e il Consiglio assicurano la pubblicità dei documenti relativi alle procedure legislative nel rispetto delle condizioni previste dai regolamenti di cui al secondo comma49». Sia i Parlamenti nazionali che i cittadini possono ora prendere direttamente conoscenza delle decisioni adottate dai membri del Consiglio di ciascuno Stato membro, dal momento in cui vengono resi pubblici tutti i dibattiti e le deliberazioni del Consiglio in materia legislativa50.
49
Versione consolidata del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in GU C 83/49 del 30 marzo 2010; 50 Diverse informazioni relative al Trattato di Lisbona, recentemente entrato in vigore, possono essere facilmente rinvenute sul sito http://europa.eu/lisbon_treaty/index_it.htm, e questo ad ulteriore conferma dell’affermazione del diritto all’informazione come partecipazione ed integrazione dei cittadini nell’ambito della comunità. Vedi in proposito l’articolo intitolato Un Europa più democratica e trasparente, sul sito http://europa.eu/lisbon_treaty/glance/democracy/index_it.htm;
40
1.4 La libertà d’informazione nella giurisprudenza relativa all’articolo 10 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo
Alla luce di quanto emerge dal testo dell’articolo 1051 della CEDU la titolarità del diritto alla libertà d’espressione e d’informazione può essere attribuito anche alle persone giuridiche. Di conseguenza il termine “ogni persona” si riferisce sia alle persone fisiche che alle persone giuridiche. La giurisprudenza conferma tale interpretazione dell’articolo 10 che esprimendosi in maniera piuttosto generica avrebbe potuto cagionare qualche dubbio. Sono infatti stati ritenuti ricevibili diversi ricorsi52 presentati da persone giuridiche senza che si ponessero problemi relativi alla
51
Per consultare il testo dell’articolo 10 della CEDU cfr nota n. 10; Ricordiamo tra le altre, le sentenze 26.04.1979 nel caso Sunday Times c. Royaume Uni; la sent. 26.11.1991 nel caso Observer et Guardian c. Royaume Uni; la sent. 29.10.1992 nel caso Open Door et Dublin Well Woman c. Irlande. Visionabili nel sito della Cour Européenne des Droits de l’Homme all’indirizzo http://www.echr.coe.int/echr/fr/hudoc/; 52
41
loro legittimazione, eccezzion fatta per il caso Autronic AG c. Suisse53. Nel caso di specie le autorità svizzere negavano ad una società privata di trasmettere tramite un’antenna parabolica programmi televisivi non codificati poiché negavano al ricorrente, persona giuridica, esercitante attività a scopo di lucro, la titolarità del diritto alla libertà d’espressione sancito dalla CEDU, in virtù del fatto che l’esercizio di tale libertà con fini esclusivamente commerciali dovrebbe ricomprendersi nella libertà economica e nella libertà d’impresa, non contemplate fra i diritti tutelati dalla CEDU. La sentenza evidenzia che la titolarità dei diritti di cui all’articolo 10 appartiene sia alle persone fisiche che alle persone giuridiche. La Corte infatti asserisce che:
«ni le statut juridique de société anonyme, ni le caractère commercial de ses activités ni la nature mȇme de la liberté d’expression ne sauriente priver Autronic AG du bénéfice de
53
Sentenza del 22.05.1990, caso Autronic AG c. Suisse. Visionabile nel sito della Cour Européenne des Droits de l’Homme all’indirizzo http://www.echr.coe.int/echr/fr/hudoc/;
42
l’article 10. Ce dernier vaut pour “toute personne”, physique o morale…En outre, il concerne non seulement le contenu des informations, mais aussi les moyens de trasmission ou de captage, car toute restriction apportée à ceux-ci touché le droit de recevoir et de comuniquer des informations54».
Secondo quanto sancito dalla Corte quindi l’articolo 10 si applica ad ogni persona, sia fisica che giuridica. L’articolo 10, come precedentemente affermato, ricomprende nel diritto alla libertà d’espressione, insieme alla libertà d’opinione, il diritto alla libertà di ricevere e comunicare informazioni o idee. Si tratta sostanzialmente di “due facce della stessa medaglia”, pertanto la tutela del primo tipo di libertà dipende e ricomprende la tutela della libertà del secondo tipo. Per quanto concerne in particolare la libertà di ricevere informazioni ed idee gli organi di controllo europei ne hanno sottolineto il carattere complesso.
54
G. FERRANTI, L’evoluzione. Cfr. nota numero 8;
43
La Corte nella sentenza Sunday Times55 afferma che al diritto dei mezzi di comunicazione di svolgere la propria attività corrisponde il diritto del pubblico ad essere informato. Nella sentenza relativa al caso Yalçin Küçük c. Turquie la Corte in particolare afferma il diritto del pubblico a ricevere informazioni con finalità socio-politica:
«A sa fonction qui consiste à deffuser s’ajoute le droit , pour le pubblic, d’en recevoir. La liberté de recevoir des informations ou des idées fournit à l’opinion publique l’un des meilleurs moyens de connaȋtre et juger les idées et attitudes des dirigeants56»
La giurisprudenza degli organi di controllo europei attribuisce al pubblico il diritto generico di essere informato. Viene garantito l’accesso alle fonti d’informazione in generale e questo viene tutelato nell’ambito del diritto di ricevere informazioni inteso come aspetto passivo di ricezione.
55
G. FERRANTI, L’evoluzione. Cfr. nota numero 19; Sentenza 5 marzo 2003 nel caso Yalçin Küçük c. Turquie, par. 38, consultabile presso il sito www.echr.coe.int;
56
44
La questione diviene più complessa quando le informazioni sono detenute da una pubblica autorità. Infatti il disomogeneo riconoscimento da parte degli ordinamenti nazionali, in particolare degli Stati parti della CEDU, del diritto di accesso alle fonti e la differenza della disciplina inerente le attività per la ricerca delle informazioni in possesso della pubblica autorità rende più difficoltosa una valutazione complessiva ma evidenzia al contempo l’evoluzione del diritto d’accesso. La giurisprudenza degli organi di controllo della CEDU non esprime la volontà di formulare princìpi generali e riconosce con molta cautela il summenzionato diritto; dalle affermazioni della Corte e della Commissione infatti si percepisce il disagio di manifestare giudizi divergenti da quelli degli Stati. In questo senso si è espressa la Commissione nella Decisione57 relativa alla ricevibilità del ricorso inoltrato da sedici Comuni austriaci, nella quale la Commissione stessa nega il riconoscimento di un diritto di accedere alle fonti d’informazione della pubblica amministrazione, e nella fattispecie tale diritto non
57
G. FERRANTI, L’evoluzione. Cfr. nota numero 83.
45
viene riconosciuto neppure a sindaci ed a rappresentanti comunali nell’esercizio di pubbliche funzioni. Tale opinione viene successivamente superata da una Decisione inerente l’ammissibilità del ricorso X c République Féderale d’Allemagne in cui la Commissione afferma che: «Le droit de recevoir des informations puisse, dans certaines conditions, inclure un droit d’accès de la personne intéressée à des documentes, qui bien que n’étant pas Généralement accessibles, présentent une importance particuliére pour sa propre situation»58
La Decisione sancisce che “può” essere
riconosciuta
all’individuo la facoltà di accedere a fonti della pubblica amministrazione, ma tale “possibilità” gli viene riconosciuta solo in “circostanze particolari” e solamente “se contengono dati di particolare importanza” per il richiedente. L’autorità statale può determinare se permettere o meno l’accesso. Inoltre l’affermazione della Commissione evidenzia come la tutela giuridica del singolo sia limitata e ciò equivale a dire
58
G. FERRANTI, L’evoluzione. Cfr. nota numero 84;
46
sostanzialmente che dall’articolo 10 della CEDU non possa ricavarsi alcun diritto del singolo. Tale lettura viene rafforzata dalla Corte nella sentenza Leander c. Suède59 inerente al ricorso di un funzionario della pubblica amministrazione che riteneva di avere il diritto ad accedere alle informazioni riservate che lo riguardavano e che erano detenute dalla polizia. La Corte infatti dichiara:
«L’article 10 n’accorde pas à l’individu le droit d’acceder à un registre où figurent des rensegnements sur sa propre situation, ni n’oblige le gouvernemant à las lui communiquer»
In tale sentenza viene rimarcata l’assenza di un diritto d’accesso alle fonti della pubblica amministrazione e viene altresì negato che sussista un obbligo per la pubblica autorità di mostrare all’individuo dati che lo riguardino.
59
Sent. 26.3.1987, nel caso Leander c. Suède, visionabile nel sito della Cour Européenne des Droits de l’Homme all’indirizzo http://www.echr.coe.int/echr/fr/hudoc/;
47
Nel caso suddetto il rifiuto all’accesso viene inoltre motivato anche da esigenze di tutela di dati di carattere personale a norma dell’articolo 8 della CEDU. Nel caso Gaskin c. Royaume Uni
60
la fattispecie si presenta
sotto un profilo differente e differenti saranno per determinati aspetti anche le conclusioni della Corte. Nel caso di specie il ricorrente è orfano e vorrebbe conoscere i propri dati personali. La Corte in questo caso ritiene di poter concedere tali informazioni, ma non in virtù del un diritto d’accesso ai documenti delle pubbliche amministrazioni sancito dall’articolo 10 della CEDU ma in forza di quanto disposto dall’articolo 8, par. 1 della CEDU che sancisce il rispetto della vita privata. Il caso che fa emergere in tutta la sua importanza la questione relativa all’obbligatorietà dello Stato di comunicare informazioni in suo possesso è il ricorso Guerra et autres c. Italia61
60
Sent. 07.07.1989 caso Gaskin c. Royaume Uni visionabile nel sito della Cour Européenne des Droits de l’Homme all’indirizzo http://www.echr.coe.int/echr/fr/hudoc/. 61 Sent 19.2.1998, caso Guerra et autres c. Italia Uni visionabile nel sito della Cour Européenne des Droits de l’Homme all’indirizzo http://www.echr.coe.int/echr/fr/hudoc/;
48
Il caso Guerra ha come oggetto il diritto di accedere ad informazioni di interesse generale, in particolare quelle relative ai rischi ambientali. Il caso in oggetto è inerente al ricorso di quaranta cittadini di Manfredonia che imputano al governo italiano di non aver informato la popolazione sui rischi relativi all’emissione di gas nocivi avvenuta nell’industria chimica Enichem Agricoltura ubicata nei pressi della città. Nell’accogliere il ricorso la Commissione affermò un diritto del tutto nuovo, che valorizzava l’articolo 10 della CEDU. La Corte infatti statuì che qualora ci si trovasse in presenza di un’attività industriale o di altra natura, si configurasse a carico della pubblica autorità un obbligo di diffondere informazioni su tale attività, obbligo che si ricollega al diritto d’accesso alle informazioni di interesse generale. La Commissione giungeva ad asserire questo sulla base del diritto europeo vigente in quel momento, ai sensi del quale informare il pubblico rappresentava uno strumento essenziale per la salvaguardia della salute e del benessere della popolazione in circostanze di minaccia per l’ambiente.
49
Nel caso in esame dunque la Corte prende una posizione netta nell’affermare che l’articolo 10 attribuisce il diritto e la libertà di ricevere informazioni e comporta un obbligo positivo per lo Stato di comunicare le informazioni necessarie. La Corte conclude affermando:
«L’art. 10 de la Convention iimpose donc auz Etats(…)des obligations positives de collecte, d’élaboration et de diffusion des informations qui, par leur nature mȇme, ne sont pas directement accessibles..»62
Quanto affermato dalla Commissione, pur essendo relativo al caso specifico, può comunque essere considerato un primo passo verso una diversa considerazione del problema relativo all’accesso alle fonti del settore pubblico e del correlativo obbligo dello Stato di comunicare informazioni importanti per la popolazione. A tale apertura della Commissione tuttavia non ha corrisposto quella della Corte che assume una posizione opposta.
62
G. FERRANTI, L’evoluzione. Cfr. nota numero 93;
50
La Corte infatti afferma che la libertà di ricevere informazioni:
«ne saurat se comprendre comme imposant à un Etat, (…) des obligations positives de collecte et de diffusion, motu proprio, des informations»63.
La Corte affermò quindi che lì articolo 10 non si potesse applicare al caso di specie . Il caso Guerra si concluse con una sentenza che se avesse seguito l’orientamento della Commissione si sarebbe rivelata del tutto
innovativa,
la
Corte
invece
perseverò
in
posizioni
conservatrici. Tale caso evidenzia il conflitto valutativo tra i due organi di controllo, ma conferma altresì l’assenza di progressi nell’ambito del sistema di garanzia. Si può quindi affermare che gli organi di controllo europei non hanno, fino ad oggi, sancito il diritto dell’individuo all’accesso alle informazioni di carattere personale in possesso della pubblica 63
G. FERRANTI, L’evoluzione. Cfr. nota numero 61;
51
autorità, lasciando insoddisfatta l’auspicata esigenza di maggior trasparenza dei poteri pubblici. Manca da parte della giurisprudenza anche l’affermazione di un diritto collettivo di essere informati su situazioni accertate di grave pericolo, e questo perché non viene attribuito allo Stato l’obbligo di fornire le informazioni delle quali dispone64.
64
G. FERRANTI, L’evoluzione, cit., pp. 33 ss.;
52
1.5 Fondamento giuridico e limiti applicativi del diritto d’accesso: le sentenze pronunciate dal Tribunale e dalla Corte di giustizia nei casi, Paesi Bassi, The Guardian, WWF UK interporc, Vand der Wal
Nell’ambito del circuito Commissione-Consiglio relativo alla visibilità delle proprie attività, si è registrata, come sottolineato nei precedenti paragrafi, una vera e propria inversione di tendenza che ha portato alla progressiva affermazione, a livello comunitario, della trasparenza e dell’accesso alle informazioni detenute da tali istituzioni. L’aspetto che ha destato maggiore interesse in tale processo evolutivo è stato, senza dubbio, l’atteggiamento innegabilmente attendista e cauto del giudice comunitario, principalmente con riguardo al judical activism che ne ha caratterizzato l’orientamento, in
relazione
all’affermazione
e
alla
garanzia
dei
fondamentali65.
65
S. GAMBINO, Costituzione italiana e diritto europeo, Milano, 2002;
53
diritti
L’affermazione del self-restraint giudiziario comunitario è avvenuta con la sentenza del 30 aprile 199666 con la quale la CGCE ha affrontato la problematica inerente il fondamento giuridico della disciplina in vigore. Nel caso di specie si è Trattato di un ricorso proposto dai Paesi Bassi mediante il quale, in primo luogo, è stato richiesto l’annullamento del Codice di condotta per violazione dell’obbligo di motivazione di cui all’articolo 190 del TCE. Il governo ricorrente riteneva che il Codice di condotta non rappresentasse un atto produttivo di effetti giuridici, bensì un testo di carattere politico, frutto di accordi politici intercorsi tra la Commissione ed il Consiglio. Occorre
a
tal
proposito
ricordare
che,
secondo
la
giurisprudenza della Corte, l’azione di annullamento deve potersi esperire nei confronti di qualsiasi provvedimento, adottato dalle istituzioni, indipendentemente dalla sua natura e dalla sua forma, che miri a produrre effetti giuridici67.
66
CORTE DI GIUSTIZIA, sentenza del 26 aprile 1996, Regno dei Paesi Bassi c. Consiglio, causa C 58/94; 67 CORTE DI GIUSTIZIA, sentenza del 29 giugno 1995, Spagna c. Commissione, causa C-135/93, cfr. punto 20;
54
La seconda censura del ricorrente si riferisce invece all’articolo 22 del regolamento interno e alla decisione 93/731/CE68, ritenuti lesivi del princìpio di equilibrio istituzionale sancito dall’articolo 4 del TCE, sulla base del quale, in ragione della rilevanza della materia disciplinata, anche il Parlamento europeo avrebbe dovuto partecipare al processo di elaborazione di tali scelte normative. Quanto rilevato riguarda sostanzialmente la questione di legittimità di un atto di auto-organizzazione diretto ad attribuire al singolo il diritto d’accesso ai documenti che, secondo il ricorrente, necessiterebbe di indispensabili garanzie formali. Il governo olandese, infatti, rileva che l’accesso del pubblico ai documenti del Consiglio costituisce il princìpio basilare della decisione, e che in capo ai singoli possono verificarsi effetti giuridici, in particolare qualora vengano presentate precise richieste d’accesso ad un documento, quando dette domande sono oggetto di rifiuto e in relazione alla possibilità di proporre ricorso avverso le decisioni recanti il rifiuto all’accesso ad un documento69.
68
In GUCE L 340/43, del 3 dicembre 1993, cit.; C. FRANCHINI , Il diritto d’accesso tra l’ordinamento europeo e quello nazionale, in Giornale di Diritto amministrativo, n. 9, 1996, p 823 ss 69
55
In relazione al primo punto del ricorso la CGCE, accogliendo la ricostruzione dell’Avvocato Generale Tesauro che riconduceva il Codice di condotta agli atti aventi natura squisitamente politica70, non si è nemmeno pronunciata, poiché il ricorrente aveva subordinato la cognizione della questione all’ipotesi in cui il giudice comunitario avesse riconosciuto all’atto impugnato idoneità a produrre effetti giuridici autonomi. In relazione agli altri due argomenti, essi appaiono maggiormente
rilevanti
in
quanto,
com’è
stato
osservato,
«l’individuazione del fondamento giuridico dell’accesso» assume «un rilievo decisivo allorché si intenda verificare se, a livello comunitario, l’accesso possa essere considerato espressione di un princìpio generale di diritto e non semplicemente come oggetto di una situazione giuridica di vantaggio riconosciuta se e nei limiti in cui
la
singola
istituzione
provveda,
in
sede
di
autoregolamentazione, alla disciplina della materia»71. La questione concernente il presupposto normativo del diritto d’accesso comunitario non viene tuttavia chiarita dalla Corte. 70
Confermando la natura politica del Codice di condotta, la CGCE individua la ragione della sua adozione nel “bisogno del Consiglio e della Commissione di prevenire divergenze rilevanti nella loro prassi futura”, punto 26 della sentenza. 71 S. GAMBINO, Costituzione italiana, cit., cfr. nota numero 56;
56
In particolare il percorso argomentativo seguito dalla CGCE nel caso de quo, mira quasi esclusivamente a dimostrare la natura di provvedimento interno della decisione contesa, non affrontando in maniera completa la questione relativa all’esistenza di un princìpio generale comunitario relativo all’accesso al pubblico, facendo sorgere conseguentemente non pochi dubbi sul riconoscimento nell’ordinamento sovranazionale di un
diritto d’accesso e del
relativo fondamento normativo. Il giudice constata, dapprima, che la maggioranza degli Stati membri «sancisce in modo generale, quale princìpio costituzionale o legislativo, il diritto d’accesso del pubblico»72. Si riduce così ad attribuire agli sviluppi conosciuti in ambito comunitario il limitato effetto di far trasparire «un’affermazione graduale del diritto d’accesso dei singoli ai documenti in possesso delle autorità pubbliche»73. La Corte riserva un’attenzione diversa alle esigenze organizzative ed al buon andamento dell’istituzione, ritenendo l’adozione della decisione 93/731/CE necessaria a consentire
72
CORTE DI GIUSTIZIA, Regno dei Paesi Bassi c. Consiglio, cit., cfr. punto 34 della sentenza; 73 Ibidem; Cfr. punti 35 e 36 della sentenza;
57
l’adeguamento
del
funzionamento
interno
del
Consiglio
all’evoluzione, e non all’affermazione europea del diritto d’accesso74. Nel caso di specie la Corte si è preoccupata principalmente, non tanto di rintracciare la fonte creatrice del diritto d’accesso, quanto di salvaguardare la legittimità della decisione 93/731/CE. Il giudice comunitario ha scelto di ricondurre la decisione impugnata ai provvedimenti di carattere interno, superando così le censure mosse dal ricorrente. Tale orientamento della Corte da un lato rende inaccettabili talune letture dottrinarie che attribuiscono «valenza universale al diritto d’accesso, inteso come princìpio cardine del diritto amministrativo»75e dall’altro induce a non concordare con chi sostiene che la Corte escluda in maniera assoluta la presenza a livello comunitario di un diritto d’accesso76. La Corte ha affermato in proposito quanto segue: «la circostanza che la decisione 93/731 produca effetti giuridici nei
74
CORTE DI GIUSTIZIA, Regno dei Paesi Bassi c. Consiglio, cit., cfr. punto 37 della sentenza; 75 C. FRANCHINI, Il diritto d’accesso tra l’ordinamento europeo e quello nazionale, in Giornale di Diritto amministrativo, n. 9, 1996, p 826. 76 S GAMBINO, Costituzione italiana, cit., cfr. nota 63;
58
confronti dei terzi non può rimettere in discussione la sua qualificazione come provvedimento di carattere interno. Nulla osta infatti, a che una disciplina concernente l’organizzazione interna dei lavori di un’istituzione produca effetti di tal genere»77. A conferma di tale orientamento della Corte, si può richiamare la posizione assunta sul punto dal Tribunale di primo grado che, in una successiva sentenza avente invece ad oggetto la decisione 94/90 della Commissione, stabilisce, che essa sia « un atto in grado di attribuire a terzi determinati diritti che la Commissione ha l’obbligo di rispettare, anche se tale decisione contiene effettivamente una serie di obblighi che la Commissione si è
volontariamente
imposta
a
titolo
di
provvedimenti
di
organizzazione interna»78. Così la Corte circoscrive l’ambito «soggettivo di efficacia del diritto in questione, ossia del novero dei soggetti istituzionali operanti in ambito comunitario nei cui confronti può essere fondamentalmente avanzata l’actio ad exhibendum79» limitando di
77
CORTE DI GIUSTIZIA, Regno dei Paesi Bassi c. Consiglio, cit., cfr. punto 34 della sentenza; 78 Cfr. TRIBUNALE DI PRIMO GRADO, sentenza del 5 marzo 1997, WWF UK c. Commissione, causa T - n. 105 del 1995; 79 S. GAMBINO, Costituzione italiana, cit., cfr. nota 63;
59
conseguenza, l’azionabilità del diritto solo ai documenti posseduti dalle istituzioni comunitarie dotate di regolamenti in materia. Un’altra questione che assume fondamentale importanza nella disamina del percorso che caratterizza l’affermazione del diritto d’accesso è quella concernente i limiti attuativi del diritto stesso. A riguardo la sentenza del Tribunale di primo grado80 presa in esame, traccia i confini applicativi del diritto d’accesso del pubblico ai documenti delle istituzioni comunitarie, specialmente della Commissione. Con tale pronuncia i giudici hanno stabilito che per il cittadino comunitario non sia possibile ottenere copia delle lettere inviate dalla Commissione ai giudici interni, in forza della collaborazione tra questa istituzione e le giurisdizioni nazionali in materia di concorrenza, in particolare in materia di applicazione degli articoli 85 e 86 del Trattato CE81.
80
TRIBUNALE DI PRIMO GRADO,
sentenza del 19 marzo 1998 Van der Wal c.
Commission, causa n. T-83/96; Comunicazione relativa alla cooperazione tra i giudici nazionali e la Commissione nell'applicazione degli articoli 85 e 86 del trattato CEE , in GUCE n. C 39 del 13 febbraio 1993, p. 6; 81
60
Nel caso in questione, con una lettera del 23 gennaio 1996, il ricorrente, in qualità di avvocato e socio di uno studio che tratta cause in materia di concorrenza a livello comunitario, aveva richiesto copia di talune lettere di risposta della Commissione a diversi giudici nazionali. L’accesso a tali documenti gli veniva negato poiché la divulgazione
degli
stessi
avrebbe
ostacolato
la
buona
amministrazione della giustizia, e sarebbe stata quindi lesiva di un pubblico interesse. Secondo la Commissione, nel caso di specie, i rapporti tra i giudici e la suddetta istituzione si sarebbero incrinati poiché «un giudice che ha posto un quesito alla Commissione, per di più inerente una causa in corso, non gradirebbe la divulgazione della risposta che gli è stata fornita82». Tale rifiuto è stato oggetto d’impugnazione davanti al Tribunale di primo grado. Per meglio comprendere il ragionamento seguito dal Tribunale bisogna ripercorrere l’iter giuridico attraverso il quale ha trovati affermazione il diritto d’accesso. 82
TRIBUNALE DI PRIMO GRADO,
sentenza del 19 marzo 1998 Van der Wal c.
Commission, cit., punto 16;
61
«Nell'Atto finale del Trattato sull'Unione europea, firmato a Maastricht il 7 febbraio 1992, gli Stati membri hanno inserito una dichiarazione (n. 17) sul diritto di accesso all'informazione. Conformandosi a detta dichiarazione, la Commissione ha pubblicato la comunicazione 93/C 156/0583, da essa trasmessa al Consiglio, al Parlamento e al Comitato economico e sociale il 5 maggio 1993, relativa all'accesso del pubblico ai documenti delle istituzioni. Il 2 giugno 1993 essa ha adottato la comunicazione 93/C 166/04 sulla trasparenza nella Comunità84. Nell'ambito di tali fasi preliminari all'attuazione del princìpio della trasparenza, il 6 dicembre 1993 il Consiglio e la Commissione hanno approvato un Codice di condotta relativo all'accesso del pubblico ai documenti del Consiglio e della Commissione85, diretto a fissare i princìpi che disciplinano l'accesso ai documenti in possesso di tali istituzioni.
83
Comunicazione della Commissione relativa all’accesso del pubblico ai documenti delle istituzioni (Comunicazione al Consiglio, al Parlamento e al Comitato economico e sociale), in GU C 156, del 8 giugno 1993; 84 Comunicazione al Consiglio, al Parlamento e al Comitato economico e sociale: La trasparenza nella Comunità, COM (1993) 258 def., in GU C 166, del 17 giugno 1993; 85 Cfr. nota n. 37;
62
Per garantire l'attuazione di detto impegno la Commissione, in base all'art. 162 del Trattato CE, ha emanato, l’8 febbraio 1994, la decisione 94/90/CECA, CE, Euratom, sull'accesso del pubblico ai documenti della Commissione86. L'art. 1 di tale decisione adotta formalmente il Codice di condotta il cui testo è allegato alla decisione stessa. Il
Codice
di
condotta,
nella
forma
adottata
dalla
Commissione, enuncia il seguente princìpio generale: “Il pubblico avrà il più ampio accesso possibile ai documenti di cui dispongono la Commissione e il Consiglio”. Peraltro, la Commissione ha pubblicato la comunicazione 94/C 67/0387 sul miglioramento dell'accesso ai documenti, nella quale precisa in particolare quanto segue: “(...) La Commissione può rifiutare l'accesso a un documento qualora ritenga che la sua divulgazione possa pregiudicare interessi pubblici o privati, o il buon funzionamento dell'istituzione (...).
86
Decisione della Commissione 94/90/CECA, CE, Euratom, dell'8 febbraio 1994, cit.; 87 Comunicazione della Commissione sul miglioramento dell'accesso ai documenti, in GUCE C 67/03 del 4 marzo 1994;
63
L'applicazione delle deroghe non è automatica, e per ogni richiesta d'accesso a un documento verranno valutati i pro e i contro (...)”. Nel 1993 la Commissione ha pubblicato la comunicazione 93/C 39/05, relativa alla cooperazione tra i giudici nazionali e la Commissione, nell'applicazione degli articoli 85 e 86 del Trattato CEE88. Detta comunicazione specifica in particolare, da un lato, l'oggetto delle informazioni che i giudici nazionali possono chiedere alla Commissione e, dall'altro, i limiti dell'efficacia vincolante delle risposte date in materia dalla Commissione89.» Il diritto d’accesso, appare quindi fortemente presente nell’ordinamento comunitario. tuttavia però non costituisce un princìpio generale vero e proprio, essendo considerato come un semplice corollario del princìpio di trasparenza. Appare abbastanza chiaramente come il Tribunale al fine di pronunciarsi abbia dovuto eseguire un bilanciamento degli interessi in causa: quelli del cittadino ad ottenere copia dei documenti in
88
Comunicazione relativa alla cooperazione tra i giudici nazionali e la Commissione nell'applicazione degli articoli 85 e 86 del trattato CEE, cit.; 89 Cfr. Sentenza in oggetto punti 2 e ss.;
64
possesso della Commissione e quelli del giudice interno, destinatario dei documenti, a mantenere segreti gli atti relativi alla controversia a lui sottoposta. La sentenza inoltre porta a distinguere due tipi di documenti: il primo tipo di documento in possesso della Commissione, poiché come nel caso di specie, richiesto da un giudice nazionale in virtù della collaborazione prevista in materia di concorrenza, e l’altro invece detenuto a diverso titolo dall’istituzione europea. Mentre il primo tipo di documento deve considerarsi riservato, lo stesso non può affermarsi per il secondo. Tale differenza non deriva dalla natura del documento, ma dalla funzione da esso svolta. Infatti, qualora un documento venga prodotto al fine di attuare una cooperazione tra Commissione e giudice nazionale, questo entra a far parte degli atti processuali coperti dalla garanzia della riservatezza a norma dell’articolo 6 della Convenzione sulla salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. In virtù di tale distinzione, la funzione della Commissione nel caso esaminato appare simile a quella di un consulente tecnico d’ufficio. Il responsabile della pronuncia rimane sempre e solo il
65
giudice nazionale e la Commissione in tali casi non entra nel merito della vicenda. Le risposte delle istituzioni non sono vincolanti ed i giudici che le hanno richieste possono quindi discostarsene90. Il diritto d’accesso agli atti delle istituzioni, sia pur con alcune limitazioni, costituisce dunque un risultato ottenuto grazie all’opera di democratizzazione della società. Passando ad analizzare la problematica dell’effettiva consistenza che, alla stregua della disciplina dettata rispettivamente dal Consiglio e dalla Commissione, connota il diritto in questione e i limiti entro i quali ne è ammessa l’azionabilità, notiamo come essa emerga in tutta la sua complessità nel caso John Carvel e Guardian Newspaper Ltd c. Commissione91. Nella fattispecie in esame, J. Carvel, redattore del quotidiano britannico The Guardian aveva presentato un’istanza di accesso avente ad oggetto i rapporti preparatori, i processi verbali, e i resoconti relativi ai Consigli dei Ministri degli Affari sociali del 12
90
P. TROIANIELLO , Limiti applicativi del diritto di accesso ai documenti della Commissione europea, in Diritto europeo e degli scambi internazionali, anno 1998, vol. 37, pp. 383 ss.; 91 TRIBUNALE DI PRIMO GRADO, sentenza del 19 ottobre 1995, John Carvel e Guardian Newspaper Ltd c. Commissione, causa T-194/94;
66
ottobre e 23 novembre 1993, al Consiglio dei Ministri della Giustizia del 29-30 novembre 1993, ed al Consiglio dei Ministri dell’Agricoltura del 24-25 gennaio 1994. A seguito dell’istanza, il segretario generale del Consiglio aveva trasmesso solo copia dei documenti afferenti ai Consigli degli Affari sociali, negando invece, anche a seguito della “richiesta di conferma”, l’accesso agli altri documenti indicati nella domanda ostensiva. Nell’illustrare le ragioni del provvedimento di rigetto, l’istituzione aveva osservato quanto segue: «il Consiglio ritiene che l’accesso a tale documentazione non possa essere concesso, poiché essa fa diretto riferimento alle deliberazioni del Consiglio e dei suoi organi preparatori. Se ne venisse accordato l’accesso, il Consiglio ometterebbe di tutelare la segretezza delle sue deliberazioni. I documenti di cui trattasi contengono notizie riservate in merito alla posizione assunta dai membri del Consiglio durante le sue deliberazioni92».
92
Lettera del 17 maggio 1994 trasmessa in risposta alla “richiesta di conferma”: nella stessa occasione, il Consiglio, replicando al rilievo con cui gli istanti avevano sottolineato la contraddittorietà della condotta assuntadall’istituzione che, diversamente da quanto effettuato con riferimento agli atti dei Consigli “Giustizia” e “Agricoltura”, aveva consentito l’ accesso ai
67
Contro le decisioni con cui il Consiglio rigettava le istanze di accesso, i ricorrenti hanno proposto ricorso, volto ad ottenerne l’annullamento, adducendo a sostegno dello stesso, cinque motivi: 1) violazione del diritto fondamentale di diritto comunitario che sancisce l’accesso ai documenti delle istituzioni dell’Unione europea; 2) violazione del princìpio della tutela del legittimo affidamento; 3) violazione dell’articolo 4, numero 2, della decisione 93/731, in quanto le decisioni contestate sarebbero espressioni di rifiuto di concedere l’accesso a taluni ti pi di documenti, per ragioni di princìpio; 4) violazione dell’articolo 7, numero 3, della decisione 93/731 e dell’articolo 190 del Trattato CE, in quanto le decisioni controverse sarebbero viziate da difetto di motivazione; 5) infine, sviamento di potere. Occorre porre particolare attenzione al terzo motivo del ricorso, tra l’altro l’unico preso in considerazione dal Tribunale, nel quale i ricorrenti hanno criticato le decisioni impugnate e le relative
documenti afferenti al Consiglio “Affari sociali”, osservava che questi ultimi “non avrebbero dovuto essere inviati a Lor Signori. Nondimeno, a causa della novità costituita dalla procedura da seguire per consentire l’accesso del pubblico ai documenti del Consiglio e dalla sua concreta attuazione, dette notizie vi sono state trasmesse a seguito di un errore dell’amministrazione”.
68
motivazioni, con riferimento all’articolo 4, numeri 2 e 3, della decisione del Consiglio 93/731/CE. Già la formulazione testuale di tale articolo fa emergere come i due commi dell’articolo 4 pongano previsioni del tutto differenti: mentre quella di cui al numero 1, statuisce che l’accesso “non può” essere consentito quando la divulgazione del documento possa nuocere alla tutela dell’interesse pubblico o della vita privata, quella di cui al numero 2, invece, prevede che l’accesso “può” essere rifiutato per tutelare la segretezza delle deliberazioni del Consiglio. Nel caso di specie, i ricorrenti hanno contestato al Consiglio di aver rigettato la richiesta di conferma sulla base di pure ragioni di princìpio, omettendo di operare qualsiasi forma di bilanciamento di interessi. Essi hanno inoltre contestato all’istituzione l’inosservanza del metodo del “caso specifico”, che imporrebbe all’amministrazione destinataria dell’actio ad exhibendum di effettuare una valutazione comparativa degli interessi in conflitto, non in astratto ma in concreto, ossia caso per caso. A tale eccezione il Consiglio ha opposto un’impostazione difensiva volta a collocare le disposizioni di cui all’articolo 4,
69
numero 2, della decisione 93/731/CE in un più ampio contesto normativo. L’approccio sistematico seguito dal Consiglio non è stato condiviso dal Tribunale adito che ha affermato, al contrario, che solo la decisione, e non il regolamento interno assuma carattere legislativo. Nel caso di specie il giudice ha affermato, dunque, che il Consiglio avesse rigettato la richiesta di conferma in modo sostanzialmente automatico e quindi illegittimo, omettendo non solo un’adeguata analisi comparativa, ma anche un’indagine ricognitiva dell’effettiva portata e consistenza degli interessi in contesa. Esso ha per tali ragioni dichiarato illegittime le decisioni di diniego del Consiglio. A conclusioni sostanzialmente analoghe perviene il Tribunale di primo grado nella sentenza pronunciata il 5 marzo 199793. Nel caso in esame, la richiesta di accesso presentata dal WWF alla Commissione, aveva ad oggetto tutti i documenti relativi all’esame del progetto concernente la realizzazione di un centro per l’osservazione 93
della
natura
nel
Burren
National
TRIBUNALE DI PRIMO GRADO, WWF UK c. Commissione, cit.;
70
Park
a
Mullaghmore, in relazione al quale le autorità irlandesi avevano richiesto di beneficiare dei fondi comunitari. A seguito della presentazione da parte delle Autorità irlandesi della summenzionata richiesta di accesso, il WWF UK sporgeva denuncia presso la Commissione, asserendo , da un lato, il contrasto della progettata costruzione del citato centro di osservazione con le norme comunitarie relative alla protezione dell’ambiente, e dall’altro l’inidoneità del medesimo progetto a giustificare l’assegnazione dei fondi strutturali. In conseguenza di tale denuncia era stata avviata un’indagine, all’esito della quale la Commissione concludeva nel senso della compatibilità del progetto con la normativa europea di tutela dell’ambiente, escludendo una procedura di inadempimento a carico dell’Irlanda. La Commissione nel negare la richiesta d’accesso agli atti raccolti nel corso di tale attività di indagine, presentata dal WWF UK a norma della decisione 94/90, adduceva la riconducibilità del caso in questione all’alveo delle eccezioni di accesso previste dalla stessa decisione, facendo riferimento, in particolare, a quelle
71
relative all’interesse pubblico e alla protezione dell’interesse della Commissione relativo alla segretezza delle sue deliberazioni. Il
diniego
della
Commissione
appariva
fondato
principalmente sulla prima delle eccezioni menzionate, ossia “l’interesse pubblico”, che veniva, nel caso di specie, individuato dal segretario generale nell’interesse “all’ordinato svolgimento delle procedure per inadempimento”94. Contro la decisione di rigetto contenuta nella lettera da ultimo indicata, il WWF UK ha proposto ricorso al Tribunale di primo grado, adducendo sostanzialmente due motivazioni, fondate rispettivamente sull’asserita violazione della decisione 94/90/CE e del Codice di condotta ad essa allegato e sul ritenuto contrasto della
94
Lettera del 2 febbraio 1995. Secondo l’impostazione seguita dall’amministrazione infatti “è essenziale per la Commissione poter condurre indagini negli ambiti di sua competenza in qualità di custode dei Trattati, nel rispetto della segretezza di detti procedimenti. E' evidente che è indispensabile per la Commissione curare il mantenimento di un clima di fiducia reciproca, il quale rischierebbe di essere seriamente compromesso da un'eventuale pubblicità. Una pubblicità siffatta è difficilmente conciliabile con la ricerca di una composizione in via amichevole della controversia nella sua fase preliminare. La divulgazione, in particolare, di una corrispondenza svoltasi tra la Commissione e lo Stato membro interessato potrebbe compromettere l'esame delle infrazioni del diritto europeo. In realtà, nel caso relativo al centro di osservazione della natura in Irlanda, la Commissione ha reso pubbliche - con un comunicato stampa - le ragioni per le quali essa non ha avviato nei confronti dell'Irlanda una procedura per inadempimento in materia di diritto dell'ambiente.”
72
decisione con il princìpio di adeguata motivazione di cui all’articolo 190 del Trattato. Nel replicare ai summenzionati rilievi, la Commissione ha preso le mosse dalla distinzione delle eccezioni al diritto di accesso contemplate
dal
Codice
di
condotta
in
“obbligatorie”
e
“facoltative”95. Secondo il Tribunale «La decisione 94/90, sull'accesso del pubblico ai documenti della Commissione, la quale contiene un 95
La distinzione è basata sulla diversa formulazione delle disposizioni che nel Codice di condotta, allegato alla decisione 94/90/CE, contemplano e regolano la materia dei limiti di azionabilità del diritto d’accesso. Mentre il primo comma della disposizione stabilisce che “le istituzioni negano l’accesso a qualsiasi documento la cui divulgazione possa pregiudicare: - la protezione dell'interesse pubblico (sicurezza pubblica, relazioni internazionali, stabilità monetaria, procedimenti giudiziari, controlli e indagini); - la protezione dei singoli e della vita privata; - la protezione del segreto commerciale e industriale; - la protezione degli interessi finanziari della Comunità; - la protezione della riservatezza chiesta dalla persona fisica o giuridica che ha fornito l'informazione o richiesta dalla legislazione dello Stato membro che ha fornito l'informazione. Il secondo comma invece stabilisce che “le istituzioni possono inoltre negare l'accesso per assicurare la tutela dell'interesse dell'istituzione relativo alla segretezza delle sue deliberazioni”. Accanto alle eccezioni contemplate dal primo comma qualificabili come “obbligatorie”, posto che la previsione del Codice di condotta esclude che l’istituzione possa effettuare valutazioni ponderative, bilanciando l’interesse di colui che avanza la richiesta ostensiva con quello che, riconducibile a taluno di quelli sopra indicati, è potenzialmente vulnerabile per effetto della divulgazione del documento oggetto dell’istanza di accesso, lo stesso codice indica, pertanto, un secondo genere di eccezioni. Per tale distinzione, cfr., sia pure con riferimento alla disciplina di cui alla decisione 93/731/CE adottata dal Consiglio, S. DE BELLIS, L’accesso del pubblico ai documenti del Consiglio dell’Unione europea, in Il diritto dell’unione europea, anno 1996, pp. 803 ss.
73
Codice di condotta in materia, è un atto in grado di attribuire ai terzi determinati diritti che la Commissione ha l'obbligo di rispettare. Infatti, adottando tale decisione, la Commissione ha indicato ai cittadini che desiderino avere accesso ai documenti in suo possesso che le loro richieste saranno esaminate nel rispetto delle procedure, condizioni ed eccezioni stabilite a tal fine. Se, a questo proposito, il Codice pone alcune eccezioni al princìpio generale dell'accesso dei cittadini ai documenti, queste ultime devono essere interpretate in modo tale da non rendere impossibile il conseguimento dell'obiettivo della trasparenza perseguito dalla decisione.» Interpretando le norme che contemplano le eccezioni all’azionabilità del diritto d’accesso, il Tribunale fa proprio il criterio illustrato dalla Commissione, volto a distinguere, come anticipato, le stesse in “obbligatorie” e “facoltative” sancendo che: «il Codice opera una distinzione tra due categorie di eccezioni, la prima, redatta in termini vincolanti, che prevede il diniego di accesso a qualsiasi documento la cui divulgazione possa pregiudicare segnatamente la protezione dell'interesse pubblico, la seconda, formulata in termini meno vincolanti, la quale prevede la
74
facoltà di negare l'accesso per assicurare la tutela dell'interesse dell'istituzione relativo alla segretezza delle sue deliberazioni. La distinzione tra queste due categorie di eccezioni è giustificata dalla natura degli interessi che esse mirano a proteggere: la prima protegge gli interessi di terzi o del pubblico in generale, la seconda concerne le deliberazioni interne dell'istituzione, le quali mettono in gioco unicamente gli interessi di quest'ultima. Per quanto concerne la prima categoria, la Commissione è obbligata a negare l'accesso ai documenti rientranti in una delle eccezioni ivi richiamate, qualora si adduca la prova dell'esistenza di quest'ultima circostanza. Quanto alla seconda categoria, la Commissione dispone di un potere discrezionale che le consente di respingere eventualmente una richiesta di accesso a taluni documenti che facciano riferimento alle sue deliberazioni, ma essa deve non di meno esercitare tale potere discrezionale ponendo realmente a confronto, da un lato, l'interesse del cittadino ad ottenere un accesso ai suoi documenti e,
75
dall'altro, il suo interesse eventuale a tutelare la segretezza delle proprie deliberazioni96.» Sono due i passaggi principali attraverso i quali si articola il ragionamento seguito dal Tribunale. Da un lato esso riconosce che la necessaria salvaguardia delle esigenze di riservatezza degli Stati membri in questione possa giustamente essere invocata a fondamento del provvedimento di diniego di un’istanza di accesso avente ad oggetto i documenti inerenti indagini suscettibili di sfociare in una procedura per inadempimento. Secondo il Tribunale infatti «I documenti relativi a un'indagine su un eventuale inadempimento, da parte di uno Stato membro, di un obbligo di diritto comunitario presentano i requisiti necessari affinché la Commissione possa far richiamo all'eccezione fondata sulla protezione dell'interesse pubblico. A tale riguardo, la Commissione ha l'obbligo di indicare, quanto meno per categorie di documenti, le ragioni per le quali essa reputi che i documenti di cui trattasi siano collegati all'avvio eventuale di una procedura per inadempimento, precisando a che cosa essi facciano riferimento, e 96
L’esistenza di due categorie di limiti all’azionabilità dell’accesso è altresì confermata da due sentenze pronunciate dal TRIBUNALE DI PRIMO GRADO, sentenza del 6 febbraio nei casi Interporc Im- und export GmbH c. Commissione, causa T-124/96; Gerard Van der Wal c. Commissione, cit.;
76
segnatamente se concernano attività di controllo e di indagine che l'accertamento di un inadempimento comporta. Quest'obbligo non significa tuttavia che la Commissione sia tenuta in qualsiasi circostanza a fornire, per ogni documento, i “motivi imperativi” che giustificano l'applicazione della suddetta eccezione, perché altrimenti si rischierebbe di compromettere la funzione essenziale di quest'ultima, quale risulta dalla natura stessa dell'interesse pubblico che deve essere protetto e dal carattere obbligatorio dell'eccezione. Per rispondere ai requisiti di motivazione discendenti dall'art. 190 del Trattato, una decisione che respinga una richiesta d'accesso deve, per ciascuna categoria di eccezioni, consentire al richiedente, e di conseguenza al Tribunale, di verificare se la Commissione abbia rispettato i suddetti obblighi»97. Rimarcando il mancato rispetto di tale obbligo motivazionale, nonché di quello avente ad oggetto il bilanciamento tra l’interesse rappresentato
dal
richiedente
e
quello
richiamato
dalla
Commissione per motivare il provvedimento di rigetto, alla segretezza delle sue deliberazioni, il Tribunale ha censurato la
97
B. NASCIMBENE, M. scelti, Milano, 2007;
CONDINANZI
, Giurisprudenza di diritto europeo. Casi
77
condotta dell’amministrazione ed ha annullato quindi la decisione impugnata98.
98
C. GAROFOLI, I profili comunitari del diritto d’accesso, in Rivista italiana di diritto pubblico europeo, 1998, pp. 1285 ss.;
78
Capitolo secondo IL DIRITTO ALL’INFORMAZIONE E IL DIRITTO ALL’ACCESSO DEL PUBBLICO AI DOCUMENTI AI SENSI DEL REGOLAMENTO(CE) N.
1049/2001 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO, DEL 30 MAGGIO
2001,
DOCUMENTI DEL
RELATIVO
ALL’ACCESSO
PARLAMENTO
DELLA COMMISSIONE.
79
DEL
EUROPEO, DEL
PUBBLICO
CONSIGLIO
AI E
2.1 Il regolamento 1049/2001: obbiettivi, condizioni e limitazioni
Il 30 maggio 2001, il regolamento n. 1049/2001 relativo all’accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo del Consiglio e della Commissione è stato adottato nell’Unione europea99. Il regolamento si propone, così come statuito nel preambolo, di dare attuazione al diritto di accesso del pubblico ai documenti, contribuendo in tal modo all’apertura ed alla trasparenza delle istituzioni europee. Il primo obbiettivo del regolamento è quello di «definire i princìpi, le condizioni e le limitazioni, per motivi di interesse pubblico o privato, che disciplinano il diritto di accesso ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione al fine di garantire il più ampio accesso possibile100».
99
Regolamento (CE) n. 1049/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 2001, relativo all'accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione, in GUCE L 145/43 del 31 maggio 2001; 100 Cfr. articolo 1 del regolamento 1049/2001.
80
Esso si prefigge inoltre di stabilire regole che affermino l’esercizio del diritto d’accesso nel modo più agevole possibile, favorendo in tal modo lo sviluppo di una buona amministrazione. Inoltre le istituzioni ampliano il diritto d’accesso sia a nuovi settori che a nuovi organismi. Così, il diritto di accesso deve essere applicato anche ai documenti relativi alla politica estera e di sicurezza comune, nonché alle operazioni della Polizia giudiziaria in campo penale, e i princìpi stabiliti nel regolamento devono essere rispettati anche da tutte le agenzie create dalle istituzioni101 . Procedendo con l’analisi della struttura del regolamento, si può notare come quanto previsto dalla norma di apertura si rifletta nel resto del regolamento stesso. Esso si apre, infatti, con i princìpi sostanziali inerenti le condizioni ed i limiti relativi al diritto d’accesso ai documenti102. Seguono poi una serie di norme che stabiliscono le procedure per esercitare il diritto d’accesso ai documenti (Art. 6-10).
101
A. CICCIA, G. NICOLA, Diritto di accesso e riservatezza alla luce della legge n. 15/2005, Halley editrice, 2005; 102 Vedi articoli dal 2-5 del regolamento 1049/2001;
81
Più in particolare gli adempimenti procedurali necessari all’accesso sono regolati dagli articoli dal 6 all’8 e dall’articolo 10, mentre l’articolo 9 individua particolari regole concernenti l’accesso ai documenti sensibili. Il regolamento individua le regole relative alla pubblicazione dei documenti, ai registri, alla fornitura di informazioni, ed alla riproduzione dei documenti ai quali si richiede l’accesso (Art. 1117). Infine l’efficacia del regolamento è sancita dall’articolo 18, il quale stabilisce che «ciascuna istituzione adatta il proprio regolamento interno alle disposizioni del presente regolamento103». In adempimento a quanto disposto dall’articolo 18 il Parlamento europeo, in data 13 novembre 2001, emana una Decisione104 che adegua il proprio regolamento alle disposizioni del regolamento n. 1049/2001 relativo all’accesso del pubblico ai
103
J. HELISKOSKI e P. LEINO, Darkness at the breack of noon: the case law regulation no. 1049/2001 on access to documents, in Common market law review, anno 2006, vol.43, n. 3, Giugno, pp. 735-781; 104 Decisione del Parlamento europeo che adegua il regolamento del Parlamento europeo alle disposizioni del regolamento 1049/2001 (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio, relativo all’accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione, in GU C 140/120 del 13 giugno 2002;
82
documenti del Parlamento europeo del Consiglio e della Commissione. Successivamente si adeguano al regolamento anzidetto anche il Consiglio e la Commissione, rispettivamente con la decisione 2001/840/CE del 29 novembre 2001, che modifica il regolamento interno del Consiglio105 e con la decisione 2001/937/CE, CECA, EURATOM del 5 dicembre 2001, che modifica il regolamento interno della Commissione106. Il regolamento 1049/2001 prevede la possibilità di porre delle limitazioni e delle condizioni all’accesso, per motivi sia di interesse pubblico che privato. Al fine di individuare quindi il punto centrale ma anche controverso della disciplina, occorre precisare come tali motivi vengano interpretati e definiti. A tal proposito occorre partire dalla definizione di “documento”107: «si tratta di ogni scritto, indipendentemente dal
105 Decisione del Consiglio 2001/840/CE:, del 29 novembre 2001, che modifica il regolamento interno del Consiglio n GU L 313/40 del 30 novembre 2001; 106 Decisione della Commissione 2001/937/CE,CECA,Euratom, del 5 dicembre 2001, che modifica il suo regolamento interno [notificata con il numero C(2001) 3714], in GU L 345/94 del 29 dicembre 2001; 107 Cfr. art. 3 del regolamento 1049/2001, per le definizioni di documento e di soggetto terzo.
83
supporto, cartaceo o elettronico ed anche di ogni registrazione sonora, visiva o audiovisiva che contenga dei dati in possesso delle istituzioni. Qualsiasi scritto che non rientri in tal definizione, ad esempio lettere o carte che non contengano informazioni su certi dati, è escluso dalla disciplina sull’accesso, indipendentemente dalle modalità con le quali il documento è stato diffuso108.» La definizione di “documento” è contenuta all’articolo 3 del regolamento e ricomprende tutti i documenti detenuti dalle istituzioni indipendentemente dalla sostanza, dall’origine, dalla classificazione e dalla completezza. Se si tiene conto del principio dell’accesso parziale, come definito dalla giurisprudenza e in seguito inserito nel regolamento 1049/2001, il diritto attribuito dal regolamento è quindi in realtà un diritto d’accesso al contenuto di qualsiasi documento esistente. Infatti, il Tribunale di primo grado e la Corte di Giustizia fondano il principio dell’accesso parziale sull’interpretazione del diritto di accesso ai documenti come un diritto di accesso agli elementi di informazione che essi contengono; quando alcuni di questi elementi 108
M. MIGLIAZZA, il diritto, cit., pp. 89 e ss
84
non sono coperti da un’eccezione al diritto di accesso, essi devono essere comunicati. «La formulazione utilizzata all’articolo 2, paragrafo 3, “documento elaborato da un’istituzione”, potrebbe comportare un certo livello di formalizzazione del documento; tuttavia il regolamento non contiene alcun criterio né nessuna altra indicazione in relazione con la natura più o meno ufficiale di un documento. Ciò non toglie che il valore dell’informazione contenuta in un documento e il pregiudizio causato dalla divulgazione possono variare in funzione di elementi come il suo livello di completamento, la natura più o meno effimera del suo contenuto o la presenza di una firma e il livello amministrativo a cui è stato redatto. D’altronde, il regolamento non obbliga in nessun modo le istituzioni a creare dei documenti al fine di rispondere a una domanda. Quando l’informazione richiesta non è disponibile in uno o più documenti esistenti, ma comporta delle ricerche presso fonti diverse e l’elaborazione di documenti specifici e/o la raccolta di dati, la domanda va al di là del campo di applicazione del regolamento e potrà essere trattata come una domanda di
85
informazioni, in
conformità
con
le norme
amministrative
dell’istituzione interessata. Il Parlamento, il Consiglio e la Commissione si sono dotati di codici di buona condotta amministrativa che prevedono anche norme per il trattamento delle richieste di informazione. Nella pratica, non è sempre facile, tuttavia, distinguere una domanda di informazioni da una domanda di accesso ai documenti109». Questo segna un cambiamento rispetto al regime previsto dal “pre-regolamento”, nel quale la portata relativamente limitata del Codice di condotta era stata completata dall’esistenza di specifiche regole applicabili a particolari aree d’azione, come in materia di concorrenza e di politica estera110. La Commissione non è sempre tenuta a rispondere alle richieste
d’informazione
provenienti
dal
privato,
bisogna
distinguere infatti tra nozione di documento e nozione di
109
Relazione della Commissione, del 30 gennaio 2004, sull’attuazione dei princìpi del regolamento (CE) n. 1049/2001 relativo all'accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione, COM(2004) 45 def.; 110 J. HELISKOSKI e P. LEINO Darkness at the breack of noon, cit., pp. 743 e ss.
86
informazione, poiché il diritto d’accesso riguarda i documenti che contengono informazioni, ma non le informazioni in quanto tali111. L’articolo 4 del regolamento razionalizza il regime delle eccezioni al princìpio del più ampio accesso “possibile” ai documenti delle istituzioni comunitarie, prevedendo anche la “trasformazione” dell’eccezione facoltativa riguardante la tutela dell’interesse
delle
istituzioni,
alla
segretezza
delle
loro
deliberazioni. La previsione di un’eccezione al princìpio generale del libero accesso, volta a consentire alle istituzioni europee di funzionare e deliberare al loro interno evitando la paralisi di qualsiasi iniziativa dovuta al controllo del pubblico, deve essere valutata con attenzione.
111
La distinzione tra informazione e documento non è sempre agevole: cfr. l’ordinanza T-106/99 del 27 ottobre 1999, nella quale si afferma che una lettera della Commissione che rifiuta di dare seguito ad una domanda di informazioni del ricorrente riguardo ai tassi d’interesse applicati dalla Banca europea per gli investimenti ai presiti destinati al finanziamento do progetti per lo sviluppo economico della Polinesia francese non è impugnabile, poiché non produce effetti giuridici vincolanti tali da incidere sugli interessi del ricorrente, modificandone in modo rilevante la situazione giuridica. L’informazione richiesta figura infatti in atti adottati dal Consiglio e pubblicati nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee. La Commissione non è tenuta a rispondere ad una tale domanda relativa all’individuazione dei passaggi relativi alla normativa europea.
87
Tale eccezione infatti, non può essere paragonata alle eccezioni relative alla protezione dell’interesse pubblico, poiché il rischio che si corre consiste nella vanificazione del princìpio generale del più ampio accesso possibile ai documenti delle istituzioni europee. Le istituzioni europee non possono escludere in modo del tutto discrezionale i terzi dall’informazione relativa alla loro attività, per salvaguardare l’efficacia del loro funzionamento. Tale eccezione necessiterebbe infatti di una base normativa e di un’interpretazione giurisprudenziale che la delimitino con precisione. In relazione a questo il Tribunale ha affermato che, nella normativa
vigente,
il
bilanciamento
di
interessi
relativo
all’applicazione dell’eccezione relativa alla segretezza deliberativa rispetto al princìpio generale del libero accesso ai documenti delle istituzioni riguarda, da un lato, l’interesse eventuale alla segretezza delle deliberazioni ai fini dell’efficacia del processo decisionale e/o
88
dell’efficienza amministrativa e, dall’altro, l’interesse del pubblico all’informazione112 Nello stesso caso Carvel il Consiglio aveva negato l’accesso ai rapporti preparatori, ai processi verbali ed ai resoconti relativi ai partecipanti ed alle votazioni di un Consiglio “Giustizia” e a processi verbali di un Consiglio “Agricoltura”. Il Tribunale ha annullato le rispettive decisioni di diniego anticipando in tal modo il contenuto dell’articolo 207.3, secondo comma, CE, riguardante i casi in cui il Consiglio agisce in qualità di legislatore ed è pertanto tenuto ad una maggiore trasparenza, per incrementare la democraticità dell’ordinamento europeo. Bisogna poi ricordare che il Consiglio ha adottato un Codice di condotta sull’accesso del pubblico ai processi verbali e alle dichiarazioni iscritte a verbale del Consiglio in qualità di legislatore il 2 ottobre 1995, dunque pochi giorni prima della pronuncia del Tribunale sul caso Carvel. Il fine di tale Codice è quello di rendere accessibili le dichiarazioni iscritte a verbale ed i processi verbali, nei casi di adozione di atti legislativi da parte del Consiglio. 112
TRIBUNALE DI PRIMO GRADO, sentenza del 19 ottobre 1995, caso Carvel e Guardian Newspaper c. Consiglio, , in causa n. T-194/94;
89
Fanno eccezione le ipotesi previste dall’art. 4.1, della decisione del Consiglio 93/731 e quelle indicate nel medesimo Codice. Esse sono rappresentate per le dichiarazioni dal segreto professionale e dalla ricerca dell’accordo, del suo o dei suoi autori, quando si tratti di dichiarazione di uno più membri del Consiglio; se un membro del Consiglio chiede o decide di rendere pubbliche le sue dichiarazioni potrà comunque farlo sotto la sua responsabilità. Per i processi verbali trova ugualmente applicazione il princìpio dell’accordo dell’autore delle relative dichiarazioni; le decisioni di rendere pubblici i processi verbali sono adottate dal Consiglio, in base al parere del COREPER. I
documenti
interni
relativi
allo
svolgimento
del
procedimento amministrativo e all’elaborazione di una decisione della Commissione, in materia di applicazione di regole sulla concorrenza, devono essere portati a conoscenza delle imprese interessate solo se prima facie, contengano elementi di prova idonei a confermare gli indizi che le stesse imprese abbiano già prodotto in causa.
90
Ovvero nel caso in cui la loro conoscenza sia necessaria affinché il Tribunale possa stabilire, anche d’ufficio, se la Commissione abbia rispettato gli obblighi imposti dal Trattato. Tuttavia nel caso Stahlwerke113, alcuni documenti qualificati dalla Commissione come interni si riferivano direttamente ad elementi di fatto della causa e dovevano essere acquisiti agli atti e comunicati alle parti, mentre altri documenti, che non si potevano considerare interni in senso stretto non occorreva venissero versati agli atti in causa. Come si può notare in via generale, ma soprattutto nel caso Stahlwerke, risulta spesso difficoltoso individuare documenti accessibili sia per i privati che per le persone fisiche e giuridiche114. Sempre in relazione al regime delle eccezioni assume rilevanza la protezione dell’interesse pubblico, che viene indicato in ordine alla sicurezza pubblica, alla difesa e alle questioni militari, alla politica finanziaria, monetaria o economica della Comunità o di uno Stato membro.
113
TRIBUNALE DI PRIMO GRADO, sentenza del 21 gennaio 1999, Neue Maxhütte Stahlwerke GmbH e Lech-Stahlwerke GmbH c. Commissione, cause riunite T129/95, T-2/96 e T-97/96 114 M. MIGLIAZZA, il diritto, cit., pp. 50 e ss
91
In secondo luogo viene indicata l’eccezione relativa alla tutela dell’interesse individuale privato, con riferimento alla vita privata ed all’integrità delle persone fisiche, protetto anche in relazione al trattamento dei dati personali da parte delle istituzioni e degli organismi europei. Tali limitazioni sono di tipo assoluto, nel senso che le istituzioni europee devono rifiutare l’accesso ai documenti nel caso in cui sussista l’eccezione relativa alla tutela dell’interesse pubblico o privato. Ulteriori eccezioni, di carattere relativo, sono previste dall’articolo 4.2 del regolamento 1049/2001, in particolare si tratta di esclusioni che possono essere superate in presenza di
un
prevalente interesse pubblico alla divulgazione. Tale interesse può avere natura commerciale inerente una persona fisica o giuridica, o comprendere la proprietà intellettuale, le procedure giurisdizionali, la consulenza legale e gli obbiettivi delle attività ispettive, di indagine e di revisione contabile. L’articolo 4.3 individua il limite alla divulgazione di documenti interni o interprocedimentali, stabilendo che questo sia individuato nel pregiudizio che potrebbe derivare al processo
92
decisionale dell’istituzione medesima, a meno che non sia presente un interesse pubblico alla divulgazione. Si può osservare come la recente disciplina regolamentare sull’accesso ai documenti dia prevalenza alla divulgazione nei casi in cui l’interesse pubblico lo richieda e non vi si opponga, rendendo in
questo
caso
incondizionata
il
diritto
dei
soggetti
all’informazione. È una novità rispetto al regime precedente che probabilmente costituirà oggetto di contenzioso qualora le istituzioni, in particolare Consiglio
e
Commissione
mantenessero
un
atteggiamento
favorevole al segreto o alla riservatezza nella gestione di alcune politiche, iniziative o nelle procedure di adozione di atti di loro competenza115. Infine per quanto concerne la protezione degli interessi privati, il regolamento 1049/2001 sull’accesso ai documenti chiarisce che le istituzioni rifiutano l'accesso a un documento la cui divulgazione arrechi pregiudizio alla tutela la vita privata e all'integrità dell'individuo, in particolare in conformità con la legislazione comunitaria sulla protezione dei dati personali. 115
Per l’approfondimento del discorso relativo alle eccezioni si veda il paragrafo 2.3 di questo capitolo.
93
Dunque è lo stesso regolamento a chiarire i limiti che le istituzioni devono porre all’accesso per tutelare la riservatezza dei soggetti privati nei casi in cui si instauri fra questi ultimi e le autorità un rapporto diretto, sia esso di tipo amministrativo o in fase giurisdizionale o ispettiva116.
116
È stato ritenuto che il diritto d’accesso in materia di applicazione delle regole di concorrenza non rientri nella disciplina prevista dall’articolo 255 CE, in quanto la posizione giuridica soggettiva è differente nei due casi: nella prima ipotesi viene individuata la presenza di un interesse soggettivo attuale, non necessario nella seconda ipotesi; in tal senso vedi P. PIRODDI, Commento all’articolo 255 CE, in F. POCAR, Commentario breve cit., I, 5, p. 872.
94
2.2 Destinatari e campo di applicazione del regolamento 1049/2001
L’articolo
2
del
regolamento
1049/2001
amplia
notevolmente, rispetto a quanto previsto dall’articolo 255 CE, la sfera dei potenziali destinatari del diritto d’accesso stabilendo che «qualsiasi cittadino dell'Unione e qualsiasi persona fisica o giuridica che risieda o abbia la sede sociale in uno Stato membro ha un diritto d'accesso ai documenti delle istituzioni, secondo i princìpi, le condizioni e le limitazioni definite nel presente regolamento. Secondo gli stessi princìpi, condizioni e limitazioni le istituzioni possono concedere l'accesso ai documenti a qualsiasi persona fisica o giuridica che non risieda o non abbia la sede sociale in uno Stato membro117». Anche la giurisprudenza europea è orientata verso la più ampia apertura alla legittimazione ad accedere. O118. Per quanto concerne il campo di applicazione del regolamento in esame l’articolo 2 detta una regola generale 117 118
M. MIGLIAZZA, il diritto, cit., pp. 65 e ss. G. NAPOLITANO, Diritto amministrativo comparato, Milano, 2007;
95
stabilendo che il diritto d’accesso riguardi tutti i documenti detenuti da un’istituzione, ossia i documenti ricevuti o formati da quest’ultima, che si trovino in suo possesso e che siano relativi a tutti i settori di attività dell’Unione119. Per via della sempre maggior interazione tra le sue istituzioni e la normativa nazionale, la normativa europea si occupa anche dei documenti detenuti dagli Stati membri. L’applicazione di tale regola generale trova però due eccezioni, previste rispettivamente dagli articoli 4 e 9 dello stesso regolamento, che l’articolo 2 richiama espressamente e per l’analisi delle quali si rimanda al paragrafo successivo. Per quanto concerne in particolare la Commissione, essa provvede alla pubblicazione di gran parte dei documenti da essa stessa redatti e posti alla base del proprio procedimento decisionale. In sostanza si tratta dei «documenti COM (talvolta SEC) che riguardano le proposte legislative della Commissione e le comunicazioni di interesse pubblico destinate a essere trasmesse alle altre istituzioni.
119
Cfr. articolo 2 comma 3 del regolamento 1049/2001.
96
I documenti COM vengono pubblicati sistematicamente, nella versione definitiva, nelle 20 lingue dell'Unione europea. La pubblicazione dei documenti SEC, invece, non è sistematica. È nella categoria COM che si ritrovano le proposte di direttiva, di regolamento o decisione del Consiglio o del Parlamento europeo, nonché i libri verdi, i libri bianchi, le comunicazioni politiche, le relazioni e i documenti di lavoro della Commissione; il diritto d’accesso riguarda inoltre i documenti “C” che vertono sugli atti legislativi autonomi della Commissione. La Commissione o i suoi servizi producono anche documenti di carattere informativo quali relazioni, studi, pieghevoli e opuscoli di informazione generale, che descrivono gli obiettivi e le politiche comunitarie120». Il principale canale di pubblicazione e di stampa è rappresentato dalla Gazzetta Ufficiale (GU) che si compone di due serie complementari e di un supplemento.
120
Al fine di rendere maggiormente semplice l’accesso ai documenti della Commissione è stato pubblicata la Guida del cittadino all’accesso ai documenti della Commissione europea, visionabile all’indirizzo http://ec.europa.eu/transparency/access_documents/docs/GUide_citoyen/it.pdf.
97
La Gazzetta ufficiale delle Comunità europee è disponibile nelle venti lingue ufficiali dell'Unione (ceco, danese, estone, finnico, francese, greco, inglese, italiano, lettone, lituano, maltese, olandese, polacco, portoghese, slovacco, sloveno, spagnolo, svedese, tedesco e ungherese). Le
pubblicazioni
della
Commissione
possono
essere
consultate sia in cartaceo sia on-line. Ed in particolare la possibilità di consultazione attraverso internet costituisce un’innovazione. La Commissione ha attivato su Internet il proprio server EUROPA, contenente informazioni generali sulle principali politiche e attività dell'Unione europea e della Commissione. Questo server permette anche di accedere direttamente a documenti ufficiali come proposte legislative, libri bianchi, comunicazioni politiche, relazioni annuali e programmi di lavoro. Determinati
documenti
sono
accessibili
al
pubblico
direttamente, purché siano stati stilati o siano pervenuti alla Commissione dopo il 3 dicembre 2001.
98
Sul server EUROPA si può per esempio accedere direttamente
agli
ordini
del
giorno
delle
riunioni
della
Commissione121. Su richiesta possono inoltre essere ottenuti i verbali ordinari delle riunioni della Commissione, previa approvazione, i testi adottati dalla Commissione destinati a essere pubblicati nella GU, i documenti emananti da terzi già divulgati dall'autore o con l'assenso del medesimo, i documenti divulgati in seguito a una precedente richiesta. Per quanto riguarda poi i documenti non pubblicati, occorre anzitutto individuare cosa si intenda per “documento non pubblicato”. Si considera tale qualsiasi testo, su carta o registrato sotto forma elettronica, sonora, visiva o audiovisiva legato ai settori d'attività della Commissione e conservato al suo interno, ma non ancora divulgato122. La definizione si riferisce sia ai documenti prodotti dalla Commissione sia a quelli che le pervengono.
121 122
Visionabili sul sito: http://europa.eu.int Cfr. articoli 2 e 3 del regolamento 1049/2001.
99
È possibile richiedere di accedere altresì a documenti non pubblicati, poiché nessuna categoria di documenti è esclusa a priori dal diritto d'accesso, neppure i documenti sensibili123. Ciò significa quindi che qualsiasi “documento interno” può essere richiesto. Viene definito come tale un documento che non è pervenuto alla sua elaborazione definitiva o non è destinato a essere pubblicato. Per quanto concerne invece l’accesso ai documenti del Consiglio è previsto che a seguito della ricezione di una domanda di accesso «il Segretario generale sia tenuto a fornire una risposta entro un termine di 15 giorni lavorativi, che può essere prorogato, a titolo eccezionale, di ulteriori 15 giorni lavorativi. L'accesso ai documenti è esercitato generalmente mediante il rilascio di una copia, eventualmente di una copia elettronica. Per agevolare le ricerche dei documenti che possono essere oggetto di una richiesta, il Segretariato
generale del Consiglio
consente la consultazione, via internet, di un registro pubblico dei documenti del Consiglio.
123
Cfr. articolo 2 regolamento 1049/2001
100
Talune categorie di documenti, in particolare quando il Consiglio delibera in qualità di legislatore, sono direttamente accessibili al pubblico tramite il registro dei documenti. Inoltre, i documenti forniti in seguito a richieste specifiche sono altresì accessibili tramite il registro. L'accesso a un documento potrà essere rifiutato, qualora esso possa nuocere alla tutela di taluni interessi124». Per quanto riguarda infine il Parlamento europeo anche per esso è prevista l'istituzione di un registro elettronico di riferimenti (RER) per i propri documenti125, così come stabilito per ciascuna istituzione, dall’articolo 11 del regolamento in esame. «Le domande di accesso a un documento del Parlamento europeo possono essere presentate per iscritto, via fax o sotto forma elettronica in una delle lingue di cui all'articolo 342 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea126.» Il medesimo giorno della loro registrazione, le domande di accesso ai documenti del Parlamento europeo sono trasmesse al 124
Guida informativa del Consiglio dell’Unione europea, consultabile sul sito http://www.consilium.europa.eu/uedocs/cms_data/librairie/PDF/CONSEIL_G Uide_IT.pdf; 125 Cfr. articolo 1 della Decisione dell’Ufficio di presidenza del 28 novembre 2001, in GU C 140, del 13 giugno 2002, p. 20; 126 Cfr. articolo 8 della Decisione dell’Ufficio di presidenza, cit., p. 20;
101
servizio competente che procede a darvi risposta e ad inviare la documentazione richiesta entro 15 giorni dalla registrazione della domanda. Il rifiuto della richiesta di accesso deve essere motivato per iscritto dal Parlamento127. Dall’analisi delle disposizioni previste dalle tre istituzioni128 per dare attuazione al regolamento 1049/2001 si rilevano però delle disparità di trattamento relative a determinate categorie di documenti. Si tratta in particolare dei documenti sensibili o confidenziali, di cui all’articolo 9 del regolamento in esame. Si renderanno pertanto necessari nuovi interventi normativi, coordinati tra le tre istituzioni, così come previsto dall’articolo 15. 2 del regolamento, il quale stabilisce che «le istituzioni creano un comitato interministeriale per esaminare le migliori prassi,
127
Cfr. articoli 9 e 11 della Decisione dell’Ufficio di presidenza, cit. ,p. 20; Decisione dell'Ufficio di Presidenza concernente l'accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo del 28 novembre 2001, in GU C 374 del 29 dicembre 2001; Decisione della Commissione del 29 novembre 2001 che modifica il suo regolamento interno, GU L 317 del 3 dicembre 2001; Decisione della Commissione del 5 dicembre 2001 che modifica il suo regolamento, GU L 345 del 29 dicembre 2001; 128
102
affrontare eventuali divergenze e discutere i futuri sviluppi dell’accesso del pubblico ai documenti129.
129
Cfr. articolo 15 del regolamento 1049/2001;
103
2.3 Limiti applicativi del diritto di accesso ai documenti del Parlamento europeo del Consiglio e della Commissione
Il diritto di accedere alle informazioni formate dalle pubbliche amministrazioni, e spesso anche solo detenute da esse per lo svolgimento delle loro funzioni istituzionali, è una posizione giuridica ormai riconosciuta e protetta in ogni ordinamento giuridico dell’Unione. Tale diritto, tuttavia, non è assoluto poiché esistono diverse ragioni che possono indurre o addirittura obbligare gli organi pubblici a non rivelare all’esterno determinati documenti o dati. Tra esse figura la “riservatezza delle informazioni”. L’ipotesi può essere relativa a dati personali, da tutelare rispetto alla vita privata dei loro titolari; dati inerenti ad imprese, interessate alla loro segretezza per la salvaguardia dei segreti commerciali o industriali o di altri loro diritti e interessi economici; informazioni comunicate da enti statali, per esempio nel cooperare con altri soggetti dello
104
stesso o di altri Stati, sotto la condizione di una loro non ulteriore comunicabilità a terzi130. Diritti e interessi, dunque, possono collidere l’un l’altro essendo numerosi ed eterogenei. Il bilanciamento delle contrapposte esigenze deve avvenire secondo princìpi comuni, da adattare alle varie circostanze di specie. Questo si evince dalle due Raccomandazioni adottate, ormai molto tempo fa, dal Consiglio d’Europa131 che già allora mettevano in risalto, anche se limitatamente alla tutela della vita privata, come non sia necessario concedere una prevalenza generalizzata ad una delle pretese in contrasto, quanto di realizzare entrambe senza pregiudicare interessi del singolo e della collettività. Da tali Raccomandazioni emergono, in sostanza, due basilari princìpi: «quello del rispetto della finalità limitata dei trattamenti [in virtù del quale] l’accesso non potrà ammettersi sempre e a qualsiasi scopo, ma solo quando il richiedente assicuri di utilizzarlo per fini precisi e legittimi.
130
J. MENDES, Participation in European Union Rulemaking: A Rights-Based Approach, Oxford University press, 2011; 131 Il potere di raccomandazione del Comitato dei Ministri è previsto dagli articoli 1 e 15 b. dello Statuto del Consiglio d’Europa del 5 Maggio 1949. Le raccomandazioni non producono effetti vincolanti per gli Stati contraenti;
105
Il secondo princìpio è quello della necessità di istanze e procedure per appianare eventuali diatribe in modo equo e soddisfacente per tutte le posizioni in gioco»132. Tali princìpi trovano piena applicazione nel regolamento 1049/2001 attraverso l’introduzione del concetto di “interesse pubblico alla divulgazione”. L’interesse pubblico alla divulgazione dei documenti è previsto dall’articolo 4 del regolamento in esame in materia d’accesso. Si tratta sostanzialmente di una novità inerente l’accesso ai documenti delle istituzioni, qualora l’interesse pubblico lo richieda e non vi si opponga ai fini della tutela della sicurezza pubblica, della difesa e delle questioni militari, delle relazioni internazionali e della politica finanziaria, monetaria o economica della Comunità o di uno Stato membro. In questi casi il diritto dei soggetti privati all’informazione diviene incondizionato133. L’articolo 4 prevede due diverse tipologie di eccezioni che dipendono dal grado di discrezionalità riconosciuto alle istituzioni. 132
P. PALLARO, Diritto di accesso ai documenti pubblici e protezione di informazioni riservate nel diritto europeo, in Diritto europeo e degli scambi internazionali, anno 40, n. 3, Luglio-Settembre, pp. 435 ss.; 133 Cfr. Articolo 4, comma 2, lett. a del regolamento 1049/2001
106
Alla stregua del comma 1 di tale articolo, le istituzioni devono rifiutare l’accesso ad un documento qualora la divulgazione arrechi pregiudizio alla tutela di pubblici interessi ovvero alla privacy e all’integrità dell’individuo, mentre ai sensi del secondo e del terzo comma le istituzioni dovranno eseguire un giudizio di prevalenza delle varie posizioni coinvolte, negando l’accesso qualora manchi l’interesse pubblico alla divulgazione. I commi successivi prevedono la disciplina relativa ai documenti provenienti da terzi, all’accesso parziale, e ai limiti temporali di esercizio del diritto d’accesso. Durante la redazione del Regolamento, l’articolo 4 causò una serie di problemi, dovuti al fatto che la Commissione volesse significativamente ampliare il regime delle eccezioni, rispetto a quelle previste nel Codice di condotta. In Parlamento le diciassette eccezioni proposte dalla Commissione vennero ridotte a sei134. La giurisprudenza in materia di trasparenza ha contribuito a delineare e rilevare l’interesse pubblico all’interno dell’ordinamento giuridico comunitario. 134
J. HELISKOSKI e P. LEINO, Darkness at the breack of noon, cit., pp. 743 ss.;
107
Dall’esame delle sentenze del Tribunale di primo grado e della Corte di giustizia in materia di accesso ai documenti si può notare come le decisioni di diniego più frequenti siano state adottate della istituzioni comunitarie
sulla base dell’eccezione relativa
all’interesse pubblico. Nelle decisioni del Consiglio 93/731 e della Commissione 94/94 in materia di accesso, che hanno preceduto l’emanazione del regolamento 1049/2001, l’individuazione di un punto di equilibrio tra tutela della trasparenza e segretezza è spesso avvenuta in base ad una valutazione dell’interesse interno delle istituzioni relativa alla segretezza delle loro deliberazioni135. Dunque il rifiuto all’accesso può avvenire nei casi in cui la divulgazione del documento pregiudichi in modo grave il processo decisionale dell’istituzione salvo che esista un interesse pubblico prevalente alla divulgazione.136 Il nuovo regime di eccezioni previsto dall’articolo 4 del regolamento 1049/2001 in relazione al libero accesso ai documenti dei cittadini e dei residenti dell’Unione europea introduce, per la 135
Cfr., ad es., TRIBUNALE PRIMO GRADO, J. Carvel e Guardian Newspaper Ltd c. Consiglio cit.; CORTE GIUSTIZIA, Regno dei Paesi Bassi c. Consiglio conclusioni dell’Avvocato generale G. Tesauro, cit.; 136 Cfr. articolo 4 comma 3 del regolamento 1049/2001.
108
prima volta, l’interesse pubblico alla divulgazione dei medesimi, il quale si applica ai casi di limitazioni non di tipo assoluto, quelle cioè elencate all’articolo 4 comma 1, ma di tipo relativo, previste nei paragrafi successivi, 2 e 3, dello stesso articolo. In quest’ultima ipotesi dovranno quindi essere le istituzioni ad effettuare una ponderazione tra gli interessi contrastanti, che possono contemporaneamente attenere la tutela dell’interesse pubblico, sotto diversi profili137. Nel corso dello svolgimento della procedura di codecisione, iniziata con la presentazione della proposta della Commissione COM(2000) 30 def., il 26 gennaio 2000, l’Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza comune, Segretario generale del Consiglio, ha deciso di adottare misure ulteriori di protezione delle informazioni classificate e di applicarle al Segretariato generale del Consiglio. Viene così introdotto un nuovo grado di segretezza in relazione ad alcuni tipi di informazioni, denominato “Très secret/Top secret” con lo scopo di proteggere informazioni la cui
137
M. MIGLIAZZA, Brevi riflessioni sugli sviluppi della trasparenza dell’Unione europea, in Diritto pubblico comparato ed europeo, anno 2003, vol. 3, p. 1352 ss.;
109
divulgazione
non
autorizzata
potrebbe
causare
un
danno
estremamente grave per gli interessi fondamentali dell’Unione europea e dei suoi Stati membri138. Si è così predisposto un sistema complesso e articolato di protezione di tutta una categoria di documenti inerenti alla Politica estera e di sicurezza comune, che vengono sottratti alle regole sull’accesso, prima dell’emanazione del relativo regolamento 1049/2001139. Appare palese come la gestione di informazioni contenute in documenti relativi a quei settori sensibili, la cui divulgazione potrebbe nuocere agli interessi essenziali dell’Unione o di uno o di diversi Stati membri richiede una vigilanza specifica da parte del Consiglio e del suo Segretario generale. Si tratta inefetti di materie sottratte alla cooperazione europea e per le quali il Consiglio ha ritenuto di stabilire una
138
Cfr. articolo 2, 1, a, decisione del Consiglio del 27 luglio 2000, c.d. decisione SOLANA, dal nome del Segretario generale dell’epoca, Alto Rappresentante per la politica estera e di sicurezza comune. 139 Vedi la decisione del Consiglio del 19 marzo 2001, n. 2001/264/CE, in GUCE L 101/1 dell’11 aprile 2001, che adotta le norme di sicurezza per tale istituzione. Il settimo considerando di questa decisione afferma che essa non pregiudica l’articolo 255 CE e la sua attuazione normativa. L’articolo 4 della decisione 2001/264 stabilisce, fra l’altro, che essa sostituisce la c.d. decisione SOLANA, del 27 luglio 2000, e che sarà applicabile dal 1° dicembre 2001.
110
specifica disciplina, senza pregiudizio per l’applicazione dei princìpi sull’accesso ai documenti, previsti dall’articolo 255 CE. È da osservare che il Segretario generale del Consiglio è organo comunitario e, come tale, soggetto all’applicazione della disciplina in materia di accesso, purché sia tutelata la riservatezza attinente alle informazioni c.d. “classificate” per misure di sicurezza140. Il regolamento 1049/2011 ha affrontato questo problema all’articolo 9, relativo al trattamento dei documenti sensibili provenienti dalle istituzioni o dalle agenzie da loro istituite, da Stati membri, Paesi terzi, o organismi internazionali e classificati come “Confidential” dall’istituzione interessata, allo scopo di proteggere interessi vitali dell’Unione europea, o di uno o più Stati membri nei settori della sicurezza pubblica, della difesa e delle questioni militari, delle relazioni internazionali, della politica finanziaria, monetaria o economica dell’Unione o di uno Stato membro. 140
Cfr. L. BARGIOTTI, Unione Europea e segreto di stato: un quadro normativo ancora in piena evoluzione, in http://slsg.wordpress.com/2010/07/30/unione-europea-e-segreto-di-stato-unquadro-normativo-ancora-in-pienaevoluzione/, dove si evidenzia come sia molto facile per le istituzioni detentrici rifiutare il diritto di accesso ai documenti classificati invocando la non compatibilità con gli standard NATO dei regolamenti di sicurezza interni o ancora più semplicemente invocando il rifiuto di un paese terzo autore (o co-autore) alla trasmissione del documento in questione;
111
Tali documenti dovranno essere registrati e potranno essere diffusi solo con il consenso dell’autore. Le domande di accesso ad essi riferite dovranno essere trattate solo da soggetti che abbiano il diritto di venire a conoscenza di tali documenti. Sarà quindi ogni istituzione europea a dover provvedere a classificare i documenti sensibili come “Confidential”, al fine di proteggere interessi essenziali dell’Unione europea e di uno o più Stati membri141.
141
Cfr. articolo 9 del regolamento 1049/2001: in particolare per le modalità di classificazione del documento come “Confidential”, v. il paragrafo 1.
112
2.4 Proposizione della domanda di accesso
Il procedimento di accesso inizia con la proposizione per iscritto della domanda, anche per via informatica. La domanda non necessita di motivazione, e questo perché come già sottolineato nel capitolo precedente la finalità del diritto d’accesso è quella di garantire il controllo democratico sull’operato delle istituzioni e non la tutela di interessi giuridicamente rilevanti dei singoli142. Il Tribunale di primo grado ha statuito che dall'articolo 6, paragrafo 1 del regolamento, a norma del quale un richiedente non è tenuto a giustificare la propria richiesta, discenda che una domanda d'accesso vada esaminata a prescindere dalla persona che l'ha formulata143. Nella medesima sentenza il Tribunale ha reputato che il diritto della difesa di un richiedente in una causa sia di natura privata e che pertanto non possa costituire un interesse pubblico superiore tale da giustificare la divulgazione di un documento.
142
M. C. BARUFFI, Cittadinanza e diversità culturale nello spazio giuridico europeo, Padova, 2010 143 TRIBUNALE DI PRIMO GRADO, sentenza del 6 luglio 2006, Franchet e Byk c. Commissione, cause comuni T-391/03 e T-70/04, punto 82;
113
L’acceso
ai
documenti
dunque
non
è
subordinato
all’indicazione di alcuna particolare giustificazione e qualora esso venga negato una prima volta dall’ istituzione, il richiedente sarà titolare solo per questo, di un interesse all’annullamento della decisione di diniego144. La domanda dovrà essere redatta in una delle lingue di cui all’articolo 314 CE e dovrà contenere le indicazioni sufficienti e necessarie per consentire l’identificazione del documento richiesto, in
caso
contrario
inizierà
un’interlocuzione
informale
tra
l’istituzione e il cittadino volta ad identificare l’oggetto dell’istanza145. Talvolta, la formulazione di indicazioni sufficientemente precise può risultare difficoltosa per l’interessato, che potrebbe essere a conoscenza che in una determinata materia il Consiglio e la Commissione stiano predisponendo un atto ed intenda acquisire informazioni relative allo stadio di formazione o al tipo di atto in preparazione.
144
Cfr. TRIBUNALE DI PRIMO GRADO, sentenze del 17 giugno 1998, Sveska Journalistförbundet c. Consiglio, causa T–174/95; 145 Vedi articolo 6 del regolamento 1049/2001;
114
Si noti che la quantità dei documenti europei è ormai elevata e ciò comporta ulteriori complicazioni nell’individuazione del documento oggetto dell’istanza di accesso. Per risolvere tale problema l’istituzione è tenuta ad assistere il cittadino nella ricerca del documento interessato, fornendo ad esempio informazioni sull'uso dei registri pubblici di documenti146; e questo ad ulteriore conferma che il fine del regolamento 1049/2001 non sia quello di consentire il mero accesso ai documenti, ma quello di consentire un accesso soprattutto efficace.
146
Cfr. articolo 6, comma 2 del regolamento 1049/2001;
115
2.5 Esame e trattamento della domanda di accesso
Entro 15 giorni dalla registrazione dell’istanza, l’istituzione accoglie la domanda e consente materialmente l’accesso, tramite consultazione sul posto o rilascio di copia, ovvero la rigetta con risposta scritta motivata147. In quest’ultimo caso il richiedente può, entro 15 giorni lavorativi successivi alla ricezione della risposta dall’istituzione, chiedere alla stessa di rivedere la propria posizione, presentando una domanda di conferma, che riceve il medesimo trattamento della prima148. «Il ricorso avverso il diniego totale o parziale di accesso, o avverso la mancata risposta dell'istituzione, si articola in due fasi, la prima di carattere amministrativo, la seconda di carattere giurisdizionale.
147
Il rigetto della domanda d’accesso, da motivare con riferimento alle eccezioni di cui all'articolo 4, può essere anche solo parziale e nel caso in cui le eccezioni interessino solo alcune parti del documento le restanti devono essere rese accessibili. 148 M. VAROTTO, Le opportunità dell’Unione europea per gli enti locali, Wolters Kluwer Italia, 2001.
116
In primo luogo, come già detto in precedenza, il ricorrente deve chiedere all'istituzione di rivedere la propria posizione attraverso una domanda di conferma. A seguito di questo riesame, l'istituzione può decidere di concedere l'accesso ovvero confermare il diniego e, in tal caso, dovrà motivare la decisione e indicare al richiedente i mezzi di ricorso, ossia il ricorso giurisdizionale contro l'istituzione e/o la presentazione di una denuncia al Mediatore europeo. La scelta fra le due vie149 di ricorso ha presupposti diversi e conduce a risultati diversi. Il ricorso al Tribunale di primo grado, sebbene più oneroso, porta ad una decisione vincolante per l'istituzione. Tuttavia la decisione del Tribunale non tiene luogo del provvedimento con cui si consente l'accesso, ossia il Tribunale potrà annullare la decisione con cui l'accesso è stato rifiutato o dichiarare illegittima la mancata risposta, ma il ricorrente per
149
In caso di rifiuto totale o parziale o in assenza di risposta, nei termini, da parte dell’istituzione, il richiedente può avviare un ricorso giurisdizionale contro l’istituzione a norma dell’articolo 263 del TFUE e, se è un cittadino residente nell’UE presentare una denuncia al Mediatore europeo a norma dell’articolo 228 del TFUE.
117
esercitare il diritto di accesso non potrà prescindere da una decisione positiva da parte dell'istituzione che detiene il documento. Il controllo di legittimità esercitato dal giudice comunitario sulla
decisione
di
diniego,
deve
limitarsi
alla
verifica
dell’osservanza delle norme procedurali e di motivazione, dell’esattezza dei fatti materiali, nonché dell’assenza sia di un errore manifesto nella valutazione dei medesimi sia di uno sviamento di potere150. Nel caso si scelga la denuncia al Mediatore europeo, la stessa si presenta meno onerosa per il denunciante, ma fornita di ancora minori garanzie da un punto di vista giuridico, avendo una rilevanza essenzialmente politica151». Tale strumento pare perseguire ulteriormente l’obbiettivo della
trasparenza
amministrativa,
come
garanzia
di
“responsiveness”, ossia come strumento per ricondurre ciascun
150
M. P. CHITI, Diritto amministrativo europeo, Giuffrè editore, 2001; M. SALVADORI, Il diritto di accesso all'informazione nell’ordinamento dell’Unione Europea, in Extracting Value from Public Sector Information: Legal Framework and Regional Policies, pp. 5 e ss, visionabile sul sito http://www.evpsi.org/evpsifiles/UE-Diritto-accesso-Salvadori.pdf. 151
118
soggetto (istituzioni e Stati membri) alle proprie responsabilitĂ , almeno sotto il profilo politico152.
152
D. U. GALLETTA, Trasparenza e governance amministrativa nel diritto europeo, in Rivista Italiana di diritto pubblico europeo, 2006, pp. 265 ss.;
119
2.6 Prassi applicativa del regolamento 1049/2001: le sentenze pronunciate nei casi Turco, Mara Messina, IFAW internationaler Tiershutz-Fonds GmbH
L’individuazione esatta ed il chiarimento delle ipotesi di esclusione dall’accesso costituiscono alcuni tra gli aspetti principali e ricorrenti del contenzioso comunitario in materia di accesso ai documenti. Nel caso Turco c. Consiglio153, Maurizio Turco, il 22 ottobre 2002, aveva richiesto al Consiglio l'accesso ai documenti all'ordine del giorno di una riunione del Consiglio “Giustizia e affari interni”, tra i quali il parere del servizio giuridico del Consiglio, relativo ad una proposta di direttiva recante norme minime inerenti l'accoglienza dei richiedenti asilo negli Stati membri. Il Consiglio aveva rifiutato di dare al ricorrente accesso integrale a quattro documenti sollecitati, ai sensi dell’art. 4, n. 3, primo comma, del regolamento n. 1049/2001 asserendo quanto segue: «Benché il Consiglio abbia compiuto progressi su tali 153
TRIBUNALE DI PRIMO Consiglio, causa T-84/03;
GRADO,
sentenza del 28 febbraio 2003, Turco c.
120
questioni, le deliberazioni sugli atti legislativi di cui trattasi sono tuttora in corso. Il Consiglio ritiene quindi che, data tale situazione, la divulgazione dell’integralità dei documenti sarebbe prematura e considera, dopo aver ponderato gli interessi in questione, che l’interesse
relativo
alla
tutela
del
processo
decisionale
dell’istituzione è tuttora preminente sull’interesse pubblico (…) per quanto riguarda l’identificazione delle delegazioni delle cui posizioni si dà atto nei documenti, dato che ciò potrebbe ridurre considerevolmente la flessibilità delle delegazioni a riconsiderare la loro posizione o indurre alla riapertura del dibattito e quindi ledere seriamente il processo decisionale del Consiglio.» Il Consiglio aveva inoltre rifiutato al ricorrente l’accesso al parere del suo servizio giuridico sopra menzionato (documento n. 9077/02),
ai
sensi
dell’art.
4,
numero 2,
del
suddetto
regolamento. In relazione a quest’ultimo documento, il Consiglio aveva indicato che: «Il documento n. 9077/02 è un parere del servizio giuridico del Consiglio concernente una proposta di direttiva del Consiglio che fissa standard minimi per l’accoglienza dei richiedenti asilo negli Stati membri.
121
Tenuto conto del suo contenuto, la divulgazione di tale documento
potrebbe
arrecare pregiudizio
alla
tutela della
consulenza legale interna al Consiglio, di cui all’art. 4, numero 2, del regolamento. In assenza di qualsiasi motivo specifico il quale indichi la sussistenza di un particolare interesse pubblico alla divulgazione di tale documento, il segretariato generale ha concluso, dopo aver ponderato gli interessi, che l’interesse alla tutela della consulenza legale interna prevale sull’interesse pubblico e ha quindi deciso di rifiutare l’accesso a tale documento, conformemente all’art. 4, n. 2, del regolamento. Tale eccezione interessa il contenuto integrale del documento. Conseguentemente non è possibile accordare un accesso parziale a quest’ultimo a norma dell’art. 4, n. 6, del regolamento»154. Contro la decisione di rifiuto d’accesso adottata dal Consiglio, il sig. Turco, allora eurodeputato, aveva proposto ricorso di annullamento davanti al Tribunale di primo grado, il quale aveva respinto ogni motivazione addotta asserendo in primo luogo che: «I termini “pareri giuridici”, richiamati all’art. 4, n. 2, secondo trattino, del regolamento n. 1049/2001, relativo all’accesso del 154
TRIBUNALE DI PRIMO GRADO, Turco c. Consiglio, cit., cfr. punto 5;
122
pubblico ai documenti del Parlamento, del Consiglio e della Commissione, vanno intesi nel senso che la tutela dell’interesse pubblico può opporsi alla divulgazione del contenuto dei documenti redatti dal servizio giuridico del Consiglio nell’ambito di procedimenti giudiziari ma anche a qualsiasi altro fine. Se è vero che le deroghe all’accesso ai documenti devono essere interpretate ed applicate restrittivamente, in modo da non vanificare l’applicazione del princìpio generale consistente nel fornire al pubblico il più ampio accesso possibile ai documenti di cui dispongono le istituzioni, tale princìpio esposto dalla giurisprudenza si applica tuttavia soltanto alla definizione della portata di un’eccezione quando quest’ultima può dar luogo a numerose e diverse interpretazioni. Nel caso di specie, l’espressione “pareri giuridici”
non
presenta
come
tale
alcuna
difficoltà
d’interpretazione, di modo che non occorre ritenere che essa prenda in considerazione soltanto i pareri redatti nell’ambito di procedure giurisdizionali. L’interpretazione contraria avrebbe la conseguenza di privare di qualsiasi effetto utile la menzione dei pareri giuridici tra le eccezioni previste dal regolamento n. 1049/2001155.» 155
TRIBUNALE DI PRIMO GRADO, Turco c. Consiglio, cit., cfr. punti 60-62;
123
Il tenore letterale dell’art. 4, n. 2, secondo trattino, del regolamento n. 1049/2001, relativo all’accesso del pubblico ai documenti del Parlamento, del Consiglio e della Commissione, nonché l’interpretazione che risulta dal suo raffronto con il Codice di condotta relativo all’accesso del pubblico ai documenti del Consiglio e della Commissione e con le decisioni delle istituzioni relative all’accesso del pubblico ai loro documenti, adottate prima del regolamento n. 1049/2001, dimostrano che il legislatore comunitario si è prefisso di consacrare, con tale regolamento, un’eccezione relativa ai pareri giuridici, distinta da quella relativa alle procedure giurisdizionali. Orbene, poiché la nozione di “procedure giurisdizionali” è già stata interpretata, relativamente al diritto di accesso del pubblico ai documenti delle istituzioni, va considerato
che
tale
definizione,
formulata
nell’ambito
dell’interpretazione della decisione 94/90, sull’accesso del pubblico ai documenti della Commissione, è pertinente all’ambito del regolamento n. 1049/2001. Così, dato che i pareri giuridici redatti in rapporto a procedure giurisdizionali sono già inclusi nell’eccezione relativa alla tutela delle procedure stesse, la menzione espressa dei pareri giuridici tra le eccezioni ha necessariamente una portata
124
distinta
da
quella
dell’eccezione
relativa
alle
procedure
giurisdizionali. Ne consegue che un ricorrente non abbia il diritto di far valere che un parere giuridico riferentesi all’attività legislativa di un’istituzione non possa rientrare nell’eccezione relativa ai pareri giuridici ai sensi dell’art. 4, n. 2, secondo trattino, del regolamento n. 1049/2001. Tuttavia, l’istituzione deve valutare, in ciascun caso concreto, se i documenti di cui si richiede la divulgazione rientrino effettivamente
nelle
eccezioni
elencate
nel
regolamento
n. 1049/2001».156 L’interesse pubblico prevalente, di cui all’art. 4, n. 2, del regolamento n. 1049/2001, relativo all’accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione, che può giustificare la divulgazione di un documento arrecante pregiudizio alla tutela dei pareri giuridici deve, in linea di princìpio, essere distinto dai princìpi di trasparenza, di apertura e di democrazia o di partecipazione dei cittadini al processo decisionale, princìpi che sono attuati dall’insieme delle disposizioni di tale regolamento. In assenza di un interesse siffatto, incombe quanto 156
TRIBUNALE
DI PRIMO GRADO,
Turco c. Consiglio, cit., punti 57-58, 64-66,
69;
125
meno sul richiedente dimostrare che, alla luce delle specifiche circostanze del caso di specie, il far valere codesti stessi princìpi presenta una rilevanza tale da superare il bisogno di tutela del documento
controverso.
Inoltre,
benché
sia
possibile
che
l’istituzione di cui trattasi individui essa stessa un interesse pubblico prevalente alla divulgazione di un documento siffatto, incombe sul richiedente, il quale intenda avvalersi di un tale interesse, farlo valere nell’ambito della sua domanda al fine di invitare l’istituzione a pronunciarsi su tale punto157. Avverso la sentenza del Tribunale viene proposto ricorso davanti alla Corte di giustizia. La Corte, chiamata a deliberare come giudice di secondo grado, compie un’attenta analisi sui limiti e sull’applicazione dell’eccezione di riservatezza prevista per la consulenza legale dall’articolo 4, n. 2, secondo trattino del regolamento 1049/2001, invocata da Consiglio a sostegno della propria posizione158. Per meglio comprendere la questione oggetto del giudizio, è opportuno ricordare che l’art. 4 n. 2 del regolamento 1049/2001
157
TRIBUNALE DI PRIMO GRADO, Turco c. Consiglio, cit., cfr. punti 81-84; CORTE DI GIUSTIZIA, sentenza del 1° luglio 2008, Regno di Svezia e Turco c. Consiglio, cause riunite C- 39/05 P e C-52/02;
158
126
prevede che le istituzioni rifiutino l’accesso ad un documento qualora la sua divulgazione arrechi pregiudizio alla tutela delle procedure giurisdizionali e della consulenza legale, a meno che vi sia un interesse pubblico prevalente alla divulgazione. A sua volta l’art. 4 par. 3 del regolamento stabilisce che l’accesso ad un documento elaborato per uso interno da un’istituzione o da essa ricevuto, relativo ad una questione su cui la stessa non abbia ancora adottato una decisione, venga rifiutato nel caso in cui la divulgazione del documento pregiudichi gravemente il processo decisionale dell’istituzione, a meno che non vi sia un interesse pubblico prevalente alla divulgazione. Il sig. Turco e il Regno di Svezia a sostegno della loro impugnazione hanno addotto motivi che mettono in discussione il ragionamento seguito dal Tribunale per respingere gli argomenti avanzati in primo grado. Il sig. Turco ha invocato, in primo luogo, l’erronea interpretazione dell’art. 4, n. 2, secondo trattino, del regolamento n. 1049/2001, in quanto il Tribunale avrebbe, a suo avviso, erroneamente ritenuto che i pareri giuridici relativi a proposte legislative potessero rientrare nel campo di applicazione della
127
suddetta disposizione, mentre solo l’art. 4, n. 3 del regolamento potrebbe applicarsi a tali pareri. In secondo luogo, il sig. Turco e il Governo svedese hanno sostenuto che il Tribunale avesse erroneamente applicato l’art. 4, n. 2, secondo trattino, del regolamento, ritenendo che i pareri del servizio giuridico del Consiglio relativi a proposte legislative rientrino, per loro stessa natura, nell’eccezione prevista da tale disposizione a favore delle consulenze legali. In terzo luogo, i ricorrenti hanno addebitato al Tribunale un’errata interpretazione e applicazione dell’interesse pubblico prevalente alla divulgazione di un documento in linea di princìpio coperto dall’eccezione di riservatezza prevista per le consulenze legali. La giurisprudenza si è più volte occupata delle questioni inerenti l’applicazione dell’articolo 4, n. 2 del regolamento 1049/2001. Pronunciandosi
sull’eccezione
di
riservatezza
per
la
consulenza legale dei servizi giuridici delle istituzioni relativa a proposte legislative, i giudici di Lussemburgo avevano affermato che «la divulgazione di documenti di questo tipo avrebbe per effetto di rendere pubblico il dibattito e gli scambi di vedute, interni
128
all’istituzione, circa la legittimità e la portata dell’atto giuridico da adottare e, (…) pertanto, (…), essa potrebbe portare a far perdere all’istituzione qualsiasi interesse a chiedere ai servizi giuridici pareri scritti. In altri termini (…) la divulgazione di tali documenti potrebbe creare un’incertezza riguardo alla legittimità degli atti comunitari e avere conseguenze negative sul funzionamento delle istituzioni comunitarie».159 Successivamente i giudici comunitari avevano giustificato tale eccezione con l’interesse pubblico, secondo cui le istituzioni devono poter beneficiare dei pareri dei loro servizi giuridici, forniti in totale indipendenza160. Nel caso in esame la Corte ha invece affermato che l’eccezione relativa alla consulenza legale prevista all’art. 4 n. 2 del regolamento sia diretta a salvaguardare l’interesse di un’istituzione a chiedere una consulenza legale e a ricevere pareri franchi, obbiettivi e completi161.
159
PRESIDENTE DEL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO, ordinanza del 3 marzo 1998, Carlsen e a. c. Consiglio, causa T-610/97 R, cfr. punto 46; 160 CORTE DI GIUSTIZIA, ordinanza del 23 ottobre 2002, Austria c. Consiglio, causa C-445/00, cfr. punto 12; TRIBUNALE DI PRIMO GRADO, sentenza del 8 novembre 2000, Ghignonee a. c. Consiglio, causa T-44/97, cfr. punto 48; TRIBUNALE DI PRIMO GRADO, ordinanza del 10 gennaio 2005, Gollnisch e a. c. Parlamento, causa T-357/03, cfr. punto 34; 161 CORTE DI GIUSTIZIA, Regno di Svezia e Turco c. Consiglio, cit., cfr. punto 42;
129
Secondo la Corte, il Tribunale di primo grado aveva erroneamente considerato che esistesse un’esigenza generale di riservatezza che si ricollegasse alla consulenza legale del servizio giuridico del Consiglio inerente questioni legislative. Il timore, espresso dal Consiglio, che la divulgazione di un parere del proprio servizio giuridico relativo ad una proposta legislativa potesse suscitare dubbi sulla legittimità dell’atto legislativo interessato è stato giudicato dalla Corte come non fondato162. I giudici di Lussemburgo hanno infatti sostenuto che proprio la trasparenza permette a diversi punti di vista di venire apertamente discussi, e «contribuisce a conferire alle istituzioni una maggiore legittimità agli occhi dei cittadini comunitari e ad accrescere la loro fiducia. Di fatto, è piuttosto la mancanza di informazioni e di dibattito che può suscitare dubbi nei cittadini, non solo circa la legittimità di un singolo atto, ma anche circa la legittimità del
162
Occorre ricordare che il servizio giuridico ha il compito di fornire al Consiglio un’assistenza quanto alla valutazione ex ante della legalità di un atto, ma non si pronuncia sulla legalità degli atti adottati da tale istituzione, che invece rientra tra le competenze della Corte;
130
processo decisionale nel suo complesso»163. Nel bilanciamento tra l’interesse alla tutela dell’indipendenza del servizio giuridico del Consiglio e l’interesse pubblico alla divulgazione di documenti contenenti il parere del servizio giuridico di un’istituzione su questioni giuridiche sorte nel corso del dibattito su iniziative legislative, la Corte ha ritenuto quest’ultimo come prevalente. Tale constatazione non le ha tuttavia impedito di affermare che la divulgazione di un parere giuridico specifico, reso nell’ambito di un procedimento legislativo, ed avente un contenuto particolarmente sensibile o una portata che travalica l’ambito dello stesso procedimento legislativo, debba essere negata, ai sensi dell’art. 4 par. 6. In tal caso l’istituzione interessata sarà tenuta a motivare il rifiuto in modo circostanziato. L’applicazione di una eccezione deve infatti essere sottoposta ad un esame specifico e concreto che deve emergere dalla motivazione164. 163
CORTE DI GIUSTIZIA, Regno di Svezia e Turco c. Consiglio, cit., cfr. punti 59 e 60; 164 TRIBUNALE DI PRIMO GRADO del 19 marzo 1998, Gerard van der Wal c. Commissione, causa T-83/96; TRIBUNALE DI PRIMO GRADO, sentenza del 6 aprile 2000, Kuijer c. Consiglio, causa T 211/00, cfr. punto 38; TRIBUNALE DI PRIMO GRADO, sentenza del 13 aprile 2005, Verein c. Commissione, causa T2/03, cfr. punto 53; TRIBUNALE DI PRIMO GRADO, sentenza del 26 aprile 2005, Sison c. Consiglio, cause riunite T-110/03, T-150/03, T-405/03, cfr. punto 75;
131
Quest’ultima non deve necessariamente specificare tutti gli elementi di fatto e di diritto, ma deve essere valutata in considerazione della sua formulazione, del suo contesto e di tutte la norme giuridiche che disciplinano la relativa materia165. Sarà dunque ammissibile una spiegazione breve, purché la concisione sia dovuta al fatto che la menzione di informazioni supplementari, facenti riferimento al contenuto dei documenti richiesti, possa compromettere gli scopi delle eccezioni all’accesso a tali documenti. «Nella sentenza in esame la Corte ha dunque ritenuto prevalente il princìpio di trasparenza, ovvero la divulgazione di documenti volta a rafforzare il diritto democratico dei cittadini comunitari di controllare le informazioni che rappresentano il fondamento di un atto legislativo. In questo modo la Corte ha ristabilito lo spirito che è alla base dell’art. 255 del Trattato CE, del regolamento n. 1049/2001 e soprattutto dell’art. 42 della Carta dei diritti fondamentali dell’UE. Quest’ultima ha attribuito al diritto d’accesso ai documenti la connotazione di diritto fondamentale, sottoposto alle condizioni e ai 165
CORTE DI GIUSTIZIA, sentenza del 6 marzo 2000, Interporc c. Commissione, causa C-41/00 P, cfr. punto 55;
132
limiti previsti dal Trattato, così come sancito dall’art. 52 della Carta166». L’articolo 4, quarto paragrafo del regolamento 1049/2001, come già visto nei paragrafi precedenti, stabilisce i princìpi concernenti i documenti redatti da soggetti terzi, stabilendo che «per quanto concerne i documenti di terzi, l'istituzione consulta il terzo al fine di valutare se sia applicabile una delle eccezioni di cui ai paragrafi 1 o 2, a meno che non sia chiaro che il documento può o non deve essere divulgato.» In linea di princìpio, il regolamento riguarda tutti i documenti provenienti dalle tre istituzioni, inclusi i documenti redatti da soggetti terzi. Per la Commissione, come si evince dal documento preparatorio redatto dal dipartimento responsabile per l’accesso ai documenti presso il Segretariato Generale della Commissione
166
V. BAZZOCCHI, La sentenza Turco e il diritto di accesso ai documenti delle istituzioni dell’UE, visionabile sul sito http://www.europeanrights.eu/index.php?funzione=S&op=5&id=159;
133
europea, tale estensione dei propositi inerenti il sistema di accesso è stato un grande passo avanti167. L’articolo 4, paragrafo 5, detta una particolare disciplina concernente i documenti provenienti da Stati membri stabilendo che «uno Stato membro può chiedere all'istituzione di non comunicare a terzi un documento che provenga da tale Stato senza il suo previo accordo168». A tal proposito è bene precisare che le negoziazioni che hanno stabilito le linee di princìpio dell’articolo citato, ed in particolare quelle relative ai documenti originati da soggetti terzi, sono state influenzate dalla Dichiarazione n. 35 allegata al Trattato di Amsterdam. Secondo tale dichiarazione «la conferenza conviene che i princìpi e le condizioni di cui all'articolo [255(1)]169 del Trattato che istituisce la Comunità europea permetteranno ad uno Stato membro di chiedere alla Commissione o al Consiglio di non
167
SEGRETARIATO GENERALE PRESSO LA COMMISSIONE EUROPEA, SG.C.2/VJ/CD D(99) 83, del 23 aprile 1999. Consultabile al sito http://www.statewatch.org/2comsw.htm; ult. cons. 27/09/2011; 168 Cfr. articolo 4, paragrafo 5 del regolamento 1049/2001; 169 L’articolo 255 CE ha sostituito l’articolo 191A del Trattato che istituisce la Comunità europea; Come già sottolineato in precedenza l’articolo 255 del Trattato di Amsterdam è stato recentemente sostituito, a seguito dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, dall’articolo 15 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE);
134
comunicare a terzi un documento che provenga da tale Stato senza suo previo accordo». Durante i lavori preparatori del regolamento 1049/2001, la maggioranza dei membri del Consiglio volle che la Dichiarazione anzidetta prevedesse che l’accesso ad un documento proveniente da uno Stato membro dovesse essere condizionato da un placet preventivo dello Stato stesso170. Invece la Commissione aveva inizialmente proposto che tale consenso
dovesse
essere
prestato
dall’istituzione,
visione
largamente condivisa dal Parlamento. Mentre la versione finale del regolamento prevedette che gli Stati membri potessero richiedere all’istituzione di non concedere l’accesso ad alcun documento proveniente dallo Stato membro, senza il consenso di quest’ultimo. Alla luce di quanto detto, non sorprende che dopo l'entrata in vigore del regolamento, uno dei problemi maggiormente affrontati dalla giurisprudenza abbia riguardato un’eventuale
170
Cfr. SEGRETARIATO GENERALE PRESSO IL CONSIGLIO DELL’UNIONE th EUROPEA, working document for Trialogue on 24 Jan. 2001, Commission proposal for a Regulation of the European Parliament and of the Council regarding public access to European Parliament, Council and Commission documents (doc.5817/1/00 REV 1), SN 1296/01, Bruxelles 19 th Jan. 2001 visionabile sul sito http://www.statewatch.org/secret/1296.doc.;
135
posizione
speciale
riconosciuta
allo
Stato
membro
e, in
particolare, se gli fosse stato concesso un diritto di veto. Il primo caso in cui il Tribunale di primo grado affronta la questione relativa all’applicazione dell’articolo 4, paragrafo 5 del regolamento
1049/2001
è
la
causa
Mara
Messina
c.
Commissione171. La
causa
riguardava
l’accesso
alla
corrispondenza
concernente il regime degli aiuti di Stato, intercorsa tra la Commissione e le autorità italiane, in quanto il documento in questione era stato redatto con lettera. Oggetto del ricorso, era il rigetto della domanda di accesso da parte della Commissione, che inoltre non forniva, in definitiva, alcuna risposta esplicita alla domanda di conferma presentata dalla ricorrente. Una circostanza particolare che si verificò nella controversia in esame fu che le Autorità italiane si pronunciarono solo sei mesi dopo il rigetto della domanda di accesso da parte della Commissione.
171
TRIBUNALE DI PRIMO GRADO, sentenza del 17 settembre 2003, Mara Messina c. Commissione, causa T-2/03;
136
In sua difesa la Commissione aveva fatto presente «di non aver potuto trasmettere i documenti richiesti provenienti dalle autorità italiane in considerazione del diniego espresso dalle medesime, precisando che l'art. 4, n. 5, del regolamento n. 1049/2001 fosse stato pienamente rispettato nella specie. La facoltà concessa da tale articolo agli Stati membri troverebbe la sua spiegazione nella sussistenza di norme nazionali che disciplinano l'accesso ai documenti, norme che non deve essere possibile aggirare per mezzo delle disposizioni del regolamento n. 1049/2001. La Commissione [aveva] parimenti affermato che non [spettasse] al Tribunale pronunciarsi sul diniego di divulgazione opposto da uno Stato membro, né per ragioni formali né con riguardo al merito, sottolineando il fatto che il Tribunale amministrativo regionale del Lazio [avesse] confermato, con ordinanza 25 luglio 2001, il rigetto da parte dell'amministrazione italiana di una domanda di accesso ai detti documenti proposta da talune imprese nell'aprile dello stesso anno172».
172
TRIBUNALE DI PRIMO GRADO, Mara Messina c. Commissione, cit., cfr. punto 33;
137
Il Tribunale sottolinea anzitutto che il diritto di accesso ai documenti delle istituzioni, di cui all'art. 2 del regolamento n. 1049/2001, riguarda tutti i documenti detenuti da un'istituzione, vale a dire i documenti formati o ricevuti dalla medesima e che si trovino in suo possesso, ai sensi del n. 3 del detto articolo. Questo può quindi eventualmente comportare
per le
istituzioni, la comunicazione di documenti provenienti da terzi, ivi inclusi, in particolare, gli Stati membri, conformemente alla definizione della nozione di terzi contenuta nell'art. 3, lett. b), del regolamento in esame173. Il Tribunale prosegue affermando che dall'art. 4, n. 5, del regolamento n. 1049/2001 emerge che, fra i terzi, gli Stati membri godono di un trattamento particolare. Tale disposizione attribuisce, infatti, allo Stato membro la facoltà di chiedere ad un'istituzione di non divulgare documenti da esso provenienti senza il suo previo accordo. Sottolineando altresì come l’articolo 4, paragrafo 5,
nel
contesto in esame «costituisca la trasposizione della dichiarazione
173
TRIBUNALE DI PRIMO GRADO, Mara Messina c. Commissione, cit.,cfr. punti 38-39;
138
n. 35 allegata all'Atto finale di Amsterdam con cui la Conferenza ha stabilito che i princìpi e le condizioni di cui all'art. 255 CE consentiranno a uno Stato membro di chiedere alla Commissione o al Consiglio di non comunicare a terzi un documento proveniente dallo Stato medesimo senza il suo previo accordo. Come giustamente osservato dalla Commissione all'udienza, tale facoltà riconosciuta agli Stati membri dall'art. 4, n. 5, del regolamento n. 1049/2001 trova la sua spiegazione nel fatto che tale regolamento non ha né per oggetto né per effetto di modificare le normative nazionali in materia di accesso ai documenti174.» Tuttavia, il Tribunale non ha affrontato la questione relativa alla concessione agli Stati membri di un
potere assoluto e
incondizionato per impedire la divulgazione di documenti da loro provenienti. Il mancato accoglimento da parte del Tribunale della tesi della ricorrente, stante la presunta indeterminatezza delle posizioni assunte dall’Autorità italiana viene giustificato alla luce del fatto che «non sussiste alcuna ambiguità quanto al carattere negativo della 174
risposta
delle
autorità
italiane
e,
pertanto,
quanto
TRIBUNALE DI PRIMO GRADO, Mara Messina c. Commissione, cit., cfr. punto
41;
139
all'opposizione delle medesime, a norma dell'art. 4, n. 5, del regolamento n. 1049/2001, a qualsiasi divulgazione dei documenti da esse redatti nell'ambito dell'esame del regime di aiuti di cui trattasi. Oltre ad approvare espressamente il diniego di accesso opposto alla ricorrente dalla Commissione, le Autorità italiane hanno ivi indicato di aver già respinto due domande di accesso riguardanti gli stessi documenti richiesti dalla ricorrente, proposte nell'aprile e nel dicembre 2001 da imprese italiane e dal difensore della ricorrente, agente in nome proprio»175. Il Tribunale conclude affermando, in sostanza, che «la Commissione non è incorsa in un manifesto errore di valutazione e che non ha violato l'art. 4, n. 5, del regolamento n. 1049/2001176». Occorre, dunque, rilevare che la sola esistenza di un’obbiezione da parte di uno Stato membro, autore del documento, è di per se sufficiente a giustificarne la mancata divulgazione. Inoltre, proprio come aveva fatto in passato con la “authorship
175
TRIBUNALE DI PRIMO GRADO, Mara Messina c. Commissione, cit., cfr. punto 52; 176 IBIDEM, Mara Messina c. Commissione, cit., cfr. punto 54;
140
rule”177, il giudice ha continuato a confermare il potere attribuito agli Stati membri dall’articolo 4 del regolamento 1049/2001178. Il Tribunale lascia però irrisolti i dubbi relativi ai limiti e all’ampiezza di potere riconosciuti agli Stati membri in materia di accesso,
sancendo
in
conclusione
che
in
considerazione
dell'opposizione delle autorità italiane, risultante dalla lettera 16 maggio 2002, alla comunicazione alla ricorrente dei documenti redatti nell'ambito dell'esame del regime di aiuti di cui trattasi, il rigetto della domanda di accesso, nella parte riguardante tali documenti, appare legittimo sotto il profilo legale, tenuto conto che, nella specie, la ricorrente ha posto in discussione unicamente l'effettività dell'opposizione da parte delle dette autorità alla trasmissione dei menzionati documenti. Tali dubbi vengono sanati dal Tribunale nella causa IFAW c. Commissione179.
177
TRIBUNALE DI PRIMO GRADO, sentenza del 19 luglio 1999, Rothmans c. Commissione, causa T-188/97, cfr. punto 55; 178 TRIBUNALE DI PRIMO GRADO, Mara Messina c. Commissione, cit., cfr. punto 55; 179 TRIBUNALE DI PRIMO GRADO, sentenza del 30 novembre 2004, IFAW internationaler Tiershutz-Fonds GmbH c. Commissione, causa T-168/02;
141
La ricorrente è un'organizzazione non governativa che agisce nel settore della preservazione della salute degli animali e della tutela della natura. Essa aveva avuto uno scambio di lettere con la Commissione al fine di ottenere l'accesso a taluni documenti relativi ad un progetto riguardante il sito di Mühlenberger Loch, che consisteva nell'ingrandimento della fabbrica di Daimler Chrysler Aerospace Airbus GmbH e nel recupero di
una parte dell'estuario per il
prolungamento di una pista di atterraggio180. La Repubblica federale di Germania aveva chiesto alla Commissione di non divulgare le lettere scambiate col comune di Amburgo, concernenti il sito di Mühlenberger Loch e il progetto, nonché la corrispondenza del cancelliere tedesco. La Commissione nega quindi l’accesso ai documenti provenienti dalle Autorità tedesche. Conformemente all’articolo 7, punto 2, del regolamento 1049/2001 la ricorrente aveva presentato al Segretariato generale della Commissione una domanda di conferma, affinché questi riesaminasse il rifiuto a divulgare i documenti anzidetti. In 180
Parere del Consiglio, del 21 maggio 1992 relativo alla conservazione dell’habitat naturale e della fauna e flora, in GU L 206, p. 7;
142
particolare, la ricorrente riaffermava che essa si opponeva all'interpretazione della Commissione rispetto all' art. 4, n. 5, del regolamento. Secondo la ricorrente la disposizione in questione non poteva essere interpretata come attribuzione di “un diritto di veto” ad uno Stato membro e non costituiva altro che un’applicazione, per vie traverse, della “regola dell’autore”. La Commissione adduceva che «l’articolo 4, paragrafo 4, del regolamento [considerasse] il “caso normale” dei documenti provenienti da terzi,
mentre l’articolo 4 del regolamento
[enuncerebbe] la “lex specialis”, che disciplina la situazione specifica dei documenti “nazionali” provenienti dagli Stati membri, il cui accesso è soggetto alla normativa e alla prassi nazionale in materia di trasparenza. Rispetto all’affermazione della ricorrente, secondo cui la Commissione tenderebbe a reintrodurre la regola dell’autore, la Commissione [faceva] valere che la situazione precedente e quella successiva all’applicazione del regolamento fossero molto diverse l’una dall’altra». Essa sosteneva che «l’articolo 4, n. 5, del regolamento [applicasse] gli obblighi previsti dall’articolo 4, n. 4, del regolamento ad una categoria di terzi privilegiati ben precisa, vale a dire gli Stati membri, per contrasto
143
con tutti i terzi, e che esso l’[autorizzasse] a trattare i documenti degli Stati membri nel modo ivi previsto, per contrasto col divieto generale di trattare i documenti dei terzi che si applicava precedentemente181». In secondo luogo la ricorrente sosteneva che la decisione della Commissione fosse contraria al’articolo 253 CE182, e «che le Autorità tedesche [avessero] presentato una domanda di non divulgare i documenti di cui trattasi che la Commissione [aveva] accolto ciecamente». La ricorrente adduceva inoltre che «la decisione controversa non fosse stata adottata a seguito di una ponderazione del suo interesse ad ottenere l'accesso ai documenti con l'interesse della Commissione a trattare tali documenti come documenti riservati183. Essa [rilevava], a questo proposito, che la Commissione conoscesse l'importanza che rivestivano per essa i documenti richiesti, ma che questa [avesse] rifiutato l'accesso ai documenti elaborati dalle Autorità tedesche, senza distinzione fra i documenti 181
TRIBUNALE DI PRIMO GRADO, IFAW internationaler Tiershutz-Fonds GmbH c. Commissione, cit., cfr. punto 44; 182 L’articolo 253 CE è stato sostituito dall’articolo 296 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea; 183 TRIBUNALE DI PRIMO GRADO del 10 ottobre 2001, British American Tobacco International (Investments)c. Commissione, causa T-111/00, cfr. punto 53;
144
menzionati sotto sette titoli specifici nella domanda iniziale. A riguardo, [sosteneva] che la decisione controversa non [spiegasse] perché, conformemente all'art. 4, n. 6, del regolamento, l'accesso parziale ai detti documenti le [fosse] rifiutato184». In relazione al primo punto posto in discussione dalla ricorrente, il Tribunale chiarisce di non volersi sottrarre all’interpretazione dell’eccezione di cui all’articolo 4, paragrafo 5, del regolamento. In primo luogo il giudice comunitario nota che la regola dell'autore non è stata riprodotta nel regolamento, il quale conferma che, in via di princìpio, tutti i documenti detenuti dalle istituzioni devono essere accessibili al pubblico185. «Peraltro, quanto ai documenti provenienti da terzi, l'art. 4, n. 4, del regolamento, obbliga le istituzioni a consultare il terzo interessato, al fine di determinare se si applichi un'eccezione di cui all'art. 4, numeri. 1 e 2, del regolamento, a meno che non sia chiaro che il documento non possa o non debba essere divulgato. Ne consegue che le istituzioni non sono tenute a consultare il terzo
184
TRIBUNALE DI PRIMO GRADO, IFAW internationaler Tiershutz-Fonds GmbH c. Commissione, cit., cfr. punti 66-67; 185 Cfr. articolo 11 del regolamento 1049/2001;
145
interessato, se risulta chiaramente che il documento debba essere divulgato o che non debba esserlo. In tutti gli altri casi, le istituzioni devono consultare il terzo in questione. Pertanto, la consultazione del terzo interessato costituisce, in generale, la condizione preliminare per determinare l'applicazione delle eccezioni all'accesso di cui all'art. 4, numeri 1 e 2, del regolamento nel caso di documenti provenienti da terzi. Inoltre, come giustamente sostiene la ricorrente, l'obbligo a carico della Commissione di consultare il terzo in forza dell'art. 4, numero 4, del regolamento non incide sul suo potere di decidere se si applichi una delle eccezioni di cui all'art. 4, numeri 1 e 2, del regolamento Risulta, per contro, dall'art. 4, n. 5, del regolamento che gli Stati membri costituiscono oggetto di un trattamento particolare. Infatti, tale disposizione attribuisce allo Stato membro la facoltĂ di chiedere a un'istituzione di non divulgare documenti da esso provenienti senza il suo previo accordo. Si deve sottolineare che l'art. 4, n. 5, del regolamento riproduce la dichiarazione n. 35, secondo cui la Conferenza ha convenuto che i princĂŹpi e le condizioni di cui all'art. 255 CE consentiranno a uno Stato membro
146
di chiedere alla Commissione o al Consiglio di non comunicare a terzi un documento proveniente da tale Stato senza il suo previo accordo186. Tale facoltà riconosciuta agli Stati membri dall'art. 4, n. 5, del regolamento è dovuta al fatto che tale regolamento non ha né per oggetto né per effetto di modificare le normative nazionali in materia di accesso ai documenti». Il Tribunale sottolinea inoltre «che, come giustamente sostiene la Commissione, se l'accesso a un documento per il quale lo Stato membro ha presentato una domanda ai sensi dell'art. 4, n. 5, non è disciplinato dal regolamento, lo stesso lo è dalle pertinenti disposizioni nazionali dello Stato membro considerato, che rimangono immutate a seguito dell'adozione del regolamento. Pertanto, è compito delle autorità amministrative e giudiziarie nazionali valutare, in base al diritto nazionale, se l'accesso ai documenti provenienti da uno Stato membro debba essere accordato e se il diritto di ricorso degli interessati sarà così garantito in base alle norme nazionali187».
186
Cfr. TRIBUNALE DI PRIMO GRADO, caso Mara Messina c. Commissione,cit., cfr. punto 53; 187 TRIBUNALE DI PRIMO GRADO, IFAW internationaler Tiershutz-Fonds GmbH c. Commissione, cit., cfr. punti 54-57.
147
Il Tribunale di primo grado ha ritenuto che, ove lo Stato membro che ne è all'origine chieda di non divulgare un documento, la domanda di accesso al documento stesso sia soggetta alle disposizioni nazionali pertinenti, e non, al regolamento188. In conformità di tale giurisprudenza, le istituzioni dovranno sempre consultare le autorità dello Stato membro qualora pervenga loro una domanda di accesso a un documento presentato dallo Stato membro medesimo189. La seconda eccezione addotta dalla ricorrente è quella relativa alla violazione, da parte della Commissione, del dovere di motivazione della decisione di non divulgazione, che è stata trattata dal Tribunale di primo grado in modo meno dettagliato. Il Tribunale ricordava che, «secondo giurisprudenza costante, l’obbligo di motivare una decisione individuale ha lo scopo di fornire all’interessato indicazioni sufficienti per giudicare se la decisione sia fondata, oppure se sia eventualmente inficiata da un vizio che consente di contestarne la validità e di consentire al
188
Il Tribunale segue un identico ragionamento nella sentenza del 17 marzo 1995, Isabella Sciappacercola c. Commissione, causa T-187/03; 189 TRIBUNALE DI PRIMO GRADO, IFAW internationaler Tiershutz-Fonds GmbH c. Commissione, cit., cfr. punto 61;
148
giudice comunitario di esercitare il suo sindacato di legittimità sulla decisione. La portata di quest’obbligo dipende dalla natura dell’atto in questione e dal contesto nel quale è stato adottato190. Nella decisione controversa la Commissione aveva motivato il suo rifiuto di comunicare i documenti precisati dalla ricorrente, nella sua lettera 6 marzo 2002, riferendosi alla richiesta della Repubblica federale di Germania di non divulgarli, e affermando che, a norma dell’art. 4, n. 5, del regolamento, essa non è autorizzata a divulgare un documento proveniente da uno Stato membro senza l’accordo previo di quest’ultimo. Essa osserva che tale disposizione le imponeva un obbligo di non divulgazione e che non era soggetta ad un criterio di interesse pubblico. Siffatta motivazione è sufficientemente chiara per consentire alla ricorrente di comprendere le ragioni per le quali la Commissione non le ha comunicato i documenti di cui trattasi, e al Tribunale di esercitare il suo sindacato di legittimità sulla decisione controversa.
190
TRIBUNALE DI PRIMO GRADO, sentenza del 24 aprile 1996, cause riunite T-551/93 e da T-231/94 a T-234/94, Industrias Pesqueras Campos e a. c. Commissione, cfr. punto 140; sentenza del 3 febbraio 2000, cause riunite T46/98 e T-151/98, CCRE c. Commissione, cfr. punto 46, e sentenza del 14 maggio 2002, causa T-80/00, Associação Comercial de Aveiro c. Commissione, cfr. punto 35;
149
Inoltre, se le limitazioni imposte nella specie all’accesso ai documenti provenienti dalla Repubblica federale di Germania non incidevano
sul
dovere
della
Commissione
di
motivare
sufficientemente la decisione controversa, non toccava alla Commissione spiegare alla ricorrente le ragioni per le quali la Repubblica federale di Germania ha presentato una domanda ai sensi dell’art. 4, n. 5, del regolamento, poiché agli Stati membri non è imposto obbligo alcuno di motivare tale domanda in applicazione di detta disposizione191». Occorre pertanto rilevare che sulla base del regolamento 1049/2001 il rigetto della domanda di accesso ad un documento di cui sia autore uno Stato membro, non risulta illegittimo in virtù di quanto disposto dall’articolo 4, paragrafo 5. In questo senso la disposizione in questione stabilisce l’automatica e assoluta eccezione al princìpio del più ampio accesso possibile ai documenti di cui al regolamento 1049/2001. A differenza degli altri soggetti terzi, è quindi riconosciuta allo Stato membro una posizione particolare.
191
TRIBUNALE DI PRIMO GRADO, IFAW internationaler Tiershutz-Fonds GmbH c. Commissione, cit., cfr. punti 70-72;
150
Mentre i documenti provenienti da Stati terzi devono essere rilasciati se non ricorrono le fattispecie di cui all’articolo 4, paragrafi 2 e 3, la divulgazione dei documenti provenienti dagli Stati membri da parte delle istituzioni sarà sempre vincolata dal consenso di questi ultimi192. L’unico modo per impedire la divulgazione di un documento proveniente da parti terze, che non sia suscettibile dell’applicazione dei primi due paragrafi dell’articolo 4 è in conclusione solo quello di qualificarlo come “documento sensibile” facendolo in tal modo rientrare nella fattispecie di cui all’articolo 9 del regolamento 1049/2001193. La parte soccombente ha presentato ricorso contro tale sentenza, sostenendo che il Tribunale di prima istanza avesse commesso un errore di diritto, interpretando l'articolo 4, paragrafo 5, del regolamento 1049/2001, come il conferimento agli Stati membri di un diritto assoluto di veto privo di alcun dovere di indicazione delle motivazioni poste a fondamento del proprio diniego alla divulgazione. 192
TRIBUNALE DI PRIMO GRADO, sentenza del 12 ottobre 2000, JT’s Corporation c. Commissione, causa T-123/99, cfr. punti 53-54; 193 J. HELISKOSKI e P. LEINO, Darkness at the breack of noon, cit., pp. 775 ss.;
151
La Corte di giustizia, pur riconoscendo che la disposizione in questione stabilisce che debba necessariamente esservi il consenso dello Stato membro alla divulgazione del documento da esso stesso redatto, ha affermato che in nessun caso allo Stato membro sia riconosciuto un diritto incondizionato di veto, in quanto altrimenti si vedrebbero compromessi gli obiettivi e gli effetti pratici dell’articolo 255 CE e dello stesso regolamento 1049/2001. La Corte ha aggiunto inoltre che la Commissione non dovrebbe accettare l'obbiezione di uno Stato membro alla divulgazione di un documento, qualora tale diniego appaia del tutto irragionevole, poichÊ è la stessa Commissione ad essere, in ogni caso, obbligata a motivare la decisione di diniego verso una richiesta di accesso ad un documento. Tale obbligo implica che l'istituzione debba, nella sua decisione, non limitarsi a constatare il fatto che lo Stato membro interessato abbia contestato la divulgazione del documento richiesto, ma anche palesare i motivi invocati da tale Stato a dimostrazione della sussistenza di una delle eccezioni di cui all'articolo 4, paragrafi 1 e 3 del regolamento n. 1049/2001.
152
Questo non esclude il dovere di rispettare determinate norme di diritto nazionale poste a tutela di un interesse pubblico o privato che possa essere considerato come meritevole di tutela sulla base delle eccezioni previste da tale regolamento. La partecipazione dello Stato membro interessato nel processo decisionale non influenza il carattere sovrannazionale della decisione, e non sottrae la materia alla competenza della Corte di giustizia. Per questi motivi, la Corte ha annullato la sentenza del Tribunale di primo grado e - pronunciarsi sul merito della causa ai sensi
dell'articolo 61
del
suo
Statuto
-
ha anche annullato
la decisione della Commissione con cui era stato rifiutato all'IFAW l'accesso ai documenti194.
194
CORTE DI GIUSTIZIA, sentenza del 18 dicembre 2007, IFAW internationaler Tiershutz-Fonds GmbH c. Commissione, causa C-64/05;
153
Capitolo terzo
L’accesso Parlamento
del
pubblico
europeo,
del
ai
documenti
Consiglio
e
del della
Commissione: le variazioni apportate al regolamento 1049/2001 e le proposte di ulteriori modifiche
154
3.1 Accesso del pubblico ai documenti detenuti dalle istituzioni della Comunità europea. Esame della situazione attuale
Il 30 Maggio 2001 il Parlamento europeo ed il Consiglio hanno adottato il regolamento 1049/2001 relativo all’accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione195. Questo regolamento, come già osservato in precedenza, dà attuazione all’articolo 255 del Trattato che istituisce la Comunità europea e si intercala come elemento principale nel quadro più generale di una politica di trasparenza e informazione. La politica di trasparenza rappresenta a sua volta uno degli assi della “governance europea196”, in particolare con riferimento ai princìpi di apertura, di partecipazione e di responsabilità. Sono innumerevoli le iniziative adottate nel quadro della trasparenza, dell’informazione e dei rapporti con i cittadini.
195
Regolamento (CE) n. 1049/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 2001, cit.; 196 Libro bianco sulla “governance europea”, COM(2001) 428, in GU C 287 del 12.10.2001; Relazione della Commissione sulla governance europea, del 11 dicembre 2002, COM(2002) 705;
155
La Commissione ha ad esempio adottato requisiti minimi in materia di consultazione delle organizzazioni della società civile197, si è impegnata a proseguire il processo di semplificazione e di miglioramento del contesto normativo198, ha proposto al Parlamento europeo ed al Consiglio una nuova strategia di informazione e di comunicazione199, ha avviato un’ “iniziativa europea per la trasparenza200”. Dalla sua emanazione ad oggi viene ampliato anche l’ambito applicativo del regolamento 1049/2001 che, conformemente a quanto previsto dall’articolo 255 CE, inizialmente non era
197
Comunicazione della Commissione dell’11 dicembre 2002 - Verso una cultura di maggior consultazione e dialogo - Princìpi generali e requisiti minimi per la consultazione delle parti interessate ad opera della Commissione, COM(2002) 704; comunicazione della Commissione dell’11 dicembre 2002, sulla raccolta e l’utilizzazione dei pareri degli esperti da parte della Commissione: princìpi ed orientamenti – “una migliore base di conoscenze per delle politiche migliori” COM(2002) 713; 198 Comunicazione della Commissione del 5 giugno 2002 - Governance europea: Legiferare meglio, COM(2002) 275; Comunicazione della Commissione del 6 giugno 2002 - Piano d’azione “semplificare e migliorare la regolamentazione”, COM(2002) 278; comunicazione della Commissione del 5 giugno 2002, in materia di valutazione d’impatto COM(2002) 276; 199 Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento Europeo, al Comitato economico e sociale e al Comitato delle regioni del 2 luglio 2002, su una strategia di informazione e di comunicazione per L'Unione europea, COM(2002) 350; 200 Tale iniziativa si iscrive negli obbiettivi strategici della Commissione per il periodo 2005-2009, e si è tra l’atro caratterizzata per la pubblicazione di un Libro verde, COM (2007) 185 def., relativo all’accesso del pubblico ai documenti detenuti dalle istituzioni della Comunità europea;
156
applicabile altro che al Parlamento europeo, al Consiglio e alla Commissione. Le Agenzie e gli altri organismi simili, istituiti dal legislatore comunitario, poiché dotati di personalità giuridica, non potevano essere assimilati ad una delle istituzioni rientranti nel campo di applicazione del regolamento. In virtù di questo, in sede di adozione del regolamento, le tre istituzioni avevano palesato l’esigenza che le Agenzie e gli organismi simili si dotassero di disposizioni conformi a quelle del regolamento. In occasione di una revisione di tutti i regolamenti che istituiscono le Agenzie, era stata quindi inserita negli atti costitutivi una disposizione che rendeva il regolamento 1049/2001 applicabile anche ad esse201. Inoltre «il Comitato delle regioni e il Comitato economico e sociale europeo [avevano] risposto all’appello delle tre istituzioni. Il
201 Regolamento (CE) n. 1641/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 luglio 2003, che modifica il regolamento (CEE) n. 1210/90 del Consiglio sull'istituzione dell'Agenzia europea dell'ambiente e della rete europea d'informazione e di osservazione in materia ambientale; e Regolamento (CE) n. 1655/2003 del Consiglio, del 18 giugno 2003, che modifica il regolamento (CEE) n. 337/75 relativo all'istituzione di un Centro europeo per lo sviluppo della formazione professionale e che abroga il regolamento (CEE) n. 1416/76, in GU L 245 del 29 settembre 2003;
157
Comitato delle regioni [aveva adottato] l’11 febbraio 2003 un regime di accesso ai propri documenti pienamente conforme alle disposizioni del regolamento 1049/2001202. Il Comitato economico e sociale europeo [aveva] adottato un regime analogo il 1° luglio 2003203. La Corte dei Conti, la Banca europea per gli investimenti e la Banca centrale europea [avevano applicato] ai loro documenti norme per l’accesso di tipo più restrittivo rispetto al regolamento 1049/2001. A causa del loro ruolo giurisdizionale, la Corte di Giustizia e il Tribunale di primo grado non [avevano] adottato norme in materia di accesso ai propri documenti. La proposta di regolamento sull’applicazione alle istituzioni e agli organi della CE delle disposizioni della Convenzione di Århus204 [prevedeva poi] di estendere il sistema di accesso ai documenti istituito dal regolamento 1049/2001 alle altre istituzioni 202
Decisione n. 64/2003 del Comitato delle regioni, dell'11 febbraio 2003, relativa all'accesso del pubblico ai documenti del Comitato delle regioni, GU L 160 del 28 giugno 2003, p. 96; 203 Decisione del Comitato economico e sociale europeo, del 1° luglio 2003, relativa all'accesso del pubblico ai documenti del Comitato economico e sociale europeo, GU L 205 del 14 luglio 2003, p. 19; 204 Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 2003, sull'applicazione alle istituzioni e agli organi comunitari delle disposizioni della convenzione di Århus sull'accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l'accesso alla giustizia in materia ambientale, COM(2003) 622 def.;
158
e organi per quanto riguarda l’accesso alle informazioni ambientali. Tuttavia, tali disposizioni si applicheranno alla Corte di Giustizia e al Tribunale di primo grado solo nei casi in cui tali organi non agiscono in qualità di autorità giudiziaria. La Corte e il Tribunale saranno pertanto interessati solo limitatamente al diritto di accesso ai documenti che risalgono a meno di trenta anni. Al termine di tale periodo, si [applicherà] il regolamento n. 354/83205 relativo all’apertura al pubblico degli archivi storici che concerne tutte le istituzioni e organi europei206». A partire dal 3 dicembre 2001 il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione hanno applicato il regolamento in esame. Ciascuna delle tre istituzioni si è impegnata a pubblicare, conformemente a quanto previsto dal regolamento, all’articolo 17, paragrafo 1, una relazione annuale relativa all’applicazione del regolamento stesso207. 205
Regolamento (CEE, Euratom) n. 354/83 del Consiglio, del 1 febbraio 1983 che rende accessibili al pubblico gli archivi storici della Comunità economica europea e della Comunità europea dell'energia atomica, GU L 043 del 15 febbraio 1983; 206 Relazione della Commissione, COM(2004) 45 def. cit.; 207 L’articolo 17, comma 1 stabilisce che ciascuna istituzione pubblichi annualmente una relazione che riporti il numero dei casi in cui ha rifiutato di trasmettere documenti in esito ad una domanda , ed illustri i motivi di tali
159
L’estensione del diritto in esame ai documenti provenienti da terzi trova applicazione anche per gli atti ricevuti dalle istituzioni prima della data anzidetta; il regolamento ha quindi per tali documenti un effetto retroattivo. Già dall’analisi delle prime relazioni delle istituzioni208, si evince che si sia registrata una significativa evoluzione nella politica di accesso ai documenti, con conseguente aumento delle istanze di accesso, e questo sebbene non siano presenti elementi oggettivi che permettano di individuare le cause di tale spettacolare aumento. In realtà tale accrescimento può indubbiamente essere attribuito all’adozione del regolamento ed alla pubblicità che lo ha accompagnato, nonché all’apertura dei registri pubblici. Dal quadro generale che scaturisce dall’analisi delle domande di accesso presentate a partire dall’entrata in vigore del regolamento ad oggi, emerge che gran parte di esse siano rivolte ad eseguire un controllo circa l'applicazione del diritto comunitario. rifiuti; La relazione deve inoltre inserire il numero di documenti sensibili i cui riferimenti non sono stati inseriti nel registro pubblico; 208 Nota del segretario generale del Parlamento europeo all’Ufficio del 23 gennaio 2003, rif. PE 324.892/BUR; Relazione del Consiglio del 31 marzo 2003, rif. 7957/03; Relazione della Commissione del 29 marzo 2003, COM(2003) 216 def;
160
Le
richieste
di
accesso
attualmente
riguardano
prevalentemente il ruolo che svolge la Commissione nel fare applicare il diritto dell'UE, ruolo in cui occorre trovare un punto di equilibrio tra trasparenza e altri interessi legittimi, conformemente alle norme in vigore. Per quanto riguarda le iniziative legislative delle istituzioni, il grado di trasparenza è molto elevato, poichÊ molti documenti sono resi pubblici in modo proattivo209. In moltissimi casi, inoltre, le domande di accesso vengono formulate nell'intento di ottenere documenti atti a suffragare la posizione del richiedente nel quadro di una denuncia (ad esempio relativa a una presunta infrazione al diritto), ovvero di un ricorso amministrativo o giurisdizionale. Va notato che tali istanze vertono in genere su un volume ingente di documenti la cui analisi comporta un lavoro amministrativo rilevante. Anche se la percentuale di cittadini è aumentata, gran parte delle richieste di accesso viene effettuata dal settore universitario, dalle ONG, dai gruppi di interesse e dagli studi legali. Molte di
209
Relazione della Commissione del 12 agosto 2011, sull'applicazione, nel corso del 2010, del regolamento (CE) n. 1049/2001 relativo all'accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione, COM(2011) 492 def.;
161
queste richieste riguardano procedimenti di infrazione, antitrust, concentrazioni, aiuti di Stato e casi di antidumping. In relazione all’analisi degli aspetti inerenti l’applicazione sostanziale del regolamento in esame il Tribunale di primo grado, nel corso degli anni, ha confermato la propria giurisprudenza in ordine all’opposizione di un rifiuto con una motivazione troppo generica che esclude un'intera categoria di documenti, ritenuta di per sé insufficiente per giustificare l'applicazione di un eccezione; La giurisprudenza più recente ha stabilito inoltre che l'istituzione debba dimostrare, in caso di diniego ad un’istanza di accesso, il rischio di pregiudizio con riferimento al caso specifico; questo rischio deve essere ragionevolmente prevedibile e non meramente ipotetico; quanto alle attività di natura "legislativa", la giurisprudenza del Tribunale ricalca la giurisprudenza della Corte nel caso Turco210. Sempre
in
relazione
all’interpretazione
degli
aspetti
sostanziali e procedurali del regolamento 1049/2001 la Corte di giustizia ha recentemente chiarito che qualora venga presentata una richiesta di accesso pubblico ai documenti che contengono dati 210
TRIBUNALE DI PRIMO GRADO, Turco c. Consiglio, cit.;
162
personali, le disposizioni del regolamento in materia di protezione dei dati211 sono integralmente applicabili, compresa la disposizione che impone al destinatario di tali dati di dimostrare la necessità della loro divulgazione e la disposizione che attribuisce all’interessato il diritto di opporsi in qualsiasi momento, per motivi rilevanti o legittimi connessi alla sua situazione particolare, al trattamento dei dati che lo riguardano212. La Corte, in una recente sentenza213, ha precisato inoltre che i documenti del fascicolo amministrativo della Commissione relativi alle indagini in materia di aiuti di Stato sono coperti da una presunzione generale sulla base della quale la loro divulgazione pregiudicherebbe, in linea di principio, la tutela degli obbiettivi delle attività d’indagine.
211
Il regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2000, n. 45/2001, concernente la tutela delle persone fisiche in relazione al trattamento dei dati personali da parte delle istituzioni e degli organismi comunitari, nonché la libera circolazione di tali dati in GU 2001, L 8, pag. 1, è stato adottato sulla base dell’art. 286 CE; 212 CORTE DI GIUSTIZIA, sentenza del 29 giugno 2010, Commissione c. Bavarian Lager, caso C-28/08 P; 213 CORTE DI GIUSTIZIA, sentenza del 29 giugno 2010, Commissione c. Technische Glaswerke Ilmenau(TGI), caso C-139/07 P;
163
Il regolamento in materia di aiuti di Stato214 infatti non prevede alcun diritto di accesso al fascicolo da parte degli interessati. Qualora questi ultimi riuscissero ad ottenere l’accesso a norma de regolamento 1049/2001 verrebbe compromesso lo stesso sistema di controllo degli aiuti di Stato. A tal riguardo la Corte ha ulteriormente chiarito che tale presunzione possa essere confutata qualora il richiedente dimostri che il documento richiesto “non rientra in detta presunzione” o che sussista un interesse pubblico prevalente alla divulgazione del documento in questione. Infine, la Corte ha chiarito di recente che possa essere presentata in qualsiasi momento una nuova domanda di accesso ad un documento cui l’accesso era stato precedentemente rifiutato, e che l’istituzione interessata sia obbligata in questo caso ad esaminare se il rifiuto continui ad essere giustificato alla luce del mutamento della situazione di diritto o di fatto intervenuta medio tempore.
214
Il regolamento (CE) del Consiglio, del 22 marzo 1999, n. 659, recante modalità di applicazione dell’articolo 88 del Trattato CE, in GU L 83, pag. 1, definisce, peraltro, le procedure applicabili all’esercizio, da parte della Commissione, del potere conferitole dall’art. 88 CE di pronunciarsi sulla compatibilità degli aiuti di Stato con il mercato comune;
164
Anche in campo legislativo vengono resi direttamente accessibili al pubblico documenti in sempre maggiore quantità, senza aspettare che alla Commissione, al Consiglio ed al Parlamento europeo pervenga una domanda di accesso215. A pochi anni dalla sua entrata in vigore trova sempre maggior chiarimento ed estensione il quadro applicativo del regolamento 1049/2001, a dimostrazione della crescente rilevanza assunta dal diritto di accesso in ambito comunitario quale mezzo di democrazia partecipativa. Ha progressivamente assunto rilevanza la consapevolezza che un’informazione costante, corretta, capillare e accessibile sia l’indispensabile mezzo per la creazione di una coscienza collettiva comunitaria, al fine di rendere consapevoli i cittadini della loro appartenenza all’UE e del loro essere “cittadini europei” con pieno diritto di incidere sulle scelte politiche.
215
Relazione della Commissione del 30 giugno 2010, sull'applicazione, nel corso del 2009, del regolamento (CE) n. 1049/2001 relativo all'accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione, COM(2010) 351 def.;
165
3.2 Il mediatore europeo e il diritto di accesso agli atti delle istituzioni
Il Mediatore europeo è stato istituito il primo novembre 1993, con l’entrata in vigore del Trattato di Maastricht, ha la sua sede a Strasburgo ed un ufficio distaccato a Bruxelles. È nominato dal Parlamento europeo per cinque anni, con incarico rinnovabile, ed esercita le sue funzioni conformemente alle disposizioni previste dall’articolo 195 del Trattato istitutivo della Comunità europea216 ed alle disposizioni stabilite nel suo Statuto, deliberato dal Parlamento previo parere della Commissione ed approvazione del Consiglio a maggioranza217. I requisiti per la sua nomina sono contenuti nell’articolo 6, n. 2, dello Statuto, il quale prescrive che egli deve essere scelto tra persone che abbiano la cittadinanza di uno degli Stati membri, che siano nel pieno possesso dei diritti civili e politici, che offrano garanzie di piena indipendenza, che rispondano alle condizioni 216
L’articolo 195 TCE è stato sostituito, seguito dell’entrata in vigore del trattato di Lisbona, dall’articolo 228 TFUE; 217 Lo Statuto è stato approvato con decisione n. 94/262 del 9 marzo 1994, GU L 113 del 4 maggio 1994, ed è stato modificato dalla decisione n. 2002/262 del 14 marzo 2002, GU L 92 del 9 aprile 2002. In base all’articolo 14, il Mediatore ha emanato, il 16 ottobre 1997, l’8 luglio 2002 ed il 5 aprile 2004, le disposizioni di esecuzione per regolare l’attività interna del suo ufficio;
166
richieste per l’esercizio dei più alti incarichi giurisdizionali nello Stato di appartenenza e che siano in possesso dell’esperienza e della preparazione necessarie per rivestire la carica. Egli svolge il suo mandato in piena indipendenza senza cioè sollecitare né accettare istruzioni da alcun organismo, e può essere dichiarato dimissionario dalla Corte di giustizia, previa richiesta del Parlamento, per colpa grave o qualora non risponda più ai requisiti fissati per la sua nomina218. L’articolo 21 CE219 attribuisce ai cittadini europei tre diversi tipi di diritti, inerenti rispettivamente l’instaurazione di rapporti diretti di relazione fra le istituzioni ed i soggetti privati, che determinano una maggior garanzia potenziale del loro diritto all’informazione. Si tratta del diritto di presentare una petizione al Parlamento europeo, di rivolgersi al Mediatore europeo e di scrivere alle
218
U. ALEOTTI, I difensori civici in Europa ed il mediatore europeo, in Innovazione e diritto, 2006, visionabile sul sito http://www.innovazionediritto.unina.it/archivionumeri/0706/aleotti.html; 219 L’articolo 21 TCE è stato sostituito, a seguito dell’entrata in vigoe del trattato di Lisbona, dall’articolo 24 TFUE;
167
istituzioni ed al Mediatore in una delle lingue ufficiali dell’Unione220. Sia il Mediatore che il diritto di petizione sono stati oggetto di previsione della Carta dei diritti fondamentali agli articoli 43 e 44, nel Capo V relativo alla cittadinanza europea, mentre il diritto di rivolgersi alle istituzioni dell’Unione in una delle lingue del Trattato e di ricevere dalle medesime una risposta nella stessa lingua è stato disciplinato dall’articolo 41.4 della Carta, fra i diritti del cittadino europeo ad una buona amministrazione. L’iniziativa diretta del Mediatore, così come la sua ricezione di denuncie, ha consentito l’espletamento di indagini in relazione ai casi di cattiva amministrazione nell’attività delle istituzioni e degli organi dell’Unione, con esclusione della Corte di giustizia e del Tribunale
di
primo
grado
nell’esercizio
della
funzione
giurisdizionale221.
220
M. CONDINANZI, La definizione di nuovi diritti a favore del cittadino dell’Unione: il ricorso al Mediatore europeo, in Il diritto dell’unione europea, 1996, pp. 320-323 e Id., Il Mediatore europeo: primi risultati e qualche considerazione, in Il diritto dell’Unione europea, 1996, pp. 575-577; 221 Per la disciplina delle competenze e delle modalità di istituzione e funzionamento del Mediatore europeo, vedi l’articolo 195 CE. Vedi anche Decisione del Parlamento europeo, 94/262/CECA, CE, Euratom,, del 9 marzo 1994, sullo statuto e le condizioni generali per l'esercizio delle funzioni del mediatore, in GUCE L 113/15;
168
La
cattiva
amministrazione
viene
definita
come
il
comportamento di un organismo pubblico non conforme ad una norma di principio per esso vincolante222. In particolare con riferimento all’accesso del pubblico ai documenti, il Mediatore nelle sue relazioni annuali rende note le posizioni assunte e le valutazioni effettuate, caso per caso, in relazione al diniego all’accesso da parte delle istituzioni, verificando se si configurino casi di cattiva amministrazione223. In caso di rifiuto all’accesso, il cittadino può presentare ricorso al Tribunale o denuncia al Mediatore, dopo che le predette istituzioni abbiano emanato una decisione diretta a respingere una richiesta di conferma da parte dell’interessato, entro un mese (quarantacinque giorni per il Parlamento) dalla presentazione della richiesta medesima. L’assenza di risposta entro il mese successivo alla presentazione della richiesta equivale ad una decisione di rifiuto.
222
Per tale definizione vedi MEDIATORE EUROPEO, Relazione annuale 1998, Strasburgo, febbraio 1999, pp. 18-19, che riprende questa definizione , già contenuta nella relazione annuale del Mediatore per il 1997 e successivamente approvata da Parlamento europeo con una risoluzione; 223 Le relazioni annuali del Mediatore europeo sono disponibili sul sito internet del Mediatore http://www.ombudsman.europa.eu/it/home.faces;
169
Una volta ricevuta e considerata ammissibile la denuncia, l’ufficio del Mediatore svolge il procedimento per accertare se il fatto denunciato sussista effettivamente e integri un caso di “cattiva amministrazione”. L’ufficio deve svolgere l’indagine secondo i principi
del
giusto
processo,
dando
la
possibilità
all’amministrazione indagata di presentare memorie in difesa del proprio operato. Questa fase è particolarmente delicata poiché l’organo comunitario dovrà permettere al Mediatore l’accesso a tutte le informazioni necessarie. Tuttavia le istituzioni comunitarie potranno rifiutare tale accesso alle informazioni; «del resto concedere al Mediatore la possibilità di visione di atti il cui accesso è negato al Parlamento europeo, equivarrebbe ad una perdita di credibilità di quest’ultimo. Anche sotto quest’aspetto sembrerebbe pertanto opportuno definire una parità di trattamento quanto all’accesso alle informazioni». L’ accesso ai documenti di uno Stato membro, classificati come riservati dalle legge, sarà concesso solo previo assenso dello Stato interessato. Per quanto concerne invece gli altri documenti relativi ad uno Stato membro, l’accesso sarà concesso dall’istituzione dopo che lo Stato stesso avrà dato il suo assenso. Per cui ad eccezione dei
170
documenti classificati come riservati dalla legge, nell’esercizio della propria attività d’indagine, al Mediatore non potrà essere negato, da parte degli Stati membri l’accesso ai documenti ed alle informazioni richieste224. L’intervento del Mediatore ha carattere essenzialmente sanzionatorio,
infatti
non
porta
all’annullamento
dell’atto
“impugnato” o ad altre forme di diretta rilevanza giurisdizionale. In relazione alla legittimazione presentare denuncia al Mediatore occorre sottolineare che ad esso possa rivolgersi chiunque, secondo il principio dell’actio popularis, a prescindere dalla titolarità di uno specifico e differenziato interesse225. Il fatto, o i fatti oggetto della denuncia non devono formare oggetto o aver formato oggetto di una procedura giudiziaria226. Il regolamento 1049/2001 all’articolo 8.1 ed 8.3 stabilisce che in caso di rifiuto parziale o totale o comunque in assenza di risposta ad una domanda di conferma entro il termine di 15 giorni lavorativi dalla sua registrazione, il richiedente possa presentare una
224
G. FERRANTI, I difensori civici nelle esperienze europee e nel Trattato di Maastricht, in Rivista di diritto europeo, 2006, pp. 293 ss.; 225 M. CHITI, Il mediatore europeo e la buona amministrazione comunitaria, in Rivista italiana di diritto pubblico comunitario, 2000, pp. 303 ss.; 226 G. FERRANTI, I difensori civici nelle esperienze europee, cit., pp. 309 ss.;
171
denuncia al Mediatore ai sensi dell’articolo 195 CE, o avviare un ricorso giurisdizionale contro l’istituzione che ha negato l’accesso ai suoi documenti, a norma dell’articolo 230 CE. Rispetto alla normativa precedente, il regolamento 1049/2001 abbrevia i termini, salvo che in casi eccezionali, il termine di 15 giorni può essere prorogato di altri 15 giorni, ma il richiedente deve essere previamente informato attraverso una comunicazione motivata in modo circostanziato227 Il controllo sulla “buona amministrazione” è più ampio rispetto
a
quello
di
legittimità
ad
opera
dell’istituzione
giurisdizionale. «Dal punto di vista sostanziale, si tratta infatti, oltre al rispetto del principio di legittimità, ad esempio dell’obbligo di osservare il principio di parità di trattamento, di proporzionalità, di certezza giuridica, di evitare abusi di potere, di garantire l’obbiettività e l’imparzialità, di agire in modo corretto e coerente e quindi
di
non
commettere
irregolarità
amministrative228».
227 228
Cfr. articolo 8.2 del regolamento 1049/2001; M. MIGLIAZZA, il diritto, cit., pp. 103 e ss
172
od
omissioni
Diversamente, dal punto di vista procedurale si tratta, ad esempio, di rispondere alla corrispondenza nella lingua del cittadino, di rispettare il diritto di difesa, di rispondere o adottare una decisione entro un ragionevole termine di tempo, di motivare le decisioni229. Il Mediatore ha ritenuto ad esempio che il comportamento della Commissione europea, la quale non aveva pubblicato entro il 2006 la relazione annuale sull’accesso ai documenti delle istituzioni relativa all’anno precedente, fosse configurabile un caso di cattiva amministrazione230. Il ruolo del Mediatore europeo in materia di accesso è in crescente affermazione. Ciò è confermato da alcuni casi segnalati positivamente dallo stesso Mediatore, riguardanti l’Agenzia europea per i medicinali (EMA) di Londra. In tali casi, l’EMA ha accettato la raccomandazione del Mediatore di concedere l’accesso ai documenti.
229
Vedi MEDIATORE EUROPEO, relazione annuale 1998 cit., pp. 19-21; Decision of the European Ombudsman on complaint 668/2007/MHZ against the European Commission; 230
173
Fatto ancora più importante, l’EMA ha adottato e pubblicato una nuova politica in materia di accesso a documenti, finalizzata a fornire al pubblico un accesso più ampio alla documentazione in suo possesso. Questo a dimostrazione dei risultati concreti e duraturi che l’operato del Mediatore può produrre a beneficio dei cittadini, qualora un organo comunitario collabori con lui in modo costruttivo e vantaggioso.231
231
MEDIATORE EUROPEO, Relazione annuale 2010;
174
3.3 Il diritto d’accesso e l’informazione ambientale
Le questioni afferenti l’informazione ambientale e l’accesso a tali
informazioni
costituiscono
oggetto
di
problematiche
particolarmente rilevanti poiché, parallelamente all’aggravamento delle questioni ambientali e alla presa di coscienza della complessità delle soluzioni, si è sviluppata la necessità di informare i cittadini su tali argomenti, al fine di accrescere la consapevolezza, ed in particolar modo la responsabilità individuale e collettiva. «Tra le esigenze di tutela ambientale e il diritto all’informazione vi è una stretta interdipendenza: per nessun altro bene o valore come per l’ambiente, la diffusione e la circolazione adeguata delle informazioni e delle conoscenze, anche di carattere tecnico, è indispensabile per una corretta definizione degli oggetti e delle modalità di tutela». Sia il diritto all’informazione che il diritto di partecipazione ambientale sono sanciti da diverse convenzioni, atti e leggi a livello nazionale e internazionale. I principi di libertà di accesso alle informazioni in materia ambientale sono stati formulati in prima istanza nelle sedi
175
internazionali attraverso il cosiddetto soft law, in quanto non vincolante per gli stati. Sin dalle prime formulazioni appare con chiarezza che tutela ambientale e informazione debbano andare di pari passo232. L’interesse per la tutela ambientale nasce proprio dalle istituzioni dell’Unione; è infatti con il Memorandum della Commissione presentato al Consiglio del 1871 che veniva rappresentata per la prima volta l’esigenza di tener conto delle risorse naturali e delle condizioni di vita, nell’organizzazione dello sviluppo economico della Comunità e si tracciavano le linee generali di un’azione in materia di ambiente. Seguirono i programmi d’azione ambientale e si pervenne all’Atto unico europeo, nel quale fu introdotto formalmente tra gli obbiettivi della Comunità la protezione dell’ambiente. Veniva così finalmente data una sicura base giuridica all’azione della Comunità in materia ambientale. Il primo novembre 1993, con l’entrata in vigore del Trattato di Maastricht, la protezione dell’ambiente riceve finalmente un
232
A. TORTORA, Informazione ambientale e diritto di accesso: normativa in ambito nazionale e comunitario, in Filodiritto, visionabile al sito http://www.filodiritto.com/, articolo 06/06/2007, cfr. in particolare nota 1;
176
posto formale tra gli obiettivi della CE, all’art. 2 del Trattato sulla Comunità Europea. Il Trattato di Maastricht, quello di Amsterdam ed i numerosissimi regolamenti e direttive emanati in materia sono una dimostrazione di quanto spazio occupi attualmente, la materia ambientale nell’ambito dell’Unione233. Il documento che decreta a livello internazionale il diritto all’informazione ambientale è sicuramente la Convenzione di Århus sull’accesso all’informazione, sulla partecipazione del pubblico e sul ricorso alla giustizia in materia ambientale, firmata ad Århus, Danimarca, il 25 giugno 1998, ed entrata in vigore il 30 ottobre 2001. Tale Convenzione ha trovato largo consenso essendo stata ratificata da 39 Parti, fra le quali la Comunità europea234, e la maggioranza dei suoi Stati membri.
233
P. MADDALENA, L’evoluzione del diritto e della politica per l’ambiente nell’Unione Europea. Il problema dei diritti fondamentali, in Rivista amministrativa della Repubblica Italiana, anno 2000, vol.151, n. 5-6, MaggioGiugno, pp. 483-493 234 Decisione del Consiglio, del 17 febbraio 2005, relativa alla conclusione, a nome della Comunità europea, della convenzione sull'accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l'accesso alla giustizia in materia ambientale, in GU L 124 del 17.5.2005;
177
La Convenzione sancisce un importante saldatura tra la salvaguardia dell’ambiente e il diritto all’informazione e alla partecipazione democratica, assumendo la normativa comunitaria come base di partenza delle sue decisioni. La Commissione ha provveduto ad adeguare il diritto comunitario ai nuovi standard di accesso all’informazione ambientale attraverso la direttiva 90/313235, successivamente abrogata dalla direttiva CE 2003/4236, che attua pienamente quanto previsto dalla Convenzione di Århus in materia di informazione ambientale ampliandone addirittura la portata sia sotto il profilo soggettivo, sia sotto quello oggettivo237. Viene in tal modo sviluppato l’esercizio del diritto di accesso del pubblico all’informazione ambientale e si intende proseguire l’adeguamento della legislazione dell’Unione in materia.
235
Direttiva 90/313/CEE del Consiglio, del 7 giugno 1990, concernente la libertà di accesso all'informazione in materia di ambiente, in GU L 158 del 23.6.1990; 236 Direttiva 2004/3/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 febbraio 2004, recante modifica delle direttive del Consiglio 70/156/CEE e 80/1268/CEE per quanto riguarda la misurazione delle emissioni di biossido di carbonio e il consumo di carburante dei veicoli N1 (Testo rilevante ai fini del SEE), in GU L 49, del 19.2.2004; 237 F. FONDERICO, Il diritto di accesso all’informazione ambientale, in Giornale di diritto amministrativo, 6/2006, p. 676;
178
Il 6 settembre 2006 il Parlamento e il Consiglio hanno adottato il regolamento 1367/2006 inerente l’applicazione alle istituzioni e agli organi dell’Unione le disposizioni della Convenzione di Århus sull’accesso alle informazioni, sulla partecipazione del pubblico al processo decisionale e sull’accesso alla giustizia in materia ambientale238. Alla data di entrata in vigore del regolamento suddetto, trovava già applicazione una disciplina generale in materia di accesso ai documenti in ambito comunitario a norma del regolamento 1049/2001. I regimi stabiliti dai due regolamenti appaiono ampiamente coincidenti come dimostrato dal fatto che viene ampliata la nozione di “documento” stabilita dal regolamento del 2001, che va a ricomprendere anche le informazioni ambientali239.Tuttavia diversamente dal regolamento 1367/2006, che trova applicazione a tutte le istituzioni e a tutti gli organi della Comunità, il regolamento 1049/2001 relativo all’accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione, trova applicazione solo al Parlamento, al 238
Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 settembre 2006 cit.; 239 Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 settembre 2006 cit., cfr. considerando n. 8;
179
Consiglio, alla Commissione, e per estensione alle agenzie; dunque le discipline dettate dai regolamenti summenzionati, presentando campi d’applicazione parzialmente divergenti si sovrappongono potendo dar luogo ad interpretazioni differenti. Sono altresì differenti i beneficiari dei due regolamenti; mentre a norma del regolamento 1049/2001 possono richiedere l’accesso agli atti delle istituzioni solo i cittadini e i soggetti residenti nell’UE, a norma del regolamento 1367/2006 il diritto d’accesso può essere esercitato da ogni persona sia fisica che giuridica a prescindere dalla cittadinanza. Inoltre, vale la pena di osservare che le eccezioni al diritto d’accesso fissate da entrambi i regolamenti non sono del tutto identiche. A tal proposito il quindicesimo considerando del regolamento 1367/2006 stabilisce che «le eccezioni previste dal regolamento CE n. 1049/2001 dovrebbero trovare applicazione, fatte salve eventuali disposizioni più specifiche del presente regolamento in materia di richieste di informazioni ambientali240». Il regolamento del 2006 stabilisce in oltre che «le motivazioni di rifiuto per quanto riguarda 240
Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 settembre 2006 cit., cfr. considerando n. 15;
180
l'accesso
alle
informazioni
ambientali
dovrebbero
essere
interpretate in modo restrittivo, tenendo conto dell'interesse pubblico che la rivelazione di dette informazioni persegue e valutando se le informazioni richieste riguardano le emissioni nell'ambiente. I termini "interessi commerciali" abbracciano accordi in materia di riservatezza conclusi da istituzioni o organismi che agiscono a titolo di istituto bancario241». Tali discordanze, sia pur lievi, possono dar luogo ad interpretazioni differenti, palesando la necessità di un riesame del regolamento 1049/2001. A tal proposito la proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo all’accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione, 229 def.242 auspica ad armonizzare le due discipline.
241
Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 settembre 2006 cit., cfr. considerando n. 8; 242 Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 aprile 2008, relativo all’accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione, COM(2008) 229 def.
181
Attualmente tale proposta è ancora sottoposta all’esame del Parlamento; continuano pertanto a permanere dubbi interpretativi rispetto alle due discipline, in relazione ai punti discordanti243.
243
Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 marzo 2011, che modifica il regolamento (CE) n. 1049/2001 relativo all’accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione, COM(2011) 137 def.;
182
3.3 Proposte di miglioramento delle regole di accesso ai documenti
Dall’entrata in vigore del regolamento 1049/2001 ad oggi, nonostante una sua attuazione soddisfacente, è stata palesata la necessità di un suo miglioramento e più in generale la necessità di ottimizzare la politica di comunicazione dell’Unione. Tale esigenza di perfezionamento è sfociata nell’avvio, a partire dal 2005, di una “iniziativa europea per la trasparenza” caratterizzata da tre diverse serie di azioni volte anzitutto al miglioramento
dell’accesso
diretto
alle
informazioni,
alla
pubblicazione nel 2006 di un libro verde244 diretto ad intraprendere un dibattito con i cittadini concernente l’accesso ai documenti delle istituzioni, ed infine l’avvio di un dibattito interistituzionale concernente la legislazione relativa all’accesso del pubblico ai documenti, sulla scorta della relazione della Commissione sull’attuazione dei principi del regolamento245. Per il raggiungimento di tali obbiettivi la Commissione ha aperto una consultazione su varie proposte di misure dirette a 244 245
Libro verde, COM (2007) 185 def., cit.; Relazione della Commissione, COM(2004) 45 def. cit.;
183
migliorare le regole dell’accesso ai documenti, adottando una politica di diffusione più attiva, integrando le regole di accesso alle informazioni ambientali nel regime generale di accesso e, infine, chiarendo le disposizioni del regolamento potenzialmente idonee a determinare conflitti di interesse246. Tra le diverse proposte di miglioramento prospettate dalla Commissione figura in primo luogo la diffusione più sistematica al pubblico dei documenti delle istituzioni, in relazione alla quale occorre tenere in considerazione che il principale obiettivo della legislazione sulla libertà d'informazione è quello di consentire ai cittadini una più stretta partecipazione al processo decisionale. La prima priorità con riferimento all'attuazione del regolamento 1049/2001 è stata infatti quella di rendere il processo legislativo delle istituzioni dell'Unione più trasparente e più accessibile per il pubblico. «I registri pubblici delle tre istituzioni contengono principalmente riferimenti ai documenti che le istituzioni elaborano e si scambiano nell'ambito del processo legislativo dell'Unione. Un gran numero di questi documenti è integralmente accessibile, conformemente all'articolo 12 del 246
Libro verde, COM (2007) 185 def., cit.;
184
regolamento 1049/2001, che recita: “Per quanto possibile, le istituzioni
rendono
direttamente
accessibili
al
pubblico
i
documenti”, in particolare “i documenti legislativi”. Dato che la definizione del concetto di “documenti legislativi” di cui all'articolo 12 del regolamento non è abbastanza precisa, il regolamento potrebbe essere modificato per definire le tipologie di documenti che rientrano nel processo legislativo e che, in linea di principio, dovrebbero essere direttamente e integralmente disponibili, nonché per precisare a quale stadio della procedura ciò debba avvenire. È già previsto che il sito EUR-LEX comprenda un maggior numero di documenti legislativi preparatori. D'altro canto, non sempre l'informazione disponibile risulta accessibile agevolmente per i cittadini. Il Parlamento, il Consiglio e la Commissione stanno studiando i mezzi che è possibile porre in essere per facilitare l'accesso ai documenti legislativi247». Tra
le
proposte
di
miglioramento
prospettate
dalla
Commissione figura in secondo luogo l’integrazione delle regole di accesso alle informazioni ambientali nel regime generale di accesso ai documenti. 247
Libro verde, COM (2007) 185 def., cit.;
185
Come evidenziato nel paragrafo precedente, il regolamento 1049/2001 e le regole di accesso alle informazioni ambientali differiscono su vari punti e possono perciò dar luogo a interpretazioni diverse. La Commissione ha per tale ragione proposto di modificare il regolamento in esame, integrandovi le regole di accesso alle informazioni ambientali. A seguito di tale modifica si avrebbe un regime unico per l’accesso ai documenti detenuti dal Parlamento, dal Consiglio e dalla Commissione, atto a garantire al cittadino maggior coerenza e maggior chiarezza giuridica. Allo scopo di creare un sistema unico, a parere della Commissione, dovrebbe essere riesaminato il regime delle eccezioni al diritto di accesso, aggiungendovi ad esempio le eccezioni dirette a tutelare l’ambiente. In terzo ed ultimo luogo, la Commissione esprime l’esigenza di conciliare interessi diversi, che talvolta entrano in conflitto a seguito dell’applicazione del regolamento 1049/2001. In particolare essa si riferisce all’accesso del pubblico e alla protezione dei dati personali, per cui allo scopo di controbilanciare tali due diritti, a volte contraddittori, la Commissione propone alle istituzioni di definire nel nuovo regolamento un insieme di criteri
186
per la divulgazione dei dati di carattere personale basati su due diversi principi Il primo, sulla base del quale la divulgazione dei dati personali deve essere giustificata dall'interesse generale; ciò potrebbe valere quando le persone fisiche detengono cariche pubbliche e agiscono in via ufficiale, e quando l'informazione da divulgare riguarda esclusivamente l'esercizio delle loro funzioni ufficiali, tranne ove vi siano ragioni specifiche per tutelare la loro identità (ad esempio nel caso di inquirenti); e il secondo in relazione al quale la divulgazione non deve ledere la vita privata o l'integrità della persona. Sempre in relazione agli interessi idonei ad entrare in conflitto la Commissione fa riferimento all’accesso del pubblico e agli interessi commerciali ed economici. «Questo equilibrio fra trasparenza e segreto professionale assume particolare rilevanza nel caso della Commissione, che detiene informazioni fornite da imprese o privati, ovvero ottenute presso di essi, nel quadro di indagini sugli aiuti di Stato, sulle intese, sulle concentrazioni, su questioni di difesa commerciale o di
187
lotta antifrode, nonché nell'ambito di procedure di assegnazione di pubblici appalti e di sovvenzioni. Una protezione confacente di queste informazioni è essenziale affinché le parti coinvolte in tali procedure accettino di cooperare e, di conseguenza, per garantire l'efficacia delle politiche comunitarie in questione. Ecco perché i legislatori comunitari hanno
definito
norme
specifiche
per
l'accesso
a
queste
informazioni. Tali norme devono essere applicate contestualmente alle disposizioni del regolamento, e fra i due regimi deve esservi coerenza». Per tali ragioni la Commissione auspica che il nuovo regolamento disponga che non possa essere consentito nessun accesso ai documenti contenenti informazioni note a un numero ristretto di persone, qualora la divulgazione di tali informazioni sia suscettibile di arrecare un pregiudizio serio alla persona che le ha fornite, ovvero a terzi.248 Infine la Commissione analizza il conflitto inerente l’accesso del pubblico e la buona amministrazione, evidenziando come
248
Libro verde, COM (2007) 185 def., cit.;
188
determinate richieste di documenti possano determinare un notevole carico di lavoro. Al fine di conciliare trasparenza e buona amministrazione, la Commissione propone di tener conto di tre diversi parametri: il volume della documentazione richiesta, la definizione dei documenti detenuti dalle istituzioni e, infine, l’applicabilità nel tempo delle eccezioni all’accesso ai documenti. Secondo la Commissione «l’esperienza ha mostrato che il trattamento delle domande può risultare gravoso. Il regolamento 1049/2001 si prefigge di divulgare informazioni ove ciò risponda all'interesse generale, motivo per cui le istituzioni devono cercare un punto di equilibrio fra l'interesse di divulgare, da un lato, e l'onere di lavoro che il trattamento di una richiesta comporta, dall'altro. Una situazione in cui un numero limitato di domande voluminose, complesse e tali da comportare un forte aggravio di lavoro assorba risorse cospicue non sarebbe conforme all'interesse generale. Di conseguenza potrebbe risultare utile definire criteri in materia di proporzionalità delle domande d'accesso. Per conciliare trasparenza e buona amministrazione, si potrebbe tener conto dei parametri seguenti: il volume della documentazione richiesta; la
189
definizione di documenti detenuti dalle istituzioni; l'effetto dei tempi fissati sulla pertinenza delle eccezioni. A differenza di numerosi regimi nazionali che disciplinano l'accesso ai documenti o alle informazioni, il regolamento 1049/2001 non contiene disposizioni di sorta relative alle domande eccessive o abusive. In pratica, un esame concreto dei documenti di un fascicolo completo condotto nell'ambito di una domanda d'accesso può risultare estremamente oneroso rispetto all'utilità di una divulgazione dei documenti o di una parte di essi. Qualora
siano
chiamate
a
trattare
una
domanda
particolarmente voluminosa o complessa, le istituzioni possono prolungare il termine previsto per la risposta di soli 15 giorni lavorativi o hanno la facoltĂ di conferire in modo informale con il richiedente per giungere a una soluzione. Quest'ultima disposizione potrebbe essere chiarificata per permettere alle istituzioni di chiedere che i richiedenti specifichino o restringano la loro richiesta, oppure accettino un lasso di tempo realistico affinchĂŠ possa essere Trattato. Inoltre, richieste intese chiaramente a bloccare il normale funzionamento di un servizio potrebbero essere ritenute indebite e
190
respinte su tale base. Considerazioni del genere potrebbero rivelarsi particolarmente pertinenti con riferimento all'efficacia dell'esercizio delle competenze esecutive della Commissione249Âť.
249
Libro verde, COM (2007) 185 def., cit.;
191
3.4 Aspetti esaminati nel processo di revisione. Le principali questioni oggetto delle sopraindicate proposte
In relazione ai vari punti esaminati nel processo di revisione del regolamento 1049/2001, relativo all’accesso del pubblico agli atti del Parlamento europeo, del Consiglio, e della Commissione occorre evidenziare come nella relazione inerente l’applicazione dei principi del regolamento, pubblicata il 30 gennaio 2004, la Commissione fosse giunta alla conclusione che il “nuovo” sistema avesse funzionato particolarmente bene, ed in virtù di questo, non fosse necessario apportare modifiche al regolamento nel breve periodo. Come già visto nel paragrafo precedente, il 9 novembre 2005, la Commissione aveva deciso di varare “l’iniziativa europea per la trasparenza” che comprendeva, tra le sue varie proposte, anche la revisione del regolamento in esame250. Il 4 aprile 2006, il Parlamento europeo chiedeva a sua volta alla Commissione di presentare proposte di miglioria del
250
Verbale della riunione della Commissione n. 1721, del 9 novembre 2005, punto 6; cfr. anche i documenti SEC(2005) 1300 e SEC(2005) 1301;
192
regolamento sulla base di una serie di raccomandazioni vertenti sugli elementi che maggiormente necessitavano di una revisione251. In esito alle raccomandazioni prescritte la Commissione ha redatto una proposta di regolamento relativa all'accesso del pubblico ai documenti del Parlamento Europeo, del Consiglio e della Commissione252. La prima delle raccomandazioni, in ordine al contenuto della sopraindicata
richiesta,
interessava,
in
linea
generale,
il
miglioramento della chiarezza dei visti e dei considerando del regolamento 1049/2001 al fine di precisare definitivamente che l’articolo 255 CE anzitutto «rappresenta la principale base giuridica dei trattati in materia di realizzazione dei principi fondanti dell'Unione, delineati all'articolo 1 del Trattato sull'Unione europea, il quale prevede che "(...) le decisioni siano prese nel modo più trasparente possibile e il più vicino possibile ai cittadini", e all'articolo 6 del Trattato UE, in base al quale "l'Unione si fonda sui principi di (...) democrazia (...) e dello stato di diritto"», in secondo
251
Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 aprile 2008, relativo all’accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione, COM(2008) 229 def.; 252 Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio, COM(2008) 229 def., cit.;
193
luogo «costituisce la base giuridica fondamentale in materia di trasparenza e riservatezza per tutte le attività del Parlamento, del Consiglio e della Commissione (il "triangolo legislativo"), qualora deliberino ai sensi del Trattato CE e del Trattato UE», ed infine «deve essere lealmente e integralmente recepito nei regolamenti interni del Parlamento europeo, della Commissione e del Consiglio253». La seconda raccomandazione del Parlamento, aveva ad oggetto in primo luogo la definizione della nozione di “documenti legislativi”, attualmente stabilita dall’articolo 12, paragrafo 2; in tale concetto sarebbero dovuti essere ricompresi tutti i documenti preparatori ad una procedura decisionale identificata, i verbali delle discussioni del Parlamento, del Consiglio qualora tali istituzioni deliberino in qualità di legislatori, l’identità dell’autore di ogni iniziativa o emendamento formale ed infine le informazioni complementari, che siano comunque pertinenti o i documenti connessi.
253
Risoluzione del Parlamento europeo recante raccomandazioni alla Commissione sull'accesso ai testi delle istituzioni (2004/2125(INI)), A60052/2006;
194
In secondo luogo secondo il Parlamento europeo la Commissione avrebbe dovuto elaborare una nuova definizione di “documenti non legislativi”, ossia documenti connessi a procedure per l’attuazione di atti legislativi, ai quali, secondo il Parlamento, si sarebbero dovute applicare norme meno rigorose in materia di trasparenza, considerata la loro natura amministrativa. Infine, a parere del Parlamento, era necessaria, una definizione della nozione di “documenti regolamentari” ossia documenti connessi alle procedure per l’adozione di atti che integrano o modificano elementi non essenziali di atti legislativi, indipendentemente dall’istituzione che li ha adottati; Tali documenti dovrebbero essere accessibili mutatis mutandis, alle stesse condizioni applicabili ai documenti legislativi254. La terza raccomandazione, concernente i documenti da considerare riservati, prescriveva che il regolamento 1049/2001 dovesse essere modificato in maniera tale da definire le “limitazioni a tutela di interessi pubblici o privati”, di cui all’articolo 255 CE, che potrebbero ritardare o impedire l’accesso ai documenti delle istituzioni. 254
Risoluzione del Parlamento europeo, A6-0052/2006, cit.;
195
Il regolamento 1049/2001 avrebbe quindi dovuto essere completato con norme che in primo luogo garantissero l’evidenza dei motivi determinanti l’adozione di decisioni strategiche fondamentali e di una determinata normativa e che in secondo luogo impedissero che i documenti fossero classificati come riservati per ordinaria amministrazione, solo perché inerenti a questioni rilevanti o potenzialmente rilevanti sul piano della sicurezza. La quarta raccomandazione disponeva in materia di condivisione di informazioni e documenti in relazione ai rapporti tra UE e Stati membri, stabilendo che anche in tale materia occorresse tener conto di quanto stabilito dall’articolo 296 del Trattato CE, secondo cui “nessuno Stato membro è tenuto a fornire informazioni la cui divulgazione sia dallo stesso considerata contraria agli interessi essenziali della propria sicurezza”; il regolamento in oggetto avrebbe dovuto essere modificato in modo tale da limitare il diritto degli Stati membri di restringere l’accesso ai propri contributi/emendamenti nelle procedure di legificazione. Infine l’ultima raccomandazione, riguardante gli aspetti pratici per la concessione dell’accesso dei cittadini ai documenti,
196
disponeva anzitutto che la Commissione modificasse il regolamento al fine di garantire un unico punto di accesso in modo chiaro e strutturato a tutti i documenti preparatori che riguardassero una procedura legislativa o regolamentare255; inoltre prescriveva di riorganizzare i registri delle istituzioni aggiungendo un'interfaccia comune, affinchĂŠ il cittadino/utente fosse in grado di trovare le stesse funzioni nei tre registri, ed infine palesava la necessitĂ di definire norme comuni per l'archiviazione dei documenti, evitando duplicazioni,
garantendo
l'autenticitĂ
delle
varie
versioni;
presentando in modo chiaro e comprensibile il flusso di lavoro delle istituzioni ed eventualmente il punto di accesso ai documenti256. Le raccomandazioni summenzionate sono state recepite dalla Commissione nella redazione della proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo all’accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione257.
255
Cfr. la seconda raccomandazione; Risoluzione del Parlamento europeo, A6-0052/2006, cit.; 257 Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio, COM(2008) 229 def., cit.; 256
197
3.5 La proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio (COM(2008) 229 def.), del 30 aprile 2008
Il 30 aprile 2008, la Commissione ha redatto una proposta di regolamento relativa all'accesso del pubblico ai documenti del Parlamento Europeo, del Consiglio e della Commissione258. Il regolamento 1049/2001, veniva applicato ormai da sei anni, periodo durante il quale le istituzioni avevano ampliato la loro esperienza in ordine alla sua applicazione. Si era inoltre sviluppato ormai un corpus giurisprudenziale grazie al quale il Mediatore europeo aveva potuto risolvere alcune controversie. Le istituzioni ritennero dunque di essere in grado di riesaminare il funzionamento del regolamento e apportare le opportune modifiche. La proposta COM(2008) 229 def. è il frutto di un processo di riesame del regolamento 1049/2001, iniziato il 9 novembre 2005, con l’ “iniziativa europea per la trasparenza”, seguita dalla risoluzione del 4 aprile 2006, con la quale il Parlamento europeo chiedeva alla Commissione di presentare proposte di modifica al 258
Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio, COM(2008) 229 def., cit.;
198
regolamento. Ciò proseguì con l’adozione da parte del Parlamento europeo e del Consiglio di un nuovo regolamento che applica la convenzione di Århus alle istituzioni e agli organi comunitari e interagendo con il regolamento 1049/2001, per quanto riguarda l’accesso alle informazioni ambientali. La proposta di regolamento COM(2008) 229 def. esamina analiticamente le raccomandazioni259 e i pareri, esito delle consultazioni,260 emersi nel corso del processo di revisione ed analizzati nel paragrafo precedente. Le modifiche al regolamento 1049/2001 prospettate dalla Commissione ineriscono rispettivamente gli obbietti ed i destinatari del regolamento, il campo d’applicazione e la definizione di documento, il regime delle eccezioni, la consultazione dei terzi, le norme procedurali ed infine la diffusione attiva. In relazione agli obiettivi del regolamento, la formulazione dell’articolo 1, lettera a), viene lievemente modificata precisando
259
Risoluzione del Parlamento europeo, A6-0052/2006, cit.; La relazione completa degli esiti della consultazione attuata con il Libro verde figura nel documento di lavoro della Commissione SEC(2008) 29 del 16 gennaio; tutti i contributi sono consultabili nel sito web http://ec.europa.eu/trasparency/revision/index_en.htm
260
199
che l’obbiettivo del regolamento è quello di garantire al pubblico l’accesso ai documenti. Proponendo tale variazione la Commissione si conforma alla prima raccomandazione del Parlamento, che aveva richiesto di chiarire la base giuridica e le finalità del regolamento, evidenziando che essa fosse rappresentata dall’articolo 255 del Trattato CE. Per quanto riguarda i destinatari del regolamento, viene proposto di modificare l’articolo 2, paragrafo 1, stabilendo che gode del diritto di accesso qualsiasi persona fisica o giuridica, indipendentemente dallo Stato di residenza, rendendo così il regolamento compatibile con le disposizioni del regolamento (CE) n. 1367/2006 sull’accesso alle informazioni ambientali261 Per quanto concerne il campo d’applicazione del regolamento la proposta in esame specifica all’articolo 2, paragrafo 2, che il regolamento trova applicazione a tutti i documenti detenuti da un’istituzione, concernenti aspetti relativi alle politiche, iniziative e
261
Regolamento n. 1367/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 settembre 2006, sull'applicazione alle istituzioni e agli organi comunitari delle disposizioni della Convenzione di Aarhus sull'accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l'accesso alla giustizia in materia ambientale, in GU L 264 del 25.9.2006, pp. 13–19 ;
200
decisioni di sua competenza, diversamente dal testo attuale dove ciò figura all’articolo 3, lettera a). «All’articolo 2, un nuovo paragrafo 5 precisa che i documenti prodotti in giudizio da parti diverse dalle istituzioni non rientrano nel campo d’applicazione del regolamento». La Commissione rileva che il diritto di accesso del pubblico ai sensi dell’articolo 255 del Trattato CE non vale per la Corte di giustizia e che il Trattato di Lisbona estende tale diritto alla Corte, unicamente però per quanto riguarda i documenti afferenti alle sue attività amministrative. Secondo
la
Commissione
dunque
«andrebbe
escluso
l’accesso ai documenti connessi all’esercizio dei poteri di indagine di un’istituzione, fino a quando la decisione corrispondente non potrà più essere impugnata con ricorso per annullamento, o l’indagine non sarà conclusa. Durante l’indagine si applicheranno soltanto le specifiche regole del caso. I regolamenti che disciplinano i procedimenti in materia di concorrenza e di difesa commerciale (misure antidumping, antisovvenzioni e di salvaguardia) e i procedimenti a norma del regolamento sugli ostacoli agli scambi riconoscono un diritto
201
privilegiato di accesso alle parti interessate e dispongono in ordine alla pubblicazione». A parere della Commissione «conferire al pubblico un diritto di accesso più ampio ai sensi del regolamento (CE) n. 1049/2001 significherebbe sabotare tutte queste regole». Essa ritiene che sia più appropriato che le informazioni ottenute da persone fisiche o giuridiche nell'ambito di tali indagini seguitino a essere protette anche una volta che la decisione corrispondente divenga definitiva. L’ampia definizione del concetto di “documento” di cui all’articolo 3, lettera a), rimane invariata. Secondo la Commissione un documento esiste solo se è stato trasmesso ai suoi destinatari, se è stato fatto circolare nell'istituzione o se è stato altrimenti registrato; la definizione di “documento” dovrebbe ricomprendere i dati contenuti in sistemi elettronici che sia possibile estrarre in forma leggibile. In relazione al regime delle eccezioni la proposta in esame prevede, innovando rispetto a quanto previsto dal regolamento 1049/2001, che l’eccezione diretta a proteggere l’ambiente di cui all’articolo 6
202
del regolamento (CE) 1367/2006262 sia aggiunta all’articolo 4, paragrafo 1, così da armonizzare la disciplina dell’accesso ai documenti delle istituzioni con le disposizioni derivanti dalla Convenzione di Århus263. Altresì con lo scopo di armonizzare i due regolamenti, l’eccezione diretta a tutelare gli interessi commerciali di cui all’articolo 4, paragrafo 2, non troverà applicazione alle informazioni relative alle emissioni rilevanti per la protezione dell’ambiente. Il concetto di “procedure giurisdizionali”, di cui all’articolo 4, paragrafo 2, secondo trattino è chiarito e comprende anche la conciliazione e l’arbitrato. La Commissione propone inoltre di aggiungere una nuova eccezione finalizzata alla protezione delle procedure di selezione del personale o dei contraenti al fine di preservare il corretto funzionamento delle commissioni giudicatrici e dei comitati di valutazione.
262
Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 settembre 2006 cit.; 263 Convenzione sull’accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia in materia ambientale, firmata ad Århus, Danimarca, il 25 giugno 1998;
203
Infine «l’articolo 4, paragrafo 1, lettera b) relativo all’accesso ai dati personali è spostato al nuovo articolo 4, paragrafo 5, e riformulato in modo da chiarire la relazione esistente fra i regolamenti (CE) n. 1049/2001 e n. 45/2001 (protezione dei dati personali264)». Non è invece stato raccolto il suggerimento di «definire degli eventi entro i quali i documenti non sarebbero accessibili. È stata invece accolta con favore la divulgazione sistematica dei documenti dopo specifici eventi e molto prima del termine di 30 anni per l’apertura al pubblico degli archivi. L’esperienza insegna, tuttavia, che va puntualmente negato l’accesso a documenti nell’ambito di un ricorso giurisdizionale prima della pubblica udienza o di una decisione definitiva, e di ciò si trova conferma anche nella giurisprudenza265». Rispetto alla consultazione di terzi, la proposta COM(2008) 229 def., stabilisce che il nuovo articolo 5, paragrafo 2, esplichi l’iter da seguire nei casi di istanze d’accesso a documenti provenienti da uno Stato membro. La consultazione dello Stato
264
Regolamento (CE) n. 45/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, cit.; TRIBUNALE DI PRIMO GRADO, sentenza del 13 aprile 2005, Verein für Konsumenteninformation c. Commissione, causa T-2/03; 265
204
membro è obbligatoria, salvo che non appaia chiaro che il documento debba o non debba essere divulgato. In relazione alla richiesta di chiarimento dei limiti del diritto degli Stati membri di opporsi alla divulgazione dei loro documenti, la Commissione, tenendo conto della giurisprudenza della Corte di giustizia266 al riguardo, introduce in capo ad ogni singolo Stato membro l’obbligo di motivazione all’istituzione in caso di diniego avverso la richiesta di accesso267. Per quanto concerne le norme procedurali, l’articolo 6, paragrafo 2 è modificato al fine di tenere in considerazione i casi in cui i documenti non siano identificabili facilmente. È oggetto di modifica altresì il termine per il trattamento di una domanda di conferma, aumentato a 30 giorni, con ulteriore possibilità di proroga di 15 giorni; e questo in ragione del fatto che la risposta dell’istituzione soggiace a rigorose norme procedurali che non le permettono di evacuare celermente ad una domanda di conferma.
266
La nuova disposizione tiene conto della sentenza della CORTE DI GIUSTIZIA, del 18 dicembre 2007, IFAW internationaler Tiershutz-Fonds GmbH c. Commissione, cit.;
205
Infine, per quanto attiene alla diffusione attiva, l’esigenza di una maggior trasparenza legislativa, in virtù della quale il pubblico dovrebbe avere accesso a tutti i documenti preparatori della legislazione, è soddisfatta ed integrata dalla Commissione all’articolo 12 il quale viene riformulato al fine di assicurare l’accesso diretto ai documenti trasmessi nell’ambito delle procedure di atti legislativi o non legislativi di portata generale. «Le istituzioni devono fare in modo che questi documenti siano accessibili da subito, salvo ove ricadano manifestamente in un’eccezione al diritto di accesso268» La proposta della Commissione COM(2008) 229 def., presentata il 30 aprile 2008, è stata esaminata presso il gruppo “informazione” all'interno del Consiglio. L'11 marzo 2009 il Parlamento europeo ha votato la relazione della Commissione LIBE, presentata dall'on. Cashman269, che comporta un numero cospicuo di emendamenti alla proposta della Commissione. Tuttavia, il Parlamento ha rinviato il voto sulla risoluzione legislativa.
268
Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio, COM(2008) 229 def., cit.; 269 In A6-0077/2009;
206
Conseguentemente, la proposta all’inizio del 2009 si trovava ancora in fase di prima lettura. Il nuovo Parlamento, insediatosi dopo le elezioni del giugno 2009, ha proseguito i lavori sulla proposta270. La Commissione per gli affari costituzionali (AFCO) e quella per le petizioni (PETI) hanno adottato i loro pareri rispettivamente il 30 novembre 2010 e il primo dicembre 2010. La Commissione per le libertà civili (LIBE) il 12 agosto 2011 non aveva ancora votato su un nuovo progetto di relazione. In seno al Consiglio, la proposta è stata esaminata a livello di gruppo di lavoro. In seguito all'entrata in vigore del Trattato di Lisbona il primo dicembre 2009, la Commissione ha presentato, il 21 marzo 2011271, una nuova proposta al fine di adattare il regolamento n. 1049/2001 ai requisiti del Trattato di Lisbona stesso. Tale proposta mira ad ampliare l'ambito di applicazione istituzionale del regolamento a tutte le istituzioni, gli organismi, gli uffici e le agenzie dell'Unione europea, con alcune restrizioni per 270
Relazione della Commissione sull'applicazione, nel corso del 2010, del regolamento (CE) n. 1049/2001, cit.; 271 Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 marzo 2011, che modifica il regolamento (CE) n. 1049/2001 relativo all’accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione, COM(2011) 137 def.;
207
quanto riguarda la Corte di giustizia dell'Unione europea, la Banca centrale europea e la Banca europea per gli investimenti, conformemente all'articolo 15, paragrafo 3, della versione consolidata del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea272. «Il presente regolamento si applica direttamente solo al Parlamento europeo, al Consiglio e alla Commissione. La sua applicazione è tuttavia estesa alle agenzie in forza di specifiche disposizioni presenti nei relativi atti istitutivi. Una serie di istituzioni e organi ha inoltre adottato, su base volontaria, atti che disciplinano l’accesso del pubblico ai rispettivi documenti in forza di norme identiche o analoghe a quelle del regolamento 1049/2001. Per tener conto, come si è detto, dell’estensione del campo di applicazione istituzionale del diritto di accesso al pubblico, la Commissione ha inserito la proposta del 30 aprile 2008 di rifusione del
regolamento
(CE)
n.
1049/2001
nella
comunicazione
“Ripercussioni dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona sulle procedure decisionali interistituzionali in corso” affinché i
272
Relazione della Commissione sull'applicazione, nel corso del 2010, del regolamento (CE) n. 1049/2001, cit.;
208
colegislatori potessero includere la modifica dettata dal nuovo Trattato nella procedura legislativa ordinaria in corso». Ad oltre un anno dall’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, non si prospetta ancora l’adozione di un nuovo regolamento sul pubblico accesso ai documenti che sostituisca il regolamento (CE) n. 1049/2001. Dalle discussioni in seno al Parlamento europeo e al Consiglio è emersa una profonda differenza di vedute sulle modifiche al testo di base. Anche se, nella pratica, la maggior parte delle istituzioni, organi, uffici e agenzie dell’Unione europea applica il regolamento (CE) n. 1049/2001 o una normativa analoga su base volontaria, in forza del Trattato vige l’obbligo giuridico di estendere il diritto di accesso ai documenti di tutte le istituzioni, organi e organismi dell’Unione273.
273
Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 marzo 2011, cit.;
209
Bibliografia
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213
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214
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215
Elenco Documenti citati
1992
Parere del Consiglio del 21 maggio 1992 relativo alla conservazione dell’habitat naturale e della fauna e flora, in GU L 206, del 22.7.1992, pp. 7-50; Conclusioni del Consiglio europeo di Edimburgo sulla trasparenza del 12 dicembre 1992, bollettino delle Comunità europee, n. 121992, pp. 19-21;
1993
Decisione 93/662 del Consiglio, del 6 dicembre 1993 relativa all’adozione del suo regolamento interno in GU L 304 del 10.12.1993, p. 1;
216
Codice di condotta relativo all'accesso del pubblico di documenti del Consiglio e della Commissione, 93/730/CE del 6 dicembre 1993, in GU L 340 del 31.12.1993, pp. 41-42;
Decisione del Consiglio, del 20 dicembre 1993, relativa all'accesso del pubblico ai documenti del Consiglio, 93/731/CE, in GU L 340 del 31.12.1993, pp. 43-44;
1994
Decisione 94/90/CECA, CE, Euratom dell’8 febbraio 1994 relativa all’accesso del pubblico ai documenti della Commissione in GU L 46 del 18.02.1994, p. 58;
Decisione del Parlamento europeo, 94/262/CECA, CE, Euratom, del 9 marzo 1994, sullo statuto e le condizioni generali per l'esercizio delle funzioni del mediatore, in GUCE L 113/15, del 04.05.1994, pp. 15-18;
217
1996
Decisione 96/705/CE, CECA, Euratom del Consiglio del 6 dicembre 1996 che modifica la decisione 93/731/CE relativa all'accesso del pubblico ai documenti del Consiglio, e 96/567/CE, CECA, Euratom, in GUCE L 325/19 del 14 dicembre 1996;
Decisione della Commissione del 19 settembre 1996 che modifica la decisione 94/90/CECA, CEE, Euratom sull'accesso del pubblico ai documenti della Commissione, in GUCE L247/45 del 28 settembre 1996;
Comunicazione della Commissione sul miglioramento dell'accesso ai documenti, in GUCE C 67/03 del 4 marzo 1994;
218
1997
Decisione 97/632/CE, CECA, EURATOM del Parlamento europeo del 10 luglio 1997 relativa all’accesso al pubblico ai documenti del Parlamento europeo, in GU L 263 del 25.9.1997, p. 27;
1998
Decisione n. 9/97 relativa all’accesso del pubblico ai documenti amministrativi europei, in GU L 90 del 25.03.1998, p. 43;
Relazione speciale del Mediatore europeo al Parlamento europeo a seguito dell’indagine di propria iniziativa sull’accesso del pubblico ai documenti, in GU C 44 del 10.2.1998, p. 9;
219
Risoluzione sulla relazione speciale del Mediatore europeo al Parlamento europeo a seguito dell’indagine di propria iniziativa sull’accesso del pubblico ai documenti, in GU C 292 del 21.9.1998, p. 170;
Convenzione sull’accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia in materia ambientale, firmata ad Århus, Danimarca, il 25 giugno 1998;
1999
Regolamento (CE) n. 659/1999 del Consiglio del 22 marzo 1999 recante modalità di applicazione dell'articolo 93 del trattato CE, in GU L 83 del 27.3.1999, pp. 1-9;
2000
Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo all'accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione; presentata dalla
220
Commissione il 28 Gennaio 2000, COM(2000) 30 def., in GUCE C 177E/70 del 27.06.2000; Decisione del consiglio del 6 dicembre 1999 sul miglioramento dell'informazione relativa alle attivitĂ legislative e al registro pubblico dei documenti del Consiglio, in GUCE L.9/22 del 13.01.2000;
Decisioni del Consiglio del 29 novembre 2001 che modifica il regolamento interno del Consiglio, in GUCE L. 317/1 del 3.12.2001;
Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo all'accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione del 28 Gennaio 2000, in GUCE C 177E/70 del 27.06.2000;
Libro bianco della Commissione delle ComunitĂ europee del 1 marzo 2000 sulla riforma della Commissione, COM(2000) 200 def.;
221
Modifiche al regolamento di procedura della Corte di giustizia, del 28 novembre 2000, in GUCE L 322/1 del 19.12.2000;
2001
Regolamento (CE) n. 1049/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo all'accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione del 30 maggio 2001, in GUCE L.145/43 del 31.05.2001;
Decisione dell'Ufficio di Presidenza concernente l'accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo del 28 novembre 2001, in GU C 374 del 29.12.2001;
Decisione del Consiglio del 19 marzo 2001 che adotta le norme di sicurezza del Consiglio, in GU L 101/1 del 11.04.2001;
Decisione del Consiglio del 29 novembre 2001 che modifica il regolamento interno del Consiglio, in GU L 317/1 del 3.12.2001;
222
Decisione del Parlamento europeo che adegua il regolamento del Parlamento europeo alle disposizioni del regolamento (CE) n. 1049/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo all'accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione, in GU C 140 del 13.06.2002, p. 120;
Decisione dell’Ufficio di presidenza concernente l’accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, GU C 374 del 29.12.2001, p. 1;
Decisione del Consiglio del 29 novembre 2001 che modifica il regolamento interno del Consiglio, GU L 313 del 30.11.2001, p. 40;
Decisione del Consiglio del 19 marzo 2001 che adotta la regolamentazione del Consiglio in materia di sicurezza, GU L 101 dell’11.04.2001, p. 1;
223
Decisione della Commissione del 5 dicembre 2001 che modifica il suo regolamento, GU L 345 del 29.12.2001, p. 94;
Decisione della Commissione del 29 novembre 2001 che modifica il suo regolamento interno, GU L 317 del 3.12.2001, pag. 1;
Modifiche al regolamento di procedura del Tribunale di primo grado delle ComunitĂ europee, Lussemburgo, 6 dicembre 2000, in GUCE L 322/4 del 19.12.2000;
Libro bianco sulla “governance europea�, COM(2001) 428, in GU C 287 del 12.10.200, pp. 1-29;
Regolamento (CE) n. 45/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2000, concernente la tutela delle persone fisiche in relazione al trattamento dei dati personali da parte delle istituzioni e degli organismi comunitari, nonchĂŠ la libera circolazione di tali dati, in GU L 8 del 12.1.2001, pp. 1-22;
224
Decisione del Consiglio 2001/840/CE del 29 novembre 2001, che modifica il regolamento interno del Consiglio n GU L 313/40 del 30.11.2001;
2002
Decisione della Commissione del 23 gennaio 2002 che modifica il suo regolamento, GU L 21 del 24.1.2002, p. 23;
Relazione della Commissione ai sensi della decisione 93/389/CE e del Consiglio, modificata dalla decisione 99/296/CE, su un meccanismo di controllo delle emissioni di gas ad effetto serra nella ComunitĂ , COM(2002) 702 def.;
Comunicazione della Commissione dell’11 dicembre 2002. Verso una cultura di maggiore consultazione e dialogo. Principi generali e requisiti minimi per la consultazione delle parti interessate ad opera della Commissione, COM(2002) 704 def.;
225
Comunicazione della Commissione dell’11 dicembre 2002, sulla raccolta e l'utilizzazione dei pareri degli esperti da parte della Commissione: principi ed orientamenti. "Una migliore base di conoscenze per delle politiche migliori", COM(2002) 713;
Comunicazione della Commissione, del 5 giugno 2002. Governance europea: Legiferare meglio, COM(2002) 275;
Comunicazione della Commissione, del 5 giugno 2002. Piano d'azione
ÂŤsemplificare
e
migliorare
la
regolamentazioneÂť,
COM(2002) 278;
Comunicazione della Commissione del 5 giugno 2002,in materia di valutazione d'impatto, COM(2002) 276; Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento Europeo, al Comitato economico e sociale e al Comitato delle regioni, del 6 luglio 2002, su una strategia di informazione e di comunicazione per L'Unione europea, COM(2002) 350;
226
Relazione della Commissione sulla governance europea, del 11 dicembre 2002, COM(2002) 705;
2003
Relazione della Commissione sull'applicazione nel corso dell'anno 2002 del regolamento (CE) n. 1049/2001 relativo all'accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione del 29 aprile 2003, COM(2003) 216 definitivo;
Regolamento (CE) n. 1641/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 luglio 2003, che modifica il regolamento (CEE) n. 1210/90 del Consiglio sull'istituzione dell'Agenzia europea dell'ambiente e della rete europea d'informazione e di osservazione in materia ambientale, in GU L 245 del 29.9.2003, pp. 1-3;
Regolamento (CE) n. 1655/2003 del Consiglio, del 18 giugno 2003, che modifica il regolamento (CEE) n. 337/75 relativo all'istituzione di un Centro europeo per lo sviluppo della formazione professionale
227
e che abroga il regolamento (CEE) n. 1416/76, GU L 245 del 29.9.2003, pp. 41-43;
Decisione n. 64/2003 del Comitato delle regioni, dell'11 febbraio 2003, relativa all'accesso del pubblico ai documenti del Comitato delle regioni, in GU L 160 del 28.6.2003, pp. 96-99;
Decisione del Comitato economico e sociale europeo, del 1 luglio 2003, relativa all'accesso del pubblico ai documenti del Comitato economico e sociale europeo, in GU L 205 del 14.8.2003, pp. 1923;
Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio del 24 ottobre 2003 sull'applicazione alle istituzioni e agli organi comunitari
delle disposizioni della convenzione di Ă…rhus
sull'accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l'accesso alla giustizia in materia ambientale, COM(2003) 622 def.;
228
2004
Relazione della Commissione sull'applicazione nel corso dell'anno 2003 del regolamento (CE) n. 1049/2001 relativo all'accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione del 24 febbraio 2004, COM(2004) 0045 def.;
2005
Decisione del Consiglio, del 17 febbraio 2005, relativa alla conclusione, a nome della ComunitĂ europea, della convenzione sull'accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l'accesso alla giustizia in materia ambientale, in GU L 124 del 17.5.2005;
2006
Risoluzione del Parlamento europeo recante raccomandazioni alla Commissione
sull'accesso
ai
(2004/2125(INI)), A6-0052/2006;
229
testi
delle
istituzioni
Regolamento (CE) n. 1367/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 settembre 2006, sull'applicazione alle istituzioni e agli organi comunitari delle disposizioni della convenzione di Åarhus sull'accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l'accesso alla giustizia in materia ambientale, in GU L 264 del 25.9.2006, pp. 13-19;
2007 Relazione della Commissione sull'applicazione nel corso dell'anno 2005 del regolamento (CE) n. 1049/2001 relativo all'accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione, del 27 settembre 2007, COM(2007) 0548 definitivo;
Libro
Verde
della
Commissione
delle
Comunità
europee
sull’accesso del pubblico ai documenti detenuti dalle istituzioni della Comunità europea. Esame della situazione, del 18 aprile 2007, COM(2007) 185 definitivo;
230
2008
Risoluzione del Parlamento europeo sull'accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo del Consiglio e della Commissione (attuazione del regolamento (CE) n. 1049/2001) del 20 novembre 2008, (2007/2154(INI));
Relazione della Commissione sull'applicazione nel 2007 del regolamento (CE) n. 1049/2001 relativo all'accesso del pubblico ai documenti del Parlamento Europeo, del Consiglio e della Commissione del 10 ottobre 2008, COM(2008)0630 definitivo; Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 aprile 2008, relativo all’accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione, COM(2008) 229 def.; 2009
Proposta di risoluzione del Parlamento europeo del 9 Dicembre 2009 sui miglioramenti da apportare al quadro normativo che regola
231
l'accesso ai documenti dopo l'entrata in vigore del trattato di Lisbona, B7-0194/2009;
Relazione della Commissione sull'applicazione, nel corso del 2008, del regolamento (CE) n. 1049/2001 relativo all'accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione, del 2 luglio 2009, COM(2009) 331 definitivo;
2010
Relazione
della
Commissione,
del
30
giugno
2010,
sull'applicazione, nel corso del 2009, del regolamento (CE) n. 1049/2001 relativo all'accesso del pubblico ai documenti del Parlamento
europeo,
del
Consiglio
COM(2010) 351 def.;
232
e
della
Commissione,
2011 Relazione della Commissione del 12 agosto 2011 sull'applicazione, nel corso del 2010, del regolamento (CE) n. 1049/2001 relativo all'accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione, COM(2011) 492 def.;
Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 marzo 2011, che modifica il regolamento (CE) n. 1049/2001 relativo all’accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione, COM(2011) 137 def.;
233
GIURISPRUDENZA CITATA:
26 aprile 1979, Sunday Times c. United Kingdom; 26 marzo 1987, Leander c. Suède ; 21 settembre 1989, Hoechst c. Commissione, causa C46/87 e C227/88; 17 ottobre 1989, Dow Chemical Iberica SA c. Commissione, causa C 99/87; 7 luglio 1989, Gaskin c. Royaume Uni; 22 maggio 1990, Autronic AG c. Suisse ; 25 luglio 1991, Commissione c. Paesi Bassi, causa C 353/89; 23 settembre 1994, WWF UK c. Commissione, causa T461/1993; 17 marzo 1995, Isabella Sciappacercola c. Commissione, causa T187/03; 29 giugno 1995, Spagna c. Commissione, causa C-135/93;
234
19 ottobre 1995, John Carvel e Guardian Newspaper Ltd c. Commissione, causa T-194/94; 24 aprile 1996, Industrias Pesqueras Campos e a. c. Commissione, cause riunite T-551/93 e da T-231/94 a T-234/94 ; 26 aprile 1996, caso Regno dei Paesi Bassi c. Consiglio C58/94; 6 febbraio 1998, Interporc Im- und export GmbH c. Commissione, causa T-124/96; 19 febbraio 1998, Guerra et autres c. Italia Uni; 19 marzo 1998, caso Van der Wal c. Commissione, causa T-83/96; 17 giugno 1998, Sveska JournalistfĂśrbundet c. Consiglio, causa T174/95; 21 gennaio 1999, MaxhĂźtte Stahlwerke GmbH e Lech-Stahlwerke GmbH c. Commissione, cause riunite T-129/95, T-2/96 e T-97/96; 19 luglio 1999, Rothmans c. Commissione, causa T-188/97; 3 febbraio 2000, CCRE c. Commissione, cause riunite T-46/98 e T151/98;
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6 marzo 2000, Interporc c. Commissione, causa C-41/00 P; 6 aprile 2000, Kuijer c. Consiglio, causa T 211/00; 12 ottobre 2000, JT’s Corporation c. Commissione, causa T123/99; 8 novembre 2000, Ghignonee a. c. Consiglio, causa T-44/97; 10 ottobre 2001,
British American Tobacco International
(Investments)c. Commissione, causa T-111/00; 14 maggio 2002, Associação Comercial de Aveiro c. Commissione, causa T-80/00; 23 ottobre 2002, Austria c. Consiglio, causa C-445/00; 28 febbraio 2003, Turco c. Consiglio, causa T 84/03; 17 settembre 2003, Mara Messina c. Commissione, causa T-2/03; 30 novembre 2004, IFAW internationaler Tiershutz-Fonds GmbH c. Commissione, causa T-168/02; 10 gennaio 2005, Gollnisch e a. c. Parlamento, causa T-357/03;
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13 aprile 2005, Verein c. Commissione, causa T-2/03; 26 aprile 2005, Sison c. Consiglio, cause riunite T-110/03, T150/03, T-405/03; 6 luglio 2006, Franchet e Byk c. Commissione, cause comuni T391/03 e T-70/04; 1 luglio 2008, Regno di Svezia e Turco c. Consiglio, cause riunite C- 39/05 P e C-52/02 P;
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